GIORDANO BRUNO

Roberto Renzetti

             Un discorso, per quanto succinto, sulla vita e sull’opera di Giordano Bruno deve partire da alcuni fatti storici di rilievo che hanno preceduto o accompagnato la sua vita.

L’Inquisizione

              Intorno al XIII secolo iniziano a diffondersi per l’Europa movimenti religiosi giudicati eretici dalla Chiesa di Roma. I principali erano:

– CATARI (nelle articolazioni di Albigesi, Manichei, Patarini, …)

 ·     predicano un rinnovamento morale della Chiesa;

 ·     la Terra è un campo in cui si affrontano in lotta aperta Dio (lo spirito) e Satana (la materia);

 ·     il Vecchio Testamento viene rifiutato poiché in esso Dio crea la materia;

 ·     anche il Purgatorio viene negato;

 ·  praticano un ascetismo esasperato (condanna del matrimonio e della procreazione; esclusivamente vegetariani; condanna della proprietà privata e della guerra; ricerca della morte per fame);

 ·     predicano la povertà.

– VALDESI

 .      predicano la povertà;

 .     affermano il diritto alla predicazione per i laici;

 .     affermano l’uguaglianza di tutti i fedeli incluse le donne;

 ·     il sacerdozio si conquista per meriti individuali (anche per le donne) e non per investiture esterne (questo è un durissimo colpo alla Chiesa di Roma);

 ·      è un movimento laico e popolare;

 ·      viene negata la transustanzazione (non è vero, nella messa, che il pane ed il vino si trasformino nella carne e sangue di Gesù);

 .      la stessa messa è negata;

 ·      ed allo stesso modo il culto dei santi e dei morti.

Ed ora alcune date importanti:

–         nel 1209 la “crociata” contro gli Albigesi si conclude con orrendi massacri;

–         nel 1233 Papa Gregorio IX fonda il Tribunale dell’Inquisizione;

–         nel 1235 l’Inquisizione viene affidata  come “privilegio” ai Domenicani definiti i “cani da guardia della Chiesa”; successivamente il privilegio fu esteso ai francescani (quale miglior alibi per la Chiesa di Roma quello di affidare l’Inquisizione ai seguaci di un poverello che predica la povertà per sé e non per tutta la Chiesa!); la tortura fu una pratica introdotta fin dall’inizio;

–         nel 1252 la tortura fu autorizzata ufficialmente da Papa Innocenzo IV;

–         nel 1259 fu confermata da Papa Alessandro IV;

–         nel 1265 fu riaffermata da Papa Clemente IV;

–         tra il 1370 ed il 1378 vi fu una feroce persecuzione contro i Valdesi ordinata da  Papa Gregorio XI e condotta da un francescano;

–         nel 1480 Papa Sisto IV dà la gestione dell’Inquisizione spagnola ai Re Cattolici (Fernando e Isabel) che da una parte combattevano le conversioni dei cristiani all’ebraismo e dall’altra ambivano requisire i beni degli ebrei;

–         nel 1487 altra persecuzione contro i Valdesi ordinata da Papa Innocenzo VIII;

–         nel 1517 prende il via la Riforma di Lutero (inizialmente contro il mercato delle indulgenze);

–         nel 1536 inizia l’opera di Calvino;

–         nel 1542 Paolo III  riordina l’Inquisizione affinché sia più efficiente contro gli eretici;

–         nel 1545 inizia il Concilio di Trento e la Controriforma;

–         nel 1559 si pubblica il primo “Index librorum prohibitorum” e tra gli autori proibiti vi sono: Dante, Boccaccio, Tasso, … (Si deve osservare che l’Index fu  abrogato da Papa Paolo VI il 14 giugno 1966 e fu ripristinato da Giovanni Paolo II il 20 novembre 1979;

–         nel 1562 i cattolici massacrano la comunità protestante di Vassy;

–         nel 1563 termina il Concilio di Trento;

–         nel 1567 Tommaso (che aveva realizzato la ciclopica operazione di raccordo tra la filosofia e cosmologia aristoteliche con le dottrine della Chiesa di Roma) viene nominato, da Papa Pio V, Dottore della Chiesa;

–         nel 1572 i cattolici massacrano i protestanti Ugonotti nella Notte di S. Bartolomeo;

–         nel 1587 Elisabetta I di Inghilterra fa uccidere la cattolica Maria Stuart;

–         nel 1588  Papa Sisto V fornisce ancora maggior potere all’Inquisizione.

Alcuni eventi storici

1504 – Il Napoletano passa dalla Francia alla Spagna.

1511/1516 – “Elogio della follia” e “Nuovo Testamento” di Erasmo.

1519/1556 – Carlo V imperatore.

1527 – Truppe di Carlo V (i lanzichenecchi) saccheggiano Roma.

1529 – La Chiesa incorona Carlo V imperatore e da questo momento  diventa dipendente dalla Corona di Spagna.

1543 – Viene pubblicato il “De Revolutionibus orbium coelestium” di Copernico.

1556/1598 – Felipe II re di Spagna.

1589 – Enrico III di Francia viene assassinato.

1596 – Kepler pubblica “Mysterium Cosmographicum”.

Notizie biografiche di Giordano Bruno fino all’inizio del processo

1548 – Filippo Bruno nasce a Nola (vicino Napoli) da Giovanni (soldato di ventura) e da Fraulissa Savolino (famiglia di piccoli proprietari terrieri). Inizia studi privati con il sacerdote Gian Domenico de Jannello, poi passa alla scuola pubblica di Bartolo Alaia delle Caselle. Prosegue gli studi a Napoli (umanità, logica e dialettica) in una scuola pubblica, quella del Sarnese e segue lezioni private di logica dal padre agostiniano Teofilo. Sotto l’influenza di quest’ultimo …

1562 – Entra in convento (è un’epoca di vigilanza e repressione da parte delle autorità cattoliche e spagnole).

1565 – Veste l’abito di novizio in San Domenico a Napoli, prendendo il nome di Giordano. Fa l’anno di noviziato e studia retorica.

1566 – Diventa professo. Studia mnemotecnica, logica e metafisica.

1567 – È sospettato di opinioni eretiche.

1568 – Ottiene un lasciapassare per recarsi da Papa Pio V in Roma dove, a memoria, gli recita, in ebraico, un suo scritto ora disperso.

1572 – Diventa sacerdote e dice messa. È ammesso agli studi superiori di teologia. Paga per ottenere una cella dove studiare.

1575 – Ottiene la licenza in Teologia discutendo varie tesi, anche su San Tommaso. In questa epoca Bruno studiò (di nascosto, di notte) una notevole quantità di autori non compresi nel corso di studi tra cui filosofi, letterati e scienziati. Grande influenza su di lui ebbero Erasmo ed Ario (il mondo può rinnovarsi e ringiovanire solo se dissolve le tenebre della religione asinina di Paolo e di Cristo). La sua cultura fu definita prodigiosa. La discussione con altri studenti di queste letture lo rendono di nuovo sospetto di eresia.

1576 – Fugge da Napoli a Roma dove chiede ospitalità presso i domenicani di Santa Maria sopra Minerva con la speranza di vivere tranquillo senza che nessuno venga a sapere dei sospetti che si addensavano su di lui. Da Napoli arriva un suo confratello che sembra essere quello che lo aveva denunciato. Il confratello finisce annegato nel Tevere. Bruno, nonostante lo neghi con energia, viene accusato del fatto. Deve di nuovo scappare indossando abiti civili. Prima tappa Genova. Quindi Noli (4 mesi) dove, per vivere, insegna grammatica e fisica.

1577/78 – Va a Savona, poi a Torino. Quindi, navigando sul Po, a Venezia (un mese e mezzo) dove stampa “De’ segni dei tempi”, a Padova, a Bergamo (dove riveste l’abito talare), a Brescia, a Milano, a Torino.

