IPAZIA DI ALESSANDRIA

Roberto Renzetti

    Recentemente un capo di Stato straniero, il sig. Joseph Ratzinger, ha ricordato un santo illustre della Chiesa, San Cirillo di Alessandria, facendone l’esegesi. Così apriva il sig. Ratzinger:

Cari fratelli e sorelle!
Anche oggi, continuando il nostro itinerario che sta seguendo le tracce dei Padri della Chiesa, incontriamo una grande figura: san Cirillo di Alessandria. Legato alla controversia cristologica che portò al Concilio di Efeso del 431 e ultimo rappresentante di rilievo della tradizione alessandrina, nell’Oriente greco Cirillo fu più tardi definito “custode dell’esattezza” – da intendersi come custode della vera fede – e addirittura “sigillo dei Padri”.

e così proseguiva:

Alla morte dello zio Teofilo, l’ancora giovane Cirillo nel 412 fu eletto Vescovo dell’influente Chiesa di Alessandria, che governò con grande energia per trentadue anni, mirando sempre ad affermarne il primato in tutto l’Oriente, forte anche dei tradizionali legami con Roma.
Due o tre anni dopo, nel 417 o nel 418, il Vescovo di Alessandria si dimostrò realista nel ricomporre la rottura della comunione con Costantinopoli, che era in atto ormai dal 406 in conseguenza della deposizione del Crisostomo.

ed aggiunge che nel febbraio del 430 così Cirillo, massimo esponente della cristologia alessandrina che intendeva sottolineare fortemente l’unità della persona di Cristo, scriveva al Vescovo di Costantinopoli Nestorio, che invece affermava la divisione dell’umanità dalla divinità di Cristo con la conseguenza che Maria non era più Madre di Dio,

“Bisogna esporre al popolo l’insegnamento e l’interpretazione della fede nel modo più irreprensibile e ricordare che chi scandalizza anche uno solo dei piccoli che credono in Cristo subirà un castigo intollerabile”. […]

“Affermiamo così che sono diverse le nature che si sono unite in vera unità, ma da ambedue è risultato un solo Cristo e Figlio, non perché a causa dell’unità sia stata eliminata la differenza delle nature, ma piuttosto perché divinità e umanità, riunite in unione indicibile e inenarrabile, hanno prodotto per noi il solo Signore e Cristo e Figlio”. […]“professeremo un solo Cristo e Signore, non nel senso che adoriamo l’uomo insieme col Logos, per non insinuare l’idea della separazione col dire ‘insieme’, ma nel senso che adoriamo uno solo e lo stesso, perché non è estraneo al Logos il suo corpo, col quale siede anche accanto a suo Padre, non quasi che gli seggano accanto due figli, bensì uno solo unito con la propria carne”.

Il sig. Ratzinger prosegue dicendo:

E presto il Vescovo di Alessandria, grazie ad accorte alleanze, ottenne che Nestorio fosse ripetutamente condannato: da parte della sede romana, quindi con una serie di dodici anatematismi da lui stesso composti e, infine, dal Concilio tenutosi a Efeso nel 431, il terzo ecumenico. L’assemblea, svoltasi con alterne e tumultuose vicende, si concluse con il primo grande trionfo della devozione a Maria e con l’esilio del Vescovo costantinopolitano che non voleva riconoscere alla Vergine il titolo di “Madre di Dio”, a causa di una cristologia sbagliata, che apportava divisione in Cristo stesso.

E conclude:

La fede cristiana è innanzitutto incontro con Gesù, “una Persona che dà alla vita un nuovo orizzonte”

come l’orizzonte di Ipazia che morì di freddo, allo stesso modo di Gesù, nel 415, data olimpicamente saltata dallo storico fai da te, Ratrzinger.

    Racconto queste cose, che meriterebbero un distruttore di documenti, per chi non conosce alcune vicende e l’ineffabile tendenza curiale alla menzogna. Perché vi sono vari modi di mentire: o alterando i dati o omettendoli. E la Chiesa, di quel Gesù che dà alla vita un nuovo orizzonte permettendo che in suo nome si massacrino le persone, è maestra di menzogne.

    Ricomincio dalle origini facendo un’opera di ricostruzione storica di quanto si sa, assegnando ciò che non si sa alle sante omissioni di Santa Madre Chiesa.

DALL’EDITTO DI COSTANTINO A TEODOSIO(1)

    Senza ripercorrere la travagliata storia che ci porta dal supposto Gesù(2) agli inizi del IV secolo, vale la pena riportare alcuni documenti. Iniziamo dall’Editto dell’imperatore Costantino, figlio della baldracca Elena conosciuta dal padre Costanzo Cloro in una osteria della Bitinia. Tale editto vide la luce a Milano nel  313 e, come riportato da Lattanzio, afferma:

Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto abbiamo risolto di accordare ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità. 

    Questo editto seguiva quello del 311 di Galerio, imperatore della tetrarchia d’Oriente, che ammalatosi a Nicomedia assegnò la causa della malattia alle maledizioni dei cristiani che aveva perseguitato. Nell’editto di Galerio, emanato anche a nome di Costantino e Licinio, detto di Nicomedia, si decretò la fine degli editti di Diocleziano, si riconobbe ai cristiani libertà di culto e di riunione, si restituirono alle chiese i beni non ancora alienati dopo la confisca, si ordinò la ricostruzione delle chiese. Il cristianesimo divenne ufficialmente religio licita.

    E’ interessante un breve excursus su Costantino e Satrapi cristiani (da Pepe Rodriguez).

Fin dall’inizio, Costantino si senti in diritto di discutere le decisioni conciliari che non erano convenienti al suo governo e si riservò la facoltà di convocare egli stesso, a suo piacere, i concili generali dei vescovi. Un tale insulto e spregio alla gerarchia cattolica non provocò alcuna reazione per via della generosità delle donazioni di Costantino e del trattamento preferenziale che ricevevano i vescovi convocati ai suoi concili. In questo modo l’imperatore comprò le volontà, gli appoggi, i decreti conciliari a sua misura e, infine, tutta la Chiesa cattolica, la cui servizievole gerarchia cominciò rapidamente ad accumulare potere e ricchezza senza limiti, il famoso Patrimonium Petri.

A partire dal 315-316, Costantino cristianizza le leggi dell’impero secondo la visione cattolica. Promuove la protezione dei poveri e, al tempo stesso, rafforza il diritto matrimoniale (ancora oggi ossessione del clero cattolico). Nel 318 riconosce ufficialmente la giurisdizione episcopale; nel 321 autorizza le Chiese a ricevere eredità; nel 320 o 321 dichiara la festività domenicale, fino ad allora celebrata come giorno del Sole; fa dono alla Chiesa cattolica di grosse tenute e di edifici sparsi lungo tutto l’impero; ordina la costruzione di decine di lussuose chiese finanziate con denaro pubblico, ecc.

Inoltre, nei processi, la testimonianza di un vescovo aveva più valore  di quella dei “cittadini illustri” ed era incontestabile; inoltre ai vescovi fu affidata la giurisdizione nei processi civili. Qualsisi litigio poteva essere risolto da vescovado, che avrebbe emesso una decisione “santa e venerabile”, secondo il decreto di Costantino. E’ qui opportuno segnalare fino a che punto ciò fosse contrario agli insegnamenti di Gesù, avversario di processi e giuramenti di ogni tipo, tanto che aveva affermato di non essere venuto per giudicare gli uomini ordinando che, quando qualcuno volesse togliere a un altro il vestito mediante un processo, gli fosse regalato anche il manto […]

[Per risolvere uno dei tanti litigi tra fazioni di cristiani, Costantino] fece riunire a Nicea circa 300 vescovi per discutere la dottrina di Ario (su tale Concilio si può vedere http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-1123.htm  […] Il Concilio, dunque, cominciò ad elaborare […] ed agli attributi di “Dio da Dio, luce da luce”, venne aggiunto soprattutto quello di “consustanziale al Padre” (homoousios), che in passato era stato l’espressione del “monarchianismo” di Sabellio e di tutti coloro che annullavano la distinzione tra il Cristo e il Padre. Questa aggiunta sorprendente fu accolta solo dietro personale richiesta di Costantino, al quale il concilio non poteva rifiutare nulla. […]

«Il 19 giugno del 325 il concilio si sciolse, dopo un banchetto solenne offerto da Costantino in suo onore e che fece sui vescovi una grande impressione: alcuni di loro si domandavano se non fossero già nel regno di Dio. L’imperatore terminò il banchetto con un discorso che esortava i vescovi all’unità, alla modestia, allo zelo missionario e con doni per ciascuno di essi e lettere che ordinavano ai funzionari imperiali di distribuire annualmente grano ai poveri e al clero delle varie Chiese.

«I vescovi se ne partirono, dunque, ammirati, entusiasti e più che mai disposti alla sottomissione».[…]

Del Concilio di Nicea è rimasto alla storia il ricordo vergognoso di una moltitudine di vescovi codardi e venduti alla volontà arbitraria di Costantino al quale lasciò la definizione e l’imposizione di alcuni tra i più importanti dogmi della Chiesa cattolica, come quelli della consustanzialità tra Padre e Figlio e del credo trinitario. Divenuto teologo per grazia autoconferita, Costantino decide a suo piacimento ciò che i cattolici dovranno credere per sempre sulla persona di Gesù. Il Credo, che recitano tutti i cattolici, non proviene dall’ ispirazione con cui lo Spirito Santo illuminò i prelati conciliari, ma dalla tutt’altro che santa costrizione esercitata dal brutale imperatore romano su uomini che Gesù avrebbe disprezzato. Ai vescovi che hanno affondato fede e coscienza per continuare a riempirsi la pancia, l’esempio del Nazareno morto per le sue idee doveva sembrare un’ingenuità deprecabile.

Con una gerarchia ecclesiale così servile, l’imperatore Costantino non ha avuto alcun problema a usare la Chiesa cattolica a suo piacimento, al punto di forzare l’unificazione dell’impero sottoponendolo a una sola religione, a uso e volontà della propria megalomania. Non è un caso che parli di sé come «vescovo per gli affari esteri (episkopos ton ektos) della Chiesa; che chieda di essere chiamato «salvatore designato da Dio» e «inviato del Signore», vale a dire apostolo; che ordini che gli si rendano gli onori come rappresentante di Cristo (vicarius Christi) e il conferimento di «nostra divinità» (nostrum numen) e di sacratissimus, titoli che, successivamente, avrebbero ostentato anche alcuni imperatori cristiani; che ordini che sia considerato tempio il suo palazzo (domus divina) e sacrum cubiculum la sua residenza privata; e, infine, che stabilisca di essere seppellito come il decimoterzo apostolo. In sintesi, Costantino ha fatto il suo comodo con la Chiesa cattolica e le sue credenze. Lui era il padrone e i vescovi, in cambio, hanno taciuto, concesso … e si sono arricchiti rafforzando il loro potere temporale.

Colui che è stato considerato dalla Chiesa cattolica un «condottiero amato da Dio», «vescovo di tutti, nominato da Dio» o «esempio di vita nel timore di Dio, che illumina l’umanità tutta», fu in realtà un imperatore che frequentava le pratiche pagane, crudele e sanguinario, responsabile dei massacri d’intere popolazioni, di giochi circensi durante i quali fiere e orsi affamati sbranavano centinaia di nemici, che sgozzò suo figlio Crispo, strangolò sua moglie e assassinò suocero e cognato … veramente un autentico princeps christianus.

Sua madre, canonizzata dalla Chiesa cattolica in «santa Elena», passò per una principessa britannica, ma in realtà era una pagana che aveva lavorato come ostessa (stabularia) in una taverna dei Balcani, aveva vissuto more uxorio con Costanzo Cloro padre di Costantino, un pagano che aveva cominciato la carriera militare come protettore o guardia del corpo imperiale – per poi convivere in situazione di bigamia quando Costanzo sposò l’imperatrice Teodora. L’aristocrazia romana conosceva Costantino come «il figlio della concubina» e lo stesso sant’Ambrogio scrisse che Gesù Cristo aveva elevato santa Elena dal fango al trono.

Un uomo col fascino, il potere e la malvagità di Costantino non poteva morire senza lasciare un segno crudele nella storia, non poteva «salire in cielo» (come rappresentarono alcune monete coniate dopo la sua scomparsa) senza prima beffare fino all’umiliazione i vescovi, trattati come burattini, e la Chiesa cattolica che egli stesso aveva promosso. Perciò, ammalatosi, «prima cercò rimedio nei bagni caldi di Costantinopoli e poi nelle reliquie di Luciano, patrono protettore dell’ arianesimo e discepolo dello stesso Ario. Infine, fu battezzato nella sua residenza, Archyrona di Nicomedia, nonostante il suo desiderio di recarsi sulla riva del Giordano, come Nostro Signore.

 «All’epoca (e fino al 400 circa) si usava posticipare il battesimo fino all’ultimo, soprattutto tra i principi responsabili di mille battaglie e condanne a morte. Come suggerisce Voltaire, “credevano di aver trovato la formula per vivere come criminali e morire come santi”. Dopo il battesimo, amministrato da Eusebio, un altro seguace di Luciano, Costantino muore il 22 maggio 337. Stando cosi le cose, il primo princeps christianus morì come “eretico”, un particolare che crea non pochi problemi agli storici “ortodossi”, ma che fu perdonato perfino dal peggior nemico dell’arianesimo in occidente, sant’Ambrogio, “considerando che era il primo imperatore ad abbracciare la fede e a lasciarla in eredità ai successori, quindi degno del più alto merito [magnum meriti]».

