Torture, Bracieri, Roghi e Morte
Roberto Renzetti
Parte III: L’INQUISIZIONE ROMANA

DA SAVONAROLA AL CONCILIO LATERANO V
Sei peggio delle bestie, sei un mostro ed un luridume. Vergognosa meretrice. Bordello. Così predicava sul finire del Quattrocento dal pulpito del Duomo di Firenze il domenicano Girolamo Savonarola dirigendosi alla Chiesa, alla Curia (meretrice di Babilonia) ed ai costumi corrotti dilaganti anche tra i tiranni laici come i Medici. E durante la Repubblica, instauratasi con l’esilio di quest’ultima famiglia, pretese per chiunque l’avesse voluta far ritornare al potere la pena di morte perché i tiranni meritano di essere fatti a pezzi, senza fare peccato. Invocò inoltre l’alleanza con la Francia di Carlo VIII per estirpare la corruzione. Fu oggetto di tentativi di corruzione da parte dei Medici che gli offrirono molto denaro e da parte del Papa Alessandro VI Borgia (successore di Innocenzo VIII) che gli offrì la porpora cardinalizia ancora nel 1497, dopo che nel 1495 gli aveva intimato di sospendere le predicazioni. Egli rifiutò la porpora perché ciò si inseriva nello sporco commercio della compravendita delle cariche ecclesiastiche alla quale il Papa partecipava, ed il rifiuto comportò la sua scomunica (1497).

Girolamo Savonarola
Era amato ed odiato a Firenze dove perse il suo ascendente tra la popolazione nel 1498 quando il Papa minacciò di sospendere tutte le manifestazioni pubbliche di culto e di ritirare i sacramenti della Chiesa da Firenze e tutto il Granducato (interdetto), con gravi ripercussioni economiche per l’intera popolazione. Fu facile da questo punto di forza aizzare la gente contro Savonarola. Il suo convento (San Marco) fu attaccato e Savonarola finì in catene, torturato con estrema durezza, condannato per eresia e scisma, impiccato e subito dopo bruciato con due confratelli(1) (23 maggio 1498).

Impiccagione e rogo di Savonarola e due confratelli in Piazza della Signoria
Era il clima regnante in Italia e nella Chiesa che alternava papi delinquenti ad altri ladri, sodomiti, simoniaci, corrotti e corruttori. Era ora la volta del criminale Alessandro VI Borgia, papà di Cesare e Lucrezia, che razziò quasi l’intera Italia, ammassò fortune, ridusse ogni palazzo a bordello, con figli dediti ad avvelenamenti tanto che un poco di veleno sfuggì da qualche parte mettendo fine all’orrida vita di questo Papa (agosto 1503). Le cose non cambiarono con il successore, per i soliti intrighi e pagamenti, Pio III, nipote di Pio II che lo aveva fatto cardinale 40 anni prima. Lo storico di Roma, Gregorovius, gli assegna 12 figli. Anche se, bisogna dirlo e lo dice anche Deschner, questo fu un Papa quasi impeccabile nella sua funzione di Papa. Vi era solo un difetto di fondo. Era stato eletto come Papa di transizione, cosa che si fa quando non c’è accordo su una figura solida da eleggere. Pio III era vecchio, malato e decrepito, tanto che durò solo 10 giorni. Suo successore fu Giulio II della Rovere, nipote di Sisto IV (del quale ho parlato nell’articolo precedente) che lo aveva fatto cardinale nel 1471. Ed a questo Papa successe nel 1513 Leone X, un Medici, quello del listino vendita delle indulgenze, la Taxa Camarae.
Sotto Giulio II iniziò il Concilio Laterano V. Avrebbe dovuto convocarlo subito dopo la sua elezione su spinte interne alla Chiesa, di molti cardinali, dell’Imperatore Massimiliano di Germania, del Re Luigi XII di Francia. Egli si era impegnato prima della sua elezione ma non fece nulla fino a poco prima della sua morte, per esservi costretto dai cardinali che avevano convocato autonomamente un concilio a Pisa nel 1511 sospendendo il Papa dalle sue funzioni. A questo punto Giulio II convocò, con una bolla del luglio 1511, il Concilio Lateranense V per il 19 aprile 1512. Al Concilio erano presenti tutti i più alti prelati della Chiesa compresi i capi degli ordini religiosi gli ambasciatori di Spagna, Venezia e Firenze. Giulio II morì l’anno successivo alla convocazione e fu rimpiazzato da Leone X. Furono approvati molti Decreti che avrebbero dovuto rappresentare riforme e nell’organizzazione e nella dottrina della Chiesa. Altri provvedimenti riguardarono il Concordato con il Re di Francia Francesco I, la prescrizione di fare guerra ai turchi, l’obbligo di tutti i paesi cristiani di pagare la decima (una tassa) alla Chiesa. I Decreti fatti circolare attraverso bolle pontificie riguardavano: l’invalidità dell’elezione di un Papa attraverso la simonia (questo fu l’unico decreto fatto approvare da Giulio II che s’intendeva del problema essendo stato eletto pagando fior di ducati); la sottomissione di ogni pensiero e teoria filosofica alle verità teologiche; la proibizione di ogni discussione sull’immortalità dell’anima l’interdizione di ogni profezia particolarmente riguardante l’avvento dell’Anticristo; la censura preventiva sui libri la cui stampa deve avere l’imprimatur dalla Chiesa; l’autorizzazione all’esistenza dei monti di pietà gestiti dalla Chiesa e con capitali iniziali, come vedremo, rastrellati mediante indulgenze (vero furto pretesco sui poveri); e varie altre questioni organizzative interne (predicazione da parte dei chierici, privilegi dei religiosi, riforma di abusi ecclesiastici per venire incontro a richieste della base, libertà ecclesiastica e dignità episcopale, abolizione di alcune esenzioni non autorizzate per i religiosi). Il Concilio chiuse i suoi lavori il 16 marzo 1517 senza che però la parte relativa alle riforme interne avesse un minimo di applicazione immediata, vista l’urgenza delle istanze che da ogni parte provenivano.
LA RIFORMA DI LUTERO
Il monaco agostiniano Martin Lutero o Luther (1483-1546) fu teologo e professore di Studi Biblici a Wittenberg (Germania). Viaggiò molto in Germania ed in Italia dove tra l’altro fu inviato a Roma come rappresentante del convento agostiniano di Erfurt (1510). Rimase in città il tempo che gli permise di cogliere l’ipocrisia e la corruzione della Curia senza riuscire a risolvere nessuno dei problemi di cui era ambasciatore. Il primo ciclo di lezioni di Studi Biblici tenute da Lutero nel 1515-1516 venne dedicato al Libro dei Salmi, all’Epistola di San Paolo ai Romani ed ai Galati (1517). Scrive Mussgnug:
Attraverso queste letture Lutero giunse a una nuova visione di Dio e della fede, che costituiscono la base della teologia della sua maturità e dell’intera riforma protestante. In anni di disperata ricerca della grazia divina, Lutero si era convinto della corruzione radicale della natura umana. Il peccato originale ,aveva scavato un abisso tra uomo e Dio, che l’uomo da solo non poteva superare. Prigioniera della sua natura corrotta, l’umanità era destinata a subire dolori e afflizioni senza poter aspirare alla perfezione della fede. Niente poteva essere più lontano dalla dottrina tomista della riconoscibilità del bene c del male, che la teologia medievale aveva trasformato in un elaborato sistema “retributivo” di pesi c contrappesi, secondo cui tante pene spettavano a chi faceva del male e tanti meriti a chi operava del bene. Davanti al profondo pessimismo di Lutero svanivano tutte le certezze su cui era basata l’organizzazione medioevale della Chiesa. Né la vita contemplativa dei monasteri, né la mediazione delle gerarchie ecclesiastiche potevano garantire all’uomo la grazia divina, perché nessuno sforzo umano aveva merito davanti a Dio. Ma in tutto questo non c’era motivo di disperazione. «Il giusto vivrà per fede» furono queste parole di San Paolo che colpirono profondamente il professore di Wittenberg e in cui trovò la risposta a tutte le sue paure. Dio aveva dato un segno di speranza all’umanità intera nella sofferenza di Gesù Cristo, che aveva cancellato la colpa per tutti e trasformato 1’ira del Padre in misericordia. In nome dei meriti di suo figlio, Dio aveva perdonato l’umanità e nel Vangelo aveva dato l’annuncio della salvezza, messa a portata dell’umanità al solo prezzo di accettare con fede il sacrificio di Cristo. Per descrivere questa sua nuova concezione della fede, Lutero parlò di una “teologia della croce”, contrapposta alla “teologia della gloria” delle dottrine medioevali. Era l’inverno dcl 1515 c solo pochi studenti di teologia udirono le parole di Lutero. Nessuno di loro sospettò che fra pochi anni le idee del loro professore avrebbero affascinato c turbato migliaia di fedeli in ogni parte delh1 Germania.
Queste erano lezioni e riflessioni personali che ancora non avevano avuto confronto diretto con il potere, confronto che iniziò con una disputa del 4 settembre 1517 nella quale egli rifiutò categoricamente l’aristotelismo e quindi si pose in netta linea di collisione con San Tommaso e con tutti i frati colti e teologi dell’epoca. E questo era il retroterra culturale al quale Lutero aggiunse la sua esperienza di parroco e confessore di Wittenberg. Proprio il 13 settembre 1517 una bolla di Leone X aveva concesso l’indulgenza plenaria a chi avesse pagato un tributo al vescovo (questa volta servivano soldi perché il nobile Alberto di Brandeburgo, arcivescovo di Magonza, potesse pagare una multa al Papa stesso). Il banditore delle indulgenze (Appena il soldo in cassa ribalta, l’anima via dal purgatorio salta) era un domenicano, Johann Tetzel che operava in terra tedesca ma in Magdeburgo, appena al di là del confine con Wittenberg. I parrochiani di Lutero fecero viaggi per andare al di là del vicino confine a comprare indulgenze e ciò fu per Lutero un colpo durissimo che lo spinse ad agire. La vendita delle indulgenze(2) per avvicinarsi a Dio era del tutto insopportabile come lo era il fatto che il Papa avesse il potere di cancellare tutti i peccati. Lutero comunque, ad evitare problemi con il signore di Wittenberg che avrebbe perso importanti introiti, si scagliò solo contro il signore di Brandeburgo. Ad ogni modo, il 31 ottobre 1517 a soli sei mesi dalla chiusura del Concilio Laterano V, Lutero si recò alla porta della Chiesa annessa all’Università e lì affisse dei fogli contenenti le sue riflessioni ed osservazioni sulle indulgenze espresse in 95 tesi. Inviò questo scritto ai suoi superiori, il vescovo di Brandeburgo e l’arcivescovo di Magdeburgo e Magonza (ed anche a Tetzel). L’affissione alla porta della chiesa del documento era nell’uso accademico, in tal modo si proponeva alla discussione pubblica con dotti e teologi il contenuto del suo scritto. Non vi erano violazioni delle leggi canoniche perché nel suo ruolo di professore di teologia Lutero poteva proporre a discussione qualsiasi argomento. La questione più scottante era la seguente: se il Papa può liberare le anime dei defunti, perché non può farlo qui subito e gratuitamente ? Le tesi di Lutero ebbero grande attenzione e sostegno da parte di molti colleghi, sia in Germania che fuori, che si fecero propagandatori di esse. Piano piano anche l’opinione pubblica ne rimase colpita, anche perché esausta delle esose tasse che la Chiesa richiedeva. In breve si creò un’ondata di opinione ostile a Roma. Ma Tetzel denunciò immediatamente Lutero come eretico al Papa Leone X il quale tentò di mantenere le cose in termini di soluzione diplomatica per evitare di crearsi inimicizie tra i potenti agostiniani (ed anche perché preparava la guerra ai turchi e gli serviva il sostegno della Germania). Lutero venne convocato a Roma ma Lutero sapeva dei pericoli che correva nella tana del lupo e, mediante consigli ed aiuti politici (l’elettore di Sassonia) riuscì a fare trasferire l’incontro in terra tedesca.Tra il 12 ed il 14 ottobre del 1518 Lutero si incontrò con il delegato papale, il profondo teologo domenicano di Gaeta (per ciò detto Caetano) Tommaso de Vio che subito chiese a Lutero di ritrattare le sue tesi. Lutero rifiutò e l’inviato papale se ne ritornò a Roma senza nulla in mano ma, dopo aver letto che Lutero non considerava il sacramento della penitenza, con la certezza che questo significa costruire una nuova Chiesa. Ed il bravo teologo capì che il problema delle indulgenze era marginale rispetto al fatto che in quanto sosteneva Lutero vi era il disconoscimento della suprema autorità del Papa. E la rottura era insanabile e fu realizzata. In situazioni normali vi sarebbe stata la dura reazione della Chiesa che avrebbe messo a tacere l’eretico. Ma varie circostanze politiche si sommarono (politica delle alleanze alla morte di Massimiliano I, imperatore del Sacro Romano Impero, nel gennaio 1519 e la questione della sua successione con Carlo V in Germania ed altre diatribe con Francia ed Inghilterra) dettero tempo a Lutero di far conoscere le sue tesi a più e più persone con un suo scritto ricco di citazioni e riferimenti biblici, Risoluzioni riguardo alle 95 tesi,e conferenze in giro per le università tedesche (vi fu anche uno scontro a Lipsia nel luglio 1519 con un suo avversario in una classica disputa scolastica: fu l’abilità retorica di Lutero a vincere ed a portarsi dietro un sostegno molto grande). Questo tempo gli bastò perché fosse considerato come l’emblema della rivolta tedesca contro la Chiesa di Roma e, questo è importante, non solo in termini teologici.
Il 15 giugno 1520 arrivò la risposta del Papa alle Risoluzioni che rese pubblico il risultato del processo canonico contro Lutero attraverso la bolla Exsurge Domine. In essa Lutero era paragonato ad un cinghiale nella vigna del Signore. I suoi libri erano condannati al rogo e Lutero era scomunicato, a meno che non avesse ritrattato tutto. Lutero non fece marcia indietro anzi, tra il giugno ed il novembre 1520, scrisse 4 libri (tre dei quali in tedesco) in cui fece leva sull’orgoglio nazionale del popolo tedesco sfruttato da Roma e si scagliò contro la dottrina dei sacramenti della Chiesa affermando che solo due di essi dovevano restare, il battesimo e l’Eucarestia. E poiché spariva il sacramento dell’ordine del sacerdozio, si ridefinivano le strutture del clero ecclesiastico: tutti i fedeli sono sacerdoti ma solo alcuni, i ministri, svolgono funzioni a servizio della comunità. In tal modo anche l’intero diritto canonico veniva rifiutato in quanto risultava essere una legge del clero che ora non c’era più. In una cerimonia pubblica (10 dicembre 1520) Lutero bruciò la bolla del Papa con molti testi canonici della Chiesa e, fatto importante, la Summa Theologiae di Tommaso d’Aquino. Il 3 gennaio 1521 il Papa rispose con un’altra bolla, Decet romanum pontificem, in cui Lutero era definitivamente scomunicato. A questo atto della Chiesa doveva seguire l’azione della giustizia civile con l’espulsione dell’eretico dalle terre cristiane. Carlo V sapeva però il gran seguito che già aveva Lutero tra la popolazione e tra i potenti inoltre per la legge tedesca nessun suddito di tale Paese poteva subire condanne senza processo. Egli decise di convocarlo alla Dieta di Worms, con ogni garanzia di immunità durante il viaggio ed il soggiorno in città, in modo da fornire le sue ragioni davanti ad un Tribunale civile. In una prima sessione (17 aprile 1521) esitò e chiese un giorno per pensare ma il giorno successivo ribadì tutti i punti delle sue tesi e concluse con:
Non posso e non voglio ritrattare nulla perché non è giusto né sano andare contro la coscienza. Iddio mi aiuti. Amen.
Carlo V doveva procedere con quanto gli imponeva la legge ed il 26 maggio 1521 dichiarò Lutero eretico e lo bandì dalle terre tedesche. Ciò voleva dire la condanna a morte. Lutero era però sparito, era stato fatto evadere in un viaggio di trasferimento da alcuni suoi seguaci che aggredirono la scorta. La sua fama crebbe ed egli era ormai un eroe per la popolazione ma si ebbe anche paura di un suo rapimento per assassinarlo. Ma lo aveva fatto rapire Federico il Savio (e non perché avesse una qualche simpatia per Lutero), un principe tedesco, che lo teneva al sicuro in una sua fortezza (Wartburg in Turingia). La Riforma luterana già aveva raggiunto un importante obiettivo. le masse erano con Lutero ed un principe aveva dato maggior credito ad esse che non al potere centrale, l’Impero, che si muoveva per volontà della Chiesa.
La storia di Lutero segue con gravissime contraddizioni tra cui quella di tradire la popolazione umile che aveva creduto in lui per una sua emancipazione per lo schierarsi dalla parte vincente nella guerra che si era scatenata tra contadini e proprietari terrieri per migliori condizioni di vita (il tutto terminato con orrendi massacri di contadini). Lutero per portare avanti la sua Riforma aveva scelto la nobiltà feudale e terriera ed aveva addirittura scritto contro i contadini che si ribellavano il suo Contro le bande brigantesche e assassine dei contadini (1525). Ciò gli tolse un grande sostegno popolare e la sua Riforma invece di essere legata alle speranze degli umili andò avanti con le possenti gambe dei potenti fino alla definitiva alleanza con i principi tedeschi, senza tenere in conto del fatto più grave: l’eretico si era trasformato in cacciatore di eretici e contro ogni minima deviazione dalla sua vera religione (cattolici, battisti, maghi, streghe, …) richiedeva il rogo. Per gli ebrei solo l’espulsione affermando che gli ebrei andavano trattati con ogni spietatezza […] come Mosè fece nel deserto, ammazzandone tremila. Aggiungendo che tra gli ebrei ne avrebbe volentieri atterrato uno e poi pugnalato con rabbia. Dato che, secondo il diritto umano e divino, si è pure autorizzati ad uccidere, non sarà lecito a maggior ragione sopprimere un blasfemo senzadio ? e concludendo con che si vietasse ai loro rabbini nel corpo e nella vita di continuare ad insegnare, come dire: ammazziamoli !
Per ritornare all’Inquisizione, posso terminare qui con Lutero sottolineando che iniziò con lui il primo grande scisma nella Chiesa con la nascita della prima Chiesa Protestante(3), con la seconda che sarebbe nata di lì a poco con la pubblicazione a Basilea della Institutio christianae religionis del teologo francese Johannes Calvinus o Jehan Cauvin o Giovanni Calvino nel 1536 (una corrente riformata del protestantesimo iniziata a Zurigo da Huldreich Zwingli che pubblicò una famosa Bibbia a Ginevra). In Svizzera, a Zurigo per l’esattezza, nel 1525 nacque un’altra famiglia protestante, costituita da ex allievi di Zwingli, quella dei Fratelli in Cristo (chiamati per discredito anabattisti). Si trattava di cristiani che ritenevano nullo il battesimo dato alla nascita perché non vi era volontà del bambino. Quindi credevano in un battesimo volontario da adulti (la parola anabattista significa battezzato di nuovo e quindi erano chiamati così per dire che erano battezzati due volte). Oltre a ciò teorizzavano una totale separazione tra Stato e Chiesa (intesa priva di gerarchie) per una vita vissuta in modo non violento, tra uguali ad imitazione del Cristo. In tal modo il Vangelo, vissuto con fede e con l’ispirazione dello Spirito Santo, assumeva un ruolo preminente sul Vecchio Testamento. Il 12 aprile 1529 Carlo V emanò un decreto di durissima condanna di questa famiglia protestante, l’Editto di Spira, nel quale si diceva: Chiunque ribattezza o si fa ribattezzare dopo aver raggiunto l’età della ragione, uomo o donna che sia, deve essere condannato a morte, sia con la spada, sia con il fuoco, sia con ogni altro mezzo, senza alcun processo preliminare.
Già prima però un’altra crisi con Roma, che aveva portato ad una scissione d’autorità, si era avuta in Inghilterra con Enrico VIII, per questioni dinastiche. Per volontà espressa dal padre poco prima di morire, egli si era sposato nel 1509, quando aveva 18 anni, con Caterina d’Aragona (zia di Carlo V), vedova di suo fratello Arturo e più avanti negli anni. Dopo 18 anni di matrimonio, nel 1527, poiché non era nato alcun erede maschio, Enrico VIII chiese al Papa Clemente VII l’annullamento del matrimonio per poterne fare un altro che gli desse il desiderato maschio. Il Papa che già aveva subito il Sacco della città da parte di Carlo V, non voleva irritarlo ulteriormente e tergiversò allungando i tempi in vane trattative. Nel 1531, quando l’irritazione era cresciuta per 4 anni, Enrico VIII fece votare dal Parlamento un atto di supremazia in cui egli proclamava se stesso Capo della Chiesa d’Inghilterra. La parte più dura per la Chiesa, allora come ora, venne nel 1532, quando stabilì che i tributi non dovevano essere più pagati alla Chiesa ma direttamente alla corona. Finalmente nel 1533 Enrico VIII sposò Anna Bolena (Elisabetta I d’Inghilterra era nata da questo matrimonio), dalla quale già aspettava un figlio, facendosi sciogliere dal precedente vincolo dal suo rappresentante presso la Chiesa inglese, Thomas Cranmer. Nel luglio 1534, due mesi prima di morire, Clemente VII scomunicò il Re, la moglie ed il rappresentante Cranmer (interdisse pure l’Inghilterra ma della cosa non si accorse nessuno). Il problema venne preso in mano da Paolo III quando già Enrico VIII, nel novembre dello stesso anno aveva decretato, oltre alla chiusura dei monasteri ed al sequestro di ogni bene ecclesiastico:
- Un ulteriore atto di supremazia (il re era il Capo Supremo sulla Terra della Chiesa di Inghilterra) con il diritto di reprimere le eresie e di scomunicare;
- L’obbligo per tutti gli inglesi di giurare solamente davanti al re, e non davanti a qualche autorità straniera come era la Chiesa;
- La condanna per tradimento per chi osasse sostenere che il re fosse eretico, tiranno o scismatico.
Nasceva così la Chiesa Anglicana che era un’altra pezzo che si aggiungeva allo scisma di Lutero ed a quello che sarebbe seguito di Calvino. Solo due persone si opposero: l’umanista autore de l’Utopia Thomas More ed ex Lord Cancelliere e l’ex confessore di Caterina, il vescovo di Rochester John Fisher. Ambedue furono decapitati. Intanto penetrava in Inghilterra luteranesimo e calvinismo ed il Parlamento, nel 1549, promulgò il Book of Common Prayer (Libro della preghiera comune) che era una ufficiale ammissione di allontanamento dalla Chiesa di Roma. La storia qui accennata ebbe un lungo seguito che non è qui il caso di seguire. E’ solo utile dire che Papa Pio V aiutò la ribellione dei cattolici (i papisti), che mal vedevano Elisabetta I sul trono d’Inghilterra per le sue simpatie calviniste, scomunicando la regina e dichiarandola deposta con la bolla Regnans in Excelsis del 1570 che però fu promulgata solo dopo che la ribellione era stata domata. Dopo la bolla Elisabetta cessò con la sua politica di tolleranza religiosa cominciando ad attaccare i suoi nemici papisti, che a loro volta reagirono con cospirazioni volte a rimuoverla dal trono. La decapitazione della cattolica Maria Stuart (1587), Regina di Scozia, sostenuta dal Papa Sisto V, dai cattolici Re di Spagna e Francia ed aspirante al trono d’Inghilterra, per opera di Elisabetta I fa parte del seguito di questa storia, come l’espulsione dei gesuiti (1585), accusati di istigare alla disobbedienza. Come ulteriore conseguenza la cattolica Spagna di Felipe II intervenne in difesa dell’ortodossia attaccando l’Inghilterra (1588) con la sua Invincible Armada che affondò nella Manica insieme ai sogni imperiali della Spagna medesima. Alla morte di Elisabetta I nel 1603, salì al trono Giacomo I. Da questo momento le controversie religiose assunsero sempre più una connotazione politica, a seguito della lotta del Parlamento contro l’assolutismo monarchico degli Stuart. Intorno al 1645 il Parlamento dichiarò fuori legge il Book of Common Prayer e nel 1649 il nuovo Re Carlo I fu condannato a morte. Nel 1662, dopo il processo di restaurazione condotto da Carlo II, fu di nuovo imposto il Book of Common Prayer nella forma ancor oggi in uso; in seguito, Giacomo II cercò di reintrodurre il cattolicesimo, ma perse il trono nel 1688 allo scoppio della Gloriosa Rivoluzione.
