Grandezze e Misure in Radioprotezione

(una selva selvaggia)

di Roberto Renzetti

Ciò che più colpisce chi prova ad avvicinarsi alla letteratura radioprotezionistica, anche solo divulgativa, è la grande varietà di grandezze e unità di misura utilizzate. E questo avviene comunemente, ancora oggi, benché sia stato definito fin dagli anni 60, e successivamente integrato e perfezionato, un Sistema Internazionale di unità di misura (SI), di cui la legge fissava l’applicazione entro il 1° gennaio 1980. Ma non è inverosimile prevedere che, presto o tardi, verremo sommersi da una nuova e differente valanga di unità di misura. Inoltre, vengono continuamente introdotte nuove grandezze di tipo radiologico per cercare di rendere affidabile qualcosa che ancora non lo è. Tutto ciò aumenta la confusione. Sarà quindi utile fare il punto della situazione e per quanto riguarda le unità SI che per legge si devono usare, e per quanto riguarda le nuove grandezze introdotte, almeno quelle più in uso.

IL SISTEMA INTERNAZIONALE (SI) DI UNITA’ DI MISURA

        Un sistema di unità di misura definisce alcune grandezze come fondamentali e ricava le restanti come derivate. Situazioni particolari, tradizioni, nazionalismi, pretese di maggior praticità e quant’altro si vuole, hanno fatto sì che, nel corso degli anni, si siano accumulati vari e differenti sistemi di unità di misura. A parte i sistemi di unità utilizzati per secoli nei paesi anglosassoni, tra quelli più importanti e oggi in uso si possono citare: il sistema Giorgi (Mksq oppure MksW), il sistema Cgs elettrostatico, il sistema Cgs elettromagnetico, il sistema di Gauss.

        Si pone inoltre il problema del dovere o meno razionalizzare le formule che via via, e secondo un dato sistema, vengono ricavate. Infine si deve tener conto di svariatissime unità di misura che non rientrano in alcun sistema e che, genericamente, vengono inglobate nel sistema pratico di unità di misura.

        Risalgono al 1960 i primi tentativi di mettere un poco d’ordine. A tale data l’undicesima Conferenza generale dei pesi e delle misure si accordò su un sistema, il Sistema Internazionale (successivamente integrato e perfezionato fino ad arrivare alla formulazione qui presentata) appunto, che avrebbe dovuto in un arco ragionevole di tempo sostituire tutti gli altri sistemi in uso. Naturalmente i risultati di una conferenza non hanno forza di legge. Nel 1971 e nel 1976 la Comunità Europea, con due direttive ai vari governi, fissava al 1° gennaio 1980 l’entrata in vigore del sistema SI, già adottato negli Usa, in Urss e in tutti i paesi dell’Est europeo. L’Italia ha fatto propria la direttiva Cee con un decreto legge del 1978. Ebbene, siamo nel 1988 e ancora non è successo niente. È possibile così che ognuno continui a utilizzare il sistema che più gli piace e che più gli fa comodo. La ricaduta è fortemente negativa per chi, ad esempio, volesse trarre informazioni dal confronto di diversi dati tratti da diverse fonti. Si passerebbero ore a far conti per trasformare un dato in un altro, in fattori di conversione e di ragguaglio.

        Un esempio di quanto si è detto è stato sotto gli occhi di tutti in occasione dell’incidente di Chernobyl. Chi non ricorda la selva di dati, forniti nei sistemi più strani, nei quali si rischiava o si tentava di perderci? E – ciò che è più grave – anche gli enti di Stato (EneaEnel...) disattendevano la legge, utilizzando sistemi non SI.

        L’esempio mostra però anche un’altra cosa, sulla quale ci soffermeremo più avanti: che comunque una selva incomprensibile di dati ci sarebbe sempre stata (per la conoscenza ancora limitata che gli studiosi di radioprotezione hanno dei problemi in gioco).

