L’INCIDENTE DI FUKUSHIMA ED ALTRO SUI REATTORI NUCLEARI A FISSIONE

ROMA – E’ racchiuso in un guscio formato da tre strati, come una sorta di matrioska, il reattore delle centrali nucleari ad acqua bollente Bwr (Boiling water reactor), come quella di Fukushima 1.

Nel cuore di questa struttura concentrica si trovano le barre che contengono il combustibile: tubi di acciaio dal diametro di un centimetro e lunghi quattro metri al cui interno si trova il combustibile in forma di pastiglie.

Il sistema è progettato in modo che il combustibile resti confinato all’interno delle barre, che per questo motivo possono essere considerate la prima struttura di confinamento.

Le barre di combustibile sono a loro volta racchiuse e protette da una struttura di acciaio (vessel): è il contenitore più interno dell’edificio che racchiude il reattore.

Il vessel d’acciaio è racchiuso in un guscio di cemento armato dalla forma che ricorda quella di un’ampolla. Tra questo contenitore e il vessel si trovano le tubazioni e tutti i sistemi che assicurano l’ingresso e la fuoriuscita dell’acqua di raffreddamento.

Il vessel di acciaio e il suo guscio di cemento armato sono a loro volta racchiusi in una gabbia di calcestruzzo e acciaio nella quale si trovano le vasche per lo stoccaggio del combustibile, i servizi ausiliari e la vasca di abbattimento dell’accumulo di pressione. E’ la parte superiore di questo edificio ad essere crollata nei reattori 1 e 3 della centrale di Fukushima 1.

”Questa filosofia di costruzione, comune a tutte lecentrali di seconda generazione si basa sulla concezione della difesa in profondità, secondo la quale il combustibile non deve essere assolutamente rilasciato nell’ambiente”, spiega Emilio Santoro, dell’Enea.

Una filosofia che non esisteva affatto all’epoca della progettazione della centrale a grafite di Chernobyl. In quella centrale il primo guscio, ossia il vessel che racchiude le barre di combustibile, era completamente scoperto ed era inserito in un edificio normale.

La filosofia del contenimento in profondità è invece alla base delle centrali di terza generazione, come quelle che si vogliono costruire in Italia, ma con alcune ulteriori misure di contenimento rispetto alle centrali di seconda generazione. Rispetto a queste ultime, le centrali Epr (European pressurized water reactor) hanno un ulteriore involucro metallico intorno al primo guscio che contiene le barre di combustibile. ”E’ un contenimento a tenuta – spiega Santoro – contro eventuali perdite dal circuito primario”.

Sempre rispetto alle centrali di seconda generazione, le Epr hanno in più una vasca che permette l’abbattimento della temperatura nel caso di eventuale fusione del materiale. In seguito agli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, si sta pensando (ma è ancora un’idea) a rafforzare ulteriormente l’edificio dei reattori Epr con una doppia parete in cemento armato, abbastanza robusta da contenere l’impatto di un grande aereo di linea.


 La centrale Fukushima I, per la quale é stata dichiarata la prima emergenza nucleare ufficiale in Giappone, è uno dei 25 impianti nucleari più grandi del mondo. Gestita dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco), la centrale si trova nella città di Okuma, a circa 200 chilometri da Tokyo, nella prefettura di Fukushima ed è costituita da sei unità separate fra loro, che complessivamente hanno una produzione di 4,7 GW. A circa 11 chilometri dalla centrale di Fukushima I si trova un altro impianto nucleare, quello di Fukushima 2.

Al momento del terremoto erano in funzione tre dei sei reattori, che si sono spenti automaticamente, mentre gli altri tre erano fermi per manutenzione. Si tratta di centrali del tipo BWR (Boiling water reactor), un modello progettato negli Stati Uniti negli anni ’50. La costruzione dell’impianto giapponese è cominciata a partire dal 1966 e la centrale è diventata operativa nel 1971. Le centrali del tipo Bwr utilizzano acqua demineralizzata per raffreddare il reattore. Il calore prodotto dal processo di fissione nucleare che avviene all’interno del reattore viene raffreddato dall’acqua che, riscaldandosi, vaporizza. Il vapore così ottenuto viene utilizzato per azionare una turbina e quindi viene fatto condensare e torna ad essere acqua allo stato liquido che rientra in circolo nel reattore.



I sei reattori di Fukushima 1

13 marzo, 16:04

ROMA – Fukushima I e’ un complesso che comprende sei impianti nucleari, piu’ altri due in fase di costruzione. Dei sei impianti, soltanto tre (quelli indicati con i numeri 1, 2 e 3) erano in funzione al momento del terremoto di venerdi’ scorso, mentre gli altri erano spenti per manutenzione. All’indomani del problema di raffreddamento nel reattore numero 1, nel reattore numero 3 si sono manifestati problemi simili e l’accumulo di calore ha portato alla rottura delle barre di combustibile. Tutti e tre i reattori in funzione si sono spenti automaticamente in seguito al terremoto e il problema nell’impianto 1 e’ nato quando e’ stato danneggiato il sistema di emergenza che garantisce il raffreddamento del reattore ed evita cosi’ il pericoloso surriscaldamento che in condizioni estreme potrebbe portare alla fusione del materiale combustibile. Si e’ deciso cosi’ evitare l’accumulo di calore con il rilascio controllato di vapore e in seguito, come previsto in questi casi, si e’ deciso di utilizzare l’acqua di mare per il raffreddamento. In questi casi con il vapore fuoriescono dalla centrale isotopi radioattivi e questo sta accadendo anche nel reattore 3 in seguito alla rottura delle basse di combustibile, con il rilascio di iodio 131.

Gestita dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco), la centrale si trova nella citta’ di Okuma, a circa 200 chilometri da Tokyo, nella prefettura si Fukushima. La sua costruzione e’ cominciata nel 1966 e il primo impianto e’ entrato in attivita’ nel 1971. I sei impianti sono del tipo BWR (Boiling water reactor), sono stati progettati dall’americana General Electric e dalla Hitachi e complessivamente producono oltre 4.500 MW. Le centrali di questo tipo utilizzano acqua demineralizzata per raffreddare il reattore. Il calore prodotto dal processo di fissione nucleare che avviene all’interno del reattore viene raffreddato dall’acqua che, riscaldandosi, vaporizza. Il vapore cosi’ ottenuto viene utilizzato per azionare una turbina e quindi viene fatto condensare e torna ad essere acqua allo stato liquido che rientra in circolo nel reattore. Al momento del terremoto negli impianti 1, 2 e 3 sono scattate le valvole di isolamento del reattore ed e’ stato cosi’ interrotto il flusso di vapore alle turbine. Da da quel momento il reattore e’ stato isolato dal resto della centrale e in questo casi il raffreddamento e’ garantito da un sistema di emergenza, azionato da generatori diesel. L’acqua necessaria dal sistema di emergenza e’ prelevata da grandi serbatoi interni all’edificio del reattore e: il valore prodotto viene condensato all’interno dell’impianto e rimesso in circolo. Se questa situazione si protrae a lungo, come e’ avvenuto ieri nell’impianto 1, per evitare l’accumulo di pressione il vapore puo’ essere scaricato all’esterno (come e’ avvenuto ieri) su autorizzazione dell’autorita’ locale per la sicurezza nucleare.


Che accade con rottura barre uranio

13 marzo, 16:02

ROMA – La rottura delle barre di combustibile può provocare la fuoriuscita dall’impianto di isotopi radioattivi come iodio 131. Fin da ieri, a quanto si apprende, é stata rilevata la presenza di iodio 131 e cesio 137 a concentrazioni che gli esperti hanno definito “non preoccupanti”, con un “rateo di dose al confine dell’impianto di circa 500 microsievert/ora”. La rottura delle barre di combustibile è avvenuta molto probabilmente a causa di uno stress termico, dovuto all’accumulo di calore. Le barre di combustibile sono tubi di acciaio dal diametro di un centimetro e lunghi quattro metri; al loro interno si trova il combustibile in forma di pastiglie. Nel caso di rottura delle barre, gli isotopi radioattivi dei quali è pieno il combustibile possono fuoriuscire e passare nell’acqua di raffreddamento e da qui nel vapore che viene scaricato all’esterno dell’impianto.


Emergency Core Cooling Systems


The emergency core cooling systems (ECCS) provide core cooling under loss of coolant accident
conditions to limit fuel cladding damage. The emergency core cooling systems consist of two high
pressure and two low pressure systems. The high pressure systems are the high pressure coolant
injection (HPCI) system and the automatic depressurization system (ADS). The low pressure systems
are the low pressure coolant injection (LPCI) mode of the residual heat removal system and the core
spray (CS) system.
The manner in which the emergency core cooling systems operate to protect the core is a function of the
rate at which reactor coolant inventory is lost from the break in the nuclear system process barrier. The
high pressure coolant injection system is designed to operate while the nuclear system is at high pressure.
The core spray system and low pressure coolant injection mode of the residual heat removal system are
designed for operation at low pressures. If the break in the nuclear system process barrier is of such a
size that the loss of coolant exceeds the capability of the high pressure coolant injection system, reactor
pressure decreases at a rate fast enough for the low pressure emergency core cooling systems to
commence coolant injection into the reactor vessel in time to cool the core.
Automatic depressurization is provided to automatically reduce reactor pressure if a break has occurred
and the high pressure coolant injection system is inoperable. Rapid depressurization of the reactor is
desirable to permit flow from the low pressure emergency core cooling systems so that the temperature
rise in the core is limited to less than regulatory requirements.
If, for a given break size, the high pressure coolant injection system has the capacity to make up for all
of the coolant loss, flow from the low pressure emergency core cooling systems is not required for core
cooling protection until reactor pressure has decreased below approximately 100 psig.
The performance of the emergency core cooling systems as an integrated package can be evaluated by
determining what is left after the postulated break and a single failure of one of the emergency core
cooing systems. The remaining emergency core cooling systems and components must meet the 10 CFR
requirements over the entire spectrum of break locations and sizes. The integrated performance for
small, intermediate, and large sized breaks is shown on pages 3-11 and 3-12.


http://www.iaea.org/newscenter/news/tsunamiupdate01.html

(vi sono tutti i comunicati del Governo giapponese all’ente mondiale di controllo)

Japan Earthquake Update (16 March 2011, 03:55 UTC)

Japanese authorities have informed the IAEA that a fire in the reactor building of Unit 4 of the Fukushima Daiichi nuclear power plant was visually observed at 20:45 UTC of 15 March. As of 21:15 UTC of the same day, the fire could no longer be observed.

Fire of 14 March

As previously reported, at 23:54 UTC of 14 March a fire had occurred at Unit 4. The fire lasted around two hours and was confirmed to be extinguished at 02:00 UTC of 15 March.

Water Level in Uunit 5

Japanese authorities have also informed the IAEA that at 12:00 UTC of 15 March the water level in Unit 5 had decreased to 201 cm above the top of the fuel. This was a 40 cm decrease since 07:00 UTC of 15 March. Officials at the plant were planning to use an operational diesel generator in Unit 6 to supply water to Unit 5.

The IAEA continues to liaise with the Japanese authorities and is monitoring the situation as it evolves.


  Fukushima Daiichi 1
Ohkuma, Fukushima, Japan
Boiling Water Reactor (BWR)
Net Output: 439 MWe
Operable. Initial criticality: 10/1970. Commercial start: 03/1971.
Utility:
     Tokyo Electric Power Co.
Reactor Supplier:
     General Electric Co.
Steam Generator Supplier:
     General Electric Co.
Architecture:
     Ebasco
Construction:
     Kajima Fukushima Daiichi 2
Ohkuma, Fukushima, Japan
Boiling Water Reactor (BWR)
Net Output: 760 MWe
Operable. Initial criticality: 05/1973. Commercial start: 07/1974.
Utility:
     Tokyo Electric Power Co. 
Reactor Supplier:
     General Electric Co.
Steam Generator Supplier:
     General Electric Co. 
Architecture:
     Ebasco 
Construction:
     Kajima Fukushima Daiichi 3
Ohkuma, Fukushima, Japan
Boiling Water Reactor (BWR)
Net Output: 760 MWe
Operable. Initial criticality: 09/1974. Commercial start: 03/1976.
Utility:
     Tokyo Electric Power Co. 
Reactor Supplier:
     Toshiba 
Steam Generator Supplier:
     Toshiba 
Architecture:
     Toshiba 
Construction:
     Kajima Fukushima Daiichi 4
Ohkuma, Fukushima, Japan
Boiling Water Reactor (BWR)
Net Output: 760 MWe
Operable. Initial criticality: 01/1978. Commercial start: 10/1978.
Utility:
     Tokyo Electric Power Co. 
Reactor Supplier:
     Hitachi 
Steam Generator Supplier:
     Hitachi 
Architecture:
     Hitachi 
Construction:
     Kajima Fukushima Daiichi 5
Ohkuma, Fukushima, Japan
Boiling Water Reactor (BWR)
Net Output: 760 MWe
Operable. Initial criticality: 08/1977. Commercial start: 04/1978.
Utility:
     Tokyo Electric Power Co. 
Reactor Supplier:
     Toshiba 
Steam Generator Supplier:
     Toshiba 
Architecture:
     Toshiba 
Construction:
     Kajima Fukushima Daiichi 6
Ohkuma, Fukushima, Japan
Boiling Water Reactor (BWR)
Net Output: 1067 MWe
Operable. Initial criticality: 03/1979. Commercial start: 10/1979.
Utility:
     Tokyo Electric Power Co. 
Reactor Supplier:
     General Electric Co. 
Steam Generator Supplier:
     General Electric Co. 
Architecture:
     Ebasco 
Construction:
     Kajima

Come tutti sappiamo, a seguito del violentissimo “terremoto di Sendai” (e successivo tsunami) in data 11 marzo 2011 (magnitudo Richter 9.0 ; il più potente sisma mai misurato in Giappone ed il quarto più forte di sempre) la centrale elettronucleare giapponese “Fukushima Daiichi (Fukushima I)” ha subito danni.
La centrale è situata nella città di Okuma (Distretto di Futaba della Prefettura di Fukushima) e sono presenti 6 reattori di tipo BWR.
Inoltre a circa 10 km è situata anche una seconda centrale elettronucleare “Fukushima Daini Fukushima II)”, dotata di 4 reattori di tipo BWR.
Entrambe queste centrali sono gestite dalla società “Tokyo Electric Power” (TEPCO).

Si precisa che la redazione del corposo documento è terminata in data del 15 marzo: visto il continuo succedersi di eventi in Giappone, il documento non può ovviamente tener conto di eventuali evoluzioni successive a questa data. Tuttavia la presenza di aspetti squisitamente tecnici permette a questo documento di rimanere interessante per il dibattito tecnico, indipendentemente dall’ evoluzione dei fatti in Giappone.

L’ autore Vincenzo Romanello è ingegnere nucleare, con dottorato di ricerca in ingegneria dei materiali. Attualmente è ricercatore nucleare presso il “Karlsruhe Institute of Technology” (KIT – Germania). E-mail: vincenzo_romanello(chiocciola)tiscali.it.
Segue testo del documento inviatoci.

Cenni sulle caratteristiche tecniche dei reattori BWR e sull’incidente nucleare di Fukushima-Daiichi-1 – di V. Romanello (15 marzo 2011)

La centrale nucleare di Fukushima-Daiichi si trova nella città di Okuma, nel distretto Futaba, prefettura di Fukushima, in Giappone. Essa consiste di 6 unità ad acqua bollente (BWR), per una potenza complessiva pari a 4700 MegaWatt (sufficienti ad alimentare oltre 1 milione e mezzo di abitazioni). L’unità Fukushima-I-1 fu la prima ad essere costruita ed esercita dalla “Tokyo Electric Power Company” (TEPCO), con una potenza pari a 460 MW elettrici (ovvero piuttosto ridotta, se si pensa che l’EPR in costruzione in Finlandia ha una potenza prevista di 1600 MWe). L’unità 1, di tipo BWR-3, fu iniziata ad essere costruita nel luglio 1967, ed iniziò l’esercizio il 26 marzo del 1971 – ovvero prima delle esperienze dei due più grossi incidenti nucleari che hanno avuto luogo, ovvero Three Mile Island (1979, USA) e Chernobyl (1986, URSS).
L’11 marzo 2011, alle ore 14:46 ora di Tokio (le 6:46 del mattino in Italia) il Giappone è stato colpito da un sisma di magnitudo 9,0 sulla scala Richter, con epicentro nell’Oceano Pacifico a 130 km dalle coste giapponesi e 24 km di profondità. In altri termini si è stimata una liberazione di energia pari a 3,9·10^22 joules, pari a 9,3 teraton (1 teraton = 1000 miliardi di tonnellate di TNT), ossia oltre 450 milioni di volte la potenza della bomba atomica che devastò Hiroshima. Se tale energia venisse “distribuita” sulla faccia della terra uniformemente sui continenti emersi basterebbe per distruggere l’intero pianeta per oltre 30 volte. In conseguenza dell’evento si sono sollevate delle onde anomale (tsunami) che hanno investito in pieno le coste del Giappone, causando ingentissimi danni umani e materiali, ancora in corso di quantificazione; pare siano arrivate onde di 2 metri di altezza fino al Cile, distante 17.000 km dall’epicentro (si noti che la massima distanza possibile sulla superficie terrestre si aggira sui 20.000 km).
Da notare che inizialmente la vita prevista degli impianti nucleari veniva assunta pari a 40 anni, quindi tale unità avrebbe dovuto essere spenta quest’anno. Tuttavia la tendenza attuale nel mondo occidentale è quella di allungare la vita di questi impianti di 10-20 anni, date le pessimistiche stime iniziali sulla vita utile dei componenti.
La maggioranza degli impianti nucleari costruiti nel mondo sono ad acqua leggera (LWR: Light Water Reactors), ovvero l’acqua ordinaria, al contrario di altri (la minoranza) – di realizzazione canadese – moderati con acqua pesante (ovvero con l’isotopo pesante dell’idrogeno, contenuto nella misura di una parte su 6000 nell’acqua ordinaria).
Di questi alcuni sono ad acqua pressurizzata (PWR: Pressurized Water Reactor), come la totalità dei sistemi realizzati in Francia tanto per intenderci, altri (circa il 25%) ad acqua bollente (BWR: Boiling Water Reactor) – come appunto le sei unità realizzate nel sito di Fukushima. Non volendo queste brevi note assumere carattere esaustivo sull’argomento, ci concentreremo brevemente solo sui sistemi ad acqua bollente.
In Fig. 1 è riportato uno schema di funzionamento di un reattore BWR.
Un contenitore di acciaio legato rivestito di acciaio inox (eccetto il coperchio, che viene a contatto col vapore saturo secco) dello spessore di circa 16 cm contiene il nocciolo del combustibile nucleare (il cosiddetto ‘core’), dove avviene la reazione nucleare di fissione, attraverso la quale gli atomi di uranio vengono scissi in atomi più leggeri con conseguente liberazione di grandi quantità di energia termica. Questa viene ceduta ad un flusso di acqua che scorre dal basso ad opera di pompe, che conseguentemente si scalda, mantenendo il combustibile nucleare a temperatura costante. L’acqua funge in tale sistema quindi sia da refrigerante che da moderatore dei neutroni prodotti dalla reazione di fissione (ovvero questi ultimi, generati ad alta energia, perdono velocità per successivi scontri con gli atomi di idrogeno dell’acqua fino a raggiungere un livello cosiddetto ‘termico’, al quale aumenta la loro probabilità di innescare ulteriori fissioni e consentire quindi il mantenimento della reazione nucleare a catena – si parla in questo caso di ‘reattore critico’).
Secondo il design il 14,7% dell’acqua viene vaporizzata (di più non si potrebbe sia perché col vapore sarebbe molto più complesso raffreddare gli elementi di combustibile, sia perché esso non modererebbe efficacemente i neutroni); si passa poi ai separatori ed agli essiccatori, che rimuovono il contenuto di acqua dal vapore (attraverso dei percorsi prestabiliti ‘a trappola’), al fine di inviare in turbina vapore privo della fase liquida (che, diversamente, porterebbe ad una rapida usura delle palette della turbina). Nelle unità più datate, come il BWR-3, il vapore non viene inviato direttamente in turbina, bensì si passa da un generatore di vapore intermedio. La pressione viene mantenuta intorno alle 70 atmosfere (ovvero circa 70 kg/cm2).