1579 – Si reca nel convento domenicano di Chambery. In primavera passa a Ginevra dove viene obbligato a farsi calvinista. È ammesso all’Accademia di Ginevra dove deve osservare rigidamente l’aristotelismo ed il calvinismo (intanto ha dovuto deporre di nuovo l’abito talare e per mantenersi si è messo a correggere bozze). In agosto non sa trattenersi dall’attaccare a mezzo stampa il teologo De la Faye (in una lezione di quest’ultimo individua – a seconda delle fonti – dai 20 ai 100 errori). È arrestato insieme al tipografo. Processato è costretto a riconoscersi colpevole ed a sottomettersi alla pena. Appena può fugge (da questo momento affermerà più volte che è meglio la Chiesa di Roma che le varie “sette” riformate). Prima si reca a Lione (un mese) poi a Tolosa.

1579/81 – A Tolosa conseguirà un dottorato (Magister artium) e vince il concorso a lettore di filosofia. Insegna pubblicamente il “De Anima” e privatamente dà lezioni sulla sfera e di filosofia. Nel frattempo tenta un riavvicinamento alla Chiesa. Nell’insegnamento pubblico tocca anche altri testi di fisica e matematica che lo compromettono. Anche a seguito di guerre civili (è l’epoca della violenta lotta tra cattolici e calvinisti ugonotti), ripara a Parigi.

1581 – Dà una serie di lezioni sui 30 attributi divini (con argomentazioni tratte da San Tommaso). Gli viene offerto di diventare ordinario ma egli rifiuta perché ciò, diversamente da Tolosa, avrebbe comportato l’assoggettarsi a pratiche religiose. Accetta un semplice incarico remunerato che gli fu assegnato dal re Enrico III, suo estimatore.

1581/83 – Pubblica a Parigi: “De umbris idearum”, “Cantus Circaeus”, “De Compendiosa Architectura et complemento artis Lulli”, “Candelaio”, “Recens et completa   ars reminiscendi”. Scrive: “Explicatio triginta sigillorum”.

1583 – Passa in Inghilterra al seguito dell’ambasciatore francese M. de Castelnan de la Mauvissière. Sembra che il suo viaggio avesse il fine di tentare una pacificazione tra Enrico III ed Elisabetta I convincendo quest’ultima dell’assenza di mire espansionistiche della Francia. Conobbe Gilbert, T. Digges, F. Bacon, Shakespeare (che a lui si ispirò per l’ Amleto). Pubblica l’ “Explicatio triginta sigillorum” e il “Sigillus sigillorum”. Ottiene l’insegnamento ad Oxford. Tenne lezioni su: l’immortalità dell’anima ma abbandonando San Tommaso ed introducendo proprie idee che successivamente pubblicherà; sulle diverse dottrine astronomiche. Ebbe dispute pubbliche con i dottori di Oxford che lo obbligarono ad abbandonare le sue lezioni. Torna a Londra a fare da segretario  all’ambasciatore di Francia. Ebbe rapporti con Elisabetta I che da una parte apprezzava e dall’altra temeva la sua “modernità”.

1584 –  Scrive e pubblica i dialoghi italiani: “La cena delle Ceneri”, “De la causa principio et uno”, “De l’infinito universo et mondi”, “Spaccio de la bestia trionfante”.

1585 – Scrive e pubblica: “Cabala del cavallo pegaseo “, “De l’asino cillenico”, “Gli eroici furori” (che vede la luce quando già Bruno aveva lasciato Londra).

Ad ottobre accompagna in Francia l’ambasciatore de la Mauvissière. Durante il tragitto vengono rapinati e Bruno perde vari manoscritti. Giungono a Parigi quando l’ambasciatore cade in disgrazia. Il vescovo di Bergamo lo avvicina per tentare (sembra) una riconciliazione. Ma Bruno è ormai completamente indifferente a qualunque chiesa.

Annuncia un’opera che non c’è mai pervenuta, “Arbor philosophorum”, di lavorare su una sorta di sunto dell’opera di Aristotele (mai pervenuto), di spiegare in modo esaustivo l’opera di Llull.

Sostiene accese discussioni al Collegio di Cambrai.

1586 – Pubblica a Parigi: “Figuratio Aristotelici physici auditus”, “Dialogi duo de Fabricii Mordentis Salernitani prope divina adinventione …” (e poiché il Mordente si arrabbia scrive) “Idiota triumphans”, “De somnii interpretatione”.

Alla fine di maggio attacca duramente Aristotele nei “Centum et viginti articuli de Mundo et Natura adversus Peripateticos”. La polemica cresce ed egli deve andarsene dirigendosi verso la Germania. Prima a Marburgo dove gli negano la possibilità di insegnare filosofia poiché è dottore in teologia romana. Sentendosi non libero passa a Magonza (12 giorni). Infine, in agosto, a Wittenberg ottiene l’immatricolazione all’Università come “Doctor Italus”. È libero e questo periodo risulta il migliore della sua vita.

1586/88 – A Wittenberg scrive: “De lampade combinatoria lulliana”, “De progressu et lampada venatoria logicorum”, “Lampas triginta  statuarum”, “Animadversiones circa Lampadem lullianam” (queste ultime due solo manoscritte), “Camoracensis Acrotismus”, “Libri Physicorum Aristotelis explanati”, “Artificium perorandi” (pubblicato postumo nel 1612 a nome Alstedt), “Oratio valedictoria” (congedo dai colleghi ed alunni di Wittenberg).

Poiché i calvinisti hanno assunto il controllo degli affari religiosi se ne va a Praga.

1588 – A Praga pubblica: “De specierum scrutinio et lampade combinatoria Raymondi Lulli” (con dedica all’ambasciatore di Spagna), “Articuli centum et sexaginta adversus huius tempestatis mathematicos atque philosophos (dedicato a Rodolfo II). In questo anno si mostra indignato per la prefazione che A. Osiander aveva fatto all’opera di Copernico. Ad ottobre si reca presso l’Accademia di Helmstädt (Granducato di Brunswick) per declamare un’orazione funebre in onore del Granduca morto e ritenuto eretico: “Oratio consolatoria” (nell’opera vi è un duro attacco al clero).

1588/90 – Resta circa un anno e mezzo ad Helmstädt dove scrive: “De magia et theses de Magia”, “De magia mathematica”, “De principis rerum, elementis et causis”, “Medicina lulliana” (alcune di queste opere rimaste manoscritte).

L’autorità evangelica dello stato scomunica Bruno che deve andarsene.

Nel luglio del 1590 si reca a Francoforte per stampare i poemi latini con l’editore Wechel. Nell’inverno si reca a Zurigo dove scrive “Summa terminorum metaphysicorum” (pubblicata con il nome di un suo allievo, Raffaele Egli, nel 1595).

1591 – Pubblica a Francoforte: “De monade numero et figura”, “De triplici minimo et mensura”, “De innumerabilibus, immenso et infigurabili”, “De imaginum, signorum ed idearum compositione”, “De vinculis in genere”.

Probabilmente si comincia a convincere di tornare in Italia a seguito del fatto che Clemente VIII aveva dato una cattedra alla Sapienza al filosofo della natura Francesco Patrizi. In agosto accetta l’invito del ricco mercante veneziano Giovanni Mocenigo a recarsi a Venezia per essere suo maestro nell’arte della memoria. Inizialmente risiede a Padova (autunno) dove scrive “Praelectiones geometricae” e “Ars reformationum”  e dà lezione a dei tedeschi che in cambio lo aiutano nelle trascrizioni. All’inizio dell’inverno si installa a Casa Mocenigo dove elabora gli ultimi scritti che non vedranno mai la luce.

1592 – Bruno annusa il pericolo ed esprime il desiderio di tornare a Francoforte per rivedere alcune sue opere. Mocenigo si sente defraudato (non ha appreso nulla), lo sequestra in casa e lo denuncia al Tribunale veneziano dell’Inquisizione (23 maggio) per aver sostenuto varie eresie).

In questo anno anche Galileo è a Padova ma non si sa se vi sia mai stato un incontro tra i due.

Bruno subisce un processo e sembra voglia chiedere perdono al Tribunale veneziano in cambio dell’immunità che lo stesso Tribunale sembra disposta a dare.

A luglio il Tribunale dell’Inquisizione di Roma chiede l’estradizione di Bruno. Venezia sembra voglia resistere ma poi cede in cambio di benefici concessi da Papa Clemente VIII.

