E CERTAMENTE SONO SCIOCCHEZZE MESSE IN GIRO DAI MOLTI NEMICI DELL’UOMO DI ALCAMO!
TUTTI COMUNISTI!
Quando si critica il prof. Zichichi, sembra quasi si tocchi un mito che non può essere criticato in quanto Unto (pure lui!) dal Signore. Ma come è possibile parlare male di tanto ingegno? Perché ce l’ hanno tanto con lui?
Occorre risalire alle origini, a tanto tempo fa, quando il picciotto di Alcamo iniziò a studiare fisica. A Catania ebbe un eccellente maestro, il fisico Marcello Cini, che aveva il gravissimo difetto di essere (come è ancora oggi) un comunista. Che ti fa l’alunno Zichichi? Non ti diventa comunista per ingraziarsi i favori del Cini! E’ un poco l’indizio che farà capire ogni sua mossa in futuro. Tutte queste mosse sono abbastanza note (sbavante di fronte a qualunque potere!) e forse sono alla portata di tutti. Ma una delle peggiori cattiverie su Zichichi, che indica il basso livello morale dei comunisti che lo criticano, è la storia (certamente falsa!) seguente.
Tanti anni fa il Zichichi si laureava in fisica. Era un fragile personaggio che non avrebbe avuto futuro se non fosse intervenuto un fatto straordinario. Il grande fisico italiano Gilberto Bernardini (l’evangelizzatore di Firenze alla fisica moderna, introdotta da Fermi) ebbe una figliola che si era sposata con un suddito dell’India che studiava in Italia. Dalle nozze fu concepito un figliolo. L’indiano fece un viaggio in India ed una malattia lo uccise. La giovane sposa Bernardini si trovò in stato interessante e vedova. Data l’epoca, la situazione si presentava abbastanza difficile.
Ma qui venne la grande idea di Zichichi, idea che lo lanciò nel mondo della fisica. Si presentò a Gilberto e disse papale papale: “la figliola la sposo io, non si preoccupi“.
Detto e … fatta la carriera di Zichichi.
Debbo dire che queste cose le riporto solo per dovere di cronaca convinto come sono che Zichichi è al di sopra di ogni sospetto, anche perché EGLI viaggia in coppia con Dio (come quell’altro …. come si chiama? … banana? …).
Per gli altri aspetti della produzione zichicca, riporto di seguito alcuni articoli, interviste, brani o recensioni che lo riguardano.
Roberto Renzetti
PROPOSTA PER L’ATTRIBUZIONE DEI PREMI
IG NOBEL PER LA FISICA E PER LA MATEMATICA
AL PROFESSOR ANTONINO ZICHICHI
Giovanni Pelazza
Presidente dell’Associazione per lo Scambio Culturale Italo Statunitense
Aprile 2002
L’ASCIS – Associazione per lo Scambio Culturale Italo Statunitense – propone di assegnare al Prof. Antonino Zichichi i Premi Ig Nobel per la Fisica e per la Matematica come meritoria ricompensa all’opera di divulgazione scientifica da Egli svolta durante la trasmissione televisiva “Mattina in famiglia” in onda su RAI2 la Domenica mattina intorno alle ore 9.
Il sublime sprezzo del pericolo dimostrato dal Prof. Antonino Zichichi nell’affrontare qualunque tema a lui proposto e qualunque espressione facciale tra l’assopito e il disgustato dei conduttori della trasmissione televisiva fanno dello Zichichi stesso il nuovo Galileo (come lo intende Zichichi stesso), luce erompente nelle tenebre oscure dell’umana ignoranza!
La nostra associazione non vuole privare gli Stati Uniti d’America di un tale genio e come di gesto di riconoscenza per l’aggraziata posa di moderne strutture – quali i McDonald’s – nei fatiscenti centri storici di alcune delle città d’arte italiane propone il trasferimento – anche coatto – del Prof. Antonino Zichichi oltre Atlantico.
Si spera che “Scientific American” non faccia subire al Prof. Antonino Zichichi il trattamento – indegno di un genio della sua statura – a lui riservato dall’edizione italiana di tale rivista (“Le Scienze”; vedi polemiche sugli ultimi numeri della rivista).
In ogni caso, il genio del Professore potrà consentire agli Statunitensi di avvantaggiarsi nella corsa verso il Dominio Assoluto del Mondo risolvendo per loro alcuni sgradevoli problemi e paradossi propri di una democrazia liberale basata una realtà pragmatica.
Dal disgusto per il teorema sull’inesistenza della democrazia come sistema logicamente non contraddittorio (dimostrazione di Kenneth Arrow nel 1951, premio Nobel per l’Economia nel 1972) al dramma del libero mercato tendente all’equilibrio soltanto nel caso – piuttosto ristretto. – di due sole merci (già tre sole merci rendono un mercato globalmente instabile e che non risulta affatto guidato da alcuna fantomatica mano invisibile; dimostrazione da Herbert Scarf nel 1960) fino alla sgradevolezza delle risultanze sperimentali del teorema di Bell (vedi i famosi esperimenti di Alain Aspect nel 1982) in netta contraddizione con l’ipotesi del realismo ingenuo (quello che propone l’esistenza di una REALTA’ fisica!) e senza dimenticare l’orrore della fuzzy logic: in questi e in altri campi – come per esempio il trovarsi in buona compagnia con Stephen Hawking e Stephen Jay Gould nel consentire alla fede religiosa di mantenere un TRIO di piedi nell’ambito sociale – la nostra Associazione è certa di fornire agli Stati Uniti d’America una risposta definitiva e dissipante ogni dubbio / contraddizione / problema grazie al Prof. Antonino Zichichi, novello Alfiere della marcia verso una Scienza Più Consona alle Esigenze del Mercato, del Profitto e Miglioramento Eugenetico della Razza Umana (naturalmente come Razza Umana si intende la sola Caucasica e Cristiana, l’unica possibile di Migliorare sotto la Guida della Forza Spirituale di Chi Ha Fatto L’Universo).
