Roberto Renzetti
[gennaio 1995]
[Queste cose le scrivevo nel dicembre del 1994. E, da molte discussioni fatte ad ogni livello sindacale, erano assolutamente condivise. Allora imperava Berlusconi ed il Ministro della Pubblica Istruzione era un tal D’Onofrio. Furono pubblicate nel numero di gennaio del 1995 sul periodico della CGIL Scuola del Lazio, in bella evidenza. Appena un anno e mezzo dopo c’è stato l’avvento al potere del centro “sinistra”. La Cgil Scuola è stata particolarmente attiva nella ulteriore demoralizzazione degli insegnanti, sfociata nella protesta del 17 febbraio del 2000 contro l’ipotesi del “Concorsone”. Ancora gli insegnanti che dovevano dimostrare qualcosa in cambio di nulla. Comunque questo è certamente un documento che mostra i cambiamenti di rotta di un sindacato della scuola].
Insegno nei Licei da ormai trenta anni ed ho uno stipendio che si aggira intorno ai due milioni di lire (per insegnare ciò che insegno serve la laurea con tutto ciò che segue, con costi per me enormi in termini di impegno e di denaro). Ho quattro persone a carico. Prendo quanto il mio collega scapolo e la mia collega nubile. E pensare che i tre figli che mantengo saranno poi la forza lavoro che mi pagherà la pensione (Berlusconi permettendo). Non vi sono assegni famigliari, fatelo sapere a Michelini [colui che nel Berlusconi I si occupava di “famiglia”] e a Sua Santità. Visto che si andrà in pensione a 65 anni i miei figli, se tutto va bene, entreranno nel mondo del lavoro a 35 anni. Nel frattempo, con i miei 65 anni sarò pronto a morire di fame con la pensione.
Ma quanto lavora un insegnante? E, quanto guadagna?
Tutti sanno che lavoriamo poco: 18 ore settimanali. (Intanto gli insegnanti della scuola materna ed elementare fanno 25 e 22 ore di didattica frontale!). E tutti pretendono che la qualità nel nostro lavoro sia almeno buona. Gli insegnanti che hanno comandi all’estero, presso gli Istituti di Cultura lavorano 36 ore settimanali; se però fanno corsi d’italiano per stranieri, ogni ora di insegnamento viene contata loro come due di servizio. Insomma solo qualche avvocaticchio al potere può davvero pensare che tutte le ore di servizio hanno la stessa valenza.
Ma queste 18 ore sono tante o poche rispetto alle 36 che fa un impiegato statale?
Intanto prima e dietro alle ore di didattica frontale c’è tanto lavoro sommerso e parzialmente non quantificabile: i tempi di preparazione e correzione dei compiti in classe e preparazione delle lezioni (10 ore settimanali?), c’è l’aggiornamento didattico e disciplinare, per il quale la normativa vigente prevede 40 ore annue (necessario anche se non quantificabile perché ogni nostra attività va in questo senso: io debbo leggere il giornale, la rivista, quel libro; io debbo vedere quella pellicola, quel programma TV, io non posso perdere credibilità con i ragazzi che mi interrogano su tutto). Se qualcuno obietta che non siamo in ufficio, rispondo che vorrei questo ufficio nell’edificio-scuola dove lavoro (con annessa biblioteca, TV, videoteca, emeroteca, riscaldamento, energia elettrica, macchina da scrivere, computer, inchiostro per stampante, carta, riparazione virus e guasti, fotocopiatrice, …). Invece (oltre la beffa l’inganno) con quello che costano gli appartamenti, 20 metri quadrati di casa mia (l’unica) sono completamente assorbiti da quell’attività statale remuneratami come sopra detto (e su questa casa pago pure più di un milione l’anno di tasse).
Si, ma tu godi di molte vacanze. Non è vero, da quando insegno ho sempre potuto godere di soli 30 giorni di congedo e, se non si è impegnati con gli esami di maturità, a scelta tra luglio ed agosto (con buona pace di quegli imbecilli che dalla TV continuano a ripetere che gli italiani non sanno scaglionare le vacanze).
Lo sa la gente che terminata la didattica vi sono montagne di attività da svolgere? Gli esami di idoneità, poi quelli di maturità (o di Stato), poi quelli della sessione malati, poi quelli di riparazione (fino ad ora), poi scrutini con riunioni infinite che si tengono a volte anche di domenica. E poi: verbali, giudizi, relazioni, riunioni per materie e per corsi, commissioni culturali, commissioni viaggi, ricevimento genitori.
Ma queste attività non interessano tutti i docenti. È vero. Per questo è ora di cominicare a dire che nella scuola vi debbono essere funzioni differenziate per mansioni svolte. Vi sono insegnanti che hanno gli scritti, altri no. Vi sono insegnamenti che usano dei laboratori, altri no. Vi sono discipline che vanno sempre alla maturità, altre no. E via dicendo. Ed oltre a quanto detto vi sarebbero da aggiungere nella scuola attività come quelle che in altri Paesi Europei già funzionano da molti anni: il tutoraggio, la Commissione per l’orientamento degli studenti, quella per la valutazione del piano educativo che la Scuola s’è dato.
Al Convegno OCSE di Parigi nessuno ha detto a D’Onorio che esistono questa cose?
Ma che succede negli altri Paesi d’Europa? Come stanno le cose in termini di attività prestata e salario ricevuto? Noi siamo quelli che lavorano di più e guadagnano di meno (dopo aver discusso per tre giorni a Barcellona nella sede dell’U.G.T. con i rappresentanti di tutte le Scuole europee presenti nella città oltre alla americana ed alla giapponese: tutti hanno convenuto che lavorare nella scuola italiana con tali impegni e ad un tale salario è da folli). Una perlina: quando si fa il confronto tra i giorni di scuola che si fanno nei vari Paesi, l’Italia è l’unico Paese che non conteggia tra i giorni di lezione quelli dedicati alla valutazione negli esami di vario livello e vario tipo. Così risulta che siamo nella media europea, quando facciamo mediamente 15 giorni l’anno in più di ciascuno dei paesi europei (e non).
Esami a settembre. Dice D’Onofrio: “in nessun Paese d’Europa si fanno gli esami di riparazione, li aboliamo anche in Italia“. In Europa è vero che non si fanno quasi più esami di riparazione nel senso italiano ma nessuno si è mai sognato il recupero alla D’Onofrio [tragicamente perpetuato da Berlinguer]! Intanto, negli altri Paesi, vi sono leggi precise che limitano il numero delle materie in cui si può essere rimandati (ad esempio, in Spagna sono due). Dopodiché lo studente che non risulti promosso a queste due materie è costretto a frequentarle di nuovo in aggiunta a quelle dell’anno successivo. Questo fa perlomeno intendere che tutta la struttura scolastica deve cambiare (ad esempio pensare a classi per materia con orari flessibili).
Ma la cosa più interessante riguarda il salario. Argomento dal quale prendo spunto per consigliare a tutti quelli che si sentono ripetere che la tal cosa la facciamo per allinearci ai Paesi più avanzati d’Europa di rispondere con il famoso pernacchio corale di Eduardo dell’Oro di Napoli. Non ci facciamo fregare più! Prima allineiamo il salario poi parleremo del resto [Prendo anche qui atto che,con il sostegno della Cgil, Berlinguer ha prima pensato al concorsone e si è completamente disinteressato del salario]! Un solo esempio, ancora quello spagnolo che fino a qualche anno fa era sempre dato come dispregiativo. Un professore di Scuola Superiore, guadagna in Spagna 4 volte il salario medio lordo procapite, ciò vuol dire che il collega spagnolo ha un potere d’acquisto doppio del nostro. Ma ciò non basta. È lo stesso Governo che punta ora ad elevare un tale salario. Poiché si sta riformando profondamente tutta la Scuola in un processo che avrà termine nel 2.000, il Ministero Spagnolo di Educazione e Scienza (MEC), l’equivalente del M.P.I., non manca mai di parlare esplicitamente del successo della riforma legato ad importanti incrementi economici agli insegnanti (come del resto fa lo stesso responsabile scuola della Confindustria, Lombardi su Repubblica del 27.10.94).
E poi alcuni dati sul salario che tengono conto del costo della vita nei singoli Paesi: in Germania gli insegnanti guadagnano il 25% più di noi, in Gran Bretagna il 22%, in Francia il 10%. In questi Paesi la paga a cui mi sono riferito è strettamente connessa alla didattica. Mansioni accessorie alle quali accennavo prima sono pagate BENE a parte così come è pagata la professionalizzazione e la qualità dell’insegnamento (e non una tantum).
Infine una perlina. Perché in tutti i Paesi avanzati d’Europa si fa l’Anno Sabbatico e noi non sappiamo neppure cos’è? Se per un anno ogni 7 un insegnante si reinserisse in processi di ricerca avanzata non ritornerebbe all’insegnamento, con preparazione e voglia maggiori?
I lavoratori della scuola devono essere pagati da professionisti. Da qui può partire un serio discorso di rinnovamento della scuola. Ora non sono più disposto a fare neppure un minuto in più (pensando poi che questi minuti non mi vengono mai dedicati gratis da genitori- cittadini che fanno ad esempi i medici o gli avvocati o ….).
La qualità di ogni prestazione risente inevitabilmente anche del grado di soddisfazione economica di chi opera. L’insegnamento richiede una montagna di accessori (che d’altra parte sono giustamente e tacitamente riconosciuti ai professori d’Università che, stando agli stupidi metri correnti, lavorano solo 3 ore a settimana). Non si scambino queste prestazioni con la missione.
Categorie:Varia umanità
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