La falsa riabilitazione di Galileo. L’imbroglio di Papa Giovanni Paolo II non a caso fatto santo)

Roberto Renzetti

GALILEO RIABILITATO? 

          In ogni libro di storia, non solo della scienza, è scritto che Galileo fu condannato dalla Chiesa. La cosa ormai passa come un qualcosa che quel povero vecchietto si era meritata. In fondo la Chiesa fa il suo mestiere millenario e non può far altro che condannare i peccati dovunque e comunque si facciano. Quindi è giusta quella condanna tanto più che Galileo risultava impenitente e riottoso tanto è vero che uscendo dalla sala del Tribunale, vestito con una tela di sacco ed un cappello a punta del tipo Ku Klux Klan, disse a bassa voce: Eppur si muove intendendo che il motivo per cui l’avevano condannato era errato perché la Terra, che la Chiesa riteneva immobile, si muoveva. Intanto vale la pena togliersi di torno questa leggenda. La frase compare per la prima volta in un’antologia del giornalista Giuseppe Baretti pubblicata a Londra nel 1757, Italian Library. In questo scritto Baretti raccontava la vicenda di Galileo ad un pubblico inglese e probabilmente, per mostrare che Galileo non era convinto di quanto lesse nell’abiura, inventò quella frase(*). Ebbene, dopo la sua condanna al domicilio coatto, Galileo scrisse ancora ed inviò all’estero (Olanda) di nascosto l’ultimo suo lavoro per essere pubblicato. Si tratta dei Discorsi e dimostrazioni matematiche sopra due nuove scienze, l’opera più copernicana di tutta la sua produzione. Su questo grande lavoro molti presunti storici, soprattutto zuavi pontifici, in genere soprassiedono perché l’opera contiene molta matematica e geometria e lor signori sanno solo criticare le parole non i numeri e le rette. In genere la storia di Galileo si chiude quindi con la sua condanna. Ma la storia di Galileo, anche soprassedendo sul suo ultimo lavoro, continua con il seguito del suo processo, con l’annuncio al mondo della sua riabilitazione (da colpevole a perdonato) da parte del Papa polacco. E coloro che stanno leggendo sono convinti che la Chiesa, tramite San Giovanni Paolo II avrebbe riabilitato Galileo. Purtroppo devo deludere chiunque sia convinto di ciò mostrando come, ancora una volta, la Chiesa è bugiarda ed imbroglia fedeli e non utilizzando i mezzi di comunicazione di massa a tal fine.

          Non è ozioso quindi soffermarsi sulla “riabilitazione” di Galileo fatta dal Papa il 31 ottobre 1992 nell’udienza alla Pontificia Accademia delle Scienze. E questo al fine di completare la storia di Galileo. In tutto il battage che si è creato dietro questa notizia è rimasta la riabilitazione e sono scomparse le subdole e sleali argomentazioni che la Commissione preposta alla “riflessione serena ed obiettiva” (parole del coordinatore della Commissione, Cardinale G.M. Garrone) del caso Galileo, ha portato a sostegno della supposta riabilitazione. Per evitare equivoci premetto che l’iniziativa del Pontefice mi pare lodevole e che il dibattito mi è sembrato di grande interesse. Il motivo di questo mio commento risiede nel fatto che, a quanto è dato capire da ciò che ho letto, coloro che si sono occupati della questione si sono riferiti al solo intervento del Papa, senza leggere i documenti prodotti dalla suddetta Commissione per la ‘riabilitazione’. Il fatto è che la giurisprudenza è costituita dagli atti scritti (quelli che restano) e non dalle buone intenzioni oratorie, anche se queste ultime sono del Papa stesso. Si potrà qui discutere se il Papa sia stato preso in giro dalla sua Commissione o se veramente egli sia conscio di ciò che la II Commissione ha scritto. In ambedue i casi Galileo è lungi dall’essere riabilitato. Lo stesso Pontefice nel suo intervento del 31 ottobre dice: “…la Commissione presenta a conclusione dei suoi lavori un complesso di pubblicazioni che apprezzo vivamente. Desidero esprimere la mia sincera riconoscenza al Cardinale Poupard incaricato di coordinare le ricerche della Commissione nella fase conclusiva”.

