Momenti della vita, del pensiero e dell’opera di Galileo

Roberto Renzetti

PREMESSA            La gran parte della vita scientifica di Galileo si colloca nell’età barocca. È questa un’epoca in cui si affermano tre conquiste fondamentali del pensiero:

1) La natura è ricca di fatti i quali si conformano rigorosamente a leggi esatte ed inequivocabili (i fatti del “cielo” li ritroviamo pure sulla “Terra”).

2) La nostra ragione può cogliere l’intima verità degli eventi naturali.

3) Poiché questa verità è scritta con leggi matematiche, tanto il calcolo come la geometria costituiscono un modello ideale per la nostra ragione (ed anche la filosofia deve imitare tali modelli se vuole uscire dalle secche delle generalità e dell’incertezza).

4) Con sforzi giganteschi ci si affranca dal misticismo, dall’animismo, dalla magia, dalla superstizione, dall’astrologia, dall’irrazionale, … che avevano pervaso fortemente tutto il secolo del Rinascimento. A questa riconquista della ragione aiuteranno proprio le ormai completate traduzioni dei classici greci riscoperti.

5) Le tendenze irrazionali saranno naturalmente ancora presenti ed occorrerà affrancarsi da esse con lotte che saranno durissime e che vedranno sempre il potere schierato contro ogni progresso civile e morale. Questo secolo (il 600) prepara il secolo dell’Illuminismo che si compirà con la Rivoluzione Francese che apre alla società contemporanea.

INTRODUZIONE

            Galileo è, con Einstein, lo scienziato su cui si è più scritto. La pretesa di aggiungere del nuovo è alquanto velleitaria. Vi è solo un aspetto che fornisce speranza: la grandissima mole di sua produzione, raccolta in ben 21 grandi volumi dell’Edizione Nazionale (E.N. della G. Barbèra, Firenze 1968) delle sue opere, riserva sempre sorprese in moltissime pieghe dei suoi scritti. Vi sarà alla fine della parte canonica, che riguarda la sua vita e la sua opera, una parte che ritengo originale (che tratterò separatamente) , ma praticamente tutte le cose che ora dirò sono estratte dalla bibliografia che riporto in fondo all’articolo.

            Una avvertenza è d’obbligo: per chi si avvicina per la prima volta a Galileo è illusorio capire il senso della sua battaglia se non si conosce contro cosa si batteva. In questo senso consiglio di leggere i “Frammenti …” almeno dalla fisica aristotelica in poi).

CRONOLOGIA FONDAMENTALE DELLA VITA DI GALILEO

            Nel 1564 nasce a Pisa da un mercante e teorico della musica Vincenzo Galilei e da Giulia Ammannati.

            Nel 1574 si trasferisce a Firenze dove studia privatamente umanità, logica, disegno, prospettiva e musica. Nel 1581 si iscrive agli studi di Medicina presso lo Studio di Pisa.

            Nel 1583, mentre era in chiesa, osserva l’oscillazione di una lampada e ne confronta il tempo impiegato in varie oscillazioni con i battiti del polso. Scopre così la legge dell’ isocronismo del pendolo per piccole oscillazioni: “Pendoli di uguale lunghezza compiono oscillazioni in tempi uguali indipendentemente dalla loro ampiezza”. È una scoperta di rilievo in una epoca in cui le misure affidabili del tempo iniziavano ad assumere importanza.

            Nel 1584 inizia gli studi di matematica (Euclide, Apollonio, Tolomeo, Pappo e, soprattutto, Archimede) nel medesimo Studio di Pisa, ma solo l’anno successivo abbandona tale Studio senza aver conseguito alcun titolo accademico (gli esperimenti di caduta dei gravi dalla Torre non hanno alcun riscontro storico).

            Sotto l’influsso di Archimede, nel 1985 inventa una bilancia idrostatica per la determinazione del peso specifico (“La bilancetta“).

            Nel 1587 scrive i “Theoremata circa centrum gravitatis solidorum” ed inizia ad essere conosciuto.

            Nel 1588 dà lezioni sull’Inferno di Dante (raccolte in un libretto) e nel 1589 diventa lettore di matematiche a Pisa (insegna astronomia tolomaica e geometria euclidea) con una misera paga.

            Nel 1590 scrive: “De motu“, “Contro il portar la toga” (è un’operetta satirica in cui si prende in giro l’uso di dare lezioni presso l’Università indossando una toga), “Considerazioni sul Tasso” (si noti che la passione umanistica non abbandonerà mai Galileo).

            La morte del padre nel 1591 lo mise nella condizione di dover mantenere, oltre a se stesso, la madre, due sorelle ed un fratello. Per ragioni economiche nel 1592 accetta la cattedra di matematica presso lo Studio di Padova. Si è speculato se Galileo abbia conosciuto Bruno in uno dei suoi viaggi a Padova prima di accettare la cattedra e prima dell’arresto dello stesso Bruno. Non vi è alcuna costanza della cosa.