Fig.1 – Schema di un reattore nucleare ad acqua bollente (BWR)

Sono visibili nello schema in Fig.1 inoltre una serie di ingressi per spray da attivare per la refrigerazione d’emergenza del reattore. In accordo col ciclo termodinamico il vapore inviato in turbina viene ricondensato e rispedito nel reattore; la turbina, è collegata a sua volta ad un alternatore il quale ha il compito di trasformare il suo movimento rotatorio in energia elettrica – con lo stesso principio di funzionamento della dinamo di una bicicletta, tanto per intenderci (Fig.2). Dato che nella parte alta del reattore sono situati separatori del vapore, le barre di controllo – ossia quelle barre costituite da un elemento che “mangia i neutroni” e che quindi spegne la reazione nucleare – sono inserite dal basso, azionate da sistemi idraulici.
Come già detto il reattore Fukushima-I-1 è del tipo BWR-3, mentre le unità 2 e 3 sono dei BWR-4. La versione attuale dei BWR è la 6 – ogni nuovo prototipo proposto dalla “General Electric” è stato caratterizzato da rilevanti innovazioni. Purtroppo le innovazioni più importanti riguardanti la sicurezza degli impianti furono introdotte a partire dai BWR-5, di cui il primo reattore entrò in funzione solo nel 1977 (Tokai-2).
Bisogna dire che gli impianti vengono progettati per resistere alla massima sollecitazione sismica credibile; gli accelerometri (ossia quei meccanismi che inviano un segnale proporzionale alle accelerazioni del suolo) segnalano l’evento sismico e causano lo spegnimento del reattore (lo “shutdown”, come si dice con termine tecnico) – evento che infatti si è regolarmente verificato negli impianti di Fukushima. Ciò avviene con l’uso delle barre di controllo, che vengono completamente inserite. Anche in caso di malfunzionamento di queste ultime si inietta nel circuito del boro (un elemento che cattura molto efficacemente i neutroni, impedendo la sostentazione delle reazioni nucleari di fissione) attraverso dei sistemi a bassa pressione – ovvero quando la pressione nei circuiti cala, a causa di una rottura ad esempio, un recipiente in pressione apre una opportuna valvola che immette la soluzione borata nel circuito. Nei BWR-4 è prevista poi una piscina di soppressione della pressione: ovvero un deposito di acqua che viene prelevata ed immessa nel cuore del reattore in caso di incidente per consentire il suo raffreddamento. Dei tubi di sfiato consentono altresì, in caso di eccessivo sviluppo di vapore per cause incidentali, di convogliare quest’ultimo nella “piscina di soppressione” (ossia di far condensare il vapore in una piscina di acqua, riducendone drasticamente il volume e quindi, di conseguenza, la pressione).
Ma perché si deve continuare a raffreddare il nocciolo anche dopo aver spento il reattore?

Fig.2 – Schema del ciclo termodinamico di un reattore nucleare ad acqua bollente (BWR)

Il punto nodale è che arrestata la reazione nucleare, rimangono nel nocciolo i prodotti radioattivi della fissione nucleare, che decadendo, continuano a generare calore. Immediatamente dopo lo spegnimento la generazione di calore è dell’ordine del 6,2%, dopo un’ora si continua a generare ancora l’1,3% del calore prodotto durante il normale esercizio, che si riduce a circa lo 0,49% dopo un giorno. Tale calore non può essere annullato, se non facendo passare del tempo e tenendo refrigerato il nocciolo nel frattempo. Nel caso dell’unità 1 di Fukushima-I ad esempio, della potenza elettrica di 460 MW, dato un rendimento dell’ordine del 33%, si avrà una potenza termica a regime pari a circa 1380 MW, l’1% dei quali equivale a 13,8 MW – equivalenti, tanto per capirci, alla potenza termica di oltre 450 caldaie da 30 kW per uso domestico; facili calcoli dimostrano (considerando ad esempio un “fuel inventory” di 60 tonnellate) come tale potenza, in caso il calore non venisse rimosso in alcun modo (cosa che fortunatamente non avviene) porterebbe il combustibile ad aumentare la sua temperatura di circa 1 grado al secondo, portando quindi gli elementi di combustibile oltre i 1000 °C entro una decina di minuti (nel normale esercizio si lavora intorno ai 300 °C). E’ chiaro dunque che questa potenza deve venire asportata: pena l’innalzamento della temperatura, con conseguente ebollizione dell’acqua, e successiva fusione degli elementi di combustibile. Si tenga presente inoltre che le norme prescrivono espressamente che la temperatura delle incamiciature (che contengono le pastiglie di ossido di uranio: il combustibile nucleare), anche in caso di incidente, non superi i 2200 gradi fahrenheit (ovvero i 1200 gradi centigradi), altrimenti la lega di cui sono costituite (lo zircaloy-2, a base di zirconio, con aggiunte di stagno, ferro, cromo, nichel ed afnio) inizia una reazione esotermica con l’acqua e sviluppa idrogeno, gas notoriamente pericoloso perché altamente infiammabile ed esplosivo. Appare evidente comunque che in nessun caso una esplosione nucleare sia possibile – giacché se viene a mancare l’acqua, ovvero il mezzo che modera i neutroni, la reazione nucleare non può che estinguersi, tanto più se viene modificata la geometria e si introducono nel sistema delle sostanze assorbitrici di neutroni; le esplosioni avvenute nelle centrali giapponesi (come del resto anche quella avvenuta a Chernobyl) sono state di natura chimica.
Questo non deve comunque portare a sottovalutare i rischi, giacché in questo modo si possono agevolmente liberare i prodotti di fissione volatili ed altamente radioattivi, come ad esempio i gas nobili (kripton e xenon), il cesio-137, lo iodio-131.
Un incidente come quello di Chernobyl, in ogni caso, si deve dire che risulta impossibile: in quel caso, dopo l’esplosione dell’idrogeno accumulato (che fu potentissima) ci fu l’incendio della grafite che fungeva da moderatore, che disperse i prodotti radioattivi nell’alta atmosfera per “effetto camino”; nelle centrali giapponesi non si trova grafite, bensì solo acqua, fungendo questa sia da mezzo refrigerante che da moderatore neutronico, come già discusso.
Essendo l’idrogeno più leggero dell’acqua, pare si sia accumulato nel contenimento secondario (si veda la Fig. 3), dove è esploso. Al momento, le notizie disponibili non riportano di danni al contenitore primario.
Le autorità nipponiche hanno dapprima cercato di ridurre la pressione all’interno del contenimento aprendo le valvole di sfogo, rilasciando in atmosfera vapore debolmente radioattivo; questa misura non si è rivelata sufficiente però, per cause che dovranno essere chiarite. Lo sviluppo di idrogeno e la sua conseguente deflagrazione ha complicato lo scenario, suggerendo un principio di “meltdown” – ossia la fusione delle barre di combustibile, considerato uno degli scenari peggiori possibili. Bisogna dire però che nel frattempo le autorità hanno iniziato a pompare acqua di mare (borata per motivi precauzionali) all’interno del reattore, col fine di ristabilire la refrigerazione. Da notare che gli impianti moderni prevedono l’adozione dei “core catchers” sotto il reattore: strutture dedicate apposta alla raccolta del nocciolo fuso in caso di incidente catastrofico. Le misure di emergenza in reattori del tipo di quelli di Fukushima inoltre è affidata a sistemi attivi, ovvero alimentati da energia elettrica. E’ ovvio che se il reattore si spegne, questo non produce più l’energia necessaria per l’alimentazione di tali sistemi: per questo ci sono dei motori diesel di emergenza (4 generalmente, di cui uno sempre acceso) che possono fornire l’alimentazione ai sistemi di emergenza, anche in caso di sisma. Nel caso di Fukushima pare che questi abbiano fatto il loro lavoro, ma la combinazione con il seguente tsunami li ha bloccati dopo circa un’ora (è ovvio che quest’ultimo evento risulta di fatto impossibile per molti impianti situati nel territorio dell’Unione Europea).
E’ importante ricordare altresì che per i reattori BWR, secondo la normativa statunitense (a suo tempo recepita da quella italiana) – il “CFR Title 10 Part 50 Sec.46″, si prevedeva per gli ECCS (”Emergency Core Cooling Systems”, ossia quei sistemi preposti al raffreddamento del nocciolo del reattore in casi di emergenza) che soddisfacessero i seguenti requisiti:
– Una temperatura massima di 2200 F (circa 1200 °C) per la massima temperatura delle incamiciature del combustibile, soglia oltre la quale si ha la reazione tra zirconio ed acqua con formazione di idrogeno, come discusso;
– La massima ossidazione delle camicie pari al 17% del loro spessore;
– Una produzione di idrogeno non superiore ad 1/100 di quello che si avrebbe se tutto il metallo costituente le incamiciature reagisse con l’acqua;
– Stabilità geometrica del nocciolo, al fine di consentirne la refrigerazione;
– Garanzia di refrigerazione a livelli accettabili a lungo termine.

E’ possibile tuttavia che negli eventi che sono seguiti al sisma alcuni di questi criteri non siano stati rispettati; una accurata indagine tecnica successiva dovrà chiarire questi aspetti.
Allo stato attuale peraltro preme ricordare che, nonostante la drammaticità degli eventi in corso, l’incidente è stato classificato di gravità 4 nella scala INES (International Nuclear Event Scale), introdotta dalla IAEA (l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) nel 1990 al fine di fornire una comunicazione rapida e compatta in caso di incidente nucleare (Fig.4).
Ricordiamo che la scala va da 0 a 7, ed ogni livello indica un aumento della severità dell’incidente di 10 volte: quindi l’incidente di Three Mile Island, occorso negli USA nel 1979, di livello 5, fu 10 volte più severo di quello di Fukushima, mentre quello di Chernobyl, di livello 7, lo fu 1000 volte di più. Ricordiamo poi che incidente di livello 4 significa che si è verificato un rilascio di materiale radioattivo nell’ambiente, e che si è verificato almeno un decesso. Si ricordano incidenti di questo tipo in UK, Francia, USA, Cecoslovacchia, Argentina e Giappone. Si tenga ben presente comunque che gli eventi sono ancora in corso, e la severità dell’incidente potrebbe venire elevata.

Fig.3 – Componenti interessati dall’esplosione nella centrale di Fukushima-Daiichi-I


Fig.4 – La scala INES

Allo stato attuale il livello massimo di dose raggiunto è stato dell’ordine di 1 mSv/ora (ossia un millesimo di “Sievert” per ora – il Sievert rappresenta l’unita di misura di dose da radiazione assorbita secondo il sistema internazionale, ed equivale all’assorbimento di 1 joule per chilogrammo), pari ad oltre 1000 volte il fondo naturale, come giustamente riportato dai mezzi di informazione; tuttavia la notizia data ‘da sola e tal quale’ può risultare fuorviante, se non si considera per confronto che normalmente dal fondo naturale si assorbono circa 2-3 mSv/anno (che però arrivano a ben 260 in certe zone della terra, come “Ramsar” – in Iran – per motivi del tutto naturali), e che alcune pratiche mediche forniscono “immediatamente” valori confrontabili di equivalente di dose, o anche molto superiori: ad esempio 1 mSv per una radiografia (cioè fare una radiografia equivale a stare un’ora nella zona di Fukushima di massima esposizione, tanto per intenderci), 3-4 mSv per una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), 10-20 mSv per una PET o una scintigrafia, fino a 40 mSv per dosi da radioterapia.
Si riporta in Fig. 5 la situazione degli impianti aggiornata alle 19:00 del 15 marzo 2011.
Si può rilevare che nelle unità 1 e 3 l’integrità del combustibile nucleare è stata danneggiata, che il livello di refrigerante (stando alle stime) si attesta attorno alla metà delle barre combustibili, che i sistemi di refrigerazione non sono funzionali, che l’edificio di contenimento del reattore non sembra compromesso, al contrario dell’edificio, che si sta continuando a iniettare acqua di mare sia nel nocciolo che nel recipiente in pressione e che continua la ventilazione. Bisognerà attendere ulteriori sviluppi nei prossimi giorni.
Concludendo occorre fare alcune riflessioni sulla vicenda e sulle sue possibili implicazioni future. Intanto invito a non farsi prendere da facile ed ingiustificato sconforto, come neanche da facile ottimismo. Si sta assistendo in queste ore ad una campagna mediatica intensissima, e spesso inopportuna, approssimativa e fuorviante, magari al fine di sostenere una tesi piuttosto che un’altra.

Fig.5 – Situazione nell’impianto di Fukushima-I aggiornata alle 19:00 del 15 marzo 2011 (fonte: JAIF, Japan Atomic Industrial Forum)

Invito chi voglia ricevere informazioni tecniche più dettagliate a consultare i siti dei seguenti organi preposti (tutti in inglese):

– IAEA (International Atomic Energy Agency)

– TEPCO (Tokyo Electric Power COmpany)

– NISA (Nuclear and Industrial Safety Agency)

– JAIF (Japan Atomic Industrial Forum)

– NEI (Nuclear Energy Institute)

Non vi è dubbio che la neoformata Agenzia per la Sicurezza Nucleare dovrà tener conto di quanto avvenuto in Giappone nel vagliare i possibili design dei reattori da installare nel nostro Paese; particolare attenzione bisognerà prestare quindi alle misure di sicurezza passiva ed intrinseca (che, come visto, purtroppo non erano presenti negli impianti giapponesi a causa dell’età degli stessi). Si è avuta conferma infatti che nonostante il prolungamento della vita degli impianti sia tecnicamente fattibile e molto conveniente economicamente in linea di principio, particolare attenzione è da porre sulle misure di sicurezza che andrebbero evidentemente mantenute aggiornate alla luce della tecnologia più avanzata. In tal senso, ad esempio, si sta muovendo la Germania in queste ore.
In questa ottica, dal dibattito su questo tema si potrebbero trarre dei vantaggi, se fosse perseguito con spirito costruttivo e si evitasse invece di focalizzarsi su falsi problemi (come ad esempio la fine più o meno imminente delle scorte di uranio – ipotesi peraltro ampiamente smentita dagli organi competenti).
Un’ ultima riflessione va al referendum previsto per giugno sulla realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare: inutile dire che mi auguro che a prevalere non sia l’emotività (che assai spesso si è rivelata pessima consigliera!), ma scelta ponderata e razionale, come un argomento di per se fortemente tecnico richiede necessariamente. Chi deciderà di votare infatti dovrà porsi, a mio personale avviso, almeno (!) le seguenti domande prima: sono sicuro/a di conoscere i principi fisici con i quali si genera oggi, con le più aggiornate e moderne tecnologie, l’energia elettronucleare? Sono sicuro/a di conoscere quali siano i benefici di questa tecnologia, quali gli svantaggi, quali i rischi effettivi (da fonti scientifiche accreditate e superpartes)? E sono sicuro/a infine di conoscere effettivamente quali sono le alternative disponibili, assieme a tutte le loro eventuali implicazioni ambientali ed economiche (tanto per fare un esempio: so che l’unica alternativa al nucleare è rappresentata dal carbone? O sono fra quelli che credono alla favola del fotovoltaico – che, come dimostrato, può solo aumentare i costi dell’energia e deturpare i paesaggi?)? Il cittadino che risponda “si”, in scienza e coscienza, a questi quesiti potrebbe (e forse dovrebbe) esercitare il proprio diritto democratico; a tutti gli altri consiglio quantomeno prudenza, dacché rischiano di votare su una questione che non capiscono (non a fondo almeno, come assolutamente necessario in questi casi, lo ribadisco), il che implicherebbe di fatto sposare acriticamente una tifoseria anziché un’ altra: non credo si potrebbe parlare ancora di esercizio democratico (trattandosi di pura tifoseria invece), e non credo costoro farebbero un gran servizio, alla lunga, né a se stessi né alla società in cui vivono.

Si può scaricare il documento “Cenni sulle caratteristiche tecniche dei reattori BWR e sull’ incidente nucleare di Fukushima-Daiichi-1” di V. Romanello (15 marzo 2011)
(file pdf, 8 pagine e circa 1,45 Mb)

Questo articolo è stato pubblicato da Amministratore in data Mercoledì, 16 Marzo 2011 alle 10:16 nella categoria nucleare nel mondoscienza, tecnologia, progetti di ricerca. Puoi seguire i commenti a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. Puoi inviare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.


Fukushima Reactors Sites

Japan has 54 reactors in total in 18 power plants, with 47,000MW installed
capacity which generated 29 percent of electricity supply in 2010.

Four nuclear power plants located on the eastern coast close to the epicentre
were affected: Onagawa (3 reactors), Fukushima-Daiichi (6 reactors), Fukushima-
Daini (4 reactors) and Tokai (1 reactor). The next nearest nuclear power plant is
Kashiwazaki-Kariwa (7 reactors) that sits on the opposite site of the island, on its
western coast.

Reactors in Japan are based on boiling water (BWR). They are therefore different the ones
one find in France Germany or Belgium, which are of a pressure type (PWR). In a PWR the
primary coolant (water) is pumped under high pressure to the reactor core where it is
heated by the energy generated by the fission of atoms. The heated water then flows to a
steam generator where it transfers its thermal energy to a secondary system where steam
is generated and flows to turbines which, in turn, spins an electric generator. In contrast to
a boiling water reactor, pressure in the primary coolant loop prevents the water from
boiling within the reactor.