            La Commissione di cui parla il Papa fu istituita a seguito di un suo intervento (10 novembre 1979) alla Sessione Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze nel quadro di una esposizione dei rapporti tra Scienza e Religione.

            Vorrei qui esaminare uno dei «prodotti» della sezione culturale della Commissione. Si tratta del libro “Galileo Galilei, 350 anni di storia (1633-1983). Studi e Ricerche”, a cura di Mons. Paul Poupard, (Edizioni Piemme, 1984).

            Questo libro è una volgare offesa alla verità, al buon senso, alla storia, alla scienza; risultando invece un ulteriore atto inquisitorio contro Galileo e tutti coloro che si sono mossi sulla sua strada. Non si tratta di portare coloro che sostengono determinate tesi di fronte ad un simmetrico Tribunale dell’Inquisizione, ma di tenere vivo il pluralismo che non sembra far parte del DNA delle gerarchie ecclesiastiche.

Una premessa

            Che c’entrano i comunisti con Galileo? Rispondete a questa domanda senza pregiudizi. Se non vi viene, come a me, la risposta dovete leggere questo libro che lo spiega molto bene nel saggio di Béné, l’ultimo del libro ma che lo stesso Cardinal Garrone consiglia di leggere per primo. Secondo Béné, i comunisti si sono appropriati di Galileo ed hanno fatto di esso un’arma contro la Chiesa. Ora, poiché comunista è sinonimo di ateo, nella logica delle gerarchie l’affare Galileo è un affare che esiste solo in quanto esistono i comunisti. Infatti, mentre i credenti sono convinti o facilmente convincibili, i comunisti un poco meno. Tanto è vero ciò che sostengo che l’affare Galileo viene affidato al Segretariato per i Non Credenti (4 su 9 nel caso in oggetto).

            Il Béné avverte i comunisti di stare attenti poiché ricordare questo processo potrebbe richiamare alla mente i processi che nell’URSS venivano intentati contro altri scienziati. C’è una facile risposta a questa argomentazione che porta a conclusioni disastrose per le gerarchie: quanto sostiene Béné e nelle sue ipotesi vuol solo dire che tutti i regimi totalitari sono uguali nella loro oppressione del libero pensiero, Chiesa inclusa.

            Vedete su che razza di strade portano libelli di questo tipo? È intollerabile partire con queste premesse ma, facendo finta di nulla, iniziamo con gli argomenti che vengono portati a “denigrazione” di Galileo.

Il libro

            Il libro contiene i contributi di nove studiosi, otto dei quali teologi o sacerdoti comunque legati all’apparato della Chiesa, (uno solo tra questi otto è anche un fisico, G.J. Béné), ed un ricercatore in campo scientifico (J. G. Campbell, l’unico non compromesso con le gerarchie della Chiesa e l’unico che sostiene tesi condivisibili in larghissima parte).

            Non è qui il caso di annunciare tesi o di anticipare giudizi: i lettori, dopo un breve excursus del volume, saranno ben in grado di capirne la portata. Dopo una breve prefazione del Cardinal Garrone, il libro offre l’introduzione del Card. Poupard (allora Monsignore), che esalta la libertà di pensiero minacciata da “pretese concezioni scientifiche della vita sociale che intendono imporsi con la forza”. Secondo l’autore, gli uomini di scienza devono “opporsi contro queste pretese insostenibili degli Stati totalitari”.