IL CONCILIO DI TRENTO
Sarebbe limitativo individuare solo nel luteranesimo lo scatenarsi della Controriforma. Vi sono altri elementi che, seppure non espressamente citati, fanno da sfondo a quanto va accadendo nel Cinquecento. Mentre fino al secolo precedente ogni sapere era patrimonio della Chiesa, quasi ogni persona colta proveniva da lì e doveva confrontarsi con una massa enorme di ignoranti, nel Cinquecento le cose cambiano sempre più radicalmente. L’invenzione della stampa a caratteri mobili ma soprattutto l’estendersi di un maggiore benessere materiale per le molte innovazioni tecniche che avevano reso l’agricoltura più produttiva aveva creato un maggior pubblico non solo colto ma in grado di produrre cultura. Iniziò una vasta produzione di sapere da opere laiche, da opere luterane, da tradizioni ermetiche che la stampa amplificava come mai era stato possibile. Le stesse Sacre Scritture, prima patrimonio di pochi teologi che ne centellinavano le parole al volgo riempiendole di commenti ed interpretazioni a piacere e diletto del momento, furono accessibili a tutti gli uomini di buona volontà che avessero voluto leggerle. Ed era tagliato via anche l’altro ostacolo alla lettura di queste opere: il latino. Vi erano state traduzioni di tali opere nel volgare di tutte le lingue europee e si era teorizzato dal mondo protestante che la parola del Signore doveva arrivare direttamente alla testa del fedele senza interpretazioni o commenti vari. Questi testi su cui si era basato il potere della Chiesa per secoli diventavano materiale di studio per una molteplicità di laici. Questo fu un vero colpo al cuore della Chiesa di Roma. Era come se qualcuno avesse svelato i trucchi di uno stregone perché la Bibbia era ben altro da quanto furbescamente raccontato a proprio uso e consumo. L’Antico Testamento era un testo di violenze inenarrabili, pieno di lascivia e crudeltà. Il Nuovo Testamento avvicinava ai deboli, agli oppressi con una figura, quella di Gesù, che nessun detective avrebbe mai potuto rintracciare nelle gerarchie della Chiesa di Roma. Quest’ultima capì che da qui arrivavano i colpi più duri al suo potere privilegiato e violento mantenuto per secoli e non esitò, come vedremo, a scagliarsi contro chi leggeva le Sacre Scritture vietandone la lettura pena la scomunica. Il complesso della cultura che avanzava venne stigmatizzato dalla Chiesa come qualcosa di demoniaco. Il Satana che appariva prima solo in affari da basso volgo di streghe e maghi, ora compariva a livelli più alti della cultura avanzante e, di conseguenza, divenne argomento per l’Inquisizione.
Tornando all’impellenza di contrastare gli scismi luterano e calvinista che avanzavano facendo molti proseliti nel Nord Europa, nelle zone distanti dal coacervo degli interessi della Chiesa di Roma, si pensò ad una qualche forma di conciliazione attraverso un dibattito esteso e concludente. Questo fu il motivo che fece scegliere Trento, città al confine della Riforma, per convocare un grande Concilio.
Un Concilio era richiesto da tempo da più parti. La cosa era addirittura auspicata dalle autorità laiche come Carlo V. L’unità della Chiesa avrebbe rafforzato il suo impero che invece si trovava profondamente diviso dalla religione (si pensi che ad Occidente vi era la cattolicissima Spagna e ad Oriente Lutero). Per altri versi il Concilio era osteggiato dalla Francia proprio per evitare il rafforzamento di Carlo V e la Chiesa, con Clemente VII Medici, era all’epoca legata alla Francia per cui non era intenzionata alla sua convocazione. Per altri versi il precedente Concilio Laterano, come del resto quello di Costanza, non aveva portato a nulla dal punto vista dei cambiamenti auspicati e richiesti e le speranze su un qualche cambiamento con un nuovo Concilio erano scarse. Vi erano due grandi realtà provenienti dalla storia della cristianità medioevale, la Chiesa e l’Impero, con la prima che si sfrangiava in tante chiese territoriali (mantenendo una sua territorialità sempre più localizzata in Italia) e con il secondo che aveva bisogno di costruire un’unità culturale (e quindi religiosa) e politica che racchiudesse in sé l’intera Europa ad evitare scontri ed incomprensioni che, appunto, avrebbero minato l’unità dell’Impero. Il Concilio era pensato come una sorta di costituente europea e perciò stesso osteggiato dalla Chiesa che si chiudeva sempre più nella difesa del suo territorio italiano e guardava con sospetto l’idea di un’Europa che l’avrebbe fagocitata. Per questo la Chiesa ha sempre oscillato tr avarie potenze (Germania, Spagna, Francia), senza mai legarsi ad una. I primi anni del Cinquecento corrispondevano a tenere a bada Carlo V che era troppo potente e che avrebbe usato per sé le conclusioni politiche di un Concilio percepito da Roma come una sorta di ricatto. Un alto prelato della curia di Clemente VII, Gian Matteo Giberti, ancora il 29 dicembre del 1526, scriveva: Non vorrà si parli del Concilio che ha detto sin qui volere che si facci, conoscendo che il mandare avanti detto Concilio serviria più a generare confusione contro Nostro Signore, il Papa, che al servitio di Dio. Vi era inoltre una profonda sfiducia di potersi accordare su qualcosa, in termini di fede, con i protestanti con i quali sembrava più ovvio ed economicamente efficace agire con le leggi canoniche della repressione (alla quale però non poteva aderire pienamente Carlo V perché la Germania si stava rapidamente luteranizzando). Fu questo il momento in cui Carlo V scatenò contro la Chiesa di Roma alleata con la Francia i suoi lanzichenecchi. Il 12 novembre del 1526 partì da Trento un contingente di Lanzichenecchi comandati dal francese Carlo di Borbone, avversario del Re di Francia. Ad essi si unirono gli spagnoli provenienti da Milano e molti italiani provenienti da vari statarelli dominati dalla Chiesa in modo da formare un contingente di 35 mila uomini. La città di Roma che era in totale decadenza (aveva circa 50 mila abitanti contro il milione di era imperiale) e che aveva una difesa di circa 5000 uomini tra cui un contingente svizzero, con il Papa nascostosi nella fortezza di Castel Sant’Angelo, fu attaccata ed espugnata il 6 giugno del 1527. Fino a febbraio del 1528 fu messa al sacco da parte dell’esercito imperiale e subì infiniti danni al suo patrimonio artistico. In una relazione dell’epoca si legge: gli imperiali hanno preso le teste di San Giovanni, di San Pietro e di San Paolo; hanno rubato l’involucro d’oro e d’argento e hanno buttato le teste nelle vie per giocare a palla; di tutte la reliquie di santi che hanno trovato, hanno fatto oggetto di divertimento. Carovane di carri cariche di ogni genere di ricchezze lasciavano la città. Erano i beni della nobiltà e del clero. Posso solo piangere per i danni alle opere d’arte. Il Papa, come sempre accade ai potenti, si salvò(4). Gli occupanti si ritirarono perché colpiti e decimati da varie malattie che erano diventate endemiche nella città per la mancanza di ogni cura igienica da 1500 anni, da quando era dominio della Chiesa. Il raddoppio della popolazione per circa un anno, quello del sacco, a fronte delle stesse fogne fatiscenti e della malaria regnante, ridusse gli abitanti di Roma a circa 20 mila.

Il Concilio di Trento
A questo punto il Papa dovette accettare la politica imperiale ed avviarsi alla convocazione del Concilio (questa era la politica ufficiale, ma il sottobosco degli intrallazzi tentava di evitare l’evento aborrito dal Papa). I raffinati preti che consigliavano il Papa trovarono una formula. il Concilio si farà quando tutti gli Stati cristiani saranno in pace. E l’alleato di Clemente VII, il Re di Francia Francesco I, naturalmente non era d’accordo con la pace e la politica del papa aveva il sopravvento. Nel 1534 Clemente VII lasciava questa valle di lacrime e saliva al trono di Pietro il Papa Paolo III Farnese che si disse subito disposto alla convocazione del Concilio tra l’incredulità generale. Eppure subito il nuovo Papa costituì una commissione che si occupasse di riforma della Chiesa che arrivò nel 1537 a pubblicare un importante documento: Consilium ad emendanda Ecclesia. Intanto Paolo III riconosceva la Compagnia di Gesù, le truppe di élìte del Papa, a difesa dell’ortodossia della Chiesa di Roma che egli utilizzerà appunto come utile strumento al servizio dell’Inquisizione. I gesuiti erano e sono teorici, in base ai dettami del loro fondatore, dell’uso ed abuso fino alla paranoia, dell’esame di coscienza. Nel loro emblema incombe minacciosa la croce-spada ad indicare una giustizia intransigente e temibile. Condussero una campagna contro i diversi che “infestavano” città e contadi, tra cui eretici, stranieri, ebrei ma anche donne, magari già emarginate dal consorzio sociale (ad es. ragazze madri cacciate di casa) che conducevano vita dura vendendo filtri terapeutici o ritenuti capaci di far innamorare chi li bevesse (pocula amatoria) od anche di far impazzire se non addirittura di uccidere). Finalmente il 2 giugno 1536 il Papa convocò il Concilio che si sarebbe dovuto tenere a Mantova (città in cui vi erano molti sostenitori di Carlo V) a partire dal 23 maggio 1537. Sembrava proprio che la Chiesa avesse deciso di riformarsi. Intanto Lutero pubblicò tradotto in Germania il Consilium arricchito da commenti sarcastici e ridanciani. La Curia di Roma che non voleva sentir parlare di riforme si oppose ad ogni seppur minima intenzione di cambiamento con il buon argomento che se avessero fatto qualcosa avrebbero dato motivi agli avversari che Lutero aveva ragione. Quel Consilium fu nascosto e dimenticato ed anche il Concilio fu rimandato perché Francesco I non lo voleva. Si tentò ancora per ben 5 volte a fissare data e luogo ma niente. Si tentarono accordi sotterranei con i luterani per cercare di capire cosa fare nel Concilio per riunificare la Chiesa. Vari incontri furono organizzati e niente si riuscì ad organizzare. Un prestigioso mediatore, il patrizio veneziano Gaspare Contarini, che stava conseguendo dei risultati fu cacciato da Roma con l’accusa di essere luterano. La fazione romana della curia era la più forte ed essa vedeva un Concilio solo addomesticato in cui si riformasse molto poco ma in modo tale da far apparire ciò come grande concessione, senza comunque toccare l’autorità del Papa e la struttura gerarchica di Roma, ed in cui si condannassero con durezza le tesi luterane. Fu questa la strada che si scelse alla quale, come evidente, si accompagnò una dura repressione di ogni dissenso. Ora era chiara la strada che un Concilio avrebbe dovuto percorrere e fu così che venne convocato a Trento da Paolo III il 22 maggio del 1542 con la bolla Initio nostri huius pontificati. Fu necessaria una seconda bolla del novembre 1544, Laetare Jerusalem, per fissare al 15 marzo 1545 l’inizio dei lavori (che poi slittarono al 13 dicembre 1545 per la vigorosa iniziativa politica e militare di Carlo V). Le 25 sessioni generali del Concilio si svolsero nella Cattedrale di San Vigilio ed interessarono, dopo il Papa Paolo III, Giulio III, Marcello II, Paolo IV, Pio IV; i lavori terminarono il 4 dicembre 1563. Il Papa Pio IV con la Bolla Benedictus Deus del 30 giugno 1564 approvò integralmente i decreti conciliari e nominò una commissione per vigilare sulla corretta interpretazione e attuazione degli stessi.

Il Concilio di Trento
Il tutto era andato secondo i voleri della curia romana. Riforme marginali (ma in ben 250 punti rispetto ai vari diritti precedentemente in vigore), rafforzamento dell’ortodossia e della centralizzazione di ogni minima decisione a Roma e dura condanna del protestantesimo. Seppur vi fosse stato un qualche cambiamento nel senso dell’apertura e della riconciliazione, venne fagocitato dal Papa che, con il solito metodo pretesco, di fronte a chi interpretava alcuni dettami conciliari in senso vicino a chi voleva cambiare e chi in senso vicino alla curia romana, decise salomonicamente che ogni interpretazione poteva essere solo demandata a LUI. Ed un primo risultato si ebbe subito: gli atti del Concilio furono bloccati alla pubblicazione e si seppe di loro solo alla fine del XIX secolo (!). Ciò permise al Papa completa discrezione anche perché quella commissione che doveva vigilare sulla corretta interpretazione e attuazione dei decreti conciliari, era fatta da cardinali e personale della curia romana e chi avesse voluto protestare per la non applicazione di qualche decreto, non poteva farlo perché non lo conosceva. In ogni caso la fine del Concilio di Trento segnava la data d’inizio della Controriforma (o Riforma Cattolica).

Il Concilio di Trento
Dalla Germania venne subito nel 1565 una risposta con l’Examen Concilii Tridentini del luterano Martin Chemnitz. Era una totale stroncatura del Concilio, che ebbe profonda influenza per secoli, che, in più, con citazioni teologiche molto dotte entrava in polemiche dottrinali sui sacramenti divaricando sempre più il solco tra le due Chiese. I difensori dell’ortodossia cattolica (domenicani e gesuiti) non sapevano bene cosa rispondere perché non conoscevano i decreti conciliari … che non potevano conoscere perché non potevano accedervi. Intanto gli anni passavano ed anche gli anziani testimoni conciliari sparivano con la conseguenza che ogni memoria del Concilio spariva. Intanto i luterani, a cui si associarono i calvinisti, già del 1562 negarono ogni validità al Concilio il cui scopo era perfettamente raggiunto, la divisione tra le Chiese era definitiva e sempre più incarognita. Ed anche l’Impero, Sacro e Romano, con Ferdinando I successore di Carlo V, per la prima volta non accettò il responso di una istituzione ecclesiastica.
E non sembri che tutto marciava con dispute, magari violente, ma solo con manifestazioni verbali. Le guerre, soprattutto se di religione, sono le peggiori e chi ha forza e mezzi li usa. E la seconda metà del Seicento fu un terreno fertile per farne. Nel 1562 i cattolici massacrarono la comunità protestante di Vassy in Francia; nel 1572 ancora i cattolici massacrarono i protestanti Ugonotti nella Notte di S. Bartolomeo (sette guerre fossero necessarie prima che terminasse in Francia la contesa tra cattolici e ugonotti); nel 1587 la protestante Elisabetta I di Inghilterra fece uccidere la cattolica Maria Stuart per problemi di successione al trono.
NASCE IL SANT’UFFIZIO E L’INDICE DEI LIBRI PROIBITI
Al di là di queste vicende importantissime ve ne erano di apparentemente meno importanti che marciavano sotterraneamente ma con impatti molto maggiori sulla società e sulla popolazione. La prima di esse era stata pensata prima che il Concilio si aprisse, tanto per mostrare l’apertura con cui la Chiesa si apprestava a riconciliarsi. Il 21 luglio 1542, Papa Paolo III emanò la bolla Licet ab initio con la quale creava la Congregazione della sacra romana e universale Inquisizioneo Sant’Uffizio sotto la guida di Giovanni Pietro Carafa che (dal 1555) sarà il futuro Papa Paolo IV. Si trattava della riorganizzazione della vecchia Inquisizione Medioevale che, pur non avendo mai smesso di funzionare, non aveva ora strumenti culturali e materiali per intervenire contro le nuove eresie e contro quel grave male che era la cultura in espansione. Era un problema di efficienza della struttura repressiva che aveva fatto pensare ad una commissione permanente di cardinali e alti prelati diretta dal medesimo Papa che doveva mantenere e difendere l’integrità della fede, esaminare e proscrivere gli errori e le false dottrine. Il Carafa, lasciata al Papa la sola possibilità di concedere la grazia, dette tutto se stesso per rendere la nuova Inquisizione uno strumento repressivo di somma efficacia. Prima requisì un edificio romano e lo dotò di una prigione, quindi emanò 4 norme di procedura per gli inquisitori: punire anche solo per sospetto; non avere alcun riguardo per i potenti; essere intransigente con chiunque avesse trovato rifugio da un potente; nessuna accondiscendenza con i calvinisti. Il futuro Paolo IV era convinto che l’azione sarebbe stata più efficace quanti più potenti si colpivano perché la salvezza delle classi inferiori dipende dalla punizione dei grandi. Inoltre, ma non lo disse, quanti più potenti si colpivano, meno avversari avrebbe avuto. In ogni caso si dette il via ad un’epurazione massiccia in ogni istituzione, ecclesiastica o laica. Ma il crudele maniaco Carafa vedeva con rabbia quella possibilità di grazia che aveva il Papa e riuscì ad arrivare al pieno della sua crudeltà, inaugurando roghi di ebrei convertiti ad Ancona e di eretici a Roma, solo quando divenne egli stesso Papa imponendo come Grande Inquisitore Michele Ghislieri che alla sua morte, come no!, divenne a sua volta Papa, l’altro criminale chiamato Pio V (e per questo santificato). Una festa di inquisitori che diventano papi, una saga che segue con Ratzinger. Era odiatissimo Carafa a Roma. Alla sua morte fu assaltato, saccheggiato,demolito ed incendiato il palazzo del Sant’Uffizio. Ma morto un Papa criminale se ne fa un’altro e così Pio IV: nel 1562, fece massacrare 2.000 valdesi nel Sud d’Italia; nel 1567, fece decapitare e poi bruciare Pietro Carnesecchi, un eminente umanista di Firenze, perché diventato valdese; nel 1570, fece impiccare e poi bruciare Antonio Paleario, poeta, filosofo e letterato, perché sospettato di aver scritto questi versi:
«Quasi che fosse inverno,
brucia cristiani Pio siccome legna
per avvezzarsi al fuoco dell’inferno»
In linea teorica l’azione riguardava tutta la cristianità ma, nella pratica, proprio per quella territorialità che la Chiesa individuava nell’Italia, il suo operato fu quasi esclusivamente in questo Paese. Si può ben capire, comunque, come suonasse la finalità del Sant’Uffizio alle orecchie luterane alla vigilia dell’apertura del Concilio di Trento. Il Concilio comunque riformulò e ribadì la dottrina cattolica riguardo ai punti che erano stati posti in discussione: la giustificazione (ossia i mezzi per la salvezza dell’anima), l’interpretazione delle Sacre scritture da parte della chiesa, i sacramenti (in particolare, si riaffermò la transustanziazione, secondo cui nell’Eucarestia si ha la presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel pane e nel vino consacrati), la liturgia, il culto dei santi e della Madonna, l’uso delle indulgenze e l’obbedienza alla chiesa e al pontefice. E fece qualcosa di gravissimo, equiparò le Sacre Scritture alla tradizione della Chiesa elevando quest’ultima ad una Sacra Scrittura, con cioè una medesima autorità. Già a Concilio chiuso il Papa integrò il tutto con la Professio Fidei Tridentina(5), una sorta di preghiera che integrava il vecchio Credo. Una delle prime iniziative dell’Inquisizione Romana sotto la direzione di Paolo IV, insieme al problema del catechismo(5)e della riforma dei libri liturgici, riguardò la redazione dell’Index librorum prohibitorum(6) (noto come Indice Paolino) il primo dei quali venne pubblicato nel 1559. Ad esso seguirono nel 1564 quello realizzato da Pio IV e nel 1596 quello di Clemente VIII (l’Indice clementino), il Papa antisemita che fece assassinare Giordano Bruno. Per completezza devo dire che un Indice era richiesto anche da insospettabili come quel Francesco Maurolico, matematico e meccanico, che ebbe a che fare con la formazione di Galileo. Questi proponeva non solo l’eliminazione di tutti i libri di autori sospetti ma anche l’auspicio che da Roma si portasse avanti l’edizione di opere di autori ortodossi perché in Italia si era diffusa la peste degli scritti luterani, eretici ed antropophagi tedeschi. Ma di Indici ve ne erano stati dei precedenti pubblicati a Roma (Cathalogus librorum Haereticorum con libri luterani ed anche con i Commentari di Pio II al Concilio di Basilea), Venezia (1549), Milano, Parigi e Lovanio nel 1554 (ma anche altri in epoca precedente e successiva comunque antecedente al 1559). Questi Indici avevano comunque validità locale molto limitata e non si avevano pene come quelle previste per l’indice del 1559.
L’operazione era perfettamente in linea con quanto dicevo a proposito dell’avanzare inarrestabile della cultura, della conoscenza. occorreva stroncare le fonti e l’Index serviva a questo(7). I decreti che definivano l’Index contenevano, tra le altre cose, il divieto di stampare, leggere e possedere versioni della Bibbia in lingua volgare senza previa autorizzazione personale e scritta del vescovo, dell’inquisitore o addirittura dell’autorità papale (nel primo indice venivano vietate 45 versioni della Bibbia e del Nuovo Testamento in lingua volgare; tale divieto resterà fino al 1758 quando fu abrogato da Papa Benedetto XIV). Come conseguenza di questo provvedimento la produzione di Bibbie in italiano subì un brusco arresto. E’ utile avere un qualche riferimento degli autori che comparivano nel primo Index: Luciano di Samosata, Dante, Petrarca, Boccaccio, Ockham, Machiavelli, Erasmo, Rabelais. Più in generale erano all’Indice tutti gli autori non cattolici, 126 testi di 117 autori cattolici, 322 opere anonime, tutte le opere di astrologia e magia. La Bibbia si poteva leggere solo su permesso scritto di qualche prelato ed il permesso era concesso ai soli uomini che conoscessero il latino. Nel 1564, dopo la chiusura del Concilio, l’Indice viene aggiornato e diventa Indice Tridentino. La novità qui consisteva nella possibilità di togliere dai libri i passi ritenuti offensivi alla fede cattolica. Ciò comportò un altro elenco di libri da affiancare a quello dei libri proibiti, quello dei libri da espurgare, l’Index Librorum Expurgatorius, con la conseguenza che molti libri così ritagliati risultavano incomprensibili e contraddittori. Si e avanzavano qualche teoria in disaccordo con l’Aristotele della Scolastica, quello di Tommaso d’Aquino che, proprio in quegli anni (1567), veniva da Pio V nominato Dottore della Chiesa. Un’altra bolla del 1564 si inseriva in una questione estremamente delicata, il controllo di coloro i quali iniziavano ad alfabetizzarsi attraverso il controllo degli insegnanti da parte di esami del vescovo, dei luoghi in cui si svolgeva e dei testi che utilizzavano (la Chiesa è sempre stata contraria all’alfabetizzazione di massa ritenuta un grave pericolo).
La costruzione di un Indice non era però cosa facile che potesse fare qualcuno di sua iniziativa. Fu necessario istituire un gruppo di persone che fosse in grado di decidere cosa proibire o espurgare. Nel 1571 Papa Pio V, il Papa che vietò la pubblicazione di opere nelle lingue volgari (1567), che abrogò il carnevale, che con una bolla fece chiudere tutte le sinagoghe di Roma, che fece convocare il Veronese perché desse spiegazioni sul suo dipinto Cena in casa di Levi obbligandolo alla modificae che espulse gli ebrei dai territori dello Stato della Chiesa con l’eccezione di Roma ed Ancona dove esistevano già i ghetti, organizzò ed istituì la Congregazione per l’Indice, costituita da alcuni cardinali e vari consultori esterni, con lo scopo di tenere aggiornato l’Indice e di diffonderlo in ogni luogo della cristianità attraverso gli inquisitori locali (tanto per mostrare la valenza dell’Indice). Per parte sua il Sant’Uffizio, che aveva preso il posto dell’Inquisizione, voleva gestire in proprio la scelta dei libri da porre all’Indice. Riuscirà nel suo scopo solo nel 1916 quando la Congregazione verrà abolita con il Sant’Uffizio ancora vivo e vegeto (con un cambiamento di nome nel 1965, Congregazione per la Dottrina della Fede.
