IL GRANDE AFFARE NUCLEARE

Roberto Renzetti

(Pubblicato su Giornale di storia contemporanea, Anno XII, n° 1, giugno 2009)

PREMESSA

Nel sito governoberlusconi.it si legge:

L’Italia resta il più grande serbatoio di quello che Berlusconi ha definito “il fanatismo ideologico di una parte politica che ci ha impedito la strada del nucleare”. Sono passati 22 anni dallo sciagurato referendum che portò allo smantellamento delle centrali e paralizzò la ricerca sull’atomo in Italia. Mentre gli altri andavano avanti, il Paese pagava duramente quella scelta, con una dipendenza energetica dall’estero superiore all’85% e con costi insostenibili per lo Stato, per i cittadini, per le nostre imprese appesantite nei bilanci dalla bolletta più salata d’Europa. Energia anche nucleare erogata a caro prezzo da centrali oltralpe, situate a pochi chilometri dai nostri confini.

E quindi:

Il 24 febbraio è stato firmato l’accordo di cooperazione Italia-Francia nel campo dell’energia nucleare con il coinvolgimento di Enel e Edf. L’intesa prevede tra l’altro la collaborazione tra le due aziende (aperta alla partecipazione di altri operatori) per la realizzazione di quattro centrali nucleari in Italia a partire dal 2020.

E’ utile partire da qui per capire qualcosa delle sciocchezze che sono state dette sul nucleare, a partire quindi dai referendum del 1987 e dai suoi promotori.

I REFERENDUM SUL NUCLEARE

Sull’onda della catastrofe nucleare di Chernobyl dell’aprile 1986 e ricordando l’incidente di Three Mile Islands del 1979 i movimenti antinucleari, nati a metà anni Settanta per contrastare il Piano Energetico Nazionale (PEN) che nasceva nei primi anni Settanta col il ricatto ed il terrore del tutti al freddo ed al buio, acquistarono forza e promossero 3 referendum per rendere più difficile realizzare il nucleare in Italia. I referendum si celebrarono a novembre del 1987 e, tanto per essere chiari e per dividere ragionevolmente responsabilità e meriti, conviene riportare i 3 quesiti referendari:

·  Volete che venga abrogata la norma che consente al Cipe di decidere sulla localizzazione delle centrali nel caso in cui gli enti locali non decidono entro tempi stabiliti? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante “la procedura per la localizzazione delle centrali elettronucleari, la determinazione delle aree suscettibili di insediamento”, previste dal 13° comma dell’articolo unico legge 10/1/1983 n. 8)

·  Volete che venga abrogato il compenso ai comuni che ospitano centrali nucleari o a carbone? (la norma a cui si riferisce la domanda è quella riguardante “l’erogazione di contributi a favore dei comuni e delle regioni sedi di centrali alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi”, previsti dai commi 1,2,3,4,5,6,7,8,9,10,11,12 della citata legge). 

·  Volete che venga abrogata la norma che consente all’ENEL (Ente Nazionale Energia Elettrica) di partecipare ad accordi internazionali per la costruzione e la gestione di centrali nucleari all’estero? (questa norma è contenuta in una legge molto più vecchia, e precisamente la N. 856 del 1973, che modificava l’articolo 1 della legge istitutiva dell’ENEL).

    Come ci si può convincere facilmente si chiedeva di cancellare alcune disposizioni di legge concepite per rendere più facili e rapidi gli insediamenti energetici: la prima era stata creata per evitare che un piccolo comune dove era previsto l’insediamento di una centrale nucleare potesse opporsi alla localizzazione in suo territorio, mentre la seconda era evitare che pagando si potessero convincere amministrazioni locali a tale localizzazione (ma anche di impianti d’altro tipo). La terza voleva evitare che l’Enel si impelagasse all’estero in imprese nucleari come era accaduto con l’infausta impresa del reattore veloce Superphenix francese il cui fallimento era costato all’Enel molti miliardi di lire pagate, al solito, dai contribuenti.

    Non si chiedeva, anche perché impossibile, la chiusura degli impianti nucleari esistenti o la fuoriuscita dal nucleare. A seguito comunque dei risultati referendari, il governo decise la chiusura degli impianti esistenti, la sospensione dei lavori della centrale di Trino 2, la chiusura della centrale di Latina, la verifica della sicurezza delle centrali di Caorso e di Trino 1 e della fattibilità di riconversione della centrale di Montalto di Castro. Era una scelta politica dei governi che seguirono poiché i referendum passarono con in media l’80 per cento degli italiani  favorevoli (il reclamato popolo !).

    E’ utile vedere gli schieramenti politici che indicazioni di voto dettero. I contrari alla scelta nucleare erano i promotori del referendum: verdi, Dp, Arci, Fgci, Radicali, e Sinistra indipendente. Il PCI, nonostante il suo ultimo congresso avesse scelto uno sviluppo limitato del nucleare  aveva dato indicazioni di voto quasi contrario alla scelta nucleare, si potrebbe dire un ni. Il PSI, vero fenomeno politico che in epoca Craxi aveva Berlusconi come fervente sostenitore, fece sua la posizione contro il nucleare dell’SPD tedesca che però era all’opposizione e non nell’area di governo come il PSI. La DC, non esaudita dagli alleati, chiedeva di aggirare i referendum con una qualche legge. Ma prima che si svolgessero i referendum venne convocata una Conferenza Nazionale sull’Energia (febbraio 1987) ai massimi livelli di governo (gruppi di lavoro gestiti da Leopoldo Elia, Paolo Baffi e Umberto Veronesi) dalla quale risultò ciò che tutti sapevano ed oggi continuano a sapere: l’Italia è il paese che meno di tutti i Paesi europei ha differenziato dal petrolio importato; che non si potrà mai ottenere autonomia energetica attraverso il nucleare; che è urgente innovare le procedure decisionali e di controllo; che occorre studiare l’impatto ambientale di ogni singola fonte [è la prima volta che in documenti ufficiali si parla di Ambiente!]; che andare sulla via del nucleare con tali incertezze sarebbe un disastro (e 22 anni dopo non è cambiato nulla). Ed il governo che era nella italica condizione di staffetta tra Craxi e De Mita si adeguò non facendo nulla per contrastare i referendum e dando, magari senza clamore, indicazioni di votare si. Infatti ad aprile del 1987 cadde il governo Craxi II lasciando il posto ad un trimestrale governo Fanfani VI e ad un Goria che durò addirittura 8 mesi e che gestì i referendum del novembre 1987 avendo bene in mente che non si doveva osteggiare il sentimento antinucleare diffuso e dispiacere a Craxi. Quindi erano i politici, che lo stesso Berlusconi sosteneva, e particolarmente Craxi da cui otteneva decreti e leggi per le sue TV, gli sciagurati che bloccarono il nucleare. Il Presidente del Consiglio non ricorda quindi bene.