1593 – Il 27 febbraio Bruno entra nel carcere dell’Inquisizione romana.

Il processo

              Fino al 1592 (processo di Venezia) si ha la documentazione pressocché integrale di tutti gli atti, conservata presso l’Archivio dei Frari. Con l’estradizione a Roma si perde ogni documento certo e completo.

              I primi documenti vengono alla luce nel breve periodo della Repubblica Romana (1849) quando il bibliofilo Giacomo Manzoni, entrato con un “commando” negli Archivi Segreti vaticani, riuscì a prendere nota di alcuni atti ivi conservati. Queste note passarono a Domenico Berti che risultò primo biografo moderno di Bruno (1868 – 1889). Altri documenti furono resi noti da Spampanato nel 1924.

              Finalmente nel 1942 la Curia di Roma fece uscire un “Sommario del processo di Giordano Bruno” a cura del Cardinale Mercati.

              In questo Sommario i “verbali” sono numerati. Esso inizia con i “costituti” 9 – 11 che sono le 3 lettere di denuncia di Mocenigo (2 facciate l’una). Non sappiamo cosa vi fosse nelle prime 16 facciate. Prosegue con le “carte” dalla 34 alla 57. Non sappiamo nulla delle 44 facciate mancanti. Inoltre la carta 55 ha solo il titolo: “Lista librorum Fratris Iordani” e manca l’elenco dei libri e dei manoscritti che gli furono sequestrati a Venezia, le opere della maturità. Si passa quindi alla carta 83. Non sappiamo nulla delle 52 facciate mancanti.

              A questo punto del Processo, contro Bruno vi era il solo teste Mocenigo (e le sue, di Bruno, opere). Il 20 giugno 1599 arrivò all’Inquisitore veneto una lettera anonima di un ex compagno di cella di Bruno (il cappuccino Celestino da Verona) in cui si aggiungevano ai 29 capi di imputazione denunciati da Mocenigo altri 13. Si tratta delle carte 84 – 85r che nel Processo occuparono le carte 85v – 86v. Mancano la 87r, la 87v, la 88r. E da questo punto fino alla carta 295 è uno stillicidio di documenti mancanti. Risultano solo i documenti di testimonianze contro, di violazioni di censure riscontrate sui libri di Bruno, di atti formali (convocazione di Bruno, ritorno in prigione, …) e qualche difesa sui punti più deboli delle accuse che gli venivano mosse.

         È interessante vedere cosa dice il Cardinale Mercati sulle vicende dei documenti processuali riguardanti Bruno:

–         già nel 1849, secondo il Cardinale, non vi erano negli Archivi Segreti altri documenti sul processo altrimenti “gli astiosissimi ed ignoranti anticlericali li avrebbero trovati”;

–         i documenti si persero tra il 1815 ed il 1817 quando da Parigi, dove li aveva trasferiti Napoleone nel 1810, si stavano riportando a Roma;

–         Marino Marini, all’epoca prefetto degli Archivi, ritenne inutili tutti i documenti dei processi del Santo Uffizio e ne autorizzò la distruzione, previa autorizzazione del Cardinale Consalvi che, in quel momento era “distratto”. I resti di quella carta furono venduti a Parigi ad una fabbrica di cartoni per 4300 franchi;

–         “fortunatamente è stato testè (1940) rinvenuto una specie di sommario di tutto il processo”;

–         Marini ebbe a dire, quando si concluse la Repubblica Romana, “gli Archivi conservano attualmente il loro stato d’integrità che vantavano prima di queste luttuose vicende”. È interessante notare che nessun cenno fa il Marini ai traslochi napoleonici.

              A tutt’oggi, anno 2000, i documenti di questo e di altri processi dell’Inquisizione, insieme al cumulo di materiale manoscritto sequestrato, giace in quegli Archivi Segreti senza alcuna possibilità per gli storici di poterli consultare.

Capi di imputazione noti

1 – nega la transustanziazione del pane in Carne ed il valore della Messa.

2 – nega la Trinità aderendo al subordinazionismo di Ario.

3 – nega la verginità di Maria.

4 – nega la divinità di Cristo.

5 – nega il culto dei santi.

6 – afferma che Cristo peccò quando, pregando nell’orto, rifiutava la volontà del Padre.

7 – afferma che Cristo non fu crocifisso ma impiccato.

8 – nega l’inferno e le pene eterne poiché tutti si salveranno.

9 – afferma che Caino fece bene ad uccidere Abele in quanto carnefice di animali.

10 – nega i profeti che sono solo degli astuti profittatori.

11 – afferma che Mosè era un mago più bravo di quelli del faraone e che finse il Sinai e che le tavole della legge le costruì lui.

12 – nega i dogmi della Chiesa.

13 – afferma di essere un bestemmiatore blasfemo.

14 – afferma che se sarà costretto a tornare frate manderà all’aria il monastero.

15 – afferma di avere opinioni avverse alla Santa Fede ed ai suoi ministri.

16 – afferma di credere nella trasmigrazione delle anime.

17 – afferma di occuparsi di arte divinatoria e magica.

18 – afferma di indulgere al peccato della carne.

19 – ha soggiornato in Paesi eretici vivendo alla loro guisa.

20 – ha parlato con spregio del Breviario.

21 – afferma disprezzo per le reliquie.

22 – afferma la stupidità del culto delle immagini.

23 – nega l’adorazione dei Magi.

24 – ha irriso il Papa.

25 – afferma l’esistenza di più mondi e la loro eternità ed è un convinto copernicano.

26 – nega l’incarnazione.

27 – afferma che l’uomo si genera dalla decomposizione organica.

28 – nega l’utilità della penitenza.

29 – afferma che Dio ha tanto bisogno del mondo quanto il mondo di Dio.

A questi capi di imputazione occorre aggiungere svariate censure a brani tratti dalle sue opere.

I testimoni

              Fino al 1593 vi era la sola denuncia di Mocenigo all’Inquisizione di Venezia. Mocenigo era un arricchito profondamente ignorante che sperava nel fatto che Bruno facesse il miracolo di istruirlo. Inoltre egli voleva essere edotto sulle arti magiche e più volte Bruno gli disse che lui si occupava di “magie lecite” (quella divina, quella naturale e quella matematica) e non di “magie illecite” (quella nera).

              Seguì poi la testimonianza di vari eretici (definiti dalla stessa Inquisizione “scomunicati ed infami, criminosi ed eretici”) ex compagni di cella di Bruno a Venezia. A questi testi era stata promessa, poi non mantenuta, la salvezza dal rogo o dal carcere a vita. Li ricordo:

–         Fra Celestino da Verona (10 capi d’imputazione)

–         Fra Giulio da Salò

–         il falegname Francesco Vaia

–         un tal Matteo de Silvestris di Orio (1 capo d’imputazione)

–         un tal Francesco Graziano di Udine (1 capo d’imputazione).

              Dal “Sommario” mancano le pagine delle eventuali testimonianze degli altri compagni di cella: Fra Silvio da Chioggia, Fra Serafino d’ Acquasparta, Francesco Ieronimioni.

              Secondo Firpo lo stesso “Sommario” rappresenta un fase arretrata del processo. Sono le censure che nascono dalla lettura delle sue opere quelle che debbono aver avuto più grande importanza nella sua condanna (questo risulta da un importante documento del 9/9/1599). Questo aspetto non viene discusso nel Sommario e fu proprio su queste censure che Bruno si mostrò inflessibile contrariamente a quanto aveva mostrato riguardo alle questioni di fede.

              La questione copernicana, come discuterò più oltre, doveva essere questione di rilievo e nel Sommario non vi è traccia di essa. Una maliziosa interpretazione potrebbe essere quella che il Cardinale Mercati abbia voluto sbarazzarsi nel 1941 di una imbarazzante continuità tra Copernico, Bruno e Galileo.

La condanna ed il rogo 

              Bruno, isolato in carcere, il 20 dicembre 1694 presenta un memoriale a propria discolpa. Intanto viene sottoposto a continue torture. Nel 1596 vengono proibite tutte le sue opere. Nel 1599 stette sul punto di cedere ma poi dichiarò di non avere di che pentirsi e sfidò ad una discussione qualsiasi filosofo scolastico.