            Nel 1593 scrive: “Architettura militareTrattato di fortificazioneMecaniche“. In quest’ultima opera vi è un brano che è interessante leggere:

“È impossibile con poca forza alzare grandissimi pesi, ingannando, in un certo modo, con le machine … la natura; istinto della quale, anzi fermissima costituzione, è che nessuna resistenza possa essere superata da forza, che di quella non sia più potente”.

            Nel 1597 pubblica la “Cosmografia” che è un trattato di cosmologia aristotelico – tolomaica. Ad agosto scrive una lettera a Kepler (si veda Kepler nei “Frammenti di …”) ed una al suo ex collega Jacopo Mazzoni manifestando per la prima volta la sua adesione alle teorie copernicane. Egli dice che già da tempo pensa a tali teorie ma non ha argomenti per sostenerle (si tenga conto che in quegli anni si era in piena Controriforma: 30 anni prima San Tommaso era stato fatto Dottore della Chiesa; Giordano Bruno da 6 anni era nel carcere dell’Inquisizione; non si respirava aria tranquilla). Intorno al 1598 costruisce il suo compasso geometrico – militare (una specie di regolo calcolatore). In questa epoca frequenta alcuni amici veneziani: Sagredo, Sarpi, Contarini, Morosini, …ed inizia una relazione con la veneziana Marina Gamba dalla quale avrà tre figli, Virginia, Livia e Vincenzo.

            È il 1604 quando la comparsa in cielo di una nuova stella (una ‘nova’) lo inizia ad interessare a questioni astronomiche. Gira sempre intorno al copernicanesimo ma le sue lezioni riguardano sempre la cosmologia aristotelico – tolomaica. Le cose andranno così fino a quando (1609) non si costruirà un cannocchiale (lo strumento era noto certamente in Olanda e probabilmente ne ebbe uno in regalo; egli lo smontò e lo modificò rendendolo atto ad osservazioni celesti). La grande novità che introduce Galileo è appunto quella di rivolgere il cannocchiale verso il cielo ed iniziare le prime osservazioni sistematiche non più ad occhio nudo. Nel frattempo migliora la sua posizione economica perché è confermato professore di matematica a vita con un buon aumento di salario.

            Arriviamo al 1610, primo anno fondamentale nella vita di Galileo che ha ora 46 anni. Raccoglie in un volume, “Nuncius Sidereus” (‘il messaggero delle stelle’, nome che in qualche modo richiama il Mercurio, l’Hermes, della filosofia ermetica – vedi l’articolo “Magia, Scienza e Religione nel Rinascimento italiano”), tutte le osservazioni fatte nel cielo con il suo cannocchiale. In particolare scopre:

– le macchie sulla Luna sono ombre proiettate dai monti (dei quali calcola l’altezza);

– scopre le quattro ‘lune’ di Giove, fatto che mostra che non solo la Terra può essere centro di moti circolari;

– la via lattea è costituita da un’infinità di stelle (la cosa era già stata sostenuta da Democrito);

– scopre l’anello di Saturno (data la bassa risoluzione del suo cannocchiale, non vede chiaramente l’anello, ma il pianeta gli appare ‘tricorporeo’);

– scopre le fasi di Venere che mostrano che Venere ‘potrebbe’ ruotare intorno al Sole ed inoltre stabilisce che i pianeti sono per loro natura oscuri risultando ricevere luce dal Sole.

            L’insieme di tutte queste clamorose scoperte lo convince finalmente della teoria copernicana. La cosa si rafforzò l’anno successivo quando scoprì le macchie solari (il fuoco che viene corrotto da macchie è inammissibile nella fisica aristotelica). Il lavoro sarà pubblicato nel 1613 ed in esso si sostiene che si tratta proprio di macchie sull’astro e non come aveva sostenuto lo Scheiner, gesuita del Collegio Romano, di piccoli pianeti che lo eclissano. Galileo inizia a cambiare il contenuto delle sue lezioni.

            Allo stesso tempo acquistò una grandissima fama che, in breve tempo, lo fece conoscere in tutta Europa.

            Intanto, nello stesso 1610, fu chiamato a Firenze da Cosimo II de’ Medici come primario di matematica e filosofia, con alto stipendio e senza obblighi di insegnamento (è quanto di meglio Galileo possa desiderare: tempo libero e denaro che, nella sua vita, gli mancherà sempre. E’ interessante leggere dei suoi borbottii solitari in cui si lamenta della figlia Virginia che le “ruba” una bottiglia di aceto).