Qual era la caratteristica che distingueva il Sant’Uffizio dall’Inquisizione Medioevale ? La centralizzazione ed il poter operare in assoluta indipendenza rispetto ai tribunali vescovili. Per arrivare a questo servirono vari decreti e differenti discussioni che portarono al vero feroce organizzatore dell’Inquisizione, Papa Sisto V, che con la sua bolla del 1588, Immensa Aeterni Dei, promosse la Congregazione del Sant’Uffizio, alla quale dette un potere molto maggiore, come la più importante delle 15 Congregazioni della Chiesa che, secondo la sua riforma, andavano a sostituire il Concistoro e la precedente struttura di potere. Nella stessa bolla il Papa utilizzava parole violente contro l’eresia (morbo perniciosissimo dell’anima e malattia contagiosa) e gli eretici (figli delle tenebre e dell’oscurità che spargono zizzania), inaugurando quel linguaggio ancora oggi in uso: gregge, ovile, pastore, fortezza assediata(8).
L’INQUISIZIONE PROTESTANTE
Più volte abbiamo sentito parlare di protestanti non meno teneri dei cattolici nella repressione degli eretici rispetto alla loro fede, che era quella vera. Dico subito che nel mondo protestante vi furono roghi indegni per molte persone (anche qui i conti sono difficili perché non si conservano documenti). Ciò che interessa è la messa a tacere del dissenso con la morte. Il pallottoliere non dà maggiori o minori ragioni. Le religioni o sono un fatto individuale da rispettare come la libertà della persona, o sono i più feroci strumenti di repressione di ogni dissenso. Con questa premessa posso parlare di quella che qualcuno (i cattolici!) ha chiamato inquisizione protestante. Intanto non vi fu nessun Istituto protestante che inseguì l’eresia e non vi erano quindi Tribunali ecclesiastici ma solo Tribunali civili, laici. Vi furono invece molti esaltati protestanti che preparavano il terreno al Romanticismo decadente con maghi e streghe da bruciare. Questa è la parte più indegna della repressione eretica protestante, quella della caccia alle streghe. Vi furono anche roghi ed orrori di diverso tipo ma in misura molto marginale rispetto alla Chiesa di Roma, la vera maestra dell’oppressione e della repressione. Cerco di separare le due cose occupandomi prima di ciò che i protestanti hanno fatto contro l’eresia non qualificabile come stregoneria e quindi contro le streghe in una caccia che qualificare di indegna è dolce eufemismo. Divido in episodi le varie vicende secondo la cronologia.
I FATTI DI MÜNSTER
Ho accennato alla famiglia protestante degli anabattisti che furono discriminati ed anche perseguitati sempre sia dai cattolici che dal resto dei protestanti. Nel 1534 alcuni membri della famiglia anabattista, sconfessati dagli altri, riuscirono a prendere il controllo della cittadina di Münster, che ribattezzarono come la nuova Sion, attaccandola con la violenza e quindi venendo meno alla dottrina predicata. Da costoro, ai quali si aggiunsero altri violenti provenienti da altre città, furono commesse violenze inenarrabili contro gli abitanti di Münster ai quali fu chiesto di essere battezzati. Coloro che rifiutarono ebbero le case saccheggiate ed occupate, furono spogliati nudi, cacciati dalla città e costretti ad andare nudi in mezzo alla neve di un rigido inverno. Tutti i libri furono bruciati meno la Bibbia, ogni ricchezza era acquisita per maggior gloria di Gesù ed i beni erano forzatamente comuni con l’estensione del termine bene anche alle donne che divennero d’uso comune, con il divieto di restare nubili e con l’ammissione della poligamia (uno dei capi, Bokelson, aveva 16 mogli e ne decapitò in piazza una che si ribellava). Stupri omicidi e violenze erano praticati giornalmente. Chi si opponeva era ammazzato. Queste notizie si diffusero rapidamente ed un esercito di 2500 lanzichenecchi, al comando di un cattolico ma con il consenso degli altri protestanti, mise d’assedio la città che era sede di un vero regno del terrore.
La città assediata cadde nel 1535 per fame dopo circa un anno e mezzo di regime anabattista. I lanzichenecchi fecero una strage di tutti, anche di chi si era arreso. I corpi dei capi, giustiziati dopo essere stati torturati, vennero messi dentro delle gabbie che furono appese al campanile della chiesa. Le gabbie sono ancora lì senza più i resti dei corpi. Da allora, sia i cattolici che i protestanti videro in questo movimento un nemico da eliminare, tanto che praticamente sparì.
MICHELE SERVETO
Miguel Serveto (1511-1553), di origini ebraiche, prende il nome dal paesino di Serveto sui Pirenei spagnoli. Era un umanista, medico e teologo spagnolo. Fece i suoi studi in Francia proprio nell’epoca in cui circolavano i primi scritti protestanti fatto che lo spinse a studiare a fondo la Bibbia per capire la consistenza delle critiche dei riformatori alla Chiesa cattolica. I suoi studi lo portarono a mettere in dubbio l’esistenza della Trinità che nella Bibbia non compare da nessuna parte. Inoltre questo dogma della Chiesa cattolica allontanava la possibilità di convertire sia i musulmani che gli ebrei che non avrebbero mai accettato questo Dio uno e trino. Egli studiò ancora per approfondire ogni questione in ogni ambito del sapere. Nel 1529 lasciò gli studi di legge che nel 1527 aveva intrapreso all’Università di Tolosa per andare al servizio del francescano Juan de Quintana, confessore di Carlo V. Viaggiò in Italia per assistere all’incoronazione dello stesso Carlo V. Da questo viaggio tornò profondamente colpito dallo sfarzo della Chiesa che si accompagnava alla profonda immoralità del clero. Tornato in Germania (1530) al seguito di Carlo V, alla Dieta di Ausburg conobbe vari riformatori, tra cui Melantone, dai quali fu molto colpito, tanto che lasciò il servizio di Juan de Quintana per recarsi a Basilea per conoscere meglio ed approfondire le loro tematiche. Già allora si trovò abbastanza isolato per aver espresso le sue idee contro la Trinità che non trovavano d’accordo né cattolici né riformatori ed erano considerate potenzialmente eretiche. Tentò di parlare con altri riformatori in Germania ma poiché si sapeva di cosa avrebbe parlato, nessuno volle avere a che fare con lui. Poiché non riusciva a farsi sentire, Serveto pubblicò in proprio (1531) un libretto, De trinitatis erroribus (Gli errori sulla Trinità), in cui spiegava compiutamente quali errori teologici si facevano nel considerare Dio uno e trino e degli errori insiti nel considerare in Gesù una doppia natura, quella umana e quella divina. Conosciuto il contenuto del libro i riformisti si scagliarono contro le sue tesi e contro l’autore. Lo stesso Lutero disse che si trattava di un libro abominevolmente malvagio. Mentre il riformatore tedesco Martin Bucer, una specie di mediatore tra Lutero e i riformatori svizzeri, sentenziò che Serveto meritava di essere squartato. Il libretto fu bandito, sequestrato e bruciato dovunque se ne trovasse una copia. Un tentativo di ritrattare chiestogli dai riformatori svizzeri si ebbe nel 1532, con il libretto Dialogorum de Trinitate, ma non riuscì perché di fatto venivano riconfermate le primitive tesi. A questo punto Serveto era isolato da tutti (l’Inquisizione Spagnola e quella di Tolosa lo richiesero) e non trovò altra possibilità per sopravvivere materialmente che scappare a Parigi cambiando il nome in Michel de Villeneuve. Studiò matematica all’Università con successo fino ad insegnarla. I cattolici scoprirono che in quella università si erano infiltrati dei riformisti che furono costretti a scappare. Tra essi, oltre al rettore, anche Calvino che aveva conosciuto Serveto. Quest’ultimo si rifugiò a Lione dove fece il correttore di bozze collaborando con degli editori, professione che gli fece conoscere testi di medicina. Si appassionò alla materia e da Lione tornò a Parigi per studiarla (1536). Lo fece per 4 anni avendo come compagno di studi Andrea Vesalio con il quale condivise la scoperta della circolazione del sangue nei polmoni. La scoperta non suscitò interesse. Comunque Serveto, oltre ad esercitare la professione di medico, dava lezioni di geografia ed astrologia. Quest’ultima occupazione, insieme alla pesante critica dei colleghi medici che non praticavano l’astrologia, lo fecero accusare di eresia in quanto esercitava la divinazione. Scappò da Parigi tornando a Lione per fare il medico. Lì fu assunto come medico personale (1540) dall’arcivescovo di Vienne, una cittadina del Delfinato, una regione francese confinante con la Svizzera. Qui scrisse la Christianismi Restitutio (Restaurazione del cristianesimo), un’opera pubblicata nel 1552 in cui sottoponeva a critica l’interpretazione di alcuni testi dell’Antico Testamento e creava rotture sempre più insanabili con tutto il mondo cristiano. Vi fu un tentativo del 1546 di corrispondere su questioni dottrinali con Calvino che aveva già scritto la sua Institutio christianae religionis (1536) e che era diventato pastore protestante a Ginevra. Calvino rifiutò facendogli sapere tramite Farel, pastore di Neuchâtel, che se fosse capitato in Svizzera avrebbe fatto del tutto per non farlo uscire vivo. Ma Calvino fece di più, fece denunciare Serveto alle autorità cattoliche di Vienne da un suo amico di Lione, Guillaume Trye. Fu arrestato il 4 aprile 1553 ma riuscì ad evadere dalla prigione tre giorni dopo, di modo che l’Inquisizione dovette accontentarci di bruciarlo, come eretico, in effige. E fu quello il primo rogo su cui salì. Per quattro mesi si persero le sue tracce e, probabilmente perché disperato, senza soldi o beni di sorta sequestratigli, tornò proprio a Ginevra il 13 agosto. Fu riconosciuto, arrestato, processato senza possibilità di avvocato e condannato a morte. La sua figura fu anche utilizzata per lotte politiche interne tra riformatori e libertini tanto che era diventato fondamentale bruciarlo anche per motivi politici ed allo scopo si impegnò Calvino in persona (sulla responsabilità diretta di Calvino nell’assassinio di Serveto vi sono discussioni ancora aperte). Il 27 Ottobre 1553 Servetofu condotto al rogo accompagnato dal pastore di Neuchâtel che gli chiedeva di pentirsi. Fu legato ad un palo, il suo ultimo libro gli fu legato ad una gamba, sulla testa gli sistemarono una corona di foglie cosparse di zolfo e fu bruciato, con la morte che tardò circa mezz’ora. L’anno successivo Calvino sostenne il diritto di uccidere gli eretici in un suo trattato, dal titolo Defensio ortodoxae fidei, contra prodigiosos errores Michaelis Serveti Hispani, mostrando, se fosse ancora necessario, che non esistono riforme religiose che abbiano un qualcosa di umanamente accettabile. In circa un ventennio Calvino bruciò una sessantina di persone per reati come la bestemmia, l’idolatria e l’adulterio. Aveva anch’egli dei cercatori di eresia che ispezionavano case, fustigando gli oziosi e arrestando i peccatori.
Nonostante ciò il calvinismo ebbe vasta diffusione a cominciare dalla Francia come è testimoniato dalla crescita del numero dei processi dell’Inquisizione di Roma in quegli anni. A parte il massacro dei Valdesi in Provenza del 1545 al quale ho già accennato, si pensi solo che nel Sud della Francia si passò progressivamente dagli otto processi celebrati negli anni venti, ai 684 degli anni cinquanta, 62 dei quali si conclusero con la condanna al rogo. La persecuzione dell’Inquisizione romana contro i riformatori a cui si associavano i regnanti cattolici come i francesi, provocò una vasta migrazione di riformatori, in gran parte persone benestanti, da Francia ed Italia in Svizzera (si pensi solo che Ginevra passò dai suoi 13.000 abitanti nel 1550 ai 21.400 dieci anni dopo). Venivano accettati perché pagavano, secondo la legge vigente, una forte tassa che arricchiva i governi locali ma provocarono l’effetto di generare governi calvinisti.
GIOVANNI VALENTINO GENTILE
Giovanni Valentino Gentile era un teologo ed umanista italiano di Calabria che non accettava il dogma della Trinità. Fu uno degli esuli italiani in Svizzera per le persecuzioni della Chiesa ai riformatori
Nel 1556 dalla Calabria emigrò a Ginevra dove si legò ai riformatori italiani già trasferitisi nella città. Le sue posizioni antitrinitaria gli fecero prendere le difese di Serveto e lo trovarono dalla parte di chi criticava Calvino. Quest’ultimo lo accusò di eresia con tutto il seguito noto. Fu processato, torturato, fatto camminare per Ginevra seminudo e con una candela in mano, fatto ripudiare e bruciare i propri libri e dopo imprigionato. Riuscì ad evadere e dopo un lungo pellegrinaggio per vari Paesi europei tornò a Berna, in Svizzera dove il successore di Calvino, Teodoro di Beza, lo fece arrestare con l’accusa di empietà. Fu di nuovo processato e condannato al rogo. Ebbero poi pietà di lui e tramutarono la condanna nella decapitazione (sic!).
Altre persone giustiziate dalla Chiesa anglicana sono:
- Anne Askew (1521–1546)
- Joan Bocher († 1550)
- George van Parris († 1551)
- Matthew Hamont († 1579)
- John Lewes († 1583)
- Peter Cole († 1587)
- Francis Kett († 1589)
- Bartholomew Legate (1575–1612)
- Edward Wightman (1566–1612)
LA CACCIA ALLE STREGHE
La parte più odiosa e criminale della repressione contro gli eretici da parte protestante è quella nota come caccia alle streghe. Questa caccia, che tenterò di definire e descrivere, non è solo dei protestanti ma anche dell’Inquisizione cattolica. Vi è un grande affannarsi da parte di alcuni cattolici oggi, quelli impegnati a falsificare tutto pur di far capire che l’Inquisizione fu una cosa buona, per sostenere che la caccia alle streghe riguardò soprattutto i Paesi a maggioranza protestante. Si può in parte, ma solo in parte, convenire perché in aree cattoliche come la Francia, le zone pirenaiche, quelle alpine e quelle del Nord Italia vi furono persecuzioni e roghi contro le streghe perfettamente all’altezza di quanto accadde negli altri Paesi dove la caccia fu più dura.
La caccia alle streghe, che si era mantenuta a livelli di ordinaria (sic!) caccia all’eretico, iniziò massicciamente a partire dalla pubblicazione tra il 1485 ed il 1486 del Malleus Maleficarum (Il flagello delle streghe), un libro dei due domenicani tedeschi, Kramer e Sprenger, inquisitori incaricati dal Papa Innocenzo VIII nel 1484 attraverso la bolla Summis desiderantes affectibus(9) di estirpare la stregoneria e l’eresia in Germania, come gli stessi Kramer e Sprenger gli avevano richiesto. Questo libro ponderoso fu scritto allo scopo e servì a tutti gli inquisitori come base per perseguitare maghi e streghe scoperti seguendo alcuni criteri definiti con cura. Una vera e propria arma di legittimazione teologica e legale di chi fosse accusato di stregoneria. Fu il libro più stampato dopo la Bibbia, con 39 edizioni ed oltre 50 mila copie vendute. Dagli inquisitori cattolici il libro passò ai cercatori di eretici protestanti che ne fecero larghissimo uso tanto che in duecento anni furono decine di migliaia le persone che passarono attraverso sofferenze, torture, carcere con circa centomila persone, il novanta per cento delle quali donne, finite giustiziate(10). I riformatori, sia sul fronte luterano che su quello calvinista avevano un parossistico terrore del diavolo e le streghe erano le portatrici del diavolo con il quale facevano un patto. Dietro ogni pratica magica poteva esservi il diavolo e l’ossessione arrivò fino al punto di ritenere pratiche magiche quelle esorcistiche utilizzate dai cattolici. Ciò comportò il divieto di usare l’acqua benedetta, farsi il segno della croce, appendere immagini di santi per scacciare i diavoli. I calvinisti elaborarono invece la triste teoria della predestinazione (la negazione del libero arbitrio) secondo la quale era stato lo stesso Dio a stabilire all’origine quali persone si sarebbero salvate e quali no e poiché peccare avrebbe voluto dire che forse si era tra quelli che erano dannati, era preferibile vedere tutto il male incarnato in altri e per ciò la strega era perfetta. Lutero poi affermava che coloro che avevano a che fare con le streghe «Non devono avere alcuna compassione per queste malvagie, vorrei bruciarle tutte» mentre Calvino definiva le streghe le puttane del diavolo. Sulla strada degli anatemi contro le streghe si era mosso con virulenza San (sic!) Berardino da Siena (1380-1444) che fece prediche di fuoco in tutta Italia contro di esse. Le additava al pubblico, accendendo sdegno e mistica esaltazione contro le nemiche; inviava guardie sulle loro tracce, placando le ire della comunità con la cattura e l’uccisione di quelle che egli indicava come responsabili di cattivi raccolti, di menomazioni o morti di neonati o di altri drammi individuali e collettivi.

Un patto con il diavolo del 1632 stipulato tra Urbain Grandier, un prete, ed il diavolo. Il documento è firmato da Grandier a da sei diavoli come testimoni.
La storia della stregoneria iniziò secoli prima con il Canon Episcopi(11), un documento della Chiesa del Nono secolo (in precedenza creduto del Quarto secolo), che definiva la stregoneria come culto del demonio e che istruiva i vescovi sul comportamento da seguire. Era uno scritto molto blando e tollerante che non scaricava sulle donne alcuna colpa che, quando non era semplice vanteria, veniva solo attribuita al demonio, in grado di creare illusioni o inganni. Le donne che si illudono di volare sarebbero persone deboli di mente, la cui scarsa fede permette al diavolo di ingannarle, ma non stringono con lui un patto consapevole e non lanciano malefici. E la questione del volo notturno su animali fantastici era di grande importanza perché avrebbe permesso alle streghe tutti quei riti che venivano loro addebitati, come il sabba, il provocare tempeste, il distruggere raccolti, il mangiare bambini, l’adorare il diavolo, i malefici ed ogni turpitudine. Nel canone vi erano però molte cose dette e negate che crearono problemi interpretativi a coloro che si occupavano di demonologia(12). In ogni caso, la massima punizione prevista era l’allontanamento dei supposti visionari o colpevoli dalla comunità. Non a caso questo Canone servì più per discolpare che non accusare le presunte streghe.
Nel seguito parlerò di streghe anche se, teoricamente, occorrerebbe rivolgersi a streghe e stregoni. Ciò deriva dal fatto che relativamente pochi furono gli uomini che andarono sotto processo per stregoneria e dall’altro, più importante, secondo il quale la donna per sua natura era ritenuta più propensa al fenomeno, perché più deboli e con un intelletto inferiore. Inoltre nel 1500 Sprenger affermava: Bisogna parlare di eresia delle streghe, non degli stregoni; questi contano poco. Ed un altro, al tempo di Luigi XIII: Per ogni stregone, diecimila streghe. Uno dei libri che furono realizzati per sterminare le streghe, il Malleus Maleficarum, del quale parlerò tra poco, così definiva le donne: «Femina deriva da fe e minus, perché ha meno fede e sempre meno la mantiene […]. La donna, cattiva per sua natura, cade presto nei dubbi della fede, rinnega la fede medesima ed in ciò è la base stessa dei malefici. In quanto poi alla volontà, la donna, quando è presa da odio contro qualcuno che prima amava, arde d’ira e di impazienza, e si agita e ribolle come il mare. In conclusione, tutto dipende dalla concupiscenza carnale che, nelle donne, è insaziabile, onde si danno da fare con i demoni per soddisfare la loro libidine». C’è da aggiungere che un elemento che poteva essere richiamato contro le donne era il loro dedicarsi spesso ad aiutare a guarire con la conoscenza di erbe da far bollire come si fa oggi fermo restando che queste pratiche non erano esclusive delle donne. Come non era esclusivo il fatto che qualche incidente con queste pozioni poteva accadere e la persona che si sarebbe dovuta curare moriva. Altro elemento che, anch’esso, non era esclusivo delle donne era l’eventuale criminalità, il fatto cioè che qualcuno usasse appositamente alcuni alimenti o bevande per avvelenare delle persone. Il legame delle donne con la stregoneria non si può neppure spiegare con gli sviluppi della magia e della negromanzia (la magia nera, che serviva per mettere in atto vari malefici e per la quale venivano invocati vari demoni, da distinguersi dalla magia bianca,che poteva essere praticata poiché serviva per alleviare varie sofferenze e per la quale si invocavano angeli e santi) infatti i praticanti delle due arti suddette erano uomini e spessissimo dei preti. Scrive in proposito Kieckhefer:
In definitiva la vulnerabilità delle donne in questo contesto va vista come un corollario della posizione precaria delle donne nella società tardomedievale (e quanto a questo, in quasi tutte le società della storia). La cultura comune attribuiva alle donne debolezza d’intelletto e di volontà. Quando le istituzioni le prendevano a bersaglio, le donne avevano meno degli uomini il potere di resistere. Se il problema specifico era la stregoneria, era difficile per chiunque, uomo o donna, dimostrare la falsità delle accuse, perché non erano previste prove tangibili, ed era facile ottenere confessioni con l’intimidazione, con false promesse di clemenza, o con la tortura. Ma se le donne erano in generale ritenute meno degne di fiducia e più temute, questi mezzi di coercizione venivano diretti più contro di loro che contro gli uomini. I generici stereotipi misogini stimolavano i procedimenti giudiziari, che a loro volta stimolavano lo sviluppo di altri stereotipi. Gli stereotipi, tuttavia, non sono per sé stessi causa di iniziativa giudiziaria. Possono indirizzarla e contribuire a suscitare ostilità, ma quando ciò avviene essi sono utilizzati per giustificare e incoraggiare un’azione motivata da altri fattori.
A provocare l’azione giudiziaria potevano essere casi personali di vario genere: il litigio di una vecchia comare con i vicini; un uomo che per scagionarsi di un amore illecito diceva di essere stato stregato; una levatrice che si lasciava indurre a curare la lebbra con il grasso di un feto abortivo. Tutte queste situazioni potevano portare ad accuse di stregoneria. Se l’accusato coinvolgeva altre persone, magari per vendetta, il procedimento giudiziario si allargava. I cittadini infuriati, dopo aver liquidato una presunta strega, potevano decidere di sbarazzarsi di tutti i suoi accoliti.
Un successivo documento che tratta di streghe è stato falsamente attribuito al famoso giurista perugino del Quattrocento, Bartolo da Sassoferrato (1314–1357). A lui si sarebbe rivolto il vescovo di Novara per chiedere un parere riguardo a come vada giudicata una strega sotto processo a Orta. Il giurista rispondeva con un suo parere, il consilium Mulier striga. La strega, contro cui sarebbe stato istruito il giudizio, avrebbe confessato di aver fatto una croce con pezzi di legno, e di averla poi calpestata, anzi, di aver confezionato la croce al solo scopo di oltraggiarla calpestandola. Oltre a ciò, la donna ha ammesso di essersi inginocchiata davanti al diavolo e di aver provocato, ammaliandoli, la morte di alcuni bambini. L’aver calpestato la croce deve far condannare a morte la strega(13), a meno che non si penta mentre le altre accuse non furono ritenute da Bartolo convincenti perché non credeva possibile provocare la morte tramite incantesimi. Quella donna fu mandata al rogo nel 1340 come eretica e ciò mostra che non lo fu come strega e quindi che ancora non esisteva una procedura contro le streghe in quanto tali (la prima strega sembra sia stata arsa sul rogo nel 1275 a Tolosa).
