da Ernesto Rossi – Il Sillabo e dopo (libro anticlericale scritto da otto pontefici: Pio IX, Leone XIII, Pio X, Benedetto XV, Pio XI, Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI) – Kaos 2000.
Il flagello dell’istruzione obbligatoria
«Maestà, non ho dato corso alla prima lettera qui unita, e che ho diretto a Vostra Maestà, perché il Sig. Ministro del Portogallo mi assicurò di aver scritto in proposito, ma non vedendo riscontro, invio a V.M. la stessa lettera. Vi unisco poi la presente per pregarLa a fare tutto quello che può affine di allontanare un altro flagello, e cioè una legge progettata, per quanto si dice relativa alla istruzione obbligatoria. Questa legge parmi ordinata ad abbattere totalmente le scuole cattoliche, soprattutto i Seminari. Oh quanto è fiera la guerra che si fa alla religione di Gesù Cristo! Spero dunque che la V.M. farà sì che, in questa parte almeno, la Chiesa sia risparmiata. Faccia quello che può, Maestà, e vedrà che Iddio avrà pietà di Lei. Lo abbraccio nel Signore» [Pio IX, Lettera a Vittorio Emanuele II, 3 gennaio 1870] 1.
La libertà di insegnamento è la cosa più empia del mondo
«Un giudizio non dissimile va fatto di quella che chiamiamo libertà d’insegnamento. Essendo fuor di dubbio che la sola verità debba informare le menti, perché in essa sola sta il bene, il fine e la perfezione delle nature intellettuali, l’insegnamento non deve perciò dettar altro che il vero, tanto a chi l’ignora quanto a chi lo sa, affinché ne rechi agli uni la notizia, la conservi negli altri. Per questa ragione è stretto dovere degli insegnamenti affrancare gli animi dall’errore, e premunirli contro di esso mediante efficaci argomenti. Dal che apparisce, essere al tutto contraria alla ragione, e tale da pervertire totalmente le intelligenze, quella libertà di cui parliamo, la quale si arroga una sconfinata licenza d’insegnar ciò che le piace; licenza che ai cittadini il pubblico potere non può accordare senza fallire ai suoi doveri. Tanto più che l’autorità dei maestri ha grande influenza sopra i discepoli, e raro è assai che questi possano discernere da se stessi se le dottrine di quelli siano vere o false.
«È necessario dunque, che anche questa libertà, perché sia onesta, contengasi entro certi confini, e ciò per non lasciare impunemente che in istrumento di corruttela si converta il magistero. Il vero poi, che ha da essere l’unico oggetto dell’insegnamento, si distingue in due specie, naturale e rivelato. Le verità naturali, quali sono i primi princìpi e le prossime conseguenze che ne trae la ragione, formano nell’ordine delle idee il patrimonio comune del genere umano: e poiché su quei veri riposano, come su fondamento saldissimo, morale, giustizia, religione, lo stesso umano consorzio, sarebbe la cosa più empia del mondo e più stolidamente disumana permettere che questo sacro retaggio sia impunemente dilapidato. Né va conservato meno gelosamente il preziosissimo e santissimo tesoro della verità che conosciamo per divina rivelazione. Per molte luminose prove si giunge a stabilire, come usarono spesso gli Apologisti, certi punti principalissimi, quali sono: che Iddio ha divinamente rivelato alcune verità; che per rendere testimonianza alla verità l’Unigenito Figlio di Dio si è incarnato; ch’Egli ha fondato una società perfetta, cioè la Chiesa, della quale è capo Egli stesso, e con la quale promise di rimanere sino alla consumazione dei secoli. Tutte le verità insegnate col divino suo labbro Egli volle affidate a questa società, con ordine di custodirle, difenderle e autorevolmente dichiararle; comandando nel medesimo tempo a tutti i popoli di credere e obbedire alla Chiesa sua, come a Lui stesso, pena, chi facesse il contrario, l’eterna dannazione. Così è chiaro, che Iddio è all’uomo il migliore e più sicuro maestro, fonte e principio d’ogni verità: è l’Unigenito, ch’è nel seno del Padre, è via, verità, vita, luce vera che illumina l’uomo, e di cui tutti gli uomini devono essere docili ed ossequiosi discepoli. “E saranno tutti ammaestrati da Dio” (Giovanni, VI, 45)» [Leone XIII, Enciclica Libertas, 20 giugno 1888].