            Intanto nel 1612 aveva pubblicato “Intorno alle cose che stanno in su l’acqua“. E nello stesso anno iniziano le campagne anticopernicane: il domenicano Nicolò Lorini, predicando in San Marco a Firenze dichiara eretica la teoria di Copernico.

            Tra il 1613 ed il 1615 Galileo si preoccupa di tranquillizzare i cattolici suoi correligionari. Tenta un discorso importantissimo sui rapporti tra scienza e fede. Inizia nel 1613 con una lettera al suo amico benedettino Benedetto Castelli. Seguirà nel 1615 la lettera a Cristina di Lorena (che sembra aver avuto la supervisione teologica dello stesso Benedetto Castelli). In tali lettere, e particolarmente nella seconda si prende spunto proprio da un Dottore della Chiesa Sant’Agostino nella sua opera “De genesi ad litteram“. Ciò che Galileo (con Castelli) sostiene è quanto meno ragionevole. Dio, nel dettare le Scritture ai Profeti si rivolgeva loro con il linguaggio che loro potevano intendere. Pertanto se vi sono discordanze tra lo studio della natura e le Scritture, sono queste ultime che debbono essere adattate alle scoperte scientifiche. Scrive Galileo:

Alcune proposizioni delle Scritture “sì come dettante lo Spirito Santo, furono in tal guisa profferite da gli scrittori sacri per accomodarsi alla capacità del volgo assai rozzo ed indisciplinato. … Stante, dunque, ciò, mi pare che nelle dispute di problemi naturali non si dovrebbe cominciare dalle autorità di luoghi delle Scritture, ma dalle sensate esperienze e dalle dimostrazioni necessarie …”.

            Nel 1615 arrivarono al Sant’Uffizio due denunce, quella dei domenicani Nicolò Lorini e Tommaso Caccini. Contestualmente Galileo si recò a Roma per spiegare le sue idee alle alte gerarchie della Chiesa. Fu ricevuto in modo quasi trionfale, soprattutto dai gesuiti del Collegio Romano. In tale occasione conobbe e divenne ‘amico’ del Cardinale Barberini con il quale scambiò molte idee in lunghe passeggiate nei giardini dei palazzi apostolici (Barberini interrogava ed obiettava, Galileo pazientemente rispondeva: si tenga conto di ciò quando parleremo del processo a Galileo). Questo viaggio a Roma creò in Galileo molte illusioni.

            Nello stesso 1615 Galileo credette di aver trovato nelle maree una prova della rotazione della Terra intorno al Sole. Di nuovo si recò a Roma proprio quando (1616) l’ipotesi copernicana viene dichiarata eretica (“stultam et absurdam in philosophia, et formaliter haereticam“) e le opere di Copernico vengono sequestrate (Papa Paolo V). Galileo viene convocato dall’Inquisitore Cardinale Bellarmino per un colloquio informale. Egli venne AMMONITO dall’insegnare e difendere la teoria copernicana (si noti bene: non gli venne fatto PRECETTO. Ciò è fondamentale dal punto di vista del Diritto Canonico: se gli fosse stato fatto precetto sarebbe stato recidivo e la cosa sarebbe risultata nei suoi precedenti penali; l’ammonizione non prevedeva nessuna delle due cose dette). All’ammonizione Galileo promise obbedienza ed ottenne da Bellarmino un “certificato di buona condotta”.

            Nel 1618 appaiono in cielo ben tre comete. Il gesuita Grassi sostenne, correttamente, che si trattava di corpi celesti, in netto contrasto con la fisica di Aristotele. Galileo, comportandosi come una persona irragionevole ed offesa, sostenne in pieno la teoria aristotelica (le comete sono esalazioni provenienti dalla terra che, raggiunto il cielo della Luna, vengono da esso messe in rapida rotazione fino al loro incendiarsi) polemizzando con Grassi e quindi creandosi nemici proprio tra i gesuiti.

            Nel 1623 il Cardinale Maffeo Barberini viene eletto Papa con il nome di Urbano VIII (prima di lui vi era stato un breve papato di Gregorio XV). Questo fatto creò nuove e forse più giustificate illusioni in Galileo: un suo ‘amico’ come più alta autorità della Chiesa!

            Nello stesso 1623 Galileo scrisse “Il Saggiatore“. In questa opera riprende la sua errata teoria delle comete aggiungendo però che quanto da lui sostenuto sono solo ipotesi che devono essere verificate dall’esperienza. Nel suo complesso l’opera è comunque copernicana. Si sentono molti influssi di Democrito soprattutto sulle questioni delle qualità primarie (grandezza, forma, movimento) e secondarie (suono, colore, odore, temperatura). Si sentono anche degli influssi platonici ben descritti nella sua famosa frase: “L’universo è scritto in lingua matematica”. La matematica è, per Galileo, una ottima guida logica ed un formidabile strumento. Sono comunque le “sensate esperienze e certe dimostrazioni” alla base di tutto. Nell’opera vi è uno studio importante di acustica, di calore, di adesione, …. L’opera avrà una buona accoglienza a Roma, eccettuato l’ambiente dei gesuiti che la intesero come grave affronto.