Grazie a questo esimio personaggio comincia realmente il cammino della Chiesa cattolica, trasformata dal potere temporale in un’istituzione che si arrogò a rappresentante esclusiva e ortodossa del messaggio di Gesù (che, come testimoniano i Vangeli, essa stessa ha scelto e manipolato, senza essergli mai fedele).

Come ha osservato con acume Alfred Loisy, specialista in studi biblici e storico delle religioni: “Cristo “predicò il regno di Dio, ma venne la Chiesa».

    E’ chiaro quindi che cosa è accaduto e la cosa è raccontata da tutti gli storici che non siano curiali. Ebbene è questa la gente con cui avremo a che fare tra poco, i banditi Teofilo e Cirillo sono della razza che si ingrassa violentando e stuprando tutto ciò che non serve a maggior gloria propria.

     E qui siamo ancora in clima tollerante, tutte le religioni hanno medesimi diritti. E restiamo in tale situazione fino all’Imperatore Teodosio che trasformò il Cristianesimo in religione di Stato vietando tutte le altre.

    Il 24 febbraio 391 Teodosio, detto dai cristiani “Il Grande”, battezzato nel 380, emise il provvedimento legislativo “Nemo se hostiis polluat(3), che:

– rinnovava la messa al bando di qualunque sacrificio, pubblico o privato;

– vietava le tradizionali cerimonie di Stato ancora in uso a Roma:

– vietava per la prima volta l’accesso ai santuari e i templi: “nessuno si avvicini agli altari sacrificali, cammini all’interno dei templi o veneri immagini forgiate da mani umane”;

– proibiva in maniera esplicita l’apostasia dal cristianesimo, pena la perdita dei diritti testamentari.

    Il provvedimento era stato fortemente voluto dal nuovo ministro degli Interni, il cattolico Rufino, e da sant’Ambrogio vescovo di Milano, d’accordo con i gruppi di monaci impegnati a saccheggiare e distruggere illegalmente templi pagani nelle province orientali.

    Le tradizioni e il patrimonio della cultura classica veniva cancellato da un provvedimento modellato sul comportamento tenuto dal popolo ebraico nei confronti della religione dei popoli cananei.

    Il decreto del 16 giugno 391, emanato ad Aquileia, estende le disposizioni precedenti anche all’Egitto, dove Alessandria godeva, da antica data, di speciali privilegi relativi ai culti locali, comprese le cerimonie sacrificali. Sotto l’effetto della persecuzione molte case divennero luoghi di culto, dove i pagani si riunivano per continuare nella religione tradizionale.

    Con il terzo editto del 391 la persecuzione s’intensificò e molti si sentirono autorizzati ad iniziare la distruzione degli edifici pagani.

    Ad Alessandria il vescovo Teofilo iniziò una sistematica campagna di distruzione dei templi.

    Il tempio di Serapide, divinità greco-egizia che riuniva in sé Zeus ed Osiride, venne assediato dai cristiani. Il vescovo Teofilo ed il prefetto Evagrio, insieme con gli uomini della guarnigione militare, iniziarono l’opera di demolizione. Il vescovo Teofilo volle dare il buon esempio dando il primo colpo contro la colossale statua del dio Serapide (secondo alcuni storici, subito dopo questa distruzione si passò ad incendiare la Biblioteca, secondo altri fu la Biblioteca del tempio ad andare bruciata). Analoghi episodi avvennero a Petra, Areopoli, Canopo, Eliopoli, Gaza e in molte altre località. L’imperatore Teodosio non intervenne mai per fermare i cristiani.

    In Gallia san Martino di Tours non volle rimanere indietro rispetto al vescovo Teofilo ed iniziò una campagna di distruzione.

    Il quarto editto venne emanato a Costantinopoli da Teodosio l’8 novembre del 392. Secondo gli storici Williams e Friell “l’editto era caratterizzato da una intransigenza così assoluta nei confronti delle tradizioni locali da poterla paragonare a quella di un regime dittatoriale ateo che criminalizzasse le uova di Pasqua, l’ulivo, i biglietti natalizi, le zucche di Halloween e persino alcune abitudini universali, come quella dei brindisi”.

    L’editto prevedeva:

– la pena di morte per chi effettuava sacrifici e pratiche divinatorie

– la confisca delle abitazioni dove si svolgevano i riti

– multe pesanti per i decurioni che non applicavano fedelmente la legge

– la proibizione di libagioni, altari, offerte votive, torce, divinità domestiche del focolare, corone e ghirlande, fasce sugli alberi, ecc.

    Preso il controllo dello Stato  i cristiani iniziarono a perseguitare i pagani. Bande di cristiani fanatici incendiavano i templi, uccidevano i sacerdoti, costringevano i pagani a fuggire dalle loro case e si impadronivano dei loro beni.

    Sapremmo poco o nulla di queste imprese, se gli stessi cristiani non ci avessero tramandato la loro versione di queste stragi, facendosene vanto.

      Riporto un estratto  dalle Memorie di Dioscoro(4) in cui la religione tradizionale è presentata sotto forma di culto di demoni che deve essere estirpata con ogni mezzo e il fuoco è il mezzo migliore. La morte tra le fiamme del sommo sacerdote pagano, qui descritta, non fu la prima, ma non fu neppure l’ultima.

  C’era una città, a occidente del lago, in cui veneravano un idolo di nome Kothos, che stava innalzato su una finestra dentro una casa; e quando entravano nella porta di casa, chinavano per lui la testa fino a terra, e lo adoravano. […]

Andarono i presbiteri di quella località e riferirono al mio padre spirituale tutto quello che facevano i pagani, e come rapissero i bambini piccoli dei cristiani e ne facessero sacrifici al loro dio Kothos […]

Così presero una quantità di loro e li interrogarono verbalmente, ed essi dichiararono senza tortura: “Noi abbiamo spesso ucciso i bambini piccoli dei cristiani… Versiamo il loro sangue sull’altare, ed estraiamo le loro viscere e le tendiamo come nervi per le nostre cetre e cantiamo con esse ai nostri dei” […]

Gli uomini che erano stati presi diedero del denaro per liberarsi, poiché gli uomini di quella provincia sono gente avida di denaro.

Come ebbe sentito questo dai presbiteri, il santo vescovo Abba Macario si levò e andò con loro. E andammo con lui io e altri due personaggi; e questi due presbiteri camminavano innanzi a noi.

Quando fummo penetrati nella provincia per un cinque miglia, vedemmo il loro tempio … Il vescovo Macario disse “Come è vero che vive il Signore, anche se dovessero uccidermi non me ne andrò prima di esserci entrato!” e avanzò dal lato della porta del tempio […]

A sentir ciò i sacerdoti vennero fuori – e avevano armi in mano, e lance e asce – e insieme le donne andaron sul tetto del tempio per gettarci pietre addosso […]

Il vescovo Macario disse: “Che avete voi in comune con i figli dei cristiani che immolate agli idoli?”. Ed essi risposero: “Non è verità”. E disse loro il santo: “Se non è fatemi entrare e visitare il tempio”. Ed essi gli dissero: “Vieni”. […]

Si levarono allora venti uomini, e chiusero la porta dietro di noi, decisi a ucciderci. Noi eravamo quattro in tutto … Disse il loro capo.” Si vada e si informi il nostro sommo sacerdote prima di tutto. Innanzi di ucciderli, chiamatelo al sacrificio del nostro dio Kothos”. Il resto fu d’accordo con lui e il nome del loro capo era Omero. […]

Ecco che il santo Apa Visa batté alla porta. Quelli non risposero, e lui gridava da fuori … E subito la porta del tempio si aprì immediatamente ed entrò il santo Apa Visa con alcuni monaci; e facevano quattordici uomini […]

Subito fummo sciolti e disse il santo Apa Visa al padre mio: “Fai una di queste due cose: o tu appicchi il fuoco ed io prego, o tu preghi, ed io appicco il fuoco”. Gli disse il padre mio: ” No, ma anzi leviamoci e preghiamo tutti insieme, finché il fuoco cali dal cielo e bruci il tempio” […]

Ed ecco una grande fiamma di fuoco circondò tutto attorno il tempio intero, ed i muri del tempio caddero a terra, e il fuoco li divorò fino alle fondamenta […]

E in quel momento un demone impuro entrò in un uomo, e se ne andò alla città gridando: “Che tutti pagani fuggano, perchè, ecco, Visa e Macario di Tkou sono venuti!”.

Il padre mio incontrò Omero, il loro capo, sulla via … Immediatamente il padre mio fece cenno ai suoi dicendo: “Afferratelo e legatelo!”… Gli disse il padre mio: “Ti brucerò vivo con il tuo dio Kothos” […]

Andarono e giunsero alla città, e la folla degli ortodossi uscì e si diresse verso di loro. Allora egli ordinò che accendessero un fuoco e gettassero Omero il sacerdote in esso; e quelli lo bruciarono con gli altri idoli che trovarono nella sua casa. Il resto dei pagani, una quantità di loro divenne cristiana e prese il battesimo. Alcuni altri non vollero, ma presero quel che possedevano e lo gettarono nel lago e nei pozzi, e se andarono, loro e i loro idoli, in un luogo deserto. Noi facemmo il conto degli idoli che erano stati distrutti in quella occasione, e trovammo che assommavano a trecentosei idoli. Quanto a quelli che erano fuggiti, i cristiani andarono a stare nelle loro case.

     Nel 410, appena 18 anni dopo la proibizione della religione romana, Alarico e i visigoti mettevano a sacco Roma. Pochi decenni ancora e l’Impero sarebbe giunto alla fine. All’inizio del V secolo i fedeli delle antiche religioni non avevano più né templi, né clero, né statue, né riti. Rimaneva loro lo spazio della scienza e della filosofia che immediatamente vennero viste come obiettivi da colpire ed il centro più prestigioso di scienza e filosofia era la Biblioteca ed il Museo di Alessandria. Nella loro metodica opera di distruzione i cristiani puntarono a togliere di torno quei 700 mila libri che racchiudevano in sé la grandiosa cultura classica, incomprensibile ai mistici straccioni che riuscivano a vedere in essa solo il sostegno al paganesimo se non essa stessa pagana e quindi diabolica.

    Nel 412 fu eletto vescovo di Alessandria quel Cirillo del quale parlava il sig. Ratzinger e che era nipote del vescovo Teofilo (già da allora era in vigore la moda, ampiamente utilizzata da tutti i papi, di chiamare i figli nipoti). Ipazia, matematica, astronoma e filosofa, era allora la direttrice della Biblioteca e del Museo di Alessandria(5) essendo succeduta al padre Teone, filosofo e matematico, scomparso intorno al 405. Era persona che godeva della stima del Prefetto di Roma Oreste e che era molto apprezzata da Sinesio di Cirene, vescovo di Tolemaide, e suo alunno in passato. Secondo il resoconto del cristiano Socrate Scolastico, nel 414 ci furono delle violenze contro i cristiani ad opera di ebrei, alle quali Cirillo reagì cacciando gli ebrei da Alessandria (con l’avvento del Cristianesimo iniziarono i pogroms) e trasformando in chiese le sinagoghe; entrò inoltre in conflitto con il prefetto della città, Oreste: questi era stato assalito da alcuni monaci e ferito dal tiro di una pietra e il colpevole venne messo a morte, ma Cirillo gli tributò solenni onori funebri, attribuendogli il titolo di martire.

    Riporto ora alcuni resoconti degli episodi che riguardano la Vita di Ipazia tratti dalla Vita di Isidoro di Damascio di Damasco, uno scrittore pagano, e filosofo neoplatonico, ultimo direttore della Accademia di Atene, soppressa dall’imperatore Giustiniano nel 529 (questa Vita è riprodotta nel Suda, Enciclopedia bizantina del X secolo).

Ipazia nacque ad Alessandria dove fu allevata ed istruita. Poiché aveva più intelligenza del padre, non fu soddisfatta dalla sua conoscenza delle scienze matematiche e volle dedicarsi anche allo studio della filosofia.

La donna era solita indossare il mantello del filosofo ed andare nel centro della città. Commentava pubblicamente Platone, Aristotele, o i lavori di qualche altro filosofo per tutti coloro che desiderassero ascoltarla. Oltre alla sua esperienza nell’insegnare riuscì a elevarsi al vertice della virtù civica.

Fu giusta e casta e rimase sempre vergine. Lei era così bella e ben fatta che uno dei suoi studenti si innamorò di lei, non fu capace di controllarsi e le mostrò apertamente la sua infatuazione. Alcuni narrano che Ipazia lo guarì dalla sua afflizione con l’aiuto della musica. Ma la storia della musica è inventata. In realtà lei raggruppò stracci che erano stati macchiati durante il suo periodo e li mostrò a lui come un segno della sua sporca discesa e disse, “Questo è ciò che tu ami, giovanotto, e non è bello!”. Alla brutta vista fu così colpito dalla vergogna e dallo stupore che esperimentò un cambiamento del cuore ed diventò un uomo migliore.

Tale era Ipazia, così articolata ed eloquente nel parlare come prudente e civile nei suoi atti. La città intera l’amò e l’adorò in modo straordinario, ma i potenti della città l’invidiarono, cosa che spesso è accaduta anche ad Atene. Anche se la filosofia stessa è perita, il suo nome sembra ancora magnifico e venerabile agli uomini che esercitano il potere nello stato.