La scuola laica è la tirannide di una setta tenebrosa
«Di tale cristiana istruzione appare evidentemente cresciuta la necessità sia da tutto l’andamento dei tempi e dei costumi moderni, sia specialmente da quelle pubbliche scuole, prive di ogni religione, dove si tiene quasi per sollazzo il deridere le cose più sante, e del pari sono aperte alla bestemmia e le labbra dei maestri e le orecchie dei discepoli. Parliamo di quella scuola che si chiama per somma ingiuria neutra o laica, ma che non è altro che tirannide prepotente di una setta tenebrosa. Un siffatto giogo di ipocrita libertà voi già denunciaste ad alta voce e intrepidamente, o Venerabili Fratelli, massima in quei paesi dove più sfrontatamente furono calpestati i diritti della religione e della famiglia, anzi soffocata la voce stessa della natura, che vuole rispettata la fede e il candore dell’adolescenza» [Pio X, Enciclica Editae saepe Dei, 26 maggio 1910].
Per affermare i diritti detta Chiesa sulla gioventù il papa tratterebbe col diavolo
«Ma dove non potremo mai essere d’accordo è in tutto ciò che vuoi comprimere, menomare, negare quel diritto che la natura e Iddio hanno dato alla famiglia e alla Chiesa nel campo dell’educazione. Su questo punto Noi non vogliamo dire di essere intrattabili, perché la intrattabilità non è una virtù, ma soltanto intransigenti, come non potremmo non essere intransigenti se ci domandassero quanto fa due più due. Fa quattro e non è colpa nostra se non fa né tre, né cinque, né sei, né cinquanta. Quando si trattasse di salvare qualche anima, di impedire maggiori danni di anime, ci sentiremmo il coraggio di trattare col diavolo in persona. Ed è proprio per impedire un male maggiore che, come tutti hanno potuto ben sapere, in qualche momento abbiamo trattato, allorché si decideva la sorte dei Nostri cari esploratori cattolici; abbiamo fatto dei sacrifici per impedire mali maggiori, ma abbiamo documentato tutto il cordoglio che sentivamo per essere costretti a tanto» [Pio XI, Discorso agli allievi del collegio Mondragone, 16 maggio 1929].
Tutto l’insegnamento deve olezzare di cristiana pietà
«Da ciò appunto consegue, essere contraria ai princìpi fondamentali dell’educazione la scuola così detta neutra o laica, dalla quale viene esclusa la religione. Una tale scuola, del resto, non è praticamente possibile, giacché nel fatto essa diviene irreligiosa. Non occorre ripetere quanto su questo argomento hanno dichiarato i Nostri Predecessori, segnatamente Pio IX e Leone XIII, nei cui tempi partico-larmente cominciò ad infierire il laicismo nella scuola pubblica. Noi rinnoviamo e confermiamo le loro dichiarazioni (Pio IX, ep. Quum non sine, 14 lui. 1864; Syllabus, prop. 48; Leone XIII, alloc. Summi Pontificatus, 20 Aug. 1880; Ep. enc. Quod multum, 22 Aug. 1886; Ep. Officio sancissimo, 22 Dee. 1887; Ep. enc. Caritatis, 10 Mart. 1894, etc. [vedi Cod. l.C. cum Pentium annot., e. 1374]), ed insieme le prescrizioni dei Sacri Canoni onde la frequenza delle scuole acat-toliche, o neutre, o miste, quelle cioè aperte indifferentemente ai cattolici e agli acattolici senza distinzione, è, vietata ai fanciulli cattolici, e può essere solo tollerata, unicamente a giudizio dell’Ordinario, in determinate circostanze di luogo e di tempo e sotto speciali cautele (Cod. l.C., e. 1374). E non può neanche ammettersi per i cattolici quella scuola mista (peggio, se unica a tutti obbligatoria), in cui, pur provvedendosi loro a parte l’istruzione religiosa, essi ricevono il restante insegnamento da maestri non cattolici in comune con gli alunni acattolici.
«Giacché, non per il solo fatto che vi si impartisce l’istruzione religiosa (spesso con troppa parsimonia), una scuola diventa conforme ai diritti della Chiesa e della famiglia cristiana e degna di essere frequentata dagli alunni cattolici. A questo effetto è necessario che tutto l’insegnamento e tutto l’ordinamento della scuola: insegnanti, programmi e libri, in ogni disciplina, siano governati dallo spirito cristiano sotto la direzione e vigilanza della Chiesa, per modo che la Religione sia veramente fondamento e coronamento di tutta l’istruzione, in tutti i gradi, non solo elementare, ma anche media e superiore. “È necessario – per adoperare le parole di Leone XIII – che non soltanto in determinate ore si insegni ai giovani la religione, ma che tutta la restante formazione olezzi di cristiana pietà 2. Che se ciò manca, se questo alito sacro non pervade e non riscalda gli animi dei maestri e dei discepoli, ben poca utilità potrà aversi da qualsiasi dottrina; spesso ne verranno anzi danni non lievi” (Enciclica Militantis Ecclesiae, 1 agosto 1897).
