AMMAZZA GLI ARABI, STRILLA ALL’ANTISEMITISMO



DI NORMAN FILKESTEIN



 



 



 




  



 



 



La tesi centrale del mio
libro, Beyond Chutzpah, è che ogni volta che Israele si trova a
fronteggiare una debacle nelle pubbliche relazioni, i suoi apologeti iniziano a
lanciare l’allarme che “un nuovo antisemitismo” sta per abbattersi su di noi.
Così, com’era prevedibile, appena Israele si è trovato ad avere un nuovo
problema d’immagine a causa della sua criminale distruzione del Libano, in
Inghilterra un gruppo parlamentare misto capeggiato dal noto paladino d’Israele
Denis MacShane (Labor) ha elaborato un altro rapporto in cui si paventa la
resurrezione dell’antisemitismo (Report of the All-Party Parliamentary Inquiry Into
Antisemitism
, Settembre 2006). A giudicare dai testimoni (David
Cesarani, Lord Janner, Oona King, Emanuele Ottolenghi, Melanie Phillips) e
dalle fonti (il MEMRI, la Holocaust Education Trust) citate nel
testo del rapporto, si sarebbero potuti risparmiare tempo e soldi appaltando
l’intera elaborazione al Ministero degli Esteri israeliano [1].



L’unica novità del rapporto – che riesuma
per lo più affermazioni inconsistenti già demolite in Beyond Chutzpah –
sta nella nuova soglia di idiozia che esso riesce a definire. Si consideri la
metodologia utilizzata per dimostrare l’affermarsi del nuovo antisemitismo. Il
rapporto definisce come atto antisemita ogni azione che sia “percepita” come
antisemita dalla “comunità ebraica” [2].

E’ la scuola di pensiero secondo la quale sta piovendo anche in assenza di
qualunque precipitazione perché io sento che sta piovendo. E’
la filosofia onirica dei paranoici, specialmente dei paranoici razionali per i
quali l’atteggiarsi a vittime è politicamente redditizio. Il rapporto include
nel novero degli atti di antisemitismo non solo le azioni violente e i discorsi
sovversivi, ma anche “conversazioni, discussioni o affermazioni fatte
in pubblico o in privato, che valichino il confine della tollerabilità”
,
così come anche “l’atteggiamento e il tono con cui si parla degli
ebrei”
. Strano che non vengano citate anche le fantasie libidiche represse
di stampo antisemita [3]. Nella categoria riguardante le affermazioni
antisemite il rapporto include “fare paragoni tra la politica
contemporanea di Israele e quella del Nazismo”
 (solo la politica araba
contemporanea può essere paragonata a quella del Nazismo) e le “teorie
sull’influsso ebraico o sionista sulla politica estera americana”
 (benché
siano le stesse organizzazioni ebraiche e sioniste a vantarsi di questo
influsso) [4].



Molti dei fatti citati a
dimostrazione del diffondersi dell’antisemitismo in Inghilterra mettono a dura
prova la credulità. L’unica voce contemplata sotto il minaccioso paragrafo
“L’oltraggio del sangue” è una serie televisiva di produzione siriana “che
gli spettatori inglesi potrebbero riuscire a vedere… avendo l’appropriato
sistema di ricezione satellitare” 
[5]. Il rapporto cita anche il caso,
non documentato, di “un professore universitario ebreo che ha dovuto
subire una filippica antisemita da parte di uno studente e al quale è stato
successivamente richiesto dalle autorità universitarie di spiegare perché
avesse fatto arrabbiare lo studente” 
[6]. E’ antisemita domandarsi se
non si tratti per caso di una bufala? Viene poi citato l’avvertimento del
Gruppo Conservatore dell’Assemblea Londinese secondo la quale esisterebbe “il
rischio che in alcuni ambienti politici ‘ i punti di vista su certi eventi
internazionali possano portare, quasi inconsciamente, ad atteggiamenti
sottilmente diversi e a sentimenti di ostilità verso vari gruppi di minoranze’”
 [7].
Il business del nuovo antisemitismo deve essere davvero in declino se i
conservatori britannici iniziano a parlare come Lacan. Infine è considerato
antisemita da parte dei sindacati studenteschi richiedere il boicottaggio delle
merci israeliane perché questo “ridurrebbe la reperibilità di cibo
kosher nei campus”
 [8]. Magari Israele potrebbe organizzare un ponte
aereo per la fornitura di gefilte fish.