            Nel 1624 Galileo intraprende un nuovo viaggio a Roma dove è accolto da Urbano VIII “con infinite amorevolezze”. Ebbero sei lunghi colloqui e Galileo sembra capire che il Papa non è poi così contrario alla teoria copernicana soprattutto perché è solo un’ipotesi che è impossibile mostrare vera. Per verificare la correttezza delle sue impressioni, Galileo saggia il terreno rispondendo ad uno scritto anticopernicano di F. Ingoli (giurista e Segretario di Propaganda Fide) del 1616: “Risposta all’Ingoli“. Questa lettera contiene gran parte delle idee di Galileo che saranno poi sviluppate nel “Dialogo sui Massimi Sistemi del mondo“.

            E già Galileo, a partire dal 1621 (data della morte di Bellarmino), aveva iniziato a scrivere il “Dialogo“. Egli termina il lavoro nel 1629/1630. Alla fine della fatica si reca a Roma per ottenere l'”imprimatur“. La cosa verrà affidata a Padre Niccolò Riccardi (chiamato Padre Mostro per il suo aspetto) che apporterà all’opera varie correzioni che Galileo riterrà marginali. Mancava il pezzo del seguimento dell’opera in corso di stampa a Firenze. Questa parte fu resa difficile dalla peste che infuriava. Il compito venne affidato ad un domenicano fiorentino. Nel 1632 fu dato il definitivo “imprimatur“.

IL DIALOGO

            Il “Dialogo sopra i due Massimi sistemi del mondo: il tolomaico ed il copernicano” è una delle due opere più grandi di Galileo (dell’altra, i “Discorsi“, parlerò più oltre). Oltre ad essere una grande opera di divulgazione scientifica è anche un’opera che getta le basi della nuova fisica mediante la distruzione del vecchio impianto aristotelico ed è anche una grande opera letteraria. Essa è impostata come un dialogo, appunto, tra tre interlocutori: Salviati che è il maestro che fa da portatore del nuovo; Sagredo che è persona colta che è però libero pensatore in grado di cambiare il giudizio; Simplicio che è un dogmatico aristotelico. Vi sono obiezioni, spiegazioni, accettazione di alcune, rifiuto di altre, … e così si va avanti con Salviati che continua ad introdurre gli elementi della nuova fisica a sostegno della cosmologia copernicana e, per essere più chiari, togliendo definitivamente Copernico fuori dalla odiosa prefazione di Osiander e da tutta quella parte in cui Copernico era impegolato con l’aristotelismo (si veda Copernico nei “Frammenti …”).

            Naturalmente Galileo sa bene che, dalla Terra, gli è impossibile mostrare che è quest’ultima a girare intorno al Sole. Egli aggira la difficoltà muovendosi su due direttrici di fondo: da una parte il “principio d’inerzia” e dall’altra il “principio di relatività”. Cerchiamo di capire.

            Abbiamo già visto quali erano le obiezioni (di Aristotele e Tolomeo) al moto della Terra. Essenzialmente si tratta di questo: se la Terra ruotasse ad esempio su se stessa dovremmo assistere a strani fenomeni: di oggetti scagliati dalla superficie terrestre a seguito del suo moto; di nubi muoventesi sempre in verso contrario a quello del moto della Terra; di sassi che lasciati cadere da una torre sperimenterebbero una evidente deviazione dalla verticale; di uccelli che lasciato l’albero per prendere un verme si vedrebbero sparire l’albero in un moto velocissimo; di gittate di cannoni maggiori verso Occidente che verso Oriente. Galileo risponde a tutto ciò affermando che tutte le cose che stanno sulla Terra ed hanno attinenza con la Terra si muovono con essa (gli esempi sono tratti da fenomeni che si sperimentano su navi): se dall’alto del pennone di una nave lasciamo cadere un oggetto questo cade ai piedi del pennone (tale esempio era già stato portato da Bruno); tutta l’aria che sta sulla nave è trasportata da essa; l’esempio diventa ancora più preciso quando Galileo, in un celebre brano, parla di rinchiudersi dentro la stiva di una nave e di osservare lì svariati fenomeni, essi vanno allo stesso modo sia quando la nave è ferma in porto, sia quando la nave cammina in linea retta a velocità costante (le cose cambiano quando la nave vira o cambia bruscamente velocità). Insomma il moto su una retta a velocità costante può essere percepito come quiete (si tenga conto che l’orbita della Terra intorno al Sole è talmente grande e la durata di un nostro esperimento talmente piccola che l’arco percorso dalla Terra può essere agevolmente approssimato ad un tratto rettilineo). È l’affermazione del principio di relatività, che verrà poi precisato nei Discorsi. Leggiamo tale brano. È veramente molto bello oltre che chiarissimo:

“Riserratevi con qualche amico nella maggiore stanza che sia sottocoverta di alcun gran navilio, e quivi fate d’aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; siavi anco un gran vaso d’acqua, e dentrovi de’ pescetti; sospendasi anco in alto qualche secchiello, che a goccia a goccia vadia versando dell’acqua in un altro vaso di angusta bocca, che sia posto a basso: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci si vedranno andar notando indifferentemente per tutti i versi; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando allo amico alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettare verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando voi, come si dice, a pie giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che avrete diligentemente tutte queste cose, benché niun dubbio ci sia che mentre il vassello sta fermo non debbano succeder così, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; che (pur che il moto sia uniforme e non fluttuante in qua e in là) voi non riconoscerete una minima mutazione in tutti li nominati effetti, ne da alcuno di quelli potrete comprender se la nave cammina o pure sta ferma; voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima ne, perché la nave si muova velocissimamente, farete maggior salti verso la poppa che verso la prua, benché, nel tempo che voi state in aria, il tavolato sottopostovi scorra verso la parte contraria al vostro salto: e gettando alcuna cosa al compagno, non con più forza bisognerà tirarla , per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso poppa, che se voi fuste situati per l’opposito; le gocciole cadranno come prima nel vaso inferiore, senza caderne pur una verso poppa, benché , mentre la gocciolma è per aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella lor acqua non con più fatica noteranno verso la precedente che verso la susseguente parte del vaso, ma con pari agevolezza verranno al cibo posto su qualsivoglia luogo dell’orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche continueranno i loro voli indifferentemente verso tutte le parti, ne mai accaderà che si riduchino verso la parte che riguarda lo poppa, quasi che fussero stracche in tener dietro al veloce cerso della nave , dalla quale per lungo tempo trattenendosi per aria, saranno state separate; e se abbruciando alcuna lagrima d’incenso si farà un poco di fumo, vedrassi ascender in alto ed a guisa di nugoletta trattenervisi, e indifferentemente muoversi non più verso questo che quella parte. E di tutta questa corrispondenza d’effetti ne è cagione l’esser il moto della nave comune a tutte le cose contenute in essa ed all’aria ancora, che per ciò dissi io che si stesse sotto coverta; ché quando si stesse al di sopra e nell’aria aperta e non seguace del corso della nave, differenze più e men notabili si vedrebbero in alcuni de gli effetti nominati; e non è dubbio che il fumo resterebbe indietro, quanto l’aria stessa; le mosche parimente e le farfalle, impedite dall’aria, non potrebber seguir il moto della nave, quando da essa per spazio assai notabile si separassero; ma trattenendovisi vicine, perché la nave stessa, come di fabbrica anfrattuosa, porta seco parte dell’aria sua prossima, senza intoppo o fatica seguirebbon la nave, e per simil cagione veggiamo tal volta, nel correr la posta, le mosche importune e i tafani seguir i cavalli, volandogli ora in questa ed ora in quella parte del corpo; ma nelle gocciole cadenti pochissima sarebbe la differenza, e ne i salti e ne i proietti gravi del tutto impercettibile”.

            Altra questione è relativa a ciò che noi vediamo dalla Terra. Non vi è dubbio che, visto da qui, è il Sole che sembra muoversi. Galileo con una sua affermazione del principio di relatività del movimento afferma che il problema risiede appunto dal dove guardiamo: se l’osservazione la facessimo dal Sole vedremmo la Terra girare intorno ad esso: quando due navi si incrociano camminando parallele in versi opposti, non si sa mai con certezza quale delle due è in moto o se lo sono tutte e due (si pensi alle coincidenze di treni in una stazione: quando uno dei due riparte noi che ci troviamo sopra non sappiamo mai quale dei due si sta muovendo).

            Dare “prove” di uno dei moti della Terra era impossibile a chiunque con la tecnologia dell’epoca (ci vorranno 200 anni per avere queste prove).

            Ma con il sistema copernicano reso plausibile dai principi d’inerzia e relatività nasce la necessità della nuova fisica che in Aristotele non poteva essere disgiunta dalla cosmologia.