        Nel 1975 la Conferenza generale dei pesi e delle misure si accordò con l’Icru (International commission on radiation units and measurements) al fine di estendere il sistema SI alle grandezze radiologiche.

        Passiamo ora a descrivere in breve il sistema SI, per soffermarci poi con maggior dettaglio sulle grandezze radiologiche.

        Il sistema SI assume: sette grandezze, con le relative unità di misura come fondamentali; due grandezze, con le relative unità di misura, come supplementari; tutte le altre grandezze e unità di misura come derivate. La tabella 1 riassume il sistema SI. 

        Oltre a questo, il sistema SI fissa definitivamente alcune norme d’uso e di scrittura delle varie unità che è bene ricordare.

– I simboli delle varie unità devono essere scritti sempre con lettere minuscole (fa eccezione il litro, che può essere anche scritto con lettera maiuscola). Solo i simboli di unità che prendono il nome di persone devono essere scritti con la prima lettera maiuscola.

– I nomi delle unità di misura vanno sempre scritti in lettera minuscola, anche quando derivano da nomi di persone. Inoltre, eventuali accenti presenti nel nome della persona assegnato a una unità non devono mai essere riportati (si scrive correttamente “ampere” per l’unità di misura della corrente elettrica, e non “Ampère”).

– I simboli delle unità di misura sono strettamente quelli indicati nella tabella e non devono essere mai punteggiati. L’unico caso che prevede il punto dopo un simbolo è che questo si trovi a fine frase.

– Non esiste il plurale delle unità di misura (si parla di volt 220 e non di volts 220). A questa regola fanno eccezione: metro, chilogrammo, secondo, candela, mole, radiante e steradiante.

– I simboli delle unità vanno sempre posti dopo il numero che ci fornisce la misura della grandezza. Davanti a questo numero è invece possibile utilizzare il nome dell’unità scritta per esteso (es., si scrive corretta- mente volt 220 o 220 V; è invece errato scrivere V 220 o 220 volt). A questa regola fanno eccezione i simboli delle unità monetarie che precedono sempre il numero e sono sempre seguite dal punto (es., L. 30 per dire “lire trenta”).

– In numeri composti da varie cifre non bisogna mettere il punto per separare blocchi di tre cifre: occorre invece lasciare uno spazio per ogni blocco di tre cifre (es. non si scrive 23.045.773, ma 23 045 773).

– Nel caso in cui una data grandezza sia caratterizzata da più di una dimensione, i simboli delle relative unità di misura devono essere scritti uno successivamente all’altro (nel caso siano moltiplicati) separati da un punto o da uno spazio. Nel caso siano divisi, vanno separati da una barra trasversale (/). È anche possibile usare esponenti negativi (es., si può scrivere kg .m2/s, oppure kg m2/s, oppure kg m2 s-1).

– Se è necessario mantenere indicato il prodotto tra due numeri prima dell’unità di misura, questo prodotto va indicato con il simbolo x (es., 28 x 35 m). È possibile usare il punto solo quando si utilizza la notazione esponenziale (es.: 3.104 W), fermo restando quanto detto prima a proposito del segno x (es., si scrive 12×3.104 W).

– Per indicare multipli e sottomultipli delle varie unità esistono dei particolari prefissi (tabella 2). Non se ne può usare più di uno alla volta (es., il prefisso k significa che l’unità di misura che segue va moltiplicata per mille – kg significa, appunto, mille grammi – mentre il prefisso M significa che l’unità che segue va moltiplicata per 1 milione; non avrebbe senso scrivere kkg: occorre scrivere Mg).

– Le unità di misura non devono necessariamente essere riferite a quelle elencate nella tabella 1. È anche possibile riferirle ai loro multipli o sottomultipli (es., è corretto parlare di newton per metro quadro – N/m2 – ma si può anche parlare di newton per centimetro quadro – N/cm2).