«Né si dica essere impossibile allo Stato, in una nazione divisa in varie credenze, provvedere alla pubblica istruzione altrimenti che con la scuola mista, dovendo lo Stato più ragionevolmente e potendo anche più facilmente provvedere con lasciare libera e favorire con giusti sussidii l’iniziativa e l’opera della Chiesa e delle famiglie» [Pio XI, Enciclica Divini illius magistri, 31 dicembre 1929].
Nella sua missione educativa, la Chiesa è immune da ogni errore
«Pertanto, nell’obietto proprio della sua missione educativa, cioè “nella fede e nella istituzione dei costumi, Dio stesso ha fatto la Chiesa partecipe del divino magistero, e, per beneficio divino, immune da errore; ond’è degli uomini maestra suprema e sicurissima, e le è insito inviolabile diritto a libertà di magistero” (Enciclica Libertas, 20 giugno 1888). E, per necessaria conseguenza, la Chiesa è indipendente da qualsiasi potestà terrena, come nell’origine così nell’esercizio della sua missione educativa, non solo rispetto al suo obietto proprio, ma anche rispetto ai mezzi necessari e convenienti per adempirla. Quindi, rispetto ad ogni altra disciplina ed insegnamento umano, che in sé considerato è patrimonio di tutti, individui e società, la Chiesa ha diritto indipendentemente di usarne e principalmente di giudicarne in quanto possa essere giovevole o contrario alla educazione cristiana. E ciò, sia perché la Chiesa, come società perfetta, ha diritto indipendente sui mezzi al suo fine, sia perché ogni insegnamento, al pari di ogni azione umana, ha necessaria relazione di dipendenza dal fine ultimo dell’uomo, e però non può sottrarsi alle norme della legge divina, di cui è custode, interprete e maestra infallibile la Chiesa» [Pio XI, Enciclica Divini illius magistri, 31 dicembre 1929].
La scuola istituzione complementare della Chiesa
«E poiché è necessario che le novelle generazioni vengano istruite nelle arti e discipline, onde si avvantaggia e prospera la civile convivenza, ed a questa opera è, per sé sola, insufficiente la famiglia, così nacque l’istituzione sociale della scuola, dapprima, si ponga ben mente, per iniziativa della famiglia e della Chiesa, molto tempo innanzi che per opera dello Stato. Laonde la scuola, considerata anche nelle sue origini storiche, è di natura sua istituzione sussidiaria e complementare della famiglia e della Chiesa; e pertanto, per logica necessità morale, deve non soltanto non contraddire, ma positivamente accordarsi con gli altri due ambienti, nell’unità morale più perfetta che sia possibile, tanto da poter costituire, insieme con la famiglia e la Chiesa, un solo santuario, sacro all’educazione cristiana, sotto pena di fallire al suo scopo e di cambiarli, invece, in opera di distruzione.
«E ciò è stato manifestamente riconosciuto anche da un laico, tanto celebrato per i suoi scritti pedagogici (non del tutto encomiabili perché infetti di liberalismo), il quale sentenziò: “La scuola, se non è tempio, è tana”; e inoltre: “Quando l’educazione letteraria, sociale, domestica, religiosa, non s’accordano insieme, l’uomo è infelice, impotente” (N. Tommaseo, Pensieri sull’educazione, parte I, 3, 6). Da ciò appunto consegue essere contraria ai princìpi fondamentali dell’educazione la scuola cosiddetta neutra o laica, dalla quale viene esclusa la religione» [Pio XI, Enciclica Divini illius magistri, 31 dicembre 1929] 3.
Priorità della scuola privata su quella pubblica
«Lungi quindi dal considerare la scuola privata come interamente subordinata al potere politico, bisogna riconoscerle una reale indipendenza nella sua propria funzione e il diritto d’ispirarsi ai princìpi familiari che regolano la crescita e lo sviluppo delle persone umane, senza certo dimenticare le necessità richieste dall’ambiente sociale. L’organismo amministrativo degli Stati moderni si è, infatti, ampliato a dismisura, assorbendo settori sempre più estesi della vita pubblica e quello della scuola in particolare. Tale intervento quanto rimane legittimo, allorché l’azione degli individui è impotente a soddisfare ai bisogni di tutti, altrettanto si rivela nocivo ove soppianti l’iniziativa privata competente. A buon diritto, quindi, voi sottolineate la priorità della scuola privata su quella la cui gestione dipende dai poteri pubblici, e i servizi eminenti ch’essa ha reso ovunque le si è lasciata una sufficiente libertà» [Pio XII, Discorso ai partecipanti del I Congresso internazionale delle scuole private europee, 10 novembre 1957].
NOTE
1 – Cfr. Pio IX e Vittorio Emanuele II dal loro carteggio privato, curato da Pietro Pirri SI, vol. III, parte II, pag. 225 (Roma, Pontificia Università Gregoriana, 1961).