Prime contestazioni

            Venendo a fatti più banali, come quello relativo ai rapporti di Galileo con la Chiesa, il Cardinale osserva che, in fondo, di questo Galileo “conosciamo poco dei suoi veri sentimenti religiosi”. E poi, certamente, quella sua lettera a Cristina di Lorena deve essere stata preparata dal suo amico, “noto uomo di scienza, il benedettino Benedetto Castelli” soprattutto per quel che riguarda le “citazioni scritturali e patristiche”. Ma cosa si rimprovera a Galileo? Galileo, la cui occupazione era più la “scienza matematica che il sapere filosofico” aveva ragione, sostiene Poupard, “circa l’essenziale, adottando le teoria astronomica di Copernico; ma degli argomenti proposti da Galileo si discute ancora ai nostri giorni, specialmente a proposito della pertinenza della pretesa prova per mezzo dell’esistenza delle maree” (quest’ultima affermazione riprende un saggio di Padre P. Costabel, storico della scienza, apparso nel 1968, nel quale si sostiene che la sola prova portata da Galileo a sostegno del moto della Terra fosse il flusso e riflusso delle maree. Si noti inoltre che uno degli articoli presenti in questo libro è proprio di Costabel). Per coloro che non avessero letto l’opera o gli studi non sciovinisti su Galileo, ricordo che lo scienziato toscano ricerca la ‘prova’ del moto della Terra nei principi di relatività e di inerzia; all’affermazione di questi due principi è dedicata gran parte della sua opera della maturità (si vedano il “Dialogo” ed i “Discorsi“). E poi, forse che Descartes o Newton hanno fornito le prove del moto della Terra? Per tali prove occorrerà aspettare il XIX secolo: nel 1837 Bessel osserva la parallasse annuale di una stella (moto della Terra intorno al Sole) e nel 1851 Foucault realizza la sua celebre esperienza con il pendolo (moto della Terra su se stessa).

    Dopo l’introduzione di Poupard si susseguono otto saggi che intendono approfondire i vari aspetti dell”affaire‘ Galileo.

Padre Wallace

            Cominciamo col vedere cosa sostiene Padre Wallace, teologo americano. La sua tesi è che Galileo avesse un profondo debito culturale e scientifico verso i professori gesuiti del Collegio Romano. Wallace dà molta enfasi ad una – pretesa – nuova scoperta secondo la quale alcuni manoscritti galileiani sarebbero in realtà copie di lavori dei gesuiti. Wallace non dà però nessuna referenza. In particolare il “De Motu” di Galileo, che è del 1590 (lo scienziato aveva 26 anni e non si era ancora convertito al copernicanesimo) avrebbe tratto ispirazione da alcune lezioni che Padre Clavio ed altri tennero al Collegio Romano nel 1584. Anche se ciò fosse (restiamo in attesa della pubblicazione dei documenti), il “De Motu” è un lavoro assolutamente marginale. Ma non la pensa cosi Wallace, che arriva a sostenere che la fama di Padre della Scienza derivi a Galileo proprio da quest’opera

            Il lavoro prosegue con la ricerca di alcuni errori teologici di Galileo e gli influssi che l’Euclide del sedicesimo secolo, cioè Clavio (così lo chiama Wallace), e Valla ebbero sul giovane scienziato toscano. Secondo Wallace, comunque, Galileo non aveva ben assimilato gli insegnamenti del Valla, tanto che si ostinava a proporre come premessa di un sillogismo l’argomento da dimostrare.

            Qui bisognerebbe, una volta per tutte, mettersi d’accordo. Perché continuare a dire che Galileo si serviva della logica aristotelica, per sottolinearne poi gli errori? Basterebbe invece ammettere che Galileo era uscito dalla logica aristotelica e scolastica. Facciamo un esempio. Il corretto sillogismo aristotelico relativo alla scoperta delle fasi di Venere, si presenterebbe in questa forma: se il sistema planetario fosse eliocentrico, Venere presenterebbe fasi come la Luna. Il sistema planetario è eliocentrico. Perciò Venere presenta fasi come la Luna. Se però si fa attenzione, ci si rende subito conto che questo sillogismo è solo un buon esercizio mentale che nulla ha a che vedere con il dato sperimentale. Sarebbe stato necessario prima ammettere il sistema copernicano per poi dedurne l’esistenza. Galileo, infatti, costruisce un altro sillogismo, errato rispetto alla logica aristotelica, ma indicativo di un modo nuovo e diverso di ragionare: se il sistema planetario fosse eliocentrico, Venere presenterebbe le fasi come la Luna. Venere presenta le fasi. Perciò il sistema planetario è eliocentrico. Si tratta di un cambiamento radicale, non di errori rispetto alla logica precedente.