There are two different nuclear reactors sites in Fukushima (see map):

· Fukushima I (Daiichi) – 6 reactors
· Fukushima II (Daini) – 4 reactors (located 12 km North from Daiichi)

Units Daiichi 1 (commercial start: 1971, 40 years-old) & Daiichi 3 (commercial
start: 1976, 35 years-old) of Fukushima I are the two reactors that usually the
press are referring to although concerns do also exist for Units 1, 2 and 4 of the
Daini’s site. (mre technical details below)

Units 4, 5 and 6 of Daiichi were actually shut for periodic inspections at the moment of the
earthquake. The three other units in Fukushima were automatically shut down at that
moment.


Daiichi Nuclear Power Station Accident – Some Facts on What a Meltdown Is
By: Bill Egnor Saturday March 12, 2011 7:37 am 

   

In a time of accident like we are seeing at the Daiichi Nuclear Power Stations facts are a very good thing. So let me provide you with some facts, then we can talk about what is known at this point about the accident there.

Daiichi Nuclear Power Station station has 6 nuclear reactors on site that are all of the type known as Boiling Water Reactors. They are an older design that does not have a containment building but rather a containment vessel which holds the reactor core of rods and water that is used to generate steam. They were all built in the 1970′s. Reactor #1 is the one that is in danger at this station.

There is a second Daiichi NPS which has 4 reactors built in the 1980. These are of the same type and units 1,2 and 3 are in the same kind of danger that Unit 1 at Daiichi One is in, though as of now no explosions have been reported. This issue is that any of these plants could have a failure due to the inability to circulate cooled water around the core. If that happens it is called a meltdown.

A nuclear reactor works by fission, splitting the atom, which causes a lot of heat. The water in a reactor is used two ways. First to keep the nuclei which are generated in fission and cause other atoms to fission from escaping. This makes it a more efficient reaction.

The second purpose of the water is to carry away the heat of the ration. Water is great a conducting heat. It keeps the rods cool and the allows for generation of electricity from the steam.

The problem at Daiichi Unit 1 is that the pumps that circulate the water have shut down initially due to a lack of power. Since the reactor is a “single loop” there the water around the core has continued to heat up. Even with the control rods in, the reactor stays very hot for at least a couple of days.

A reactor works by having sets of fuel rods and control rods interspersed. When you remove the control rods (partially or fully) more and more of the nuclei escape from the uranium, they slam into other atoms of uranium and cause an escalating reaction. The water heats up and then turns to steam at the top of the containment vessel and moved to the generator.

Because the water in the core is turning to steam, there is a need to keep a constant watch on the level of water. If the core is exposed, the heat it generates will jump up very fast and become so hot that the rods, control and fuel, will melt. At this point you have the beginning of a meltdown.

The balance between control rods (which are often made of cadmium because it can catch and capture neutrons without fissioning) is a carefully planned thing. If the fuel rods melt and fall to the floor of the vessel they will no longer be inter-spaced correctly to prevent a run away nuclear reaction.

The fuel will all be in one place and there will be water all around it but nothing to prevent the neutrons from shattering other atoms of uranium. The puddle of super hot and reacting fuel will continue to heat up and in short order will burn through the containment vessel and fall to the floor of the reactor building.

Then things can get really bad. All the water in the containment vessel is going to pour out onto this very hot slag. It will flash into super-heated steam and could cause an explosion which could spread the melted fuel even further.

So far that does not seem to be what happened at Daiichi Unit 1. It appears that there was an explosion in the pumping mechanism from the super-heated and super-pressurized steam that the dormant reactor has been building up since the accident.

It is not good news, as you can see from the diagram the water in this type of reactor is highly radioactive from its contact with the core and the fact that there was a limited amount of water in the reactor to start with. Without being able to replenish this as it escapes or is released, you come closer and closer to uncovering the core.

Right now the Japanese officials are talking about flooding the core with seawater. This is a last ditch effort. The reason they have not done it up untill now is that seawater, especially hot seawater, is very corrosive. It will eat away at all the metal fittings in the system. But if they can pump enough in and keep pumping it in, it will prevent a core exposure and meltdown. It means completely scrapping any reactor they do this to, but it is far far better than a full meltdown.

More on this story as it develops

The floor is yours


La disinformazione internazionale della lobby nucleare



Dibattiti televisivi dove ancora stamattina “esperti” rassicurano che tutto è in ordine ed è tutto previsto e di “routine”. Ex legambientini in carriera più bugiardi dei nuclearisti di professione.

Nessuno ha ancora detto che nell’area di Fukushima sono presenti 11 reattori di cui 3 gravemente danneggiati, in uno dei quali, stamattina alle 7 (ora italiana) è esplosa la gabbia (in grigio nella foto ) che circonda il nocciolo e che nel contiguo distretto di Onagawa sono presenti altri 3 reattori di cui uno ha preso fuoco nelle prime ore dell’evento.

Nella capitale Tokyo a 230 km dalla zona interessata, migliaia di persone stanno abbandonando la città per allontanarsi dall’area degli incidenti e dalla possibile contaminazione che può coinvolgere la capitale nel giro di poche ore nel caso che la possibile fusione del nocciolo a causa dell’alta temperatura non venga evitata nelle prossime 24 ore.

La centrale Fukushima I, per la quale é stata dichiarata la prima emergenza nucleare ufficiale in Giappone, è uno dei 25 impianti nucleari più grandi del mondo. Gestita dalla Tokyo Electric Power Company (Tepco), la centrale si trova nella città di Okuma, a circa 200 chilometri da Tokyo, nella prefettura di Fukushima ed è costituita da sei unità separate fra loro, che complessivamente hanno una produzione di 4,7 GW. A circa 11 chilometri dalla centrale di Fukushima I si trova un altro impianto nucleare, quello di Fukushima 2.

Al momento del terremoto erano in funzione tre dei sei reattori, che si sono spenti automaticamente, mentre gli altri tre erano fermi per manutenzione. Si tratta di centrali del tipo BWR (Boiling water reactor), un modello progettato negli Stati Uniti negli anni ’50. La costruzione dell’impianto giapponese è cominciata a partire dal 1966 e la centrale è diventata operativa nel 1971. Le centrali del tipo Bwr utilizzano acqua demineralizzata per raffreddare il reattore. Il calore prodotto dal processo di fissione nucleare che avviene all’interno del reattore viene raffreddato dall’acqua che, riscaldandosi, vaporizza. Il vapore così ottenuto viene utilizzato per azionare una turbina e quindi viene fatto condensare e torna ad essere acqua allo stato liquido che rientra in circolo nel reattore.

Power reactors operating in Fukushima* e Onagawa District

ReactorTypeNet capacityUtilityCommercial Operation
Fukushima I-1BWR439 MWeTEPCOMarch 1971
Fukushima I-2BWR760 MWeTEPCOJuly 1974
Fukushima I-3BWR760 MWeTEPCOMarch 1976
Fukushima I-4BWR760 MWeTEPCOOctober 1978
Fukushima I-5BWR760 MWeTEPCOApril 1978
Fukushima I-6BWR1067 MWeTEPCOOctober 1979
Fukushima II-1BWR1067 MWeTEPCOApril 1982
Fukushima II-2BWR1067 MWeTEPCOFebruary 1984
Fukushima II-3BWR1067 MWeTEPCOJune 1985
Fukushima II-4BWR1067 MWeTEPCOAugust 1987
Onagawa-1BWR498 MWeTohokuJune 1984
Onagawa-2BWR796 MWeTohokuJuly 1995
Onagawa-3BWR796 MWeTohokuJanuary 2002

* Fukushima I = Fukushima Daiichi, Fukushima II = Fukushima Daini

Cosa è successo a Fukushima

Cercherò di riassumere i fatti principali. Il terremoto che ha colpito il Giappone è stato 5 volte più potente del peggior terremoto per cui l’impianto nucleare era stato costruito (la scala Richter lavora in modo logaritmico; la differenza tra gli 8.2 per cui l’impianto è stato costruito e gli 8.9 che si sono venuti a creare è di 5 volte, non di 0.7).Quindi il primo urrà per l’ingegneria Giapponese, tutto ha resistito.
Quando un terremoto colpisce con 8.9,il reattore nucleare si spegne automaticamente. Nel giro di secondi dall’inizio del terremoto, le barre di controllo sono state inserite nel nucleo e la reazione nucleare a catena dell’uranio si è fermata. Ora, il sistema di raffreddamento deve portare via il calore restante. Il calore restante è circa il 3% al disotto del normale carico di calore in normali condizioni di lavoro.
Il terremoto ha distrutto l’alimentazione esterna del reattore nucleare. Questo è uno degli incidenti più seri per una centrale nucleare e di conseguenza un “impianto di black out” riceve molte attenzioni quando si progettano i sistemi di riserva. L’energia è necessaria per mantenere attive le pompe di raffreddamento. Da quando il sistema di alimentazione è stato spento, non produce più alcun tipo di corrente elettrica.
Le cose sono andate bene per un’ora. Un gruppo di generatori Diesel di emergenza è entrato in azione e ha creato l’energia che era necessaria. A quel punto è arrivato lo Tsunami, molto più grande di quando le persone si aspettavano quando l’impianto fu costruito(vedi sopra, fattore 7).Lo tsunami ha messo fuori gioco tutti i diversi gruppi di generatori di riserva Diesel.
Quando si progetta un impianto nucleare, gli ingegneri seguono la filosofia chiamata “Difesa in profondità”. Che significa che prima si costruisce qualsiasi cosa per resistere alla peggiore catastrofe che si possa immaginare, e poi si progetta l’impianto in modo tale che questo possa ancora reggere a un altro disastro (che si pensa non possa mai accadere) dopo il primo. In questo caso, uno tsunami ha distrutto tutti i sistemi energetici di riserva in un colpo solo. L’ultima linea di difesa è inserire il tutto nel terzo strato di contenimento (vedi sopra),che terrà qualunque cosa, qualunque sia il problema, barre di contenimento inserite o meno, fusione o no, dentro il reattore.
Quando i generatori diesel sono stati messi fuori uso, gli operatori sul reattore sono passati all’alimentazione a batteri a. Le batterie sono state progettate per essere la riserva della riserva, per dare energia al sistema di raffreddamento del nocciolo per altre 8 ore. E lo hanno fatto.
All’interno delle 8 ore, un’altra fonte energetica doveva essere trovata e connessa all’impianto energetico della centrale. La rete energetica era danneggiata per via del terremoto. I generatori diesel erano distrutti dallo tsunami. Così sono arrivati generatori diesel mobili.
Qui è dove le cose hanno iniziato ad andare veramente male. Non è stato possibile connettere generatori esterni all’impianto energetico (i connettori non combaciavano).Così dopo che le batterie si sono esaurite, non è più stato possibile portare via il calore in eccesso.
A questo punto gli operatori dell’impianto hanno iniziato a seguire le procedure di emergenza per i casi di “mancanza di raffreddamento”. E’ ancora un passo dietro alla linea di “Difesa in profondità”. L’energia ai sistemi di raffreddamento non avrebbe mai dovuto mancare completamente, ma così è stato, così si sono ritirati alla prossima linea di difesa. Tutto questo, per quanto possa sembrare shoccante per noi, è una parte dell’addestramento per cui, giorno per giorno un operatore è addestrato, proprio come gestire una fusione del nocciolo.
E’ stato a questo punto che le persone hanno iniziato a parlare di fusione del nocciolo. Perché a fine giornata, se il raffreddamento non poteva essere ripristinato, il nocciolo avrebbe eventualmente potuto fondersi (dopo ore o giorni),come ultima linea di difesa, il “blocca nocciolo” e il terzo strato di contenimento sarebbero entrati in gioco.
Ma l’obbiettivo a questo punto è gestire il nocciolo mentre sta riscaldando, e garantire che il primo strato di contenimento (i tubi di Zircaloy che contengono il combustibile nucleare),come il secondo strato (la nostra pentola a pressione) rimanga intatto e operativo il più a lungo possibile, per permettere agli ingegneria il tempo di riparare i sistemi di raffreddamento.
Dato che raffreddare il nocciolo è un grosso problema, il reattore ha molti sistemi di raffreddamento

,ognuno in diverse versioni (il sistema di pulizia dell’acqua del reattore,il decadimento per la rimozione del calore, il raffreddamento dell’isolante del reattore, il liquido di raffreddamento in attesa,e il sistema di raffreddamento di emergenza del reattore).Ora come ora, quando uno di questi abbia o meno fallito non è chiaro.
Quindi immagina la nostra pentola a pressione come una stufa, con poco calore, ma accesa. Gli operatori hanno usato qualsiasi sistema di raffreddamento in loro possesso per smaltire il calore il più possibile, ma la pressione inizia a crescere. La priorità ora è mantenere intatto il primo strato di contenimento (mantenere la temperatura delle barre combustibile al di sotto dei 2200°C), come anche per il secondo strato di contenimento, la pentola a pressione. Per mantenere intatta la pentola a pressione (il secondo strato di contenimento),la pressione deve essere rilasciata di volta in volta. Dato che la possibilità di fare ciò in un’emergenza è importante, il reattore ha 11 valvole per abbassare la pressione. Gli operatori ora hanno iniziato ad rilasciare vapore col tempo per controllare la pressione. La temperatura a questo punto era di circa 550°C.
Questo è il momento è iniziata la trasmissione di notizie su una “perdita di radiazioni”. Credo di aver spiegato sopra perché liberare il vapore è teoricamente lo stesso che rilasciare radiazioni nell’ambiente, ma perché questo non è pericoloso. L’azoto radioattivo come i gas nobili non sono un pericolo per la salute umana.
Ad un certo punto, durante il rilascio, è avvenuta un’esplosione. L’esplosione ha preso luogo fuori del terzo strato di contenimento (la nostra “ultima linea di difesa”), e fuori anche dalla struttura del reattore. Ricordo che la struttura del reattore non ha la funzione di mantenere contenuta la radioattività. Non è ancora chiaro cosa è successo, ma questa è la cosa più probabile: Gli operatori hanno deciso di liberare il vapore dal contenitore a pressione non direttamente nell’ambiente, ma nello spazio tra il terzo strato di contenimento e la struttura del reattore (per dare più tempo al vapore radioattivo di placarsi).Il problema è che alle alte temperature che il nocciolo ha raggiunto a questo punto, le molecole di acqua possono “dissociarsi” in ossigeno e idrogeno, un mix esplosivo. E questo è esploso, fuori dal terzo strato de contenimento, danneggiando la struttura attorno al reattore. E’ stato questo tipo di esplosione, ma all’interno il contenitore a pressione (perché era stato mal progettato e non gestito adeguatamente dagli operatori) che ha portato alla esplosione di Chernobyl. Questo non è mai stato un rischio a Fukushima. Il problema della formazione di idrogeno-ossigeno è uno dei più grandi quando si progetta una centrale nucleare (se di fatto non sei Sovietico), quindi la struttura del reattore è costruita e gestita in modo tale che questo non possa accadere all’interno del contenimento. Questo avviene fuori, che non è intenzionale, ma è uno scenario OK, perché non porta rischi per il contenimento.
Quindi il contenitore a pressione è sotto controllo, e il vapore è disperso. Ora, se continui a far bollire la tua teiera, il problema è che il livello dell’acqua si abbasserà continuamente. Il nocciolo è coperto da molti metri di acqua per permettere di avere tempo (ore, giorni) prima che venga esposto. Una volta che le barre iniziano a essere esposte in superficie, le parti esposte raggiungeranno la temperatura critica di 2200°C dopo circa 45 minuti. Questo è quando il primo strato di contenimento, il tubo allo Zircaloy, fallisce.
Ed è quello che sta iniziando ad accadere. Il raffreddamento non poteva essere ripristinato prima in quanto c’era un (molto limitato, ma comunque presente) danno all’involucro di alcune barre combustibili. Il materiale nucleare in sé era intatto, ma la struttura esterna di Zircaloy ha iniziato a fondersi. Cosa è accaduto ora è che alcuni dei sottoprodotti dell’uranio decadono – Cesio radioattivo e Iodo – iniziano a mescolarsi con il vapore. Il grande problema, l’uranio, era ancora sotto controllo, in quanto le barre di ossido di uranio non subiscono danni fino a 3000 °C.E’ confermato che una piccolissima quantità di Cesio e Iodio è stata rilevata nei vapori che sono stati rilasciati nell’atmosfera.
Sembra fosse il “segnale di partenza” per il principale piano B. Le piccole quantità di Cesio rilevate hanno detto agli operatori che il primo strato di contenimento di una delle barre da qualche parte era pronta. Il piano A era di ripristinare una dei regolari sistemi di raffreddamento del nocciolo. Perché ha fallito non è chiaro. Una spiegazione plausibile è che lo tsunami abbia anche portato via / inquinato tutta l’acqua pulita necessaria per i regolari sistemi di raffreddamento.
L’acqua usata nei sistemi di raffreddamento è molto pulita, demineralizzata (come distillata).Il motivo per cui si usa acqua pulite è quello menzionato sopra riguardo all’attivazione dei neutroni dall’Uranio: acqua pure non si attiva molto, quindi resta praticamente non radioattiva. Sporco o sale nell’acqua assorbirebbe i neutroni più velocemente ,divenendo più radioattiva.
Questo non ha effetto sul nocciolo – non importa da cosa sia raffreddato. Ma questo rende la vita più difficile per gli operatori e i meccanici quando hanno a che fare con acqua attiva (poco radioattiva).
Ma il piano A ha fallito – i sistemi di raffreddamento o acqua pulita non erano reperibili – quindi il piano B ha avuto effetto. Questo è circa quello che è successo:
Per prevenire una fusion del nocciolo, gli operatori hanno iniziato ad utilizzare acqua di mare per raffreddare il nocciolo. Non sono molto sicuro se hanno inondato la nostra pentola a pressione (il secondo strato di contenimento), o se hanno inondato il terzo strato di contenimento, immergendo la pentola a pressione ma questo non è rilevante per noi.
Il punto è che il combustibile nucleare ha ora iniziato a raffreddarsi. Poiché la reazione a catena è stata fermata molto tempo fa, ci sono solo piccoli residui di calore che vengono prodotti attualmente. La grande quantità di acqua di raffreddamento che è stata usata è sufficiente per disperdere il calore. Poiché è molta acqua, il nocciolo non produce più sufficiente calore per generare significativi livelli di pressione. Inoltre, è stato aggiunto acido borico all’acqua marina. Acido Borico “liquido delle barre di contenimento”. Se il decadimento sta ancora avvenendo, l’acido borico catturerà i neutrini e aumenterà inoltre la velocità di raffreddamento del nocciolo.
L’impianto è andato vicino a una fusion del nocciolo. Questo è lo scenario peggiore, ed è stato evitato: se l’acqua del mare non fosse stata usata nel trattamento, gli operatori avrebbero continuato a liberare vapore acqueo per evitare che la pressione aumentasse. Il terzo strato di contenimento sarebbe allora stato completamente sigillato per permettere alla fusione del nocciolo di avvenire senza rilasciare materiale radioattivo. Dopo la fusione, ci sarebbe stato un periodo di attesa per permettere ai materiali radioattivi di decadere all’interno del reattore, e a tutte le particelle di posarsi sulla superficie dentro lo strato di contenimento. Il contenimento sarebbe stato pulito all’interno. Quindi sarebbe iniziato molto lavoro per rimuovere il nucleo fuso dal contenimento impacchettando il combustibile (di nuovo solido) per essere trasportato in container e essere trasportato agli impianti per essere lavorato. A seconda del danno,

l’impianto sarebbe stato smantellato o riparato.