2 – Per dare un giudizio sulla “pietà cristiana” di cui oggi “olezza” tutto l’insegnamento confessionale nelle scuole pubbliche italiane, basta dare un’occhiata alla Guida catechistica per la prima classe (Roma, Centro catechistico, ed. Paoline, 1957). Ecco come i nostri bambini, di sette o di otto anni, ricevono il primo insegnamento di religione: a pag. 99 della Guida si legge:
«Nell’inferno c’è un fuoco che brucia e non si spegne mai. (Nota per l’insegnante) È il tormento fisico più spaventoso e che più impressiona i bambini. Raccontare qualche fatto di cronaca, purtroppo così frequente di persone che hanno provato lo spasimo di scottature gravi: fiamma, acqua, olio bollente. Accendere una candela o un fiammifero e mostrare come non si può resistere a tenervi il dito sopra nemmeno per poco tempo. Far riflettere che i dannati nell’inferno sono immersi nel fuoco, ed il fuoco che li tormenta non si spegnerà mai, mai.
«Nell’inferno ci sono i diavoli che tormentano i dannati con uncini e tridenti; i serpenti si attorcigliano attorno al loro corpo e li morsicano (Nota per l’insegnante). Far vedere qualche illustrazione: insistere sulle pene fisiche dei dannati.
«I dannati dell’inferno, poi, provano una pena, un dolore che è più grave di qualsiasi altro dolore. Pensano, cioè, che c’è un Dio tanto buono, un paradiso tanto bello… e non lo godranno mai. Essi sentiranno bisogno di Dio, della sua bontà, del suo amore, della sua bellezza… In paradiso Dio si vede a faccia a faccia, così com’è, ma nell’inferno Dio non si vede; ci sono invece tutti i mali: la fame, la sete, le malattie, il fuoco… Bambini, chiudete gli occhi… immaginate di vedere il fuoco (Nota per l’insegnante: con drammaticità) che vi sale su su, nel corpo… vi entra nella bocca, negli occhi, negli orecchi… Immaginate i serpenti che vi legano le mani, il collo, vi morsicano… I diavoli che gridano, urlano, bestemmiano… che paura! Dite con me (Nota per l’insegnante: in piedi le mani giunte). Gesù tu sei tanto buono. Tu sei morto per non lasciarmi andare all’inferno. Voglio venire in paradiso con te. Voglio essere sempre buono per poter venir con te in cielo».
3 – Questi principi erano già stati accolti nell’art. 26 del Concordato, firmato dal cav. Mussolini l’11 febbraio 1929, Esso dispone:
«L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso, ora impartito nelle scuole pubbliche elementari, abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilirsi d’accordo fra la Santa Sede e lo Stato.
«Tale insegnamento sarà dato a mezzo di maestri e professori, sacerdoti o religiosi, approvati dall’autorità ecclesiastica, e sussidiariamente a mezzo di maestri e professori laici, che siano a questo fine muniti di un certificato di idoneità da rilasciarsi dall’Ordinario diocesano.
«La revoca del certificato da parte dell’Ordinario priva senz’altro l’insegnante della capacità d’insegnare.
«Pel detto insegnamento religioso nelle scuole pubbliche non saranno adottati che i libri di testo approvati dall’autorità ecclesiastica».
Analoghe disposizioni si trovano nel Concordato tra la S. Sede e il governo spagnolo, firmato il 27 agosto 1953, nel quale viene però data più completa soddisfazione alle esigenze della Chiesa. Esso, infatti, stabilisce:
«Art. XXVI. In tutti gli istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado, sia statali che non statali, l’insegnamento sarà conforme ai principi del Dogma e della Morale della Chiesa Cattolica.
«Gli Ordinari eserciteranno liberamente la loro missione di vigilanza sui detti istituti per quel che concerne la purezza della Fede i buoni costumi e l’educazione religiosa.
«Essi potranno esigere che non vi siano permessi o che vengano ritirati libri, pubblicazioni e materiale d’insegnamento in contrasto col Dogma e la Morale Cattolica.»
«Art. XXVII. Lo Stato spagnolo garantisce l’insegnamento della religione cattolica, come materia ordinaria ed obbligatoria, in tutti gli istituti di istruzione di qualsiasi ordine e grado, sia statali che non statali.
«Saranno dispensati da tale insegnamento i figli di acattolici, su domanda dei genitori o di chi ne fa le veci.»
«Art. XXXI. La Chiesa potrà liberamente esercitare il diritto che le com-pete, secondo il can. 1375 del Codice di Diritto Canonico, di organizzare e dirigere scuole pubbliche di qualsiasi grado, anche per i laici».
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