              Il 20 gennaio 1600 (anno di Giubileo eccezionale), il Papa Clemente VIII decise di consegnare Bruno al braccio secolare. L’8 febbraio, nel palazzo del Cardinale Madruzzi lo si degrada da sacerdote (!) e gli si comunica la condanna. 

DI ROMA, LI 12 FEBBRAIO 1600 SABBATO

Avviso di Roma

    Hoggi credevamo vedere una solennissima giustitia, et non si sa perché si sia restata, et era di un domenichino di Nola, heretico ostinatissimo, che mercoledì, in casa del cardinale Madrucci sententiarono come auttor di diverse enormi opinioni, nelle quali restò ostinatissimo, et ci sta tuttora, non ostante che ogni giorno vadano teologhi da lui. Questi frati dicono sia stato due anni in Genevra; poi passò a legere nello Studio di Tolosa, et poi in Lione, et di là in Inghilterra, dove dicono non piacessono punto le sue opinioni; et però se ne passò in Norimbergh, et di là venendosene in Italia, fu acchiappato; et dicono in Germania habbia più volte disputato col cardinal Belarmino. Et in somma il meschio, s’iddio non l’aiuta, vuol morir ostinato et essere abbruggiato vivo.

Mentre questa condanna veniva pronunciata Bruno disse “avete più paura voi ad emanare questa sentenza che non io nel riceverla” . Il giovedì 17 febbraio  nel Carcere di Tor di Nona gli viene conficcato un chiodo ricurvo nella lingua perché non possa più parlare (“la mordacchia”); poi fu condotto in Campo de’ Fiori e quivi spogliato e legato  fu bruciato vivo. Un fanatico del tempo, lo Schoppl racconta: “condotto al rogo, quando gli fu mostrata l’immagine del crocifisso, torvamente la respinse”.  

            Dal Giornale dell’Arciconfraternita di San Giovanni Decollato in Roma (Roma 16-17 febbraio 1600):

    “Giovedi a dì 16 detto. A hore 2 di notte fu intimato alla Compagnia che la mattina si dove far giustizia di un impenitente; et però alle 6 hore di notte radunati i confortatori e capellano in Sant’Orsola, et andati alla carcere di Torre di Nona, entrati nella nostra cappella e fatte le solite orazioni, ci fu consegnato l’infrascritto a morte condennato, cioè: Giordano del quodam Giovanni Bruni frate apostata da Nola di Regno, eretico impenitente. Il quale esortato da’ nostri fratelli con ogni carità, e fatti chiamare due Padri di San Domenico, due del Giesù, due della Chiesa Nuova e uno di San Girolamo, i quali con molto affetto et con molta dottrina mostrandoli l’error suo, finalmente stette sempre nella sua maladetta ostinatione, aggirandosi il cervello e l’intelletto con mille errori e vanità. E tanto perseverò nella sua ostinatione, che da’ ministri di giustitia fu condotto in Campo di Fiori, e quivi spogliato nudo e legato a un palo fu brusciato vivo, acompagniato sempre dalla nostrra Compagnia cantando le letanie, e li confortatori sino a l’ultimo punto confortandolo a lasciar la sua ostinatione, con la quale finalmente finì la sua misera et infelice vita”.

              Tutte le sue opere edite e sequestrate furono distrutte e bruciate in un gran falò in piazza San Pietro. A parte una ristampa dei Poemi latini (1614), le sue opere iniziarono ad essere ristampate e tradotte a partire dalla fine del ‘700. In Italia alla fine del 1800 le latine ed agli inizi del 1900 le italiane (a cura di Giovanni Gentile).

                    Questo disegno di pura fantasia, come ogni altra rappresentazione di Bruno, è stato realizzato da I Matania.

Alchimia, magia, misticismo, ermetismo nell’epoca di Bruno. (Per approfondire questi aspetti clicca qui).

              Intorno al 1460, Cosimo dei Medici fece tradurre da Marsilio Ficino (1433 – 1499) il “Corpus Hermeticum” di Hermes  Trismegisto (Tre volte grandissimo), un personaggio di cui non sappiamo nulla e che fu identificato addirittura con il dio egizio Toth ( per quanto dirò più oltre, si tenga conto che Hermes è sinonimo di Mercurio). Da qui prende il via l’ “arte ermetica” che è poi l’analogo dell’ “arte alchemica”, che sono ambedue conoscenze complesse per iniziati. Il “Corpus era stato ritrovato addirittura prima dell’intera opera di Platone e di quella di Plotino.

              Testi di questo tipo ebbero grande influenza su tutti i pensatori rinascimentali così come testi magici e cabalistici scritti nella tarda antichità. Questi testi invitavano a sviluppare la pratica della “magia naturale” che significava iniziare delle nuove indagini sulla natura basate su nuovi dati osservativi. Si tenga conto della gran difficoltà che “i filosofi” del tempo avevano dall’uscire fuori da un pantano appiccicoso di conoscenze mistico-magiche-soprannaturali-simboliche-animistiche-alchimistico-ermetiche per tentare di costruire sentieri diversi per le diverse conoscenze, per dipanare matasse complesse, per riuscire a distinguere scienza da metafisica. È comunque una interessante coincidenza che questo invito all’estensione delle conoscenze corrispondesse all’invenzione della stampa a caratteri mobili (1447).

              Nel 1543 vide la luce il “De Revolutionibus” di Copernico, il “De humani corporis fabrica” di Vesalio e la traduzione in latino delle opere di Archimede.

              La matematica nel Rinascimento rappresentava un’arma a doppio taglio. Da una parte quella matematica che applicata allo studio della natura ha portato agli imponenti sviluppi che conosciamo. Dall’altra si dette il via a ricerche occultist5iche di ogni specie relazionate con la mistica della numerologia. Anche la Bibbia fu analizzata da un punto di vista numerologico e mistico con la speranza di scoprire verità nascoste e trascendenti. Si trattava poi di trovare le armonie divine della natura mediante la correlazione di cerchi, triangoli, quadrati,… (una esemplificazione paradigmatica di questo fu l’opera di Kepler).

              Riguardo alla magia naturale il vero, ad esempio, medico era un mago che concepiva la natura come un forza vitale o magica. Questo osservatore della natura poteva apprendere ed acquisire poteri naturali sconosciuti ai più.

              Giambattista della Porta (1540 – 1615) aveva spiegato nella sua “Magia naturale” che la magia è essenzialmente la ricerca del sapere e che il suo unico oggetto è lo studio del complesso della natura. Ogni autentico studioso del Rinascimento riteneva la magia naturale agli antipodi della magia nera, della negromanzia e di tutte le aberrazioni conseguenti (uno dei motivi della denuncia di Bruno da parte di Mocenigo sembra risiedesse proprio nel fatto che quest’ultimo voleva conoscere la magia nera che Bruno né voleva né poteva dargli).

              La medicina ebbe sviluppi paralleli a quelli dell’ alchimia ( a parte varie manipolazione di elementi, il sogno alchemico consisteva nel trovare un poco di “etere” o “quintessenza” nel mondo sublunare che, mescolato con sostanze volgari le avrebbe trasformate in sostanze più nobili, come il piombo in oro). Quest’ultima aveva in sé un alone di mistero e misticismo: furono le varie correnti religiose che impregnarono di sé la letteratura alchemica. Al crescere di studi sull’occultismo crebbero studi alchemici e la cosa  non era di qualche esaltato ma di tutti gli uomini colti. Anche l’alchimia, come la matematica, fu utilizzata nel tentativo di spiegare la Creazione (“rivelazione chimica della natura” per Paracelso e “estrazione, separazione, sublimazione e congiunzione alchemica” per T. Thimme).

              E, nell’ambito della medicina, la magia naturale era la guida fondamentale contrariamente ai metodi qualitativi della matematica (nel caso migliore) o al misticismo, allo spiritualismo, alla numerologia che accompagnavano gran parte dei matematici del Rinascimento o, peggio ancora, alla matematica sottesa dalla logica sillogistica aristotelico-scolastica.