Considerazioni attuali

Ora,questo a cosa ci porta? La mia valutazione:

  • L’impianto è ora sicuro e lo resterà.
  • Il Giappone sta verificando un “Incidente INES di livello 4”: Incidente nucleare con conseguenze locali.

Che è un male per la compagnia che gestisce l’impianto, ma non per chiunque altro.

  • Alcune radiazioni sono stati rilasciate quanto il contenimento a pressione è stato arieggiato. Tutti gli isotopi radioattivi del vapore attivo sono decaduti. Una piccolissima quantità di Cesio è stata rilasciata insieme a dello Iodio.

Se stavi seduto sopra alla ciminiera dell’impianto quanto sono stati areati, probabilmente avresti dovuto smettere di fumare per ritornare alla tua aspettativa di vita precedente. Gli isotopi di Cesio e di Iodio sono stati portati fuori verso il mare e non si faranno più vedere.

  • C’è stato un danno limitato al primo strato di contenimento. Questo significa che una piccola quantità di Cesio radioattivo e di Iodio saranno rilasciate nell’acqua di raffreddamento, ma non Uranio o altre sostanze pericolose (l’ossido di Uranio non si “dissolve” nell’acqua).Ci sono strutture per il trattamento dell’acqua di raffreddamento all’interno del terzo strato di contenimento .Il Cesio e lo Iodio radioattivo saranno rimossi qui e eventualmente immagazzinati come rifiuti radioattivi nel terminale di stoccaggio.
  • L’acqua del mare usata come acqua di raffreddamento sarà in qualche misura attiva. Poiché le aste di controllo sono completamente inserite, non sta avvenendo la reazione a catena con l’Uranio. Questo significa che la “principale” reazione nucleare non è in atto, perciò non contribuisce all’attivazione. I materiali con media radioattività (Cesio e Iodio) in questa fase sono perlopiù andati, perché il decadimento dell’Uranio è stato fermato molto tempo fa.

Ciò riduce ulteriormente la radioattività. Fondamentalmente, ci sarà qualche basso livello di radiazione nell’acqua del mare che sarà rimossa negli impianti di trattamento.

  • L’acqua del mare sarà poi sostituita nel tempo con la “normale” acqua di raffreddamento.
  • Il nucleo del reattore sarà smantellato e trasportato in una struttura di trattamento, come durante un regolare cambio di combustibile.
  • Le barre di combustibile e l’intero impianto saranno controllati per potenziali danni. Questo richiedere all’incirca 4-5 anni.
  • Il sistema di sicurezza in tutti gli impianti giapponesi sarà aggiornato per resistere a un terremoto di intensità 9.0 e a uno tsunami (o peggio).
  • (Aggiornamento) Credo che il problema più significativo sarà la prolungata carenza di energia elettrica.

11 dei 55 reattori nucleari giapponesi in differenti impianti sono stati spenti e saranno ispezionati, portando direttamente a una riduzione dell’energia nucleare prodotta dal paese del 20%, che significa circa il 30% della produzione dell’energia nazionale totale. Non ho considerato nelle conseguenze altri impianti nucleari non direttamente coinvolti. Questo ammanco probabilmente sarà coperto utilizzando gli impianti energetici a gas che solitamente sono utilizzati solamente nei casi di sovraccarichi per coprire il carico energetico di base.

Non ho familiarità con la catena giapponese di rifornimento energetico per petrolio, gas e carbone, e quali danni i porti, le raffinerie, i magazzini e la rete di trasporti abbiano subito, come per i danni alla rete di distribuzione nazionale.

Tutto questo porterà ad aumenti nelle bollette dell’elettricità, come anche a carenze energetiche durante i momenti di maggiore richiesta e durante gli sforzi per la ricostruzione in Giappone.

  • Tutto questo è solo una parte di un’immagine più ampia. La risposta alla emergenza ha a che fare con la disposizione di rifugi, acqua potabile, cibo e cure mediche, trasporti e infrastrutture di comunicazione, come anche per l’approvvigionamento energetico. In un mondo costruito sulle catene di rifornimento, siamo di fronte a una delle più grandi sfide in tutte queste aree.

Se vuoi rimanere informato, per favore, dimentica i tradizionali media e consulta i seguenti siti web:


 NOCCIOLO ED ANCORA FUKUSHIMA

Sostituita la pompa al quinto reattore della centrale

Giappone, riparato guasto al sistema di raffreddamento a Fukushima

Alti livelli di materiale radioattivo sono stati rilevati sul fondale del Pacifico, a 300 chilometri al largo

TOKYO – Un gruppo di tecnici specializzati ha rimesso in moto domenica il sistema di raffreddamento di uno dei reattori della centrale nucleare di Fukushima in Giappone, che si era guastato in occasione dello tsunami dell’11 marzo scorso. La pompa ad acqua utilizzata per raffreddare il reattore numero 5 e l’acqua della piscina dov’è immerso il combustibile nucleare irradiato era completamente ferma, ha indicato la Tokio Electric Power (Tepco). Il lavoro per rimpiazzare la pompa è terminato questa notte. «C’era un problema al motore. Abbiamo sostituito la pompa che adesso funziona», ha spiegato un tecnico della Tepco, che gestisce l’impianto.

RADIAZIONI IN MARE – Ma arrivano anche brutte notizie. Infatti Alti livelli di materiale radioattivo sono stati rilevati sul fondale del Pacifico, in un tratto di 300 chilometri al largo dell’impianto nucleare di Fukushima Daiichi, nel nord-est del Giappone. A riferirlo è l’agenzia Kyodo News. Il governo ha riferito che materiale radioattivo, fino a diverse centinaia di volte superiore alla norma, è stato rilevati nel tratto di oceano che va dalla prefettura di Miyagi a prefettura di Chiba ed ha avvertito che la contaminazione può pregiudicare la sicurezza dei frutti di mare. In particolare, il ministero della Scienza giapponese ha rilevato iodio e cesio sul fondale in una dozzina di siti a 15-50 chilometri dalla costa, tra il 9 ed il 14 maggio scorsi. Greenpeace Giappone ha riferito di aver trovato giovedì scorso materiali radioattivi, oltre i limiti ufficiali per il consumo, in 14 dei 21 campioni di prodotti alimentari esaminati, tra cui alghe, crostacei e pesci catturati a 22-60 chilometri. Hidehiko Nishiyama, portavoce dell’Agenzia per la sicurezza nucleare e industriale, ha più volte detto che il materiale radioattivo rilevato è diluito in modo significativo dal momento che è stato consumato da specie marine. Ma Greenpeace ha ribattuto di aver osservato una riconcentrazione delle sostanze radioattive nel mare e ha chiesto una ricerca a lungo termine.

CENTRALINE RADIOATTIVITÀ IN TILT – Intanto si è scoperto che la maggior parte dei sistemi di misura della radioattività installati vicino alla centrale nucleare giapponese di Fukushima ha cessato di funzionare subito dopo il terremoto dell’11 marzo scorso: lo ha riferito l’agenzia di stampa Kyodo. Nella prefettura di Fukushima, 22 dei 23 apparecchi presenti attorno alle centrali di Fukushima Daiichi e di Fukushima Daini non hanno più trasmesso dati sulle radiazioni circa tre ore dopo il sisma, hanno precisato l’agenzia citando responsabili della prefettura. Alcune di queste attrezzature sono state distrutte al momento del cataclisma, ma secondo gli esperti i danni principali sarebbero stati provocati dal cattivo funzionamento delle linee di comunicazione e della rete di alimentazione elettrica. Anche i sistemi di sorveglianza del livello di radiazioni trasmessi dai satelliti hanno smesso di funzionare poche ore dopo il sisma a seguito dei pesanti danneggiamenti provocati alle antenne di trasmissione.


29 maggio 2011


Lo ha reso noto la Tepco

Fukushima: fusione parziale anche nei reattori 2 e 3

Finora era stata ammessa solo nel reattore 1 della centrale atomica giapponese colpita dallo tsunami

MILANO – Anche le barre di combustibile nucleare dei reattori 2 e 3 della centrale di Fukushima si sono parzialmente fuse. Lo ha annunciato la Tepco, gestore dell’impianto nucleare. Finora la società giapponese aveva reso noto che solo il reattore 1 era stato interessato da fusioni parziali «della maggior parte del combustibile al fondo del recipiente di contenimento» a causa dei sistemi di raffreddamento fuori uso dopo lo tsunami che l’11 marzo aveva investito il sito nucleare. Lo scenario aveva sollevato timori, ora confermati, che anche i numeri 2 e 3 avessero subito la stessa sorte. Secondo la compagnia, tuttavia, è improbabile che questo faccia peggiorare la situazione perché le barre sono già state coperte dall’acqua per aumentare il raffreddamento. Ora i reattori «sono interessati da operazioni di raffreddamento e la loro condizione è stabile», ha aggiunto un portavoce della Tepco.

I REATTORI SMANTELLATI – Il gruppo Tepco ha comunicato che i reattori numero 1, 2, 3 e 4 della centrale di Fukushima saranno smantellati. Secondo l’agenzia Kyodo News, i reattori 1 e 4 erano stati danneggiati in modo irreparabile: l’emergenza inoltre ha spinto Tepco a cancellare i progetti di realizzazione di altri due reattori a Fukushima.

Redazione online
24 maggio 2011


Fukushima: fusione è ufficiale. Ecco che cosa è successo semplicemente

Fukushima Daiichi ha un nuovo “vecchio” problema: il combustibile nucleare del reattore numero 1 si sarebbe fuso. La notizia la dà la stessa TEPCO senza suscitare scalpore. Ma che cosa è successo nel reattore, in parole povere? L’abbiamo chiesto a Paolo Scampa, presidente dell’AIPRI.

La notizia è ufficiale ed è stata ribattuta anche da Kyodo News, l’agenzia di stampa giapponese: il reattore nucleare di Fukushima Daiichi è fuso, l’acqua di “raffreddamento” esce da dei buchi, il combustibile nucleare si è raccolto, sotto forma di corio (http://is.gd/2mRPiL), sul fondo del reattore d’acciao (il vessel). E’ la stessa TEPCO a “confessare” per la prima volta dopo l’11 maggio la fusione del reattore, sempre negata e scongiurata. La società nipponica ha comunicato candidamente che il livello d’acqua nel reattore è estremamente basso visto che è ben 5 metri al di sotto la parte superiore delle barre di combustibile. Le barre quindi si sarebbero completamente esposte all’aria e quindi si sarebbero fuse. Il portavoce di TEPCO Junichi Matsumoto spiega la situazione sintetizzando che l’acqua di raffreddamento, sebbene sia pompata a ritmo di 150 tonnellate al giorno, non è stata trovata nei primi cinque metri dalla “cima” delle barre, il che, data essere questa la lunghezza stessa delle barre di combustibile (le fonti parlano di una lunghezza della barre di combustibile da un minimo di 4 metri a un massimo di 5) dovrebbero quindi essere completamente scoperte. Sempre se esistessero ancora. A questo proposito abbiamo chiesto un commento a Paolo Scampa, presidente dell’AIPRI (Association Internationale pour la Protection contre les Rayons Ionisants) per spiegaci in “parole povere” che cosa potrebbe essere successo al reattore numero 1 di Fukushima. “Il combustibile in stato normale nel reattore nucleare si trova ‘a bagno maria’ con le barre completamente affogate sotto metri d’acqua” spiega, cercando di essere molto “semplice” Paolo Scampa, e continua: “E’ necessario quindi apportare acqua ‘fredda’ (nel senso che è ‘meno calda’ del ‘forno nucleare’) per mantenere questo stato di ‘bagno maria’ che raffredda le barre (e in condizioni normali produce poi il vapore che va alle turbine, ndr)”. Il presidente dell’AIPRI ci fa visualizzare poi come è fatto dentro il reattore nucleare: “Il combustibile nucleare consiste in pasticche di 7/10 grammi impilate su un’altezza di 5 metri, all’interno di guaine di zirconio di 1,2 – 1,5 millimetri di spessore. Queste guaine hanno una tenuta fino ad 800 gradi al massimo, dopo 800 gradi sono soggette a varie fessurazioni, rotture, deformazioni, ecc.” afferma Scampa. Ma che cosa significano le parole di TEPCO a proposito dell’acqua che si perde in qualche “crepa” del vessel (ovvero della ‘pentola’ a pressione che contiene il combustibile nucleare)? Il presidente dell’AIPRI spiega semplicemente: “Quando non arriva più acqua fredda, non c’è più ‘bagno maria’, il calore radioattivo fa evaporare tutta l’acqua senza averne però il giusto ricambio, le guaine di combustibile nucleare cedono (bastano appena 2 o tre giorni) e tutto cola in un magma chiamato “corio” che mescola il combustibile nucleare con lo zirconio. Le temperature sono dell’ordine di 1500-2500 gradi”. Le conseguenze sono gravissime e come ci spiega il presidente dell’AIPRI consistono nello “zirconio che surriscaldato, con l’interazione dell’acqua, genera parecchio idrogeno, e proprio da lì è da ricercarsi l’origine delle esplosioni”. Ma poi che cosa potrebbe succedere? “Il magma radioattivo attacca il fondo della ‘pentola’ (20 cm di spessore) e piano piano tenderà a bucarlo. C’è da dire che il fondo della ‘pentola’ (cioé il vessel d’acciaio) ha uno spessore inferiore per cedere e per raccogliere il corio” conclude Paolo Scampa. Insomma, una vera tragedia che sta superando il disastro di Chernobyl del 26 aprile del 1986. E questo nella annoiata tranquillità del mondo, talmente mitridatizzato dall’ipocrisia e dai veleni da non preoccuparsi più di nessuna conseguenza. Neppure apocalittica.

Maurizio Maria Corona


Fukushima: il piano per le emergenze era di una sola pagina

Di Agostino Loffredi • 27 mag, 2011 •


Fukushima: il piano per le emergenze era di una sola pagina.
L’agenzia di stampa Associated Press è riuscita a ottenere la nota compilata dalla Tokyo Electric Power Corporation (TEPCO) grazie a una legge sull’accesso ai documenti di interesse pubblico e ha potuto constatare quanto fosse ottimistica la conclusione che gli impianti di Fukushima avrebbero potuto resistere a uno tsunami. Conclusione peraltro tragicamente smentita dai fatti.

I documento risale al 19 dicembre 2001, anno in cui l’Agenzia chiese ai gestori degli impianti nucleari di fornire dei dati utili per valutare la loro preparazione a un eventuale terremoto o tsunami. Evidentemente la brevità della risposta della TEPCO non ha impensierito la NISA che non ha, ne svolto controlli e nemmeno chiesto ulteriori documenti o dati che giustificassero l’ottimistica conclusione.

La nota della TEPCO conteneva un testo, box informativi e una serie di dati. In aggiunta vi era una piccola mappa del Giappone in cui venivano indicati i terremoti storici.

Secondo i parametri presi in considerazione dalla Tepco, basati sulla convinzione che il terremoto più vicino che si sarebbe potuto verificare avrebbe raggiunto la magnitudo massima di 8,6, le onde di un eventuale tsunami non avrebbero dovuto superare i cinque/sei metri.

L’11 marzo scorso il nord del Giappone è stato colpito da un terremoto di magnitudo 9.0 e le onde dello tsunami hanno raggiunto i 14 metri. L’acqua ha messo fuori uso i generatori elettrici di emergenza, collocati troppo in basso, mandando fuori uso il sistema di raffreddamento dei reattori.

Ne corso dei nove anni dopo la sua prima pubblicazione, i documento della Tepco non è mai stato aggiornato nonostante la scienza e la tecnica abbiano fatto notevoli passi avanti in materia di terremoti e tsunami. Soltanto lo scorso anno il gestore ha revisionato il piano di sicurezza ma sono stati effettuati controlli superficiali e la conclusione è stata la stessa.

Il portavoce della Tepco, Naoyuki Matsumoto, ha difeso la relazione del 2001 sostenendo che l’azienda si basò su i migliori dati disponibili e che lo tsunami di marzo è stato “al di fuori di ogni immaginazione”.

La NISA ha spiegato, a sua discolpa, che la richiesta di valutazione del rischio tsunami non può essere imposta per legge e che le risposte degli operatori “tecnicamente erano volontarie” anche se in base a quell’insieme di regole non scritte che vigono in Giappone, le autorità si aspettano che vengano soddisfatte.

A seguire tutta la concatenazione degli avvenimenti si ha la netta impressione che i controlli siano stati inefficaci se non inesistenti e che, da parte della TEPCO, abbia prevalso la logica del profitto su quella della sicurezza della popolazione.
Anche per il nucleare giapponese si apre ora un periodi di ri-analisi e di verifiche, di procedure e di controlli se non addirittura di messa in discussione di scelte che sembravano inamovibili.


Piscine di raffreddamento del combustibile esaurito.

Che cosa sono le piscine di raffreddamento del combustibile esaurito.