        Abbiamo già detto che il sistema SI ha svariate grandezze e relative unità di misura, che si ottengono come derivate da quelle fondamentali e supplementari mediante combinazione di due o più di esse. Nostro scopo non è ora quello di andare a elencare tutte le diversissime grandezze e unità derivate; siamo invece interessati alle grandezze che vengono definite in radioattività e in radiologia, e di queste ci occuperemo. Nella tabella 3 sono riportate quelle di maggior uso ma, prima di passare alla loro definizione fisica, è utile dare alcuni fattori di ragguaglio tra le unità SI e quelle pratiche di maggior uso che, almeno nominalmente, ci sono più familiari (si veda l’elenco che segue la tabella 2).

GRANDEZZE UTILIZZATE IN RADIOATTIVITA’ E RADIOLOGIA

Passiamo ora ad una definizione più completa delle differenti grandezze che compaiono nella tabella 3.

ATTIVITA’

        Le particelle (protoni e neutroni, essenzialmente) costituenti i nuclei degli atomi sono tenute insieme da particolari forze (dette nucleari) e al loro stare unite per formare un nucleo corrisponde una energia detta di legame. Per un nucleo, la situazione di maggiore stabilità si ha in corrispondenza di una sua composizione con un eguale numero di protoni e neutroni. Più si altera questo equilibrio (in natura, a partire dall’elemento 84 della tavola periodica degli elementi; artificialmente, “aggiungendo” particelle – neutroni o, indirettamente, protoni – al nucleo), più il nucleo diventa instabile. Il nucleo tende allora a ritornare in situazione di stabilità e, per farlo, emette energia, cioè radiazioni.

        Le radiazioni che vengono emesse dal nucleo possono essere di tipi differenti: alfa, quando dal nucleo vengono emessi gruppi di 4 particelle (due protoni + due neutroni) legate insieme (si tratta di una radiazione che possiede quindi grande massa e una carica positiva); beta quando dal nucleo (dopo complicati processi interni di trasmutazione) vengono emessi degli elettroni (si tratta quindi di una radiazione che possiede una piccola massa e una carica negativa); gamma quando dal nucleo (per problemi di riaggiustamento energetico al suo interno) vengono emesse “particelle” di pura energia chiamate fotoni gamma (si tratta di una radiazione priva di massa e priva di carica). A parte occorre considerare la radiazione neutronica, che non è propriamente l’emissione di neutroni da parte di un nucleo, ma di neutroni che vengono liberati nei processi di fissione nucleare; quando un nucleo pesante viene spezzato in due o più frammenti, alcuni neutroni appartenenti al nucleo iniziale vengono espulsi (si tratta di una radiazione con una discreta massa e priva di carica; occorre però sottolineare la sua estrema pericolosità in quanto tali neutroni vengono facilmente catturati dai nuclei delle sostanze circostanti il luogo di loro produzione, alterando il rapporto di stabilità neutroni-protoni in quei nuclei e rendendo quindi radioattive molte di quelle sostanze – tra cui aria, acqua, terra…).

        Ogni volta che un nucleo emette un corpuscolo alfa o una particella beta o un fotone gamma si dice che ha subito una trasmutazione (o disintegrazione) nucleare.Si definisce allora attività dì una data sostanza radioattiva (o sorgente) il numero di trasmutazioni nucleari spontanee n che avvengono, nella quantità di sostanza considerata, nell’unità di tempo t

A = n/t

ATTIVITA’ SPECIFICA IN MASSA

        Si tratta evidentemente dell’attività che presenta una unità di massa della sostanza radioattiva considerata

ASM = A/m

ATTIVITA’ SPECIFICA IN VOLUME

        Anche qui, si tratta dell’attività che presenta una unità di volume della sostanza radioattiva considerata

ASV = A/V

ESPOSIZIONE

        Gli effetti indotti sulla materia dalle radiazioni dipendono dalla facoltà che queste hanno di ionizzare (direttamente o indirettamente) atomi del materiale che è esposto ad esse. La facoltà di ionizzare che le radiazioni presentano è un importante aspetto del loro carattere nocivo.