Purtroppo il mezzo utilizzato per tradurre in lingua inglese questa proposta – BABELFISH di ALTAVISTA – impedisce di assaporare fino in fondo la frasi del Prof. Antonino Zichichi (ciò non vuol dire che coloro che comprendono l’Italiano siano in grado di farlo). Speriamo bastino i titoli della produzione letteraria del Prof. Antonino Zichichi: due titoli su tutti “Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo (tra Fede e scienza)” (sob) e “Galileo Divin Uomo” (sigh); o alcune delle sue idee: l’evoluzionismo è un complotto degli atei, Galileo Galilei era in sintonia con la Chiesa del suo tempo, Kant e Hume non avevano capito alcunchè (grazie a E. Belloni per aver citato solo queste tre idee di Zichichi sul numero di Marzo 2002 di ‘Le Scienze’ evitandone altre ancor degne del personaggio; “alla fisica bastano i numeri razionali”: abbisogna qualche ulteriore commento?).
Imploriamo però la trasmissione televisiva BLOB di RAI3 – una sorta di AIR della televisione http://www.blob.rai.it – di montare uno SPECIAL ZICHICHI e di farvelo avere su http://www.improb.com o su http://www.improbable.com o su “Annals of Improbable Research (AIR) P.O. BOX 380853 Cambridge, MA 02238 – USA – Tel. 001 (617) 491-4437 – Fax 001 (617) 661-0927”. In Italiano è disponibile il libro “La scienza improbabile – il meglio degli < >” a cura di Marc Abrahams, edito da Garzanti (12,91 Euro).
Imploriamo tutti coloro che riceveranno questo messaggio di inoltrarlo ad amici e conoscenti: abbiamo fatto fuori la Lira, facciamo fuori pure Zichichi e – se ci prendiamo la mano – potremo liberarci di Giovanni Agnelli spedendolo all’Isola di Tonga, di Silvio Berlusconi & C per i quali basta San Vittore e magari perfino del Papa “donandolo” agli USA così come i Francesi donarono loro la Statua della Libertà, sperando che gli USA non rispondano a ciò con le armi nucleari, chimiche o biologiche.
Imploriamo anche di richiedere a BLOB lo SPECIAL ZICHICHI su http://www.blob.rai.it: se volete fare da voi, videoregistrate gli appassionanti interventi di Zichichi a “Mattina in famiglia” per scoprire come è facile farsi rapire dal tasto REWIND del vostro VCR per potervi beare di alcune perle degne dei migliori surrealisti. E scrivete anche a AIR su http://www.improb.com o su http://www.improbable.com per convincere loro a dare gli Ig Nobel per la Fisica e per la Matematica a Zichichi!
Inoltrate, inoltrate, inoltrate! E mandatecene copia su ASCIS_Presidenza@yahoo.it. Oppure delazionate gli indirizzi di vostri amici e conoscenti: invieremo loro tutto il materiale necessario a comprendere come questa nostra proposta rappresenti l’idea migliore del primo decennio del XXI° secolo!
Giovanni Pelazza, Presidente dell’Associazione per lo
Scambio Culturale Italo Statunitense
P.S.: Alcune male lingue individuano nella nostra Associazione uno dei bracci armati dei tanti movimenti anti-statunitensi, anti-atlantisti, ecc ma voi non credeteci! Il fatto che gli Europei abbiamo fornito i loro migliori scienziati a Statunitensi e Sovietici per costruire gli ordigni nucleari nella speranza di una loro reciproca distruzione – senza danni per l’Europa – è solo una pura coincidenza. E comunque Zichichi può fare per gli Stati Uniti d’America molto, ma molto di più, di Fermi: abbiate fiducia, amici Statunitensi, prendetevelo e – soprattutto! – TENETEVELO! Noi, in cambio, non useremo più BABELFISH per tradurre dall’Italiano all’Inglese: ci sembra uno scambio equo!
P.S.(2): Abbiamo anche un Anti-Zichichi, il mitico Piergiorgio Odifreddi che già nel 1994 aveva inquadratoil personaggio. Eccovi alcuni stralci da http://www.vialattea.net/odifreddi/zichichi.htm.
P.S.(3): ma anche L.D. non scherza in quanto a disinfestazione dal Zichichi pensiero su http://www.racine.ra.it/astrofaenza/segni_zodiac_calendario.htm.
P.S.(4): e tal Claudio Lopresti dà una mano anche lui su http://digilander.iol.it/elam/bibbia/annozero.htm#zichichi.
P.S. (5): ed infine una citazione di una frase pronunciata da Antonino Zichichi durante Telethon: “Il Papa e noi scienziati difendiamo questa ingegneria genetica di cui Telethon è un grande messaggero di pace e di progresso civile”. Il Papa? Gli scienzati? Solo “questa” ingegneria genetica? E l’altra? E come le distinguono? Misteri della fede.
P.S.(6): una sfida! Costruire una Logica – da cui dedurne una Geometria Galileiana e Razionale per la Fisica e una Grammatica Universale della Creazione per Colui che Ha fatto il Mondo nonché la Scienza Perfetta ad Uso e Consumo del Divino, dell’Inesplicabile e della Cucina dell’Ericese – dati i seguenti assiomi:
1.) Dio c’è
2.) Io pure
3.) L’infinito è contenuto nel finito (infatti è “in finito”)
4.) Le reti neurali possono essere sostituire da reti prioniche (vedi Risonanza Magnetica del Cervello di Zichichi)
5.) per il cervello di Zichichi passa uno e uno solo concetto coerente contemporaneamente (effettivamente questo assioma può essere sostituito con versioni non euclidee dello stesso in modo da includervi il caso in cui non passa alcun concetto corente contemporaneamente – molto probabilmente il più realista tra i possibili sostituti dell’assioma – oppure passano infiniti concetti coerenti tra loro contemporaneamente)
P.S.(7) sapendo che nessuno ha avuto il coraggio di accettare la sfida del P.S.(6) ecco qui un bel passatempo: quanto pagherà la televisione pubblica italiana gli interventi di Zichichi? La nostra associazione non è riuscita a trovare alcun indizio: qualcuno ci vuole aiutare?
PREMIAZIONI
Lei è IgNobel
Calcoli della superficie d’un elefante, sfide irritanti con gli acari, studi sulle perversioni sessuali degli struzzi. Sono tra le ricerche insignite quest’anno col Nobel dell’assurdo. Una valletta racconta l’esilarante cerimonia a Harvard
di Sylvie Coyaud
Foto di R. Arguilla
Nonostante l’età superiore e le misure inferiori a quelle di miss Italia, ho appena fatto la valletta ai premi IgNobel. Sono assegnati ogni anno a dieci ricerche inattese, bizzarre, che fanno pena o tenerezza e comunque ridere, durante una cerimonia che si svolge tradizionalmente – dal 1990, il che negli Stati Uniti è un tempo sufficiente per parlare di tradizione – il giovedì precedente la “settimana santa” di ottobre, in cui sono annunciati i premi Nobel veri. L’idea di temperare l’altezzosità di questi ultimi con una dose di goliardia è venuta in mente a un gruppo di scienziati burloni. Sono capeggiati da Marc Abrahams, il direttore degli Annals of Improbable Research, mensile dedito alla derisione delle ricerche da non riprodurre, le cui iniziali si leggono AIR, aria, mentre la versione on-line si chiama Hot Air, aria fritta (in italiano è disponibile Il meglio della ricerca improbabile, un’antologia pubblicata da Garzanti). Per apprezzarne la vena iconoclasta, bisogna tener presente che una ricerca esiste nel momento in cui viene pubblicata, e viene pubblicata perché altri la riproducano e ottengano, se possibile, gli stessi risultati, i quali diventano da quel momento la base di nuovi esperimenti e ricerche. Perfino una valletta sa che, stando a certi filosofi, la scienza procede per grandi rivoluzioni quando cambiano i paradigmi, le metafore o i valori. Il comitato IgNobel sostiene, al contrario, che la scienza va avanti a piccoli passi, tra contraddizioni, errori, tentennamenti. Marc Abrahams e i suoi complici puntano i riflettori su lavori ridicoli ma anche su scienziati che non temono il ridicolo, e i premi oscillano tra sarcasmo e sentimentalismo. Due esempi. I telepredicatori Jack e Rexella Van Impe hanno ricevuto l’IgNobel della cosmologia per aver determinato la perfetta coincidenza tra i parametri stabiliti da Dio per l’inferno e quelli stabiliti dagli astrofisici per un buco nero. Il premio era stato dato con intento sarcastico, ovviamente. Il veterinario Robert Lopez, invece, è stato premiato per essersi infilato nell’orecchio certi acari nerastri che tormentano i gatti, soprattutto i cuccioli che si grattano a sangue e contraggono infezioni peggiori, o sono assordati dall’attività dei parassiti al punto di non sentire i richiami materni, di perdersi e morire. Il dottor Lopez aveva patito i morsi dolorosi e il fracasso notturno degli acari che risalivano a brucare cerume nelle profondità del suo orecchio destro, e scoperto così che bastava lavarlo con acqua tiepida per eliminare il disturbo (prima ai gatti venivano somministrati antibiotici, inutili ma redditizi per i veterinari, o pomate puzzolenti, altrettanto inutili). Spinto da una curiosità indagatrice degna di Louis Pasteur, era andato oltre. A un mese di distanza si era reinfilato acari, sempre prelevandoli dai suoi “pazienti”, prima nell’orecchio destro, poi in quello sinistro, scoprendo di aver acquisito nel frattempo un’immunità parziale ma sufficiente a rendere i parassiti meno molesti. Noi vallette eravamo state convocate due ore prima della cerimonia. Le prove si sono tenute nel prestigioso Sanders Theatre dell’università Harvard. È una cattedrale neogotica in mattoni rossi, con un auditorio a gradinate di 1200 posti e un palco dove per lo più si celebrano ammissioni all’Accademia delle scienze (il sabato dopo gli IgNobel, ci accedeva l’ex primo ministro Giuliano Amato insieme ad altre 99 celebrità), o si ascoltano concerti di musica classica in religioso silenzio. Quel giovedì invece, dietro le quinte, premi IgNobel ancora in pectore ripetevano il proprio discorso davanti ai premi Nobel d.o.c. che avrebbero consegnato loro l’onorificenza (mascelle di plastica a molla che battevano i denti in cima a un’asta di ferro). Un signore e una signora si spalmavano vicendevolmente vernice d’argento dalla punta dei capelli alle dita dei piedi. Con in mano una torcia elettrica, avrebbero poi interpretato “i faretti umani”. Più avanti, gente in camice bianco metteva a punto gli “esperimenti lampo”, durata massima 3 minuti, tra fumi nauseabondi e scintille. Scienziati illustri borbottavano tra sé fissando la lancetta di un cronometro. Avrebbero poi tenuto i leggendari seminari “24/7” che dal palco degli IgNobel si diffondono spesso nelle aule universitarie e sulle riviste serie. Si tratta di descrivere in 24 secondi i concetti fondamentali, i metodi e gli strumenti di una determinata disciplina e di riassumerne la portata in una frase di non più di sette parole comprensibili anche al vulgum pecus (vedi box). Noi vallette – un giapponese, un rumeno, una brasiliana, una tedesca, un bambino cinese di tre anni, tenuto in braccio da un gigante che pareva il mostro di Frankenstein, e io – ci siamo ritrovate davanti la capocorista Karen Hopkin, ideatrice di un calendario simile a quello di Playboy ma fatto di soli ricercatori e intitolato “Sotto il camice il fusto” (è già esaurito). Dopo le canzoni high-tech delle Dresden Dolls, appena meno tormentose degli acari, toccava a noi aprire la cerimonia, annunciando ognuna nella propria lingua le delegazioni delle società scientifiche che sfilavano sotto il palco. Dietro di noi, intanto, le autorità – futuri premiati raggiunti a sorpresa da David King, il consulente scientifico del governo inglese, e in prima fila Nobel d.o.c. armati di trombette in plastica rossa – erano accompagnate ai propri scranni da maggiordomi e minordomi in frac e casco da moto o berretto a sonagli. Tre soprano si accomodavano accanto al pianoforte e Marc Abrahams si avvicinava al pulpito, maestro di cerimonia in tenuta da principe Carlo il giorno delle nozze con Diana, ma cenciosa. Marc ha fatto scendere dal palco fotografi e cameramen ed è partita la premiazione, inframmezzata dai seminari “24/7”, dagli esperimenti e da un’opera in tre atti interpretata dalle soprano. Verteva sull’uso del gergo tecnico-scientifico per ingannare i creduloni, e suscitava urla di approvazione nei loggioni traboccanti di studenti che, armati con migliaia di aeroplanini di carta, bombardavano la platea e il palco e ne erano bombardati di rimando. In mezzo al parapiglia, si creavano attimi di calma in cui ogni ricerca insignita veniva commentata in videoconferenza o di persona da un Nobel d.o.c. prima che l’IgNobel di turno si giustificasse in 60 secondi. Se li superava, una bambina (la temuta Miss Sweetie Poo, che dal 1998 dichiara sempre nove anni appena compiuti) dai lunghi capelli biondi sparsi sul vestitino a nido d’ape, occhiali cerchiati di ferro e macchinetta sui denti, gli marciava incontro declamando “Via, m’hai stufata, via, m’hai stufata”. A metà spettacolo, Marc Abrahams chiamava sul palco chi avesse trovato nel programma distribuito all’ingresso una pagina disegnata a mano: aveva vinto una cena a tu per tu con l’ottantenne ma vispo William Lipscomb, clarinettista della cerimonia sin dal 1992 nonché premio Nobel per la chimica 1976. Anche questa volta i fan italiani che avevano candidato il fisico Antonino Zichichi sono rimasti delusi, ma va detto che la concorrenza era rude in tutte le discipline. Il premio per la fisica è andato ad Arnd Leik, dell’università di Monaco di Baviera, specialista del decadimento radioattivo delle particelle dell’università: “Ha dimostrato la legge esponenziale del decadimento applicata alla schiuma della birra, svolta con una fisica chiara ed elegante che affronta da un punto di vista complementare i miei stessi lavori” ha detto Dudley Herschbach (Nobel per la chimica 1986), incline anch’egli a rallegrare gli studenti facendo esperimenti in aula con la birra. In biologia, ha dichiarato Richard Roberts (Nobel per la medicina 1993), “la ricerca dei premiati è insuperabile per originalità”. Pubblicata sotto il titolo Comportamenti di corteggiamento dello struzzo (Struthio camelus) verso gli esseri umani di allevamenti britannici, deduce da osservazioni sul campo che gli struzzi si sono innamorati dei loro badanti al punto di trascurare la riproduzione. Perciò gli allevamenti stanno fallendo. Il Calcolo stimato della superficie totale dell’elefante indiano (Elephans maximus indicus) dei due indiani premiati per la matematica, invece, era un gioiellino di geometria fine. L’IgNobel per l’economia, un po’ scontato dirà qualcuno, ricompensava poi i dirigenti di 28 multinazionali quali Arthur Andersen, Enron, Tyco e WorldCom “per avere adattato al mondo degli affari il concetto matematico di numeri immaginari”. Anche in questo caso nessuna azienda italiana era in grado di competere né per fatturato né per scorrettezza. Quei dirigenti sono stati gli unici premiati a non presentarsi alla cerimonia. Gli altri erano venuti apposta chi dall’Inghilterra (oltre agli osservatori di struzzi in amore, il chirurgo autore di Asimmetria scrotale nell’uomo e nella scultura antica), chi dal Giappone (gli inventori del computer che traduce dal linguaggio del cane in lingua umana e viceversa) o dall’Australia (il biologo che ha analizzato colore, consistenza e contenuti del sudiciume accumulato nell’ombelico di centinaia di soggetti). Sarà masochismo?, chiedeva a Marc Abrahams la valletta, stupita che ogni anno ricercatori e inventori si pagassero il viaggio di tasca propria per farsi prendere gentilmente ma pubblicamente in giro. “No”, ha risposto, “sembrano proprio divertirsi come matti anche loro. Il perché resta uno dei grandi misteri della scienza”. (Le fotografie sono di Harvard University News Office).
24 secondi e 7 parole Ecco il seminario “24/7″ tenuto da Anne Hart, professore alla Harvard School of Medicine. In 24” ha descritto la propria disciplina: “Per spiegare la nostra capacità di cogitare basandosi sui principi dettati da Hebb, Cajal e Sherrington, neuroscienziati, studiano corteccia e cervelletto, neuroni, astrociti gliali e corpo calloso con l’ausilio di immunoistologia e neuroanatomia, biologia molecolare, elettrofisiologia genetica classica e neurofarmacologia nonché di spettrometria di massa, doppi filamenti di Rna e proteine, etologia, microscopia elettronica, biochimica e di nuovo elettrofisiologia, per integrare i dati dell’Homo sapiens nella C. elegans e chiarire i fondamenti della nostra coscienza”. In sette parole ha riassunto lo stato della ricerca: “Il cervello è tuttora incapace di capirsi”.
http://www.dweb.repubblica.it/archivio_d/2002/10/19/attualita/attualita/177lei322177.html
La candela
di Elio Fabri(37-ma puntata)
Riprodotto da “Naturalmente”, Bollettino di informazione degli Insegnanti di Scienze Naturali
Anno 15, n. 3 (ottobre 2002)
Ultima revisione: 30-1-03
–Ogni tanto mi capita di leggere, per dovere d’ufficio, libri che altrimenti non leggerei. Il “dovere d’ufficio” consiste nel fatto che essendo impegnato, anche con questa rubrica, in un lavoro di diffusione e critica d’idee scientifiche, debbo tenermi informato su ciò che pensano e scrivono autori magari famosi ma che sento molto distanti, per una ragione o per l’altra.
– Chi legge questa rubrica sa poi della mia attenzione alla figura di Galileo: forse non c’è puntata dove non mi sia capitato di citarlo; e forse qualcuno avrà anche pensato che esagero… Fate due più due, e siete arrivati: se esce un libro dedicato a Galileo come posso non leggerlo? Avrete sicuramente capito che sto parlando dell’ultima fatica di A. Zichichi: Galilei, divin uomo (Il Saggiatore, 2001).
– Avete letto bene: “Galilei”, non “Galileo”. Infatti l’Autore ci avverte fin dalla pagina di risguardo che a lui non piace che G. venga chiamato per nome (forse gli sembra un’irriverenza?). Non importa che tutti dicano Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Tiziano … e che questo sia più un omaggio a una fama mondiale e imperitura, che un segno di confidenza: per lui G. va chiamato per cognome. Perciò lo stesso faremo con lui: non ci permetteremo di chiamarlo Antonino, ma sempre e solo Zichichi…
– Tutti sappiamo che Zichichi è un personaggio noto e controverso; sarebbe perciò facile e quasi naturale spostare il discorso dal libro alla persona dell’autore. La mia intenzione però non è questa: nei limiti del possibile qui intendo parlare solo del libro, e dell’autore solo per quanto traspare dal libro o è necessario per illustrare il libro.
***
Diciamo subito che quello che abbiamo davanti non è un libro di fisica, né di storia della fisica: è un libro a tesi. La tesi è di mostrare G. come il vero solo unico fondatore della scienza in quanto credente. Per non lasciare dubbi a chi legge, do senz’altro la parola all’Autore:
I pensatori dell’Era pre-galileiana avevano cercato invano le verità fondamentali senza riuscire a trovarne nemmeno una. Nel corso dei secoli e dei millenni poco era cambiato nella visione del mondo (vedi pagina accanto). Galilei è il più grande pensatore di tutti i tempi e di tutte le civiltà in quanto è riuscito a tagliare il traguardo. A questo traguardo, senza precedenti nella storia del pensiero, Galileo Galilei arriva, non per atto di Ragione e basta, bensì per atto di Fede nel Creatore che lascia le Sue impronte nella materia “volgare”. (pag. 153).
Una breve spiegazione e un commento. La parentesi “vedi pagina accanto” si riferisce a una particolarità del libro: le pagine pari sono riservate a figure, fotografie, citazioni, a succinte esposizioni dell’autore su particolari argomenti; il testo invece si sviluppa solo nelle pagine dispari.
Commento. Già da questo primo esempio si vede un’altra peculiarità del libro: è costruito in modo retorico (nel senso letterale del termine). Mira assai più a convincere che ad argomentare; rarissimi i ragionamenti, moltissime le asserzioni apodittiche, come pure le iperboli. Ne abbiamo un paio di esempi nel brano appena citato: “G. il più grande pensatore di tutti i tempi e di tutte le civiltà” e poi “I pensatori dell’Era pre-galileiana avevano cercato invano le verità fondamentali senza riuscire a trovarne nemmeno una”. Entrambe le asserzioni non reggono al più semplice esame critico, ma questo a Z. non importa: il suo pubblico, quello per cui lui scrive, e che ritengo conosca assai bene, non è raffinato né particolarmente colto, ed è più propenso a fare atto di fede nell’autore, che conosce come uno dei più grandi scienziati viventi (su questo torneremo).
Avete presente quel noto uomo politico che spiegando ai suoi come si debba fare propaganda elettorale ha detto di non dimenticare mai che si trovano davanti persone col livello intellettuale medio di un bambino di 12 anni, neppure tanto sveglio? Ecco: leggendo il libro di Z. sono portato a pensare che anche lui la veda allo stesso modo riguardo ai suoi lettori…
Un’altra cosa che vien fatta di pensare sfogliando questo Galilei è che Z. potrà avere molte virtù, ma non certo la modestia. Il libro è corredato di numerose fotografie (purtroppo di qualità scadente, perché stampate a retino): ne ho contate 42 di persone, più altre di apparati sperimentali e varie. Bene: in 25 appare l’Autore, solo o meglio in compagnia di personaggi famosi: da Giovanni Paolo II a diversi premi Nobel. Inoltre in aggiunta al consueto risvolto di copertina, dove è d’uso che un autore presenti alcuni cenni autobiografici, qui magari un po’ troppo encomiastici, c’è la pag. 565 (la penultima del libro) che è intitolata “Antonino Zichichi” e riporta tutte le sue benemerenze scientifiche. Non posso certo copiarla per intero, ma ve la riassumo:È autore di oltre cinquecento lavori scientifici …
Ha scoperto: (6 scoperte).
Ha inventato: (4 invenzioni).
Idee originali: (3 idee).
Misure di alta precisione: (4 misure).
Libri: (è autore di sei libri). A pensarci bene però questa non è, come potrebbe a prima vista sembrare, un’esibizione fine a se stessa e di dubbio gusto: ha invece lo scopo di convincere il lettore dodicenne di cui si diceva che l’Autore è un grand’uomo, e quindi dev’essere creduto sulla parola.
Dicevo sopra che non abbiamo davanti un libro di storia della fisica: vediamo un po’ più da vicino. La prima cosa che colpisce è la perentorietà dei giudizi, che non di rado diventa rozzezza. Per esempio:
La Scienza, abbiamo visto nel §3.8, deve poco a Copernico. Poco. Forse nulla. Aristarco, essendo riuscito a stabilire con precise misure astronomiche che il Sole era molto più grande della Terra, disse che era assurdo ritenere la Terra ferma e il Sole che le girava attorno. L’eliocentrismo nasce con Aristarco. Se dopo cent’anni da Copernico non fosse nato Galilei, il suo eliocentrismo avrebbe fatto la stessa fine di quello – identico – di Aristarco”. (pag. 445).
Sorvoliamo sul fatto che le “precise misure” di Aristarco non erano poi così precise, né potevano esserlo, a quei tempi, e lo portarono a sottostimare gravemente la distanza Terra-Sole (il che non toglie niente alla grandezza di Aristarco, se consideriamo il tempo in cui operava). Ma non si può liquidare così brutalmente il pluridecennale lavoro di Copernico, che implica ben altro che un’occasionale osservazione. Non posso dilungarmi, e mi limito a due soli esempi.
In primo luogo, Copernico correttamente osserva che se si assume che i pianeti esterni girino attorno al Sole a distanza maggiore della Terra, allora si spiega subito perché essi abbiano la massima luminosità quando sono all’opposizione, in quanto in quel momento sono più vicini alla Terra; fatto questo che nello schema tolemaico non ha invece niente di necessario. Secondo: Copernico dà una semplice spiegazione della precessione come moto dell’asse terrestre, al posto di un’artificiosa combinazione di epicicli, necessaria nello schema tolemaico. Tutto questo per Z. non esiste; o più probabilmente, lo ignora.
È ben vero che il moto della Terra andava incontro a obiezioni dinamiche, e che proprio a queste s’indirizza G. nei Massimi Sistemi; ma è altrettanto evidente – checché ne pensi Z. – che non avremmo avuto G. senza Copernico. Del resto, qualunque scienziato degno di questo nome ha sempre riconosciuto il suo debito verso chi l’ha preceduto, senza sentirsi diminuito per questo. Conosciamo la frase attribuita a Newton: “se ho visto più lontano di altri, è perché stavo sulle spalle di giganti”. Se Z. sembra pensarla diversamente (e ne vedremo altri esempi) me ne dispiace per lui, e soprattutto per chi gli dà retta.
E Keplero? Z. dedica molto spazio a criticare (giustamente) il suo sogno dei poliedri regolari inseriti tra le sfere dei pianeti, e poi liquida la sua vera scoperta in poche parole: “Restano le sue tre ‘leggi,’ che sarebbe più corretto chiamare ‘regolarità'”. (pag. 447). E così Z. cancella il valore storico rivoluzionario del lavoro di Keplero: l’essersi basato sulle accurate osservazioni di Tycho, l’aver avuto il coraggio di abbandonare i moti circolari in favore di ellissi. È ben vero che G. non prese mai sul serio Keplero (e aveva torto) ma lo stesso non si può dire di Newton, che si pose come compito fondamentale appunto quello di spiegare le “regolarità” di Keplero, riconducendole a una teoria generale.
Gli esempi si potrebbero moltiplicare, ma lo spazio è tiranno… Non potrò certo fare a meno di descrivere la valutazione che Z. dà di Einstein; ma ne parleremo più avanti. Voglio invece concludere questo richiamo a Z. “storico della fisica” con un cenno ad alcune incredibili trasandatezze, che pure si trovano nel libro. Ne cito soltanto una. A pag. 44 c’è una fotografia della famosa “lampada di Galileo”. In proposito Z. ci racconta che essa fu eseguita nel 1587, e poi aggiunge: “Venne chiamata così in quanto Galilei, mentre da ragazzo serviva Messa, osservò le oscillazioni di quel lampadario, ne intuì l’isocronismo e realizzò poi il suo primo strumento, il pendolo (§5.3) per studiare la Logica del Creato”. C’è solo un problema: Galileo nel 1587 aveva 23 anni, e come ci dice lo stesso Z. poche pagine dopo, in quell’anno tentò di ottenere una cattedra di matematica a Bologna. Al tempo stesso “serviva Messa” a Pisa? Lo strano è che tutti sanno che quella della lampada è una leggenda; ma Z. la propina ugualmente al suo lettore dodicenne…
Per sostenere la sua tesi di G. unico fondatore della scienza, Z. non esita a commettere vari altri “reati” storici, esagerando grandemente la portata delle sue scoperte (come se G. non fosse già grande abbastanza per quello che ha fatto davvero!). Diamo ancora qualche esempio.
G. ha scoperto la conservazione dell’energia: “… Riflettendo sui moti lungo piani inclinati Galilei misurò l’altezza da cui parte una sfera e, ponendo un altro piano su cui fare risalire la stessa sfera, Galilei scoprì che le due quote erano coincidenti. […] È con queste misure che Galilei scopre il primo esempio di conservazione dell’energia”. (pag. 205).
È forse superfluo ricordare che sebbene la scoperta dell’uguale quota sia vera, perché la si vedesse come conservazione dell’energia doveva passare almeno un secolo…
G. (non Newton) ha scoperto la seconda legge della dinamica: “Galilei scoprì che il bicchiere si ferma in quanto c’è una forza negativa, l’attrito (vedasi §5.2) che si oppone al moto. In verità una forza produce un cambiamento di velocità. […] Conclusione: la forza è proporzionale all’accelerazione, non alla velocità”. (pag. 207).
G. ha scoperto la quantità di moto: “Un’altra conseguenza degli studi galileiani sulla forza che è proporzionale all’accelerazione, non alla velocità, portò Galilei a scoprire la cosiddetta ‘quantità di moto'”. (pag. 211).
Queste sono pure fantasie, in quanto G. non parla mai di “forza”, ma solo di “gravità”, di “impeto”, di “impedimenti esterni”: non c’è mai una formulazione quantitativa, al di là della legge del moto uniformemente accelerato e dell’uguale accelerazione di tutti i gravi (e scusate se è poco, ma a Z. non basta…).
E perciò insiste: “Galilei scoprì che se un oggetto ha una enorme massa inerziale esso possiede una enorme massa gravitazionale”. (pag. 215). Inutile dire che in realtà G. non parla mai di massa, concetto che gli è estraneo e che viene esplicitato solo da Newton. Quanto alla distinzione inerziale/gravitazionale, è uno sviluppo dell’800.
Ma non basta: G. ha scoperto la pressione atmosferica: “Forse, pensò Galilei, il motivo per cui una colonna d’acqua arriva a dieci metri d’altezza è il peso della colonna d’aria che c’è nell’atmosfera”. (pag. 98).
Purtroppo neanche questo è vero: nella prima giornata dei Discorsi G. si pone il problema della pompa aspirante, e attribuisce il limite di dieci metri alla “repugnanza del vacuo”, di cui quei dieci metri (diciotto braccia) danno la misura. G. sbaglia, ma anche in questa pagina la sua grandezza risalta per il modo di argomentare, per le proposte sperimentali, insomma per il modello di ricerca che rappresenta. E ogni fisico sa (anche Z., in quanto fisico sperimentale, dovrebbe saperlo) che la ricerca è costellata di errori, che ciascuno impara dagli errori di chi è venuto prima, che spesso servono a tracciare una strada. Nel caso in questione, sarebbe stato Torricelli ad andare avanti su quella strada.