Benché dichiari che
nello sforzo di combattere l’antisemitismo “nessuno di coloro che hanno
fornito le prove desidera vedere eroso il diritto alla libertà di parola”
 e
che “solo in circostanze estreme ci spingeremmo a richiedere un
intervento legislativo”
 [9], il rapporto raccomanda alle autorità
universitarie di “svolgere un ruolo attivo nel combattere atti,
discorsi, letteratura e spettacoli che generino preoccupazione o allarme tra
gli studenti ebrei”
 e registra inquieto che “opere antisemite
classiche e moderne sono liberamente reperibili sul sito Amazon.com”
 e
che “gli Stati Uniti in particolare si sono mostrati lenti nell’agire” per
far chiudere “i siti internet antisemiti” [10]. E’ in momenti
come questo che perfino l’animo meno patriottico può provare orgoglio nel
sentirsi americano.





 



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[1] L’affermazione del
rapporto secondo cui “non abbiamo ricevuto prove di un uso improprio
dell’accusa di antisemitismo da parte delle principali organizzazioni e dei
dirigenti della comunità ebraica britannica”
 (par. 79) sembra
riferirsi più alla selezione dei testimoni che alla realtà.



[2] Rapporto,
par. 3; cf. par. 73.



[3] Alcune frasi dal
Sommario del Rapporto. I dati della polizia sulla crescita di
atti antisemiti in sé dimostrano poco, perché, come lo stesso rapporto ammette,
l’incremento potrebbe essere dovuto all’aumento delle denunce o ad un
imbarbarirsi della vita inglese in generale, più che a un “riflesso” del
conflitto israelo-palestinese (Rapporto, par 28, 29, 59, 64, e Beyond
Chutzpah
, pp. 81 e segg.). Inoltre, sono ben poche le prove che gli
attacchi antisemiti siano “organizzati” e “politicamente motivati”; non ci sono
prove che gli autori degli attacchi antisemiti siano in prevalenza musulmani; e
molti dei sospettati di tali atti sono adolescenti (Rapporto, par. 55,
56, 58, 151). Per il 2005 il Rapporto cita un paio di
incidenti “potenzialmente” mortali (par. 61). Non cita dati comparativi sulle
aggressioni ad altre minoranze, pur ammettendo tacitamente che “il livello di
pregiudizio e discriminazione verso gli ebrei rimane in Inghilterra tra i più
bassi”, un’affermazione considerevole (par. 17). In una nota correlata si
deplora che “meno di un atto antisemita su dieci denunciati alla polizia
produca la trasformazione di sospetti in accusati” (par. 69), ma non vengono
citati dati comparativi che indichino se questa percentuale è aberrante.



[4] Rapporto,
par. 84, 119. In una nota correlata il rapporto esprime preoccupazione che “si
stia progressivamente diffondendo l’utilizzo di linguaggio e immagini
dell’Olocausto in relazione al conflitto israelo-palestinese” (par. 93). Già,
la novità è che queste immagini, in Occidente, non vengono più utilizzate solo
contro gli arabi.



[5] Rapporto, par. 99.



[6] Rapporto,
par, 101.



[7] Rapporto,
par. 104.



[8] Rapporto,
par. 203, 204.



[9] Rapporto,
par. 74, 75.



[10] Rapporto,
par. 183, 189, 220. [10] Rapporto, par. 183, 189, 220.












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