UNA STORIA MINIMA

            L’autonomia energetica del nostro Paese era stata cercata, a partire dagli anni Cinquanta, in modo eccellente da due importanti personalità: Enrico Mattei nel settore dei combustibili fossili (e non solo) e Felice Ippolito nel settore nucleare. Mattei fu assassinato il 27 ottobre 1962 con una bomba sul suo aereo ed il pentito di mafia, Buscetta confessò “Mattei fu ucciso su richiesta di Cosa Nostra americana perché con la sua politica aveva danneggiato importanti interessi americani in Medio Oriente. A muovere le fila erano molto probabilmente le compagnie petrolifere, ma ciò non risultò a noialtri direttamente”. Stessa versione si ebbe da altri due pentiti: Gaetano Iannì e Salvatore Raggio. Ippolito venne liquidato dal CNEN, che dirigeva egregiamente, tra l’agosto del 1963 e l’ottobre 1964 con il suo arresto e successiva condanna ad oltre 11 anni di galera su una montagna d’accuse (37) vergognose. I liquidatori hanno nome e cognome: Saragat che di ritorno dagli USA dettò ad un giornalista del Corriere della Sera una nota in cui si parlava di giganteschi sprechi al CNEN ed una frase che Amaldi bollò come meritoria di far assegnare a Saragat un posto imperituro nel mondo della barzelletta. Disse Saragat: “Costruire una centrale nucleare per produrre energia è come costruire una segheria per produrre segatura”. Dietro Saragat, che subito ottenne la Presidenza della Repubblica, si muoveva tutta la destra italiana che riuscì a far franare ogni velleità di costruire un’autonomia nucleare nel nostro Paese. E fu qui che morirono le velleità nucleari italiane, non nel 1987, quando già eravamo fuori mercato ed in balìa delle multinazionali dell’energia che ci trattavano come sottoprodotto coloniale. Ma ne morirono molte altre di nostre illusioni se, negli stessi anni, fu fatta fuori, con assorbimento da parte della Fairchild dei suoi 3000 tecnici, una delle industrie di computers più avanzate del mondo, la Olivetti, e, con procedimento analogo a quello che riguardò Ippolito, fu arrestato e messo a tacere Marotta che stava liberando la nostra industria farmaceutica dalle multinazionali de settore riuscendo a produrre presso l’Istituto Superiore di Sanità addirittura la penicillina.

            Intanto (1963/1964) veniva nazionalizzata, con costi enormi per il Paese pagati in contanti, l’energia elettrica. Nasceva l’ENEL che brillò per l’abbandono di ogni velleità nucleare e, come vedremo, per la rincorsa al petrolio. In epoca più recente la rincorsa è stata fatta sui gasdotti dalla Russia e dall’Algeria, non tanto per risolvere problemi energetici previsti in una qualche programmazione (mai esistita in Italia) quanto per la maggiore possibilità di manovrare molto denaro in appalti internazionali.

LO SCANDALO DEL PETROLIO

Il 4 febbraio 1974, subito dopo la guerra del Kippur (ottobre 1973), che servì anche a rendere economicamente competitivi i pozzi USA in Alaska, scoppiò lo scandalo del petrolio. Dalla morte di Mattei, tutti i partiti politici (escluso il PCI) risultavano finanziati dai petrolieri in cambio di «favori legislativi».

         La cosa che stupisce è la notevole quantità di permessi di raffinazione concessi in pochissimo tempo. Dicono Barrese e Caprara (L’Anonima DC, 1977): «Nel 1950 la capacità di raffinazione concessa per decreto era di 7,5 milioni di tonnellate anno […] e sale a 90 nel ’64, a 133 nel 1970, mentre quella illegalmente esercitata dalle compagnie al di fuori di ogni controllo era già di gran lunga maggiore. L’Italia, sotto i governi democristiani, diventa il santuario della raffinazione con un indice di 3,1 tonnellate per abitante contro l’1,52 del Giappone e i 3 degli Usa». A tali valori fa riscontro un consumo interno di circa 100 milioni di tonnellate per anno  (mentre la capacità di raffinazione è arrivata a 140 milioni di tonnellate per anno — dati del 1974): cioè circa il 30 % dei prodotti lavorati, specie i più pregiati, viene esportato. Poiché la più grossa quantità di prodotto che si ottiene dalla raffinazione del petrolio è l’olio combustibile, per garantirsi i più alti profitti devono toglierselo di torno subito vendendolo senza l’aggravio delle spese di trasporto. E da qui nasce il secondo motivo per cui l’Italia è un paese ambito dai petrolieri; l’Enel è un ottimo cliente. I residui della lavorazione del petrolio, gli olii combustibili pesanti, ad alto potere di inquinamento, vengono venduti all’Enel il quale incrementa la costruzione di centrali termoelettriche in Italia per bruciarne sempre più. Ma tutto questo non basta perché le sette sorelle, nel nostro Paese, dettano letteralmente legge. Dopo essersi tolte di mezzo Mattei ed Ippolito ci hanno pesantemente fatto scegliere  la via del petrolio condizionando poi le leggi in modo che fossero sempre a loro favore (detassazioni e finanziamenti a pioggia, addirittura utilizzando i fondi destinati ai terremotati del Belice). In cambio di tutto ciò quando potevano pagavano, quando non potevano creavano casi giudiziari non arrestandosi di fronte a nulla.

Il 13 febbraio 1974 vennero inviate 20 comunicazioni giudiziarie per corruzione aggravata ai massimi dirigenti e consiglieri di amministrazione dell’Enel ed amministratori dei quattro partiti di centro-sinistra (DC – PSI – PSDI – PRI). L’atto di accusa si estende subito ai politici: Andreotti (DC), Bosco (DC), Ferrari Aggradi (DC), Valsecchi (DC), Preti (PSDI, uno degli implacabili accusatori di Ippolito), Ferri (PSDI). Ma il Parlamento, come sempre, li assolse tutti (meno Ferri e Valsecchi, i più deboli …). In tal modo l’Italia si ritrovò con una grossa quantità di centrali termoelettriche; le è stato impedito di avere un rifornimento autonomo di petrolio; le è stata preclusa la strada dell’allora alternativa energetica nucleare; non ha sviluppato né la geotermia, né il solare, né alcuna altra fonte rinnovabile. Dietro tutto ciò si intravedono gli USA ed i governi e gli uomini italiani che sono stati acritici ed ubbidienti rispetto alla loro politica. Altro che “irresponsabili ambientalisti” !