Alcuni aspetti del pensiero di Bruno

              Le nostre idee sono ombre della eterna idea. Possono essere pensate e ricordate solo se sono rivestite di forme “sensibili” adeguate alle nostre possibilità conoscitive. Non c’è aspetto della realtà che non abbia valore e dignità dal punto di vista delle idee. Ma, a differenza di Platone, esse connettono nell’ordine universale tutta la realtà, dai massimi, ai minimi, agli accidenti. In questo modo Bruno scardina la scala gerarchica tipica della vecchia struttura metafisica.

              Vi sono dei messaggeri (i “Mercuri”) inviati dagli dei per spiegare e dar forma alle idee (egli stesso si identifica con un Mercurio). Si noti a questo punto che qualcosa di analogo fa Galileo nel suo Sidereus Nuncius.

              L’arte della memoria è imperniata sull’idea secondo cui nell’universo è presente ed operante una trama fondamentale della quale vanno individuati gli elementi principali e le possibili combinazioni al fine di acquisire un sapere operativo che ci permetta di conoscere e “trasformare” la realtà.

              Bruno è cosciente della profonda crisi che travaglia il mondo: luce e tenebre, sapienza ed ignoranza, essere ed apparire, vita e morte. Viene qui fuori la “felicità” del sapiente che, oltre la superficie della cose che scorrono continuamente, sa guardare alla sostanza che è una, immutabile, eterna.

              È Circe che può risolvere la crisi: trasformando gli uomini in porci gli toglie lingua e mani, gli strumenti con cui essi offendono l’universo.

              Nel Candelaio agli uomini vengono restituite mani e lingua ed il quadro diventa drammatico tra offendersi ed offendersi per la sopravvivenza: la vita rompe i confini e spezza le gerarchie tradizionali: Non vi è alcun rapporto tra virtù e denaro, fra avere e meritare, tra essere ed apparire, tra possesso e virtù, fra azione e giudizio. Sono i caratteri della crisi del secolo (di tutti i secoli) che si aggrava con l’apparire delle “sette” riformate che si vanno ad aggiungere    all’ “oscenità” di Roma.

              Bruno rifiuta le concezioni aristotelica e platonica del doppio livello dell’immaginazione: quella dell’uomo, dotata di ragione, e quella degli animali, governata dall’istinto. In tutte le cose è vivo ed operante l’intelletto (connesso con la forma) come principio unitario.

              È necessario lottare contro i pedanti, gli acritici ed ignoranti espositori della filosofia volgare e sensibile (aristotelismo e geocentrismo) che è sostegno di una falsa religione e di un falso sistema del mondo. È necessaria una RIFORMA unitaria nei due ambiti. Già Pomponazzi in un’opera (“De incantationibus) del 1520, pubblicata a Basilea nel 1567, aveva scritto che, in accordo con l’aristotelismo, la religione (tutte le religioni) erano un organismo sublunare soggetto a generazione e corruzione e quindi avente un ciclo di necessità-auge-morte. Mentre Machiavelli (1513) aveva sostenuto che la religione non era altro che “instrumentum regni” e cioè una “utile menzogna”.

              La storia umana è pensata da Bruno in termini ciclici e l’uomo è un soggetto naturale, immerso nel cosmo, buono e divino. La ciclicità della storia e dell’uomo non è diversa da quella dei pianeti nel sistema solare. Ciò vuol dire che Bruno è coscientemente anticristiano, egli infatti è contrario a pensare la terra come qualcosa di inferiore al cielo ed è contrario all’idea dell’uomo lontano da Dio a causa del peccato originale . Tutto ciò lo porta alle logiche conseguenze di non necessità di: Incarnazione e Redenzione, della grazia concessa a degli uomini passivi, del peccato, del Giudizio Universale, del Paradiso, ….

              La storia non è una mera successione ciclica di varie religioni in consonanza con i cicli celesti. Al contrario è una continua alternanza di luce e tenebre (le tenebre annunciate da Cristo, falso profeta, contro la luce dell’antico sapere  di Hermes Trismegisto, Pitagora, Platone, …. Essendo il cristianesimo una derivazione mosaica ecco che egli oltre ad essere anticristiano è anche antisemita: rifiuta la Scrittura e la cronologia biblica, la discendenza da Adamo (basandosi sulle recenti scoperte del Nuovo Continente).

              Niente muore ed ogni uomo si salva perché l’individuo é apparenza effimera di una unica sostanza universale. Per muovere tutte le cose non occorre un principio eterno ma la presenza di un’anima interna (animismo).

              Nell’alternanza di luce e tenebre, il momento della luce è quello del copernicanesimo (“esploso”), di una corretta interpretazione del divino, di una corretta delimitazione tra attività intellettuale (filosofia) e religione politica. In questa limitazione di ambiti è garantita per il filosofo la libertà di ricerca e di pensiero. Il momento delle tenebre è quello del sistema aristotelico-tolemaico, una falsa nozione del divino e della sua relazione con il Cosmo (l’errore cristiano di ricondurre Dio all’Eucarestia!) con la conseguente corruzione morale e politica (nel XVI secolo, le intolleranze di Riforma e Controriforma, le guerre di religione, la colonizzazione spagnola delle americhe).

              Occorre espellere dal mondo la “bestia trionfante” e la sua “santa asinità” (la Chiesa ed il Papa).

La cosmologia prima di Bruno

              Prima di discutere della cosmologia bruniana è necessario accennare alla fisica e cosmologia di Aristotele ed alla cosmologia copernicana.

            Alcuni aspetti della fisica e della cosmologia di Aristotele (per approfondire questa parte si può cliccare qui).

              Durante il XVI secolo la fisica e la cosmologia di Aristotele, con le integrazioni di Tolomeo e vari contributi arabi, vanno sempre più affermandosi come cultura dominante. La cosa più interessante da notare è che il complesso del pensiero aristotelico si presenta in modo unitario, risultando impossibile modificarne una parte senza danneggiare completamente l’intero edificio. Vediamone gli aspetti salienti.

–    Il mondo è organizzato secondo due idee principali:

·     la teoria dei quattro elementi,

·     la teoria dei luoghi naturali.

–         I quattro elementi sono organizzati secondo i gradi di una intrinseca nobiltà: la terra, la più vile, sta più in basso; su di essa vi è l’acqua, quindi l’aria e, da ultimo, il fuoco, l’elemento più nobile. A questi elementi occorre aggiungerne un altro che è perfetto, eterno ed incorruttibile, la quintessenza, l’etere che si trova al di sopra di tutti gli altri.

–         L’universo è organizzato in tante sfere concentriche che si succedono secondo i vari gradi di nobiltà che sono propri dei quattro elementi e dell’etere: la Terra (sulla quale vi è l’acqua) sta immobile al centro; sopra la terra  vi è aria e quindi il fuoco. Sono semplici osservazioni naturali che portano a questa fisica: un pugno di terra affonda nell’acqua, delle bolle d’aria salgono da sotto l’acqua, il fuoco acceso nell’aria sale attraverso quest’ultima. Tutto ciò è chiuso dentro una prima sfera di cristallo, la sfera della Luna. Gli serviva una sfera materiale ad Aristotele per sostenere i ‘pianeti’ che risultavano incastonati in essa e la sfera doveva essere cristallina poiché dalla Terra non la vediamo. Dalla prima sfera in poi i pianeti, le sfere che li sostengono, gli astri e l’intero spazio fino all’ottava sfera (quella delle stelle fisse), sono costituiti di etere. Sotto il cielo della Luna le cose nascono e muoiono. Sopra questo cielo tutto è perfetto, eterno, immutabile ed incorruttibile.