        Nel corpo umano questa ionizzazione può portare al danneggiamento del Dna e dell’Rna, e quindi del patrimonio genetico. Si possono cioè rompere alcuni legami chimici che tengono insieme le catene molecolari con produzione di radicali liberi, e ciò porta a un danneggiamento di cellule, e alla loro morte repentina o ritardata. Quindi la quantità di ioni che vengono prodotti da una data radiazione è un indice importante della pericolosità di una data radiazione. La grandezza “esposizione” descrive la capacità della radiazione non corpuscolare di ionizzare l’aria (ci si riferisce quindi solo a radiazione X o gamma ); è quindi la quantità di carica elettrica (q) che viene creata in una unità di massa d’aria (m):

X = q/m

        C’è da notare che l’esposizione fornisce un indice della quantità di radiazione e non della sua intensità; è quindi indipendente dal tempo, fornendoci solo la quantità complessiva di ioni prodotti in una data massa d’aria, da una determinata sorgente, in un tempo qualunque.

DOSE ASSORBITA

        E’ l’energia che le radiazioni ionizzanti cedono all’unità di massa in un dato punto del materiale irradiato. Si avrà quindi

D = E/m

        Occorre notare che il concetto di dose assorbita può essere riferito a qualsiasi radiazione ionizzante. Inoltre, poiché un ruolo importante nella definizione di questo concetto lo assolve il materiale irradiato, a seconda della struttura di quest’ultimo la dose assorbita sarà più o meno grande, a parità di attività della sorgente (ad esempio l’aria assorbe meno dei tessuti molli del corpo umano che, a loro volta, assorbono meno delle ossa; se poi ci si riferisce a un generico osso la dose assorbita varia al variare del punto specifico che si prende in considerazione).

DOSE ASSORBITA INTEGRALE

        Si tratta della quantità totale di energia che viene assorbita dal materiale irradiato in una sua regione di massa m predeterminata (ad esempio, riferendoci ancora all’osso precedentemente citato, ci si può chiedere qual è la dose complessivamente assorbita da tutto l’osso, indipendentemente dal fatto che punto per punto questa dose varia). Si ha allora a che fare con una dose moltiplicata per una massa

e = D.m

che ha, evidentemente, le dimensioni di una energia.

EQUIVALENTE DI DOSE EFFICACE

        Abbiamo visto che la dose assorbita è diversa per sostanze diverse, a parità di sorgente. Ma anche il variare il tipo di radiazione della sorgente dovrà avere un’influenza sulla dose assorbita. Questo fatto è particolarmente importante ai fini radioprotezionistici, e proprio per questo motivo è stata introdotta la grandezza “equivalente di dose efficace” come misura degli effetti biologici che una data radiazione può provocare. Poiché gli effetti biologici che vengono provocati dalle radiazioni ionizzanti possono avere caratteristiche molto differenti anche a parità di dose fisica, cominciamo con l’introdurre il concetto di “Efficacia biologica relativa” (Ebr).

        L’Ebr è stata introdotta al fine di render conto della diversità degli effetti (in sostanze o sistemi biologici) prodotti da differenti tipi di radiazione, anche a parità di dose assorbita. L’Ebr è definita come il rapporto tra una dose determinata di radiazione X o gamma (scelta come valore di riferimento) e la dose della radiazione ionizzante in esame, in grado di produrre lo stesso effetto biologico. Ora, poiché l’Ebr delle diverse radiazioni dipende solamente dal numero di ionizzazioni prodotte, è evidente che una data radiazione dotata di carica produrrà un’Ebr più grande di una radiazione X o gamma. E, tra le radiazioni dotate di carica, quelle che ne possiedono di più produrranno più ionizzazioni (così l’Ebr dei raggi X o gamma vale 1; quella delle radiazioni beta vale 1,7; quella delle radiazioni alfa vale 20).

