Ma quanto lavora un insegnante?

Roberto Renzetti

Un insegnante, per accedere al suo lavoro deve essere laureato. Deve poi abilitarsi anche in più discipline, deve poi mediante concorso accedere ad un incarico a tempo indeterminato. Una preparazione a sue spese (così come i successivi aggiornamenti) che lo tiene lontano dal mondo del lavoro almeno fino ai 30 anni. Si inizia con meno di 2 milioni e si termina, dopo 40 anni, con circa 3 milioni. Quanto lavoro si fa? La didattica frontale è di 18 ore settimanali (parlo di scuole secondarie di 2° grado) e, occorrerebbe sapere, che ogni ora di queste è calcolata per 2 da norme dello Stato e non mie (gli addetti agli Istituti di Cultura, nostri colleghi, hanno un orario di 36 ore settimanali: ogni ora di didattica dell’italiano viene contata doppia, così è possibile per loro fare solo le canoniche 18 ore) . Ogni ora di lezione prevede mezz’ora di preparazione (è noto che, a 5 anni dalla laurea, se non si è riaperto libro si ritorna analfabeti nella propria disciplina). Poi vi è la montagna di norme che vengono sfornate da quella lobby di psicologi, pedagoghi, docimologi che ha preso il potere al Ministero (pena la loro disoccupazione). Come valutare, come preparare

le griglie, i moduli, la didattica breve, …E noi dietro. Poi ci sono i compiti da correggere (1 ora a compito per 60 compiti al mese). Quindi le ore per consigli di classe, collegio docenti, commissione cultura, commissione viaggi, commissione laboratori, … DOBBIAMO essere informati su un ampio spettro di problematiche. Se uno studente chiede al professore di Fisica che ne pensa della clonazione, questo professore non può far finta che il problema non esiste! e se uno studente chiede de “La vita è bella” non si può dire che non si è visto. Vi è una valutazione complessiva, di stima, che i ragazzi operano giorno per giorno sui docenti e noi non possiamo rifugiarci nella nostra disciplina (o il Ministero vuole questo?). Quante ore occorrono per quanto ho detto? Siamo al livello di qualunque altro lavoratore o no? Con in più il fatto che nessun impiegato si porta le pratiche in casa. Noi invece i problemi dei ragazzi li portiamo continuamente dietro. Qualcuno non crede a tutta questa attività? (chi non ci crede meriterebbe per i suoi figlioli che noi operassimo come lui crede

 ed invito queste persone a riflettere sul fatto che un professore universitario fa solo 3 ore di didattica; evidentemente lavora molto meno di noi, no?). Facciamo ciò che chiedo da anni: facciamo le 36 ore a scuola. Non vedo l’ora! Avrò una scrivania, userò del computer e di internet della scuola, userò della biblioteca, della fotocopiatrice, del telefono/fax della

scuola, userò l’energia elettrica ed il riscaldamento della scuola (tutto questo oggi è a carico mio e tutti sapete quanto costa). Quei giornalisti cialtroni la pianteranno di dire che lavoriamo poco. Inoltre mi libererò di quei 16 metri quadrati di casa occupati dalle “pratiche” scolastiche (sapete quanto costa al metro quadro una casa a Roma? moltiplicate per 16 e vedrete quanto dobbiamo “regalare” allo Stato). Questa organizzazione scolastica ci farebbe diventare operatori culturali al servizio del quartiere: noi potremmo aiutare gli studenti in difficoltà, potremmo consigliare bibliografie, organizzare dibattiti, conferenze. Inoltre è un vero peccato che edifici ed impianti così costosi siano utilizzati solo dalle 8 alle

14:30. Le vacanze, tante! Chi dice questo è un ignorante. Ed è preoccupante che il Ministero ed il Sindacato non dicano come stanno le cose. Premetto che, quando si fa il

 confronto dei giorni di lezione annui tra i vari Paesi europei, l’Italia figura con i fatidici 200: e questo è un dato falso poiché l’Italia è l’unico Paese che non conteggia le valutazioni e gli esami tra i giorni di lezione. Io termino le lezioni verso la metà di giugno. Iniziano le idoneità che mi portano fino all’inizio degli Esami di Stato che alcune volte “sforano” fino

ai primi di agosto. L’1 settembre c’è la riunione preliminare, inizia la programmazione (con tutte le relazioni preliminari e POF da preparare, con tutti i percorsi da inventarsi, con tutte le riunioni per materie, per classi, per sesso e religione …) ed intorno al 10 iniziano le Lezioni. Vacanze come gli altri, con l’aggravante che sono costretto a  prenderle in agosto (alla faccia di quel cronista Tv che anno dopo anno continua a ripetere che gli italiani non sanno fare le vacanze intelligenti). Questa situazione e quella che ci troviamo addosso. So anche che e’è chi non fa il proprio lavoro (come in tutti i luoghi dove si lavora). Non si tratta di colpevolizzare tutta la categoria ma l’Amministrazione che non è capace di cacciare chi non fa il suo dovere. Vi è invece un aspetto preoccupante che riguarda la situazione attuale. Diciamoci la verità, la scuola è ormai diventata un secondo lavoro e tutte quelle attività di cui dicevo si fanno svogliatamerrte e rapidamente. È un secondo lavoro per il salario di fame che però arrotonda il bilancio familiare. Questo dequalifica la scuola fino a creare una situazione di gatto che si mangia la coda. Se si passasse a quelle 36 ore di cui dicevo si scremerebbe. Ma non voglio fare il massimalista. Ad esaurimento, occorre introdurre il part-time: coloro che non vogliono fare le 36 ore nella scuola seguono con questo salario e con il lavoro che fanno ora. Gli altri vanno a salari europei (includendo quella cosina di cui nessuno parla: in tutti i Paesi europei si fa l’anno sabbatico!). Quando i dimezzati saranno tutti pensionati, nella scuola entreranno solo coloro che la scelgono come

professione. Così potrà tornare ad essere un primo lavoro che riqualificherà la scuola e permetterà ad un insegnante di mantenere degnamente la propria famiglia (perché anche di questo si tratta!).

Oggi dobbiamo dedicare tempi extra gratuiti ai figlioli dell’avvocato, del medico (ma anche dell’idraulico) che non hanno scrupoli a fermarti anche per strada per chiederti del figlio, ma che, quando ti avvicini loro, ti spellano.

Oggi vi è la riforma dei cicli. La Scuola indubbiamente andava riformata. Avete avuto notizia di qualche minimo di consultazione di base ? Di nuovo carne da cannone che si DEVE adattare a ciò che viene. I cambiamenti sono rapidissimi ma tutti giranti su se stessi. Noi non abbiamo il tempo di digerire una cosa che già ce ne danno un’altra da mangiare e siamo vicini all’esplosione. E la riforma che fa ? Tenta di reintrodurre criteri che, almeno dalla fine dell’obbligo siano selettivi? Neanche ci pensa! Ma noi intenti alle valutazioni oggettive, agli obiettivi, alle capacità critiche, alle sintetiche, alle analitiche, agli interessi, alle batterie di test, a tutto quell’armamentario teorico che ci hanno sbattuto sulla groppa. Poi lo scrutinio dove arrivano molti colleghi che nottetempo hanno appreso la psicologia dell’età evolutiva e, invece di parlare della presunta conoscenza della matematica o della filosofia, ci parla dei genitori del ragazzo che sono separati, della ragazzina che vive crisi esistenziali e quindi poverina… del ragazzo che è stato piantato, … Così, avanti compagni, tutti promossi. Con l’aggravante che quei bravi ragazzi saranno poi gli incapaci che troveremo dietro uno sportello della posta o dietro la scrivania di chi prepara la nostra pratica per fare la pensione, con i risultati che tutti conoscete. Pure masochisti siamo! (vorrei solo dire che, in Francia ad esempio, l’insegnante consegna i suoi voti a fine periodo valutativo e neppure si discutono!).

Ultimamente è entrata la grossa confusione informatica con l’equivoco tra metodi e contenuti. Tra uno strumento e la disciplina che si vuole apprendere. L’informatica ha la sua dignità di disciplina e se davvero si vuole insegnarla, lo si fa con un professore appositamente assunto. Non si può rompere in modo trasversale. Ognuno, nelle sue discipline, utilizzerà gli strumenti che ritiene più opportuni.

Riguardo agli esami di riparazione eliminati (la cosa l’ha iniziata quell’ignorante di D’Onofrio, ma Berlinguer e De Mauro non hanno fiatato) tutti sapete che oggi vi È IL METODO del rifiuto a priori di alcune discipline. In uno scientifico accade che vi è chi, a priori decide di lasciare matematica e fisica, tanto sa che con due circoletti e rinunciando ad un paio di punti di credito potrà fare gli esami ed essere promosso sul “suo percorso” che evita accuratamente la matematica e la fisica.

Facciamo un favore a questi ragazzi ? Assolutamente no. Quando andranno all’Università le ali gliele abbiamo tagliate già noi. E così la specie si seleziona in modo drastico e noi con tutta la montagna di ipocrisia con cui abbiamo rivestito la scuola ci siamo ridotti a: lavorare molto di più; non avere riscontri; fare uscire gente impreparata; riuscire a metterci ai bassi livelli delle scuole confessionali; essere pagati miseramente; essere bistrattati da tutti perché “LAVORIAMO POCO”.

In questo senso occorre si sappia come lavora la scuola confessionale: i professori lì impegnati hanno un salario generalmente più basso del nostro (questi signori sono assunti in base all’assoluta discrezionalità della scuola e debbono sempre dare garanzie sul piano del raccordo tra la scuola dove insegnano ed il loro credo politico-religioso oltreché la lorovita privata – sessualità, divorzio,…). Quando nello scrutinio uno studente non funziona, egli deve andare a lezione dal suo insegnante con tariffe fissate dal “padre ministro” che prende una percentuale. Nel 1975, quando il nostro salario era di poco superiore alle 300.000 lire al mese, in tali scuole di prestigio romane il salario era di 115.000 lire e per ogni ora di lezione privata si prendevano 50.000 lire (10.000 della quali restavano alla scuola). Alla fine dell’anno indovinate quel professore che aveva fatto da ripetitore al tal suo alunno, come si comportava nei suoi riguardi ? E, viste le cifre, immaginate i fruitori di tali scuole, quelli che dovrebbero avere il buono scuola.

Infine oggi si aggiunge il fatto che uno può essere anche il miglior insegnante ed il più titolato della Terra, sarà il dirigente che lo sceglierà dalle graduatorie a suo piacimento. Meglio l’orrendo  sistema inglese in cui almeno se uno è bravo si mette sul mercato e si fa pagare di più. È questo che si vuole ? Una scuola familiare ? Il dirigente con moglie, figli, amici del cuore tutti insieme appassionatamente per una scuola di qualità ?

Dietro quanto qui detto non vi sono verità ma solo argomenti di discussione per il nostro sindacato che dovrebbe uscire da una palude in cui da anni è impelagato. So che nel forum intervengono molti compagni che dopo molti anni di duro lavoro e a scuola e nel sindacato se ne sono andati. LI CAPISCO e non li seguo (per ora) solo perché mi resta quello stupido spirito illuminista che mi fa sperare nei cambiamenti di rotta….

E  “…se ne potevan dire …”.

Roberto Renzetti



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