        Egli studia la caduta dei gravi mostrando che lo spazio percorso da un oggetto in caduta è proporzionale al quadrato del tempo ed è indipendente dalla sua massa (contrariamente a quanto ammetteva Aristotele: un oggetto di massa grande impiegava meno tempo a cadere di uno di massa più piccola (nel far questo passa attraverso un pezzo di fisica molto avanzata. la distinzione di principio tra massa inerziale e massa gravitazionale: se lasciamo cadere due pietre piane, l’una sovrapposta all’altra, le due non si separano durante la caduta anche se quella che sta sopra ha massa metà di quella che sta sotto ed inoltre la pietra superiore non esercita ‘peso’ sulla pietra che sta sotto. Per realizzare tali esperienze in una situazione un cui la misura del tempo era molto precaria e la caduta di un oggetto avviene appunto in tempi brevissimi, Galileo dà mostra di tutto il suo talento “rallentando” il moto di caduta. Come è possibile ciò ? Attraverso l’introduzione di piani (poco) inclinati su cui era realizzata una sottile scanalatura lungo cui si facevano rotolare delle sferette di varia massa. Ad ogni data distanza un campanellino urtato dalla sferetta in caduta dava il tempo. È l’esempio del “metodo” di Galileo: l’esperienza è ideata come appropriata domanda posta al termine di un processo deduttivo, il quale prende le mosse da determinate ipotesi di significato più generale. Svariate altre questioni di cinematica e meccanica sono poste ed alla fine la fisica aristotelica ne esce distrutta mentre si aprono enormi brecce ad una fisica appena abbozzata ma tutta da costruire. Anche qui insiste con le maree come prova del moto della Terra.

            L’opera arrivò nelle mani di Urbano VIII che divenne furibondo per vari motivi. Primo non riteneva che i supposti patti fossero stati rispettati da Galileo: i due sistemi non erano presentati con la stessa dignità. L’aristotelico era difeso da una persona ottusa come Simplicio e, per di più, sulla bocca di questo personaggio Galileo aveva messo molte delle obiezioni che al sistema copernicano aveva fatto lo stesso Papa negli incontri precedenti. Vi era poi un’altra vicenda più delicata e su di essa il Papa fece indagare in segreto: il marchio della stamperia fiorentina del Dialogo aveva tre delfini che si chiudevano a cerchio. Caso voleva che il Papa avesse tre ‘nipoti’ (i figli dei Papi erano i loro nipoti) che naturalmente erano suoi protetti, suoi delfini. Sembrò che addirittura Galileo fosse stato irriverente fino a tal punto. Questa cosa si acquetò subito quando si vide che svariati altri libri usciti da questa stamperia avevano lo stesso simbolo. In ogni caso Urbano VIII ebbe a dire che il Dialogo è “più esecrando e pernicioso alla Santa Chiesa che le scritture di Lutero e Calvino”.

IL PROCESSO

            Immediatamente (1632) a Galileo, che aveva già 69 anni, viene imposto di presentarsi a Roma, davanti al Tribunale del Sant’Uffizio. Vari amici lo consigliano di non andare reclamando ragioni di salute e la peste che continuava a mietere vittime. Ma Galileo ha fiducia, è in buona fede, è ‘amico’ del Papa, ha buoni argomenti con i quali spiegherà … Giunto a Roma viene immediatamente messo sotto accusa per il suo essere recidivo nel difendere le teorie copernicane. Questo essere recidivo era relativo al preteso PRECETTO (di cui ho parlato) che gli sarebbe stato fatto da Bellarmino nel 1616. Ma nel 1616 Galileo aveva avuto solo una ammonizione ed in più il certificato di buona condotta dallo stesso Bellarmino. Gli inquisitori insistono e Galileo chiede di vedere il Precetto che, in quanto tale, deve risultare agli atti. Qui fu costruito uno dei falsi più ignobili della Chiesa. Il libro dei Precetti e di ogni atto giudiziario in genere, a seguito della carta che era molto assorbente e quindi faceva trasparire tracce di inchiostro sul retro della pagina medesima, questo libro era scritto solo nelle pagine dispari, mentre le pari erano lasciate bianche. Solo il Precetto a Galileo è scritto alla data giusta sulla pagina pari! Ma vi è di più, all’atto del Precetto, l’accusato doveva apporre la sua firma sotto l’atto: la firma di Galileo in questo atto non compare. Tutti gli storici concordano in quanto ho detto: il Tribunale del Sant’Uffizio costruì un falso per poter condannare Galileo nel processo che ora gli faceva. Con questo Precetto che vietava di difendere “quovis modo” la teoria copernicana, Galileo viene condannato (1633) ed è costretto all’abiura (e nessuno potrà o dovrà mai accusarlo per avere accettato un tale atto che non lo costrinse al silenzio ma che gli fece ancora pubblicare di nascosto, la parte più importante della sua opera). È comunque istruttivo leggere la sentenza del Tribunale e l’abiura che Galileo dovette leggere in pubblico.