Così accadde che un giorno Cirillo, vescovo della setta di opposizione [il cristianesimo], passò presso la casa di Ipazia, e vide una grande folla di persone e di cavalli di fronte alla sua porta. Alcuni stavano arrivando, alcuni partendo, ed altri sostavano. Quando lui chiese perché c’era là una tale folla ed il motivo di tutto il clamore, gli fu detto dai seguaci della donna che era la casa di Ipazia il filosofo e che lei stava per salutarli. Quando Cirillo seppe questo fu così colpito dalla invidia che cominciò immediatamente a progettare il suo assassinio e la forma più atroce di assassinio che potesse immaginare.

Quando Ipazia uscì dalla sua casa, secondo il suo costume, una folla di uomini spietati e feroci che non temono né la punizione divina né la vendetta umana la attaccò e la tagliò a pezzi, commettendo così un atto oltraggioso e disonorevole contro il loro paese d’origine.

L’Imperatore si adirò, e l’avrebbe vendicata se non fosse stato subornato da Aedesius. Così l’Imperatore ritirò la punizione sopra la sua testa e la sua famiglia tramite i suoi discendenti pagò il prezzo. La memoria di questi eventi ancora è vivida fra gli alessandrini.

Vi sono ora due testimonianze tratte da due scrittori cristiani Socrate Scolastico (380-450) e Giovanni, vescovo copto monofisita di Nikiu (fine VII secolo)(6). Inizio dalla Historia Ecclesiastica (in sette libri) dell’avvocato Socrate Scolastico:

Ad Alessandria c’era una donna chiamata Ipazia, figlia del filosofo Teone, che ottenne tali successi nella letteratura e nella scienza da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Provenendo dalla scuola di Platone e di Plotino, lei spiegò i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ascoltare le sue lezioni.

Facendo conto sulla padronanza di sé e sulla facilità di modi che aveva acquisito in conseguenza dello sviluppo della sua mente, non raramente apparve in pubblico davanti ai magistrati. Né lei si sentì confusa nell’andare ad una riunione di uomini. Tutti gli uomini, tenendo conto della sua dignità straordinaria e della sua virtù, l’ammiravano di più.

Fu vittima della gelosia politica che a quel tempo prevaleva. Ipazia aveva avuto frequenti incontri con Oreste. Questo fatto fu interpretato calunniosamente dal popolino cristiano che pensò fosse lei ad impedire ad Oreste di riconciliarsi con il vescovo.

Alcuni di loro, perciò, spinti da uno zelo fiero e bigotto, sotto la guida di un lettore chiamato Pietro, le tesero un’imboscata mentre ritornava a casa. La trassero fuori dalla sua carrozza e la portarono nella chiesa chiamata Caesareum, dove la spogliarono completamente e poi l’assassinarono con delle tegole. Dopo avere fatto il suo corpo a pezzi, portarono i lembi strappati in un luogo chiamato Cinaron, e là li bruciarono.

Questo affare non portò il minimo obbrobrio a Cirillo, e neanche alla chiesa di Alessandria. E certamente nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo che permettere massacri, violenze, ed azioni di quel genere.

Questo accadde nel mese di marzo durante la quaresima, nel quarto anno dell’episcopato di Cirillo, sotto il decimo consolato di Onorio ed il sesto di Teodosio.

Vediamo ora cosa dice la la Cronaca di Giovanni vescovo di Nikiu:

In quei giorni apparve in Alessandria un filosofo femmina, una pagana chiamata Ipazia, che si dedicò completamente alla magia, agli astrolabi e agli strumenti di musica e che ingannò molte persone con stratagemmi satanici.

Il governatore della città l’onorò esageratamente perché lei l’aveva sedotto con le sue arti magiche. Il governatore cessò di frequentare la chiesa come era stato suo costume. Ad eccezione di una volta in circostanze pericolose. E non solo fece questo, ma attrasse molti credenti a lei, ed egli stesso ricevette gli increduli in casa sua.

Un giorno in cui stavano facendo allegramente uno spettacolo teatrale con ballerini, il governatore della città pubblicò un editto riguardante gli spettacoli pubblici nella città di Alessandria. Tutti gli abitanti della città erano riuniti nel teatro.

Cirillo, che era stato nominato patriarca dopo Teofilo, era ansioso di comprendere esattamente il contenuto dell’editto.

C’era un uomo chiamato Hierax, un cristiano che possedeva comprensione ed intelligenza e che era solito dileggiare i pagani. Era un seguace affezionato all’illustre padre il patriarca ed obbediente ai suoi consigli. Egli era anche molto versato nella fede cristiana.

Ora questo uomo si era recato al teatro per conoscere la natura dell’editto. Ma quando gli ebrei lo videro nel teatro gridarono e dissero: ‘Questo uomo non è venuto con buone intenzioni, ma solamente per provocare un baccano’.

Il prefetto Oreste fu scontento dei figli della santa chiesa, e Hierax fu afferrato e sottoposto pubblicamente a punizione nel teatro, sebbene fosse completamente senza colpa.

Cirillo si irritò con il governatore della città per questo fatto, ed anche perché aveva messo a morte Ammonio, un illustre monaco del convento di Pernodj, ed anche altri monaci.

Quando il magistrato principale della città venne informato, rivolse la parola agli ebrei come segue: ‘Cessate le ostilità contro i cristiani’. Ma essi rifiutarono di dare ascolto a quello che avevano sentito; si vantarono dell’appoggio del prefetto che era dalla loro parte, e così aggiunsero oltraggio a oltraggio e progettarono un massacro in modo infido.

Di notte posero in tutte le strade della città alcuni uomini, mentre altri gridavano e dicevano: ‘La chiesa dell’apostolico Athanasius è in fiamme: corrano al soccorso tutti i cristiani’. Ed i cristiani al sentire queste grida vennero fuori del tutto ignari della slealtà degli ebrei. Quando i cristiani vennero avanti, gli ebrei sorsero e perfidamente massacrarono i cristiani e versarono il sangue di molti, sebbene fossero senza alcuna colpa.

Al mattino, quando i cristiani sopravvissuti sentirono del malvagio atto compiuto dagli ebrei contro di loro, si recarono dal patriarca. Ed i cristiani si chiamarono a raccolta tutti insieme. Marciarono in collera verso le sinagoghe degli ebrei e ne presero possesso, le purificarono e le convertirono in chiese. Una di esse venne dedicata a S. Giorgio.

Espulsero gli assassini ebrei dalla città. Saccheggiarono tutte le loro proprietà e li derubarono completamente. Il prefetto Oreste non fu in grado di portare loro alcun aiuto.

Poi una moltitudine di credenti in Dio si radunò sotto la guida di Pietro il magistrato, un credente in Gesù Cristo perfetto sotto tutti gli aspetti, e si misero alla ricerca della donna pagana che aveva ingannato le persone della città ed il prefetto con i suoi incantesimi.

Quando trovarono il luogo dove era, si diressero verso di lei e la trovarono seduta su un’alta sedia. Avendola fatta scendere, la trascinarono e la portarono nella grande chiesa chiamata Caesarion. Questo accadde nei giorni del digiuno.

Poi le lacerarono i vestiti e la trascinarono attraverso le strade della città finché lei morì. E la portarono in un luogo chiamato Cinaron, e bruciarono il suo corpo. E tutte le persone circondarono il patriarca Cirillo e lo chiamarono ‘il nuovo Teofilo’ perché aveva distrutto gli ultimi resti dell’idolatria nella città.

    I rappresentanti della Chiesa si stanno scatenando in feroci repressioni in tutto l’Impero. Riescono addirittura a prevalere sui Prefetti. Sono loro che decidono la politica aiutandosi con folle affamate ed inferocite che tentano la risoluzione dei loro problemi saccheggiando case e beni altrui. Oggi si chiamerebbero squadristi.

    Vi è un odio viscerale verso la conoscenza. Chi se ne occupa è un mago e dedito ad arti diaboliche. Ipazia è addirittura colpevole di aver costruito un astrolabio ! Nel frattempo gli odi della Chiesa multiforme, fatta da decine e decine di differenti interpretazioni del supposto Gesù, si scatenano anche tra i credenti mettendo in campo vere e proprie pulizie etniche contro chi non è ortodosso, cioè vicino a chi ha maggior potere. Gli scannatoi e le macellerie cristiane saranno una costante per secoli e secoli. Il nemico è l’eretico e l’eretico è un indemoniato.

    Per secoli le religioni si erano rispettate. Il periodo greco alessandrino aveva inaugurato lo scambio di divinità. Popoli lontani aprivano loro templi ad Atene ed Atene apriva suoi luoghi di culto dovunque approdava. Scrive Filoramo: 

Il fenomeno di scambi e interferenze a livello di credenze e di culti non è certo ignoto nella storia dei popoli dell’area mediterranea fin dalle epoche più lontane raggiungibili dall’indagine storica. Per i Greci in particolare esso rappresenta una componente importante dell’esperienza coloniale diretta verso Oriente e verso Occidente, dove essi recano con sé i propri dei e imparano a conoscere quelli delle popolazioni locali. Esso peraltro assume una rilevanza del tutto peculiare in età ellenistica e poi sotto l’impero romano. Per un adeguata comprensione del fenomeno, è necessario previamente considerare la specifica consistenza dei contesti religiosi interessati. I Greci e la quasi totalità dei popoli del Vicino Oriente e dell’Occidente, con l’eccezione dell’Iran zoroastriano e dell’ebraismo, entrambi a titolo diverso situabili nella tipologia delle religioni «fondate» a contenuto monoteistico e almeno tendenzialmente universalistico, sono portatori di tradizioni religiose di tipo etnico. Sono infatti tradizioni le cui origini e il cui sviluppo risultano contestuali alle origini e allo sviluppo delle comunità più o meno numerose che ne sono depositarie e che in esse percepiscono una componente essenziale della propria identità culturale, insieme con la lingua e il complesso delle istituzioni socio-economiche e politiche. In quanto pertinenti a popolazioni di alta cultura, i rispettivi contesti religiosi possono essere definiti, meglio che etnici, nazionali, essendo, in misura diversa secondo i casi, dotati di costanti e linee di tendenza comuni che, al di là dei particolarismi locali come è il caso delle numerose poleis greche, conferiscono una omogeneità sostanziale alla vita religiosa delle singole etnie.

Patrimonio peculiare dei singoli popoli che ne sono portatori, dunque, le religioni nazionali dell’antico mondo mediterraneo sono in rapporto di mutuo riconoscimento e di convivenza, senza intolleranza né esclusivismi, una volta che si ammette come ovvia l’appartenenza di ciascuna di esse ad una determinata tradizione culturale, di cui anzi costituisce, come si è detto, uno dei tratti distintivi. […]

    Una serie di elementi concorrono a determinare questa situazione. Per un verso gli orientali che per varie motivazioni si trasferiscono in Grecia, in Italia e in altre regioni occidentali portano con sé devozioni e culti tradizionali. Tale è il caso dei mercanti egiziani che nel IV secolo a.C. hanno ottenuto dalle autorità ateniesi il permesso di erigere un tempio, verisimilmente al Pireo, in onore di Iside; sul loro esempio i mercanti ciprioti ricevono analoga autorizzazione per la loro Afrodite Urania. Per l’altro verso, a contatto con questi culti stranieri di cui si riconosce la legittimità in quanto espressione dell’identità nazionale dei loro portatori e, sul comune fondamento politeistico, la sostanziale omogeneità con le proprie strutture religiose, il cittadino greco, senza abbandonare le credenze e le pratiche ancestrali, può decidere autonomamente di aderire all’uno o all’altro di essi quando ritenga di trovarvi garanzie e soddisfacimento di personali esigenze spirituali. Individualismo e cosmopolitismo, pertanto, convergono a determinare uno scenario religioso nuovo in cui credenze e culti, superate le barriere nazionali, si propongono alla libera scelta dell’individuo che, pur a vario titolo persistendo nell’osservanza delle pratiche cultuali della sua patria, può arricchire la propria esperienza religiosa componendo senza traumi né fratture la devozione particolare per l’una o l’altra divinità orientale con il proprio (orizzonte tradizionale.

La composizione dell’elemento nazionale con quello cosmopolitico è altrettanto netta nel caso del trasferimento in Oriente di gruppi greci che vi conducono i propri dei e i propri culti e in pari tempo prestano omaggio alle divinità locali. Ancora più decisiva essa risulta nella fondazione delle nuove città ellenistiche, quali Alessandria in Egitto, Seleucia, Antiochia e gli altri grandi centri cittadini creati in Siria ed in Asia Minore.

    Di tutto questo con i cristiani non resta nulla. Solo fame di potere da conquistare quovismodo. Né rispetto, né tolleranza, né convivenza.

    C’è da osservare che gli ebrei, grande comunità in Alessandria, pur con la loro peculiarità di religione monoteista, avevano convissuto senza problemi con le altre religioni. I problemi e l’intolleranza iniziano solo con il Cristianesimo che coniuga e sempre più lo farà, potere spirituale (sic!) con potere temporale (la falsa donazione di Costantino, che sarà scoperta dal Valla nel Cinquecento rinascimentale, è emblematica di questo). Ma vi è di più: mai fino a Teodosio si era discusso di problemi di intolleranza religiosa. Chiunque andasse a rivedere quanto ho scritto sulla nascita della scienza, scoprirà che non è stato mai necessario dire che tal filosofo o tal scienziato fosse appartenente a questa o quella religione. Se rileggete quanto ho scritto più su vi accorgete che ho dovuto aggiungere, al nome della persona, l’aggettivo: cristiano, pagano, ariano, ebreo, … E’ segno di barbarie, barbarie segnata dall’avvento del Cristianesimo.

    Ipazia di Alessandria (Ritratto di Francesco Maria della Rovere) in un particolare della La scuola di Atene, di Raffaello

    Ma quel tal Ratzinger non dice nulla di ciò, salta le date del massacro di Ipazia e eleva lodi al Signore che ha dato alla Chiesa un sant’uomo come quel boia di Cirillo.

IPAZIA SCIENZIATA

    Di lei sappiamo poco e le fonti sono principalmente quelle dei suoi carnefici. E pensare che siamo già nel V secolo e che alcune informazioni dovrebbero arrivarci più facilmente ma, a fronte del fatto che abbiamo decine di Storie Ecclesiastiche e libri di canti e lodi a Dio, ci manca ogni piccola storia che riguardi qualche filosofo o scienziato che abbia lavorato sul terreno laico della conoscenza. Dico laico perché le disquisizioni interne alla fede, le relative scomuniche e virulenze, sono di poco interesse per chi ha in mente spiriti liberi come Archimede, Euclide, Apollonio, Ipparco, Eratostene, Democrito, … ma anche Aristotele e Platone. Questi ultimi poi, tirati per i capelli da logorroici cristologi,  sarebbero sobbalzati ed insorti armati di lancia contro di essi.

    Pensate ad esempio che noi conosciamo tutto di Agostino di Ippona, anche il fatto che, dopo Galeno, egli dica che Maria ha partorito Gesù da un orecchio(7), il tutto riferito all’anomalia di una mamma vergine (porca miseria). Ed il prete Eutiche che non riesce a capire come Gesù possa essere diventato così sottile da passare attraverso le viscere verginali della Madre senza violarne l’integrità. E’ questo solo esemplificativo delle distorsioni che la ragione sarà costretta a subire da qui in avanti per seguire le allucinazioni di una setta intollerante ed assassina. E Tommaso d’Aquino che non vede i buchi nelle sfere cristalline celesti  ed allora dubita che Gesù sia asceso al cielo con il suo corpo.

    Scrive lo storico della matematica Gino Loria:

[Teone] visse in Alessandria sotto il regno dell’imperatore Teodosio (379-395 dell’E. v.), cioè nella seconda metà del IV sec. dell’E. v.; ciò risulta dall’avere egli assistito, nel 365, ad una eclisse e avere proseguite le sue osservazioni astronomiche sino al 372. Inoltre egli fu padre di una donna tanto eminente che i contemporanei la ritennero degna di stare alla testa della Scuola platonica di Alessandria, la celebre e sventurata Ipazia, il cui sangue  macchiò le vie di Alessandria nel marzo del 415, e le cui opere matematiche – che Suida enumera imprecisamente – ebbero una sorte. non meno deplorevole di quella che toccò alla misera autrice.

Ed annota che R. Hoche in Hypathia die Tochter Theons (Philologus, T. XV, 1860, pagg. 435-474) scrive:

Nell’ultimo periodo della lotta tra la Chiesa cristiana e la fede negli antichi Dei, ci si presenta il fenomeno di una donna, la cui eguale si cerca indarno in tutta la storia, che, uscita dal Museo, seppe raccogliere quasi tutta la scienza pagana, almeno nelle discipline mediche e filosofiche, e con la potenza del suo aspetto e della sua parola divenne o minacciò divenire cosi terribile pel Cristianesimo e pei suoi aderenti in Alessandria, che la Chiesa bellicosa scatenò contro di essa una morte ignominiosa.

    Ed ormai tutti gli storici concordano nell’assegnare a Cirillo, quantomeno l’incitamento a quel barbaro assassinio di una eminente scienziata dell’antichità classica. La prima ed anche l’ultima.

    Ipazia(8) nata nel 370 viaggiò ad Atene dove fu introdotta al neoplatonismo. E’ accreditata, per ciò che sappiamo, di Commentari che sono andati perduti:

sull’Arithmetica di Diofanto e sulle Coniche di Apollonio.

Inoltre curò l’edizione di un’opera del padre Teone, un Commentario sull’Almagesto di Tolomeo.

    Scrive Odifreddi su la Stampa (21 agosto 1999):

In un mondo che ancora oggi è quasi esclusivamente maschile, Ipazia viene ricordata come la prima matematica della storia: l’analogo di Saffo per la poesia, o Aspasia per la filosofia. Anzi, fu la sola matematica per più di un millennio: per trovarne altre, da Maria Agnesi a Sophie Germain, bisognerà attendere il Settecento. Ma Ipazia fu anche l’inventrice dell’astrolabio, del planisfero e dell’idroscopio, oltre che la principale esponente alessandrina della scuola neoplatonica.

Le sue opere sono andate perdute, ma alcune copie sono state ritrovate nel Quattrocento; per ironia della sorte, nella Biblioteca Vaticana cioè in casa dei suoi sicari. Le uniche notizie di prima mano su di lei ci vengono dalle lettere di Sirenio di Cirene: l’allievo prediletto che, dopo averla chiamata «madre, sorella, maestra e benefattrice», tradì il suo insegnamento e passò al nemico, diventando vescovo di Tolemaide.

Il razionalismo di Ipazia, che non si sposò mai ad un uomo perché diceva di essere già «sposata alla verità» costituiva un controaltare troppo evidente al fanatismo di Cirillo. Uno dei due doveva soccombere e non poteva che essere Ipazia: perché così va il mondo, nel quale si diffondono sempre le malattie infettive e mai la salute.

    Nella Antologia Palatina si trova un epitaffio a lei dedicato dal poeta pagano Pallada:

Quando ti vedo mi prostro, davanti a te e

alle tue parole, vedendo la casa astrale
della vergine, infatti verso il cielo è
rivolto ogni tuo atto Ipazia sacra,
bellezza della parola, astro
 

incontaminato della sapiente cultura.

A MODO DI CONCLUSIONE

    E’ inutile girare intorno alle poche cose che si sanno. Ipazia è stata massacrata su istigazione di San Cirillo d’Alessandria. Il sig. Ratzinger, opportunamente lo ricorda come un grande santo. Ha fatto ciò che deve fare un fedele fondamentalista: mettere a tacere, assassinare il libero pensiero. Ipazia è stata fatta a pezzi proprio per questo, per ciò che rappresentava e per la sua impossibile adesione a superstizioni e fedi irrazionali. E’ stata una dei primi martiri che la Chiesa ha lasciato sul campo. Ve ne è un rosario infinito che non è male ricordare facendone un elenco molto parziale suddiviso per Papi, rappresentanti di Dio in Terra, come si legge in http://www.linearossage.it/vittimechiesa/vittimechiesa.htm

– Papa Clemente V

13 marzo 1307 Suor Margherita e Frate Longino insieme ad oltre mille seguaci dell’eretico Dolcino, bruciati al rogo.

Fra Dolcino, per nulla intimorito dalle minacce dell’Inquisizione, si scaglia contro Clemente V accusandolo di immoralità. Ridotto a brandelli il suo corpo viene bruciato al rogo.

1307. Soppressione dei Templari con stragi di massa con “torture inimmaginabili” perché accusati di eresia. Molay, Gran Maestro, fu arso vivo a Parigi dopo anni di atroci torture.

— Papa Benedetto XII (beatificato)

Francesco da Pistoia, Lorenzo Gherardi, Bartolomeo Greco, Bartolomeo da Bucciano, Antonio Bevilacqua e altri dieci frati Francescani, arsi vivi per predicare la povertà di Cristo – Venezia 1337. Stessa sorte a Parma per Donna Oliva anch’essa perché seguace di S. Francesco.

— Papa Clemente VI

Migliaia di vittime dell’inquisizione delle quali ci sono pervenuti soltanto i processi di: Francesco Stabili, detto Cecco d’Ascoli, il quale fu arso vivo per aver detto, a proposito delle tentazione di Gesù, che non è possibile vedere tutta la terra da una montagna per quanto alta fosse stata come veniva affermato da vangelo.

Pietro d’Albano, medico, bruciato vivo perché accusato di stregoneria.

Domenico Savi condannato al rogo come eretico per aver eretto un ospedale senza la benedizione della Chiesa.

— Innocenzo VI

Tra le numerose vittime di Santa Madre Chiesa da ricordare i frati Pietro da Novara, Bernardo da Sicilia, Fra Tommaso vescovo d’Aquino e Francesco Marchesino vescovo di Trivento accusati di appartenere ai fraticelli di S.Francesco. Torturati e bruciati vivi.

— Gregorio XI

Intere città furono teatro di stragi perché avevano ospitato gli eretici. Nelle piazze di Firenze, Venezia, Roma e Ferrara fu un continuo accendersi di roghi.

Belramo Agosti, umile calzolaio, torturato e bruciato vivo per aver bestemmiato durane una partita a carte: 5 giugno 1382.

Menelao Santori perché conviveva con due donne: 10 ottobre 1387.

Lorenzo di Bologna costretto sotto tortura a confessare di aver rubato una pisside. Reso moribondo dalle torture, fu accompagnato al rogo a colpi frusta. 1 novembre 1388.

— Gregorio XII

Dopo il periodo di tregua passato sotto Urbano VI, con Gregorio XII riprendono le stragi e i roghi in una maniera estremamente spietata. La città che fu particolarmente colpita fu Pisa. Un certo giovane di nome Andreani fu torturato e bruciato vivo insieme alla moglie e alla figlia perché aveva osato deridere i Padri Conciliari. I cardinali appartenenti al concilio assistettero in massa alle esecuzioni per il piacere di veder morire insieme alla sua famiglia colui che essi “avevano condannato per solo sentimento di vendetta”. 1413.

Jean Hus e Gerolamo da Praga macellati e bruciati vivi per aver detto che la morale del vangelo proibisce ai religiosi di possedere beni materiali. 1414.

— Papa Eugenio IV

Giovanna d’Arco, bruciata viva accusata di stregoneria (1431).

Merenda e Matteo, due popolani, bruciati vivi dall’Inquisizione per rendere un favore alle famiglie dei Colonna e dei Savelli delle quali avevano parlato male. Ripetute stragi in Boemia contro gli Hussidi (seguaci di Jean Hus), per le rimostranze fatte in seguito alla uccisione del loro maestro. Una delle stragi fu eseguita facendo entrare gli Ussidi in un fienile al quale dettero fuoco dopo aver chiuso le porte. Il fatto fu così commentato da uno scrittore cattolico: «Appena entrati, si chiusero le porte e si appiccò il fuoco; e in tal modo quella feccia, quel rifiuto della razza umana, dopo aver commesso tanti delitti, pagò finalmente tra le fiamme la pena del suo disprezzo per la religione».

Ma il peggio verrà allorché la Chiesa dovrà difendersi dall’avvento del Rinascimento.

— Papa Sisto IV

(Per conoscere l’immoralità di questi papi consultare: http://www.anti-religions.org , scritto in inglese, francese, italiano).

In Spagna eccelse per la sua crudeltà il domenicano Tommaso Torquemada il quale, confiscando i beni degli accusati di eresia e di stregoneria, era arrivato ad accumulare tante ricchezze da essere temuto dallo stesso Papa che lo obbligò a versargli la metà del bottino. Quando costui arrivava in un paese come inquisitore, la popolazione fuggiva in massa lasciando tutto nelle sue mani. Nell’impossibilità di elencare tutte le vittime di Torquemada mi limiterò a dire che in 18 anni della sua inquisizione ci furono: 800.000 ebrei allontanati dalla Spagna, con confisca dei beni, sotto pena di morte se fossero restati. 10.200 bruciati vivi. 6.860 cadaveri riesumati per essere bruciati al rogo in seguito a processi (terminati tutti con la confisca dei beni) celebrati “post mortem” (dopo la morte). 97.000 condannati alla prigione perpetua con confisca delle proprietà. E intanto che Torquemada faceva il macellaio in Spagna, a Roma l’inquisizione accendeva roghi in tutte le sue piazze per bruciare gli eretici i cui patrimoni venivano automaticamente requisiti per conto del Papa dalla confraternita di San Giovanni Decollato.

— Papa Alessandro VI

Gerolamo Savonarola bruciato vivo in Piazza della Signoria a Firenze. 23 maggio 1498 insieme ai suoi due suoi discepoli Domenico da Pescia e Sivestro da Firenze.

Tre ebrei arsi vivi in campo dei Fiori a Roma. 13 gennaio 1498

Gentile Cimeli, accusata di stregoneria arsa viva a campo dei Fiori 14 luglio 1498

Marcello da Fiorentino arso vivo in piazza S. Pietro. 29 luglio 1498.

— Giulio II

4 donne giustiziate per stregoneria a Cavalese (Trento). 1505.

Diego Portoghese impiccato per eresia. 14 ottobre 1606.

30 persone bruciate vive a Logrono (Spagna) per stregoneria.

Fra Agostino Grimaldi giustiziato per eresia. 6 agosto. 1507

15 cittadini romani massacrati dalle guardie svizzere per eresia.1513.

Orazio e Giacomo di Riffredo, giustiziati per eresia. 30 aprile 1513.

— Leone X (Il Papa che ha dichiarato la non esistenza di Cristo)

30 donne accusate di stregoneria arse vive a Bormio. 1514.

Martino Jacopo giustiziato per eresia a Vercelli. 18 febbraio 1517.

80 donne bruciate vive in Valcamonica per stregoneria. 1518.

5 eretici arsi vivi a Brescia. 13 aprile 1519.

Baglione Paolo da Perugia decapitato per eresia alla Traspontina. 4 giugno 1520.

Fra Camillo Lomaccio, Fra Giulio Carino, Leonardo Cesalpini strangolati in carcere per eresia. 8 luglio 1520.

— Clemente VII

Anna Furabach, giustiziata per eresia. 9 maggio 1524.

 Migliaia di protestanti Anabattisti decapitati, arsi vivi, annegati e torturati a morte. 1525.

Una donna accusata di stregoneria arsa viva in Campidoglio. 30 settembre 1525

Claudio Artoidi e Lerenza di Pietro giustiziati per eresia. 16 maggio 1526.

Rinaldo di Colonia giustiziato per eresia. 26 agosto 1528.

Lorenzo di Gabriele da Parma e Tiberio di Giannantonio torturati e giustiziati per eresia. 9 sett. 1528.

Berrnardino da Palestrina Burciato vivo per eresia. 20 novembre 1529. Giovanni Milanese bruciato vivo per eresia. 23 novembre 1530.

— Paolo III (Un altro Papa ateo che ha affermato la non esistenza di Cristo. Gli altri lo sanno come lui ma non lo dicono).

Uccisi tutti gli abitanti della città di Mérindol (Francia) per aver abbracciato la fede dei protestanti Evangelici. I loro beni furono confiscati e la città rimase deserta e inabitabile.1540.

Tutti gli Anabattisti della città di Munster (Germania) furono massacrati. Giovanni di Leida, loro capo, fu ucciso dopo essere stato sottoposto “a orrendo supplizio”. 4 aprile 1535.

Martino Govinin giustiziato nelle carceri di Grenoble. 26 aprile 1536.

Francesco di Giovanni di Capocena ucciso per eresia. 1538.

Ene di Ambrogio giustiziato per eresia. 1539.

Galateo di Girolamo giustiziato nelle carceri dell’Inquisizione per eresia. 17 gennaio 1541.

Giandomenico dell’Aquila. Eretico, bruciato vivo. 4 febbraio 1542.

Federico d’ Abruzzo ucciso per eresia. Il suo corpo fu portato al supplizio trascinato da un cavallo. Quello che rimase del suo corpo fu appeso alla forca. 12 luglio 1542.

2.740 Valdesi furono massacrati dai cattolici in Provenza (Francia). Aprile 1545.

Girolamo Francese impiccato perchè luterano. 27 settembre 1546.

Baldassarre Altieri, dell’Ambasciatore inglese, fatto sparire nelle carceri dell’Inquisizione. 1548

Federico Consalvo, eretico, giustiziato. 25 maggio 1549.

Annibale di Lattanzio giustiziato per eresia. 25 maggio 1549.

— Giulio III

Fanino Faenza impiccato e bruciato per eresia. 18 febbraio 1550.

Domenico della Casa Bianca, luterano. Decapitato. 20 febbraio 1550.

Geronimo Geril Francese, Impiccato per eresia e poi squartato. 20 marzo 1550.

Giovanni Buzio e Giovanni Teodori, impiccati e bruciati per eresia. 4 settembre 1553.

Francesco Gamba, decapitato e bruciato vivo per eresia. 21 lugio 1554.

Giovanni Moglio e Tisserando da Perugia, luterani. Impiccati e bruciati vivi. 5 settembre 1554.

— Paolo IV

Istituzione del Ghetto a Roma con restrizioni contro gli ebrei ancor più severe del ghetto di Venezia.

Cola Francesco di Salerno, giustiziato per eresia. 14 giugno 1555

Bartolomeo Hector, bruciato vivo per aver venduto due Bibbie. 20 giugno 1555.

Golla Elia e Paolo Rappi, protestanti, bruciati vivi a Torino. 22 giugno 1555.

Vernon Giovanni e Labori Antonio, evangelisti, bruciati vivi. 28 agosto 1555.

Stefano di Girolamo, giustiziato per eresia. 11 gennaio 1556.

Giulio Napolitano, bruciato vivo per eresia.   6 marzo 1556.

 Ambrogio de Cavoli, impiccato e bruciato per eresia. 15 giugno 1556.

Don Pompeo dei Monti, bruciato vivo per eresia. 4 luglio 1556.

Pomponio Angerio, bruciato vivo per eresia. 19 agosto 1556.

Nicola Sartonio, luterano, bruciato vivo. 13 maggio 1557.

Jeronimo da Bergamo, Alessandra Fiorentina e Madonna Caterina, impiccati e bruciati per omosessualità. 22 dicembre 1557.

Fra Gioffredo Varaglia, francescano, bruciato vivo per eresia. 25 marzo 1558.

Gisberto di Milanuccio, eretico, bruciato vivo. 15 giugno 1558.

Francesco Cartone, eretico, bruciato vivo. 3 agosto 1558.

14 protestanti bruciati vivi a Siviglia in Spagna. 1559. 15 protestanti bruciati vivi a Valadolid in Spagna. 1559.

Gabriello di Thomaien, bruciato vivo per omosessualità. 8 febbraio 1559.

Antonio di Colella arso vivo per eresia. 8 febbraio 1559.

Leonardo da Meola e Giovanni Antonio del Bò, impiccati e bruciati per eresia. 8 febbr.1559. 

13 eretici più un tedesco di Augsburg accusato di omosessualità arsi vivi. 17 febbraio 1559.

Antonio Gesualdi, luterano, giustiziato per eresia. 16 marzo 1559.

Ferrante Bisantino, eretico, arso vivo. 24 agosto 1559.

Scipione Retio, eretico, ucciso nelle carceri della Santa Inquisizione. 1559.

— Papa Pio IV

I monaci dell’Abazia di Perosa (Pinerolo) si divertirono a bruciare vivi a fuoco lento un prete evangelico insieme ai suoi fedeli. Dicembre 1559.

Carneficina di Valdesi in Calabria per opera di bande di delinquenti assoldate da Santa Madre Chiesa (uomini, donne, vecchi e bambini atrocemente torturati prime di essere uccisi su diretto ordine del Papa). Dicembre 1559.

”A Santo-Xisto, alla Guardia, a Montalto e a Sant’Agata si fecero cose inaudite: gente sgozzata, squartata, bruciata e orrendamente mutilata. Pezzi di resti umani furono appesi alle porte delle case come esempio alle genti. Quelli che fuggirono sulle montagne furono assediati fino a che morirono di fame. Molte donne e fanciulli furono ridotti in schiavitù”. I559. (Da “La Santa Inquisizione di Maurizio Marchetti. Ed. La Fiaccola).

4000 valdesi massacrati su ordine di Santa Madre Chiesa. 1560.

Giulio Ghirlanda, Baudo Lupettino, Marcello Spinola, Nicola Bucello, Antonio Rietto, Francesco Sega, condannati a morte perchè sorpresi a svolgere una funzione religiosa in una casa privata officiante la messa uno spretato. 1560.

Giacomo Bonello, bruciato vivo perché evangelista. 18 febbraio 1560.

Mermetto Savoiardo, eretico, arso vivo. 13 agosto 1560.

Dionigi di Cola, eretico, bruciato vivo. 13 agosto 1560.

Aloisio Pascale, evangelista, impiccato e bruciato. 8 settembre 1560. 

Gian Pascali di Cuneo, bruciato vivo per eresia. 15 settembre 1560.

Stefano Negrone, eretico, lasciato morire di fame nelle prigioni della Santa Inquisizione. 15 settembre 1560.

Stefano Morello, eretico, impiccato e bruciato. 25 settembre 1560.

Bernardino Conte, bruciato vivo per eresia. 1560.

300 persone a Oppenau, 63 donne a Wiesensteig e 54 a Obermachtal in Gemania, bruciate vive per stregoneria. 1562.

Macario, vescovo di Macedonia, eretico, bruciato vivo. 10 giugno 1562.

Cornelio di Olanda, eretico, impiccato e bruciato. 23 g3nnaio 1563.

Franceso Cipriotto, inpiccato ebruciato per eresia. 4 settembre 1564.

Giulio Cesare Vanini, panteista, bruciato vivo dopo avergli strappato la lingua. Giulio di Grifone, eretico, giustiziato.

— Pio V (elevato dalla Chiesa agli onori degli altari).

Con bolla papale viene imposta a Roma la chiusura di tutte le sinagoghe.

Muzio della Torella, eretico, giustiziato. 1 marzo 1566. Giulio Napolitano, eretico, bruciato vivo. 6 marzo 1566.

Don Pompeo dei Monti, decapitato per eresia. 3 luglio 1566.

Curzio di Cave, francescano, decapitato per eresia. 9 luglio 1566.

17.000 (diciassettemila) protestanti massacrati nelle Fiandre da cattolici spagnoli.

Giorgio Olivetto arso vivo perché luterano. 27 gennaio 1567.

Domenico Zocchi, ebreo, impiccato e bruciato a Piazza Giudia nel Ghetto di Roma. 1 febbraio 1567.

Girolamo Landi, impiccato e bruciato per eresia.. 25 febbraio 1567.

Pietro Carnesecchi, impiccato e bruciato per eresia. 30 settembre 1567.

Giulio Maresco, decapitato e arso per eresia. 30 settembre 1567.

Paolo e Matteo murato vivo per eresia. 30 sett.1567.

Ottaviano Fioravanti, murato vivo per eresia. 30 sett. 1567.

Giovannino Guastavillani, eretico, murato vivo. 30 settembre 1567.

Geronimo del Puzo, murato vivo per eresia. 30 settembre 1567.

Gerolamo Donato con altri suoi confratelli dell’Ordine degli Umiliati, vengono giustiziati su ordine di Carlo Borromeo (santo), vescovo di Milano, dopo lunghe ore di torture, per eresia. 2 agosto 1570.

Macario Giulio da Cetona, decapitato e bruciato per eresia. 1 ottobre 1567.

Lorenzo da Mugnano, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1668. 

Matteo d’Ippolito, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1568.

Francesco Stanga, impiccato e bruciato per eresia. 10 maggio 1568.

Donato Matteo Minoli, lasciato morire nelle carceri dopo avergli rotto le ossa e bruciato i piedi. 27 maggio 1568.

Francesco Castellani, eretico, impiccato. 6 dicembre 1568.

Pietro Gelosi, eretico, impiccato e bruciato. 6 dicembre 1568.

Marcantonio Verotti, eretico, impiccato e bruciato. 6 dicembre 1568.

Luca di Faenza, eretico, bruciato vivo. 28 febbraio 1568.

Borghesi Filippo, decapitato e bruciato per eresia. 2 maggio 1569.

Giovanni dei Blasi, impiccato e bruciato per eresia. 2 maggio 1569.

Camillo Ragnolo, impiccato e bruciato per eresia. 25 maggio 1569.

Fra Cellario Francesco, impiccato e bruciato per eresia. 25 maggio 1569.

Bartolomeo Bartoccio, bruciato vivo per eresia. 25 maggio 1569.

Guido Zanetti, murato vivo per eresia. 27 maggio 1569.

Filippo Porroni, eretico luterano, impiccato. 11 febbraio 1570.

Gian Matteo di Giulianello, giustiziato per eresia. 25 febbraio 1570.

Nicolò Franco, impiccato per aver deriso il papa con degli scritti. Impiccato. 11 marzo 1570.

Giovanni di Pietro, eretico, impiccato e bruciato. 13 maggio 1570.

Aolio Paliero, eretico, impiccato e bruciato su espresso desiderio di Papa Pio V (santo).3 luglio1570. 

Fra Arnaldo di Santo Zeno, eretico, bruciato vivo. 4 novembre 1570.

Don Girolamo di Pesaro, Giovanni Antonio di Jesi e Pietro Paolo di Maranzano, giustiziati per eresia. 6 ottobre 1571.

Francesco Galatieri, pugnalato a morte dai sicari pontifici perché eretico. 5 gennaio 1572.

Madonna Dianora di Montpelier, eretica, impiccata e bruciata. 9 febbraio 1572.

Madonna Pellegrina di Valenza, eretica impiccata e bruciata. 9 febbraio 1972.

Madonna Girolama Guanziana, eretica impiccata e bruciata. 9 febbraio 1572.

Madonna Isabella di Montpelier, eretica impiccatae bruciata. 9 febbraio 1572.

Domenico della Xenia, eretico impiccato e bruciato. 9 febbraio 1572.

Teofilo Penarelli, eretico impiccato e bruciato. 22 febbraio 1572.

— Gregorio XIII

Alessandro di Giulio, impiccato e bruciato per eresia. 15 marzo 1572.

Giovanni di Giovan Battista, impiccato e bruciato perchè eretico. 15 marzo 1572.

Girolamo Pellegrino, impiccato e bruciato per eresia. 19 luglio 1572.

10.000 (diecimila) eretici massacrati in Francia per ordine del Papa (strage degli Ugonotti- Notte di S. Bartolomeo). 24 agosto 1572.

500 eretici massacrati in Croazia per ordine del vescovo cattolico Juraj Draskovic. 1573.

Nicolò Colonici eretico impiccato e bruciato. Giovanni Francesco Ghisleri, strangolato nelle carceri dell’Inquisizione. 25 ottobre del 1574.

Alessandro di Giacomo, arso vivo. 19 novembre 1574.

Benedetto Thomaria, eretico bruciato vivo. 12 Maggio 1574.

Don Antonio Nolfo, eretico giustiziato. 29 luglio 1578.

Giovanni Battista di Tigoni, eretico giustiziato. 29 lugio 1578.

