TAVOLA ROTONDA SU: “I contenuti base dell’insegnamento della fisica ai vari livelli di educazione preuniversitaria”

Congresso Società Italiana di Fisica (SIF), Associazione per l’Insegnamento della Fisica (AIF).
Lecce – 31 ottobre 1975

Durante il Congresso SIF-AIF di Lecce (vedi La Fisica nella Scuola, Anno VIII, n. 3, 1975 pag. 2), nell’ambito della Sezione Didattica, si è svolta una Tavola Rotonda sul tema dei «contenuti minimi», la cui organizzazione fu affidata ai colleghi P. Guidoni (Roma) e R.M. Sperandeo (Palermo).

La riunione si è articolata su tre interventi base (la collega C. La Rosa ha sostituito, all’ultimo momento, la Prof. N. Tomasini ammalata):


C. La Rosa – II problema dei contenuti in rapporto alle condizioni politiche al contorno.

M.R. Sperandeo – L’esperienza dei bienni: acquisizioni e problemi emersi dalle diverse sperimentazioni.

P. Guidoni – Contenuti minimi per la fisica: ipotesi di un quadro di riferimento per il futuro lavoro.

Sono successivamente intervenuti nel dibattito ed hanno in seguito mandato il testo scritto:

R. Renzetti – La fisica nel biennio: problemi metodologici e contenuti minimi.

M. Vicentini Missoni – I contenuti minimi per il triennio della scuola superiore.

M. De Paz ed altri – Intervento a nome del Gruppo di Genova.

M. Mayer – Legame esistente tra sperimentazione e progetti di riforma.

Sono intervenuti nella discussione, senza presentare in seguito il testo scritto, i Proff. L. Mezzetti, C. Bernardini, A. Romano, B. Fabbri, R. Fichera.

Ci auguriamo che questi interventi, del cui contenuto sono ovviamente responsabili soltanto gli autori, servano di stimolo ad una discussione più approfondita dell’argomento per tutti gli interessati, sia universitari impegnati nella ricerca didattica, sia insegnanti di scuola secondaria.

La fìsica nel biennio: problemi metodologici e contenuti minimi (1)


PRIMA PARTE: OBIETTIVI DEI CORSI SCIENTIFICI A QUALUNQUE LIVELLO (2)

(a) fornire delle informazioni;

(b) acquisizione di uno dei linguaggi di decodifica della realtà;

 e cioè: acquisizione di un atteggiamento scientifico nei confronti della realtà (il reale è interpretabile e quindi si può intervenire su di esso per trasformarlo) attraverso:

— osservazione di fatti così come essi ci si presentano (fatti concreti) e non già sterilizzati nei loro parametri essenziali (formulazione di ipotesi);

— necessità, quindi, di semplificare (separazione delle variabili); il fatto concreto viene scomposto in tanti fatti particolari (astratti) che possono separatamente essere studiati (processo di analisi) mediante processi interpretativi preesistenti o inventati allo scopo, mediante raccolta ed analisi di dati (funzione della misura),….

— interazione con gli strumenti sia come estensori dei nostri sensi, sia come mediatori del nostro rapporto con la natura, sia come controllo delle interrelazioni teoria-pratica che sono state indotte;

— ricomposizione del fatto concreto in tutti i suoi aspetti dopo l’indagine sull’astratto (processo di sintesi);

— formulazione di leggi che intendono da una parte interpretare i fatti noti e dall’altra fornire chiavi di previsione di altri fatti;

— necessità di costruire modelli (intesi come soluzioni originali dei ragazzi);

— verifica della loro fecondità (fatta sempre dai ragazzi su loro ipotesi di lavoro);

— superamento del modello quando si presentino fatti che mostrano la sua insufficienza (agilità mentale);
formulazione di ipotesi (e modelli) successive (i);

— ……….

[Componente di FrontPage Salva risultati]

FINALITA’ DEL BIENNIO UNICO

La finalità del biennio unico è duplice:

1) — Tutta la fisica?

Poiché ciascuno di noi ritiene che non si può non sapere quel dato capitolo di fisica e poiché l’integrale fatto su queste convinzioni porta a tutta la fisica, è opportuno abbandonare subito quest’idea.