            Ma Wallace non termina qui. Leggiamo più oltre una sua stupefacente affermazione: “Galileo si dedicò a proseguire il programma di Clavio, nell’applicare la matematica allo studio della natura e nel generare una fisica matematica che potesse fornire valide spiegazioni causali sia per i fenomeni astronomici che per quelli fisici“. Si ha l’impressione che qui Wallace confonda Galileo con Kepler. Mai la matematica si pone in Galileo a priori, come un qualche cosa da cui poi poter far discendere la fisica come una sorta di teorema.

            Le manipolazioni continuano, e Wallace ci parla delle esperienze di caduta dei gravi dalla torre di Pisa, esperienze alle quali solo lui ormai crede (insieme alla leggenda della mela di Newton). Descrive poi Galileo empirista che lavora in un contesto aristotelico-euclideo-archimedeo, e poi continua e continua… L’ultimo mito contestato dal nostro è legato al processo del 1633. Dice Wallace che “nella mente popolare (sic!) è radicata la convinzione che Galileo offrì la prova conclusiva del sistema copernicano e che venne costretto dall’Inquisizione a giurare il falso, asserendo che la Terra era immobile“. Ma poiché Galileo non ha mai dimostrato niente del genere, il nostro teologo può concludere in modo ignobile: “Galileo accettò semplicemente sulla base della fede l’asserzione che la Terra non si muoveva, cosa che poté fare in tutta onestà, dal momento che non era riuscito a dimostrare il contrario”. Peccato che Galileo fosse così convinto della giustezza della sua condanna da pubblicare (in Olanda!) la più copernicana tra le sue opere i “Discorsi e dimostrazioni matematiche …”.

Padre Viganò

            Lasciamo Wallace per passare a Padre Viganò: il teologo italiano si intrattiene in una lunga disquisizione sul preteso diritto di Galileo di aspirare al titolo di filosofo. La questione, secondo Viganò, riveste una importanza particolare poiché fu proprio questa sua pretesa, insieme a quella di voler spiegare tutto, che lo perse. Se infatti si fosse accontentato del titolo di matematico non avrebbe avuto guai con l’Inquisizione. Occorre però ricordare al teologo e fisico Viganò alcune questioncine che nell’enfasi oratoria ha dimenticato:

1) Galileo si occupava di filosofia naturale (così si chiamava allora la fisica);

2) Galileo lavorava proprio per far uscire l’opera di Copernico dalla odiosa premessa di Osiander, che la relegava al mero rango di ipotesi matematica;

3) Viganò, e questa era probabilmente la questione più importante, sa che come ‘matematico’ guadagnava da cinque a dieci volte meno dei suoi colleghi ‘filosofi’ che insegnavano nella stessa Università.

           Ma Viganò fa finta di niente e prosegue con un ragionamento basato sulla confusione tra ciò che è empirico e ciò che è sperimentale. Dice infatti l’autore che il sistema aristotelico-tolemaico era quantomeno ordinato e comunque dotato di una qualche base sperimentale. Quando poi Galileo annuncia le sue scoperte con il telescopio, la maggior parte dei teologi e dei filosofi scolastici, secondo Viganò, si attenne ai principi insegnati da Aristotele e San Tommaso, “riconoscendo il primato dell’esperienza”. La teoria copernicana però non si poteva mostrare con l’esperienza, quindi …

            Dopo aver discusso con dubbia competenza di Bacone e Descartes, Viganò può concludere che Galileo non può essere ritenuto un filosofo in quanto si differenzia completamente da quelli che, all’epoca, erano ritenuti filosofi, come Bruno e Campanella. Ma chi è, allora, Galileo? Sorvolando sui suoi (di Galileo) toni di sprezzante superiorità (sic!) egli è in primo luogo un fisico che si eleva a considerazioni metafisiche. È un infortunio di passaggio al quale non si deve alcuna rivoluzione, che semmai spetta a Copernico. Tant’è che Copernico non fu messo all’indice (falso, ndr) e servì anzi per la riforma del Calendario.