        Oltre al tipo di radiazione che colpisce un determinato organismo, molti altri fattori influenzano l’effetto biologico di quella data radiazione (ad esempio: il contenuto di ossigeno in un dato tessuto, la temperatura di un dato tessuto, l’età, il sesso, il volume di tessuto irradiato, il frazionamento o la protrazione nella somministrazione della dose…). L’Ebr risulta quindi un concetto limitato, soprattutto perché non è espresso da un valore costante sempre valido. Si è pensato allora di introdurre una grandezza, il “fattore di qualità” (Q), che assegna valori ben precisi ai differenti tipi di radiazione (il fattore Q vale 1 per radiazioni X, beta o gamma di qualunque energia; passa dal valore 2 al valore 11 – e non linearmente – per radiazioni neutroniche di differenti energie; vale 20 per radiazioni alfa). Per tener conto di tutto ciò che si diceva sopra, si è introdotto un nuovo fattore(N), che è dato dal prodotto di svariati fattori correttivi che tengono soprattutto conto della distribuzione spaziale e temporale della dose assorbita (attualmente a N viene assegnato il valore 1 per irradiazione proveniente dall’esterno del corpo).

        Arriviamo così alla definizione di “equivalente di dose efficace”. Essa è data dal prodotto della dose assorbita, per il fattore di qualità, per il numero N

H = D.Q.N.

(Tempo addietro H era invece definita come il prodotto tra D ed Ebr

H = D.Ebr

ma per i motivi sopra esposti questa definizione è stata abbandonata).

        Una cosa importante di cui si deve tener conto è la seguente: mentre le dosi in gray di radiazioni non si possono sommare ai fini dei danni biologici, le dosi in sievert sono additive.

INTENSITA’ DI DOSE DI ESPOSIZIONE

        Concetto importante, che ci dice quanta esposizione c’è stata nell’unità di tempo.

INTENSITA’ DI DOSE ASSORBITA

        Si tratta della dose che viene assorbita nell’unità di tempo.

INTENSITA’ ASSORBITA INTEGRALE

        È la dose assorbita integrale nell’unità di tempo.

INTENSITA’ DI DOSE (BIOLOGICA) EFFICACE

        È l’equivalente di dose per unità di tempo.

KERMA

        II termine “kerma” è un acrostico che in lingua inglese sta ad indicare l’energia cinetica ceduta (dalla radiazione) per unità di massa (del materiale irradiato). È quindi un rapporto tra una energia (Etr) e una massa m, dove Etr rappresenta la somma delle energie cinetiche iniziali di tutte le particelle cariche originate dalle particelle indirettamente ionizzanti, e di tutte le altre energie dei vari processi secondari che vengono originati in un dato elemento di volume di uno specificato materiale; m è la massa di quel dato elemento di volume

K = Etr/m

        È utile notare che è possibile dare il valore del kerma (o dell’intensità di kerma, vedi prossima definizione) in un dato materiale posto all’interno di un altro materiale di natura differente. Il valore ottenuto è lo stesso che si avrebbe avuto se una piccola quantità del materiale dato fosse posta nel punto d’interesse (è quindi possibile fare affermazioni del tipo: il kerma relativo all’aria nel punto P – che potrebbe essere un piccolo osso – all’interno del corpo umano).

INTENSITA’ DI KERMA

        Si tratta del kerma che viene ceduto nell’unità di tempo.

RELAZIONE TRA DOSE ASSORBITA E KERMA

        Dalla tabella 3 si può facilmente vedere che la dose D assorbita e il kerma K hanno le stesse unità di misura e dimensioni e quasi la stessa definizione. Quale differenza esiste tra le due grandezze? Abbiamo già visto che è stato necessario introdurre la dose assorbita (1953) in aggiunta all’esposizione, perché gli effetti biologici delle radiazioni non dipendono tanto dalla ionizzazione delle molecole delle cellule dei tessuti viventi quanto dall’energia che queste radiazioni forniscono a una data massa, in una certa porzione di volume del materiale irradiato. Vediamone il significato con un esempio.