–         Il moto è trasmesso dall’ultima sfera a quelle più interne. Quando si arriva alla sfera eterea che contiene incastonata la Luna, il suo moto trascina per attrito l’aria ed il fuoco sottostanti, ciò provoca il turbinio ed il rimescolamento dei quattro elementi fenomeno che è alla base del cambiamento e quindi della generazione e corruzione del mondo ‘terreno’ o sublunare. Si noti che senza quell’attrito i quattro elementi sarebbero separati: al centro vi sarebbe una sfera di terra, circondata prima da una buccia d’acqua, quindi da una buccia d’aria ed infine da una buccia di fuoco. In particolari condizioni, il fuoco che sale si concentra in un dato luogo  e da quel medesimo attrito viene messo in rapida rotazione, originando il fenomeno delle comete. Queste ultime infatti non possono essere ammesse come corpi provenienti da uno spazio esterno che semplicemente non esiste. Inoltre corpi in moto “trasversale” nello spazio, sfonderebbero quelle sfere cristalline (come fece osservare S. Tommaso che, proprio per questo motivo, mise in discussione l’ascesa del corpo di Gesù al Cielo, cielo che comunque non esisteva in Aristotele).

–         Un oggetto è in moto se occupa successivamente luoghi diversi.

–         I corpi che si muovono dall’alto in basso o viceversa sono dotati di peso o leggerezza, proprietà che non spettano ai corpi che si muovono di moto circolare .

–         Ogni corpo tende ad andare al suo luogo naturale ed i moti che realizzano questo sono moti naturali (con la teoria dei luoghi naturali viene spiegata anche la morte dei viventi): così la terra si muoverà per andare a ricongiungersi con la terra, l’acqua scorrerà per andare verso l’acqua, l’aria salirà in bollicine dall’acqua, …

–         Sono moti violenti quelli provocati artificialmente.

–         Perché un moto sia possibile è necessario che qualcosa, un motore, lo sostenga: un sasso è mantenuto in moto dall’aria che, chiudendosi dietro di esso, lo sospinge.

–         Non può esistere alcun vuoto perché non esisterebbe alcun moto. Inoltre, in caso di esistenza di vuoto, perché un corpo dovrebbe fermarsi qui piuttosto che lì? I corpi o resterebbero in quiete o si muoverebbero all’infinito (questa è l’enunciazione in negativo del principio d’inerzia che sarà di Galileo).

–         L’infinito non può muoversi e poiché la sfera delle stelle è in moto, si deve concludere che il mondo è finito.

–         Conseguenza della teoria dei luoghi naturali è l’unicità del mondo (tutta la terra con la terra, tutta l’acqua con l’acqua, …

–         La Terra  è immobile poiché un corpo scagliato in alto ricade perpendicolarmente nello stesso punto da cui è stato lanciato.

Questo, per sommi capi, il pensiero fisico – cosmologico di Aristotele. Ad esso furono apportate modifiche nel II secolo d.C. da Tolomeo (per la spiegazione di alcuni moti planetari aggiunse ulteriori sfere fino ad arrivare a 55). Inoltre Tolomeo aggiunse ulteriori obiezioni al moto della Terra:

–         Ci vorrebbe un motore troppo grande per mantenere la Terra in moto.

–         Se la Terra ruotasse sul proprio asse verso oriente: una pietra lanciata in alto verticalmente dovrebbe ricadere ad occidente rispetto al punto di partenza; dovremmo sempre vedere nuvole ed uccelli andarsene a grande velocità verso occidente; la Terra dovrebbe scagliare via da sé tutti gli oggetti non saldamente legati ad essa.

–         Se la Terra si muovesse, a causa del suo moto, dovrebbe andare distrutta.

L’opera di Copernico

              Nei secoli vi furono critiche, tentativi di cambiamento ma questo impianto restò sostanzialmente immutato.

              Copernico rappresenta la prima svolta radicale ma più per le conseguenze che altri trassero dalla sua opera che non per quello che egli stesso aveva detto.

              Egli, disponendo di una notevole mole di dati osservativi che si erano andati accumulando nei secoli, ed anche nel tentativo (non riuscito) di rendere più semplici i calcoli rispetto al sistema delle 55 sfere, modificò la posizione degli astri senza preoccuparsi di conciliare ciò con tutti gli altri problemi che si aprivano con la nuova organizzazione del mondo (assenza di una fisica, necessariamente nuova). La tesi principale di Copernico è che la Terra è in moto circolare intorno al Sole immobile , la Luna ruota intorno alla Terra, tutto il resto, rispetto al sistema aristotelico, rimane immutato. Gli argomenti a sostegno di tale tesi sono:

–         1) Poiché il cielo è la dimora di tutti, non si vede perché si debba attribuire il moto più al contenuto che al contenente.                                              

–         2) La condizione di immobilità è considerata da Aristotele più nobile e divina della condizione di cambiamento ed instabilità, la quale quindi è più appropriata alla Terra che all’universo.

–         3) La Terra, perché sferica, deve ruotare di moto naturale.

–         4) Ci vorrebbe un motore gigantesco per muovere la sfera delle stelle.

–         5) La Terra non va distrutta a causa del suo moto poiché quest’ultimo è naturale e non violento.

–         6) Se la Terra, a causa del suo moto, dovesse andare distrutta, a maggior ragione ciò dovrebbe accadere alla sfera delle stelle.

–         7) La non deviazione dalla verticale degli oggetti in caduta è spiegata con l’affermazione che l’aria segue il moto della Terra “perché l’aria impregnata di terra e di acqua, vicina alla Terra, segue le sue stesse leggi”.

              In questo argomentare, Copernico si scontra con alcune difficoltà:

–         1) È vero che, secondo Aristotele,  è proprio la Terra che si dovrebbe disintegrare a causa del suo moto e non la sfera delle stelle. Infatti la Terra è soggetta a generazione e corruzione, mentre la sfera delle stelle è eterea ed eterna.

–         2) Allo stesso modo, un motore avrebbe mosso più facilmente le parti eteree dell’universo che non la Terra.

–         3) Anche il Sole è sferico e perché è fermo?

–         4)Sistema complesso almeno quanto l’aristotelico – tolemaico.

              Nonostante “il conservatorismo” di Copernico, si aprivano grosse brecce nel sistema aristotelico che qualcuno avrebbe dovuto colmare:

–         1) Si mette in discussione l’esistenza di due tipi di mondi separati dal cielo della Luna (la Terra, nel suo moto, “si infila” in mezzo ai due mondi).

–         2) Si distrugge la teoria dei quattro elementi e quella del moto ad essa collegata  tramite la teoria dei luoghi naturali (perché ora un oggetto dovrebbe cadere sulla Terra?).

–         3) Tutti i moti vengono considerati come naturali e la Terra che si muove di moto circolare viene a perdere le caratteristiche di peso e leggerezza.

–         4) Con l’ammissione di ultima sfera (quella delle stelle) ferma, in accordo con Aristotele, si apre la possibilità di un mondo infinito.

              Per dirla con Kuhn: “per Copernico la Terra in moto rappresenta una anomalia in un universo aristotelico”.

La cosmologia di Bruno

              Secondo Bruno, Copernico ha avuto il merito di aver posto il problema del moto della Terra ma non è riuscito a liberarsi di Aristotele (“Comun et volgare filosofia”). Copernico è rimasto astronomo, matematico, non è diventato filosofo poiché in un universo aristotelico ha solo cambiato le posizioni di Terra e Sole. Non è stato inoltre capace di costruire una nuova filosofia universale ed il rinnovamento di quest’ultima è imprescindibile (la cosa sarà impostata ed abbondantemente portata avanti da Galileo). Qui c’è da fare una osservazione: il cosmo medioevale è distrutto e con esso va in pezzi la fisica di Aristotele. Ora lo “spazio” è libero per una nuova scienza ed un motivo di debolezza di Bruno è che ad una fisica, quella di Aristotele, non si può contrapporre una metafisica, quella di Bruno, ma solo un’altra fisica, quella, appunto di Galileo.

              Per Bruno occorre iniziare con il chiedersi se è necessario continuare a mantenere il mondo prigioniero dentro la sfera delle stelle fisse. Inoltre queste stelle le percepiamo fisse perché sono ad enormi distanze. Come le cose che vediamo all’orizzonte ci paiono essere tutte alla medesima distanza, allo stesso modo le stelle ci appaiono ugualmente distanti anche se sono a distanze diverse. È solo certo che le stelle sono più distanti dei pianeti. Postulare una sfera di stelle fisse è porre un limite arbitrario all’universo.