Traduzione italiana dell’articolo “What are Spent Fuel Pools” dal Blog del MIT NSE.
Traduzione di Stefano Passerini, MIT PhD Student’

Il combustibile nucleare si definisce esaurito (o esausto) dopo essere stato impiegato nel reattore. E’ del tutto simile al combustibile fresco nel senso che e’ composto da pastiglie di combustibile solide assemblate in barrette di combustibile a formare singoli elementi di combustibile. La differenza e’ che il combustibile esaurito contiene prodotti di fissione ed attinidi, come il Plutonio, che sono radiattivi e che richiedono una schermatura adeguata per le radiazioni. Esattamente come il combustibile nel reattore susseguente uno spegnimento rapido (SCRAM), il combustibile esaurito produce calore di decadimento poiché la maggior parte dell’energia del decadimento radiattivo dei prodotti di fissione e degli attinidi e’ depositata nel combustibile stesso sotto forma di calore. Dunque anche il combustibile esaurito (anche detto ‘irraggiato’) necessita di raffreddamento ma in misura molto minore rispetto a combustibile presente in un reattore spento da poco in quanto l’energia prodotta e’ ormai una piccola frazione rispetto a quella originaria. Riassumendo, il combustibile esaurito viene stoccato per un certo periodo di tempo per consentire adeguato raffreddamento conseguente al decadimento degli isotopi radioattivi che contiene ed inoltre per schermare le radiazioni che lo stesso emette.
Per adempiere a questi due scopi, il combustibile esaurito viene stoccato in piscine d’acqua e, successivamente, in grandi contenitori di cemento armato raffreddati naturalmente dall’aria. Le piscine di raffreddamento (una per ogni unita’) sono spesso situate in prossimità del reattore (nel caso di Fukushima, BWR aventi una tipologia di contenimento denominata Mark-1, si trova nella parte superiore della struttura stessa). Queste piscine sono molto grandi, spesso profonde fino a 13 metri a seconda del progetto. Sono composte da cemento armato rinforzato e circa 10 metri di acqua stagnate copre la sommità degli elementi di combustibile in esse contenuti. Gli elementi di combustibile sono spesso separati da lastre metalliche contenenti del boro che assicura che la reazione a catena di neutroni non possa ripartire. La probabilità di tale evento (ri-criticalità) e’ ulteriormente limitata dal fatto che il combustibile e’ stato in larga parte consumato durante la permanenza nel reattore. L’acqua della piscina e’ sufficiente a raffreddare il combustibile esaurito ed il calore generato viene rimosso tramite uno scambiatore di calore in modo che la temperatura della piscina stessa si mantenga costante. La profondità della piscina assicura anche che le radiazioni emesse dal combustibile stesso siano schermate di modo che gli operatori possano lavorare in sicurezza attorno alla sommità delle piscine stesse.
Durante il funzionamento ordinario dell’impianto, il combustibile può essere stoccato nella piscina per un periodo di tempo indefinito. La quantità di combustibile che può essere stoccato all’interno delle piscina dipende dal progetto, ma la maggior parte può ospitare un numero di elementi pari a diverse volte la quantità presente in un reattore nucleare in esercizio.
Durante le operazioni di ‘ricarica’ del combustibile nucleare il reattore viene spento, i compartimenti tra il reattore e la piscina di raffreddamento allagati con acqua (per schermare le radiazioni) e gli elementi di combustibile vengono spostati ad uno ad uno dal reattore alla piscina. Tale procedura avviene tipicamente ogni 12-18 mesi e coinvolge circa un terzo degli elementi di combustibile del reattore (che quindi complessivamente rimangono nel reattore 36-54 mesi prima di essere considerati esauriti). Le operazioni di ricarica vengono condotte in remoto utilizzando apparecchiature particolare e apposite gru per evitare di esporre i lavoratori alle radiazioni.
Il combustibile esaurito viene stoccato nella piscina per qualche anno, a seconda della capacita’ della piscina stessa e delle normative vigenti, prima di essere successivamente stoccato in appositi contenitori di cemento armato solitamente situati in prossimità dell’impianto al di fuori dell’edificio di contenimento e raffreddati in modo naturale dall’aria.
In caso di una perdita d’acqua nella piscina o di un guasto allo scambiatore di calore atto al raffreddamento, la temperatura della piscina stessa e’ destinata a salire. Se questa situazione si protrae per un tempo sufficientemente lungo, l’acqua può iniziare a bollire e, con il passare del tempo, il livello puo’ scendere al di sotto della sommità degli elementi di combustibile, esponendo cosi’ le barre di combustibile all’aria. Questo può essere un problema, in quanto l’aria e’ in grado di asportare il calore in modo molto meno efficace rispetto all’acqua e questo può portare ad un surriscaldamento delle barre di combustibile stesse. Se questo aumento di temperatura si protrae, le guaine (costituite di una lega di zirconio) possono ossidarsi e tramite reazioni chimiche a contatto con vapore acqueo ed aria, possono rilasciare idrogeno che può poi dare luogo ad esplosione. Un tale evento può presumibilmente danneggiare le guaine di combustibile e rilasciare quindi prodotti radioattivi come iodio, cesio e stronzio. E’ importante notare che ognuno di questi eventi (malfunzionamento del sistema di raffreddamento, ebollizione dell’acqua della piscina, esposizione e surriscaldamento del combustibile in aria e reazioni di ossidazioni delle guaine di zirconio) dovrebbe sussistere per un periodo di tempo prolungato per causare un incidente e ciò rende tale scenario estremamente improbabile.
Il rischio maggiore, in tale circostanza, si ha nel caso in cui non vi sia una robusta struttura di contenimento attorno alla piscina stessa. Mentre la piscina e’ una struttura di per se robusta, infatti, il tetto dell’edificio che la ospita non e’ altrettanto robusto e nel caso specifico e’ stato danneggiato e di conseguenza la superficie della piscina si trova esposta a contatto con l’ambiente. Finché vi e’ acqua a coprire il combustibile, questo non pone un rischio diretto per l’ambiente e tuttavia e’ possibile una contaminazione ed una dispersione di materiale radioattivo in caso di incendio in prossimità degli elementi di combustibile. Mantenere il combustibile coperto d’acqua mantiene basso il rischio di contaminazione ed e’ quindi una funzione di sicurezza molto importante.

Chernobyl

TMI

Tokyo, 10:41
Quattro morti in incidente a centrale nucleare

La fuoriuscita di vapore da un reattore della centrale nucleare giapponese di Mihama, nella prefettura di Fukui sul mar del Giappone, ha provocato oggi quattro morti e 8 feriti per ustioni (uno di questi versa in condizioni gravissime) tra gli operai di una ditta di subappalto. Secondo l’agenzia di stampa giapponese Kyodo, non si sarebbero però diffuse radiazioni nella zona dell’impianto.

Tokyo, 11:02
Incidente centrale nucleare, bilancio sale a quattro morti

E’ salito a quattro il numero dei morti causati dall’incidente avvenuto oggi nella centrale nucleare giapponese di Mihama nella prefettura di Fukui lungo il Mar del Giappone.

Lo riferiscono fonti di polizia precisando che un quinto operaio versa in condizioni disperate. Sono stati tutti colpiti, insieme ad altri sei compagni di lavoro, da vapore ad altissima temperatura fuoruscito dal sistema di circolazione delle turbine di un reattore.

Secondo le autorità non c’è stata fuga di radiazioni
Dieci in tutto le persone ricoverate in ospedale
Incidente in centrale nucleare
a nord di Tokyo, cinque morti

TOKYO – Un incidente nella centrale nucleare di Mihama, a 320 chilometri a nord ovest di Tokyo, ha causato cinque morti. Secondo le autorità locali non c’è stata fuga di radiazioni. Il numero delle vittime è stato diffuso dalla polizia, che riferisce anche che in tutto dieci persone sono state ricoverate in ospedale, mentre dal ministero del commercio e dell’industria è venuto solo l’annuncio con l’indicazione di “alcune vittime”.

Tutte le persone ricoverate sono state colpite da vapore ad altissima temperatura, fuoruscito dal sistema di circolazione delle turbine del reattore numero tre della centrale.

( 9 agosto 2004 )

l’Unità 09.08.2004
Giappone, incidente alla centrale nucleare di Mihama. Morti cinque operai
di red.

 Torna l’incubo nucleare. Dopo l’incidente di Tokaimura nel ’99 ora è la volta di Mihama. Nella centrale nucleare della città del distretto di Fukui, a circa 350 chilometri a nord della capitale Tokyo, cinque operai sono morti. È il più grave incidente registrato in Giappone nel settore dell’energia nucleare.

«Una fuoriuscita di gas, ma nessuna contaminazione radioattiva». I dirigenti della Kansai Electric Power, società che gestisce la centrale nucleare di Mihama, hanno cercato di rassicurare subito la popolazione. Ma nel frattempo, mentre la Kansai si prodigava per contenere il panico, gli operai, trasportati in fretta e furia all’ospedale, erano già morti. Lo ha reso noto la prefettura di Fukui, distretto in cui si trova la città di Mihama. Altri altri cinque lavoratori sono stati trasportati all’ospedale. Le loro condizioni sono abbastanza gravi, specifica il ministero del Commercio e dell’Industria. Il bilancio di vittime e feriti potrebbe aggravarsi ancora.

L’incidente si è verificato alle 15.30 locali. La tv pubblica Nhk ha confermato che non c’è stata alcuna emissione di radiazioni nemmeno all’interno dell’impianto.

Gli uomini, colpiti da vapore ad altissima temperatura – circa 200 gradi, – non sono sopravvissuti. I vapori fuorusciti dall’impianto di circolazione secondario hanno saturato l’edificio che ospita le turbine di un reattore, prontamente fermato. Non si conoscono ancora le cause che hanno determinato la fuoriuscita di vapore a 200 gradi, ma dai primi sarebbe emersa l’esistenza di crepe nei tubi del sistema di circolazione della turbina del reattore. La centrale di Mihama, attiva dal 1976, avrebbe dovuto sospendere momentaneamente le proprie attività il 14 agosto, per un essere sottosposta a una manutenzione periodica di tre mesi.

Riaffiora intanto il ricordo dell’incidente di Tokaimura, città a nord ovest del Giappone, dove nel 1999, in seguito a un danno all’impianto nucleare, morirono quattro persone all’istante mentre altri 400 abitanti del posto furono esposti alle radiazioni. In Giappone le centrali nucleari sono 52 e il Paese ricava dall’attività delle centrali circa il 30% del fabbisogno energetico. Il governo Koizumi ha annunciato rcentemente di voler costruire nuove centrali, per dare un impulso ancora più deciso alla politica energetica nucleare. A nulla, in precedenza, erano valse le proteste degli ambientalisti giapponesi. Nonostante l’incidente di Tokaimura il programma di costruzione di nuove centrali era stato approvato. Resta ora da vedere se la tragedia di Mihama consiglierà ai governanti giapponesi di ripensare la loro politica.

Secondo le autorità non c’è stata fuga di radiazioni
Diverse persone sono state ricoverate in ospedale
Incidente in centrale nucleare
quattro morti in Giappone
E’ il peggiore mai avvenuto nel paese, dove oggi si ricorda
l’esplosione della bomba atomica su Nagasaki

TOKYO – Un incidente nella centrale nucleare di Mihama, 320 chilometri a nord ovest di Tokyo, ha causato almeno quattro morti. Secondo le autorità locali non c’è stata fuga di radiazioni. Il numero delle vittime è stato reso noto dalla polizia, che ha riferito anche di diverse persone ricoverate in ospedale, mentre dal ministero del Commercio e dell’Industria è venuto solo l’annuncio con l’indicazione di “alcune vittime”.

Tutte le vittime ricoverate sono state colpite da vapore ad altissima temperatura, fuoriuscito dal sistema di circolazione delle turbine del reattore numero tre della centrale. “Nel vapore fuoriuscito dall’impianto non c’erano sostanze radioattive – assicura un funzionario dell’Agenzia per la sicurezza dell’industria e del nucleare – abbiamo ricevuto dati sul livello di radiazioni nel circondario”.

Il reattore di Mihama è gestito dalla Kansai Electric Power Co. Inc., che ha fatto sapere di aver chiuso l’impianto, che ospita un generatore nucleare da 826,000 kilowatt. La società non ha saputo dire quando la produzione di energia potrà riprendere. “Stiamo facendo indagini sulle cause dell’incidente” ha detto un portavoce della Kansai Electric.

L’incidente è avvenuto alle 3.30 del mattino (le 7.30 in Italia) poco dopo che alcuni lavoratori erano entrati nell’impianto per rilevare alcuni dati, in vista di una chiusura programmata del generatore per lavori di manutenzione. La temperatura del vapore che ha invaso la stanza era probabilmente di 200 gradi centrigradi.

Il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi ha dichiarato di non conoscere ancora i particolari dell’incidente, ma ha ribadito che sarà fatto il necessario “per conoscere le cause della disgrazia, per evitare che si ripeta e per aumentare le misure di sicurezza”.


Quello di oggi è il peggior incidente mai accaduto in impianti nucleari in Giappone. La sciagura ha avuto luogo proprio nel giorno dell’anniversario dell’esplosione della bomba atomica su Nagasaki nel 1945 ed è probabile che scatenerà nuove polemiche sull’opportunità dell’utilizzo di centrali nucleari nel paese. In Giappone sono in funzione attualmente 52 centrali nucleari, che coprono oltre il 30 per cento dell’intero fabbisogno energetico del paese. Il governo ha in programma la costruzione di altre centrali, nonostante gli allarmi suscitati da un grave incidente nel 1999.

In quell’occasione a Tokaimura, a nord di Tokyo in uno stabilimento dove si lavorava l’uranio, si era verificata una reazione nucleare incontrollata per colpa di tre operai poco addestrati, che avevano mescolato materiali nucleari in una vasca. L’incidente aveva causato la morte degli operai, la contaminazione di 150 persone e si dovettero allontanare migliaia di abitanti della zona circostante.

( 9 agosto 2004 )

Mihama, per le autorità non c’è stata fuga di radiazioni
Diverse persone sono state ricoverate in ospedale
Incidente in centrale nucleare
quattro morti in Giappone
Lunedì nero per l’energia: altri due guasti in due impianti

La centrale nucleare
di Mihama

TOKYO – Tre incidenti in tre diversi impianti nucleari. Il Giappone si risveglia in un inizio settimana da incubo. Il più grave, è avvenuto presso la centrale di Mihama, 350 chilometri a ovest di Tokyo, dove una fuoriuscita di vapore a alta pressione, e con una temperatura superiore ai 200 gradi, è costato la vita a quattro operai. Altri sette operai sono in condizioni molto gravi. Si è trattato del più tragico incidente nella storia dello sfruttamento dell’energia nucleare a fini civili in Giappone.

L’azienda Kansai Electric Power, che gestisce la centrale, si è affrettata a comunicare che non c’è stata contaminazione radioattiva. “L’incidente non avrà effetti sull’ambiente circostante”, ha assicurato in un comunicato. L’unità per la produzione di energia dell’impianto resterà fermo a tempo indeterminato.

In un’altra centrale si è sviluppato un incendio. A quanto ha riferito l’agenzia Kyodo, le fiamme sono divampate nel settore dove vengono smaltite le scorie, adiacente al reattore numero 2, in un impianto situato nella prefettura di Shimane. Anche in questo caso non c’è stata alcuna fuga radioattiva.

Il terzo incidente è avvenuto in una centrale nucleare della Tokyo Electric Power Co. (Tepco), la più grande impresa produttrice di energia in Giappone. Oggi la società ha comunicato che il generatore dell’impianto di Ekushima-Daini è stato fermato per una perdita di acqua. Lo scorso aprile, la Tepco fu costretta a bloccare tutti i suoi 17 impianti nucleari dopo che ammise che i documenti riguardanti la sicurezza erano stati falsificati per più di 10 anni.


Ma le preoccupazioni maggiori riguardano il primo impianto. Il reattore di Mihama è gestito dalla Kansai Electric Power Co. Inc., che ha fatto sapere di aver chiuso l’impianto, che ospita un generatore nucleare da 826,000 kilowatt.

L’incidente è avvenuto alle 3,30 del mattino (le 7,30 in Italia) poco dopo che alcuni lavoratori erano entrati nell’impianto per rilevare alcuni dati, in vista di una chiusura programmata del generatore per lavori di manutenzione. La temperatura del vapore che ha invaso la stanza era probabilmente di 200 gradi centrigradi.

Il primo ministro giapponese Junichiro Koizumi ha dichiarato di non conoscere ancora i particolari dell’incidente, ma ha ribadito che sarà fatto il necessario “per conoscere le cause della disgrazia, per evitare che si ripeta e per aumentare le misure di sicurezza”.

Quello di oggi è il peggior incidente mai accaduto in impianti nucleari in Giappone. La sciagura ha avuto luogo proprio nel giorno dell’anniversario dell’esplosione della bomba atomica su Nagasaki nel 1945 ed è probabile che scatenerà nuove polemiche sull’opportunità dell’utilizzo di centrali nucleari nel paese.

In Giappone sono in funzione attualmente 52 centrali nucleari, che coprono oltre il 30 per cento dell’intero fabbisogno energetico del paese. Il governo ha in programma la costruzione di altre centrali, nonostante gli allarmi suscitati da un grave incidente nel 1999.

In quell’occasione a Tokaimura, a nord di Tokyo in uno stabilimento dove si lavorava l’uranio, si era verificata una reazione nucleare incontrollata per colpa di tre operai poco addestrati, che avevano mescolato materiali nucleari in una vasca. L’incidente aveva causato la morte degli operai, la contaminazione di 150 persone e si dovettero allontanare migliaia di abitanti della zona circostante.

( 9 agosto 2004 )

COMMENTO
Un Paese che si illude
di domare il mostro
DI RENATA PISU

Proprio il 9 agosto, proprio nel giorno del cinquantanovesimo anniversario della tragedia nucleare di Nagasaki, un olocausto oscurato perché sempre si parla prima di Hiroshima e dei suoi duecentomila morti, poi si accenna a Nagasaki, come se i suoi morti fossero uno scontato corollario, il Giappone si ritrova a dover fare i conti con la paura del nucleare. Tre incidenti in una giornata, il più grave nella centrale di Mihama, quattro morti, sette feriti, cause ancora misteriose, rassicurazioni che non vi è pericolo di fughe radioattive, il direttore della Società per l’Energia che porge le sue più sentite e sincere scuse, come si usa fare in Giappone.

Tutto come da copione già collaudato perché in Giappone gli incidenti nelle cinquantadue centrali nucleari che forniscono il 30 per cento del fabbisogno di energia, si susseguono, si tenta di negarli se sono di lieve entità e si arriva addirittura a falsificare i rapporti dei controlli sulla sicurezza obbligatori per legge. Ma non si è potuto mettere la sordina all’incidente della centrale di Tokaimura del 1997, quando si scoprì che gli addetti alle pulizie trasportavano l’uranio in vecchi secchi, come è dilagato lo scandalo e la paura quando nell’agosto del 2002, si è venuto a sapere che era prassi comune nascondere le fessure visibili nel circuito di raffreddamento con dei teli di plastica, per ingannare gli ispettori. E con loro tutti i giapponesi i quali avevano pensato, e l’idea li esaltava quasi come una rivincita, di poter asservire il Mostro a scopi pacifici, loro che erano stati i primi e finora gli unici a conoscerne la furia distruttiva.


Ma addomesticare la belva non è facile, specie se si guarda soprattutto al profitto, alla riduzione dei costi, se si subappaltano i lavori a piccole imprese che assumono personale “a perdere”, gente sottopagata che non conosce i rischi ai quali può andare incontro, uomini e donne che in Giappone vengono chiamati gli Zingari del Nucleare perché si spostano da una centrale all’altra immagazzinando chissà quale quantità di radiazioni.

Oggi l’opinione pubblica giapponese si inquieta, e a ragione, per il pericolo costituito dall’uso pacifico dell’energia nucleare. Stranamente, assai meno per il suo uso bellico. Infatti, c’è chi sostiene che il Giappone potrebbe dotarsi di armi nucleari tattiche come deterrente nei confronti della Corea del Nord e per i nuovi impegni assunti a fianco dell’America in Afganistan e in Iraq.