        Supponiamo di avere una massa m in un dato volume V e supponiamo che nel punto P interno a V si sia misurata la dose D (figura 1). Supponiamo ora che tre radiazioni ionizzanti (corpuscolari o no) abbiano creato tre elettroni secondari nei punti segnati con asterisco. Ebbene, è solo l’energia persa da questi elettroni nel tragitto effettuato dentro V a contribuire a determinare D.

        Consideriamo ora la stessa situazione precedente (una massa m in un dato volume V e tre radiazioni ionizzanti che abbiano prodotto tre elettroni secondari nei punti segnati con asterisco – figure la, 2b e 2c). Nel caso di figura la (elettroni che vengono prodotti ed esauriscono il loro percorso all’interno della massa m) l’energia ceduta dalla radiazione coincide con quella depositata nel mezzo, e quindi dose assorbita e kerma hanno lo stesso valore. Nel caso di figura 2b (elettroni che dissipano parte della loro energia all’interno della massa m – dove sono stati creati – e parte all’esterno) l’energia ceduta dalla radiazione non coincide più con quella depositata nel mezzo; essa è maggiore di quella depositata nel mezzo. In questo caso allora il kerma è maggiore della dose assorbita. Nel caso infine di figura 2c, l’energia ceduta dalla radiazione è minore di quella depositata nel mezzo, con la conseguenza che il kerma è minore della dose assorbita.

        Più in generale si dovranno considerare situazioni intermedie, analoghe a quelle di figura 1. In questo caso: il kerma coinciderà con la dose assorbita se l’energia dissipata dagli elettroni di tipo 1 all’interno del volume considerato è compensata dall’energia trasportata dagli elettroni di tipo 3 fuori di esso (situazione che si usa indicare come di equilibrio delle particelle cariche). Il kerma sarà invece rispettivamente maggiore o minore della dose assorbita, se prevale la situazione degli elettroni 3 o quella degli elettroni 1.

CONSIDERAZIONI SULLE VARIE GRANDEZZE INTRODOTTE

        La gran parte delle grandezze che abbiamo definito sono state introdotte da un organismo internazionale e sovranazionale, l’Icrp (International commission on radiological protection) e, per la parte relativa alle unità di misura, dall’Icru (già citato).

        L’Icrp si riunisce periodicamente: per definire nuove grandezze, per eliminarne altre, per modificarne qualcuna e, soprattutto, per fissare le dosi massime ammissibili per i lavoratori del settore nucleare, le dosi limite per la popolazione, le concentrazioni massime ammissibili ecc.

        I rapporti periodici di questi due organi sono talmente autorevoli che, pur non avendo forza di legge, vengono sempre recepiti dalle legislazioni dei vari paesi, tra cui l’Italia.

        In questi ultimi anni l’Icrp ha avuto un superlavoro; a parte i vari limiti di dose, di concentrazione ecc., che più volte si sono dovuti abbassare (non mi occuperò qui di questa rilevante questione), si è resa sempre più urgente l’introduzione di nuove e più “affidabili” grandezze di tipo radiologico. E di queste nuove grandezze l’Icrp ne ha introdotte moltissime: oltre a quelle qui definite ve ne sono decine di altre. Ciò nonostante la situazione resta del tutto insoddisfacente, secondo l’opinione di quasi tutti i tecnici di origine non sospetta (ad esempio C. Polvani, M. Pelliccioni, R.F. Laitano… solo per quanto riguarda l’Italia).

Dicono Polvani e Pelliccioni:

È particolarmente importante rilevare che la grandezza equivalente di dose, per il modo stesso in cui è definita, può essere usata soltanto nell’ambito di esposizioni non superiori ai limiti raccomandati in radioprotezione. Il suo uso è pertanto ristretto a tale disciplina, ma anche in questo caso con esclusione delle occasioni in cui i limiti di dose ammessi siano superati (per esempio esposizioni accidentali).

È quasi superfluo sottolineare la debolezza intrinseca di questa grandezza, che riflette altresì l’incompletezza delle conoscenze tuttora esistente per quanto riguarda gli effetti delle piccole dosi sugli organismi viventi.