GLI EFFETTI DEL REFERENDUM

            Siamo alla fine degli anni ’80 ed alla fine delle velleità della nostra politica di scegliere autonomamente. Il nucleare era stato abbandonato definitivamente in Italia nel 1964, con l’arresto di Ippolito. Il resto era la solita operazione di dipendenza dell’Italia da altri Paesi. E le centrali dismesse dopo il referendum ? Vediamo di cosa si tratta:

– il reattore del Garigliano (160 Mwe) ebbe un funzionamento discontinuo, finché nel 1978 si verificò un guasto tecnico a un generatore di vapore secondario. Considerato il costo dell’intervento di sostituzione, nel 1981 l’ENEL decise di non riavviare più la centrale, in considerazione della breve vita residua dell’impianto.

– la centrale di Borgo Sabotino (210 Mwe) era arrivata alla fine della sua durata di esercizio.

– la centrale di Trino (272 Mwe) fu fermata nel ‘67 a causa di problemi tecnici allo schermo radiale del nocciolo e fu riavviata nel 1970 dopo gli interventi di riparazione. Una seconda fermata fu imposta nel 1979 per gli adeguamenti decisi in seguito all’incidente di Three Mile Island. I lavori tennero fermo il reattore fino a tutto il 1982. Dopo il riavvio il reattore di Trino continuò ad operare fino al 1987.

– la centrale di Caorso (840 Mwe) era l’unica moderna che avrebbe potuto ancora utilmente produrre energia elettrica anche se, con le secche del Po, è stato valutato che avrebbe avuto gravi problemi nel punto cruciale di un reattore nucleare, il raffreddamento.

– la centrale di Montalto non era ancora stata ultimata (dovevano essere due reattori, ciascuno di circa 1000 Mwe) e, anche se con grandi costi, fu riconvertita a turbogas.

       Tutte queste centrali, unitamente ai combustibili ritrattati o meno in esse presenti (oltre 6000 m3), sono passate (1999) alla SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari Spa) del gruppo ENEL che coinvolge Fincantieri, Ansaldo, Duferco e Camozzi e che ha ereditato tutte le attività nucleari dell’ENEL, la cui privatizzazione è uno dei provvedimenti fallimentari del centrosinistra che si è inventato la separazione tra produzione e distribuzione, ha venduto centrali di produzione a piccole entità che come l’ENEL medesima non ammodernano gli impianti, ha permesso all’ENEL di distrarsi dai suoi compiti primari occupandosi di telefonia (Wind) con un seguito giudiziario ai più alti livelli ancora in corso.

Doveva partire lo smantellamento delle centrali e la messa in sicurezza delle scorie (che comunque sono ancora relativamente poche) e del combustibile in esse immagazzinati (decommissioning), da parte della SOGIN operazioni per le quali da moltissimi anni i cittadini italiani hanno pagato miliardi di euro nella bolletta elettrica. Ma i soldi sono stati spesi in molti convegni (è d’uso in Italia), con il decommissioning in completo alto mare anche perché ancora non si sa dove si dovranno sistemare queste migliaia di metri cubi di materiale contaminato (vero problema del nucleare che anche gli USA non riescono a risolvere se anche il salvifico sito di Yucca Mountain è stato scartato per le evidenti prove di sismicità del passato). Si tenga poi conto che, sia con la riforma del Titolo V della Costituzione che con il federalismo, le scorie dovranno essere ripartite tra chi utilizza quell’energia ed è quindi impensabile servirsi delle colonie al Sud del Paese. Ma vi è anche l’imbroglio previsto di localizzazione delle centrali annunciate dal governo nei siti di quelle da smantellare. Se così sarà, vi sarà pure una sicura class action contro l’ENEL per riavere il maltolto a noi utenti di ciò che avrebbe dovuto smantellare e non ha fatto. Con il risultato che, a seguito di molti oneri aggiuntivi e tasse, le tariffe elettriche risultano in Italia le più alte d’Europa: il doppio rispetto alla Francia, il triplo rispetto alla Svezia ed il 60% in più rispetto alla media europea. Tariffe gonfiate anche dall’ulteriore aggravio che impone il Tesoro, ad ENEL ed ENI, per sue politiche creative.

            In ogni caso, in Italia, si potrebbero costruire centrali nucleari, nonostante il referendum: senza accordi con enti o industrie di altri Paesi, senza monetizzazione del rischio e rispettando le volontà degli enti locali. Ma ciò non è neppure pensabile in un Paese a democrazia variabile dove i referendum sono stati già disattesi dall’ENEL che da molto tempo è attiva in Europa nell’acquisto e realizzazione di centrali nucleari, anche di tipo Chernobyl e con altri referendum che hanno già fatto una brutta fine (finanziamento pubblico dei partiti). Una democrazia limitata, con optional per i politici, alla carta.

IL NUCLEARE PREVISTO

Enel ed Edf realizzeranno, come accennato,  almeno quattro centrali di terza generazione nel territorio italiano. «Dobbiamo svegliarci dal nostro sonno, adeguarci, perché il futuro è nell’energia rinnovabile e nel nucleare – ha detto Berlusconi – La Francia  ci ha messo a disposizione il suo know-how, ciò che ci consentirà di risparmiare diversi anni e iniziare la costruzione delle centrali in un tempo assolutamente contenuto».

Il know-how di cui si parla riguarda le centrali assimilate alla terza generazione, le European Pressurized Water Reactor (EPR). Per saperne di più sul nucleare di terza e di quarta generazione si può vedere l’ampia rassegna in http://www.fisicamente.net/SCI_SOC/index-1203.htm.