Altre opere che riguardarono la repressione contro le streghe furono realizzate principalmente da altri inquisitori: l’inquisitore domenicano Bernardo Rategno, detto da Como, scrisse De strigiis e Lucerna inquisitorum (1485) in cui sostenne che la Chiesa Cattolica non riconosceva alle donne, streghe, un`anima, perché le considerava strumento del demonio per la dannazione degli uomini, che, nel solo vederle, subivano la tentazione del desiderio e, coerentemente con il suo pensiero, nel solo anno 1485 accese 41 roghi di streghe; il frate dell’ordine di Sant’Ambrogio, Francesco Maria Guaccio (o Guazzo), scrisse il Compendium maleficarum (1608) un vero compendio dei prodigi diabolici come scomparse istantanee, guizzi, repentine metamorfosi, che costituiscono il repertorio di un Satana illusionista e funambolo; l’inquisitore domenicano di Modena, Bartolomeo Spina, scrisse il Tractatus de Stringibus et Lamiis (1523); l’inquisitore domenicano Johann Nider scrisse nel 1437 il Formicarius, un trattato di demonologia. Vi furono anche persone oggi riconosciute come portatrici di idee aperte e certamente non fondamentaliste che aderirono all’idea di strega come un qualcosa da cui sbarazzarsi. In tal senso è esemplificativo Jean Bodin (1529 – 1596), giurista, consigliere del Re di Francia Enrico III, teorico del concetto moderno di «sovranità», precursore di Montesquieu sul tema della ricerca nella storia dello spirito delle leggi, fautore della libertà di commercio ma fautore del diritto divino dei re. Egli fu l’autore di un manuale giudiziario per la tortura e lo sterminio delle streghe, la De la démonomanie des sorciers, del 1580. In esso, oltre a negare che alle streghe possano essere applicate le abituali norme processuali, a stabilire che un bambino di tre anni, appena in grado di parlare, potesse accusare i propri genitori di stregoneria e stabilire ancora che le streghe debbano essere bruciate vive ma a fuoco lento, si sosteneva: “Poiché per mezzo delle donne Satana attira nei suoi lacci mariti e figli, sarà risoluzione giusta della legge divina che la strega debba subito essere fatta morire”; “Se la prova dell’empietà è difficile, la legge di Dio comanda che si facciano morire le streghe, che intorpidano gli occhi e la mente, senza ricercare oltre, poiché si deve ritenere per certo che l’inquisita è malefica ed ha stretto con satana un patto tacito o espresso”; “E’ stato sperimentato che le streghe non piangono mai, il che è eccezionale indizio a loro carico, perché le donne mandano lacrime e sospiri a proposito e a sproposito”. E mentreHobbes, nel Leviatano arrivò ad assimilare maghi, streghe e cattolici, personalità come Boyle e Descartes dettero il loro credito alla stregoneria(14).
Al rogo che seguì al consilium Mulier striga di Bartolo da Sassoferrato seguirono altri isolati processi come quello del 1375 contro Gabrina degli Albeti nella città di Reggio Emilia. E’ il più antico processo di questo tipo celebrato in Italia di cui ci restino i verbali. Altri processi furono quelli: contro Carlo Geno di Gaspare Grassi da Valenza celebrato a Milano nel 1385 con esecuzione finale; contro Sibillia Zanni e Pierina de’ Bugatis condannate al rogo per stregoneria a Milano nel 1390; contro Giovanna di Salussola giustiziata nel vercellese nel 1470 ma, ripeto, questi fatti furono episodici (a parte forse alcuni processi a varie streghe nel comasco nel 1416) fino a circa 20 anni dopo(15).

Le streghe di Goya
La caccia divenne frenetica dopo il Malleus Maleficarum (1486) che doveva fornire gli strumenti per riconoscere le streghe. Il libro, infarcito di giustificazioni bibliche, era suddiviso in due parti. La prima trattava delle tre condizioni necessarie per avere a che fare con una strega (il demonio, la strega ed il permesso di Dio). In essa, attraverso domande e risposte, si discuteva: dell’esistenza della stregoneria e come il solo negarlo era eresia; della necessità che il diavolo si associ alla strega intimamente; della possibilità di generare dall’accoppiamento di streghe e diavolo; di quali erano i diavoli che dall’inferno erano addetti allo scopo (qui viene esplicitamente richiamata la gerarchia dei diavoli fatta da San Tommaso); del perché aumentano i fenomeni di stregoneria; dell’estraneità dell’astrologia con la stregoneria; del come le donne si accoppiano con il demonio e del perché sono le principali adepte ad ogni malvagità; di quali sono le donne più adatte alla pratica della stregoneria (infedeli, ambiziose e lussuriose); di come il diavolo possa influire nella mente degli uomini per farli odiare o amare; di come si possa predicare ciò al popolo; di se e come le streghe possano impedire le gestazioni e provocare impotenza; di se e come le streghe possano creare l’illusione che l’organo virile del maschio possa apparire separato dal corpo dell’uomo; di come le streghe con opportuni malefici possano trasformare gli uomini in bestie; di come le streghe possano far sembrare o realizzare che uomini o bambini fuori della culla possano essere divorati da lupi; di come le streghe possano procurare aborti o offrire al demonio i bambini appena nati; di come c’entri Dio poiché ogni essere creato non è mai esente da peccato come si è mostrato con i nostri primi genitori cacciati da Paradiso per opera del diavolo; del perché siano necessari i peggiori castighi per la stregoneria; di quali sono i peggiori incantesimi e malefici provocati dalle streghe e quali sono le preghiere per evitare tutto ciò e se esse possono essere efficaci di fronte alla potenza del demonio. La seconda parte, suddivisa in due capitoli, trattava dei metodi mediante i quali si realizzano i malefici della stregoneria e di come possono essere combattuti con successo. Nel primo capitolo di questa seconda parte si discuteva: dei diversi modi con cui i demoni, per intermediazione delle streghe, tentano ed attraggono gli innocenti per arruolarli nei loro eserciti; di come si stabilisce l’accordo formale con il diavolo; di come le streghe si spostino; di come le streghe si accoppino con il demonio che hanno dentro; di come si riproducono; di come i sacramenti sono usati dalle streghe per i loro malefici; di come intervengano per rendere difficile la procreazione; di come privano l’uomo dell’organo virile; di come i demoni riescono ad entrare nel corpo umano senza che uno se ne accorga; di come, attraverso le streghe, i demoni possano impossessarsi delle persone; di come le streghe possano produrre qualunque malattia; di come ammazzano i bambini e li cedono al demonio in modi orribili; di come provochino enormi danni al bestiame; di come provocano tempeste, grandinate e fulmini per abbattere uomini ed animali; di come gli uomini e non le donne praticano i malefici (è l’unico paragrafo che si occupa espressamente di uomini). Nel secondo capitolo di questa seconda parte si discuteva: dei rimedi prescritti dalla Chiesa contro i demoni interni ed esterni; rimedi per quelli che hanno subito il maleficio dell’impotenza generativa; rimedio per quelli che hanno subito il maleficio o di un immenso amore o di un immenso odio; rimedio per gli uomini che hanno perso il loro organo virile o sono stati trasformati in bestie; rimedio per gli ossessi da maleficio; degli esorcismi leciti per ogni tipo di stregoneria e per esorcizzare le medesime streghe; rimedi contro le tempeste provocate e contro gli animali stregati; rimedi contro i mali oscuri ed orrendi con cui i demoni possono affliggere gli uomini. In definitiva qui venivano fornite istruzioni pratiche sulla cattura, il processo, la detenzione e l’eliminazione delle streghe. Per incriminare una persona di stregoneria i pettegolezzi pubblici erano sufficienti ed una difesa troppo vigorosa da parte del difensore provava che anche questi era stregato. Nel libro, tra l’altro, si diceva che le streghe: uccidono il bambino nel ventre della madre, così come i feti delle mandrie e dei greggi, tolgono la fertilità ai campi, mandano a male l’uva delle vigne e la frutta degli alberi; stregano gli uomini, donne, animali da tiro, mandrie, greggi ed altri animali domestici; fanno soffrire, soffocare e morire le vigne, piantagioni di frutta, prati, pascoli, biada, grano e altri cereali; inoltre perseguitano e torturano uomini e donne attraverso spaventose e terribili sofferenze e dolorose malattie interne ed esterne; e impediscono a quegli uomini di procreare, e alle donne di concepire…. E questi feti e bambini erano molto richiesti dalle streghe perché servivano per essere disciolti e con loro fare unguenti che permettevano di volare. Si può quindi ben capire quanto fosse importante sradicare questo male assoluto.
Il libro indicava chiaramente quali domande dovevano essere fatte all’imputata:
“Da quanto tempo ella indulgesse nel vizio altamente esecrabile della stregoneria”;
“Sotto quali sembianze le fosse in principio apparso il diavolo foriero di ogni male: al mattino, a mezzogiorno, la sera o la notte?”;
“Se ella fosse in grado di scrivere e di leggere e se avesse sottoscritto un patto con il diavolo, e insieme con chi? E posto che egli le avesse guidato la mano, di quale mano si trattava?”;
“Che cosa ella avesse scritto e di che colore fosse l’inchiostro utilizzato; dove ella lo avesse reperito e chi fosse in possesso del manoscritto”;
“Se [il diavolo] le avesse conferito un nuovo battesimo e chi inoltre vi avesse assistito; in che modo ella avesse chiamato il suo diavolo incubo e viceversa”;
“Se [il diavolo] non le girasse intorno alla fronte, e se si fosse comportato come se volesse grattar via qualcosa”.
Si doveva poi indagare se la strega “con le sue polveri ed unguenti diabolici […] avesse condotto a morte uomini e animali; per quanto tempo ciò fosse durato; perché lo avesse fatto” e “che tipo di malattie avessero contratto gli uomini e gli animali; dove, per quanto tempo, perché e chi l’avesse aiutata in tutto questo”.
L’indagine proseguiva per capire quali fossero gli elementi eretici relativi alla vera e propria fede, ai sacramenti chiedendo se la strega:
“avesse sempre preso la comunione ed in quale chiesa”;
“avesse mai profanato l’ostia consacrata per scopi malèfici e con che frequenza avesse sottratto l’ostia dalla bocca”;
“Dove l’avesse portata, come e dove l’avesse profanata e che cosa ne fosse conseguito; se non si fosse impaurita e dove fosse rimasto nel frattempo il suo diavolo incubo”;
“Dove avesse posto, sistemato, gettato o altrimenti portato l’ostia consacrata”;
“Quali soprannomi canzonatori ella avesse dato al nostro amato Signore, all’adorata santa Vergine Maria e a tutti gli altri Santi di Dio. E per quale motivo?”;
“Quali formule avesse recitato al posto della Preghiera”.
Si richiedevano successivamente notizie su come si svolgevano i sabba:
“Quante volte ella si fosse allontanata [si cerca di arrivare al volo notturno, ndr]”;
“Su chi e in che modo”;
“A che ora; se ella fosse seduta davanti oppure dietro”;
“Quali parole ella avesse pronunciato prima di uscire”;
“Il nome dei luoghi nei quali era giunta”;
“Quali cibi vi fossero là”
“Che cosa avesse bevuto e da chi avesse ricevuto le bevande e a chi le avesse passate”; “Quali parole pronunciassero tra di loro durante il convivio e come si disponessero uno accanto all’ altro e come si decidesse chi doveva stare fuori sulla scopa”;
“Che tipo di candeliere avesse, e se alcuni non facessero luce in un modo strano e se ella stessa fosse illuminata”;
“Quanto tempo durasse il convivio, e quante persone fossero presenti, in ispecie durante un grande raduno”;
“Che cosa si facesse dopo il pasto e se ella contasse molto”;
“Quando si svolgeva una danza, quali compagni avesse nei ludi magici”;
“Se forse, a due a due, non si strofinassero sui fianchi e che cosa talvolta fossero soliti fare”;
“Se non vi fosse presente qualcuno a cui si dovesse rendere omaggio, e in che modo; se lui fosse seduto, oppure in piedi, come fosse vestito, chi fosse costui”
“Come ella avesse fatto in modo che suo marito, nel frattempo, non si svegliasse”.
L’inquisitore doveva poi capire se la casa avesse qualche rifugio per il diavolo:
“Con che frequenza ella si fosse recata nelle cantine e a che cosa queste fossero adibite: se fosse una cantina per il vino, per la birra o per l’idromele, quanto tempo fosse trascorso dalla prima volta”;
“Se si potesse bere da tutte le botti, e perché invece no?”;
“Dove si trovasse nel frattempo il suo diavolo incubo o se anche egli avesse bevuto”;
“Che parole avessero pronunciato nel passarselo l’un con l’altro”;
“Se si fossero verificati atti illeciti nella cantina, e con che frequenza”;
“Quante volte si fosse recata nelle camere e quali persone avesse angustiato e in che modo avesse organizzato queste stregonerie?”.
Gli unguenti, le pozioni e gli ingredienti per essi erano oggetto di indagine e, nell’indagine, entravano anche i bambini perché utilizzati come materia prima(16):
“Quante volte ella si fosse recata, durante la notte, al cimitero ed avesse preso parte all’esumazione di qualche bambino”;
“Cosa ne avesse poi fatto di questo bambino; ovvero, in che modo lo avesse cucinato: nell’ acqua o arrostito? In quale luogo se ne fosse cibata; chi avesse partecipato al banchetto e se il cibo l’avesse ben appagata”;
“Che cosa aveva fatto della carne avanzata e delle ossa”;
“Contro chi aveva utilizzato i filtri così ottenuti”.
Altre domande erano relative a come si provocavano le avversità atmosferiche:
“Quante volte ella avesse provocato il temporale e dove e da chi era stata aiutata?”
“Che cosa avesse utilizzato per tale scopo e su che cosa lo avesse fatto”;
“Se il temporale fosse scaturito immediatamente e quali danni ne fossero conseguiti; perché lo aveva fatto?”;
“Allo stesso modo, quante volte ella avesse provocato gelo e nebbia; che cosa avesse usato e quali danni ne fossero conseguiti”.
Seguivano le domande sui preliminari dei rapporti carnali, al di fuori del sabba, poi estesi ai veri e propri rapporti:
“Quante volte il diavolo fosse venuto a farle visita, a casa o in altro luogo, al di fuori delle orge danzanti”;
“In quale periodo dell’anno”
“Se egli fosse rimasto seduto oppure stesse in piedi; come ella lo avesse riconosciuto e pregato”;
“Se ella lo avesse adorato come proprio dio; e, quando ancora pregava, a chi avesse indirizzato una tal preghiera”;
“Se in quel momento ella fosse stata indotta a compiere con lui atti indecenti e se tali atti fossero stati consumati prima o dopo la preghiera”.
“Quante volte nell’anno il diavolo, al di fuori dei sabba, l’avesse indotta alla fornicazione [mixtura carnalis, ndr] e in che luogo; in casa o in quale altro sito?”
“Se ciò fosse accaduto durante la notte o di giorno”;
“Come avesse avuto percezione di lui”;
“Se il diavolo parlasse piano oppure forte”;
“Come ella lo avesse riconosciuto”;
“Come fosse vestito o, altrimenti, che sembianze avesse assunto”.
Sui malefici diretti alla salute, infine, si chiedeva:
“Come ella inoculasse negli uomini malattie tali che essi non potessero più guarirne e che nessuno fosse in grado di recare loro giovamento”;
“In quante coppie di coniugi avesse portato discordia, a tal punto che si fossero accapigliati e percossi a vicenda o non avessero più potuto stare insieme”.
Con questo possente e dettagliato armamentario si poteva procedere(17). Si deve notare la grande insistenza su questioni sessuali che veniva artatamente ingigantito come mostra dell’eterna sessuofobia delle chiese ed in particolare della cattolica che eredita San Paolo, il capo supremo dei misogino che diceva: La donna impari in silenzio, con tutta sottomissione. Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all’uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia (Prima lettera a Timoteo 2,11-15). Questa insistenza doveva poi trovare pieno sfogo sadico nelle torture che erano spesso rivolte ai genitali delle presunte streghe, in quanto avrebbero potuto avere rapporti sessuali con il diavolo in persona. Nel Malleus si descrivono alcune situazioni di rapporti sessuali tra la strega ed il diavolo incubo (quello appunto che aveva rapporti con streghe): rispetto alla strega il diavolo incubo opera sempre visibilmente e non gli è necessario avvicinarsi a lei invisibilmente perché tra loro c’è un patto esplicito. Tuttavia, per quanto riguarda gli astanti, le streghe molto spesso sono state viste giacere supine nei campi e nelle foreste, nude fin sopra l’ombelico. Con le membra e le gambe disposte per questa sporcizia si agitavano per la cooperazione dei diavoli incubi, invisibili agli astanti benché talvolta, alla fine dell’atto, un vapore nerissimo della lunghezza di un uomo si levasse nell’aria al di sopra della strega. E troviamo anche alcune arti in cui le streghe si dilettano: Queste streghe che […] collezionano membri virili in gran numero (venti o trenta) e li mettono nei nidi degli uccelli o li chiudono in casse nelle quali continuano a muoversi come membri vivi, mangiando avena o altre cose, così come qualcuno li ha visti e come racconta l’opinione comune. Conviene dire che tutte queste cose si devono all’azione e alle illusioni del diavolo. […] Un uomo racconta che aveva perso il suo membro e che per recuperarlo era ricorso a una strega. Questa ordinò al malato di salire su un albero e di sceglierne uno tra i molti che c’erano lì. Come rituale precedente alla tortura si raccomandava l’uso del ferro infuocato con cui togliere i peli dall’intero corpo della donna accusata allo scopo di trovarvi il marchio del Diavolo, che ne avrebbe provato la colpevolezza. Seguiva la tortura che si basava in gran parte su marchingegni che riguardavano il sesso. La tortura in tal senso più orrenda era Il topo: un topo vivo era inserito nella vagina o nell’ano della persona sospettata con la testa rivolta all’interno del corpo, e talvolta l’apertura veniva ricucita per evitare che l’animale fuoriuscisse dal corpo non prima di aver lacerato le carni del torturato. Altra tortura, pensata specificamente per le donne era L’Annodamento: i lunghi capelli erano annodati attorno ad un palo e uomini robusti facevano ruotare il palo, spesso causando la lacerazione dello scalpo. Altre particolari torture erano: Il dissanguamento (un taglio sopra il naso e la bocca causava la morte per dissanguamento); Le Turcas (tutte le unghie venivano strappate al loro posto erano inseriti aghi); La Vergine di Norimberga (una simulacro di donna in legno dentro il quale veniva posta la persona, una volta al suo interno lunghi aculei affilati trafiggevano il corpo del torturato senza colpire parti vitali che causavano una lunga e dolorosa agonia); La Pulizia dell’Anima (l’anima corrotta era purificata con l’ingestione obbligata di carbone, acqua calda e sapone); La Culla della Strega (la strega era rinchiusa in un sacco, appesa ad un ramo e fatta oscillare, questo movimento continuo creava confusione ed induceva la stessa a confessare); L’Impalamento (la persona torturata veniva spogliata, issata ad un palo con un oggetto a forma di piramide triangolare fissato alle sue estremità, il torturato era fatto sedere in modo tale che la punta della piramide penetrasse nel retto o nella vagina, in seguito pesi erano legati ai piedi ed alle mani del torturato); L’acqua ingurgitata (l’accusata, incatenata mani e piedi, è costretta a ingurgitare più di 9 litri d’acqua, e ancora altrettanti se il primo tentativo non risulta convincente). Come prova specifica per riconoscere una strega si utilizzava La prova dell’acqua (si doveva immergere la presunta strega nell’acqua di un fiume, di uno stagno o di un canale, talvolta legata a una grossa pietra. Se la donna galleggiava, significava che il diavolo desiderava salvarla e quindi la donna era colpevole e veniva giustiziata. Se invece l’accusata andando a fondo affogava, veniva ritenuta innocente). Una variante della precedente prova era quella dello sgabello (la donna veniva legata ad un sedile che impediva ogni movimento delle braccia. Questo sedile veniva poi immerso in uno stagno o in un luogo paludoso e molto spesso si moriva per il freddo che si provava)(18). Non si creda però che le poche torture qui riportate esauriscano l’inventiva dei sadici inquisitori. Il resoconto di una sessione di tortura deliberata dalla Chiesa di Scozia sulla povera Beatrix Laing (accusata di stregoneria per delle crisi epilettiche che ebbe un ragazzo Patrick Morton per il fatto che, passando davanti a casa di Beatrix, pensò che la donna ce l’avesse con lui) nel 1705 è, pur senza gli strumenti ora citati, spaventoso:
L’imputata venne fatta gettare nella prigione di Pittenweem dal ministro e dai suoi magistrati; e poiché ella non voleva confessare di essere una strega e di operare in combutta con il diavolo, la torturarono impedendole di dormire per cinque giorni e cinque notti, e trafiggendole continuamente con strumenti le spalle, la schiena e le cosce, così che il sangue sgorgava in grande quantità e la vita era diventata un peso per lei; ed essi la spronavano senza sosta a confessare, e l’imputata disse molte cose sotto loro indicazione pur di essere liberata dalla tortura, ma dal momento che poi dichiarò pubblicamente di avere in precedenza mentito asserendo di aver visto il diavolo eccetera, venne messa ai ceppi per molti giorni e poi portata al buco del ladro, e da qui in una buia segreta, dove non le fu permesso di avere luce, né di parlare con alcuno; in questa condizione la lasciarono per cinque mesi di fila. Alla fine, essendo riuscita a trovare il modo di fuggire dalla detta segreta, ella andò vagando per strani luoghi quasi morta di fame e di freddo, anche se, e di questo rendeva grazie a Dio, a casa aveva di che vivere, ma non osava avvicinarsi, temendo l’ira e la violenza della gente.
C’è da aggiungere al dettagliato manuale dei due domenicani tedeschi quanto scrisse un altro teorico dell’estirpazione della stregoneria, il colto teologo gesuita fiammingo (ma originario spagnolo) Martin Del Rio (1551-1608), nel suo Disquisitionum magicarum libri sex, in tre volumi (1600. Egli, soprannominato da Voltaire il procuratore generale di Beelzebuth, oltre a riportare una casistica monumentale, minuziosa ed esauriente di ogni fenomeno magico ed occulto, descrisse con cura il simbolo del diavolo, lo stigma, che doveva essere cercato sul corpo delle streghe (era questo il motivo per cui venivano completamente rasate). Così scriveva:
“Il Maligno suole imprimere il suo marchio o come si dice STIGMA nelle parti meno visibili del corpo dei suoi adepti, alla maniera che si usa contro gli schiavi fuggiaschi: questo S. non è affatto sensibile e si rivela indolore anche se viene trafitto con uno stilo acuminato. Nen v’è quindi da meravigliarsi se trattando tale argomento viene in mente la figura dell’Anticristo, quando negli ultimi tempi del suo imperio dovrebbe prendere la costumanza di segnare la carne dei propri seguaci, sulle mani od in fronte, con la figura simbolica della Bestia, cioè del Diavolo: su questo ha scritto S. Giovanni nell’Apocalisse (13, v.16) precisando che siffatto osceno marchio deve venire interpretato alla lettera, come disegno od arcana parola . In conformità al suo giudizio scrivono tanto Primasio che Ansberto che ancora il Domino Ippolito, precisando che, sin dall’inizio dei tempi, il Maligno si è adoperato ad emulare Dio. Quest’ultimo, come si legge nell’Antico Testamento, ordinò che i suoi fedeli venissero segnati colla pratica della circoncisione che, secondo gli ordinamenti del Vangelo, venne poi sostituita dal battesimo come peraltro sostengono Gregorio di Nazianzio e Ieronimo: Satana parimenti, ispirandosi al contenuto dei libri sacri, volle allora che anche gli eretici suoi seguaci, fra cui quanti praticano la magia, portassero impresso nella carne un segno del suo dominio. Autori serissimi e credibili sostengono questa ipotesi ed oltre ad Ireneo (per cui ai discepoli del Maligno il marchio è apposto dietro l’orecchia destra) è da ricordare Tertulliano il quale dice che Satana “per emulare e rovesciare in negativo il contenuto dei Sacramenti suol ungere i suoi fidi, promettendo l’espiazione dei crimini perpetrati col bagno votivo nelle acque infernali: inoltre egli li marchia per sempre, come suoi soldati, proprio sulla fronte, iniziandoli al culto del dio “Mitra”.