              L’universo è quindi infinito in senso moderno. E Bruno ha il merito di togliere all’ “infinito” la connotazione negativa degli antichi e della Chiesa che ammettevano una identità tra infinito e non terminato. L’infinità non è solo di spazio, ma anche di materia. Esistono infiniti astri distribuiti in uno spazio infinito. Tra le stelle vi è spazio reale e tridimensionale: lo spazio è per la prima volta completamente geometrizzato. Ciò implica inesistenza di luoghi o direzioni privilegiate, fatto che a sua volta implica l’indifferenza dello spazio rispetto al moto ed alla quiete (sono le premesse alla definizione di spazio che darà Newton)  che vuol anche dire che nessun punto può essere considerato come centro o come riferimento privilegiato. Niente può essere ordinato con un qualche criterio (su e giù) come il Cielo e la Terra. Questa distinzione è assurda.

              Il movimento è un cambio di relazione dell’oggetto che si muove rispetto all’oggetto considerato come riferimento: il moto è puramente relativo. Un plurimo moto simultaneo può essere percepito come quiete: tutto ciò che  sta sulla Terra si muove con essa  e quindi noi sembriamo essere in quiete.

              Se da dentro il sistema Terra si lancia una pietra, essa cadrà lungo la perpendicolare. Se la stessa pietra viene lanciata da fuori del sistema, allora si avrà una deviazione dalla verticale.

              Altre questioni di filosofia naturale, sollevate da Bruno sono riportate per punti:

–         Se il moto e la velocità sono relativi, tale deve essere anche il tempo che si desume dal movimento (una cosa analoga era stata sostenuta da Lucrezio che è uno degli ispiratori di Bruno).

–         I moti celesti apparirebbero diversi se osservati dall’una o dall’altra stella ed anche le stelle  sono in moto: esse non sono fisse ma in quiete reciproca.

–         Se quindi i moti celesti appaiono diversi se visti da stelle diverse, e se il tempo si desume dal movimento, il tempo stesso è relativo: ogni stella ha il suo proprio ed un criterio assoluto per la sua misura è illusorio.

–         Anche la gravità e la leggerezza sono relative: un pezzo di ferro non cade se attratto da un magnete.

–         Non solo le stelle ma anche i pianeti sono infiniti (svariati pianeti esterni al sistema solare sono stati scoperti in questi ultimi anni) e sono, in qualche modo, come degli animali (l’ipotesi di Gaia, Terra come un gigantesco animale, è stata avanzata da alcuni biologi/ecologi tra cui J. Lovelock, in questi ultimi anni).

–         Non è vero che il fuoco sale sempre: basta pensare ad un forno.

–         Gli oggetti sono costituiti da atomi in continuo movimento; non è quindi possibile ammettere la precisione di una misura dato che tanto l’oggetto da misurare che lo strumento di misura variano ad ogni istante.

–         Per Bruno anche il Sole è dotato di un moto attorno al proprio asse e questa cosa è affermata per la prima volta in assoluto nella storia del pensiero.

–         Sostenne il primato della “magia naturale” (è il saggio che diventa mago, come il medico che sa curarti) sulla matematica e fu portato a ciò dal fatto che la maggior parte degli astronomi professionisti giudicava la teoria copernicana solo attraverso le esigenze del calcolo.

 –    Parla dell’impossibilità di dare misure precise (se gli oggetti sono composti di atomi in continuo movimento, gli     estremi dell’oggetto da misurare e dello strumento di misura non sono ben definiti);

 –    Afferma la completa geometrizzazione dello spazio fisico: lo spazio (infinito) è indifferente al movimento (nessun luogo è privilegiato); lo spazio vuoto è riempito dalle cose, esso è la condizione del movimento.

              Ma al di là di tutte queste intuizioni ed affermazioni che daranno una base di pensiero ai futuri filosofi naturali, uno dei più grandi meriti di Bruno fu l’essere il massimo diffusore attraverso tutta Europa della cosmologia copernicana.  

Il contributo di Giordano Bruno alla nascita della “nuova fisica”: i principi d’inerzia e di relatività nella sua opera.

             Al di là dei contributi specifici alla nascita della nuova fisica, più in generale sono due i contributi fondamentali di Bruno: innanzitutto egli comprese fino in fondo la necessità di integrare il mondo copernicano con una nuova fisica, lavorando su questioni cinematiche e dinamiche; quindi si fece propagandatore per tutta Europa del sistema copernicano con l’esigenza di costruire una nuova fisica. Nel far ciò egli non si stancò di ripetere che solo con l’uso della matematica è possibile conoscere l’universo.

            Giordano Bruno parte con il rompere completamente tutti gli angusti schemi della cosmologia aristotelica (e per molti versi copernicana): il mondo è infinito, non ha centri particolari, vi sono infiniti soli ed infinite terre, le sfere cristalline vengono messe da parte  con  considerazioni  sulle  comete (corpi provenienti dall’esterno del nostro sistema solare), le stesse stelle fisse non lo sono in realtà, i moti perfettamente circolari esistono solo nella geometria e non nella realtà per cui le orbite dei pianeti non devono essere considerate come circolari, la Terra è naturalmente in moto (ma anche il Sole lo è). E proprio su questa ultima questione, nel tentare di contrastare le obiezioni contro il moto della Terra, nascono i principali contributi di Bruno che naturalmente vanno nel senso dell’affermazione della relatività cinematica e dinamica(1) e del principio d’inerzia. A soccorrerlo su questa strada erano osservazioni naturali che si potevano effettuare sulla Terra, osservazioni per lo più tratte dalla vita marinara, così come lo saranno per molti contemporanei, perché la navigazione era al centro dell’interesse in quell’epoca di grandi viaggi.

            Secondo Bruno ci possiamo rendere conto di cosa significa il descrivere in modo diverso, a seconda di dove osserviamo, un avvenimento se solo pensiamo che da una barca che corre lungo un fiume, sono le rive del fiume che sembrano marciare in verso opposto. Inoltre, quando di notte due navi, con mare perfettamente calmo, cambiano la reciproca posizione, ci è impossibile capire quale delle due si sta movendo. Ciò è maggiormente vero se è impossibile vedere la costa ed inoltre, per la verità, non siamo neanche in grado di dire se tutte e due si stanno movendo. Volendo poi riguardare le cose più in dettaglio, se ambedue le navi, mantenendo fissa la loro posizione reciproca, si spostano, noi non siamo in grado di percepire questo movimento. Il moto può dunque essere percepito come quiete.

            E fin qui le argomentazioni di Bruno sono abbastanza in linea con altri filosofi naturali dell’epoca. Per quanto riguarda cioè il principio cinematica di relatività, non vi sono problemi che alcuno possa porre. Ma Bruno fa un grande passo avanti, tutto suo, estendendo il principio di relatività alla dinamica. Questa cosa non era certamente facile perché per la sua soluzione doveva in qualche modo essere dato il principio d’inerzia che Bruno intuì a partire da considerazioni connesse alla Teoria dell’impetus. Abbiamo già detto che tutte le esperienze dinamiche che si potevano realizzare sulla Terra portavano all’erronea conclusione che essa era immobile nello spazio: se noi facessimo un salto a piedi giunti dovremmo ricadere più ad occidente perché, mentre siamo in aria, la Terra ci sfuggirebbe sotto molto velocemente; allo stesso modo, se lanciassimo un sasso da una torre questo non dovrebbe cadere lungo la verticale ma spostato verso occidente; da ultimo, quando spariamo con un cannone, lo stesso tiro dovrebbe avere una gittata molto maggiore verso occidente che verso oriente. È evidentemente la mancanza del principio di inerzia  che fa sostenere tutte quest cose: occorreva riconoscere che tutto ciò che si trova su un oggetto in moto(l’aria sulla Terra), è dotato della stessa velocità dell’oggetto.