A farsi la bomba i giapponesi ci metterebbero un attimo. Nella centrale nucleare di Tokaimura manca sulla carta l’equivalente in plutonio di venticinque bombe atomiche. Le autorità escludono che il plutonio, circa 206 chilogrammi, sia stato trafugato, tanto meno venduto. L’unica è augurarsi che si tratti di un altro ennesimo errore, ma stavolta di contabilità.

( 10 agosto 2004 )

Gli zingari del reattore
I «genpatsu gypsies» sono i precari su cui si basa l’industria nucleare giapponese. Parla il reporter che li ha scoperti
PIO D’EMILIA
Erano genpatsu gypsies, gli «zingari del nucleare». Le quattro vittime dell’incidente di ieri non erano lavoratori dipendenti, ma «addetti stagionali», lavoratori in affitto, operai non specializzati cui le società che gestiscono le centrali nucleari in Giappone affidano il delicato compito della manutenzione, avvalendosi di agenzie per il lavoro occasionale. «Finalmente l’opinione pubblica giapponese si renderà conto dell’enorme pericolo che corriamo – spiega a il manifesto il fotografo giornalista Kenji Higuchi, che alcuni anni fa, spacciandosi per operaio in cerca di lavoro stagionale, realizzò un servizio sul delicato e spesso misterioso sistema della manutenzione – i nostri media parlano già dell’incidente più grave, sinora, nonostante i numerosi incidenti registrati, c’era stata solo una vittima, ufficiale, a Ibaraki, nel 1967. Ma non è così. Assieme al Cnic, il coordinamento per la controinformazione antinucleare, abbiamo calcolato che negli ultimi vent’anni le vittime tra gli addetti all’industria nucleare sono oltre 200…e chissa quanti ce ne sono sfuggiti…». Ma chi sono questi “zingari nucleari”, che Higuchi è riuscito a fotografare spacciandosi per un operaio e di cui ha parlato nel suo saggio L’industria più pericolosa del mondo? «L’industria nucleare giapponese – risponde – è molto avanzata: la scelta del nostro governo, fin dagli anni `60, è stata netta e decisa, nonostante la fortissima, e direi più che giustificata opposizione popolare (oggi ricorre l’anniversario della bomba atomica su Nagasaki, n.d.r). L’obiettivo dichiarato è di raggiungere e superare, entro il 2020, il 50% del fabbisogno di energia elettrica. Ma il mercato del lavoro è cambiato, e nonostante si tratti di un settore particolarmente delicato, dove sono richieste particolari competenze e continui aggiornamenti, il numero dei dipendenti contrattualizzati cala continuamente. A Mihama, su poco più di 350 addetti, 222 sono lavoratori stagionali. Ma la tendenza è nazionale: su 70 mila addetti, poco più del 10% ha un contratto a tempo indeterminato. Gli altri sono, appunto, «zingari». Gente che viene assunta per pochi mesi, e che potrebbe lavorare come carpentiere in un cantiere edile o ad una qualsiasi catena di montaggio della Toyota… Si tratta di gente ignorante, cui non viene impartito il necessario addestramento e che spesso viene retribuita a cottimo. E’ facile immaginare l’impatto che questo sistema ha sulla sicurezza, e sulla salute. Ricordate Tokaimura, il grave incidente del 1999? Ufficialmente vi furono solo due vittime, ma dopo due anni altri cinque addetti morirono per le radiazioni riportate: per fare prima e rispettare la «norma» assegnata, si erano tolti guanti e occhiali….».

E poi c’è il problema della trasparenza, dei dati truccati. La Tepco, una delle due maggiori società del settore, è stata condannata l’anno scorso per aver manomesso i dosimetri. «Infatti, e questo – continua Higuchi – ha ulteriormente diminuito la fiducia dell’opinione pubblica. Un po’ dappertutto, nelle zonee dove sorgono le centrali cucleari, si sono svolti o si svolgeranno referendum popolari. Il risultato è sempre uno schiacciante no, ma in Giappone i referendum sono solo consultivi e le amministrazioni locali non hanno ancora la forza di opporsi alle decisioni di Tokyo».

Recentemente, tuttavia, qualcosa sta cambiando. La moglie di uno «zingaro» di 29 anni, morto di leucemia, ha trascinato in tribunale l’azienda per cui lavorava ottenendo un indennizzo dalla Commissione nazionale per gli incidenti sul lavoro. «E’ un passo importante – spiega l’avvocato Yuichi Kaido, legale della famiglia Shiamanashi – durante il processo siamo risuciti a dimostare due cose importanti. Primo, che le aziende mentono e addirittura tendono a manipolare i dati dei dosimetri, secondo che tutta una serie di malattie generiche, nel caso insorgano su individui sani che stanno o hanno lavorato in una centrale nucleare, diventano malattie professionali e come tali vanno trattate».


E in Europa l’atomo tira
L’esecutivo Ue per l’aumento della produzione di energia nucleare
L’Italia si accoda Il governo rilancia: «Il referendum fu un errore strategico». La Cisl è con lui. Ma anche in Francia la scienza frena
ANNA MARIA MERLO
PARIGI
L’Unione europea sta lavorando il terreno per rilanciare il nucleare? La scusa è già stata trovata: per rispettare il Protocollo di Kyoto sulla riduzione di gas ad effetto serra i Ventincinque non potranno fare a meno dell’aumento della parte del nucleare nella produzione complessiva di energia. Loyola de Palacio, vice-presidente della commissione europea con l’incarico dei trasporti e dell’energia, ha messo chiaramente in relazione questi due termini nelle giornate dedicate all’energia nucleare che si sono svolte prima dell’estate all’Assemblea nazionale a Parigi. «L’Europa è dipendente per il 50 per cento del proprio consumo energetico e lo sarà sempre di più, nel 2030 questa dipendenza sarà del 70 per cento». Per questo, secondo Loyola de Palacio, bisogna almeno mantenere nel futuro la percentuale rappresentata oggi dalla fonte nucleare nell’approvvigionamento di energia in Europa, cioè il 15 per cento. «Se non si fa nulla – sostiene un recente Libro verde dedicato al Futuro dell’energia nucleare nell’Unione europea – il panorama energetico complessivo nel 2030 continuerà ad essere dominato da carburanti fossili: 38 per cento petrolio, 29 per cento gas, 19 per cento carburanti solidi, 8 per cento rinnovabili e soltanto 6 per cento per il nucleare». In Italia, paese che ha rifiutato il nucleare per referendum, il governo sta dando ampia eco alle discussioni in corso in ambito comunitario. Come per lanciare un ballon d’essai, ieri mattina alla radio, il vice-ministro dell’economia Mario Baldassarri ha affermato che «da un punto di vista strategico di lungo periodo il no al nucleare è stato un gravissimo errore con disinformazione dell’opinione pubblica sugli eventuali rischi». Al che, il leader della Cisl Savino Pezzotta ha rilanciato, affermando che gli italiani avevano approvato un refendum «che ha detto che volevamo uscire dal referendum» che aveva bandito il nucleare. Il vice-ministro per le attività produttive Adolfo Urso, è sulla stessa linea quando afferma che l’Italia è «il paese al mondo più dipendente dall’estero per quanto riguarda la produzione e il consumo energetico» e che quindi, bisogna «ripensare, come stiamo facendo, all’ipotesi del nucleare».

Mettendo tra parentesi il nucleare nei nuovi membri dell’Unione dell’Europa centrale, dove esistono gravi problemi di sicurezza e dove sono stati stanziati fondi per chiudere centrali pericolose (come quella di Ignalina, in Lituania, paese-record con una dipendenza dal nucleare del 79,7 per cento), otto dei vecchi Quindici hanno impianti nucleari, ma cinque di essi (Svezia, Spagna, Olanda, Germania e Belgio) hanno adottato o promesso una moratoria. L’Italia è la sola ad aver rinunciato al nucleare con un referendum nell’87. Invece, Francia, Finlandia e Gran Bretagna non hanno mai manifestato dubbi. Il 77,6 per cento dell’energia francese è nucleare. Il dibattito è molto inteso sul rinnovamento delle centrali (la cui durata «sicura», per migliorare il bilancio della società, è stata allungata burocraticamente di 10 anni pochi mesi prima dell’apertura del difficile dibattito sulla privatizzazione di Edf, l’Enel francese, che gestisce le centrali). La destra spinge per accelerare il rinnovamento e la sinistra è divisa. Quattro militanti si sono esauriti quest’estate in uno sciopero della fame contro il reattore superpotente Epr (European Pressuring Water Reactor): un prototipo sarà costruito in Francia, ma la decisione finale sul dove sarà presa solo in autunno. Nella regione candidata Rodano-Alpi, passata a sinistra la scorsa primavera, i Verdi e una parte del Ps sono ai ferri corti con l’altra parte del Ps, il Pcf e i sindacati che chiedono che non venga rispettata la promessa elettorale di levare la candidatura per l’Epr, che promette 10mila posti di lavoro nei cinque anni di costruzione. La Finlandia ha già firmato con Edf un contratto per la costruzione di un reattore modernissimo.

«La lobby nucleare è ripartita», spiega il fisico nucleare di Parigi VII, Georges Waysand, «tutti sono d’accordo sul fatto che si debba ridurre il Co2, ma non è molto coerente rilanciare con questa scusa il nucleare». Difatti, il gas ad effetto serra è prodotto in massima parte dai trasporti, e paradossalmente il «piano clima» appena varato dal governo francese evita accuratamente di affrontare la questione dei trasporti (dopo aver fatto balenare un malus» sulle auto ad alto tasso di inquinamento, come le Suv).


Ma molte centrali sono vecchie e poco sicure
In Bulgaria, Cechia e in Slovenia, a 120 chilometri di Trieste, reattori identici a quello di Chernobyl
Una eredità pesante Dopo l’allargamento Bruxelles vuole smantellare gli impianti dei paesi dell’Est. Ma a rischio è anche l’inglese Sellafield. Il problema scorie
LUCIA SGUEGLIA*
Se recentemente l’incubo nucleare è venuto spesso da Est, la nuova Europa a 25 non ha di che rallegrarsi. Su 434 reattori nucleari presenti nel mondo, l’Unione ne ospita attualmente circa 160 (distribuiti su un totale di 60 siti), di cui 58 in Francia. Se Germania e Belgio tra il 2000 e il 2002 hanno deciso di chiudere gradualmente i loro impianti, con l’ulteriore allargamento nel 2007 la UE ne erediterà altri 7. Bruxelles punta a disattivare al più presto tutte le centrali dell’Est di tecnologia sovietica e quelle dichiarate «non modernizzabili» (con reattori di tipo RBMK a grafite raffreddata o VVER ad acqua pressurizzata), il cui principale difetto di progettazione è l’assenza di un sistema di protezione secondaria dell’involucro nucleare. In breve: non sono attrezzate per far fronte all’evacuazione di materiale radioattivo, né al rischio di impatti esterni.

I nomi che fanno tremare sono Kozlodui in Bulgaria, Temelin in Repubblica Ceca, Bohunice in Slovacchia, la slovena Krsko a 120 chilometri da Trieste e Ignalina in Lituania, che ha due reattori identici a quelli di Chernobyl. Tutte andate incontro a «piccoli incidenti» periodici. A preoccupare di più, però, è la Federazione Russa: Mosca ha violato gli accordi sulla valutazione della sicurezza atomica rifiutandosi di chiudere l’impianto di Kursk 1, e possiede numerosi reattori ancora in funzione nonostante la durata prevista fosse limitata a trent’anni.

Fino a oggi l’Unione europea ha sborsato più di 900 milioni di euro per monitorare le centrali a rischio, e concederà varie centinaia di milioni agli Stati candidati per chiudere le centrali obsolete, assicurare controlli efficienti, provvedere alle scorie. Nessun paese al mondo – ad eccezione degli Usa – ha ancora individuato un sito geologico per lo smaltimento finale dei residui nucleari. Finlandia e la Svezia prevedono di sotterrarle a grande profondità; la Francia ha rimandato la decisione al 2006. Quanto ai paesi dell’Est, sono abituati a rispedire il loro combustibile in Russia.

Altrettanto poco affidabili, comunque, si devono considerare alcune centrali dell’Europa occidentale. Come Sellafield, in Gran Bretagna, divenuta celebre in Italia dopo che il Governo ha proposto di inviare lì le scorie nostrane: costruita secondo tecnologia molto simile a quella di Ignalina e Chernobyl, possiede un «vecchio» reattore ad acqua pressurizzata (PWR) privo di sistemi di protezione. Nel corso degli anni qui si sono verificati numerosi incidenti, e nella zona circostante sono stati rilevati livelli di incidenza di cancro nei bambini superiori a qualsiasi media europea. Le stesse centrali francesi, considerate all’avanguardia in Europa, hanno visto negli anni Novanta e oltre parecchi incidenti (come a Bugey-3). E quelle svizzere, che vendono energia all’Italia, nel 2001 hanno registrato 16 incidenti «minori» (contenuti all’interno del reattore).

All’Europa, però, manca ancora una legislazione adeguata e delle norme univoche in materia di energia e di sicurezza nucleare. L’ultimo trattato in materia, Euratom – che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica -, risale al 1957, e non interviene in alcun modo sulla sicurezza nucleare (ma può finanziare, come fa, la costruzione di nuove centrali). Concretamente, per arrivare a un sistema di norme comuni di sicurezza, Bruxelles dovrà tener conto dei risultati dei lavori delle principali autorithies internazionali in materia: l’Aiea, il Nuclear Regulator’s Working Group e la Western European Nuclear Regulators Association (riunisce le agenzie di controllo nucleare d’Europa).

In mancanza di parametri precisi sul tipo di contenimento necessario, non si ha neppure un punto di partenza comune per valutare il rischio nucleare.



*Lettera 22

Esplosione in sala turbine
Quattro morti nella centrale di Mihama: il più grave incidente nucleare in Giappone. Nel giorno di Nagasaki
MARINA FORTI
E’il più grave incidente mai avvenuto in una centrale nucleare giapponese, in termini di vittime: quattro lavoratori sono morti, altri sette sono stati ustionati in modo grave ieri pomeriggio, per un’esplosione nel reattore numero 3 della centrale nucleare di Mihama, nella prefettura di Fukui, 320 chilometri a ovest di Tokyo. L’esplosione è avvenuta intorno alle 3,30 del pomeriggio, ora locale, nella sala adiacente alle turbine, azionate da vapore sotto pressione. Un gruppo di lavoratori era appena entrato per alcune manovre di manutenzione: sono stati investiti da un getto di vapore a 142 gradi Celsius. La società proprietaria della centrale e l’ente giapponese per la sicurezza nucleare si sono precipitati a dire che non c’è stata fuga di radioattività.

Un portavoce della Kansai Electric Power Co (Kepco), la società proprietaria dell’impianto, ha precisato che l’esplosione ha provocato lo spegnimento automatizzato del nocciolo del reattore, un impianto ad acqua pressurizzata da 826 megawatt costruito nel 1976. «Il vapore che è sfuggito non contiene materiale radioattivo», ha detto un responsabile della Nuclear and Industrial Safety Agency: «Le notizie che abbiamo sono che non c’è fuga di radioattività nell’ambiente». Non può esserci fuga di radioattività, sostengono all’ente per la sicurezza, perché quel vapore non entra in contatto con l’acqua pressurizzata del reattore. A sottolineare che non c’è alcun pericolo, le autorità non hanno evacuato e neppure messo in allarme la città di Mihama, circa 11mila abitanti, affacciata sul Mar del Giappone.

Le immagini della televisione però, con pompieri e addetti in tute d’emergenza sul luogo dell’incidente, non saranno rassicuranti per i giapponesi. Né basteranno a rassicurare le scuse pronunciate ieri sera da Hiroshi Matsumura, manager generale della Kansai Electric. E neppure le parole del primo ministro Junichiro Koizumi, che per ironia della sorte ha commentato l’ultimo incidente nucleare da Nagasaki, dove partecipava alla commemorazione delle vittime della seconda bomba atomica esplosa sul pianeta, nel 1945, a pochi giorni di distanza da quella di Hiroshima. «Il governo deve fare del suo meglio per garantire la sicurezza», ha detto.

Le circostanze dell’esplosione nella centrale di Mihama restano da chiarire, sia l’azienda che l’ente statale per la sicurezza hanno annunciato inchieste – Kansai dice di non poter prevedere quanto a lungo il reattore resterà fermo. Con 11 reattori in tre centrali (Mihama, Ohi e Takahama), Kansai è la seconda azienda nucleare giapponese. Quella di Mihama è una centrale vecchia, funziona dagli anni `70. Tutti gli 11 addetti coinvolti nell’incidente sono lavoratori a contratto, dipendenti della ditta Kiuchi Keisoku di Osaka – città dove ha sede anche la Kansai Electric. Quello di ieri è il primo in Giappone in cui un incidente attiva il meccanismo automatico di spegnimento del nocciolo del reattore. E’ anche il primo incidente letale in una centrale giapponese, anche se i 4 malcapitati morti ieri non sono le prime vittime dell’industria nucleare: nel settembre del 1999 nella centrale di Tokaimura, a nord-est di Tokyo, una reazione a catena incontrollata provocò una fuga di radioattività uccise due addetti (morirono alcuni giorni dopo), 600 persone furono esposte alle radiazioni, migliaia di abitanti della zona evacuati e 320mila persone costrette a restare chiuse in casa per oltre un giorno.

Il Giappone è la terza industria nucleare civile al mondo dopo gli Stati uniti e la Francia, ha 52 reattori e ricava dall’energia atomica circa un terzo della sua elettricità. L’energia atomica è stata presentata ai giapponesi come necessaria a non dipendere dal costoso petrolio mediorientale (per affrancarsi dal Medio oriente Tokyo sta lavorando da un paio d’anni a ambiziosi piani di estrazione di petrolio e gas nella Russia asiatica).

E però anche in Giappone è cresciuta, con il tempo (e gli incidenti) un’opposizione al nucleare: ne è un segno la serie di referendum cittadini che hanno votato contro la costruzione di nuove centrali: referendum solo consultivi, ma il messaggio è chiaro. Il consenso nucleare è stato scosso dagli incidenti e forse ancor più dalla propensione dell’industria e delle autorità a nascondere i fatti. L’estate scorsa la Tokyo Electric Power Company (Tepco), maggiore società proprietaria di impianti nucleari in Giappone, aveva dovuto chiudere temporaneamente tutti i suoi 17 reattori dopo aver ammesso che per oltre dieci anni aveva falsificato i rapporti di sicurezza. Proprio ieri anche Tepco ha dovuto annunciare un incidente, sia pure «minore»: una fuga d’acqua ha imposto la chiusura di un reattore nella centrale di Fukushima-Daini.