Ma chi sono questi seguaci cui allude Tertulliano? A mio avviso si tratta dei Basilidiani, quelli che veneravano Abraxas, che poi, stando al parere del citato Ieronimo, altri non è che il possente Mitra: tanto antica è dunque la consuetudine diabolica di marchiare i seguaci del male…coloro che hanno ricevuto nella carne questo marchio, che è simbolo d’obbedienza agli ordini demoniaci, promettono di pervertire le Sante Costituzioni, di dedicarsi ad orgie e manifestazioni di delirio, di non venerare nè rispettare l’Eucarestia, di oprare ingiuriosamente, con bestemmie ed offese, sia contro la Beata Vergine che gli altri Santi ed ancora di devastare, per quanto possibile, ogni addobbo sacro e qualsiasi simbolo della cristianità come le sacre immagini devozionali, il segno stesso della croce, l’acqua che purifica, il sale benedetto, le ceree torce devozionali già benedette dai sacerdoti. Queste medesime creature vendutesi al Maligno promettono altresì di tenere ben nascosto questo loro patto infernale, di servire al meglio il loro padrone e, in giorni ben stabiliti, di raggiungere, possibilmente volando, i luoghi in cui si radunano le armate di Satana. In compenso di tanta remissione e fedeltà il Demonio offre loro la promessa di soddisfarne i desideri terreni ed una volta defunti di ascriverli tra i suoi favoriti nel regno delle tenebre: da questi accordi, per me, non deriva tuttavia un rapporto di equilibri ed un patto giusto, comportante reciproci diritti ed obblighi: una volta che siano defunti, infatti, questi uomini vendutisi al male resteranno schiavi del Maligno, sottomessi alla più tormentante fra le prigionie“.
A queste indagini teologiche sui corpi delle persone (ed in particolare sul voler frugare nel corpo delle donne) serviva una veste giuridica che un magistrato inquisitore francese come Pierre de Lancre (1553-1631) fornì subito in vari suoi lavori e particolarmente nel Tableau de l’inconstance des mauvais anges et démons (1612):
Le confessioni rese da streghe e stregoni concordano con indicia così forti da poterli considerare autentici, reali e non ingannevoli né illusorio Ciò libera i giudici da qualsiasi dubbio possano nutrire. Infatti, quando esse [le streghe] confessano di avere commesso infanticidio, i genitori trovano i figli soffocati o completamente svuotati del sangue. Quando affermano di avere dissotterrato cadaveri e violato la sacra natura delle tombe, si scopre che i corpi sono stati portati via e non si sa dove siano finiti. Quando confessano di aver dato un brandello della loro veste in pegno a Satana, si trova sulla loro persona questo segno rivelatore. Quando dicono di avere gettato il malocchio su esseri umani o animali (e talvolta ammettono di averli curati), appare evidente che questi sono stati colpiti da maleficio, hanno riportato ferite o sono stati guariti. Di conseguenza, non si tratta di un’illusione. È questa la prima regola che ci rende chiaro cosa abbia fatto la strega, attraverso la sua confessione corroborata sia da convincenti indicia e da presunzioni molto gravi e forti, sia da irreprensibili testimoni.
La seconda regola per riconoscerle è sapere se Satana può fare le cose che esse confessano o ciò che i testimoni dichiarano contro di loro. Ora … volare per l’aria e fare qualsiasi altra cosa di cui sono accusate non è soltanto possibile per lui, ma estremamente facile.
La terza regola deriva dalla natura e dal gran numero dei testimoni, e dalle innumerevoli streghe curate e salvate per grazia di Dio e intercessione della Chiesa, che costituiscono una prova altrettanto valida e veritiera di quelle che non sono state redente: cinquecento bambini del Labourd, in verità più di mille (anche se questa è solo una piccola regione), vengono condotti ogni giorno ai convegni delle streghe da queste donne malvagie che hanno tutte ricevuto e recano il segno del diavolo; e quasi altrettanti dormono ogni notte nella chiesa, assai più al sicuro di quelli che, se dormono una sola notte all’esterno, ricadono nelle grinfie di Satana per mezzo della strega che di solito li portava al sabba; avvenimenti che si accordano tra loro, una notevole armonia di varie cose diverse l’una dall’altra e l’universale concordanza di tutte le nazioni, per quanto distanti tra loro. secondo cui [le streghe] narrano e descrivono le stesse cose. Se si trattasse di sogni, come potrebbero avere lo stesso marchio? Come è possibile che capiti loro la stessa cosa, e che questa avvenga nello stesso luogo, nello stesso periodo, nello stesso giorno e alla stessa ora? I medici affermano che la quantità e la qualità di ciò che le persone mangiano rendono i sogni diversi, e altrettanto fanno la differenza di età e quella della temperatura dei loro umori. Quelli che hanno a che fare con la stregoneria, invece, sognano la stessa cosa, siano essi grassi o magri, vecchi o giovani, uomini o donne, biliosi o flemmatici, ottimisti o malinconici !.
Di processi o individuali o collettivi contro le presunte streghe, abbonda la letteratura, anche perché l’isteria collettiva non era solo delle streghe ma anche di preti e magistrati che riferivano di così tanti bambini vittime di streghe. Occorre anche fare attenzione a chi ancora oggi tenta di fare affari inventando storie macabre, spacciate per vere. La bibliografia che fornisco potrebbe essere d’aiuto a chi volesse approfondire. Vorrei qui fare qualche esempio di leggende tramandate fino a noi e di veri tragici processi.
STREGHE DI BENEVENTO
Il citato San Bernardino da Siena, tra le sue prediche contro le streghe, prediche che erano annotate da un suo fedele, ebbe anche a parlare delle streghe di Benevento con queste parole:
Elli fu a Roma uno famiglio d’uno cardinale, el quale andando a Benivento di notte, vidde in sur una aia ballare molta gente, donne e fanciulli e giovani; e così mirando, elli ebbe grande paura. Pure essendo stato un poco a vedere, elli s’asicurò e andò dove costoro ballavano, pure con paura, e a poco a poco tanto s’acostò a costoro, che elli vidde che erano giovanissimi; e così stando a vedere, elli s’asicurò tanto, che elli si pose a ballare con loro. E ballando tutta questa brigata, elli venne a suonare mattino. Come mattino tocò, tutte costoro in un subito si partiro, salvo che una, cioè quella che costui teneva per mano lui, che ella volendosi partire coll’altre, costui la teneva: ella tirava, e elli tirava. Vedendola costui sì giovane, elli se ne la menò a casa sua: e odi quello che intervenne; che elli la tenne tre anni con seco, che mai non parlò una parola. E fu trovato che costei era di Schiavonia. Pensa ora tu come questo sia ben fatto, che elli sia tolto una fanciulla al padre e alla madre in quel modo. E però dico che là dove se ne può trovare niuna che sia incantatrice o maliarda, o incantatori o streghe , fate che tutte siano messe in esterminio per tal modo, che se ne perde il seme.
Da alcune testimonianze sappiamo che nella curia arcivescovile della città erano conservati i verbali di circa 200 processi per stregoneria che furono distrutti nel 1860, prima dell’arrivo di Garibaldi, ad evitare che fossero usati in una campagna anticlericale. Al di là delle favole di Bernardino i processi veri si fecero a Benevento. Qualche documento di processo, fatto altrove ma riguardante in qualche modo Benevento, resta. Nel 1428 si ebbe a Todi il rogo di Matteuccia di Francesco, del paesino di Ripabianca presso Deruta, accusata di essere una strega. Durante l’interrogatorio sotto tortura della malcapitata, disse che dopo essersi unta di grasso di avvoltoio, sangue di nottola e sangue di bambini lattanti, invocava il demonio Lucibello, che le appariva in forma di caprone, la prendeva in groppa e, tramutato in mosca, veloce come il fulmine, la portava al noce di Benevento dove erano radunate moltissime streghe e demoni capitanati da Lucifero maggiore(20). La formula per volare era la seguente:
“Unguento, unguento,
mandame a la
noce di Benivento
supra acqua et supra ad vento
et supra ad omne maltempo”.
In questa invocazione compare l’altra famosa leggenda, quella della noce di Benevento che sarebbe stato uno dei luoghi preferiti da streghe e demoni per i loro sabba. Vale la pena, per cercare di capire, ricordare per sommi capi alcuni fati storici. Durante l’impero romano Benevento era una regione in cui si era diffuso il culto della dea egizia Iside, dea della Luna. E ciò non era una storiella poiché l’imperatore Domiziano aveva eretto in quei luoghi un tempio. Iside era poi stata identificata in altre religioni con Ecate, dea degli inferi e Diana dea della caccia. Si può quindi capire che vi sono i seguenti ingredienti: la Luna che è la notte, gli inferi che sono il regno dei diavoli, Diana che nella simbologia della stregoneria è una sorta di identificativo per le streghe. Quella zona fu successivamente scelta dai Longobardi (VII secolo) per loro riti particolari tra cui ve ne era uno che prevedeva che le donne della tribù ballassero intorno ad una noce cantando ad alta voce ed un altro di tali riti, propiziatorio per la battaglia, prevedeva ancora un carosello di uomini a cavallo intorno ad un albero da cui pendeva la pelle di un caprone. Una leggenda successiva, in contrasto con i dati storici ma quando si parla di queste cose la storia è una strega, spiega la sparizione dell’albero. Un prete di nome Barbato accusò i longobardi di idolatria ed approfittò di un assedio per ottenere la promessa dal capo Romualdo che se gli invasori se ne fossero andati avrebbero rinunciato a tali riti. per grazia divina l’assedio finì e Romualdo fece estirpare l’albero di noce intorno a cui si realizzavano le loro cerimonie facendo erigere in suo luogo una chiesa. Il cristianesimo tentò così di estirpare ogni rito che richiamasse alte religioni e quindi lavorò per estirpare ogni residuo di paganesimo in quelle terre. Per farlo doveva demonizzare il tutto e le associazioni vennero di conseguenza, con le donne longobarde che si tramutarono in streghe (o lamie, figure in parte umane e in parte animalesche) adoratrici del demonio-caprone e dedite a riti orgiastici. Ed a partire dagli inizi del XIII secolo la leggenda si materializzò in una serie di racconti relativi alla presenza di streghe in quella terra ballando intorno ad un noce rinato da quello estirpato. Scrive Wikipedia sui malefici delle streghe di Benevento:
La leggenda vuole che le streghe, indistinguibili dalle altre donne di giorno, di notte si ungessero le ascelle (o il petto) con un unguento e spiccassero il volo pronunciando una frase magica, a cavallo di una scopa di saggina o, secondo altre versioni, in groppa ad un «castrato negro» voltandogli le spalle. Contemporaneamente le streghe diventavano incorporee, spiriti simili al vento: infatti le notti preferite per il volo erano quelle di tempesta. Si credeva inoltre che ci fosse un ponte in particolare dal quale le streghe beneventane erano solite lanciarsi in volo, il quale perciò prese il nome di ponte delle janare, distrutto durante la seconda guerra mondiale.
Ai sabba sotto il noce prendevano però parte streghe di varia provenienza. Questi consistevano di banchetti, danze, orge con spiriti e demoni in forma di gatti o caproni, e venivano anche detti giochi di Diana.
Dopo le riunioni, le streghe seminavano l’orrore. Si credeva che fossero capaci di causare aborti, di generare deformità nei neonati facendo loro patire atroci sofferenze, che sfiorassero come una folata di vento i dormienti, e fossero la causa del senso di oppressione sul petto che a volte si avverte stando sdraiati. Si temevano anche alcuni dispetti più “innocenti”, per esempio che facessero ritrovare di mattina i cavalli nelle stalle con la criniera intrecciata, o sudati per essere stati cavalcati tutta la notte.
Le janare, grazie alla loro consistenza incorporea, entravano in casa passando sotto la porta (in corrispondenza con un’altra possibile etimologia del termine da ianua, porta). Per questo si era soliti lasciare una scopa o del sale sull’uscio: la strega avrebbe dovuto contare tutti i fili della scopa o i grani di sale prima di entrare, ma nel frattempo sarebbe giunto il giorno e sarebbe stata costretta ad andarsene. I due oggetti hanno un valore simbolico: la scopa è un simbolo fallico contrapposto alla sterilità portata dalla strega, il sale si riconnette con una falsa etimologia alla Salus.
Se si era perseguitati da una janara, ci si liberava di essa urlandole dietro «Vieni domani a prendere il sale!»; se si nominavano le janare in un discorso, si scongiurava il malaugurio con la frase «Oggi è sabato».
Altri processi alle presunte streghe di Benevento riguardano Mariana di San Sisto, Bellezza Orsini e Faustina Orsi. Di tali processi ci informa il giornale Realtà Sannita:
“Il nome di Benevento viene fatto in uno solo dei processi esaminati dal Nicolini e precisamente in quello del 1456 a carico di Mariana di San Sisto, conclusosi col rogo. Ella viene accusata di andare con una sua compagna «ad surchiandum pueros et una nocte dicti mensi Iulii dicta Mariana et eius sotia in facie et corpore ipsarum se unserunt cum certis unguentis diabolicis et incantatis per dictam mulierem sotiam dicte Mariane, inter alia dicendo: “Unguento, menace a la noce de Menavento, sopra l’acqua e sopra al vento” et de nocte accesserunt ad nuces et arbores nucum ubi sole et sine lumine tripudiabant».
Mariana è accusata di aver ridotto in fin di vita il figlioletto di Paolo Giacomo, detto Barbiere, e di Flora Schiavo. Condannata a pagare in prima istanza una multa di 1300 danari nel termine di dieci giorni, ella risultò insolvente e per questo fu condannata «ad essere bruciata col fuoco in modo tale che muoia».
In due processi tenuti al Santo Uffizio di Roma nel XVI secolo, raccolti da Bertolotti nel 1883, durante gli interrogatori salta fuori il nome di Benevento e le danze sotto al noce. Il primo processo era a carico di Bellezza Orsini , accusata di malefici e venefici. Ella era esperta di erbe e fabbricava medicine. Un giovane in cura presso di lei morì in seguito a malattia, ma i parenti del morto accusarono Bellezza d’averlo stregato e ucciso. Accanto a questa denuncia se ne raccolgono anche altre. Bellezza fu condotta nel carcere di Fiano e sottoposta a numerosi interrogatori con tortura, durante i quali ella «confessò» fra le altre cose: «Andamo alla noce de Benevento e illi [lì] facemo tucto quello che volemo col peccato renuntiamo al baptismo e alla fede e pigliamo per signore e patrone el diavolo e facemo quel che vole luj e non altro». E più avanti ribadisce: «E andamo alla noce de Benevento dove ce reducemo tucte insieme e illi facemo gran festa e jova [gioco] e pigliamo piacere grande e poi il diavolo piglia quattro frondi de quella noce e cusì ne ritornamo a casa e dove volemo ad streare [stregare] e far male ad qualcheduno…». Inoltre riporta la formula per volare: «Unguento, unguento, portace alla noce di Benevento, per acqua e per vento e per ogni maltempo». Stremata dalle torture la povera Bellezza Orsini si suiciderà in carcere, colpendosi più volte la gola con un chiodo. Sfuggirà così al rogo. Secondo Bellezza la riunione a Benevento si teneva ogni tre anni.
Il secondo processo è datato al 1552 ed è a carico di Faustina Orsi , accusata di aver stregato dei bambini, uccidendoli con i suoi farmaci. Anche ella confesserà sotto tortura. All’epoca del processo Faustina ha ottanta anni e ripete il solito incantesimo: «Unguento mio unguento, sopra acqua e sopra vento portami alla noce del Benevento». Qui con altre quattro o sei donne balla e canta; racconta di esservi stata trenta o quaranta volte in tutta la vita, ma che manca alle riunioni da due anni perché si è pentita. Nella sua confessione manca l’abbondanza di particolari fornita da Bellezza, ma ella è bruciata ugualmente come strega”.
LE STREGHE DI TRIORA, LA SALEM D’ITALIA
Una vicenda di estrema gravità accadde a Triora nel 1587, nell’entroterra ligure, in provincia di Imperia. La riporto nel racconto di Ippolito Edmondo Ferrario:
Sul finire dell’ estate del 1587 a Triora, millenario borgo di montagna del Ponente ligure, tirava una brutta aria; da circa due anni la gente non aveva più di che sfamarsi e nel giro di pochi giorni alcune donne che abitavano alla periferia del paese furono ritenute responsabili di questa presunta carestia. L’ accusa? Essere streghe, o meglio bagiué, secondo il dialetto locale. Queste sono le premesse con le quali ha inizio uno dei più feroci processi alle streghe in Italia, per nulla inferiore in quanto a drammaticità a quelli di Loudun e di Salem, rispettivamente in Francia e in America. All’ epoca dei fatti, Triora era un borgo fortificato al centro di intensi traffici commerciali tra il Piemonte, la costa e la vicinissima Francia. Politicamente dipendeva da Genova, di cui era podesteria, difesa da ben cinque fortezze al cui interno era di stanza una guarnigione di soldati della Repubblica. Nell’ ottobre del 1587 il Parlamento locale, composto per lo più da persone rozze e ignoranti, con il beneplacito del Consiglio degli Anziani e del Podestà, stanziò cinquecento scudi per imbastire un processo; una cifra enorme in relazione alla condizione economica del borgo stesso. L’autorità ecclesiastica non tardò a intervenire; giunsero infatti il vicario dell’ Inquisitore di Genova e il vicario dell’ Inquisitore di Albenga, Gerolamo Del Pozzo. La prassi del tempo consisteva nel celebrare messa nella chiesa parrocchiale, invitando il popolo alla delazione. Il processo di Triora non stupisce inizialmente per il suo corso che ricalca nella sostanza molti altri con tutte le ripercussioni del caso. Si confiscarono alcune abitazioni private da adibire a prigione e non tardarono ad arrivare le prime vittime della giustizia: tra le prime venti donne incarcerate morirono la sessantenne Isotta Stella e un’ altra donna, quest’ultima nel tentativo di calarsi da una delle finestre del carcere. Di streghe morte la storia ne e’ piena, ma ciò che lascia perplessi e’ l’evolversi della situazione. Il Consiglio degli Anziani, essenzialmente composto dai proprietari terrieri, mostrò le sue perplessità verso il processo quando le prime “matrone” di Triora furono incarcerate. La delazione, gli odi e le invidie personali stavano dilagando a tal punto da mettere sullo stesso piano, di fronte alla macchina della giustizia, le nobildonne come le prostitute e le emarginate che “sopravvivevano” alla Cabotina, un quartiere composto da misere abitazioni, vista precipizio, che si ergeva all’esterno delle mura del paese.
I due inquisitori non riuscirono a concludere il processo causa il repentino allargamento delle accuse a tutto il tessuto sociale.
Il dramma di Triora era solo all’inizio. Il governo di Genova intervenne personalmente nella questione. Il vescovo di Albenga, Mons. Luca Fieschi chiese spiegazioni al Del Pozzo sul suo operato attraverso una missiva. Tra i due iniziò un breve rapporto epistolare che non cambiò la sorte delle donne incarcerate ancora in attesa di giudizio.
Il Del Pozzo sosteneva la presenza del Maligno come elemento portante della sua difesa; contemporaneamente anche il Consiglio degli Anziani ritirò le proprie perplessità precedentemente espresse riaffermando il proprio appoggio all’operato degli inquisitori.
Gli storici ipotizzano una rassicurazione verbale da parte di Del Pozzo sulla sorte delle nobildonne e su una sua promessa di non estendere le accuse ai notabili del posto.
Nel frattempo però il processo subì un rallentamento; nel gennaio del 1588 i due inquisitori partirono da Triora, lasciando dietro di sé una situazione drammatica. Da qui in poi e’ un susseguirsi di lettere al governo genovese e richieste di aiuto che cadono inascoltate.
Il Parlamento locale, iniziale fautore del processo, mutò rapidamente opinione, incaricando il notaio triorese Basadonne di scrivere a Genova per chiedere una rapida revisione del processo. Si attese fino a maggio per ottenere la visita inconcludente del padre inquisitore Alberto Fragarolo che dopo qualche interrogatorio lasciò Triora senza risolvere la situazione, esattamente come i suoi predecessori. Nel mese di giugno arrivò l’autentica svolta della vicenda, quella che nessuno però si sarebbe augurato. Il giorno 8 giunse a Triora, mandato da Genova, il commissario speciale Giulio Scribani, già Pretore a San Romolo, paese dell’entroterra di San Remo. Un mese dopo, in una sua lettera a Genova, lo Scribani affermava in maniera inquietante di essere giunto a Triora “per smorbar di quella diabolica setta questo paese che resta quasi per tal conto tutto desolato”. Nel frattempo avvenne un avvicendamento di podestà; Stefano Carrega lasciò il posto a Gio Batta Lerice. Lo Scribani per prima cosa inviò nelle carceri genovesi tredici donne e il solo uomo che giacevano nelle prigioni trioresi al suo arrivo. Da qui in poi sarà un escalation di arresti e torture.
Nei mesi successivi lo Scribani imperversò in tutta la zona aprendo nuovi casi e facendo morire donne innocenti. Per l’ennesima volta si verificò un colpo di scena: di fronte alla richiesta del via libera per decine di condanne a morte, il Doge iniziò a nutrire i primi dubbi sull’operato del commissario. Perplessità che sfociarono in una richiesta allo Scribani di attenersi alle confessioni e soprattutto di provarne la veridicità con riscontri reali e plausibili. Il richiamo cadde nel vuoto. Lo Scribani era ormai un cane sciolto. Genova affidò la revisione del processo all’uditore e consultore Serafino Petrozzi che sottolineò come lo Scribani si fosse interessato a reati connessi alla stregoneria, materia di esclusiva competenza dell’Inquisizione. Ma anche il Petrozzi concluse la sua relazione dicendo che la questione era troppo delicata e la possibilità di commettere errori elevata. In pratica se ne lavò le mani. Lo Scribani nel frattempo continuava a incarcerare donne e a difendersi dalla critiche con numerose lettere.
Genova, seguendo una tragica prassi burocratica, affiancò al Petrozzi due giureconsulti: Giuseppe Torre e Pietro Allaria Caracciolo.
La situazione divenne paradossale: i due nuovi revisori dopo una breve analisi del caso si dichiararono concordi con lo Scribani e convinsero anche il Petrozzi.
Lo Scribani si sentì così autorizzato a proseguire; a Triora e nei borghi confinanti come Andagna, Bajardo, Montalto Ligure si registrarono le morti di tante innocenti.
Prima di vedere uno spiraglio si dovranno attendere mesi. Lo Scribani per il suo scellerato operato subì la scomunica da parte dell’ Inquisizione stessa, rimessagli poi, per intervento del Doge, il 15 agosto 1589.
Il 28 aprile 1589 fu la Chiesa a dare un segnale di speranza concreto: i cardinale Sauli e quello di Santa Severina, fecero giungere l’ordine di chiudere i processi e per la prima volta, come si legge nella loro missiva, le streghe di Triora vennero chiamate “sudditi della Signoria” restituendo, almeno a parole, dignità alle innocenti. Nel frattempo altre due donne passarono a miglior vita; il 27 maggio toccò al Doge lamentarsi con il Cardinale Sauli del fatto che ancora non si fosse fatto niente. Solo il 28 agosto il Cardinale di Santa Caterina confermò la volontà dell’Inquisizione di chiudere i processi. E così la parola fine fu posta a sigillo dell’intera vicenda.