Padre Jacqueline

            Padre Jacqueline, dottore in Diritto Canonico, aggiunge un’altra «perla» a questa collana. Secondo Jacqueline «è soprattutto Newton che, nel secolo XVIII, ha lasciato un’impronta nello studio della natura; il ruolo di Galileo fu allora minore e la sua fama si limitò piuttosto all’Italia». E, polemizzo io, padre Marsenne che faceva la spola tra Parigi e Firenze per vedere, apprendere, copiare, riferire, far pubblicare altri – come Pascal – senza citare Galileo, Torricelli ed altri? (Si veda allo scopo un mio lavoro su Sapere n. 12 del dicembre 1984).

Costabel

            Altro argomento contro Galileo viene ricavato da Costabel sulla scorta della sua infarinatura in questioni scientifiche. Su una (pericolosa) strada, aperta dal cattolico e sciovinista Duhem, Costabel sostiene che Galileo avrebbe creduto alla virtù degli esperimenti cruciali. Secondo Costabel, Duhem dimostrerebbe l’ingenuità di tale posizione: in fisica non esistono esperimenti cruciali. A parte il fatto che l’experimentum crucis fu introdotto nella fisica da Newton, cerchiamo di capire come stanno davvero le cose a proposito della possibilità o meno di esistenza di un tale esperimento.

            Costabel, che certamente è un conoscitore della fisica e della sua storia, saprà, ad esempio, che la teoria corpuscolare della luce prevedeva che quest’ultima avesse una velocità maggiore in mezzi più densi. Tutto ciò era l’esatto contrario delle previsioni della teoria ondulatoria. Vediamo se ci capiamo: un esperimento che misurasse la velocità della luce in mezzi di diversa densità e stabilisse che questa velocità è minore in mezzi più densi, che tipo di esperimento è? È un tipico esperimento cruciale (experimentum crucis): tra due teorie se ne discrimina una a seguito di dati fatti sperimentali. Che poi questa teoria, quella che ha momentaneamente vinto, sia una teoria vera in assoluto e sempre, beh, questo è un altro discorso (la verità in fisica e nelle scienze non esiste, vi sono solo parziali verità sempre da aggiornare. La verità è un concetto esistente solo in metafisica). E come facciamo, una volta ammessa una data teoria, a sbarazzarci di essa? Proprio servendoci dei metodi introdotti da Galileo, dott. Costabel! E di esempi di esperimenti cruciali la fisica ne offre a decine. Ma questo non è mai stato un problema per nessuno (salvo per qualche epistemologo) e certamente non lo era per Galileo. Ciò che colpisce è il riferimento a Duhem, un preteso storico francese, preso sul serio solo da qualche francese, che ha tra i suoi meriti principali l’essere, appunto, cattolico. Ma poi, occorre andare a ripescare agli inizi del 1900 per ritrovare uno degno della fiducia di un cattolico? Vi assicuro che vi sono dei contemporanei epistemologi, storici e cattolici. Il fatto è che non sostengono le baggianate di Duhem. Questo richiamo è però qui non casuale ma finalizzato. Anche Duhem infatti batte sul ritornello del Galileo che non ha dimostrato la teoria di Copernico. Ma di questo abbiamo già parlato. Mancava solo da dire che l’opera di Galileo è certamente servita a distruggere tutta la fisica e la cosmologia aristotelico – scolastica, terreno estremamente propizio per seminare la nuova fisica. Ma poi, che forse Newton ha mostrato la rotazione della Terra intorno al Sole? Lo ha fatto Descartes?