 L’EPR è un progetto franco-tedesco in sviluppo dal 1992 da Siemens e Framatome-ANP (gruppo Areva). Le novità rispetto alla seconda generazione (quella più diffusa nel mondo occidentale) è il doppio contenimento attorno al cuore del reattore, la riduzione di scorie a lunga vita (un meno 20% di scorie) poiché il combustibile nucleare rimane molto più a lungo nel reattore con maggiore utilizzo (burn-up) e quindi una radio-tossicità molto più elevata; le centrali sarebbero poi alimentate da uranio arricchito (al 5%, invece che al 3,5% di un reattore di seconda generazione) ma anche dalla miscela uranio-plutonio (MOX); l’allungamento della vita della centrale attraverso l’uso di materiali speciali meno attivabili dai neutroni. La potenza di ogni reattore deve però essere maggiore (intorno ai 1600 MW rispetto agli 800 MW delle precedenti) e cresce essendo questi dei reattori “quasi-veloci” con opzione a diventare veloci. Si tratterà di capire come si farà il raffreddamento sicuro viste le aumentate necessità di tali reattori.

            Costruirebbe le centrali una società in subappalto dalla francese Areva, che collabora con EDF, specializzata nel settore dell’arricchimento dell’uranio e che passa un lungo periodo di crisi. Il 3 febbraio 2009 ha avuto dal governo, tramite EDF, un finanziamento di 3 miliardi di euro che hanno ridato fiato al gruppo in gravi difficoltà economiche. Il governo francese ha deciso però di non voler partecipare agli aumenti di capitale richiesti da Areva perché la società non ha un futuro chiaro. A ciò si aggiunga che la Siemens (23 gennaio 2009) ha espresso l’intenzione di rompere con Areva (ciò costerà ad Areva 2 miliardi di euro di capitale da restituire) per iniziare la collaborazione con Minatom (Russia). Areva reagisce spingendo per aumentare la collaborazione con l’industria petrolifera Total, confermando quell’intreccio ormai consolidato nel mondo che non distingue più tra multinazionali del petrolio e del nucleare.

            Naturalmente il governo italiano, con i consiglieri di grande preparazione di cui dispone, va in soccorso al venditore di centrali Sarkozy (che si è rivolto anche a molti altri Paesi occidentali quali Libia, Algeria, Marocco, Abu Dhabi, Arabia Saudita, Giordania, Sudafrica, Estonia), il quale in un Paese normale avrebbe gravissime difficoltà viste le performance dell’unico reattore EPR in stato di avanzata costruzione, quello Olkiluoto 3 in Finlandia. Ve ne era un altro in costruzione, quello di Flamanville 3 in Francia. Esso è stato messo in cantiere nell’autunno 2007 ed è stato fermato il 23 maggio 2008 dall’agenzia della sicurezza nucleare francese – ASN – per gravi deficienze tecniche (Le Monde 28 maggio 2008). Base in cemento realizzata male, fessurazioni sul cemento di sostegno al reattore, barre in acciaio collocate non correttamente, contenitore d’acciaio realizzato da una ditta che non aveva certificazioni, 25% delle saldature difettoso, costruttore che non esegue le modifiche che l’ASN indica come necessarie. Sono notizie recenti, ma precedenti all’accordo  Berlusconi-Sarkozy, che ci raccontano anche che la EPR finlandese in tre anni ha prodotto atti giudiziari con l’azienda finlandese per l’energia TVO, ritardi e un danno al contribuente finlandese per 3,5 miliardi di euro. Le due società si stanno scambiando accuse per i ritardi: l’EPR che doveva essere consegnato nel 2009, non sarà consegnato nemmeno nel 2011, avendo accumulato 3 anni di ritardo nei primi 3 anni di cantiere. Secondo la Areva, la TVO ha impiegato un anno per l’approvazione dei  documenti di costruzione rispetto ai due mesi precedentemente concordati (si confronti il dato con la situazione italiana). In ogni caso i costi aggiuntivi, un raddoppio rispetto a quanto preventivato, andranno in bolletta e saranno pagati dagli utenti e non dai committenti che, in Finlandia, sono privati. Ma vi è di più. L’Autorità di Sicurezza Nucleare finlandese ha rilevato  2100  situazioni di non conformità. La ditta tedesca che aveva in appalto la struttura del reattore ha subappaltato a una ditta polacca che fa chiglie per pescherecci e il risultato è stato che le saldature non sono risultate a norma. Gli indiani che dovevano occuparsi della base in cemento non hanno considerato che in Finlandia piove spesso e hanno dovuto rifare tutto. Inoltre era stato deciso a priori di rafforzare la cupola standard prevista contro eventuali attacchi terroristici. La società finlandese Posiva che dovrebbe smaltirle avverte (Posiva’s expansion of the repository for spent nuclear fuel, environmental impact assessment report, 2008) che le scorie che si produrranno, pur essendo in minor quantità sono molto più pericolose e ciò in accordo con un precedente studio finanziato dalla UE (Technical Report 04-08, Nagra, 2004). Il meno 20% di scorie di cui dicevo si ha poiché il combustibile nucleare rimane molto più a lungo nel reattore con maggiore utilizzo (burn-up) e quindi una radio-tossicità molto più elevata. Ed è la stessa EDF a sostenere che  l’emissione di isotopi radioattivi di bromo, rubidio, iodio e cesio sarebbe quattro volte maggiore rispetto alla fuoriuscita che si verificherebbe in un reattore tradizionale. Un altro studio della Posiva sostiene che l’emissione dell’isotopo iodio 129 sarebbe addirittura sette volte maggiore. Un terzo dossier, redatto dalla Swiss National Co-operative for the Disposal of Radioactive Waste conclude invece che la fuoriuscita di cesio 135 e cesio 137 sarebbe maggiore di 11 volte). Queste notizie  provengono da Geoffrey Lean,  del quotidiano britannico  The  Indipendent  dell’ 8  febbraio 2009, che sarebbe venuto in possesso di documenti secretati (http://www.independent.co.uk/environment/green-living/new-nuclear-plants-will-produce-far-more-radiation-1604051.html). Tutto ciò vuol dire che nessun saggio amministratore dovrebbe comprare questi EPR perché costano troppo, sono obsoleti, li compriamo solo in Italia e, per tentare di ridurne i costi, anche la sicurezza viene messa in dubbio, come sostiene la medesima Autorità. Ma poi, c’è qualcuno che ricorda la catena di incidenti nucleari dell’estate passata in Francia ? Si tratta di impiantistica non dissimile da quella degli EPR.

PERCHE’ IL NUCLEARE ?