Che fine fecero le streghe di Triora? Morirono in carcere o furono liberate?
Da qui in poi il loro triste destino sprofonda nell’oblio del tempo per la mancanza di documenti.
Sulla fine della vicenda gli storici si sono espressi in maniera differente. Alcuni sostengono che le donne rinchiuse a Genova furono liberate: la prova sarebbe leggibile nei registri parrocchiali di San Martino di Struppa, paese della Val Bisagno, a quel tempo colonia penale di Genova. Dal 1600 in poi compare il cognome Bazoro e Bazura che richiama inequivocabilmente bagiua, termine con il quale sono chiamate le streghe a Triora.
Su quelle incarcerate a Triora si sa ben poco. Alcuni ipotizzano che siano state liberate e che abbiano partecipato alla costruzione di quel convento di San Francesco i cui lavori iniziarono nel 1592 e terminarono nel 1595.
Al di là della drammaticità della vicenda le ipotesi più recenti sul processo hanno portato all’esame di alcune grandi anomalie che farebbero pensare che dietro all’accusa di stregoneria, il grande processo servì a nascondere situazioni al limite della legalità che vedevano il coinvolgimento delle stesse famiglie nobili di Triora.
Ecco qui di seguito alcuni punti sui quali gli storici si sono soffermati in questi anni:
– Per anni la causa del processo fu imputata ad una carestia che perdurava dal 1585; ciò sembrerebbe improbabile, vista la nomea di “granaio della repubblica” che Triora godeva a quei tempi. Si è pensato quindi ad una manovra speculativa dei latifondisti trioresi interessati all’innalzamento del prezzo delle derrate alimentari da rivendere a Genova, derrate però che non riuscivano più ad essere acquistate dai propri concittadini. In questo caso le streghe sarebbero state un capro espiatorio perfetto.
– Tra le accuse mosse alle streghe compare spesso quella di infanticidio. Dall’analisi del Liber Mortuorum et Baptizatorum di quegli anni non si rileva un innalzamento della mortalità infantile. L’ipotesi più credibile è quella della presenza di esperte levatrici che spesso si vedevano costrette a somministrare battesimi non ufficiali prima di dare sepoltura ai bambini nati morti, a loro volta sepolti sul sagrato della chiesa di S. Bernardino. Questa diffusa pratica, mal tollerata dalla religione ufficiale, potrebbe essere una delle cause dell’odio scatenato verso queste donne che conoscevano le proprietà curative delle erbe medicinali.
– Significativa è la figura del medico di Triora, tale Luca Borelli, che fino alla fine del processo sostenne l’operato degli Inquisitori, anche quando a finire negli ingranaggi della giustizia fu la sua parente Franchetta Borelli. Lo stesso medico, dopo la vicenda, fu accusato nel 1608 di essere il fautore di una cospirazione filosabauda ai danni di Genova.
– Il processo alle streghe potrebbe essere servito a distrarre l’attenzione da un processo che in quegli anni riguardò il canonico di Triora Marco Faraldi, giudicato in contumacia e accusato di falsa monetazione e ricerche alchemiche.
In definitiva un’oscura trama di rapporti politici, economici e interessi personali fa da sfondo ad una delle pagine più nere della nostra storia.
Il caso di Franchetta Borelli
In questo dramma collettivo rimane viva negli atti, conservati presso l’Archivio di Stato di Genova, la testimonianza di Franchetta Borelli sottoposta dallo stesso Scribani a più di un giorno di tortura al cavalletto.
Franchetta apparteneva a una delle famiglie nobili di Triora; le cronache del tempo parlano di lei come di una donna bella e ricca, non sposata, e che in gioventù era stata una prostituta. Chiamata in causa da altre donne, Franchetta venne torturata una prima volta per una notte durante la quale confessò alcune accuse, ma successivamente si chiuse nel silenzio. Grazie all’intervento del suo avvocato e alla parola del fratello Quilico, pronto a sborsare una somma di mille scudi come cauzione, le furono concessi gli arresti domiciliari. Lo Scribani non era sicuro dell’innocenza della donna, ma accettò il compromesso. Senonché Franchetta tentò la fuga da Triora, costringendo il fratello a versare la somma e facendo rischiare il carcere a un tale di nome Buzzacarino che aveva garantito per lei. Franchetta decise allora di tornare a Triora per affrontare il proprio destino. La sua dolorosa odissea nelle mani dello Scribani ebbe inizio; ore e ore di continui tormenti durante cui la presunta strega dirà emblematicamente “Io stringo i denti e poi diranno che rido”. In ventuno ore e più di supplizio Franchetta alternò momenti di sconforto e di silenzio a pensieri innocenti, rivolti al suo amato borgo e ai suoi familiari. Si offrì di riparare le scarpe rotte a un suo parente che la assisteva e si preoccupò del vento freddo che soffiava fuori dalla prigione, nocivo alla maturazione delle castagne. L’epilogo della vicenda di Franchetta diventa oscuro per mancanza di documenti certi. Un solo dato fa sperare bene sulla sua sorte. La presunta strega morì il 2 gennaio 1595, diversi anni dopo il processo. Fu seppellita in terra consacrata, nella chiesa dei SS. Pietro e Marziano, fuori dalle mura, edificio che già allora però iniziava ad essere abbandonato in favore della chiesa della Collegiata.
Un processo sepolto nella storia
Il processo di Triora venne per la prima volta riesumato dallo storico Michele Rosi nel suo libro “Le streghe di Triora in Liguria” pubblicato nel 1898 e successivamente da Siro Attilio Nulli ne “I processi alle streghe” del 1939. I due studiosi ebbero il merito di analizzare gli atti del processo conservati all’Archivio di Stato di Genova.
Si dovettero aspettare alcuni anni per avere nuovi saggi, più ampi e approfonditi. Primo fra tutti a riportare il processo alla ribalta, intuendone anche le potenzialità turistiche, fu Padre Francesco Ferraironi, parroco di Triora, e suo insigne studioso. Nel 1955 pubblicò “Le streghe e l’inquisizione” e nel 1973, insieme alla nipote Amabile, il volume “Streghe o maliarde“. Costui, prima del 1945, ebbe l’opportunità di consultare l’archivio comunale di Triora nel quale si conservavano le testimonianze del processo. Nello stesso anno l’archivio fu dato alle fiamme dai nazisti che fecero saltare parte del paese durante la loro ritirata.
Da segnalare l’influsso che Triora, con le sue vicende, ha esercitato in campo letterario: ai fatti del 1587 si ispirarono gli scrittori Remo Guerrini (La strega) e Minnie Alzona (La strega).
Negli ultimi anni diversi saggi hanno scandito le ricerche sul processo: da ricordare quelli di Gian Maria Panizza, Sandro Oddo, Stefano Moriggi. A breve, nel cuore di Triora, in quello che fu Palazzo Stella, aprirà i battenti il Centro Studi Internazionale sulla Stregoneria. Dal 1988 il borgo ligure ospita ogni quattro anni il Convegno Nazionale sulla Stregoneria.
Curiosità e misteri
Il nome Triora deriverebbe dal latino “tria ora”, cioè “tre bocche”, esattamente come le tre bocche di cerbero, il cane infernale posto a guardia degli inferi e raffigurato sullo stemma comunale di Triora.
Secondo la tradizione la chiesa della Collegiata sorgerebbe su un precedente “fanum” pagano.
Nei pressi di Triora, al passo della Mezzaluna, si erge un antichissimo “menhir”, testimonianza di precedenti culti pagani.
Nella chiesa romanica di S. Bernardino è visibile un affresco di Giovanni Canavesio raffigurante un Giudizio Universale con tanto di streghe ed eretici fatti a pezzi e bambini, morti senza ricevere il battesimo, posti sotto le gigantesche ali da pipistrello di un demone.
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Bibliografia:
F. Ferraironi, “Le streghe e l’inquisizione“, 1955
S.Oddo, “Bagiué. Le streghe di Triora. Fantasia e realtà“, Pro Triora editore, 1994
C.Coppo, G.M.Panizza “La pace impossibile. Indagini ed ipotesi per una ricerca sulle accuse di stregoneria a Triora“, 1990
S.Morigg, “Le tre bocche di Cerbero“, 2004
I.E. Ferrario, “Triora, Anno Domini 1587. Storia della stregoneria nel Ponente Ligure“, 2005
LE STREGHE DI SALEM
La storia delle streghe di Salem non è più orrenda di altre ma rappresenta il trasferimento delle folli credenze europee nel Nuovo Mondo che, nelle intenzioni di qualcuno, doveva essere nuovo nella tolleranza e nei diritti dei cittadini.
In Inghilterra, nel Cinquecento e nell’ambito della Chiesa anglicana, si erano formati dei gruppi dissidenti che furono isolati e perseguitati dall’arcivescovo di York e dal vescovo di Lincoln. Gran parte di loro (i puritani integralisti Padri Pellegrini), erano dopo un passaggio per l’Olanda, decise di emigrare nella Nuova Inghilterra, in America. Partirono con un galeone chiamato Mayflower e sbarcarono l’11 dicembre del 1620 sulla costa occidentale del Massachusetts. Iniziò lì la colonizzazione civile della Nuova Inghilterra che arrivò anche a fondare la cittadina di Salem nel 1626.
Come precedente vi è la pubblicazione di un libro, Memorable Providences, del pastore Cotton Mather. Le storie raccontate in questo libro, una delle quali riguardava delle bambine che avrebbero iniziato a comportarsi in modo incomprensibile e blasfemo dopo aver litigato con una lavandaia, insieme alle prediche di un altro esagitato puritano, Increase Mather, crearono un clima di intolleranza molto acceso. Nel gennaio del 1692 accadde a Salem un episodio che ricordava quello raccontato da Cotton: due bambine, Elizabeth Parris ed Abigail Williams, iniziarono a sragionare, bestemmiare, avere attacchi epilettici (in realtà le bambine, per gioco, cercavano di indovinare il loro futuro (chi avrebbero sposato, che mestiere avrebbero fatto i loro mariti ecc.). Una di esse ideò una specie di rudimentale sfera di cristallo: un bianco d’uovo sospeso in un bicchiere pieno d’acqua e disse al processo di aver intravisto galleggiare “uno spettro in sembianza di bara”. I genitori credettero che queste fossero cose innaturali). Il fenomeno si estese ad altre bambine in un fenomeno di isteria collettiva che si amplificava senza che i medici riuscissero a dare spiegazioni. Uno dei medici disse che solo Satana poteva essere dietro un fenomeno di questo tipo ed il padre della piccola Elizabeth, il pastore Parris, riconobbe delle forti similitudini tra quanto raccontava il libro di Cotton e ciò che accadeva. Indagando su Satana si trovarono tre donne che potevano albergarlo: Tituba, la schiava indiana di Parris, Sarah Good, una povera mendicante, e Sarah Osborne, una donna anziana e scostante. Quando furono accusate di stregoneria, sia Good che Osborne (che poi morì in prigione) negarono recisamente ma Tituba raccontò di aver incontrato un signore di Boston, immediatamente individuato come il diavolo, affermando che a Salem vi erano delle streghe. Iniziò la caccia a queste streghe ed in tre mesi furono riempite le prigioni senza un qualche processo in vista. Il governatore inviato dall’Inghilterra decise di istituire un processo che avrebbe avuto carattere ordinario ma Cotton Mather convinse chi doveva decidere che a Salem si trattava di fatti soprannaturali che non avevano a che fare con la giustizia civile e quindi dovevano essere prese in considerazioni le testimonianze in tal senso, anche quelle delle streghe che si accusavano. Il tribunale terminò il processo in un mese condannando tutti a morte (meno una) per stregoneria(19). A seguito di tale processo vennero giustiziate 20 persone accusate di stregoneria; 55 fra uomini e donne vennero torturati per aver reso false testimonianze, 150 sospettati furono imprigionati ed altre 200 persone vennero accusate di stregoneria. Le incriminazioni di stregoneria dilagarono in pochi mesi nei comuni circostanti.

Impiccagione di una strega a Salem
Come già detto vi furono un’infinità di processi alle streghe non facilmente quantificabili come già detto(). Si può comunque dire che in Europa furono risparmiate le zone sotto l’influenza della Chiesa greco-ortodossa; la Spagna con l’esclusione dei Pirenei; quasi l’intera Italia meridionale. Gli epicentri della caccia, per quanto se ne sa, furono in Francia, Italia settentrionale, zone alpine, Germania, Fiandre, Scozia. Meno vittime si ebbero in Irlanda, Inghilterra, Scandinavia, Polonia, Boemia, Ungheria. La caccia alle streghe, ufficialmente, fu abolita in differenti Paesi in date diverse: in Olanda nel 1610; in Francia non si accettarono più denunce contro i maghi nel 1682 mentre l’ultimo clamoroso processo contro la stregoneria fu quello istruito contro il gesuita J.B. Girard nel 1731 e l’ultimo arso al rogo (Lione) fu Padre Louis Debaraz nel 1754; in Inghilterra le leggi contro la stregoneria vennero abrogate nel 1736 mentre l’ultima strega venne bruciata nel 1722; nel 1721 la magistratura prussiana dichiarò infondate le credenze riguardanti le discepole del diavolo ed i loro poteri;a Berlino l’ultimo processo si ebbe nel 1728; a Würzburg, sotto il governo di un vescovo-principe, fu processata nel 1749 per stregoneria la suora Maria Renata Singer di Mossau; in Baviera la tortura venne abolita nel 1808, ma l’ultima condanna per stregoneria di cui si ha notizia, risale al 1775, anno in cui fu processata e uccisa una ragazza handicappata, di nome Anna Maria Schwagelin, data alle fiamme dei rogo, nella città di Kempten; In Italia, nel 1749, l’abate Girolamo Tartarotti pubblicò Il congresso notturno delle lamie, col quale combatté le credenze nella stregoneria; nel 1781 fu bruciata a Siviglia una donna e nel 1782 una ragazza fu l’ultima decapitata per stregoneria in Spagna (anche se si ha notizia di una condanna, probabilmente non di morte, nel 1826); nello stesso anno in Svizzera, a Glarona, fu decapitata Anna Göldi, l’ultima strega condannata in Europa; nel 1783 venne bruciata l’ultima strega in Polonia; in Austria l’imperatrice Maria Teresa avocò a se la competenza dei processi per i sospetti di Stregoneria e nel 1787, per opera di Giuseppe II, tutte le leggi contro le Streghe vennero abrogate; a Gand, nelle Fiandre, una presunta Strega fu torturata e poi assolta nel 1840; in Messico, nel 1874, si hanno notizie di una condanna a carico di uno stregone.
Restano da discutere almeno alcuni processi importanti dell’Inquisizione Romana contro personaggi noti (Pomponio Algerio, Giordano Bruno, Tommaso Campanella, Galileo Galilei, …). Lo farò nel prossimo articolo.
Roberto Renzetti
NOTE
(1) Solo 5 anni dopo, Papa Giulio II, lo propose come beato ma non gli riuscì perché i Medici si opposero. Nel 1558 verrà definitivamente scagionato dall’accusa di eresia. Giovanni Paolo II ha riprovato a beatificarlo nel 500° anniversario del martirio (1998).
(2) Scrive in proposito Deschner:
Già all’epoca di Jan Hus, il precursore ceco di Lutero, si trovavano allineate in bella mostra, nelle chiese di Praga, delle capaci cassapanche per la raccolta delle offerte per indulgenze dove, in mancanza di contanti, si accettavano anche merci. Al debutto di Lutero, l’indulgenza era diventata da lungo tempo un puro affare finanziario, uno sfruttamento vero e proprio delle masse dei credenti, E a trarre profitto dall’imponente gettito non erano solo il clero, la curia romana, i vescovi, i predicatori a ciò specializzati, i confessori, ma anche i principi laici, i cambiavalute, gli agenti,
Indulgenza: ma che cosa vuoi dire propriamente?
Nel mondo cattolico di tradizione latina (ma non nelle chiese orientali) si fa distinzione tra il peccato (culpa) e la cosiddetta punizione temporale dei peccati (poena). Peccato e punizioni eterne dei peccati vengono cancellati nella confessione, mediante il cosiddetto sacramento della penitenza. Restano però stranamente (come se in queste cose non fosse tutto strano!) le punizioni temporali, da espiarsi sulla terra oppure nel “fuoco del purgatorio”. E manifestamente restano soltanto per potere essere appunto estinte per mezzo di indulgenze: o totalmente (attraverso indulgenze plenarie o perfette) oppure mediante indulgenze imperfette, che vanno a condonare soltanto una limitata misura di queste punizioni. E dunque, qualora uno morisse subito dopo l’acquisto di una indulgenza perfetta, arriverebbe “subito in cielo, senza toccare le fiamme del purgatorio”.
Non tutti, purtroppo, hanno questa fortuna. Ragion per cui madre chiesa, nella sua indefessa cura delle anime, diede vita alle indulgenze imperfette. Tuttavia, i rispettivi periodi di tempo ivi dichiarati non determinano un tempo da espiare sulla terra o nel purgatorio, bensì il periodo che, nel primo Medioevo, un penitente assumeva su di sé per liberarsi dai suoi peccati. […].
Ulteriori dettagli relativi a questo problema ce li vogliamo risparmiare dal momento che qui – come di solito nella teologia – praticamente tutto è basato su finzioni, su fantasticherie, su idee cervellotiche. E quantunque la chiesa affermi che “Cristo” le avrebbe dato pieni poteri per la concessione delle indulgenze, nel Nuovo Testamento non v’è traccia di indulgenze. […]
In verità, la prestazione richiesta per l’indulgenza poteva ben essere di natura religiosa, ma finiva per sfociare sempre di più in sovvenzioni materiali. Il clero elargiva la grazia, il credente ci metteva i denari.
I papi promossero attraverso le indulgenze perfino istituti di credito, naturalmente società apposite e specifiche, chiamate “montes pietatis“, e poiché all’inizio il procacciamento del capitale aziendale era difficoltoso, incitarono i fedeli a “modeste spese” con la promessa di indulgenze: così fecero Pio II, Sisto IV, Innocenza VIII, Alessandro VI, Giulio II, Leone X. Specialmente sotto Sisto e Leone si moltiplicarono all’infinito le grazie ottenibili per tramite di indulgenze. In maniera del tutto evidente, poi, il fenomeno s’intensificò in conseguenza di croniche ristrettezze finanziarie. […]
In ciò si seppe bene come tenere sotto tutela anche i più poveri, le masse nullatenenti e indigenti, e capitalizzare quanto meno la loro forza lavoro, ad esempio nella costruzione di chiese, soprattutto di quelle grandi, come il completamento del duomo di Friburgo, per il quale si reclutarono gratuitamente operai perfino da regioni lontane. Allo stesso modo si apprese ad istituire le agognate “grazie”, concesse in cambio di trasporto di sabbia e di pietrisco nella costruzione di conventi. Oppure per contributi lavorativi da prestare (persino le domeniche e in altri giorni festivi) nella costruzione di fortezze E nel 1503, nel ducato di Brunswick, si poteva acquistare un’indulgenza di 100 giorni prestando la propria opera addirittura in assai profani lavori stradali.
Presto papi e vescovi presero ad elargire indulgenze a piene mani, per tutti gli usi e tutte le incombenze possibili ed immaginabili.
Ad esempio, a Venezia, per la partecipazione ad una processione con tanto di pubblica flagellazione. O per la rispettosa pronuncia dei nomi di Gesù e Maria. Nel 1514 il Sinodo Laterano concesse un’indulgenza di dieci anni a tutti i delatori e giudici di comuni bestemmiatori. Nel 1287 i vescovi tedeschi avevano conferito un’indulgenza a tutti quanti evitavano di chiamare i Carmelitani (portatori di una tonaca bianca) “i fratelli bianchi”, ma che continuavano a chiamarli “Frauenbrüder”, ossia fratelli della Signora (col che non s’intendeva nulla di sconveniente, come si potrebbe credere dal coevo motto popolare – puttaneggiare come un carmelitano -, ma significava soltanto la Santa Vergine, che costoro veneravano in modo particolare).
Si concedevano indulgenze per chiunque avesse dimenticato i peccati o le loro espiazioni, se ne elargivano a beneficio di violatori di voti, di spergiuri, di ladri e briganti (retentio rei alienae). Vi furono indulgenze anche per madri che nel sonno avessero schiacciato i loro lattanti, o per credenti che avessero contribuito o acquistato il loro nuovo messale. A questo scopo il vescovo Rodolfo di Wiirzburg concesse nel 1481 un’indulgenza di 40 giorni, un beneficio piuttosto misero. […]
(3) Mentre Carlo V era impegnato in guerre e con i turchi e con la Francia, aveva dedicato poca attenzione agli sviluppi religiosi del suo Paese. In molti Stati tedeschi i principi avevano spontaneamente aderito alla Riforma di Lutero e ciò comportava che in Germania si stava originando un grande scisma. Carlo V intervenne nel 1529 durante la Dieta di Spira denunciando alcuni accordi che aveva fatto con i principi nel 1526 (dovevano essere i principi a scegliere la forma di religione all’interno del proprio stato) e riaffermando la validità della condanna a Lutero di Worms. Ma ormai la cosa era andata troppo avanti fino al punto che la maggioranza dei principi e dei delegati delle città imperiali si rifiutò di abolire nei propri Stati le riforme in materia religiosa già avanzate e protestò con forza contro l’ordine imperiale. Da qui il nome di protestanti.
Aggiungo qui che Lutero ed in generale la Chiesa protestante fu una grande delusione per chi aveva una qualche speranza. Anche con questa Chiesa funzionò allegramente il rogo per i dissidenti e vi furono da parte dello stesso Lutero degli scritti violentemente antiebraici. Aveva iniziato nel 1523 con uno scritto, Anche Gesù Cristo è nato ebreo, nel quale chiedeva in modo bonario agli ebrei di convertirsi criticando la rigida posizione della Chiesa di Roma. Nel 1526 gli ebrei gli sembrarono ostinati e maliziosi contro il Vangelo.. Nel 1543, con il suo Degli Ebrei e delle loro menzogne, consigliò ai fedeli di cacciare gli ebrei dalle loro case per confiscarne i beni, i libri con la bruciatura delle sinagoghe.. Tre giorni prima di morire, Lutero fece un discorso in cui ci fu l’istigazione ad ogni fedele di cacciare ogni ebreo dalla sua città. Non a caso i nazisti considerarono Lutero come uno degli ispiratori del movimento criminale.
(4) Il Guicciardini, nella sua Storia d’Italia, scrive così:
Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de’ santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de’ loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. E quello che avanzò alla preda de’ soldati (che furno le cose più vili) tolseno poi i villani de’ Colonnesi, che venneno dentro. Pure il cardinale Colonna, che arrivò (credo) il dí seguente, salvò molte donne fuggite in casa sua. Ed era fama che, tra denari oro argento e gioie, fusse asceso il sacco a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore.
(5) Riporto la gran parte del testo di questa preghiera (che era in realtà il testo di un giuramento di fede che tutti gli ecclesiastici, ma anche ogni laureando o pubblico impiegato o medico o maestro, dovevano fare prima di assumere il loro ruolo):
Io […] con ferma fede credo e professo tutto ciò che si contiene nel simbolo della fede usato dalla Santa Chiesa di Roma.
Ammetto ed abbraccio fermamente le tradizioni apostoliche ed ecclesiastiche e le altre regole e costituzioni della medesima Chiesa.
Inoltre ammetto la Sacra Scrittura secondo l’interpretazione che ha seguito e segue la Santa Madre Chiesa, a cui spetta giudicare del vero senso e delle interpretazioni delle Sacre Scritture, né mai la intenderò e interpreterò se non secondo l’unanime consenso dei Padri.