            E dopo le sue dotte disquisizioni, Costabel conclude il suo intervento con una di quelle frasi di squalifica che accompagnano ogni dotto intervenuto in questo aureo libro. Secondo Costabel, Galileo “riponeva tutta la sua fede di scienziato nel ruolo degli artifici matematici allo scopo di salvare globalmente i fenomeni“, era un “teorico della fisica astratta“.

Béné

            La ciliegina sulla torta spetta al fisico francese G. J. Béné. Questi inizia con l’affermare che Galileo sbagliava, mentre Urbano VIII aveva ragione. Inoltre lo scienziato faceva “confusione tra movimento relativo e movimento assoluto“. Infatti, “nella sua controversia indiretta con Bellarmino sul movimento relativo, è Bellarmino che ha ragione, e non Galileo“. Béné, che ha il coraggio di arrivare a citare Zichichi in una sua intervista al settimanale Gente (nota rivista scientifica), ci dice, in accordo con Duhem, che la rivoluzione scientifica era nell’aria già nel Medio Evo, e che quindi Galileo ha fatto ben poco. Inoltre lo scienziato voleva dimostrare il moto della Terra attraverso le maree (è un chiodo fisso di vari relatori, n.d.r.) quindi, secondo Béné, “il ritiro del libro (il “Dialogo sui Due Massimi Sistemi”) si inserisce nello stesso contesto del rifiuto di un lavoro riconosciuto inesatto dal comitato scientifico di un serio giornale moderno“. Capito? E proprio quell’interpretazione delle maree da parte di Galileo è, secondo Béné, all’origine della sua condanna. E poi, perché accanirsi tanto contro la Chiesa per questo processo? “Che la Chiesa abbia invitato alla prudenza gli scienziati che trattavano l’eliocentrismo, è cosa certa; ma in tutti gli altri campi, lo sviluppo scientifico non ha subito di fatto alcun intralcio“. Ma poi, e questa è la cosa più importante (già annunciata nella Premessa), “Galileo serve anzitutto d’argomento come giustificazione della lotta antireligiosa e specialmente anticristiana. Infatti egli è stato recuperato dai marxisti sovietici” i quali, ignavi, non sanno che Galileo è anche esempio per gli avversari dei sovietici: basta confrontare “il processo di Galileo con tutti i processi sovietici agli scienziati che non rispettavano i criteri del marxismo“.

Un rosario di sciocchezze

            Cerco ora di dare una panoramica di alcune delle infinite inesattezze e dei gravi errori sostenuti nel libro.

– Vinaty si ostina a sostenere una posizione manifestamente infondata e cioè che Copernico avrebbe sostenuto l’infinità dell’universo;

– Poupard sostiene che le onde gravitazionali sarebbero state sperimentalmente accertate e ciò, fino al momento in cui scrive, è falso;

– Jaqueline fa scrivere a Newton delle cose nel 1633, quando ancora doveva nascere. E neanche a dire che si tratti di un refuso: il contesto mostra la correttezza di quanto dico;

– Jaqueline afferma che la Chiesa non ce l’aveva con la teoria copernicana, tanto è vero che le opere di Copernico non furono messe all’Indice fino al 1616. Purtroppo la malafede è manifesta in chi dimentica la prefazione di Osiander, proprio per far uscire l’opera di Copernico dalla gabbia di tale prefazione, Galileo subì la sua condanna (e da quel punto tutti e due all’Indice!);

– Jacqueline, citando W. Brandmuller, afferma che nel 1616 nessun’opera personale di Galileo fu espressamente messa all’Indice. Tipica furbizia che può ingannare solo chi non conosce le vicende occorse: che cosa si doveva mettere all’Indice? il Nuncius Sidereus? le opere in cui Galileo tratta di meccanica? di fortificazioni? del compasso? … II Nuncius Sidereus sembrerebbe la più incriminabile ma l’averlo fatto avrebbe ridicolizzato l’intera Corte Pontificia per il semplice fatto che al momento in cui questo libro uscì tutti lo applaudirono freneticamente compreso il cardinale Barberini, futuro Papa indegno;

– Béné, citando Zichichi (solo questo fatto basterebbe per ridicolizzare l’intero libro), dice che Galileo, uomo di fede, si è piegato davanti alla Chiesa … Come interpretare allora l’intera operazione avvenuta alle spalle degli stretti controllori di Galileo, che lo portò a pubblicare in Olanda la più copernicana delle sue opere (i “Discorsi“)? Mi sembra si debba piuttosto dire che Galileo si è piegato alla forza della Chiesa;

– Béné afferma che, dopo la condanna di Galileo, la Chiesa avrebbe invitato, molto parzialmente in quel momento, alla prudenza gli scienziati che trattavano l’eliocentrismo. Ed aggiunge che in tutti gli altri campi, lo sviluppo scientifico non ha subito di fatto alcun intralcio. Sta di fatto che, da quel momento, il baricentro della ricerca scientifica si sposta dall’ Italia al centro ed al nord d’Europa (in Italia sopravvivono essenzialmente matematici e studiosi di biologia). Questo spostamento di baricentro lo si può intendere anche osservando che lo scienziato, all’epoca, era uno studioso complessivo: non lo si poteva appartare da un campo di ricerca così importante senza che l’intero edificio della sua ricerca crollasse interamente (a proposito del citato spostamento di baricentro, si può vedere un eccellente lavoro di Gingerich su “Le Scienze” n. 170).

            Vi sono poi altre questioni che vanno brevemente discusse. Come abbiamo già detto il libro in oggetto nasce come lavoro collettivo di una Commissione di studio coordinata dal Card. Garrone ed avente come responsabile Mons. Poupard. Non è quindi un lavoro nel quale debbano comparire interventi discordi sul dato tema. Qualcosa però non ha funzionato. Probabilmente la presunzione che l’essere cattolici avrebbe fornito una garanzia all’omogeneità degli argomenti discussi. Vi sono nei diversi contributi delle discordanze che, quanto meno, lasciano perplesso il lettore. Vediamone qualcuna.

–         Mentre Vinaty sostiene che nel 1616 Galileo non giocava il ruolo di imputato ed è improprio parlare di un primo processo, di contro Viganò parla esplicitamente di un primo processo a Galileo.

— Secondo Jacqueline è falso sostenere, come fa Rupert Hall, che i libri di Galileo siano rimasti all’Indice fino al 1818; la data effettiva sarebbe il 1758. Quattro pagine oltre Costabel afferma che le opere di Copernico sarebbero state tolte dall’Indice nel 1757, mentre quelle di Galileo nel 1822. Secondo Russo l’opera di Copernico fu tolta dall’Indice nel 1835. Mi pare vi sia un poco di confusione.

— Riguardo poi al ruolo che Galileo assegnava alla matematica, Costabel sostiene che Galileo riponeva tutta la sua fede di scienziato nel ruolo degli artifici matematici allo scopo di salvare globalmente i fenomeni (come già detto). Campbell (l’unico che ha scritto qualcosa di serio, attento e documentato) afferma giustamente che Galileo non credeva nell’opinione secondo cui la scienza trova la propria verità solo nelle forme e relazioni matematiche.

– In altro luogo abbiamo già detto quale ruolo Wallace assegna a Clavio: colui che sarebbe stato alla base della produzione scientifica che rese famoso Galileo, l’Euclide del sedicesimo secolo. Più oltre Béné si lascia scappare che Clavio rifiutava quanto Galileo mostrava dal suo cannocchiale a proposito delle asperità della Luna. Secondo Clavio le valli e le montagne della Luna sono ricoperte da una sostanza assolutamente trasparente che permette all’astro di essere sferico malgrado le apparenze.