L’equivalente di dose, a rigore, non può essere considerato nemmeno una grandezza fisica. Esso rappresenta soltanto un mezzo per esprimere su scala comune gli effetti prodotti da radiazioni di qualità diversa…

Un ulteriore motivo di perplessità nell’impiego di H risiede nella scelta dei valori numerici dei fattori di qualità, per i quali recenti esperimenti di radiobiologia e di microdosimetria sembrano suggerire valori diversi da quelli adottati…“.

Aggiunge Pelliccioni:

II conseguimento delle condizioni di sicurezza per lo svolgimento delle attività con rischio di radiazioni richiede l’adozione di provvedimenti e decisioni in vari campi, alcuni dei quali anche di pertinenza extrascientifica…

A questo proposito merita subito precisare che la scelta delle grandezze dosimetriche significative dal punto di vista del danno da radiazioni rappresenta un problema particolarmente complesso e non ancora completamente risolto. A esso infatti sono state date soluzioni che, se pur soddisfacenti dal punto di vista degli scopi da raggiungere, non possono tuttavia considerarsi del tutto giustificate sul piano del rigore scientifico.

La difficoltà principale deriva dall’intrinseca limitazione delle grandezze dosimetriche… Nessuna delle grandezze non stocastiche (dose assorbita ecc.) è infatti per sua natura idonea a interpretare in modo completo i processi di trasferimento di energia dalle radiazioni alla materia vivente…

Il tipo di relazione che lega gli effetti stocastici osservati alla dose ricevuta costituisce uno dei problemi tuttora aperti della radioprotezione. L’Icrp ha ritenuto di poter cautelativamente raccomandare, nell’intervallo delle dosi cui si è interessati in tale disciplina, l’assunzione di una relazione di linearità senza soglia… In effetti si è attualmente più propensi a pensare che la relazione dose-effetto sia invece somma di due termini dipendenti dalla dose assorbita, l’uno in modo lineare e l’altro quadraticamente…

In base alle considerazioni sopra svolte a proposito dei rischi connessi con l’esposizione del corpo umano alle radiazioni ionizzanti, si deve concludere che non esiste un valore di dose, per quanto modesto, che possa ritenersi completamente sicuro”.

        Dopo osservazioni così problematiche non resta altro che concludere dicendo che questo lavoro, pur voluminoso, ha solo caratteristiche di provvisorietà. Presto dovrà essere sostituito con un nuovo studio che introduca grandezze più affidabili nel campo della radioprotezione.

Aspettiamo fiduciosi.

BIBLIOGRAFIA

P. PRIORI, Radiazioni e radioprotezione, Edisco, Torino (1983).

P.J. EARLY, M.A. RAZZAK, D.B. SODEE, Medicina nucleare, Ambrosiana Milano (1978).

F. BORSA, Lezioni di fisica e biofisica medica, “La goliardica pavese” (1971).

E.N. JENKINS, Radiactividad, “Alhambra”, Madrid, (1982).

C. POLVANI, Elementi di radioprotezione, Enea, Roma (1983).

M. PELLICCIONI, Elementi di dosimetria delle radiazioni, Enea, Roma (1983).

R.F. LAITANO, Caratteristiche delle diverse grandezze a tutt’oggi usate, o proposte per l’uso, nella dosimetria in radioprotezione, Enea, Roma (1985).

CNEN, Manuale di protezione dalle radiazioni ionizzanti, Roma (1979).

G. TRENTA, La metrologia ufficiale nella prevenzione, “Sicurezza e Protezione” n. 10, Enea (1986).

ICRP, Rapporto n. 26, Pergamon Press, Oxford (1978).

ICRU, Rapporto n. 19 e Supplemento (1971 e 1973), Cnen (1978).

G.G. GUILIZZONI, Unità di misura SI e non SI, “La Scuola”, Brescia (1984).



Categorie:Fisica e Storia della Fisica

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: