LO SBIANCAMENTO DEI NEGRI

Roberto Renzetti

        Effettivamente il problema esiste, perché negarlo? Negli Stati Uniti, in modo particolare, il fenomeno ha assunto aspetti di una tale rilevanza che occorreva porre rimedio. Il problema dei negri è di tale gravità che presto o tardi esploderà in modo ancora più clamoroso di quanto fino ad oggi abbiamo conosciuto. Perché non prevenire tutto ciò? Perché non porre rimedio, finché si è in tempo, a questa situazione insostenibile in un modo tanto semplice quanto clamoroso?

        Sbianchiamo i negri: ogni problema di colore si scioglierà come neve al sole.

        La difficoltà sta nel realizzare l’operazione. Le vernici non reggono all’usura del tempo e, poi, rischiano di non far respirare il soggetto trattato. Come fare?

        Ho incontrato la soluzione sfogliando una vecchia raccolta della prestigiosa rivista francese La Nature, bollettino dell’Académie des Sciences di Parigi.

        L’articolo di apertura del n. 1814 della rivista (29 febbraio 1908) ha per titolo: «Si possono sbiancare i negri?». L’autore, V. Forbin, così scrive:

«La questione si presta a delle battute di dubbio gusto, ed anche vecchio, che noi ci ripromettiamo accuratamente di evitare. Ma è incontestabile che essa ha preoccupato per molto tempo degli ingegni serissimi, soprattutto negli Stati Uniti, in cui i pregiudizi di colore hanno dato luogo ad una crisi sociale di cui nessuno sarebbe in grado di predirne la fine. Nessuno oserebbe negare che la soluzione del Color Problem sarebbe sulla strada buona se fosse possibile ‘sbiancare i negri’. Certamente resterebbe da stirare i loro capelli, e soprattutto da aggiungere alcune cellule nervose al loro cervello, notoriamente meno pesante del cervello della razza rivale, e meno ricco in materia grigia ed in materia bianca. Ma il conduttore di un tram esiterebbe a sbattere fuori dal suo veicolo un passeggero che avesse la pelle apprezzabilmente bianca. Allo stesso modo se i capelli ed i tratti scuotessero la sua prima impressione, egli non oserebbe trattare il sospetto con quella brutalità che, negli Stati del Sud, è usuale nei riguardi dei negri, sia qual sia il loro rango sociale e la loro educazione».

        Benissimo, quindi il Sig. Forbin è d’accordo con me! Anzi, egli aggiunge qualcosa alla quale non avevo pensato: fare il tiraggio a quei capelli crespi, in modo che neanche quella cosa sgradevole si noti più. Per la verità egli aggiunge dell’altro, certamente auspicabile, ma, altrettanto certamente, futuribile. Siamo sinceri, sembra a tutt’oggi impossibile aggiungere cellule al cervello umano. In ogni caso conviene non disperare. Per intanto se si riesce a sbiancare il negro e a lisciargli i capelli certamente saremo già sulla buona strada: almeno i poveretti non saranno più maltrattati dal conduttore di un tram. Resta comunque il problema: come fare? Il tiraggio dei capelli non dovrebbe presentare difficoltà alcuna, ma lo sbiancamento? Leggiamo oltre:

«Un vecchio dottore di Filadelfia crede di aver scoperto questo gran segreto. Tutti sanno che i raggi X godono della proprietà di distruggere la materia colorante della pelle. Basandosi su un fenomeno debitamente verificato, questo medico si sarebbe dedicato a una serie di esperimenti, iniziati da circa sette anni, che gli avrebbero fornito tali risultati da non fargli temere di aprire un istituto, o clinica, in cui la clientela non avrebbe tardato ad affluire».

        A questo punto il Sig. Forbin fa una breve storia dell’impresa del medico di Filadelfia: egli, all’inizio, non si era specializzato nello sbiancamento dei negri ma nell’eliminare le voglie di vino o altre colorazioni anomale ai bianchi. Ma, dopo i soddisfacenti risultati conseguiti con un negro adulto, al quale era riuscito a sbiancare sensibilmente la faccia, capì che doveva proseguire su questa strada. Il procedimento era poi semplicissimo: sottoporsi all’azione dei raggi X in diverse sedute successive. Testimoni degni di fede assicurano di aver assistito agli esperimenti. Essi raccontano: dopo una decina di sedute, la pelle di un negro originario dell’Africa centrale già assumeva una colorazione marrone chiaro. Prolungando il trattamento si otteneva una tinta olivastra. Con certi soggetti l’opacità della pelle diventava come quella di un creolo. Alla trentina (e passa) di trattamenti si raggiungeva lo scopo, proprio a tempo perché pare che a quel punto la resistenza fisica dei soggetti venisse meno. In ogni caso la tinta ottenuta per trattamenti prolungati era un bel bianco malato (con l’espressione del Sig. Forbin).

        Lo stesso Sig. Forbin ci racconta che, in fondo, i tentativi di sbiancamento dei negri sono iniziati ad opera dei negri stessi. Essi correvano dallo stregone per comprarsi pomate ed unguenti che dovevano far conseguire la tanto desiderata colorazione bianca. E chi dicesse che forse i negri hanno un ideale di bellezza diverso dal nostro, verrebbe subito smentito dal Sig. Forbin il quale ci avverte che questo può accadere in negri che non hanno mai visto i bianchi. Quando, al contrario, il negro ha modo di avere la visione del bianco allora il suo ideale è a terra.

        A questo punto il negro si vergognerà di se stesso, si vedrà come un mangiatore di carne umana. Ma egli prenderà la sua rivincita: si stirerà i capelli, dirà che tra i suoi antenati c’è un bianco e, in definitiva, se gliene sarà data la possibilità, andrà a sbiancarsi dal medico.

        Fin qui l’articolo del Sig. Forbin.

        Che dire?

        Si è tanto discusso di scienza e razzismo (si può vedere allo scopo P. Thuillier, Les scientifiques et le racisme, su la «Recherche» n. 45 del maggio 1974) che non è proprio il caso di entrare in analisi complicate. Probabilmente qualche osservazione può risultare interessante. Intanto queste sperimentazioni: in un paese come gli Stati Uniti, che si apprestava a dare all’Europa i 14 punti di Wilson, si può sperimentare con cavie umane.

        Quanti morti per irradiazione si sono avuti? Quanti centesimi di dollaro prendevano i disperati negri per sottoporsi al massacro? E neanche a dire che il sentito dire del Sig. Forbin, fosse una qualche favola: l’articolo è corredato da due spaventose fotografie (vedi oltre).

        Come sono possibili mostruosità del genere in nome della scienza? O forse questa è una domanda stupida?

        E come può il bollettino dell’Accademia delle Scienze di Parigi dare cronaca del fatto in tono così mondano, accondiscendente e, in fondo, con una venatura di razzismo ancora più crudele? In quella Accademia spiccavano i Poincarè ed i Becquerel, per non citare che due nomi.

        Come stupirsi poi se dei pretesi biologi ci racconteranno delle assurde inferiorità, «dimostrate scientificamente», di alcune razze? E che dire, mentre ridiamo dell’ingenuo signor Forbin, del professor Shockley, nostro contemporaneo, che ha sostenuto il commercio dello sperma di premi Nobel per la riproduzione «artigianale» di geni e superdotati?

        Insomma gli sforzi di tutti coloro che hanno a cuore questi problemi dovrebbero essere tesi ad un controllo sempre maggiore sulle attività degli scienziati tutti. Oggi, in nome di una scienza, che pure va salvaguardata e difesa, si dicono cose che contrastano con gli interessi dell’intera umanità.

        Occorre riuscire in una operazione alla quale il Sig. Forbin non aveva pensato: far arrossire i bianchi ogni volta che pensano di sbiancare i negri!



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