– Riguardo infine alle prove che Galileo avrebbe fornito a sostegno del moto della Terra, mentre Wallace e Costabel insistono sul fatto che non vi sarebbero, per contro Vinaty, citando Stillmann Drake, afferma che vi sarebbero.

            Non mi spingo oltre perché credo che l’essenziale sia stato mostrato. Restano alcune considerazioni.

Conclusione

            Solo due parole, perché la, conclusione è evidente dalle cose che ho fin qui detto.

1) La collocazione del fascicolo «Processo a Galileo» negli Archivi del Vaticano è sotto la voce «criminale» (tra le possibili: dottrinale, giurisdizionale, civile ed economica. E ciò anche per contestare il superficiale libro di P. Redondi, Galileo Eretico, Einaudi 1983, nel quale si sostiene che Galileo fu condannato per motivi dottrinali).

2) La maggior parte degli autori del lavoro del quale abbiamo parlato fanno parte del Segretariato per i Non Credenti. Diversi altri lavori sull’argomento sono pubblicati sulla rivista del Segretariato, Ateismo e Dialogo.

3) Quanto la Chiesa fosse laica rispetto ai problemi della scienza può essere mostrato dal livello della Fisica nello Stato Pontifìcio al momento della liberazione del 1870 [come esempio posso dire che alla Sapienza, a Fisica, vi era la Cattedra di Fisica Sacra in cui la fisica veniva ordinata in sei capitoli, proprio per riprodurre le materie utilizzate da Dio nella Creazione].

            In conclusione, sembra di capire che Galileo sia stato riabilitato perché era politicamente conveniente. E siccome «il volgo» non sa di queste cose e si accontenta dei titoli dei giornali, riabilitiamo. Senza però modificare una virgola del giudizio su Galileo; tanto queste cose le leggeranno in pochi.

            Ma c’è una cosa su cui sarebbe teoricamente possibile provare la buona fede dei riabilitatori: perché non aprono agli studiosi gli Archivi Vaticani, ancora sigillati, per permettere una serena ricerca su ogni questione connessa con Galileo (e non solo)? O dobbiamo attendere una nuova Repubblica Romana?

____________________-

(*) Già che sono in argomento su quanto falsamente attribuito a Galileo tolgo di mezzo altre sciocchezze.

Galileo non ha inventato il telescopio. E’ vero, è inutile insister facendogliene una colpa. E’ lo stesso Galileo che ce lo dice nel Sidereus Nuncius:

Circa dieci mesi fa ci giunse notizia che era stato costruito da un certo Fiammingo un occhiale, per mezzo del quale gli oggetti visibili, pur distanti assai dall’occhio di chi guarda, si vedevan distintamente come fossero vicini.

Serva da invito ai denigratori di leggersi l’opera di Galileo.

Galileo non ha fatto alcune esperienze, le ha solo immaginate. Vero e solo chi non sa nulla di scienza può sostenere che questa è una colpa. O si crede che Schrödinger abbia preso un gatto e lo abbia messo in una scatola?

Galileo non ha fatto esperienze facendo cadere dei pesi dalla torre di Pisa. Vero, ma si vuole dire quando Galileo l’avrebbe sostenuto?

Galileo non ha dimostrato che la Terra gira intorno al Sole. Sbagliato ma per affermarlo dovrei parlare a persone almeno colte. Dico solo che Galileo ha dimostrato almeno due leggi fisiche che servono a dimostrare che la Terra è in moto: principio di relatività (se guardiamo da qui è la il Sole che ci gira intorno ma, guardando dal Sole è la Terra che gira intorno); principio d’inerzia (le cose che sono solidali con la Terra si muovono con essa e non vengono scagliate via dalla sua rotazione).

Aspetto i detrattori di Galileo che almeno una volta dicano cosa ha fatto questo povero personaggio per essere noto in tutto il mondo come colui che ha dato inizio alla scienza fisica con metodo sperimentale.



Categorie:Galileo Galilei, Religione, Storia

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