Professo inoltre che veramente e propriamente sono sette i sacramenti della Nuova Legge istituiti dal Signore Nostro Gesù Cristo e necessari per la salvezza del genere umano […] cioè il battesimo, la cresima, l’eucarestia, la penitenza, l’estrema unzione, l’ordine e il matrimonio, che essi conferiscono la grazia e che di essi il battesimo, la cresima e l’ordine non possono essere ripetuti senza sacrilegio.
Accolgo ed ammetto inoltre i riti ricevuti e approvati della Chiesa cattolica nella solenne amministrazione di tutti i predetti sacramenti.
Accolgo ed abbraccio tutto ciò che è stato definito e dichiarato intorno al peccato originale e alla giustificazione nel sacrosanto concilio tridentino.
Professo parimenti che nella Messa viene offerto a Dio un vero, proprio e propiziatorio sacrificio per i vivi e i morti, e che nel santissimo sacramento dell’eucarestia è veramente, realmente, e sostanzialmente il corpo e il sangue, insieme con l’anima e la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo e che vi si attua la conversione di tutta la sostanza del pane in corpo e di tutta la sostanza del vino in sangue, la quale conversione la Chiesa cattolica chiama transustanziazione. […]
Ritengo fermamente che il Purgatorio esiste e che le anime ivi rinchiuse si giovino dei suffragi dei fedeli.
Analogamente che i Santi regnanti insieme con Cristo sono da venerare e invocare e che offrono per noi orazioni a Dio, e che le loro reliquie devono essere venerate.
Fermamente affermo che si debbono avere e confermare le immagini di Cristo e della Madre di Dio sempre Vergine e degli altri Santi, e che ad esse va tributato il dovuto onore e la dovuta venerazione.
Inoltre affermo che la potestà delle indulgenze fu lasciata da Cristo nella Chiesa, e che l’uso di esse è sommamente salutare al popolo cristiano.
Riconosco la Santa cattolica e apostolica Chiesa di Roma, madre e maestra di tutte le chiese, e prometto e giuro sincera obbedienza al Romano Pontefice, successore del beato Pietro, principe degli apostoli, e vicario di Gesù Cristo.
Similmente accolgo e liberamente riconosco ogni cosa tramandata, definita e affermata dal sacrosanto Concilio Tridentino, e similmente condanno e ripudio tutte le cose contrarie e tutte le eresie condannate e rigettate dalla Chiesa.
Io stesso […] prometto, mi impegno e giuro di mantenere e confessare integra e immacolata sino all’estremo di mia vita, costantemente, con l’aiuto di Dio, questa vera fede cattolica (fuori della quale nessuno può essere salvo), che adesso spontaneamente professo e tengo per vera; e che curerò, per quanto sarà in me, che sia osservata, insegnata e predicata dai miei sottoposti, o da coloro la cui cura spetterà a me nell’ambito del mio ufficio: così mi aiutino Iddio e questi santi Evangeli.
Il post Concilio fornì anche l’elaborazione del nuovo Catechismo, Cathechismus ex decreto Concilli Tridentini, del 1566 noto come Catechismo romano del concilio di Trento. Era un testo breve che divenne e si mantenne per secoli come un breviario della fede basata sulla filosofia aristotelica di Tommaso (via Gesù ed Apostoli, pure comparse e teloni di fondo. Avanti invece Aristotele epurato da Tommaso ad uso dei balordi).
(6) Questa vergogna totale fu abolita solo il 7 dicembre 1965 da Papa Paolo VI con l’Integrae servanda (da motu proprio) in contemporanea con la sostituzione dell’Inquisizione romana con la Congregazione per la Dottrina della Fede (il provvedimento divenne operativo con la Notificazione del 14 giugno 1966 che il Cardinale Ottaviani, allora Prefetto del Sant’Uffizio, aveva dovuto firmare, forse con qualche dispiacere, per ordine di Paolo VI (in realtà non si tratta di abolizione dell’Index ma la sua trasformazione da libri proibiti a libri sconsigliati). Nella versione italiana di Wikipedia di questo non si parla perché alcune voci di Wikipedia sono strettamente controllate dalla Chiesa ma nel sito britannico si legge:
Abolition controversy
The Notification of 14 June 1966 does not mention the words “abrogate” or “abolish” in relation to the Index of Forbidden Books. Rather, it states that the Index retains “its moral force” (suum vigorem moralem).[16] What this means is not formally defined by the Vatican and at least one theologian (Hans Küng) has acknowledged the ambiguity behind the wording.[17] The official Latin text as given on the Vatican’s web site reads, “Notificatio de Indicis librorum prohibitorum conditione” (“Notification on the condition of the Index of Forbidden Books“).[18] The Italian on the same page reads, “Notificazione riguardante l’abolizione dell’Indice dei libri” (“Notification regarding the abolition of the Index of books”). There is no reasoning given for this difference between the Latin and Italian texts. The fact that the Latin language is the official language of the Catholic Church furthers the question as to which text is authoritative.[19][20]
- 17 – ^ Hans Küng, My Struggle For Freedom: Memoirs, Continuum Publishing Group, 2004, pg. 432.
- 18 – ^ http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/doc_dis_index.htm
- 19 – ^ http://www.ewtn.com/library/Liturgy/latinvernac.HTM
- 20 – ^ http://www.france24.com/en/20080509-vatican-website-roman-catholic-church-pope-language-latin-internet
Poi venne il Papa polacco, Giovanni Paolo II, che dette nuova forza alla Congregazione mettendo alla sua testa un tal Joseph Alois Ratzinger e reintroducendo il 20 novembre 1979 l’Index nella sua versione di libri sconsigliati (che non cambia nulla nella vergogna dell’iniziativa, visto che non vi sono più le pene inquisitorie). L’Index venne così trasformato da una lista di libri proibiti ad una lista di libri sconsigliati che rimane comunque moralmente impegnativa per i fedeli cattolici costituendo peccato leggere i libri lì elencati.
Nella Chiesa vi è un’organizzazione molto ma molto discussa, come l’Opus Dei, che ha una sua lista di libri proibiti, la Guida bibliografica, dove figurano 6892 libri da rigettare completamente (quelli con il numero 6). Esempi di autori (anche cinematografici) oggi proibiti dal’Opus Dei sono: Vittorio Alfieri, Francesco Alberoni, Balzac, Enzo Biagi, Teocrito, Max Weber, Luchino Visconti, Gore Vidal, Velazquez, Vazquez Montalban, Kirk Douglas, Milan Kundera, Abbagnano, Asimov, Stephen King, Jack Kerouac, Bukowski, Camus, Severino, Popper, Ida Magli, De Marchi, Philip K. Dick, Oriana Fallaci, Woody Allen, Isabel Allende, Karen Armstrong, Margaret Atwood, Judy Blume, Roberto Bolano, Joseph Campbell, Gustav Flaubert, Allen Ginsberg, Mary Gordon, Gunter Grass, Andrew Greeley, Herman Hesse, Adolph Hitler, John Irving, James Joyce, Carl Jung, Eugene Kennedy, Jack Kerouac, Stephen King, Milan Kundera, Hans Küng, Harold Kushner, Henri Lefebvre, Doris Lessing, Sinclair Lewis, Richard P. MacBrien, Mary MacCarthy, Malinowski, Karl Marx, Somerset Maugham, Toni Morrison, Alice Munroe, Vladimir Nabokov, V.S. Naipaul, Pablo Neruda, Nietzcshe, Octavio Paz, Harold Pinter, Marcel Proust, Philip Roth, Bertrand Russell, John Updike, Gore Vidal, Voltaire, Alice Walker, Gary Wills and Tennessee Williams. Vi sono poi i libri da rigettare (quelli con il nuemro 5) tra cui figurano i seguenti autori: W.S. Burroughs, John Cornwall, Marguerite Duras, William Faulkner, Nadine Gordimer, Eugene Kennedy, Jack Kerouac, Stephen King, Barbara Kingsolver, Doris Lessing, John O’Hara, A.J. Quinnell, Ayn Rand, Salman Rushdie and Kenneth Woodward.
Il principio dottrinale da cui viene fuori l’idea dell’Index è suggerito da un passaggio degli Atti degli apostoli nel quale i “libri cattivi” sono distrutti: «… e un numero considerevole di persone che avevano esercitato le arti magiche portavano i propri libri e li bruciavano alla vista di tutti» (At, XIX, 19). Nel 325, il Concilio di Nicea ordinò la distruzione dei libri ariani; e il decreto di Gelasio, nel 496, stabilì e diffuse la prima lista dei libri proibiti. Ma vi furono sempre nei secoli esplicite censure e distruzioni di libri, basti citare la decretale di Giovanni XXII contro i libri e “gli errori” di Marsilio e di Giovanni Gianduno, ecc.. Secondo Guy Bedouelle (Diz. di st. della Chiesa, p. 131), anche il Concilio Laterano V, con la bolla Inter sollecitudine del 1515, prevedeva già una censura preventiva. E anche in termini di esclusiva la Chiesa ribadiva che la censura dottrinale dei libri poteva essere fatta anche da altri (potere politico); ma “la condanna con podestà di vero costringimento”, almeno per quelli che obbediscono a Roma, è prerogativa della sola Chiesa, anzi, del papa.
Nell’ultimo indice del 1948 figurano: F. Bacon, Balzac, Berkeley, Bergson, Cartesio, D’Alembert, Darwin, Simone de Beauvoir, Defoe, Diderot, Dumas (entrambi), Flaubert, Robert Fludd, Federico il Grande di Prussia, Giacomo I d’Inghilterra, Grotius, Heine, Hobbes, Hugo, Hume, Kant, Kepler, Lessing, Locke, Michael Maier, Malebranche, Montesquieu, Stuart Mill, Mills, Milton, Montaigne, Montesquieu, Henry More, Nietzsche, Pascal, Proudhon, Ernest Renan, Rousseau, George Sand, Sartre, Schopenauer, Spinoza, Stendhal, Sterne, Voltaire, Zola. E tra gli italiani Alfieri, Aretino, Beccaria, Bruno, Benedetto Croce, D’Annunzio, Fogazzaro, Foscolo, Galileo, Gentile, Giannone, Gioberti, Guicciardini, Leopardi, Marini, Minghetti, Monti, Ada Negri, Rosmini, Sacchetti, Sarpi, Savonarola, Settembrini, Tommaseo, Pietro Verri e anche il Teatro comico fiorentino; inoltre era all’Indice qualsiasi volume non autorizzato che trattasse di storia della massoneria o dell’Inquisizione e le versioni non cattoliche del Nuovo Testamento. Nel decennio successivo furono aggiunti tra gli altri Simone de Beauvoir, Gide, Sartre, Unamuno,
Malaparte e Moravia. Nell’elenco dei libri proibiti non fu inserito mai il Mein Kampf di Hitler, ma hanno trovato comodamente posto tanti altri personaggi che hanno veramente forgiato il pensiero europeo. tra cui Darwin e Marx.
(7) Il Concilio ebbe anche modo di occuparsi di Michelangelo. Nel 1551 un domenicano aveva anticipato tutti affermando, bontà sua, che Michelangelo è un grande artista nel raffigurare corpi nudi maschili e le loro pudenda ma è un’assoluta indecenza vedere quelle nudità dappertutto, negli altari e sulle cappelle di Dio (il misogino Paolo di Tarso continua a colpire e resta l’idolo della confraternita della repressione ed oppressione sessuale!). Ed il Concilio decise di togliere quei nudi vergognosi, soprattutto nella Cappella Sistina. Nel 1565 il Papa Pio IV pagò 60 scudi a Michele da Volterra che mise le braghe ai santi ed alle madonne del Giudizio Universale (fortuna che il tutto restò qui perché anni dopo, Clemente VIII ebbe la tentazione di distruggere l’intera opera). Approfitto per dire che quando si parla della libertà che la Chiesa lasciò agli artisti di esprimersi in completa libertà, si dice un’immensa sciocchezza che può essere misurata dal confronto di cosa facevano gli artisti fiamminghi nella stessa epoca. Da noi erano amputati. Lavoravano solo su santi e madonne, crocifissioni, natività, e cose sacre. Niente che li aprisse al mondo, alla natura, alla bellezza del corpo profano. Quando qualcuno fece qualcosa, come Leonardo, lo fece pagato e su incarico di stranieri.
(8) Un parziale elenco di esecuzioni, impiccagioni, decapitazioni e roghi di eretici realizzate da Pio IV e Pio V è la seguente:
Pontificato di Pio IV
Negli stati tedeschi, durante il 1562:
– 300 persone ad Oppenau
– 63 donne a Wiesensteig
– 54 donne a Obermachtal
vengono bruciate vive per stregoneria.
Ed ancora:
1560 – Giulio Ghirlanda, Baudo Lupettino, Marcello Spinola, Nicola Bucello, Antonio Rietto e Francesco Sega sono stati condannati a morte per aver partecipato ad una funzione religiosa (messa), in una casa privata, officiata da uno spretato.
1560 – Giacomo Bonello, evangelista, bruciato vivo.
1560 – Mermetto Savoiardo, eretico, bruciato vivo.
1560 – Dionigi Di Cola, eretico, bruciato vivo.
1560 – Aloisio Pascale, evangelista, impiccato e poi bruciato.
1560 – Gian Pascali di Cuneo, eretico, bruciato vivo.
1560 – Stefano Negrone, eretico, viene condannato a morire di fame nelle prigioni dell’inquisizione.
1560 – Stefano Morello, eretico, impiccato e poi bruciato.
1560 – Bernardino Conte, eretico, arso vivo.
1562 – Macario, vescovo di Macedonia ed eretico, bruciato vivo.
1562 – Si manifestano in Francia i primi segni di guerra religiosa tra gli Ugonotti (protestanti-calvinisti) e i cattolici saldamente radicati nel territorio.
1562 – Cornelio di Olanda, eretico, impiccato e poi bruciato.
1564 – Francesco Cipriotto, eretico, impiccato e poi bruciato.
**** – Giulio Cesare Vanini, panteista, gli viene strappata la lingua e poi bruciato vivo.
**** – Giulio di Grifone, eretico, giustiziato.
1566 – Muzio della Torella, eretco, giustiziato.
1566 – Giulio Napolitano, eretico, bruciato vivo.
1566 – Don Pompeo dei Monti, decapitato per eresia.
1566 – Curzio di Cave, decapitato per eresia,
**** – In questo periodo agisce nel Comasco e nel Bergamasco, Michele Ghislieri (poi papa Pio V), che nel giro di poco tempo consegnerà all’Inquisizione 1200 persone accusate di eresia. Di queste oltre 200 verranno regolarmente massacrate.
1567 – Ottaviano Fioravanti, eretico, murato vivo.
1567 – Giovannino Guastavillani, eretico, murato vivo.
1567 – Geronimo del Puzo, eretico, murato vivo.
1567 – Macario Giulio da Cetona, eretico, decapitato e poi bruciato.
1568 – Lorenzo Da Mugnano, eretico, impiccato e poi bruciato.
1568 – Matteo d’Ippolito, eretico, impiccato e poi bruciato.
1568 – Francesco Stanga, eretico, impiccato e poi bruciato.
1568 – Donato Matteo Minoli, eretico, viene lasciato morire in carcere dopo avergli rotto le ossa e bruciato i piedi.
1568 – Francesco Castellani, eretico, impiccato.
1568 – Pietro Gelosi, eretico, impiccato e poi bruciato.
1568 – Marcantonio Verotti, eretico, impiccato e poi bruciato.
1568 – Luca di Faenza, eretico, arso vivo.
1569 – Borghesi Filippo, eretico, decapitato e poi bruciato.
1569 – Giovanni del Blasi, eretico, impiccato e poi bruciato.
1569 – Camillo Ragnolo, eretico, inpiccato e poi bruciato.
1569 – Fra Cellario Francesco, eretico, impiccato e poi bruciato.
1569 – Bartolomeo Bertoccio, eretico, bruciato vivo.
1569 – Guido Zanetti, eretico, murato vivo.
1570 – Filippo Porroni, luterano, impiccato.
1570 – Gian Matteo di Giulianello, eretico, giustiziato(?).
1570 – Nicolò Franco, impiccato per avere deriso il papa con i suoi scritti.
1570 – Giovanni Di Pietro, eretico, impiccato e poi bruciato.
1570 – Aolio Pallero, eretico, impiccatbrespresso desiderio di Pio V.
1570 – Fra Arnaldo di Santo Zeno, eretico, bruciato vivo.
1571 – Don Girolamo di Pesaro, eretico, giustiziato(?).
1571 – Giovanni Antonio di Jesi, eretico, giustiziato(?).
1571 – Pietro Paolo di Maranzano, eretico, giustiziato(?).
1572 – Francesco Galatieri, eretico, pugnalato a morte da sicari del papa.
1572 – Madonna Dianora di Montpellier, eretica, impiccata e poi bruciata.
1572 – Madonna Pellegrina di Valenza, eretica, impiccata e poi bruciata.
1572 – Madonna Girolama Guanziana, eretica, impiccata e poi bruciata.
1572 – Madonna Isabella di Montpellier, eretica, impiccata e poi bruciata.
1572 – Domenico Della Xenia, eretico, impiccato e poi bruciato.
1572 – Teofilo Penarelli, eretico, impiccato e poi bruciato.
1572 – Alessandro Di Giulio, eretico, impiccato e poi bruciato.
1572 – Giovanni di Giovan Battista, eretico, impiccato e poi bruciato.
1572 – Girolamo Pellegrino, eretico, impiccato e poi bruciato.
Wikipedia riporta il seguente elenco di giustiziati dalla Chiesa Cattolica:
- Ramirdo di Cambrai (1076 o 1077)
- Pierre de Bruys († 1130)
- Arnaldo da Brescia predicatore († 1155)
- Gherardo Segarelli († 1300)
- Fra’ Dolcino († 1307)
- Suor Margherita († 1307)
- Longino († 1307)
- Margherita Porete († 1310)
- Botulf Botulfsson († 1311), l’unica condanna in Svezia
- Jacques de Molay (1243–1314)
- Guilhèm Belibasta († 1321), last Cathar
- Cecco d’Ascoli (Francesco Stabili) astrologo e poeta († Firenze, 16.9.1327)
- Francesco da Pistoia († 1337)
- Lorenzo Gherardi († 1337)
- Bartolomeo Greco († 1337)
- Bartolomeo da Bucciano († 1337)
- Antonio Bevilacqua († 1337)
- Michele da Calci fraticello († Firenze, 1389)
- William Sawtre († 1401)
- John Badby († 1410)
- Jan Hus (1371–1415)
- Girolamo da Praga (1365–1416)
- Giovanna d’Arco (1412–1431)
- Thomas Bagley († 1431)
- Pavel Kravař († 1433)
- Girolamo Savonarola († 1498)
- Joshua Weißöck (1488–1498)
- Jean Vallière († 1523)
- Hendrik Voes († 1523)
- Jan van Essen († 1523),
- Jan de Bakker († 1525),
- Wendelmoet Claesdochter († 1527), prima donna olandese bruciata come eretica
- Michael Sattler († 1527)
- Patrick Hamilton († 1528)
- Balthasar Hubmaier (1485–1528), eretico recidivo
- George Blaurock (1491–1529)
- Hans Langegger († 1529)
- Giovanni Milanese († 1530)
- William Tyndale (1490–1536)
- John Frith (1503–1533)
- Jakob Hutter († 1536)
- Bartolomeo Fonzio francescano († Roma, 1538)
- Francisco de San Roman († 1540)
- Giandomenico dell’ Aquila († 1542)
- George Wishart (1513–1546)
- Fanino Fanini predicatore († Ferrara, 22.8.1550)
- Giorgio Siculo (G. Rioli) predicatore († Ferrara, 23.5.1551)
- Giovanni Mollio religioso (Roma, 5.9.1553)
- Francesco Gamba († Milano, 21.7.1554)
- John Rogers († 1555)
- Rowland Taylor († 1555)
- John Hooper († 1555)
- Robert Ferrar († 1555)
- Patrick Pakingham († 1555)
- Hugh Latimer (1485–1555), eretico recidivo
- Nicholas Ridley (1500–1555)
- Bartolomeo Hector († 1555)
- Paolo Rappi († 1555)
- Vernon Giovanni († 1555)
- Labori Antonio († 1555)
- John Bradford († 1555)
- Pompeo Algieri studente († Roma, 1555)
- Thomas Cranmer (1489–1556), eretico recidivo
- Pomponio Angerio († 1556)
- Nicola Sartonio († 1557)
- Fra Goffredo Varaglia († 1558)
- Gisberto di Milanuccio († 1558)
- Francesco Cartone († 1558)
- Antonio di Colella († 1559)
- Antonio Gesualdi († 1559)
- Giacomo Bonello († 1560)
- Mermetto Savoiardo († 1560)
- Dionigi di Cola († 1560)
- Ludovico Pasquali di Cuneo († Roma, 9.9.1560)
- Bernardino Conte († 1560)
- Giulio Gherlandi anabattista († Venezia, 15.10.1562)
- Antonio Ricetto († Venezia, 15.2.1565)
- Francesco della Sega anabattista († Venezia, 26.2.1565)
- Gian Francesco d’Alois poeta († 1565)
- Publio Francesco Spinola umanista († Venezia, 31.1.1567)
- Giorgio Olivetto († 1567)
- Pietro Carnesecchi umanista (Roma, 1.10.1567)
- Luca di Faenza († 1568)
- Thomas Szük (1522–1568)
- Bartolomeo Bartoccio († 1569)
- Francesco Cellario pastore protestante († Roma, 25.5.1569)
- Dirk Willems († 1569)
- Fra Arnaldo di Santo Zeno († 1570)
- Aonio Paleario umanista († Roma, 3.7.1570)
- Alessandro di Giacomo († 1574)
- Benedetto Thomaria († 1574)
- Francisco de la Cruz domenicano (Lima, 1578)
- Diego Lopez († 1583)
- Gabriello Henriquez († 1583)
- Borro of Arezzo († 1583)
- Ludovico Moro († 1583)
- Pietro Benato († 1585)
- Francesco Gambonelli († 1594)
- Marcantonio Valena († 1594)
- Giovanni Antonio da Verona († 1599)
- Fra Celestino († 1599)
- Giordano Bruno (1548–1600)
- Maurizio Rinaldi († 1600)
- Bartolomeo Coppino († 1601)
- Assuero Bisbiach viaggiatore tedesco († Bologna, 5.11.1618)
- Giulio Cesare Vanini filosofo italiano († Toulouse 9.2.1619)
- Kimpa Vita (1684–1706)
- Maria Barbara Carillo (1625–1721)
(9) Riporto, tratti da Wikipedia, alcuni brani della bolla pontificia:
«Desiderando noi… che la fede cattolica… cresca e fiorisca al massimo grado possibile, e che tutte le eresie e le depravazioni siano allontanate dai paesi dei fedeli, questo decretiamo… È recentemente giunto alle nostre orecchie… che in alcune regioni dell’alta Germania, come… Magonza, Colonia, Treviri, Salisburgo, e Brema, molte persone di entrambi i sessi, … rinnegando la fede cattolica… , si sono abbandonate a demoni maschi e femmine, e che, a causa dei loro incantesimi, lusinghe, sortilegi, e altre pratiche abominevoli… hanno causato la rovina propria, della loro prole, degli animali, e dei prodotti della terra… così come di uomini e donne, delle greggi e delle mandrie, delle vigne e dei frutteti… che essi hanno tormentato e torturato, infliggendo orribili dolori e angosce, sia spirituali che materiali, uomini, mandrie, greggi, e animali, impedendo agli uomini di procreare e alle donne di concepire, e facendo in modo che nessun matrimonio potesse essere consumato; che, per di più, essi non confessano le proprie colpe… la fede che ricevettero col santo battesimo… e si macchiano di molti altri abominevoli crimini e peccati… dando uno scandaloso e pernicioso esempio alle popolazioni. »
«E, sebbene i nostri diletti figli Heinrich Institor e Jacob Sprenger, appartenenti all’ordine dei Frati Predicatori, professori di teologia, siano stati … nominati inquisitori dell’eretica pravità con le nostre lettere apostoliche; il primo nelle suddette regioni della Germania superiore… il secondo in alcune zone della valle del Reno; nondimeno alcuni esponenti del clero e del laicato locale …poiché nella sopracitata lettera di nomina le suddette province… e le persone e le colpe in questione non sono state individualmente e specificatamente indicate… asseriscono che costoro non sono per niente citati (n.d.T. nelle lettere)… e pertanto i suddetti inquisitori esercitano illecitamente il loro lavoro di inquisizione presso le province, le città, le diocesi, i territori e gli altri luoghi già specificati, e che a costoro non debba essere consentito procedere alla punizione, all’ imprigionamento e alla correzione delle suddette persone per le colpe e i crimini sopracitati. »
« Siccome nelle province tali crimini ed offese restano impuniti, per rimuovere ogni impedimento che ostacoli in qualsiasi modo i detti per impedire che la macchia dell’eresia di altri simili mali diffonda la sua infezione causando la rovina degli innocenti, Noi decretiamo in virtù della nostra autorità apostolica, che sia concesso ai sopracitati inquisitori di esercitare il proprio ufficio di inquisitori nelle sopracitate regioni, e procedere alla correzione, all’imprigionamento ed alla punizione delle suddette persone, per le colpe e i crimini sopracitati, in ogni loro aspetto e precisamente come se le province, città, territori, luoghi, personi e crimini sopraindicati fossero stati menzionati espressamente nella lettera sopracitata. »
« E per maggior sicurezza, garantiamo ai sopraindicati inquisitori, accompagnandosi a loro in nostro amato figlio Johannes Gremper, sacerdote della Diocesi di Costanza, maestro nelle arti, che il presente notaio, o qualsiasi altro notaio pubblico possa esercitare contro qualsiasi persona di qualsiasi rango e condizione il sopraindicato ufficio dell’inquisizione, correggendo, imprigionando, punendo e castigando, a misura delle loro mancanze, le persone che essi troveranno colpevoli di quanto sopraindicato. »
« Ed essi avranno piena ed intera libertà di proporre e predicare la parola di Dio ai fedeli, in ciascuna e tutte le chiese parrocchiali delle suindicate province, tanto frequente quanto a loro paia adatto ed appropriato, e di fare tutto ciò che sia necessario e giusto nelle suindicate circostanze. »
« Ed inoltre noi imponiamo al Vescovo di Strasburgo, che impedisca che sia recata molestia o ostacolo (agli inquisitori) in qualsiasi maniera….possano essere la scomunica, la sospensione, l’interdizione ed ancora altre terribili sentenze, censure e pene. »
« Che alcuno osi infrangere la nostra dichiarazione. Si renda noto agli attentatori che essi incorreranno nella rabbia di Dio Onnipotente e dei beati apostoli Pietro e Paolo. »
(10) Il Simposio Internazionale sull’Inquisizione, tenutosi in Vaticano nell’ottobre del 1998, forniva i seguenti numeri per le persone giustiziate per stregoneria:
• Germania: 25.000 su 16 milioni di abitanti
• Polonia – Lituania: 10.000 su 3.4 milioni di abitanti
• Svizzera: 4.000 su 1 milione di abitanti
• Danimarca – Norvegia: 1.350 su 970.000 abitanti
• Regno Unito: 1.000
• Spagna: 49
• Italia: 36
• Portogallo: 4
Molti storici concordano però nel ritenere che tali numeri vanno aumentati di molto. Il teologo cattolico Hans Küng scriveva che furono circa nove milioni le vittime dei processi contro le streghe (Repubblica, 4 ottobre 1985) e su questo numero vi sono altri storici che insistono riferendoli però al numero complessivo di persone perseguitate e non giustiziate. Le difficoltà nel quantificare nascono dal fatto che di molte centinaia (o migliaia) di processi si è ormai persa ogni traccia. E questo per vari motivi:
- incendi
- saccheggi
- studi su particolari aree, incompleti o non eseguiti
- distruzioni accidentale di archivi
- distruzioni volute di archivi
Le distruzioni volute riguardano in particolar modo gli archivi dei tribunali ecclesiastici, in quanto il clero ha sempre e sistematicamente distrutto e/o occultato tutti i documenti ed i reperti storici che potevano essere considerati dannosi alla propria immagine di facciata. In molte occasioni i verbali dei processi vennero bruciati sul rogo unitamente alla strega affinché fosse distrutta qualsiasi testimonianza della sua esistenza satanica. Vi sono però stime che variano da valori minimi, a valori medi ed a valori massimi:
- Minima: circa 300.000 processi e 145.000 esecuzioni (Levack B.P. – La caccia alle streghe in Europa – 2006)
- Media: 1.200.000/1.500.000 processi e 900.000/1.200.000 esecuzioni
- Massima: circa 12.000.000 processi e 9.000.000 esecuzioni (Sigmund Riezler – Geschichte der Exenprozess – Magnus-Verlag 1983)
(11) Il testo del Canon Episcopi è il seguente:
“I vescovi e i loro ministri vedano di applicarsi con tutte le loro energie per sradicare interamente dalla proprie parrocchie la pratica perniciosa della divinazione e della magia, che furono inventate dal diavolo; e se trovano uomini o donne che indulgono a tal genere di crimini, devono bandirli dalle loro parrocchie, perché è gente ignobile e malfamata. Dice, infatti, l’apostolo: “Dopo la prima e la seconda ammonizione evita l’eretico, sapendo che è fuori dalla retta via chi si comporta in tal modo”. E sono fuori dalla via e prigionieri del diavolo coloro che abbandonano il loro Creatore per cercare l’aiuto del diavolo; e perciò occorre purificare la santa Chiesa da un tale flagello. Né bisogna dimenticare che certe donne depravate, le quali si sono volte a Satana e si sono lasciate sviare da illusioni e seduzioni diaboliche, credono e affermano di cavalcare la notte certune bestie al seguito di Diana, dea dei pagani (o di Erodiade), e di una innumerevole moltitudine di donne; di attraversare larghi spazi di terre grazie al silenzio della notte profonda e di ubbidire ai suoi ordini come a loro signora e di essere chiamate certe notti al suo servizio. Ma volesse il cielo che soltanto costoro fossero perite nella loro falsa credenza e non avessero trascinato parecchi altri nella perdizione dell’anima. Moltissimi, infatti, si sono lasciati illudere da questi inganni e credono che tutto ciò sia vero, e in tal modo si allontanano dalla vera fede e cadono nell’errore dei pagani, credendo che vi siano altri dèi o divinità oltre all’unico Dio. Perciò, nelle chiese a loro assegnate, i preti devono predicare con grande diligenza al popolo di Dio affinché si sappia che queste cose sono completamente false e che tali fantasie sono evocate nella mente dei fedeli non dallo spirito divino ma dallo spirito malvagio. Infatti, quando Satana, trasformandosi in angelo della luce, prende possesso della mente di ognuna di queste donnicciole e le sottomette a sé a causa della loro infedeltà e incredulità, subito egli assume l’aspetto e le sembianze di diverse persone e durante le ore del sonno inganna la mente che tiene prigioniera, alternando visioni liete a visioni tristi, persone note a persone ignote, e conducendola attraverso cammini mai praticati; e benché la donna infedele esperimenti tutto ciò solo nello spirito, ella crede che avvenga non nella mente ma nel corpo. A chi, infatti, non è accaduto nel sonno o in visioni notturne di essere tratto fuori da sé stesso e di vedere, dormendo, molte cose che, sveglio, non ha mai visto? Ma chi può essere così stupido e ottuso da credere che tutte queste cose che accadono solo nello spirito, avvengano anche nel corpo? Il profeta Ezechiele, infatti, vide il Signore nello spirito e non nel corpo, e l’apostolo Giovanni vide e udì i misteri dell’Apocalisse nello spirito e non nel corpo, come egli stesso dichiara: “Subito fui in spirito”. E Paolo non osa dire di essere stato rapito fisicamente in cielo. Tutti, perciò, devono essere pubblicamente informati che chiunque crede a queste simili cose, perde la fede, e chiunque non ha vera fede appartiene non già a Dio ma a colui nel quale crede, vale a dire al diavolo. E’ scritto infatti di nostro Signore: “Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui”. Perciò chiunque crede possibile che una creatura cambi in meglio o in peggio, o assuma aspetti o sembianze diverse per opera di qualcuno che non sia il Creatore stesso che ha fatto tutte le cose e per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte, è indubbiamente un infedele, e peggiore di un pagano”.
(12) In uno dei punti cruciali si sostenevano, ad esempio, due cose diametralmente opposte. Da una parte si affermava che «chiunque è così stupido e folle da credere a storie tanto fantasiose è da considerarsi un infedele, perché ciò deriva da un’illusione del Demonio» e dall’altra si diceva che «pur volando con lo spirito e l’immaginazione, queste streghe sono ugualmente colpevoli, come se lo avessero fatto in carne ed ossa». Da queste contraddizioni si fece strada la teoria del patto con il diavolo che gli accusati di stregoneria avrebbero fatto con la conseguenza della quasi impossibilità di dimostrare il contrario.
(13) Bartolo si rifaceva a due norme ben precise: al una legge di Teodosio e Valentiniano, del 427, con cui si vietava di incidere, scolpire o dipingere il segno di Cristo al suolo o su pietre poste per terra; ad un canone di Bonifacio VIII del 1298 che condannava la pratica secondo cui le immagini della croce, della beata vergine Maria e dei santi erano poste a terra, e tormentate con ortiche e spine allo scopo di aggravare simbolicamente la deposizione.
(14) Su come la stregoneria ebbe accoglienza nel mondo scientifico, scrive Roberto Maiocchi:
Anche la tesi di una rapida scomparsa della magia demoniaca e della stregoneria nel corso del XVII secolo è stata soggetta a critiche. Indubbiamente vi fu un progressivo calo delle credenze nella stregoneria e un declino delle persecuzioni contro le streghe, che è facile mettere in relazione con la crescita della scienza; è questa la tesi sostenuta da W.E.H. Lecky (History of the Rise and Influence of Rationalism in Europe, 1865). È stato osservato però che non furono i membri della Royal Society a farsi promotori di una battaglia contro le credenze nella stregoneria. Essi erano spaventati dalle implicazioni atee del meccanismo di Cartesio e di Hobbes e non seguirono con coerenza la filosofia meccanicista. Il meccanicismo escludeva il ricorso al sovrannaturale, ma la tradizione religiosa ammetteva senza tentennamenti l’esistenza di una gerarchia di spiriti, ivi compresi i demoni, e respingere la stregoneria e la magia diabolica significava schierarsi su posizioni religiosamente eterodosse. I membri della Royal Society accettarono l’esistenza delle streghe, così come la stragrande maggioranza delle persone colte continuò ad accettarla. Posti di fronte al problema di conciliare la scienza con l’ortodossia religiosa essi studiarono la stregoneria allo scopo di respingere la massa di storie di dubbia autenticità circolanti e di trovare quel residuo di fenomeni che non ammettevano altra spiegazione se non il sovrannaturale. Diffondere uno scetticismo assoluto circa l’esistenza di streghe e demoni sarebbe stato invece favorevole all’ateismo. Nella seconda metà del XVII secolo vi fu un’ondata di interesse per la magia e la stregoneria da parte degli esponenti della scienza sperimentale. Boyle credette sempre nei demoni e si occupò attivamente dell’argomento; di demonologia scrisse con grande impegno J. Glanvill, uno dei maggiori apologeti della Royal Society. Non furono insomma gli scienziati a determinare il declino della stregoneria, ma essi si adeguarono a un movimento che aveva altrove il suo motore. Il loro atteggiamento conservatore nei confronti della stregoneria non fu neppure dettato da ragioni di opportunismo, per la necessità di parare le accuse sempre incombenti di materialismo ateo, ma scaturì da una convinzione profonda. Il neoplatonismo aveva diffuso idee di pienezza divina e di gerarchia degli esseri che implicavano un’infinità di esseri differenti dall’uomo tra i quali rientravano perfettamente demoni, gnomi, incubi e succubi ecc. Le scoperte astronomiche avevano poi stimolato il dibattito sulla pluralità dei mondi, idea che fu armonizzata con le dottrine neoplatoniche circa l’esistenza di “principi e principati” intermedi tra Dio e l’uomo.
Ricordo che la madre di Kepler fu perseguitata per anni con l’accusa di stregoneria.
(15) Per seguire la cronologia delle streghe a Milano si può vedere qui.
(16) Una ricetta per una pozione che serviva per volare venne tirata fuori in un processo per stregoneria contro Katharina Strelsin (Alto Palatinato, 1572). La riporto per far capire a quali livelli di follia si fosse:
Confessa che per il “volo notturno” viene preparato il seguente unguento. Ovvero: si prendano escrementi di vacca, di scrofa e di esseri umani, inoltre: i rifiuti dell’altare e della chiesa, sapone inutilizzato ed è tutto. Far bollire tutto insieme per tre ore nel nome del diavolo; e questo non deve essere fatto in casa, ma fuori, nel campo, altrimenti procura danno.
(17) Riporto alcune storie di streghe:
Bazuel (Cambresis), 1599-1627
Un’anziana vedova, Reine Percheval, finisce sul rogo dopo aver confessato pratiche stregonesche con le quali avrebbe ottenuto la morte della nipotina, colpita da una grave malattia, e prodotto parti deformi dalle vacche. Prima del rogo, Reine si vendica delle sue accusatrici indicandole come complici dei propri reati. Una di queste, Aldegonde de Rue, la seguirà nella morte violenta dopo un processo durato due anni e conclusosi con il riscontro, sul suo corpo, di punti insensibili al dolore, testimonianza della sua frequentazione diabolica. Altre tre donne subiranno la stessa fine.
Giura, 1600
Rolanda di Vernois e Claudia confessano al giudice Henri Bouguet di aver provocato la grandine mescolando la propria orina con ramoscelli verdi. Il demonio le difende sul rogo, provocando scrosci di pioggia che più volte spengono le fiamme. Il rito della morte si compie infine il 7 Settembre.
Aix-en-Provence 1609
Dopo il rito esorcistico propinatole perché indemoniata, una monaca accusa il curato di Marsiglia, don Gaufridy, di averla stregata. Sottoposto a tortura, il curato resiste due anni, prima di confessare le pratiche sabbatiche e una violenza sessuale sulla suora. Muore bruciato il 30 Aprile 1611.
Zagarramudi (Paesi Baschi) 1614
Dopo un interrogatorio che riguarda 300 persone e che dura 4 anni, vengono riconosciute colpevoli 12 streghe. Sette sono condannate al rogo. Delle altre cinque, morte durante il procedimento, vengono bruciate immagini che le raffigurano.
Paderborn, 1631
Lisa Tutke, arrestata con l’accusa di stregoneria, confessa sotto tortura che suo padre (morto per le violenze dei giudici in un precedente processo) le ha insegnato a compiere malefìci fin da quando era piccola, consegnandola a un uomo che abusò sessualmente di lei. Che quell’uomo potesse essere il demonio è testimoniato dal fatto che durante il rapporto Lisa non sentì calore, ma gelo. Lisa denuncia altre sei persone.
Oppenau, 1631-32
Un processo da record: viene mandato al rogo l’8% della popolazione.
Palermo, 1640
Viene condannata dal Sant’Uffizio Caterina Brunì, “che andava con le donne di fuora la notte e che promettea portare li genti con essa et che li volea far cavalcare sopra un castrato, come facea essa“.
Auch, 1644
Regine, donna del popolo,viene presa e gettata nel fiume Gers con appesa una pietra al collo. I giustizieri, questa volta senza processo, sono soldati che la accusano di pratiche malefiche, su istigazione di persone della città.
Montheliard, 1646
Trentadue testimoni accusano una vedova, Adrienne d’Heur, di aver fatto morire un bambino offrenedogli del pane; di aver fatto perdere la vista a un uomo, una donna e due bambini; di aver prosciugato il latte di una mucca; di aver provocato la morte di un cavallo; di aver tentato di rapire un bimbo; di essersi introdotta nelle case nottetempo senza aver bisogno di aprire le porte; di essersi trasformata in gatto, irritando il gatto di casa. Viene punta su tutto il corpo: l’ago entra tra le scapole e vi resta, senza produrre dolore o fuoriuscite di sangue, per un quarto d’ora. Adrienne nega ogni cosa e viene sospesa alla corda. A questo punto confessa: sabba, coiti col diavolo, malefici e trasformazioni. E’ bruciata l’11 Settembre.
Juergensburg, 1692.
Un uomo di 80 anni, Thiess, confessa di essere un lupo mannaro, ma di quelli buoni che inseguono e lottano contro diavoli e streghe. I giudici lo condannano a 10 colpi di frusta.
Inoltre tra il 1627 e il 1630, a Colonia, vennero giustiziate quasi tutte le levatrici della città perché le più esposte ad accuse del tipo: avere tra le mani bambini non battezzati, praticare aborti e contraccezione. Ma anche le donne che si dedicavano alla guarigione dei malati erano bruciate. Le vedove (che a causa delle tante guerre erano diventate un esercito), le nubili, le cuoche … tutte queste categorie di persone erano sotto tiro per essere sospettate di crimini graditi al diavolo. In Italia interventi repressivi di massa si ebbero in Valcamonica, in Valtellina, nell’area del Tonale, presso i territori di Brescia e Bergamo. Nel Canton Ticino il vescovo di Milano, Carlo Borromeo, tra il 1565 e il 1583, presenziò a processi ed esecuzioni di centinaia di fattucchiere e per questo fu fatto santo.
Quello che segue e’ un campionario, ovviamente incompleto di circostanze e di atti anche innocenti che potevano aprire la strada verso il rogo:
- non praticare alcuna religione
- non andare regolarmente in chiesa
- non rispettare il riposo domenicale
- avere pronunciato qualche bestemmia
- fornicare e prostituirsi
- essere sospetti di adulterio
- aver abortito o aiutato ad abortire
- accennare qualche passo di danza in prossimità o attorno ad un fuoco, sole o in compagnia
- possedere un rosario privo della relativa crocetta
- tenere in grembo, accarezzare e/o nutrire un gatto nero
- pronunciare preghiere o fare atti di devozione in chiese in rovina e sconsacrate
- tenere in casa un galletto nero
- raccogliere erbe e radici durante la festa di S. Antonio
- raccogliere erbe e radici genuflessi verso oriente
- essere omosessuali
- aver curato con pozioni o unguenti un infermo che poi era morto
- praticare in genere l’arte di curare con le erbe
- aver pronunciato, nel corso di un litigio, parole oscure ritenute maledizioni in grado di procurare il “malocchio” e la “malasorte”
- essere figlia/figlio di donna già condannata per stregoneria
- avere inveito e/o minacciato qualcuno che aveva rifiutato l’elemosina.
(18) Queste prove e torture mediante l’acqua discendevano dalla medioevale ordalia dell’acqua (una delle varie e crudeli ordalie). In questo tipo di ordalia l’acqua simboleggia il diluvio dell’Antico Testamento. Come il diluvio spazzò via i peccati anche l’acqua purificherà la strega. Dopo tre giorni di penitenze l’accusata doveva immergere le mani fino ai polsi in acqua bollente. Spesso venivano costrette a immergerle fino ai gomiti. Si aspettava poi tre giorni per valutare le colpe dell’accusata. Veniva messa in pratica anche un’ordalia dell’acqua fredda. Alla strega venivano legate le mani ai piedi in modo che la posizione non fosse favorevole per rimanere a galla. Dopodiché veniva immersa in acqua; e, come scritto nel testo, se galleggiava era sicuramente una strega in quanto l’acqua “rifiutava” una creatura demoniaca, se andava a fondo era innocente ma difficilmente sarebbe stata salvata in tempo.
(19) Tra il 10 giugno 1692 e il 22 settembre 1692, 20 persone furono giustiziate tramite impiccagione ed entro il 1693 altre 5 sarebbero morte nelle prigioni.
10 giugno
Bridget Bishop
19 luglio
Sarah Good
Elizabeth How
Susannah Martin
Rebecca Nurse
Sarah Wilds
19 agosto
George Burroghs
Martha Carrier
George Jacobs
John Proctor
John Willard
19 settembre
Giles Cory (pressato con pietre sul petto fino ad ucciderlo)
22 settembre
Martha Cory
Mary Esty
Alice Parker
Mary Parker
Ann Pudeator
Wilmot Redd
Margaret Scott
Samuel Wardwell
In prigione, accusate di stregoneria morirono:
Sarah Osburn il 10 maggio 1692;
Roger Toothaaker il 16 giugno 1692;
il bambino neonato e senza nome di Sarah Good il 19 luglio 1692, giorno della morte della madre;
Ann Foster il 3 dicembre 1692;
Lydia Dastin il 10 marzo 1693
(20) Riporto di seguito alcuni modi con sui il diavolo è stato fisicamente definito:
- figura genericamente antropomorfa
- colore grigio-nero, nero o nerissimo
- ali membranate (tipo pipistrello)
- barba di tipo caprino
- ha un solo dente di cui si serve per marchiare le streghe (non tutti gli autori concordano)
- cervice dotata di grandi e robuste corna
- piedi forcuti
- pelle grinzosa
- dotato di lunga coda con terminale peloso o forcuto
- dotato di grandi mammelle
- privo di circolazione sanguigna sostituita da acqua congelata
- organo sessuale con le seguenti caratteristiche:
- straordinariamente grande e lungo
- pesantissimo
- fatto in parte di ferro e in parte di carne e rivestito con scaglie di materiale corneo
- costantemente in posizione eretta ed in bellavista
- temperatura gelida
- emissione di sperma freddo come il ghiaccio.
Solitamente si presenta nudo. Quando però tenta di circuire o ingannare qualcuno ricorre a vari mascheramenti come, ad esempio:
- assume le sembianze di un bellissimo giovane
- sempre elegantemente vestito
- dotato di calzature o stivali per nascondere i piedi forcuti.
(21) Durante l’occupazione dell’Italia da parte di Napoleone, moltissimi documenti furono razziati per essere portati a Parigi. Tra di essi tutti gli archivi dell’Inquisizione che andarono in gran parte dispersi (una parte fu venduta in epoca di Restaurazione come carta straccia e, ad esempio, alcune pagine dei verbali del processo a Giordano Bruno furono trovate in un mercato come carta per avvolgere il pesce). Solo una parte di questa importantissima documentazione resta intatta a Parigi. I pacchi razziati e portati a Parigi erano 7900 circa, di cui 4148 volumi di processi e 472 di sentenze fino al 1771; nella seconda metà dell’800 in concomitanza con situazioni politiche “pericolose” (Garibaldi, porta Pia) i funzionari della Congregazione del Santo Uffizio operarono distruzioni nella documentazione processuale degli anni 1772-1810 che non era stata portata a Parigi e in quella prodotta in seguito. In Spagna, quando terminò l’incubo dell’Inquisizione, gli archivi furono bruciati dalla popolazione inferocita.
A Palermo (dove gli impiegati agli uffici dell’Inquisizione erano 25 mila) durante la breve parentesi di un governo illuminista, vennero bruciati tutti gli archivi per dimenticare gli orrori e per salvaguardare le migliaia di persone segnalate (come accadde in tutte le Indie portoghesi). Più che nei numeri, la tragedia sta nel fatto che tutti, nessuno escluso, poteva essere sospettato, imprigionato, perdere tutte le proprietà ed essere arso vivo in quanto l’Inquisizione non giudicava crimini, ma idee.
BIBLIOGRAFIA
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(15) M. Lutero – Le 95 tesi – Studio Tesi 1995
(16) Delio Cantimori – Eretici italiani del Cinquecento – Sansoni 1967
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(20) P.G. Maxwell-Stuart – Storia della caccia alle streghe – Newton & Compton 2005
(21) Richard Kieckhefer – La magia nel Medioevo – Laterza 1993
(22) Cristoph Daxelmüller – Magia – Rusconi 1997
(23) Streghe di Benevento
(24) La caccia alle streghe. Sintesi di un genocidio
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