Giappone, 15 anni di incidenti
In Giappone sono in funzione attualmente 52 centrali nucleari. Il governo ha in programma la costruzione di altri impianti in molte zone del Paese, anche se la popolazione nipponica ha votato contro in diversi referendum. le centrali nucleari già in funzione sono in grado di fornire il 31,2% del fabbisogno nazionale di energia elettrica. Ma non basta. «L’ideale – sostiene il ministero dell’economia, industria e commercio – è arrivare a coprire con il nucleare il 50% del fabbisogno nazionale». Numerosi del resto gli incidenti negli ultimi anni: la Tokyo electric power (Tepco), la società numero uno del paese, sue le centrali nella prefettura di Fukushima e di Shimane, era stata costretta poco più di un anno fa a chiudere temporaneamente tutte le sue 17 centrali, per la falsificazione sistematica della documentazione relativa alla sicurezza degli impianti per oltre 10 anni consecutivi.

6 novembre 2001: Il reattore della centrale nucleare di Hamaoka perde acqua nucleare. Si è rotto un tubo nell’impianto di raffreddamento. È allarme degli esperti per il tipo di guasto, il primo di questo tipo accaduto alle 52 centrali nucleari attive in Giappone.

30 settembre 1999: Un’operazione errata nell’impianto di trattamento delle scorie nucleari scatena una fissione incontrollata nella centrale di Tokaimura, bloccata solo dopo 20 ore. 18 tecnici si dividono in 9 coppie, per entrare nell’impianto contaminato e non restarci troppo tempo. Ne muoiono due, che si sacrificano per interrompere la fissione. Vengono ricoverate 600 persone perché esposte a radiazioni, 320mila invece sono temporaneamente evacuate. Secondo l’agenzia per la Scienza e la Tecnologia, si tratta del peggior incidente nucleare della storia giapponese, classificato al quarto livello in una scala di sette. Il massimo livello è quello raggiunto da Chernobyl.

11 marzo 1997: Ancora nella centrale di Tokaimura, va in fiamme l’impianto per il trattamento del combustibile nucleare. l’incendio dura 10 minuti, ma è seguito da una terribile esplosione. Solo dopo diversi giorni i responsabili ammettono la fuoriuscita di materiale radioattivo. Plutonio 236 e Cesio 137 arrivano fino alla parte orientale di Tokyo, spinti dal vento. Sono 37 i lavoratori dell’impianto esposti a radiazioni.

9 febbraio 1991: Scoppiano i tubi dell’acqua di raffreddamento del reattore nella centrale nucleare di Mihama. Finiscono in mare 20 tonnellate d’acqua radioattiva.


ANALISI
Dal civile al militare il passo è breve
MANLIO DINUCCI
Gli incidenti alle centrali nucleari giapponesi – il più grave quello di Mihama – avvenuti per tragica coincidenza nell’anniversario del bombardamento atomico di Nagasaki, riportano in primo piano la questione del nucleare. Sono in funzione nel mondo 441 reattori elettronucleari, che forniscono il 7% della produzione totale di energia primaria commerciale e il 17% di quella di energia elettrica. Essi sono distribuiti per l’80% in 17 paesi industrializzati dell’Ocse e per il restante 20% in altri 14 paesi. In generale, la costruzione di centrali elettronucleari si è notevolmente rallentata, soprattutto a causa dei costi economici, collegati ai crescenti problemi relativi alla sicurezza degli impianti e alla conservazione delle scorie radioattive: oltre 250mila tonnellate di metallo pesante, cui se ne aggiungono ogni anno 10mila, che resteranno altamente pericolose per secoli e millenni.

Vi è inoltre il problema che, anche se le centrali nucleari offrono il vantaggio di non emettere gas-serra, esse emettono piccole dosi di radioattività le quali, nel lungo periodo, possono arrecare danni agli esseri viventi. Molto maggiori sono le emissioni radioattive degli impianti di arricchimento e ritrattamento del combustibile nucleare. Frequenti sono, inoltre, le fuoriuscite accidentali di radioattività provocate da guasti e incidenti.

L’ulteriore problema, il più grave, deriva dal fatto che, non esistendo una netta linea di demarcazione tra uso civile e uso militare del materiale fissile, i paesi che lo producono possono servirsene per costruire armi nucleari. Oltre agli otto paesi che già posseggono armi nucleari (Stati uniti, Russia, Francia, Cina, Israele, Gran Bretagna, India, Pakistan), ve ne sono almeno altri trentasette che si ritiene siano in grado di costruirle. Tra questi, la Corea del Nord potrebbe aver già raggiunto tale capacità.

Nello stesso Giappone vi è una corrente politica favorevole alla costruzione di un arsenale nucleare nazionale, consono al suo status di seconda potenza economica mondiale. Avendo una sviluppata industria elettronucleare comprendente 53 reattori, esso ha accumulato oltre 38mila chilogrammi di plutonio 239, sufficienti a fabbricare circa 7mila testate nucleari. Anche se non si può prevedere in quali circostanze un governo giapponese potrebbe lanciare la sfida nucleare, uscendo dal Trattato di non-proliferazione ratificato nel 1976 e scontrandosi col forte movimento anti-nucleare esistente nel paese, tale possibilità è reale.

Altrettanto reale è la possibilità che altri paesi cerchino di costruire armi nucleari e prima o poi ci riescano. Non può infatti restare immutata per sempre la situazione in cui un piccolo gruppo di stati mantiene l’oligopolio delle armi nucleari. In questo «club nucleare» dominano gli Stati uniti che, scavalcando le Nazioni unite, si arrogano il diritto di stabilire quali paesi possano e quali non possano possedere armi nucleari.

Nello stesso giorno in cui 59 anni fa gli Usa sganciarono su Nagasaki una bomba al plutonio, la consigliera per la sicurezza nazionale, Condoleeza Rice, ha accusato l’Iran di aver ripreso la fabbricazione di centrifughe non per uso civile ma per ricavare il plutonio necessario a produrre in futuro armi nucleari. «Non possiamo permettere che l’Iran sviluppi armi nucleari», ha concluso con tono minaccioso.

Analoghi minacciosi avvertimenti sono stati lanciati dal governo israeliano che, a differenza di quello iraniano, non aderisce al Trattato di non-proliferazione e, non sottoposto ad alcuna verifica da parte della Iaea, è l’unico in Medio Oriente a possedere e a tenere puntate sugli altri paesi della regione dalle 200 alle 400 testate nucleari.

Particolarmente preoccupante è il fatto che il comando militare israeliano ha iniziato domenica scorsa a distribuire pillole allo iodio alla popolazione della zone vicine al centro nucleare di Dimona (dove si producono segretamente armi nucleari), «per proteggere i residenti dal fallout radioattivo provocato da un attacco missilistico al centro nucleare o in caso di incidente a un reattore» (letta su Haaretz, 8 agosto). Tale decisione rientra evidentemente nella campagna per preparare i governi e l’opinione pubblica a un attacco «preventivo» israeliano contro gli impianti nucleari iraniani.

Un attacco che potrebbe provocare, anche per l’Europa, effetti più gravi della catastrofe di Cernobyl.

Fukushima, acqua radioattiva
nell’edificio del reattore 1

Ha inondato il basamento dell’edificio, con un livello di radioattività di 2 milioni di bequerel di cesio per centimetro cubico. L’ampia quantità di liquido contaminato ha impedito ai tecnici di ripristinare le funzioni di raffreddamento. Perdita di olio in mare, davanti ai reattori 5 e 6 

TOKYO – Non c’è pace per l’impianto nucleare di Fukushima 1, in Giappone, gravemente danneggiato dallo tsunami seguìto al terremoto dell’11 marzo scorso. La Tepco, la società che gestisce l’impianto, ha riferito che acqua altamente radioattiva sta inondando il basamento dell’edificio in cui si trova il reattore 1 della centrale. Inoltre, è stata scoperta anche una perdita di olio in mare, proprio di fronte alla centrale, in prossimità dei reattori 5 e 6, gli unici del sito stabilizzati in stato di arresto a freddo.

Il livello di radioattività rilevato è di 2 milioni di becquerel di cesio radioattivo per centimetro cubico di acqua. Si ritiene che materiale radioattivo proveniente dal combustibile fuso sia filtrato dalla vasca di pressione del reattore. L’ampia quantità di acqua contaminata ha impedito ai tecnici 2di ripristinare le funzioni di raffreddamento. La situazione è ritenuta preoccupante anche perché l’aumento di accumulo di acqua coincide con l’inizio della stagione delle piogge.

Il livello di acqua radioattiva accumulatosi nel sottosuolo ha raggiunto i sei metri di altezza, con un incremento di 37 centimetri in 24 ore, aumentando il rischio di nuove fughe di liquido contaminato nell’area dell’impianto.

Quanto alla perdita di olio, si tratta di un manto oleoso che occupa una superficie di circa 200-300 metri di raggio. Davanti ai reattori 5 e 6 sono presenti due cisterne per l’olio pesante, le cui tubazioni si suppone siano state danneggiate dallo tsunami. Secondo l’Agenzia giapponese per la sicurezza nucleare, al momento la fuoriuscita appare limitata all’area interna, e il suo impatto nelle acque oltre i frangiflutti dovrebbe essere “estremamente limitato”. Il titolare dell’impianto sta adesso svolgendo le rilevazioni per capire l’entità della perdita, mentre sono già stati avviati i lavori per installare una barriera in modo da impedire all’olio di riversarsi in mare aperto

31 maggio 2011

Aiea: “Esemplare la reazione al sisma
ma Tokyo ha sottovalutato lo tsunami”

E’ quanto si legge nella relazione preliminare del team di esperti dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica. Una sintesi è stata consegnata alle autorità giapponesi

TOKYO –  Il rischio che uno tsunami potesse produrre un incidente nucleare alla centrale di Fukushima fu sottovalutato, anche se poi la reazioni delle autorità giapponesi al disastro è stata “esemplare”: è questo il passaggio più importante della relazione preliminare del team di esperti dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea). Nella sintesi di tre pagine consegnata al governo giapponese, si sollecita Tokyo a creare un’Authority veramente indipendente sull’energia atomica.

Per gli esperti dell’Aiea i rischi legati allo tsunami sono stati sottovalutati per diverse delle 54 centrali nucleari sparse sul territorio giapponese e non solo a Fukushima, investita l’11 marzo da un maremoto con onde alte 15 metri.

Nel rapporto che sarà presentato a una riunione in programma a Vienna dal 20 al 24 giugno, l’Aiea sollecita la creazione di “un centro di emergenza più efficace” contro gli incidenti e chiede che in futuro di preveda una “protezione dai rischi collegati a tutti i pericoli naturali”. Alle autorità nipponiche si chiede di vigilare “sulla salute dei lavoratori” del settore nucleare e non solo di quelli impegnati a fronteggiare l’emergenza a Fukushima.
Il rapporto non esclude modifiche alla roadmap per la messa in sicurezza dei reattori danneggiati, anche con la cooperazione internazionale”, qualora emergano “nuove circostanze”.

1 giugno 2011

Altra piacevolezza caprina ce l’ha detta il Battaglia (nome inutilmente altisonante). Quei bambini deformi e malamente malati si trovano in qualunque ospedale uno entri. Sono i Battaglia che si incontrano di rado. Soprattutto chi si definisce scienziato e non sa ascoltare. Quel povero professore senza mezzi di quell’ospedale ukraino diceva che l’incidenza di tumori vari ai bambino è sei volte quella che si ha in situazioni ordinarie (ciò vuol dire che è il 600% in più !). Un dato così deve far piangere se è raccolto 25 anni dopo l’incidente. Invece il cretino sorrideva … Perché oltre alla dura vita devono esserci messi davanti anche tali personaggi ?.

CON PROFONDA PENA

Seguivo con grande apprensione quanto stava accadendo in Giappone. Già terremoti e tsunami sono eventi catastrofici di prima grandezza, speravo ancora con ogni forza che a questa tragedia non se ne aggiungesse una peggiore, quella nucleare.

Provo a dire che immagine mi sono fatta della situazione, indipendentemente dagli esiti che  insisto, avrei voluto del tutto positivi.

Alcune delle centrali giapponesi, che sono nel ranking delle più sicure del mondo, si trovano praticamente a ridosso del mare proprio laddove, dopo il terremoto, è arrivata l’onda assassina che ha raggiunto, da quanto ho appreso, altezze fino a 10 metri.

Una centrale nucleare è un oggetto che, nei Paesi seri, è costruito con ogni cura e riguardo perché anche i costruttori neopositivisti sanno che un qualunque difetto, alla lunga, può diventare esiziale. E le centrali giapponesi sono, insisto, tra le più sicure al mondo (anche se ultimamente avevano avuto vari incidenti minori con rilascio di materiale radioattivo).

Ogni centrale è strutturalmente costruita intorno ad un nocciolo che contiene il materiale radioattivo dalle cui reazioni nucleari si estrae energia sotto forma di calore. La reazione nucleare produce un calore che può far raggiungere temperature elevatissime in grado di fondere l’acciaio, quell’acciaio costruito con estrema cura che contiene il nocciolo della centrale.

Affinché la temperatura si possa mantenere a livelli di sicurezza servono degli impianti di raffreddamento che sono circuiti dentro cui corre dell’acqua che estrae il calore in modo che la temperatura del nocciolo non superi i 400 o 500 gradi centigradi.

Il combustibile nucleare è sistemato dentro il nocciolo in barre tra le quali vi è lo spazio per far passare altre barre che si devono attivare per rallentare la reazione in casi di emergenza (si tratta delle barre di controllo). Ognuna di tali barre, sia quelle di combustibile che quelle di controllo, è costituita da cilindri cavi di metalli speciali come l’afnio. Dentro lo spazio vuoto centrale si dispone sia il materiale che fa da combustibile sia quello che ha la funzione del controllo.

Occorre un’attenzione estrema che la temperatura non salga troppo perché le barre si possono deformare ed in tal caso quelle di controllo non riescono più a passare attraverso quelle di combustibile ed allora la centrale è a grave rischio.

Ma andiamo al raffreddamento. Ve ne è uno primario alimentato da pompe che mandano l’acqua a pressione perché corra molto rapidamente al fine di fargli tirar via il massimo di calore. Ve ne possono essere anche due primari. Poi vi sono i raffreddamenti di emergenza che entrano in funzione quando vi fosse qualche guasto. Gli impianti di raffreddamento funzionano mediante tubature che portano l’acqua e mediante elettricità che aziona le pompe ed i sistemi di controllo della sicurezza (tutto è estremamente sofisticato).

Un terremoto potrebbe rompere in qualche punto le tubature o le pompe o interrompere l’alimentazione elettrica. Lo tsunami può inondare la centrale con medesimi effetti ai quali si deve aggiungere il violento urto contro le strutture di una massa d’acqua che va ad agire sui trasformatori esterni e su ogni struttura di supporto.

Insomma ed in definitiva il grave pericolo risiede là dove è sempre stato: i sistemi di raffreddamento hanno tenuto ? Se si, nel modo che volete, allora si tratterà di mettere nel conto qualche perdita radioattiva e basta.

Se no, occorre capire se i tecnici hanno fatto in tempo a inserire le barre di controllo e rallentare la reazione nucleare. Ma se la temperatura era già salita vi è il rischio del danneggiamento del sistema con le barre di controllo che non riescono a scendere.

Se disgraziatissimamente raffreddamento e barre sono diventati inefficienti allora siamo di fronte ad una tragedia che si protrarrà per moltissimi anni.

In questo caso, CHE NESSUNO SI AUGURA, la temperatura è cresciuta nel nocciolo al punto di fondere il contenitore. La reazione nucleare con circa 500 tonnellate di materiale radioattivo va avanti producendo isotopi ad elevatissima radioattività che si spargono nell’atmosfera (a questo dovrebbero servire le cupole di cemento armato, a trattenere al suo interno la radioattività), nella terra e nell’acqua con inquinamenti di falde acquifere, di vegetali e dell’uomo (con danni somatici e genetici).

Aggiungo una piccola cosa che è sempre inclusa in ogni resoconto di catastrofi. Il terremoto, lo tsunami, una eruzione, … fenomeni di tale fatta molto spesso rendono impraticabili le infrastrutture (strade, porti, aeroporti, ospedali, …) e gli spostamenti per tentare qualcosa o evacuare qualcuno possono diventare molto difficili se non impossibili.

R

PS1. In TV, dove sparlano di professionalità, sento degli ignorantoni parlare di esplosioni nucleari nelle centrali. CIO’ E’ IMPOSSIBILE. Il combustibile nucleare (uranio arricchito intorno al 3%) non è in grado di mettere in essere una esplosione nucleare che richiede altro arricchimento (7 o 8%).

PS2. Tralasciando Testa di Chicco che non capisce un tubo di nucleare e per questo è stato messo a capo del forum nucleare (venerdì sera, ad 8 e mezzo, ha dichiarato che tutto andava perfettamente con il guaio che mezz’ora dopo è saltata la prima centrale), resta l’altro, l’ingegnere nucleare Ricotti, che è uno dei due tecnici nell’Agenzia Nucleare governativa presieduta da Veronesi, che, intervistato da La7 appena saputo dell’esplosione alla prima centrale, ha dichiarato che tutto ha funzionato alla perfezione nonostante il grandissimo terremoto, che le barre di controllo hanno messo in atto lo spegnimento della centrale e che tutti i sistemi di sicurezza hanno funzionato. Ecco, ad uno così io darei il Premio IGNobel per la ricerca scientifica. Uno scienziato degno di tale nome non spara cazzate senza avere i dati ed il suddetto ne ha dette in quantità industriale. Tale premio lo darei anche a Zichichi che da molti anni lo merita per essere ancora intervenuto sulla questione con la sua competenza di derivazione diretta da Dio.

“Fukushima è come Chernobyl”
Allarme ufficiale dal Giappone

La comunicazione dalla Tepco e dal governo: è stato innalzato al “livello 7” l’incidente nucleare, il massimo raggiungibile. Ma le emissioni sono solo il 10 per cento di quelle registrate nel 1986. “Effetti considerevoli su salute e ambiente”. Nuova forte scossa: evacuata la centrale, ma il premier rassicura: “la situazione si sta stabilizzando”

TOKYO – Fukushima come Chernobyl: l’agenzia giapponese per la sicurezza nucleare ha innalzato al livello massimo di 7 la classificazione dell’incidente nucleare alla centrale nucleare giapponese seguito al terremoto e allo tsunami dell’11 marzo scorso 1, classificandola al pari del disastro in Ucraina del 1986, il più grave mai verificatosi. La stima era stata anticipata dagli esperti e dalla stampa giapponese, ma è stata ora ufficializzata. “La perdita radioattiva non si è ancora arrestata completamente – ha detto ai giornalisti un funzionario della società – e la nostra preoccupazione è che possa anche superare Chernobyl”. L’agenzia ha comunque precisato che il livello delle emissioni radioattive registrato dall’inizio dell’incidente equivale solo al 10 per cento di quelle misurate nel 1986 dopo la catastrofe presso la centrale situata in Ucraina. La situazione si sta stabilizzando, ha rassicurato il premier Naoto Kan in conferenza stampa, aggiungendo che le radiazioni stanno diminuendo. 