            Varie sono le esperienze (mentali, come molte di quelle pensate da Galileo) che Bruno porta a sostegno della sua tesi. Su di una nave che marcia a gran velocità, se un marinaio getta un grave dall’alto  dell’albero  maestro,  questo grave  cadrà  perpendicolarmente  al suolo e, mantenendosi parallelo all’albero durante la caduta, arriverà ai piedi di esso. E le cose andranno allo stesso modo di quando la nave è ferma. Lo stesso fenomeno si ripeterà poi anche quando si spicca un salto su una nave ferma o in corsa. In definitiva Bruno può concludere che «le cose che hanno fissioni o simili appartenenze alla nave, si muovono con quella» ed anche che 

«con la terra si muovono tutte le cose che si trovano in terra».

            Ma l’esperienza più geniale è la seguente (riferiamoci alla figura 1).

            Supponiamo che una barca, trasportata dalla corrente di un canale, marci velocemente vicinissima alla sponda. Sulla barca c’è un osservatore O e sulla riva un osservatore O’. Ambedue gli osservatori tengono le braccia tese: O verso la riva ed O’ verso la barca. Ciascun osservatore tiene in una mano una palla di ferro (figura 1a). Appena la barca porta O ed O’ a sfiorarsi le mani (figura 1b), i due osservatori lasciano cadere la palla di ferro che hanno in mano, in modo che ambedue le palle cadano sulla coperta della barca. Cosa osserva O dalla barca? La palla che egli ha lasciato è caduta perpendicolarmente sulla coperta della barca, mentre la palla lasciata da O’ ha seguito, per O, una traiettoria obliqua (figure 1e e 1d), tant’è vero che è caduta più indietro rispetto a quella lasciata da O (la palla lasciata da O era dotata della velocità orizzontale della barca, mentre la palla lasciata da O’ cadeva con velocità iniziale nulla e la barca gli sfuggiva sotto). Le figure 2 e 3 riportano, rispettivamente, le traiettorie delle palle osservate da O e da O’.

               Con questa esperienza Bruno riesce, in modo eccellente, a ribaltare il problema: cambiando punto d’osservazione, è sulla Terra che si hanno deviazioni dalla caduta verticale;  su una nave, invece, anche se essa è in moto, le  cose  vanno  come  se  fosse  ferma (principio dinamico di relatività). È importante osservare che moto della Terra, composizione dei movimenti, principio d’inerzia e relatività del moto si affermano come un’unica problematica.

            Altre ancora saranno le argomentazioni che Bruno porterà a sostegno del moto della Terra e, tra esse, ve ne è una che anticipa una delle massime glorie di Galileo, la vera e propria enunciazione del principio di relatività. Dice Bruno:

«Posto alcuno sopra l’arbore di una nave, che corra quanto si voglia veloce, non fallirà punto il suo tratto di sorte che per dritto dal punto E, che è nella cima dell’arbore, al punto D, che è nella radice dell’arbore, o altra

 parte del ventre e corpo di detta nave, la pietra o altra cosa grave gittata non venga. Così se dal punto D al punto E alcuno che è dentro la nave, gitta per dritto una pietra, quella per la medesima linea ritornerà a basso, muovasi quantosivoglia la nave, pur che non faccia degl’inchini». (Da La cena delle ceneri).

            Si confronti questo brano con quello famoso di Galileo in cui si enuncia il  principio  di  relatività  nel  Dialogo sui Massimi Sistemi («Riserratevi con qualche amico nella maggiore stanza…»).

Bruno ed il suo tempo

              Utilizzare oggi delle frasi ad effetto su chi poco sa sulle questioni rinascimentali e barocche, può risultare squalificante. Questa è l’operazione che generalmente si fa con Bruno ed essa ha successo per il facile impatto distruttivo che ha sulle persone alle quali mi riferivo. Si usa dire che Bruno era, di volta in volta o simultaneamente: un animista, un ermetico, un mistico, un mago, un filosofo. Si vanno a cogliere tra i suoi scritti frasi che, pur non essendo rilevanti nel contesto, sono oggi da giudicarsi prive di senso. La stessa operazione non viene mai fatta, soprattutto dalla storiografia anglosassone ed anche francese su studiosi,  filosofi o scienziati dei rispettivi Paesi.

              Questo aspetto richiederebbe un’ampia trattazione (si veda il lavoro, presente nel sito, MagiaReligione e Scienza nel Rinascimento italiano) anche perché le citazioni dalle opere originali sono lunghe. Qui mi accontento di riassumere qualche posizione, assolutamente comprensibile data la epoca, ma che se fosse stata sostenuta da Bruno lo avrebbe fatto squalificare ancora di più. Riferiamoci solo ai personaggi più noti.

Copernico: Essendo il Sole l’occhio di Dio è più logico che sia sistemato al centro dell’universo.

Kepler: Il Sole è il corpo più bello e come tale è occhio del mondo. Esso è l’unico luogo degno di diventare la casa di Dio se questi si degnasse di venire tra noi. Dio poi ha creato ed ordinato l’universo secondo le armonie e le proporzioni dei cinque solidi regolari di Pitagora e Platone. I pianeti poi nel loro moto intorno al Sole cantano le lodi del Signore. Ad esempio la Terra canta mi-fa-mi e per questo non possiamo stupirci del fatto che sulla Terra regnino MI-seria, FA-mine, MI-seria. Osservo a parte che fino ad un certo punto Kepler fu fortunato. Ai suoi tempi i pianeti conosciuti arrivavano fino a Saturno. In questo modo numero di pianeti (5) e numero di solidi regolari (5) gli fecero costruire una montatura teorica le cui proporzioni tornavano. Il guaio è che i solidi regolari sono ancora 5 mentre i pianeti sono cresciuti di numero. Tra l’altro Kepler ebbe un sussulto quando seppe che Galileo aveva scoperto i satelliti di Giove e si chiese ad alta voce se per caso Bruno non avesse avuto ragione.

Descartes: La quantità di movimento si conserva perché Dio mai toglie ciò che ha dato. Osservo a Margine che Padre Marsenne maestro di Descartes (oltreché di Pascal, che aiutò nel plagio di Torricelli) disse di Bruno (1624): “È uno dei più abominevoli uomini che la terra abbia mai avuto”.

Newton: I pianeti continuano nel loro moto infinito intorno al Sole per il continuo intervento di Dio che, di tanto in tanto gli fornisce “una spintarella”. Egli fu un mago, un alchimista ed un teologo bigotto.

              È utile osservare che tutti i citati facevano oroscopi (per arrotondare). Mai né Bruno né Galileo hanno fatto oroscopi nonostante ne fossero richiesti, soprattutto il secondo, in cambio di grosse ricompense (Galileo è sempre stato per tutta la vita persona piuttosto legata al denaro: gli mancava sempre).


NOTA

(1) Serviva a mostrare che la sensazione di immobilità che la Terra ci offre è la stessa di quella che proveremmo da qualunque altro punto d’osservazione (in part.: dal Sole).


BIBLIOGRAFIA

            I brani di Bruno citati sono tratti da La cena delle ceneri, opera di Bruno del 1584, in:  Bruno e Campanella, Opere, Ricciardi, 1956.

            Le più importanti opere latine di Bruno si trovano tradotte in: BRUNO, Opere latine, Utet, 1980.

R. Renzetti, Alcune questioni di relatività, Aif Roma, 1980.

E. Garin, Bruno, Cei 1966.

I. Vecchiotti, Bruno, Ubaldini 1971.

U. Forti, Storia della scienza, Dall’Oglio 1968.

A. Guzzo, Giordano Bruno, SEI 1948.

E. Drewermann, Giordano Bruno, BUR 2000.

M. Frigerio, Invito al pensiero di Bruno, Mursia 1991.

A. Foa, Giordano Bruno, Il Mulino 1998.

L. Firpo, Il processo di Giordano Bruno, Salerno Editrice 1993.

M. Ciliberto, Giordano Bruno, Laterza 1990.

P. Rossi, From Bruno to Kepler: man’s position in the cosmos,  Scuola internazionale di Varenna (LVII Corso) 1972.

Anonimo, I pensieri roventi di trecentosettantanni fa, dal vol. 103 del fondo Origo. Pubblicato da A. Mercati. Riportato su Carte Segrete del 1969.

G. De Santillana e P.H. Michel in due saggi (Da Bruno a Leibniz e L’atomismo di Giordano Bruno) raccolti in La science au seizième siecle, Hermann 1957.



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