            Occorre premettere che dal 1979 non sono più state costruite centrali nucleari nel mondo occidentale e che la prima è quella che si sta realizzando in Finlandia. Neppure gli USA, che fanno guerre nel mondo per i loro approvvigionamenti energetici e che hanno tutti i brevetti possibili, si avventurano su tale strada perché le industrie che dovrebbero farlo ritengono l’operazione a rischio senza l’aiuto del governo anche perché non vi sono compagnie che assicurino le centrali medesime. Il Washington Post del 5 settembre 2007 scriveva: Il finanziamento più che la sicurezza sembra il fattore chiave che determinerà se i progetti procederanno. E le sei più grandi banche d’investimento USA rispondevano (Environmental and Energy Study Institute, Conferenza Stampa del 30 ottobre 2007): Crediamo che questi rischi, combinati con i costi più alti del capitale ed i tempi di costruzione più lunghi per i reattori nucleari rispetto ad altri impianti di generazione, renderanno oggi i prestatori riluttanti a estendere crediti a lungo termini. E chi c’era tra queste banche ? Nientemeno che Lehman Brothers e Citigroup (oltre a Merril Lynch, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Credit Suisse), anche loro avevano paura ad investire nel nucleare !

            Oggi la discussione sull’energia riemerge in Italia come accade sempre in momenti cruciali in cui si genera paura nell’opinione pubblica. Politiche energetiche ? Ma neanche a parlarne (a parte il solito rosario di buone intenzioni sulle energie alternative che finiscono sempre in una intenzione sola: nucleare). Con la privatizzazione del centro sinistra dei settori energetici (ENEL ed ENI, principalmente) si è creduto al valore salvifico del privato. Ed il privato, in una situazione che resta di monopolio, ha solo saputo applicare il criterio di massimizzazione del profitto: servizi sempre più scadenti e tariffe crescenti con nessuna apertura né al futuro né alla ricerca né agli approvvigionamenti tattici e strategici (a parte i miliardi di euro che i privati di Enel, ancora attraverso la bolletta, si sono presi per sviluppare fantomatiche energie alternative ed assimilate, da loro furbescamente intese come carbone). Sommando il tutto ci ritroviamo dove stavamo trenta anni fa. E non potete immaginare la noia e l’abbattimento che prende davanti ai dibattiti TV sul tema. Scoperte su scoperte di acqua calda che se da virtuale diventasse reale avremmo risolto la questione energetica. La sola differenza è che una volta avevamo almeno tre menti come Corbellini, Ippolito e Donat Cattin … oggi invece solo quelli che conoscete al governo, con i grandi enti energetici che hanno alla direzione persone senza competenze e lottizzate (ed anche discutibili), consiglieri scientifici per meriti di schieramento che neppure raccontano correttamente il numero delle loro pubblicazioni, addirittura sbagliando di un fattore 100.

            Serve almeno un cenno all’altro aspetto per cui viene reclamato il nucleare. Le anime nere che hanno distrutto il Paese con inquinamenti di ogni tipo, dopo aver rifiutato l’adesione a Kyoto in linea con Bush, improvvisamente riscoprono l’ambiente affermando che il nucleare riduce l’anidride carbonica immessa nell’atmosfera, immissioni che l’Italia dovrebbe ridurre del 20 per cento nel 2020 (e che invece continua a far salire). Debbo solo dire che, anche nei piani governativi, il 2020 è l’anno in cui dovrebbe entrare in funzione la prima centrale. Le  4 centrali nucleari invece, che nella migliore delle ipotesi potrebbero contribuire solo a una riduzione del 2 per cento quando sarebbero ultimate, in questo quadro rappresentano un dettaglio fondamentalmente irrilevante con l’aggravante del grande aumento di anidride carbonica immessa nell’atmosfera per la costruzione di tali centrali per almeno 10 anni. Ma il discorso è, anche qui, più complesso perché le basse emissioni di anidride carbonica riguardano un solo anello del ciclo nucleare, la centrale. Il rosario di altri processi è invece produttore non solo di CO2 ma anche di una gran quantità di altri gas serra, i CFC. Cochran del National Resources Defense Council, scriveva su Science (Vol. 309, 19 agosto 2005, pp. 1168-1179) che il nucleare non è, al fine della riduzione dei gas serra, una buona opzione calcolando che, anche un obiettivo modesto – evitare con il nucleare un piccolo aumento (0,2°C) del riscaldamento globale per la fine di questo secolo – richiederebbe di elevare il numero di reattori nel mondo dagli attuali 441 ad almeno 700 per la metà del secolo, e mantenerne stabile il numero per 50 anni. Per coprire la chiusura degli impianti obsoleti, questo richiederebbe la costruzione di 1200 nuove centrali […] ed una decina di nuovi impianti di arricchimento per il ritrattamento, lo stesso numero di depositi di scorie delle dimensioni di Yucca Mountain […].

            Meglio non dir nulla sulla sciocchezza dell’avere l’Italia centrali ai suoi confini, con tutti i pericoli che esse comportano. Come dire, meglio avere un potenziale pericolo in casa che fuori di essa. Davvero si è persa anche la logica aristotelica.

            Da ultimo l’auspicata autonomia dall’estero mediante il nucleare è un mero sogno di chi non sa di cosa parla. Nello studio dell’OCSE “Prospettive dell’energia nucleare 2008“,  si legge che “Le risorse conosciute di uranio sono sufficienti ad alimentare un’espansione della capacità di produzione elettrica nucleare, senza ricorrere al riprocessamento, almeno fino al 2050“. E questi dati sono relativi al numero di centrali nucleari mantenuto costante. Se invece si pensa di costruirne ancora, come accade in molti Paesi non occidentali, la data di esaurimento del combustibile si riduce ed il suo prezzo cresce, con altri massacri in Niger e Nigeria ed altri sbarchi a Lampedusa.

            L’altro argomento di battage pubblicitario, relativo al fatto che l’energia elettrica ci costa tanto perché la importiamo, è semplicemente falso. Una centrale nucleare è un sistema rigido che non può essere spento o ridotto quando non vi è richiesta di energia. L’alternativa per chi produce energia da nucleare è quella di buttarla (scaldando l’atmosfera) o di venderla a prezzo di mercato (in un mondo in cui domina il mercato si lavora a prezzi di mercato, qualcuno lo spieghi ai nostri avvocati che fanno gli economisti). E l’Italia la compra a prezzi di mercato che sono bassi perché la merce è altrimenti deperibile. Fin qui per quanto compriamo durante la notte, che accade di giorno ? Occorre dire che ogni Paese industrializzato presenta il fenomeno dei picchi di richiesta di potenza elettrica. E’ semplice da capire. Durante il giorno non vi è una richiesta costante di potenza elettrica ma vi sono due momenti (si pensi alle gobbe di un cammello) in cui la richiesta diventa massima (grosso modo metà mattina e metà pomeriggio). In questi momenti serve attivare il numero massimo di centrali elettriche. Un paese come l’Italia dispone ad esempio di centrali turbogas che si accendono rapidamente e rapidamente si spengono. La Francia, è stato valutato, ha il corrispettivo di 12 centrali nucleari in funzione per far fronte ai picchi e proprio per quella rigidità suddetta tali centrali sono sempre accese (Mycle Schneider, The World Nuclear Industry Status Report 2007, in www.greens-efa.org/cms/topics/dokbin/206/206749.pdf). Al di fuori dei picchi quell’energia la compriamo noi, di giorno, a prezzi convenientissimi. Ma la Francia, per risparmiare, si tiene al minimo di centrali accese e quando vi è un’improvvisa richiesta di potenza, compra energia dai Paesi vicini (sic!) pagandola molto cara, ancora a prezzi di mercato, perché è energia di picco. Ed il sistema francese, che comporta anche un utilizzo distorto di energia con consumi elettrici non appropriati (riscaldare case e cucinare) e quindi a bassa efficienza, è da considerarsi disastroso perché sopravvive proprio grazie ai 700 milioni di utenti dei Paesi vicini che gli comprano energia. Quando il candidato Presidente Mc Cain propose all’economia USA di andare sulla strada del nucleare francese gli fu risposto che gli USA non hanno Paesi circostanti a cui vendere per cui quella strada era impraticabile (Mc Cain French Kiss, Financial Post, 13 maggio 2008). Non è quindi dall’acquisto di energia elettrica dalla Francia che deriva l’alto costo della nostra energia; come ho cercato di mostrare, esso deriva da prelievi assurdi in bolletta, dai prezzi di monopolio, dalla completa mancanza di coordinamento tra attività di programmazione, politica dei prezzi e politica fiscale con le assurde tasse che essa comporta in bolletta (il cittadino che voglia saperne di più prenda la sua bolletta elettrica e veda qual è il costo dell’energia, stabilita senza colpo ferire da Enel, e quanto paga complessivamente). A questo punto si può rileggere quanto sostenuto dal Presidente Berlusconi in apertura dell’articolo e chiedersi cosa ci sia di vero nel suo annuncio spot che nasce non con argomenti ma per denigrazione del prossimo. Sta di fatto che questa operazione è un grande favore alla Francia che, conteggiando anche l’acquisto a prezzi di saldo di Alitalia, è sempre più interessata all’amicizia con l’Italia di questo governo.

PECULIARITÀ ITALIANE

            Mi metto ora nei panni del cittadino serio, onesto, mediamente informato e preoccupato per le sirene dell’informazione su questioni energetiche. Tale cittadino dice che si, è ormai ora di decidersi per il nucleare. Ma tale cittadino, poiché ha qualche informazione, prima vuole chiarire alcune vicende che non riguardano i pericoli del nucleare (dei quali non ho parlato perché la mole dei problemi è così grande che non serve aggiungere altro) ma la situazione politica, economica, sociale e direi antropologica italiana. In questo Paese:

–         il titolo V della Costituzione è stato modificato dal Parlamento con conferma referendaria ed ora la competenza energetica è delle singole regioni quindi non più centralizzata; come mettere d’accordo i siti delle centrali nucleari di una politica centralizzata con le esigenze locali e quelle dei consumatori ? Il federalista Bossi colpirà ancora come centralista ? Per intenderci  saranno possibili centrali in Toscana per alimentare Milano ?




 – la legge italiana sugli appalti è truffaldina perché si può passare indefinitamente ai subappalti (a Montalto di Castro eravamo al 18°). Come si mette d’accordo l’assoluta elevata qualità richiesta dei diversi  componenti di una centrale nucleare e di tutte le infrastrutture nucleari con i subappalti ?




 – in Italia, proprio per quanto detto prima, non vi è certezza di prezzi. E’ possibile ad ogni fase lavorativa ricontrattare il prezzo con il committente. Quanto costa allora una centrale se la TAV è costata 4 volte il prezzo medio europeo ? con un ambiente così protetto che sono spariti 80 km di fiumi e torrenti nell’Appennino tosco emiliano ?




 – stessa obiezione di prima però riferita ai tempi di costruzione: non vi è un solo lavoro in Italia consegnato in tempi europei (dove si pagano multe salatissime per i ritardi). Come garantirsi i tempi per prodotti che con gli anni diventano rapidamente obsoleti ? Come garantire il prezzo con la crescita dei tempi ?




– in Italia abbiamo infiltrazioni mafiose e criminali in genere dovunque ed anche recentemente abbiamo avuto notizia di opere pubbliche in Sicilia e Calabria costruite con cemento di pessima qualità (vi sono strade, ponti e gallerie a rischio crolli). E non si tratta di industrie di poco conto ma le più grandi d’Italia che non sono propriamente siciliane. Ciò comporta che i lavori fatti dai cantieri con infiltrazioni mafiose vedono spesso crolli ed imperfezioni gravi. Come garantirsi contro la mafia ed ogni criminalità organizzata in subappalti nucleari o di ponti sullo Stretto ? Soprattutto se in Italia non risultano condanne penali per reati di tale tipo ed entità ?

–  la corruzione nelle amministrazioni pubbliche e nella politica, in Italia, è a livelli paurosi. Il CPI 2008 di Transparency International ci pone al 55° posto nel mondo preceduti dalla Slovacchia e dal Sud Africa, e al pari delle Seychelles. Ci precedono nazioni comeSanta Lucia, BarbadosSaint Vincent e GrenadineBotswanaPorto RicoMauritiusOmanMacaoBhutanCapo VerdeMalesia. Per ulteriore consolazione siamo i più corrotti in Europa. Tale vergogna ci costa 60 miliardi l’anno ed è percepita con disinteresse. Gli ultimi avvenimenti, che hanno riguardato la condanna penale a 4 anni e mezzo dell’avvocato inglese Mills, dovrebbero spiegare bene l’assuefazione.

–         in Italia, a tutt’oggi e fino ad informazione contraria, non abbiamo messo in sicurezza nessuna scoria, nessun residuo nucleare. Abbiamo tutto ancora a cielo aperto, comprese le centrali che dovevano essere smantellate e sistemate in luoghi sicuri, nonostante siano passati 10 anni da quando l’operazione sarebbe dovuta partire. Aspettiamo che la Francia ci rimandi indietro varie migliaia di metri cubi di combustibile ritrattato. Dove metteremo tutto ciò ? E’ davvero impensabile iniziare una nuova impresa senza aver chiuso definitivamente con la precedente e senza prospettive per i milioni di metri cubi di residui da sistemare.


– in Italia sono finite da tempo le competenze sul nucleare. A chi affidiamo i lavori e chi li dirige ?

– infine: i gruppi che premono per un piano nucleare, sono disponibili  a finanziarselo, come in ogni buona economia di mercato (come negli USA, come in Finlandia, … ) ? Oppure il nucleare che loro vogliono dovrà essere pagato dai cittadini, proprio da quelli che pagano tasse, ed i benefici saranno dei soliti noti che si dovrà stabilire quante tasse pagano ? Gli enormi investimenti necessari li troveremo in bolletta ?

– Questi problemi sono gravissimi e prescindono da qualunque altro discorso sul nucleare ma sono propedeutici a qualunque discorso tecnico. E il governo in carica non sembra adatto a risolvere questi problemi come ha dimostrato nei suoi approcci naif al problema e nella sua concezione di democrazia.

COSA FARE ALLORA



        Ci sono inutili personaggi pagati un’enormità, come certi nostri parlamentari, che, poiché il ragionamento non è il loro forte e si circondano pure di esperti di molto dubbia preparazione, si nascondono dietro slogan come il famoso “quelli del no“. Sono 30 anni che gli ambientalisti  indicano soluzioni che non si fanno perché non arricchiscono le varie lobbies operanti in Italia. Tali ambientalisti non vanno confusi con i fondamentalisti, gli opportunisti o gli apprendisti stregoni dell’ultima infornata che hanno tra l’altro la colpa grave di essersi seduti senza portare avanti un’informazione seria e senza fare battaglie nelle istituzioni per i fini per cui erano eletti, con l’uscita da quelle amministrazioni inadempienti.

 Da almeno 30 anni gli ambientalisti indicano la raccolta differenziata come formidabile strumento per tirare fuori: metalli, carta, plastiche, biomassa, materiale da bruciare o utile nell’edilizia. Il riciclaggio è una vera miniera diretta perché ridà materia prima a costi più bassi e perché fa risparmiare sui costi energetici per produrre tale materia prima e sui costi dello smaltimento.


        E’ solo un esempio che ci deve indicare una strada: usare tutto l’usabile e cercare di sganciarci dai combustibili fossili e dal nucleare. Con uno studio serio su tutto il fattibile da ora in campo energetico che permetta di valutare bene ogni questione di costi-benefici, quando fossimo di fronte ad ulteriori necessità non copribili altrimenti si potrebbe anche iniziare a discutere seriamente di nucleare chiedendosi, ad esempio, perché il governo Berlusconi non ha preso in considerazione i reattori nucleari di progettazione italiana IRIS e MARS ? Ma solo allora.


        Intanto faccio, in breve, l’elenco degli interventi da fare (gli stessi che il fronte del NO della destra delle mazzette ha avuto disponibili da 30 anni):


1) Incentivare da subito pannelli solari per la produzione di acqua calda (riscaldamento e sanitaria) che assorbe un 30% dell’energia che consumiamo in Italia. I costi sono estremamente contenuti e si può avere un immediato ritorno in risparmi per la produzione centralizzata di ENI ed ENEL. Siamo gli ultimi in Europa per energia solare pur essendo i primi insieme a Spagna e Grecia per insolazione. Inoltre la tecnologia è tale da produrre molti posti di lavoro a bassa tecnologia e quindi utili per un artigianato diffuso.


2) Obbligare subito la trasformazione delle centrali esistenti in impianti di cogenerazione e di teleriscaldamento. In estrema sintesi si tratta di non buttare il calore residuo dell’acqua e/o vapore, che ha prodotto energia elettrica, ma di utilizzarlo mediante costruzione di condotte al riscaldamento di edifici, serre, pisciculture, … (il sistema sarebbe complementare ai pannelli solari piani perché interverrebbe soprattutto in grandi centri abitati, dove i pannelli avrebbero minore possibilità di installazione).


3) Studiare sistemi di utilizzo delle biomasse per la produzione di metano (e quindi di qualunque altra energia). I termovalorizzatori vanno bene ma, anche qui, l’Italia ci offre lo spettacolo di tali impianti che bruciano tutto con pericoli gravissimi per le popolazioni (gli ultimi esempi di marzo 2009 sono Colleferro dove si bruciavano residui ospedalieri ed anche nucleari, e Acerra …). Si tratta di pensare al riciclo dei rifiuti con la necessaria suddivisione in organici ed inorganici. I primi dovrebbero essere avviati in depositi che favoriscano l’emissione di metano dai medesimi. La cosa si può anche realizzare su piccola scala in condomini di recente costruzione pensando di avviare ad un contenitore comune lo smaltimento di ogni rifiuto organico degli appartamenti al fine di produrre metano per riscaldamento, cucina ed ogni altro uso (mediante un TOTEM, macchina ex Fiat che trasforma l’energia da carburante in energia elettrica + riscaldamento). Il sistema ha potenzialità enormi oltre a sbarazzarci di circa la metà dei rifiuti cittadini ed a fornire grandi quantità di compost per l’agricoltura. Quanto qui adombrato prevede un ripensamento dell’architettura e dell’urbanistica.


4) Applicare da subito ogni conoscenza sul risparmio energetico. A partire dai costi energetici degli imballaggi e dei contenitori di ogni tipo per ogni uso. Come esempio si osservi che per produrre lattine di alluminio serve una grande quantità di energia e che il vetro, invece, può essere facilmente riciclato.


5) In molte zone d’Italia vi è una geotermia in attesa a pochi metri sotto terra. Mentre a Parigi si riscaldano interi quartieri con una geotermia pescata a 2000 metri di profondità, in Italia tale profondità si riduce mediamente ad un terzo nelle zone densamente popolate. Se nel sottosuolo non vi sono acque calde, vi sono certamente rocce calde. Si può spingere acqua nel sottosuolo e poi riprenderla calda per differenti usi, anche elettrici.


6) Ogni altra energia può essere utile e deve essere incentivata (va bene l’eolico qualunque cosa dicano i talebani di cui prima, alcuni dei quali convertitisi ad Alemanno, va bene studiare ulteriori sviluppi dell’imbrigliamento delle acque, in qualche zona si possono sistemare turbine che sfruttino la marea, va bene il fotovoltaico, insostituibile per alcune applicazioni in zone isolate …).


7) Si possono mettere in cantiere centrali solari con concentratori, il progetto di Rubbia (solare termodinamico) che qui si è olimpicamente saltato mentre in Spagna avanza con successo.

8) Si deve ripensare l’architettura per la costruzione di edifici. Basta con la pratica della massimizzazione dei profitti a fronte di abitazioni energivore che disperdono energia nell’ambiente esterno in modo indegno. E queste cose non devono essere lasciate alla buona volontà del singolo.


9) Sul fronte tradizionale occorre continuare con la politica di Mattei ed aprire ad ogni altro contributo possibile con vari Paesi geopoliticamente diversi, ad evitare crisi complessive. Qui si sente la mancanza delle politiche di amicizia con i Paesi Arabi anche di Moro. Oggi abbiamo piccoli uomini al potere con incapacità di comprendere la complessità del mondo. Occorre costruire molte più riserve e prevedere almeno un rigassificatore per regione che si affaccia sul mare.


10) Occorre essere pronti sul terreno dell’idrogeno per il suo uso in un immediato futuro. A parte l’uso consigliabile nel trasporto cittadino, a fini di non inquinamento, l’idrogeno è utilissimo come accumulatore di energia. Mi spiego. Le fonti energetiche alle quali mi sono riferito hanno in genere la caratteristica dell’intermittenza (il solare e l’eolico, ad esempio). A volte forniscono energia che eccede la richiesta e si è costretti a buttarla con effetti disastrosi nell’aumento del calore scaricato nell’atmosfera. Se si utilizzasse l’energia fornita in più dalle fonti suddette per produrre idrogeno, si avrebbe la possibilità di usare questo vettore energetico, in momenti in cui non vi è sole o non tira vento. Si tratterebbe di accumulare energia quando ce n’è di più per utilizzarla quando non ce n’è.

11) Si intervenga sulle linee di trasmissione elettrica: disperdono fino al 50% dell’energia ! Altro che dieci centrali nucleari ! Potremmo avere un terzo in più di energia elettrica (alcune perdite sono inevitabili) senza intervenire sul fronte della produzione.

12) Si intervenga sui picchi con una politica tariffaria (non le sciocchezze Enel) che invogli ad utilizzare energia di notte. La riduzione dei picchi taglia la necessità di costruire nuove centrali e ne libera di già attive.



        Vi è poi un ultimo aspetto ma non per la sua importanza. Chiunque ci viene a parlare di nucleare deve spiegare che: l’energia nucleare serve solo per produrre elettricità e non risponde, ad esempio, alle esigenze dei trasporti; che non è realizzabile in tempi rapidi (se parte la folle impresa, in Italia, con stime reali, non sarà pronta prima di 15 anni con costi triplicati rispetto ai preventivati) quando invece è possibile da subito mettere in campo tecnologie alternative note e già diffusamente operative nel resto d’Europa (quella occidentale) e molto denaro da impiegare per le centinaia di migliaia di lavoratori che hanno drammaticamente perso il posto di lavoro. Tutto ciò significa che una politica energetica che intenda liberarci da tutti i fardelli che ho tentato di mettere insieme è una politica che vola molto alto e che, molto probabilmente, non ha ancora alcun interprete tra le menti che si aggirano nei palazzi del potere (tralasciando la destra che da sempre aggredisce il territorio e lavora SOLO per il profitto, vi è una sinistra-centro che ha perso ogni cultura ambientalista ed è in mano a persone che non considerano questo problema, insieme a quello della scuola, come fondamentale).

            Non si trattino queste indicazioni come fantasie. Si portino invece i conti su quanto si potrebbe ottenere con una politica indirizzata seriamente in tal senso ed allora si potrà discutere anche di nucleare. Chi scrive è comunque scettico perché da anni si è accorto che le imprese di risparmio, poiché non portano appalti e rotazione di molti soldi, sono disattese da chi ha solo quegli altri come obiettivi. Inoltre, la tollerabilità dei rischi è solo una condizione necessaria e non sufficiente per l’adozione di una soluzione. Occorre anche una concreta fattibilità e la capacità di coprire una parte importante dei fabbisogni di energia. Non è pensabile un uso di una energia qualunque che non crei alterazioni nell’ambiente. Ad esempio, come è possibile capire il ruolo del nucleare, di questo nucleare, di quanto nucleare, se non si hanno studi che affrontino le disponibilità e le esigenze energetiche italiane con dati quantitativi certi a confronto tra le varie fonti ? Dobbiamo convincerci che serve il meglio delle nostre capacità scientifiche e tecniche per mettere insieme i dati di cui abbiamo bisogno. Inoltre la nostra società industriale ha bisogno oltre che di energia, di potenza (in casa, una lavatrice non la metteremmo mai in funzione con pannelli fotovoltaici per uso familiare), pena licenziamenti e disastri a catena in tutto il mondo. La sola cosa che noi possiamo fare e che dobbiamo fare è scegliere i minori impatti sull’ambiente e sulla salute, sapendo che fermi non si può restare perché a rischio vi sono catastrofi immani (ci si è mai chiesti cosa accadrebbe al nostro mondo se smettessimo di produrre energia ? e, di contro, ci si è mai chiesti cosa accadrà se continuiamo a produrre e consumare energia nel modo indegno in cui lo facciamo ?).



        Concludo con una avvertenza. Le informazioni sulle disponibilità energetiche mondiali sono quanto di più discutibile vi sia. Non vi è un accesso ad esse che sia certo. Tale accesso è sempre per gentile concessione di qualche multinazionale che ha interesse a nascondere i dati per politiche di mercato essenzialmente legate alla domanda ed all’offerta. Per avere poi dati certi sui contributi delle energie alternative alle quali ho accennato occorrerebbero ricerche di enti di Stato che impiegassero un gran numero di ricercatori, tali per merito. E’ fuori dalla portata di un singolo (o anche di più singoli) al di fuori da centri di ricerca organizzati e da finanziamenti appositi, riuscire nell’impresa. I nostri attuali politici, con i loro esperti poi …. Ci sono troppi parametri in gioco e molte intelligenze e competenze occorrono per tali studi. Anche qui, comunque, siamo fuori dalla possibilità di affrontare questi seri studi: nell’ipotesi che nasca un piano energetico proiettato al futuro e non al dané tutto e subito, non si potrebbe andare avanti perché i finanziamenti alla ricerca sono stati tagliati brutalmente da un governo incapace di guardare oltre il suo pur collodiano naso (ma gli altri non hanno mai brillato in questo senso). E restiamo ultimi tra i Paesi che si pretendono avanzati.



Roberto Renzetti



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