Questa mattina si è registrata una nuova forte scossa dopo il terremoto 4 del settimo gradi di ieri. La magnitudo è 6,3 con epicentro proprio nella prefettura di Fukushima. La Tepco, il gestore della centrale nucleare, ha ordinato ai lavoratori di evacuare l’impianto. E un incendio si è sviluppato questa mattina in uno degli edifici della centrale di Fukushima, ma è stato rapidamente spento. Lo ha reso noto la Tepco, società che gestisce l’impianto colpito. Le fiamme si sono sviluppate in un edificio vicino al serbatorio d’acqua del reattore numero 4, e, secondo Tepco, non hanno provocato mutamenti nel livello di radiazioni emesse dalla centrale.

Dall’11 marzo scorso, i sistemi di raffreddamento abituali dei reattori di Fukushima sono guasti, cosa che ha comportato esplosioni e fughe radioattive nell’atmosfera e nell’oceano pacifico. Circa 80.000 persone sono state evacuate in un raggio di 20 chilometri attorno alla centrale.

(12 aprile 2011)

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Giappone terremoto: problemi centrali Fukushima, Onagawa, Higashidori

Pubblicato il 7 aprile 2011

http://osservambiente.org/ambiente-nucleare/2011/04/07/giappone-terremoto-problemi-centrali-fukushima-onagawa-higashidori/

Il Giappone vive ancora momenti di terrore non tanto per la “scossa di assestamento” terribile di magnitudo 7,4 ma per le notizie che si susseguono sul nucleare nipponico. In emergenza la centrale nucleare di Higashidori, quella di Onagawa, evacuati ingegneri a Fukushima.
Nuova scossa di terremoto, definita di assestamento, in Giappone.

La scossa, che si temeva provocasse anche uno tsunami, che fortunatamente non è avvenuto, ha coinvolto la prefettura di Miyagi e le zone limitrofe. Il terremoto è avvenuto alle 11 e 32 ora del Giappone e la potenza è stata di magnitudo 7.4. La televisione Nhk parla di un edificio in fiamme, di feriti, ma ancora le notizie sono frammentarie e, come sottolinea lo stesso speaker non possono essere confermate. Ciò che invece conferma l’Agenzia per la sicurezza industriale e nucleare è il fatto che “due cavi su tre” che collegano l’elettricità alla centrale nucleare di Onagawa, e quindi i suoi sistemi di raffreddamento, siano fuori uso, ma nessuna fuga radioattiva è stata segnalata. Inoltre l’Agenzia di sicurezza giapponese rassicura la popolazione che a Fukushima Daiichi tutto è sotto controllo e continuano le “iniezioni” di azoto (gas inerte) al reattore numero 1 per eliminare il rischio di una possibile esplosione. Ma le notizie si rincorrono e la Reuters scrive invece che gli ingegneri al lavoro a Fukushima sono stati fatti evacuare. Altre notizie riportano che la centrale nucleare di Higashidori nella prefettura di Aomori sia senza elettricità ed alimentata con i generatori diesel. Ma le informazioni della tv Nhk continuano ad essere tranquillizzanti sulla questione nucleare. Tutto sembra essere sotto controllo, ecco perché in molti cominciano a preoccuparsi.

Silvio Scazola
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PS di R. La centrale in questione è entrata in funzione nel 2005. Ditelo a Testa di Chicco.
Si osservi che vi è un pericolo latente di gran lunga più grande di tutti quelli che abbiamo tentato di capire fino ad ora. Vi è in Giappone l’impianto nucleare di rokkasho che lavora per il riprocessamento del Plutonio.
Greenpeace ha messo in guardia sulla necessità di una seria analisi dei rischi posti da questo impianto, il più grande dell’intera Asia. Qualche incidente da quelle parti ed i problemi diventerebbero insolubili per tutti noi.

 


http://www.areva.com/EN/operations-1710/the-epr-power-plant-at-a-glance.html

The EPR™ power plant at a glance

The EPR™ power plant has been designed to meet extremely high safety criteria. It is resistant to external hazards due to a sturdy concrete shell. The reactor building’s dual-wall containment and a specific compartment isolate the core perfectly in the event of a meltdown accident. Safety is enhanced through a quadruple redundant safeguard system. As for the control room man-machine interface, it provides quality information in real time.

An evolutionnary design, safe and competitive

The reactor containment building has two walls: an inner pre-stressed concrete housingwith a metallic liner (2) and an outer reinforced concrete shell (1).

It houses the reactor coolant system, whose main components are the reactor vessel (3), the steam generators (4), the pressurizer (5) and the reactor coolant pumps (6).

Inside the containment building, it is located a specially-designed corium spreading area (7). In the event of core meltdown, this is where any molten core escaping from the reactor vessel would be collected, retained and cooled. 

The turbine, the alternator and the transformer are housed in the turbine building (8). This equipment transforms steam into electricity. The transformer is connected to the grid.

Diesel generators
, housed in two separate buildings (9), supply electricity to the safety functions, in the event of a power blackout.

A set of redundant safeguard systems

The main safety systems are organized into four sub-systems or “trains”. Each is capable of providing 100% safety functions alone

Each train is installed in one of the four emergency buildings (1), separated by the reactor building (2). Simultaneous failure of the trains is thereby avoided.

A strong double concrete shell

The outershell (1) covers:

  • the reactor building
  • the used fuel building (2)
  • two of the four safeguards buildings (3)

The other two safegard buildings are protected by being in a different location (4).

Increased performance of the human-machine Interface

The entire plant is monitored and operated from the control room (8) where all operating data is centralized. It is located in one of the safeguard buildings and is protected by the outer shell.

The control room is extremely user-friendly. The design takes account of the latest technological developments and operating feedback from existing plants.

From the earliest stages of the project, the human-machine interface has been a top priority. The computerised control room is equipped with the most up-to-date digital technology, giving operators full control over all parameters important for plant operation.
 
The reliability of the operators’ actions is further improved by the quality and relevance of real-time summary data for the reactor and plant.
A remote shutdown station can be used in the unlikely event that the control room is unavailable.


Da Wikipedia

Efficienza di una centrale nucleare:

Difetti di concezione degli apparati di controllo e sicurezza

Il 2 novembre 2009 le Autorità di Sicurezza Nucleare francese (ASN), inglese (HSE/ND) e finlandese (STUK) hanno riscontrato congiuntamente difetti di progettazione nei sistemi di controllo. È infatti stato rilevato che i sistemi di controllo e di emergenza del reattore non rispettano il principio di indipendenza cioè non sono sufficientemente indipendenti l’uno all’altro. Poiché i sistemi d’emergenza hanno lo scopo di garantire la sicurezza nel caso in cui i sistemi di controllo falliscano o abbiano dei guasti, è evidente che il problema è piuttosto grave e necessita -a detta delle tre Autorità- di risposte tecniche da parte dei gestori e dei progettisti al fine di “attenuare la perdita dei sistemi di sicurezza” (queste la parole esatte usate nel comunicato) in caso di malfunzionamenti ai sistemi di controllo del reattore.

Rischio di esplosioni di vapore ed espulsione delle barre di controllo

L’Électricité de France, nel “Rapporto preliminare di sicurezza” relativo al costruendo reattore di Flamanville 3, ha rilevato gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo. Considerato che le barre di controllo hanno la funzione di regolare la potenza del reattore e/o spegnerlo in caso di necessità, la gravità del problema è palese. Poiché si ravvisavano “superamenti significativi dei criteri [di sicurezza]”, sono stati proposti da Areva degli interventi correttivi alle barre di controllo per mitigare (ma non rimuovere) il rischio di questa tipologia di incidente, ma tuttavia persistono margini molto ristretti per l’esercizio in sicurezza dell’impianto in quanto la problematica è intrinseca al design del reattore EPR (e dei precedenti N4) ed alla modalità di esercizio prevista; inoltre le modifiche apportate rendono più problematica la gestione di altre tipologie di incidente.

È stata fatta una controvalutazione sull’argomento ad opera di Dominique Vignon (ex presidente di Areva) e da Hervé Nifenecker, che hanno firmato congiuntamente un documento in merito.

Scorie maggiormente pericolose

Come ogni centrale nucleare, anche gli EPR producono scorie radioattive estremamente pericolose e di cui a tutt’oggi non si sa esattamente che destinazione dare. In questo ambito infatti, i cosiddetti “reattori di terza generazione” non apportano alcun sostanziale beneficio. Al contrario, il maggior “bruciamento” del combustibile in questi reattori impatta negativamente sulla produzione di radionuclidi nelle scorie e sulla emissione di calore residuo, rendendo significativamente più problematica la loro gestione. In breve, si ha un peggioramento per quanto riguarda la produzione di rifiuti radioattivi per unità di combustibile iniziale, problema però compensato (almeno in parte) dalla minore quantità di combustibile necessario, proprio grazie al migliore sfruttamento. Il maggior tasso di bruciamento va anche visto come metodo per il prolungamento del tempo intercorso fra uno spegnimento e l’altro per la sostituzione del combustibile e per la maggior percentuale del plutonio 240 nel combustibile, rendendolo così più difficilmente impiegabile in armi atomiche.

Tale problematica è evidenziata nel recente studio ambientale della società POSIVA, incaricata di gestire le scorie del costruendo reattore EPR di Olkiluoto (Finlandia). Si evidenzia come questa tipologia di reattore abbia una produzione di Iodio-129 superiore a quella di reattori PWR tradizionali; ciò pone problemi molto seri in quanto tale isotopo dello Iodio ha una emivita di 16 milioni di anni e rimane pericoloso per circa 160 milioni di anni.


“SICUREZZA” EPR

Quella che segue è la dichiarazione congiunta sui reattori EPR (il Reattore Nucleare Europeo ad acqua pressurizzata, il modello che Berlusconi e l’ENEL vorrebbero impiantare anche in Italia e di cui sono in costruzione alcuni esemplari in diverse parti del mondo, nessuno dei quali è ancora entrato in funzione) delle Autorità di Sicurezza Nucleare francese (ASN), inglese (HSE/ND) e finlandese (STUK) cooperanti nella costruzione dell’impianto di Olkiluoto in Finlandia:

Declaration Commune sur le reactor EPR 2 Novembre 2009

In essa le tre società esprimono i propri dubbi circa i sistemi di sicurezza, “non sufficientemente indipendenti”:

2. Nelle loro rispettive recensioni, le autorità di sicurezza hanno ciascuna le questioni sollevate tecniche per il sistema di controllo dell’EPR […] 5. L’indipendenza di tali sistemi è importante. Infatti, se un sistema di sicurezza è chiamato in funzione in caso di guasto di un sistema di controllo, quindi questi due sistemi non devono fallire simultaneamente. Il progetto EPR, come originariamente proposto dai progettisti e dal produttore AREVA, non è coerente con il principio di indipendenza nella misura in cui ci sono molte complesse correlazioni tra i sistemi di controllo e sicurezza (Declaration Commune, cit.).

I problemi non finiscono qui:

  1. L’Électricité de France, nel “Rapporto preliminare di sicurezza” relativo al costruendo reattore di Flamanville 3, ha rilevato gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo;
  2. Considerato che le barre di controllo hanno la funzione di regolare la potenza del reattore e/o spegnerlo in caso di necessità, la gravità del problema è palese. Poiché si ravvisavano “superamenti significativi dei criteri [di sicurezza]“, sono stati proposti da Areva degli interventi correttivi alle barre di controllo per mitigare (ma non rimuovere) il rischio di questa tipologia di incidente, ma tuttavia persistono margini molto ristretti per l’esercizio in sicurezza dell’impianto in quanto la problematica è intrinseca al design del reattore EPR (e dei precedenti N4) ed alla modalità di esercizio prevista (Reattore nucleare europeo ad acqua pressurizzata – Wikipedia).

Questo il documento che analizza la relazione della società elettrica francese: SDN_1_EPR_une technologie_explosive. Un titolo a dir poco lapidario: una tecnologia esplosiva.

Terzo aspetto negativo: il carburante. Al posto delle consuete barre di uranio, negli EPR si impiegheranno “l’ossido di uranio arricchito in percentuali variabili fra il 4 e il 6% oppure miscele di ossidi di uranio e plutonio, il cosiddetto combustibile MOX (Reattore nucleare di III generazione – Wikipedia). E’ il medesimo combustibile impiegato nel reattore 3 di Fukushima. Un materiale di ricilaggio, poiché combina il plutonio delle bombe nucleari dismesse, o il residuo delle altre centrali nucleari:

  • Mixed oxide fuel – Wikipedia
    • Il Mixed oxide fuel (o MOX) è una miscela di uranio naturale e plutonio. È composto in genere da una miscela di uranio impoverito, il prodotto di scarto dei processi di arricchimento dell’uranio, e di plutonio. La percentuale di plutonio dentro il combustibile MOX dipende dalle quantità isotopiche dei vari isotopi del plutonio
    • per creare un combustibile MOX equivalente si deve utilizzare una quantità di plutonio weapons grade pari a circa il 4.5% del totale del combustibile (quasi tutto il plutonio in questo caso è fissile), utilizzando un plutonio derivante dal riprocessamento del combustibile esausto di altri reattori, si deve arrivare al 7% del totale di plutonio (se questo è composto per il 65% di materiale fissile)
    • Si può produrre dalla dismissione di armi nucleari dismesse in seguito ai trattati START e SORT. Attualmente esiste un abbondante quantità di plutonio proveniente dallo smantellamento delle testate nucleari in base ai molti accordi contratti dagli Stati Uniti e dall’Unione Sovietica.

http://www.enea.it/it/enea_informa/incidente-nucleare-a-fukushima/le-differenze-fra-i-reattori-di-fukushima-e-i-reattori-di-iii-generazione-avanzata

Le differenze fra i reattori di Fukushima e i reattori di III generazione avanzata

I reattori della centrale nucleare di Fukushima Daiichi sono sei, tutti di tipo BWR (Reattori ad Acqua Bollente) di seconda generazione. Non tutti i reattori della centrale sono stati costruiti nello stesso anno però il periodo di riferimento è quello degli anni ’70 (con l’unità 1 collegata alla rete nell’ottobre del 1970 e l’ultima unità, la 6, collegata ad ottobre del 1979).

Le centrali nucleari in questione sono progettate per resistere ad un incidente massimo di riferimento che si rifaceva alle conoscenze ingegneristiche di quel periodo, in cui non erano ancora avvenuti incidenti di rilevante importanza, ai fini dell’accrescimento della cultura della sicurezza, quali Three Mile Island e Chernobyl.

Quando, nel 1979, è avvenuto l’incidente di Three Mile Island (classificato di livello 5 nella scala INES), in cui si è avuta un’estesa fusione degli elementi di combustibile del nocciolo, gli addetti ai lavori sono stati chiamati a rivedere le scelte fatte in passato a fronte delle nuove lezioni acquisite. Da quel momento in poi tutto il mondo della ricerca e dell’industria ha focalizzato fortemente l‘attenzione sulla sicurezza del sistema, cercando di capire come migliorare gli impianti esistenti e come progettarne di nuovi in grado di resistere ad incidenti fino a quel momento ritenuti impossibili o altamente improbabili.

Il frutto di quegli intensi anni di lavoro ha dato vita alla progettazione concettuale degli impianti di terza generazione, in particolare all’EPR francese, all’AP1000 americano e all’ABWR giapponese (un reattore ad acqua bollente della stessa tipologia di quelli di Fukushima ma di tecnologia ben più avanzata) e anche le centrali di seconda generazione giapponesi più moderne, cioè quelle costruite dopo l’incidente di Three Mile Island del 1979, sono state in grado di resistere all’evento combinato terremoto/tsunami, riportando danni senza fuoriuscite di materiale radio-tossico.

Gli impianti nucleari di terza generazione avanzata sono dotati di dispositivi e barriere multiple di sicurezza non immaginabili all’epoca della costruzione dei reattori BWR della centrale di Fukushima. Nei nuovi reattori, alla base del progetto vi sono edifici di contenimento dotati di doppia parete e sistemi di emergenza che possono intervenire anche senza l’intervento dell’uomo e senza nessuna fonte di alimentazione elettrica, sistemi catalitici ad elevato contenuto tecnologico che possono prevenire le esplosioni di idrogeno, anche per rilasci massicci e violenti. In aggiunta, per quanto riguarda la gestione post-incidentale, nell’eventualità che si verifichi un evento di fusione del nocciolo, questi tipi di reattori di terza generazione avanzata dispongono di sistemi in grado di raccogliere e convogliare il materiale fuoriuscente dal reattore in un’area appositamente adibita e di raffreddarlo per tutto il tempo necessario prima dell’intervento in sicurezza da parte dell’uomo.

In Giappone sono già in esercizio reattori ABWR di III generazione; sono stati realizzati da una collaborazione General Electric-Hitachi e prodotti ora anche dalla Toshiba. Nei pressi della centrale nucleare in cui sono ospitati i due ABWR giapponesi, nota come Kashiwazaki-Kariwa, il 16 luglio 2007 è stato rilevato l’epicentro del più forte terremoto che abbia mai colpito un impianto nucleare prima di quello di questi giorni (magnitudo 6,6). Per via della forte accelerazione al suolo, il terremoto del luglio 2007, pur non così catastrofico come quello dello scorso 11 marzo, ha sollecitato l’impianto (che aveva quattro reattori su sette in funzione) oltre i limiti di progetto e pertanto si è provveduto subito dopo ad avviare un procedimento di arresto per ispezione che ha indicato la necessità di effettuare ulteriori prove e verifiche prima di rimetterli in esercizio. Secondo le ispezioni della società che gestisce gli impianti e riportate dalla IAEA, le oscillazioni indotte dal sisma del luglio 2007 hanno determinato lo sversamento in mare di circa 1,2 m3 di acqua della piscina di stoccaggio del combustibile esausto del reattore numero 6 (ABWR), con un rilascio totale di radioattività di appena 60 kBq. Inoltre l’impianto di ventilazione del reattore numero 7 (ABWR) ha rilasciato particolato composto da più radioisotopi (fra cui I-131, I-133, Co-60 e Cr-51) per tre giorni, per un totale stimato di 400 MBq di iodio e 2 MBq di altre sostanze. Non sono state registrate conseguenze sanitarie e ambientali e l’evento è stato classificato come non radiologicamente rilevante dalle autorità internazionali (IAEA). Ad agosto 2010, 3 dei 7 reattori, tra cui i due ABWR, risultano normalmente riavviati.



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