Occorre allora porsi il problema di quali contenuti dobbiamo fornire.

Sembra opportuno cominciare a distinguere tra «conoscenze» e «capacità».

2) — Contenuti minimi (conoscenze)

Necessari per un inserimento cosciente nella vita e presupposti di ulteriori sviluppi di conoscenze. Li ho organizzati in cerchio poiché nessuno pensi ad una priorità
di qualche tipo che discendesse dal metterne uno prima ed uno dopo.[Componente di FrontPage Salva risultati]



Il problema è ora di organizzare questi contenuti (ai vari livelli) in piani di lavoro con l’avvertenza che non si deve pensare ad un programma tipo, che vada bene sempre ed in ogni situazione (sperimentabilità).

3) — Contenuti minimi (capacità)

I contenuti minimi di conoscenze si devono prestare all’acquisizione dei contenuti minimi di capacità che possono essere così riassunti:

— saper osservare; saper descrivere; saper misurare; saper classificare; saper simbolizzare; saper sperimentare; saper fare ipotesi; saper costruire modelli; saper verificare; saper raccogliere i dati; saperli interpretare; saperli comunicare.

4) — Come costruire i piani di lavoro

— Non in modo da implicare preesistenti e/o preconfezionati modelli di selezione ed articolazione.

— Occorre organizzare i contenuti minimi in modo da raggiungere l’acquisizione di quegli organizzatori concettuali (sistema, variabile, invarianza, struttura, conservazione, irreversibilità, equilibrio, campo, …..) che offrono una chiave interpretativa delle conoscenze e che servono a mettere ordine in una infinità di fenomeni (non solo fisici).

— Si introduce al metodo scientifico attraverso scelte libere ed incerte alleproblematiche poste.

— Confrontare i piani stilati, in un lavoro di programmazione preliminare, sia con gli studenti sia con il consiglio di classe.

— Il piano di lavoro deve avere un carattere dinamico.

— In tutto ciò il ruolo dell’insegnante è di progettista dei curricula, di esperto nella sua disciplina, di ricercatore con i ragazzi.


SECONDA PARTE: PROPOSTA DI PIANO DI LAVORO

— Impostazione del lavoro

1) Interdisciplinarietà sul metodo comune alle varie scienze;

2) necessità che i programmi eventualmente stilati abbiano uno svolgimento sperimentale nel carattere;

3) necessità di indagare un fenomeno «grezzo» (non sterilizzato nei suoi parametri essenziali), da cui:

— necessità di semplificare (separazione delle variabili),

— necessità di costruire un modello,

— fecondità di esso,

— superamento del modello,

— formulazione successiva, ecc.;

4) per quanto possibile gli strumenti usati dai ragazzi (sia operativi che concettuali) debbono essere da loro padroneggiati (no alle scatole chiuse, no allo «scimmiottamento»);

5) non bisogna puntare alla quantità di nozioni, ma alla acquisizione di una metodologia scientifica (importa poco ciò che si insegna, ma l’individuazione di un processo comune che permetta al ragazzo di affrontare problemi nuovi, in una parola il metodo di indagine). Si osservi che nell’acquisire una metodologia scientifica si passa necessariamente per l’acquisizione di nozioni;

6) la possibilità di legarsi con triennio è implicita in quanto detto. Si sviluppa ulteriormente l’indagine scientifica sistematizzando e organizzando o approfondendo le conoscenze;

7) importanza della storicizzazione, intesa come acquisizione di concetti fondamentali che segue un iter analogo a quello seguito dall’uomo per raggiungere il livello di conoscenza attuale.

Passo allora ad illustrare prima in modo discorsivo e quindi con diagrammi a blocchi il piano di lavoro che si propone all’attenzione di quanti sono interessati.

Quale realtà naturale circonda un ragazzo? Quale realtà naturale fa parte della sua vita quotidiana?

Uomini, animali, piante, sassi, acqua, liquidi vari, aria: questa osservazione della realtà fa parte degli interessi dei ragazzi.

Si è scelto quindi come tema l’indagine sul mondo che ci circonda partendo dall’osservazione del macroscopico per giungere al microscopico (atomo, cellula), per quindi ricomporre il macroscopico in termini
di energia, interazioni, scambi, strutture, invarianze, irreversibilità e conservazioni.

Si tratta di due programmi paralleli di biologia e fisica-chimica, da svolgere in due ore settimanali ciascuno:

— FISICA-CHIMICA

1° Anno.

Il ragazzo ha ben presente che è circondato da solidi, liquidi e gas. Occorre far vedere che un determinato stato di aggregazione è una caratteristica intrinseca di una sostanza.

Si possono allora studiare le trasformazioni dei vari stati tra di loro al variare di: pressione, massa, volume, temperatura, sostanza. Si individuano quindi le variabili di stato: pressione, volume, temperatura.

Si comincia a dare una prima definizione di queste variabili, passando attraverso la loro misura e quindi attraverso l’errore nella misura.

In questa indagine risulterà l’invarianza della massa che verrà accettata come prima approssimazione.

Occorrerà inoltre dare una prima definizione di sostanza passando attraverso la differenza tra varie sostanze: densità, coefficiente di dilatazione, solubilità, punti di ebollizione. A questo punto è necessario capire meglio, e allo scopo si possono fare delle esperienze: separazione delle sostanze, cromatografia.

Sorge allora la necessità di capire se si può continuare a dividere indefinitamente
le sostanze.

Si scopre che da un certo punto in poi non si può far più nulla per separarle e si arriva ad una prima definizione di composto ed elemento.

Analizzando meglio quanto scoperto fino ad ora e provando a mescolare delle sostanze tra di loro mediante opportuni metodi (sintesi dell’acqua, reazione ferro-zolfo), si scopre da una parte la legge delle proporzioni costanti e dall’altra si verifica la validità della conservazione della massa.

Si passa quindi all’ipotesi atomica della materia attraverso una costruzione modellistica. La verifica della validità del modello (esperienza su vari composti del rame) porta alla legge delle proporzioni multiple ed al riconoscimento dell’estrema piccolezza dei granuli ipotizzati.

Il programma del 1° anno termina con l’esperienza degli strati monomolecolari
che ci fornisce un ordine di grandezza delle dimensioni atomiche.[Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati]

2° Anno.

Riesaminando le esperienze relative all’uso del termometro ci si domanda: cos’è che provoca una variazione di temperatura in un corpo?

Attraverso esperienze con calorimetri rudimentali (mescolanze di masse uguali prima, e diverse poi, dello stesso liquido a temperature diverse; mescolanze di masse uguali e diverse poi, di liquidi a temperature diverse;….) si arriva ad una definizione di calore come quel «qualcosa» allo scambio del quale corrisponde una variazione di temperatura.

Si scopre quindi che la capacità termica è una proprietà caratteristica dei corpi e il calore specifico è una proprietà caratteristica delle sostanze.

Per riscaldare un corpo è sempre necessario fornirgli del calore da una sorgente?

L’esperienza quotidiana mostra che lo sfregamento (attrito + movimento) produce del calore: si analizzano allora delle esperienze in cui intervengono contemporaneamente attrito e movimento (masse in caduta frenata da un filo che fa attrito su un pezzo di alluminio). Da queste esperienze risulterà che le velocità con cui si eseguono i movimenti sono determinanti per la quantità di calore che si produce, allo stesso modo delle masse in gioco. 

L’analisi dei risultati mostrerà intanto una proporzionalità diretta tra la velocità al quadrato e la quota da cui è fatta cadere la massa (l’indipendenza del cammino percorso può essere trovata facendo scendere la massa, anziché verticalmente, lungo un piano inclinato). Si potrà quindi mostrare (con una pallina che scorre in un tubo di
vetro piegato a V) che, mentre prima ad una perdita di quota corrispondeva l’acquisto di una ben determinata velocità, ora ad una perdita di velocità corrisponde l’acquisto di una ben determinata quota.

Da qui discende immediatamente l’acquisizione dei concetti di energia cinetica e potenziale, e di conservazione.

Andando avanti nell’indagine si scopre che la quantità di calore massimo sviluppato è proporzionale sia alla massa in caduta, sia alla quota da cui cade [Q(max)  proporzionale a   mh] e ci si sofferma sul fenomeno dell’irreversibilità.

Come conseguenza di risultati già trovati segue che mv² è proporzionale a  a mh.

Raffinando meglio quanto ottenuto, con considerazioni teoriche elementari, si trovano le dimensioni sia di g (accelerazione di gravità) sia di J (equivalente meccanico della caloria).

Si passa a questo punto ad una interpretazione microscopica di quanto è stato studiato attraverso il modello cinetico dei gas (sferette contenute in un cilindro a base mobile collegate ad un agitatore).

Uno studio di questi fenomeni con due esperienze elementari in fase di approntamento permette di ricavare che le variabili di stato non sono altro che medie fatte su fenomeni microscopici ed in particolare che la temperatura T è proporzionale all’energia cinetica media delle molecole  cioè T proporzionale  a mv².
[Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati]

— BIOLOGIA

1° Anno.

La prima domanda a cui dobbiamo trovare una risposta è: “è un essere vivente?”


Ci sono varie proprietà (movimento, sensibilità, accrescimento, nutrizione) che sono indizi di «vita» ma che separatamente non sono determinanti: le uniche proprietà che sono determinanti per le loro caratteristiche peculiari sono la riproduzione e la nutrizione.

L’altra domanda che ci si pone è: “è un animale o un vegetale?”

Anche qui, a livello macroscopico, ci sono varie caratteristiche (movimento, forma, sensibilità) che sono indizi di differenziazione; ma solo la nutrizione (autotrofia ed eterotrofia) è l’indizio determinante, anche se i funghi (eterotrofi pur essendo vegetali) sono una eccezione almeno nell’ambito di questa distinzione.

A livello microscopico, poi, le cose si complicano (fitoflagellati sia autotrofì che eterotrofi) anche se in alcuni casi la distinzione è relativamente semplice.

Lasciamo in sospeso questa questione che ci fa render conto della necessità di capire meglio.

La domanda che sorge è: c’è un denominatore comune a tutti gli esseri viventi?

Esperimento del fungo terrestre in ambiente acquatico che diventa irriconoscibile. Problema del sostegno e quindi differenziazione di forma e funzioni.

Per le diverse funzioni ci sono i diversi apparati che risultano formati da vari organi.

L’esame al microscopio dei vari organi ci permette di scoprire la cellula.

[Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati]

2° Anno.

Si studiano alcuni organismi unicellulari per passare, anche qui, ad una ricostruzione del macroscopico attraverso gli organismi pluricellulari.

Si passa quindi allo studio comparativo di alcune funzioni (respirazione, nutrizione, sistemi di trasporto, riproduzione e sviluppo, forme, dimensioni, movimento e problemi di sostegno), facendo uso dei
concetti di calore ed energia sviluppati nella prima parte del corso di fisica-chimica per il 2° anno.

Si studierà infine l’interazione degli organismi tra loro e con l’ambiente.


[Componente di FrontPage Salva risultati][Componente di FrontPage Salva risultati]

NOTE



(1) La 1ª parte di questi appunti è nata da una serie di discussioni che si sono tenute presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Roma tra: A.M. CONFORTO, P. GUIDONI, C. LA ROSA, M. MAYER, R .RENZETTI, M. VICENTINI MISSONI.

La 2ª parte è il succo di una serie di seminari di lavoro, organizzati dall’Ufficio A.I.M. del M.P.I. e diretti da N. TOMASINI, che si sono tenuti a Bologna a partire dal dicembre 1972 ( Vedi: N. TOMASINI, «L’insegnamento coordinato della fisica e delle scienze nel biennio liceale» – La Fisica nella Scuola, anno VII, n. 1).

 Per una informazione più completa sull’argomento, anche dal punto di vista bibliografico, vedi: C. LA ROSA, M. MAYER, R. RENZETTI, «L’insegnamento delle scienze nel biennio della scuola secondaria. Problemi metodologici e proposta di sperimentazione – Nota interna n. 642 (23/10/75), Istituto di Fisica dell’Università, Roma.

(2) Per un discorso più completo sugli obiettivi vedi: BABINI, FREDDI, GUIDONI, LA ROSA, MAYER, RENZETTI, VICENTINI-MISSONI, «Obiettivi per la fisica» – Riforma della scuola, nn. 6-7, agosto 1975.



Categorie:Didattica della Fisica

Rispondi