Baldassarre di Nicolò, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Antonio Valies de la Malta, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Francesco di Giovanni Martino, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Bernardino di Alfar, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Alfonso di Poglis, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Marco di Giovanni Pinto, eretico impiccato e bruciato.13 agosto 1578.

Girolamo di Giovanni da Toledo, eretico impiccato e bruciato 13 agosto 1578.

Gasparre di Martino, eretico impiccato e bruciato. 13 agosto 1578.

Fra Clemente Sapone, eretico impiccato e bruciato. 29 novembre 1578.

Pompeo Loiani, eretico impiccato e bruciato. 12 giugno 1579.

Cosimo Tranconi, eretico impiccato e bruciato. 12 giugno 1579. 2

22 (duecentoventidue) ebrei bruciati al rogo per ordine della Santa Inquisizione. 1558.

Salomone, ebreo impiccato per aver rifiutato il battesimo. 13 marzo 1580.

Un inglese bruciato vivo per aver offeso un prete. 2 agosto 1581.

Diego Lopez, bruciato vivo per eresia. 18 febbraio 1583.

Domenico Danzarelli, impiccato e bruciato per eresia. 18 febbraio 1583.

Prospero di Barberia, eretico impiccato e bruciato. 18 febbraio 1583.

Gabriello Henriquez, bruciato vivo per eresia. 18 febbraio 1583.

Borro d’Arezzo, bruciato vivo per eresia. 7 febbraio 1583.

Ludovico Moro, eretico arso vivo. 10 luglio 1583.

Fra Camillo Lomaccio, Fra Giulio Carino, Leonardo di Andrea strangolati nel carcere di Tor Nona per eresia. 23 luglio 1583.

Lorenzo Perna, arrestato per ordine del cardinale Savelli per eresia, si ignora la sua fine. 16 giugno 1584.

«La Signora di Bellegard», arrestata per eresia, si ignora la sua fine. ottobre 1584.

Giacomo Paleologo, decapitato e bruciato. 22 marzo 1585.

I fratelli Missori decapitati per aver espresso il diritto alla libertà di stampa. Le loro teste furono lasciate in esposizione al pubblico. 22 marzo 1585. (Il corpo di Gregorio XIII, di questo carnefice, viene onorato e riverito dai cattolici nella sua monumentale tomba in S.Pietro a Roma).

— Papa Sisto V

Questo Papa fece impiccare uno spagnolo per aver ucciso con una bastonata un soldato svizzero che lo aveva ferito con l’alabarda. Respinta la richiesta di sostituire la forca con la mannaia, Sisto V assisteva gioiosamente alle esecuzioni facendosi portare da mangiare perchè “questi atti di giustizia gli accrescevano l’appetito”. Dopo l’esecuzione di una sentenza disse: « Dio sia benedetto per il grande appetito con cui ho mangiato».

Pietro Benato, arso vivo per eresia. 26 aprile 85.

Pomponio Rustici, Gasparre Ravelli, Antonio Nantrò, Fra Giovanni Bellinelli, impiccati e bruciati vivi per eresia. 5 agosto 1587.

Vittorio, conte di Saluzzo, giustiziato per eresia. 9 dicembre 1589.

Valerio Marliano, eretico impiccato e bruciato. 16 febbraio 1590.

Don Domenico Bravo, decapitato per eresia. 30 marzo 1590.

Fra Lorenzo dell’Aglio, impiccato e bruciato.13 aprile 1590.

— Gregorio XIV

Fra Andrea Forzati, Fra Flaminio Fabrizi, Fra Francesco Serafini, impiccati e bruciati.  6 febbraio 1591.

Giovanni Battista Corobinacci, Giovanni Antonio de Manno Rosario, Alexandro d’Arcangelo, Fulvio Luparino, Francesco de Alexandro, giustiziati. Giugno 1590. Giovanni Angelo Fullo, Giò Carlo di Luna, Decio Panella, Domenico Brailo, Antonio Costa, Fra Giovanni Battista Grosso, l’Abate Volpino, insieme ad altri seguaci di Fra Girolamo da Milano, arrestati dalla Santa Inquisizione, si ignora la loro fine… 1590.

( Tutto questo in un solo anno di Santo Pontificato!).

— Clemente VIII

Giordano Bruno, bruciato vivo per eresia il 17 febbraio 1600.

Quattro donne e un vecchio bruciate vive per eresia. 16 febbraio 1600.

Francesco Gambonelli, eretico arso vivo. 17 febbraio 1594.

Marcantonio Valena e un altro luterano, arsi vivi. agosto 1594.

Graziani Agostini, eretico impiccato e bruciato. 1596.

Prestini Menandro, eretico impiccato ebruciato. 1596.

Achille della Regina, se ne ignora la fine. Giugno 1597.

Cesare di Giuliano, eretico impiccato e bruciato. 1597.

Damiano di Francesco, eretico impiccato e bruciato. 1597.

Baldo di Francesco, impiccato e bruciato per eresia. 1957.

De Magistri Giovanni Angelo, eretico impiccato e bruciato.1597.

Don Ottavio Scipione, eretico, decapitato e bruciato.1597.

Giovanni Antonio da Verona e Fra Celestino, eretici bruciati vivi. 16 settembre 1599.

Fra Cierrente Mancini e Don Galeazzo Porta decapitati per eresia. 9 novembre 1599.

Maurizio Rinaldi, eretico bruciato vivo. 23 febbraio 1600. Francesco Moreno, eretico impiccato e bruciato. 9 giugno 1600. Nunzio Servandio, ebreo impiccato. 25 giugno 1600.

Bartolomeo Coppino, luterano arso vivo. 7 aprile 1601. Tommaso Caraffa e Onorio Costanzo eretici decapitati e bruciati. 10 maggio 1601.

— Papa Paolo V

Giovanni Pietro di Tunisi, impiccato e bruciato. 1607.

Giuseppe Teodoro, eretico impiccato e bruciato. 1609. Felice d’Ottavio, eretico impiccato e bruciato. 1609.Rossi Francesco, eretico impiccato e bruciato. 1609. Antonio di Jacopo, eretico impiccato e bruciato. 1609. Fortunato Aniello, eretico impiccato e bruciato. 1609. Vincenti Pietro, eretico impiccato e bruciato. 1609. Umberto Marcantonio, eretico impiccato e bruciato. 1609.

Fra Manfredi Fulgenzio, eretico impiccato e bruciato. 1610. Lucarelli Battista, eretico impiccato e bruciato. 1610. Emilio di Valerio, ebreo, impiccato e bruciato. 1610.

Don Domenico di Giovanni, per essere passato dal cristianesimo all’ebraismo, impiccato. 1611. Giovanni Milo, luterano impiccato. marzo 1611. Giovanni Mancini, per aver celebrato la messa da spretato impiccato e bruciato. 22 ottobre 1611.

Jacopo de Elia, ebreo impiccato e bruciato. 22 gennaio 1616. Francesco Maria Sagni, eretico impiccato e bruciato. 1 luglio 1616.

Arrestato un negromante zoppo, arso vivo per stregoneria. 1617.

Lucilio Vanini, arso vivo per aver messo in dubbio l’esistenza di Dio. 17 febbraio 1618.

Migliaia di eretici trucidati dai cattolici nei Grigioni in Valtellina. 1620.  (La Chiesa, rimasta nella convinzione che in Valtellina ci siano ancora tendenze religiose eretico-pagane, mantiene tutt’oggi la regione sotto controllo tramite la “Missione Rezia”, affidata ai cappuccini, dipendenti direttamente da “Propaganda Fidei”) … e il Santo Padre Giovanni Paolo II chiede perdono!

— Urbano VIII

Galileo Galilei, torturato e condannato al carcere perpetuo quale eretico per aver affermato che la Terra gira intorno al Sole. 1633.

Ferrari Ambrogio, eretico impiccato. 1624.

Donna Anna Sobrero, morta di peste in carcere dove era stata condannata a vita. 1627. (nei mesi che seguirono, tutti coloro che passarono per quel carcere, morirono di peste).

Frate Serafino, eretico, inpiccato e bruciato. 1634.

Giacinto Centini, decapitato per aver offeso la sovranità papale. 1635.

Fra Diego Giavaloni, eretico impiccato e bruciato. 1635.

Alverez Ferdinando, bruciato vivo per essersi convertito all’ebraismo. 19 marzo 140.

Policarpo Angelo, impiccato e bruciato per aver celebrato la messa da spretato. 19 maggio 1642.

Ferrante Pallavicino, eretico impiccato e bruciato. 1644. Fra Camillo d’Angelo, Ludovico Domenico, Simone Cossio, Domenico da Sterlignano, giustiziati per eresia. 1644.

— Papa Innocenzo X

Brugnarello Giuseppe e Claudio Borgegnone, impiccati e bruciati per aver falsificato alcune lettere apostoliche. 1652. ( Se questo Papa applicò in prevalenza condanne di carceri a vita ciò dipese dal fatto che in quegli anni ricorreva l’anno Santo).

— Papa Alessandro II

Fello Giovanni, sacerdote, decapitato per eresia. 1657.
1.712 Valdesi massacrati dai cattolici nelle Valli Alpine. 1655.

— Papa Innocenzo XI (santificato)

20 ebrei condannati al rogo. 1680.

Vincenzo Scatolari, per aver esercitato la professione di giornalista senza autorizzazione di Santa Madre Chiesa. Decapitato. 2 agosto 1685.

2.000 (duemila) Valdesi massacrati dai cattolici nelle Valli Alpine per ordine diretto del Papa. Maggio 1686.

24 protestanti uccisi dai cattolici a Pressov in Slovacchia. 1687.

— Papa Innocenzo XII

Martino Alessandro, morto in carcere per tortura. 3 maggio 1690.

37 ebrei bruciati vivi. 1691. (poi si cercano le cause che hanno generato l’antisemitismo!).

Antonio Bevilacqua e Carlo Maria Campana, cappuccini, decapitati perchè seguaci del Quietismo di Molinos. 26 marzo 1695.

— Clemente XI

Filippo Rivarola, portato al patibolo in barella per le torture ricevute, decapitato. 4 agosto 1708.

Spallaccini Domenico, impiccato e bruciato per aver bestemmiato a causa di un colpo di alabarda ricevuta da una guardia papalina. 28 luglio 1711.

Gaetano Volpini, decapitato per aver scritto una poesia contro il Papa. 3 febbraio 1720.

— Clemente XII

Questo Papa, ripristinando la “mazzolatura” (rottura delle ossa a colpi di bastone), si dimostrò uno dei più cinici sostenitori dell’arte della tortura.

Pietro Giarinone, filosofo e storico, morì sotto tortura per aver sostenuto la supremazia del re sulla curia romana. 24 marzo 1736.

Enrico Trivelli, decapitato per aver scritto frasi di rivolta contro il Papa. 23 febbraio 1737.

Le numerose vittime di questo Papa sono rimaste sconosciute perchè egli preferiva più uccidere sotto tortura nella carceri dell’Inquisizione che giustiziarle nelle pubbliche piazze.

— Clemente XIII

Tommaso Crudeli, condannato al carcere a vita per massoneria. 2 agosto 1740.

Giuseppe Morelli, impiccato per aver celebrato l’Eucaristia da spretato. 22 agosto 1761.

Carlo Sala, eretico, giustiziato. 25 settembre. 1765. (Carlo Sala è l’ultimo martire ucciso dalla Chiesa per eresia).

I massacri, non più di carattere religioso, continuarono contro i cospiratori politici, i giornalisti e tutti quei progressisti che intendevano rovesciare l’immoralità dell’oscurantismo religioso attraverso una rivoluzione armata. Le atrocità furono come nel passato. Tagli di teste, torture con mazzolature, impiccagioni e sevizie che spesso portavano allo squartamento degli accusati. Pur di mantenere il terrore venivano puniti di morte anche i delitti meno gravi come i semplici furti.

— Pio VI

Nei suoi quattro anni di pontificato ci furono soltanto cinque esecuzioni capitali per reati comuni, anche se la sua lotta si intensificò aspramente contro gli ebrei che furono costretti, tra le tante umiliazioni e minacce che subirono, a indossare vestiti di colore giallo perchè fossero pubblicamente oltraggiati.

— Pio VII

Gregorio Silvestri, impiccato per cospirazione politica. 18 gennaio 1800.

Ottavio Cappello, impiccato perchè patriota rivoluzionario. 29 gennaio 1800.

Giovanni Battista Genovesi, patriota squartato e bruciato. La sua testa fu esposta al pubblico. 7 febbraio 1800.

Teodoro Cacciona, impiccato e squartato per furto di un abito ecclesiastico. 9 febbraio 1801.

Paolo Salvati, impiccato e squartato per aver derubato un corriere del Papa. 11 dicembre 1805. 

Bernardo Fortuna, impiccato e squartato per furto ai danni di un corriere francese. 22 aprile 1806.

Tommaso Rotilesi, impiccato per aver ferito un ufficiale francese.

161 furono le esecuzioni capitali per reati comuni nei 15 anni del pontificato di questo vice Dio in terra che prese il mite e devoto nome di Pio.

— Leone XII

Leonida Montanari, decapitato per aver offeso pubblicamente il Papa. 23 novembre 1825.

Angelo Targhini, decapitato per aver ferito una spia papalina. 23 novembre 1825.

Luigi Zanoli, decapitato per aver ucciso uno sbirro papalino. 13 maggio 1828.

Angelo Ortolani, impiccato per aver ucciso guardia papalina. 13 maggio 1828.

Gaetano Montanari, squartato per tentato omicidio dell’emissario papalino Rivolta. 1828.

Gaetano Rambelli, impiccato per aver ferito emissario papalino. 1828.

Le esecuzioni capitali, oltre queste sopra elencate, furono 29 e sempre per reati comuni.

— Pio VIII

In un anno di Pontificato eseguì 13 condanne capitali per reati comuni.

— Gregorio XVI

Impose divieto assoluto ad ogni libertà di parola o di espressione scritta che non seguisse i dettami di Santa Madre Chiesa. Dietro le minacce più gravi obbligò gli ebrei di non esercitare nessuna attività fuori del Ghetto.

Giuseppe Balzani, decapitato per offese la Papa. 14 maggio 1833.

Luigi Scopigno, decapitato per furto di oggetti sacri. 21 luglio 1840.

Pietro Rossi, decapitato per piccolo furto. 9 gennaio 1844. Luigi Muzi, decapitato per piccolo furto. 19 gennaio 1844.

Giovanni Battista Rossi, decapitato per piccolo furto. 3 agosto 1844.

Oltre a queste ci furono sotto il pontificato di questo Santo Padre altre 110 condanne a morte per reati comuni. La descrizione dei moltissimi decapitati, impiccati e squartati dall’Inquisizione sotto Gregorio XI è riportata in un libro scritto da Mastro Titta.

— Pio IX (santificato da Giovanni Paolo II, chiamato metro cubo di merda da Garibaldi e Papa Porco dai romani)

Romolo Salvatori, decapitato per aver consegnato ai Garibaldini l’Arciprete di Anagni. 10 settembre 1851.

Gustavo Paolo Rambelli, Gustavo Marloni, Ignazio Mancini, decapitati per aver ucciso tre preti. 24 gennaio 1854.

Antonio de Felici, decapitato per aver attentato al Cardinale Antonelli. 1854.

Non vanno poi dimenticati le montagne di anonimi  con  i corpi straziati. Eretici, certo… Templari, Catari (all’incirca un milione i loro morti), i Patarini, i Valdesi (nel 1350, ne furono bruciati 150 in un solo giorno) , gli Albigesi…
 


NOTE

(1) Molte delle cose che scriverò sono tratte dal sito http://www.maat.it/

(2) Sui pesantissimi dubbi relativi alla storicità di Gesù, si può leggere quanto riportato in: http://www.fisicamente.net/SCI_FED/art27.pdf ;   http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-510.htm ;   http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-771.htm ;   http://www.fisicamente.net/iSCI_FED/ndex-1125.htm   ; http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-991.htm  ;   http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-993.htm   ; http://www.fisicamente.net/SCI_FED/art41.pdf ;   http://www.fisicamente.net/SCI_FED/index-1441.htm .

(3) Di seguito riporto i passi originali dei decreti del Codice Teodosiano (CTh) contro le religioni non cristiane:

CTh.16.10.7

Imppp. gratianus, valentinianus et theodosius aaa. floro praefecto praetorio. si qui vetitis sacrificiis diurnis nocturnisque velut vesanus ac sacrilegus, incertorum consultorem se inmerserit fanumque sibi aut templum ad huiuscemodi sceleris executionem adsumendum crediderit vel putaverit adeundum, proscriptione se noverit subiugandum, cum nos iusta institutione moneamus castis deum precibus excolendum, non diris carminibus profanandum. dat. xii kal. ian. constantinopoli eucherio et syagrio conss. (381 dec. 21).

 CTh.16.10.8

Idem aaa. palladio duci osdroenae. aedem olim frequentiae dedicatam coetui et iam populo quoque communem, in qua simulacra feruntur posita artis pretio quam divinitate metienda iugiter patere publici consilii auctoritate decernimus neque huic rei obreptivum officere sinimus oraculum. ut conventu urbis et frequenti coetu videatur, experientia tua omni votorum celebritate servata auctoritate nostri ita patere templum permittat oraculi, ne illic prohibitorum usus sacrificiorum huius occasione aditus permissus esse credatur. dat. prid. kal. dec. constantinopoli antonio et syagrio conss. (382 nov. 30).

CTh.16.10.10

Idem aaa. ad albinum praefectum praetorio. nemo se hostiis polluat, nemo insontem victimam caedat, nemo delubra adeat, templa perlustret et mortali opere formata simulacra suspiciat, ne divinis adque humanis sanctionibus reus fiat. iudices quoque haec forma contineat, ut, si quis profano ritui deditus templum uspiam vel in itinere vel in urbe adoraturus intraverit, quindecim pondo auri ipse protinus inferre cogatur nec non officium eius parem summam simili maturitate dissolvat, si non et obstiterit iudici et confestim publica adtestatione rettulerit. consulares senas, officia eorum simili modo, correctores et praesides quaternas, apparitiones illorum similem normam aequali sorte dissolvant. dat. vi kal. mart. mediolano tatiano et symmacho conss. (391 febr. 24).

 CTh.16.10.11

Idem aaa. evagrio praefecto augustali et romano comiti aegypti. nulli sacrificandi tribuatur potestas, nemo templa circumeat, nemo delubra suspiciat. interclusos sibi nostrae legis obstaculo profanos aditus recognoscant adeo, ut, si qui vel de diis aliquid contra vetitum sacrisque molietur, nullis exuendum se indulgentiis recognoscat. iudex quoque si quis tempore administrationis suae fretus privilegio potestatis polluta loca sacrilegus temerator intraverit, quindecim auri pondo, officium vero eius, nisi collatis viribus obviarit, parem summam aerario nostro inferre cogatur. dat. xvi kal. iul. aquileiae tatiano et symmacho conss. (391 iun. 16).

CTh.16.10.12pr.

Imppp. theodosius, arcaum vel am caedat vel secretiore piaculo larem igne, mero genium, penates odore veneratus accendat lumina, imponat tura, serta suspendat. (392 nov. 8).

 CTh.16.10.12.1

Quod si quispiam immolare hostiam sacrificaturus audebit aut spirantia exta consulere, ad exemplum maiestatis reus licita cunctis accusatione delatus excipiat sententiam competentem, etiamsi nihil contra salutem principum aut de salute quaesierit. sufficit enim ad criminis molem naturae ipsius leges velle rescindere, illicita perscrutari, occulta recludere, interdicta temptare, finem quaerere salutis alienae, spem alieni interitus polliceri. (392 nov. 8).

 CTh.16.10.12.2

Si quis vero mortali opere facta et aevum passura simulacra imposito ture venerabitur ac ridiculo exemplo, metuens subito quae ipse simulaverit, vel redimita vittis arbore vel erecta effossis ara cespitibus, vanas imagines, humiliore licet muneris praemio, tamen plena religionis iniuria honorare temptaverit, is utpote violatae religionis reus ea domo seu possessione multabitur, in qua eum gentilicia constiterit superstitione famulatum. namque omnia loca, quae turis constiterit vapore fumasse, si tamen ea in iure fuisse turificantium probabuntur, fisco nostro adsocianda censemus. (392 nov. 8).

 CTh.16.10.13pr.

Impp. arcadius et honorius aa. rufino praefecto praetorio. statuimus nullum ad fanum vel quodlibet templum habere quempiam licentiam accedendi vel abominanda sacrificia celebrandi quolibet loco vel tempore. igitur universi, qui a catholicae religionis dogmate deviare contendunt, ea, quae nuper decrevimus, properent custodire et quae olim constituta sunt vel de haereticis vel de paganis, non audeant praeterire, scituri, quidquid divi genitoris nostri legibus est in ipsos vel supplicii vel dispendii constitutum, nunc acrius exsequendum. sciant autem moderatores provinciarum nostrarum et his apparitio obsecundans, primates etiam civitatum, defensores nec non et curiales, procuratores possessionum nostrarum, in quibus sine timore dispendii coetus illicitos haereticos inire comperimus, eo, quod fisco sociari non possunt, quippe ad eius dominium pertinentes, si quid adversus scita nostra temptatum non fuerit vindicatum adque in vestigio ipso punitum, omnibus se detrimentis et suppliciis subiugandos, quae scitis sunt veteribus constituta. (395 aug. 7).

 CTh.16.10.13.2

Insuper capitali supplicio iudicamus officia coercenda, quae statuta neglexerint. dat. vii id. aug. constantinopoli olybrio et probino conss. (395 aug. 7).

CTh.16.10.14

Idem aa. caesario praefecto praetorio. privilegia si qua concessa sunt antiquo iure sacerdotibus ministris praefectis hierofantis sacrorum sive quolibet alio nomine nuncupantur, penitus aboleantur nec gratulentur se privilegio esse munitos, quorum professio per legem cognoscitur esse damnata. dat. vii id. dec. constantinopoli arcadio iiii et honorio iii aa. conss. (396 dec. 7).

 CTh.16.10.15

Idem aa. macrobio vicario hispaniarum et procliano vicario quinque provinciarum. sicut sacrificia prohibemus, ita volumus publicorum operum ornamenta servari. ac ne sibi aliqua auctoritate blandiantur, qui ea conantur evertere, si quod rescriptum, si qua lex forte praetenditur. erutae huiusmodi chartae ex eorum manibus ad nostram scientiam referantur, si illicitis evectiones aut suo aut alieno nomine potuerint demonstrare, quas oblatas ad nos mitti decernimus. qui vero talibus cursum praebuerint, binas auri libras inferre cogantur. dat. iiii kal. feb. ravennae theodoro v. c. cons. (399 ian. 29).

CTh.16.10.16

Idem aa. ad eutychianum praefectum praetorio. si qua in agris templa sunt, sine turba ac tumultu diruantur. his enim deiectis atque sublatis omnis superstitioni materia consumetur. dat. vi id. iul.; proposita damasco theodoro v. c. cons. (399 iul. 10).

 CTh.16.10.18

Idem aa. apollodoro proconsuli africae. aedes illicitis rebus vacuas nostrarum beneficio sanctionum ne quis conetur evertere. decernimus enim, ut aedificiorum quidem sit integer status, si quis vero in sacrificio fuerit deprehensus, in eum legibus vindicetur, depositis sub officio idolis disceptatione habita, quibus etiam nunc patuerit cultum vanae superstitionis impendi. dat. xiii kal. sept. patavi theodoro v. c. cons. (399 aug. 20).

 CTh.16.10.19pr.

Imppp. arcadius, honorius et theodosius aaa. curtio praefecto praetorio. post alia: templorum detrahantur annonae et rem annonariam iuvent expensis devotissimorum militum profuturae. (408 [407] nov. 15).

CTh.16.10.19.1

Simulacra, si qua etiamnunc in templis fanisque consistunt et quae alicubi ritum vel acceperunt vel accipiunt paganorum, suis sedibus evellantur, cum hoc repetita sciamus saepius sanctione decretum. (408 [407] nov. 15).

 CTh.16.10.19.2

Aedificia ipsa templorum, quae in civitatibus vel oppidis vel extra oppida sunt, ad usum publicum vindicentur. arae locis omnibus destruantur omniaque templa in possessionibus nostris ad usus adcommodos transferantur; domini destruere cogantur. (408 [407] nov. 15).

(4)  Le Memorie di Dioscoro sono pubblicate da Revillout in Mém. Ac. Inscr. Belle Lettres, I série, VIII. Vedi:  S. Donadoni, Testi religiosi egizi, TEA, 1988.

(5) Non si sa con precisione la data della distruzione della Biblioteca ma si sa che fu incendiata da cristiani, d’altra parte l’unico vero potere esistente dal 391 come i fatti storici dimostrano (fu Cirillo a cacciare gli ebrei, furono squadristi cristiani a fare pulizia di templi e pagani ed il Prefetto di Roma non poteva quasi nulla). Poiché vi sono testimonianze dell’esistenza della Biblioteca fino al IV secolo si ipotizza una sua fine intorno all’anno 400, anno che potrebbe includere una direzione Ipazia. Come accennato, altri parlano di 391 come data dell’evento, anche se sembra che questa data rappresenti la distruzione di un’altra biblioteca, quella annessa al tempio di Serapide e non quella centrale, ma vi sono notizie posteriori che parlano della Biblioteca ancora esistente e funzionante. Pertanto se la Biblioteca non esisteva già più, Ipazia era persona di prestigio che esercitava la professione dell’insegnamento presso la sua casa (visto che non esistevano più tempi in cui esercitare l’insegnamento). E’ da sottolineare come manchino notizie di un episodio di tale importanza, come cioè le autorità ecclesiastiche siano riuscite ad occultare ogni cosa. Sulle vicende della Biblioteca di Alessandria ho ampiamente discusso in

(6) Vi è anche una Storia Ecclesiastica di Filostorgio (V secolo), un seguce dell’Arinesimo che aggiunge poco a quanto detto. Riporto comunque il brano che riguarda Ipazia: CHAP. 9.–Philostorgius says, that Hypatia, the daughter of Theon, was so well educated in mathematics by her father, that she far surpassed her teacher, and especially in astronomy, and taught many others the mathematical sciences. The impious writer asserts that, during the reign of Theodosius the younger, she was torn in pieces by the Homoousian party.

(7)Da:  Pepe Rodriguez – Verità e Menzogne della Chiesa Cattolica – Editori Riuniti 1998 (pag. 278).

(8) Per avere notizie più complete su Ipazia si può vedere il seguente documentatissimo link: http://www.enricopantalone.com/hypatia.pdf

    Riporto di seguito un brano di Luciano Canfora da Un mestiere pericoloso? La vita quotidiana dei filosofi greci, Sellerio, 2000, pp.196/203.


Ipazia era la figlia di Teone, matematico e filosofo, e di suo padre e del suo insegnamento era l’erede. Le fonti che ci parlano di lei, neoplatoniche o cristiane che siano, non manifestano che ammirazione per questa donna straordinaria: per la sua dottrina, per il suo stile di vita austero e per la sua rinomata bellezza. Ad Alessandria era divenuta una “autorità”, e come tale Oreste la frequentava per ottenerne il consiglio. Ipazia è divenuta una figura leggendaria, ed anche un simbolo: ma il nucleo della tradizione che la riguarda è indiscutibile. La testimonianza di un suo allievo, che poi divenne, forse tradendo il suo insegnamento, vescovo cristiano di Tolemaide, Sinesio di Cirene, poeta e oratore, appare decisiva: è la voce ammirata e devota di un uomo che ha compiuto una scelta ben diversa e che appare proprio perciò quanto mai degno di ascolto. Cirillo non poteva tollerare questo cenacolo scientifico neo- platonico. Il suo progetto di “conquista” della città gli appariva come intralciato, disturbato, da questa altra voce, da questo diverso, e vivo, centro spirituale. Rinfocolare la lotta antipagana, creando un bersaglio polemico, serviva proprio a tal fine. Anche in questo caso si trattava di alludere, additare il bersaglio; altri avrebbero operato: «A ciascuno il suo! ». Gli effetti di un così abile modo di procedere si vedono ancora dopo secoli. L’Enciclopedia italiana, in pieno XXsecolo, si esprime così: «Fin dal principio [Cirillo] si distinse per il suo zelo contro i novaziani e i giudei, che, causa frequente di disordini, fece cacciare in una sommossa popolare dalla città; per il che dovette sostenere a lungo l’inimicizia di Oreste, prefetto augustale. A torto egli venne accusato di avere ordinato l’uccisione di Ipazia; ma non è improbabile che i promotori della sommossa in cui ella perì abbiano creduto di fare cosa a lui gradita».
E’ all’incirca quello che Cirillo avrebbe desiderato si dicesse.

L’occulto incitamento ad agire consistette nel lasciare intendere che Ipazia, col suo prestigio presso Oreste, costituisse l’unico impedimento alla riconciliazione tra il vescovo e il prefetto. Di lì il passo successivo era breve: eliminare quell’ostacolo. Non mancavano certo, e Cirillo ben lo sapeva, fanatici protesi all’azione, zelanti interpreti di una volontà che non altro desiderava che essere interpretata e tradotta in pratica.
Alla porta dell’accademia dove Ipazia insegnava si affollavano scolari e curiosi, ma Ipazia, avvolta nel mantello dei filosofi – una sorta di «divisa» che fu già propria delle allieve dirette di Platone – attraversava impavida la città, inquietante e turbolenta, per insegnare in pubblico il pensiero dei filosofi greci: non solo Platone, né solo Euclide o Tolomeo, ma anche ogni altra dottrina filosofica greca. Racconta Damascio – il quale visse un secolo più tardi e fece a tempo a subire la persecuzione antifilosofica di Giustiniano – che Ipazia «con indosso il mantello filosofico faceva le sue uscite nella città e spiegava pubblicamente, a chiunque voleva ascoltarla, Platone o Aristotele o le opere di qual siasi altro filosofo».
Fu durante una di queste sortite che la aggredirono. In un giorno di «Quaresima» dell’anno 415, i monaci della Nitria, guidati da un lettore di nome Pietro, si appostarono lungo il percorso che consuetamente compiva la carrozza di Ipazia. La assaltarono mentre faceva ritorno a casa. «Tiratala giù dal carro – narra una fonte ecclesiastica contemporanea – la trascinarono fino alla chiesa che prendeva il nome da Cesario. Qui la denudarono e la massacrarono a colpi di tegole, quindi la tagliarono a pezzi e ne bruciarono i miserabili resti». Damascio aggiunge che le avevano cavato gli occhi dalle orbite mentre era ancora viva.
La scena è quella di un sacrificio umano compiuto per il dio dei Cristiani in una sua chiesa.
Il crimine – commenta Socrate Scolastico – «recò infamia sia a Cirillo che alla chiesa di Alessandria».
Si coglie bene, grazie a queste parole, che lo storico ecclesiastico non nutre particolare simpatia per il feroce vescovo, ma non osa coinvolgerlo direttamente e personalmente come mandante. Torneremo su questo passo. Damascio, invece, nell’ampio resoconto che dedica ad Ipazia nella Vita di Isidoro, è esplicito sulle
colpe di Cirillo: «Cirillo si rose a tal punto nell’animo che tramò l’uccisione di lei in modo che avvenisse al più presto ». Per Damascio non vi è dubbio che fu lui, definito «capo della setta opposta», a dare l’ordine dell’assassinio. Per il moderno critico è imbarazzante dover scegliere tra una fonte coeva ma reticente ed una fonte molto esplicita, certo molto critica, ma successiva di oltre un secolo ai fatti narrati.
È dovuto forse ad un favorevole capriccio della sorte, o piuttosto alla spregiudicata curiosità intellettuale del Patriarca Fozio, il fatto che ci sia in piccola parte conservato un terzo racconto di quella tragica vicenda. Si tratta di un estratto dalla Storia ecclesiastica dell’ariano Filostorgio, nato circa il 368 d.C. e dunque
contemporaneo dei fatti narrati (e forse addirittura testimone diretto, ad Alessandria, di quell’eccidio). L’opera di Filostorgio, in quanto ariano, fu perseguitata, e questo favorì la sua scomparsa. Ma Fozio, nel IX secolo, ne rintracciò un esemplare e lo fece oggetto, pur prendendone teologiche e prudenziali distanze, delle letture collettive da lui regolarmente condotte (anche dopo la assunzione del Patriarcato) coi suoi allievi: letture di cui egli dà conto in modo alquanto caotico nella cosiddetta Biblioteca. Fozio ebbe un così profondo interesse per Filostorgio da lasciare non solo una sintesi della Storia ecclesiastica di lui nella Biblioteca (capitolo 40), ma anche una massa enorme di estratti: i quali si sono salvati in alcuni manoscritti, recanti tuttora l’interessante intitolazione «Dalle lezioni di Fozio», o meglio «Dalla viva voce di Fozio». Uno di questi estratti è tutto dedicato ad Ipazia. E merito dunque di Fozio aver trascelto quel passo. Orbene Filostorgio, il quale ebbe anche interessi scientifici, sembra che abbia ascoltato direttamente l’insegnamento di Ipazia e di Teone. Colpisce infatti la precisione con cui afferma che la figlia era divenuta, in campo astronomico, «molto più brava del padre». Qui Fozio abbrevia la sua fonte, e riassume tutto il resto con una semplice frase:
«L’empio a questo punto dice che, al tempo del regno di Teodosio II, quella donna fu fatta a pezzi dai sostenitori della consustanzialità».
Oggi questo modo di parlare ci fa sorridere, ma ai fini della comprensione di questa storia può risultare prezioso. Qui infatti Fozio, mentre parafrasa la sua fonte, ne riprende anche le parole più importanti. Di sicuro è Filostorgio che deve aver scritto «i sostenitori della consustanzialità», intendendo riferirsi, in tono sprezzante, agli “ortodossi” atanasiani, ormai vincitori e “padroni” incontrastati dell’ortodossia. Come sappiamo, Atanasio, ad Alessandria, era, come ferreo assertore della «consustanzialità», un personaggio simbolo: dire perciò, in riferimento a quell’assassinio commesso appunto ad Alessandria dai seguaci di Cirillo, che lo avevano commesso i sostenitori della «consustanzialità» era particolarmente sferzante. Ovvio che Fozio, se parlasse in proprio, non si esprimerebbe così, ma, appunto, sta riferendo quanto legge in Filostorgio, segnalando al più con l’epiteto «l’empio» la propria presa di distanze. E’ importante però che ci dia quella esatta informazione: per Filostorgio, dunque, l’assassinio non era opera di una amorfa folla fanatica, era opera di quel clero che, ad Alessandria in modo particolare, spadroneggiava. L’espressione «i sostenitori della consustanzialità» non può riferirsi a generici assassini invasati, ma colpisce la gerarchia, quella gerarchia atanasiana (e perciò da Filostorgio detestata) che ad Alessandria aveva il suo epicentro ed il suo punto di forza. Filostorgio intende dunque denunziare non già un doloroso episodio di fanatismo, ma un crimine dei suoi avversari e persecutori. Quanto pregnante ed intenzionale sia il suo modo di parlare si comprende raffrontando le sue parole con quelle del lessicografo Suida, il quale, narrando di Ipazia, dice che «fu fatta a pezzi dagli Alessandrini», e precisa che solo secondo alcuni l’istigatore era stato Cirillo. Tra questi «alcuni» c’ era Filostorgio, testimone diretto di quella vicenda.

Socrate Scolastico è più sottile. Non dice che Cirillo istigò al delitto, dice che a lui «venne biasimo» a causa di quell’efferato episodio. E spiega così: «perché stragi, battaglie e simili sono estranee a coloro che si ispirano a Cristo». Parole dosate e ambigue, tanto più da apprezzarsi se si considera l’autorità dottrinale, per la dommatica cattolica, di Cirillo, l’inventore della Theotòkos.

Le parole di Socrate possono in verità significare due cose: che Cirillo non seppe essere un buon pastore
visto che sotto il suo governo ci fu continua violenza (e probabilmente Socrate vorrebbe dir questo), ma
possono anche significare (in senso benevolo) che, visto il prodursi di tante violenze al tempo in cui Cirillo era vescovo, tutto questo non poté che riverberarsi negativamente anche su di lui (incolpevole).
Molto più esplicito il cronista antiocheno Giovanni Malala, il quale scrive al tempo di Giustiniano. Il suo “localpatriottismo” antiocheno è forse provocato dal favo re che TeodosioII manifestò verso Alessandria: favore documentato, secondo Giovanni, anche dalla costruzione della «grande chiesa di Alessandria, tuttora detta di Teodosio». Teodosio – così si esprime nella consueta semplicità il cronista – «amava Cirillo». E la prova della subalterità dell’imperatore (cioè della sua occhiuta tutrice, Pulcheria) verso il potente vescovo tutore dell’ortodossia è per lui la seguente: «In quella occasione gli Alessandrini, autorizzati ad agire dal vescovo, di propria mano gettarono ad ardere nel fuoco Ipazia, la celebre filosofa della quale si tramandano grandi cose».

Sembra chiaro che Malala stabilisce un nesso – ma non chiarisce quale – tra l’affetto di Pulcheria (e Teodosio II) per Cirillo e la liquidazione di Ipazia. La spiegazione di questo nesso la ricaviamo da Damascio: ci fu un tentativo di inchiesta, evidentemente su iniziativa del prefetto Oreste, ma l’inchiesta fu insabbiata. Anche in questo caso ci restano frammenti di informazione: non solo perché anche Damascio, oltre Filostorgio, ci è noto dagli estratti che ne fecero Suida e, ancora una volta, Fozio (altrimenti la Vita di Isidoro, dove tanto si parla di Ipazia non l’avremmo affatto), ma soprattutto perché la fonte giuntaci integra, cioè il prudente Socrate Scolastico, di questa inchiesta non parla affatto, o forse la adombra ancora una volta dietro la criptica espressione che abbiamo prima ricordato.

Sono poche parole di Damascio, salvate da Suida, ad illuminarci. Scrisse Damascio: «Questo crimine portò vergogna alla città [è la stessa espressione di Socrate!], e l’imperatore si sarebbe indignato per l’accaduto se Edesio non si fosse lasciato corrompere».
Parole tanto ellittiche che hanno indotto taluno a pensare – ma è ipotesi oziosa – ad una lacuna. La spiegazione possibile è solo una: Oreste chiese un’inchiesta; Costantinopoli non poté non concederla, e mandò ad Alessandria un tale Edesio, il quale non fece nulla perché si lasciò corrompere, evidentemente da quella medesima autorità (il vescovo) che aveva avallato, e forse auspicato, l’assassinio.

A Damascio la vita andò meglio. Quando era ormai vecchio e viveva e operava ad Atene con gli altri neo platonici, Giustiniano chiuse la scuola platonica (529 d.C.) e cacciò lui e gli altri. Essi fuggirono in Persia presso Chosroe I, il quale era curioso di filosofia ed ottenne, per Damascio, il diritto a rientrare nel territorio dell’impero e la garanzia di liberamente professare il platonismo (531). Questo diritto fu addirittura sancito nel trattato di pace tra Giustiniano e Chosroe. E’ degno di nota come, al crepuscolo ormai del pensiero greco, la libertà di filosofare venisse garantita ai Greci, contro il loro cristianissimo imperatore, dall’ultimo grande sovrano persiano, della dinastia dei Sassanidi.

I percorsi della libertà sono i più vari, e lo Spirito non spira dove vuole ma dove può. Certo per Giustiniano quella fu una gran concessione se si pensa che, sotto di lui, libri e opere d’arte dei Greci venivano, per fanatica adesione al cristianesimo, bruciati e fatti a pezzi e gettati nel Cinegio «come condannati a morte».


BIBLIOGRAFIA

Giovanni Filoramo (a cura di) – Storia delle religioni – Laterza 2005

Pepe Rodriguez – Verità e menzogne della Chiesa cattolica – Editori Riuniti 1998




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