LA SENTENZA

“…Che il Sole sia centro del mondo e imobile di moto locale è proposizione assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura; Che la Terra non sia centro del mondo né imobile, ma che si muova eziandio di moto diurno, è parimente proposizione assurda e falsa nella filosofia, e considerata in Teologia ad minus erronea in Fide. …. Noi diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiariamo che tu , Galileo sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo Santo Officio veementemente sospetto d’eresia cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alla Sacre e divine Scritture, ch’il Sole sia centro della Terra e che non si muova da oriente ad occidente, e che la Terra si muova e non sia centro del mondo, e che si possa tener e difendere per probabile un’opinione dopo essere stata dichiarata e diffinita per contraria alla Sacra Scrittura; e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contonto sii assoluto, pur che prima, con cuore sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma che da noi ti sarà data….Ed ordiniamo quindi che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi di Galileo Galilei. Ti condanniamo al carcere formale in questo Santo Officio ad arbitrio nostro: e per penitenze salutari t’imponiamo che per tre anni a venire dichi una volta la settimana li sette Salmi penitenziali: riservando a noi facoltà di moderare, mutare, o levar in tutto o parte, le sudette pene e penitenze.”

L’ABIURA

“Io Galileo, figlio di Vincenzo Galileo di Fiorenza, dell’età mia d’anni 70, constituto personalmente in giudizio, e inginocchiato avanti di voi Eminentissimi e Reverendissimi Cardinali, in tutta la Republica Cristiana contro l’eretica pravità generali Inquisitori ; avendo davanti gl’occhi miei li saerosanti Vangeli, quali tocco con le proprie mani, giuro che sempre ho creduto, credo adesso, e con l’aiuto di Dio crederò per l’avvenire, tutto quello che tiene, predica e insegna la Santa Cattolica e Apostolica Chiesa. Ma perché da questo, Santo Officio, per aver io, dopo d’essermi stato con precetto dall’istesso giuridicamente intimato che omninamente dovessi lasciar la falsa opinione che il Sole sia centro del mondo e che non si muova, e ehe la Terra non sia centto del mondo e che si muova, e che non potessi tenere, difendere né insegnare in gualsivoglia modo, né in voce né in scritto, la detta falsa dottrina, e dopo d’essermi notificato che detta dottrina è contraria alla Sacra Scrittura, scritto e dato alle stampe un libro nel quale tratto l’istessa dottrina già dannata e apporto ragioni con molta efficacia a favor di essa, senza apportar alcuna soluzione, sono stato giudicato veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto che il Sole sia centro del mondo e imobile e che la Terra non sia centro e che si muova; Pertanto, volendo io levar dalla mente delle’ Eminenze Vostre e d’ogni fedel Cristiano questa veemente sospizione, giustamente di me conceputa, con cuor sincero e fede non finta abiuro, maledico e detesto li sudetti errori e eresie, e generalmente ogni e qualunque altro errore, eresia e setta contraria alla S.ta Chiesa; e giuro che per l’avvenire non dirò mai più né asserirò, in voce o in scritto, cose tali per le quali si possa aver di me simil sospizione; ma se conoscerò alcun eretico o che sia sospetto d’eresia lo denonziarò a questo S. Offizio, o vero all’Inquisitore o Ordinario del luogo, dove mi trovarò. Giuro anco e prometto d’adempire e osservare intieramente tutte le penitenze che mi sono state o mi saranno da questo Santo Officio Imposte…

In Roma, nel Convento della Minerva, questo dì 22 giugno 1633.

Io Galileo Galilei ho abiurato come di sopra , mano propria.”

IL SEGUITO DELLA STORIA

            La condanna al carcere venne presto trasformata in domicilio coatto nella casa di Galileo in Arcetri vicino Firenze. La sorveglianza fuori della sua casa era strettissima e solo con la complicità di qualche amico e di sua figlia Suor Virginia riuscì a fare uscire dei manoscritti per la successiva pubblicazione. Questi manoscritti erano stati raccolti in anni precedenti, si tratta dei suoi studi precedenti aggiornati e sistemati. Galileo li fa uscire perché vadano presso gli Elzeviri di Leiden (Olanda) al fine di essere pubblicati. Ne verrà fuori la più grande opera di Galileo, quella della maturità. Si tratta dei “Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze” che vedrà la luce nel 1638. Ora non vi sono più conversazioni accattivanti, ora si tratta di un vero e proprio testo di fisica in cui vengono studiati tutti i vari campi della conoscenza dell’epoca.. È la più copernicana tra le sue opere ma, proprio perché non capita dalle autorità fu fatta passare senza eccessive reprimende (Galileo si difese sostenendo che l’opera era stata pubblicata a sua insaputa).

            In essa gli argomenti trattati sono:

– l’indicazione di un modo di misurare la velocità della luce (fuori dalla portata dell’epoca ma con la fondamentale intuizione di luce con velocità finita e misurabile);

– questioni di acustica;

– moto del pendolo;

– moto dei proiettili;

– moto dei gravi;

– resistenza dei materiali;

– fondamenti e sviluppi della dinamica sulla Terra;

– gravi su piani inclinati;

– questioni matematiche;

– paradossi dell’infinito (una parte è uguale al tutto);

– questioni di ottica;

– questioni di idrostatica;

– questioni di termologia.

            Come si vede i problemi presenti a Galileo abbarcavano problematiche di ogni tipo e questo libro è il fondamento imprescindibile per la nuova fisica che piano piano si affermerà sulle ceneri della scolastica.

            Ma ormai abbiamo una persona di 75 anni, vecchia e cieca assistita amorevolmente dalla sua figlia Livia (Suor Arcangela poiché la diletta Virginia era  scomparsa 8 anni prima).

            Muore ad Arcetri nel 1642.

ALCUNE BREVI CONSIDERAZIONI

            I risultati scientifici di Galileo mostrano una stretta connessione con le elaborazione della tecnica artigianale portata a livelli eccelsi dai Leonardo Pisano, da Leon Battista Alberti, dal Brunelleschi, …

            La scienza diventa un prodotto della realtà e non ha più ipoteche metafisiche. Anche qui però sarà duro togliere le incrostazioni metafisiche ai prodotti della ricerca scientifica. Gli stessi Descartes e Newton tradiranno lo spirito di Galileo (l’unico che in qualche modo si muoverà sulla strada aperta da Galileo sarà Huygens).

            Inoltre, proprio per la liberazione della scienza dalla metafisica, i risultati scientifici assumono ora l’aspetto di un qualcosa di provvisorio e non più di verità intoccabili. Infine si inizierà ad intendere la scienza come operazione collettiva e non più individuale.

            Con Galileo inizia il superamento dell’empirismo ingenuo: i dati dell’esperienza vengono ora sottoposti a trattamento teorico.


BIBLIOGRAFIA

            Una avvertenza è necessaria: è impossibile riportare tutto ciò che su Galileo è stato pubblicato. Riporterò solo alcuni testi che io ritengo validi (ma non i più validi) e comunque quelli che vale la pena leggere.

            Innanzitutto Galileo va letto nelle sue opere che sono fruibili da ogni persona che sia semplicemente curiosa ed interessata. Le cose da sapere prima sono in gran parte riportate dai “Frammenti di storia ….“. Non vi è matematica da conoscere preliminarmente. Vi sono varie edizioni di opere originali di Galileo e tutte vanno bene. Personalmente consiglio i 21 volumi dell’Edizione Nazionale che riportano tutto ciò che Galileo ha fatto in ordine cronologico, includendo una mole impressionante di lettere. Questa Edizione Nazionale nasceva tra il 1890 ed il 1909. Io ho una delle varie ristampe, quella del 1968 fatta fa G. Barbera. Una tale edizione è distribuita oggi dalla Giunti di Firenze e che ho pubblicato per intero nel sito.

            Riporto di seguito dei testi su Galileo:

U. Dotti – Galileo – Sansoni, Milano 1971.

F. Minazzi – Galileo “filosofo geometra” – Rusconi, Milano 1994.

L. Geymonat – Galileo Galilei – Einaudi, Torino 1969.

P. Redondi – Galileo Eretico – Einaudi, Torino 1983.

S. Drake – Galileo – Oxford University Press, 1980.

W. Shea – Galileo’s Intellectual Revolution – The Macmillan Press, 1972.

J. Reston Jr. – Galileo. A life – Harper Collins Publishers, 1994.

K. Fisher – Galileo Galilei – Verlag C. H. Beck, Monaco 1983.

A Banfi – Vita di Galileo Galilei – Feltrinelli, Milano 1962.

G. de Santillana – Processo a Galileo – Mondadori, Milano 1960.

L. Fermi, G. Bernardini – Galileo – Ubaldini, Roma 1969.

A. Koyré – Studi galileiani – Einaudi, Torino 1979.

J. Hemleben – Galilei – Rowohlt Taschenbuch Verlag GmbH, Amburgo 1983.

            Ricordo poi che Galileo è trattato da tutte le storie della scienza e che spesso, a seconda degli sciovinismi più o meno marcati di chi scrive, gli vengono imputate svariate colpe. Mi sono occupato della vicenda in un articolo che riporto in altra pagina dal titolo “Alcuni elementi di giudizio su Galileo“. In fondo a tale articolo la bibliografia indicherà i testi cui alludo. C’è infine da ricordare l’esistenza di quell’ignobile libro della ‘Commissione per la riabilitazione’ di Galileo da parte della Chiesa. Di esso parlo abbondantemente nell’articolo sulla presunta riabilitazione in altra pagina.



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