Lasciamo ora il Z. storico, e occupiamoci del Z. epistemologo. L’incontriamo quando ci parla dei “tre livelli di credibilità scientifica” (pag. 155 e seguenti), che cerco qui di sintetizzare. Il primo livello, della vera “scienza galileiana”, è quello “del rigore matematico e degli esperimenti riproducibili”: in pratica, stando agli esempi dell’Autore, la fisica delle interazioni fondamentali. Si dà il caso che tutti gli esempi citati siano relativi a lavori di Z., ma questo rientra nella già ricordata … immodestia a fin di bene.
Capisco che non si può pretendere troppo da un libro rivolto a un pubblico di dodicenni, ma la sicurezza con cui Z. parla va messa in discussione. Anche se sarebbe troppo chiederlo a lui, bisogna avere il coraggio di riconoscere che gli esperimenti ai quali Z. pensa sono riproducibili solo in linea di principio, mentre non lo sono affatto, o molto raramente, nella pratica degli scienziati reali.
Questo per due ragioni: sono esperimenti di grandissima complessità, che possono impegnare per anni gruppi numerosissimi di ricercatori e tecnici, nonché alcune delle macchine più potenti e costose di cui disponiamo. È perciò ben difficile che qualcuno si avventuri nell’impresa di ripetere un esperimento già fatto, solo per vedere se trova gli stessi risultati.
Ma anche se volesse, andrebbe incontro alla seconda difficoltà: il costo. Le risorse finanziarie non sono illimitate, e debbono essere destinate alle attività più promettenti: quelle da cui ci si aspetta qualcosa di nuovo. Perciò anche se si trovasse un gruppo di studiosi interessato a ripetere un esperimento, si vedrebbe bocciare inesorabilmente la proposta dai comitati addetti al finanziamento e all’assegnazione dei tempi sulle macchine.
Dunque il discorso sulla riproducibilità è ben più delicato di come Z. lo presenta. Non sto sollevando il sospetto che quindi tutti gli esperimenti siano in realtà da mettere in dubbio, ma voglio solo sottolineare che la ricerca epistemologica sui veri criteri di affidabilità di molta della ricerca fisica presente è tutta da fare.
Ma anche il rigore matematico è aperto a discussione, per ragioni in parte simili, in parte del tutto diverse. C’è in primo luogo la grandissima complessità di molta della fisica teorica di oggi, che porta spesso all’impossibilità di coltivare quell’ideale di rigore. Ci si deve accontentare spesso di soluzioni approssimate, senza neppure saper dare una stima dell’approssimazione; a volte si è costretti ad adoperare tecniche delle quali non è ancora stato studiato bene il significato e l’affidabilità.
C’è poi il problema del controllo. Anche qui sussiste un mito: il confronto “tra pari”, ossia il sistema dei “referees” per le riviste scientifiche. Ma chiunque sia addentro nella materia sa che oggi il mestiere del referee è divenuto quasi impossibile: troppi sono i campi di ricerca specialistica, troppo poco il tempo che si può dedicare all’esame di un lavoro, pochi i referee veramente competenti e coscienziosi… Perciò non si può mai essere certi che un lavoro pubblicato sia corretto; e d’altra parte il lettore interessato raramente ha il tempo e la possibilità di controllare i calcoli, rileggere la bibliografia citata, ecc.
Non ho finito il racconto delle difficoltà della ricerca fisica nel tempo presente, e al tempo stesso non voglio dare l’impressione che quindi sia tutto da buttar via: sicuramente molti esperimenti sono validi e molte ricerche teoriche portano avanti le nostre conoscenze. Ma una mitizzazione antistorica come quella di Z. “del rigore matematico e degli esperimenti riproducibili” mi sembra insostenibile come criterio rigido per decidere della credibilità scientifica. Però a lui, come vedremo, fa comodo così…
Il secondo livello è quello dei “fenomeni su cui non possiamo avere controllo diretto: il dominio dell’Astrofisica”. Si basa sul primo livello, ma è chiaramente inferiore. Sentiamo Z.:
Abbiamo già detto che il Dialogo è il primo esempio di Scienza galileiana di secondo livello. La fama di Galilei è erroneamente legata a quest’opera in quanto – come detto prima – la cultura dominante atea aveva trovato in essa il fulcro di tutta l’azione contro la Chiesa. E abbiamo anche detto che Galilei, nel rinunciare a ciò che aveva scritto nel Dialogo sull’eliocentrismo, sapeva che qui c’era in gioco il secondo livello di credibilità scientifica, non il primo. (pag. 165).
Incontriamo qui un personaggio che ricorre in tutto il libro: la “cultura dominante atea”, il Male al quale Z. addossa tutte le colpe… Ne riparleremo.
Ma è singolare la tesi: insomma G. non ha poi sofferto molto a dover abiurare, perché in fondo si trattava di “scienza di secondo livello”. Qui ritroviamo il Z. storico, ma stavolta al servizio della sua tesi centrale. Anche su questo dovremo tornare; per ora mi limito a dissentire solo per un aspetto: che il Dialogo sia davvero scienza di secondo livello, per seguire la distinzione zichichiana. Si vede che Z. non ne ha mai letto la prima giornata, dove per es. si discute sulla natura fisica della Luna, confrontando ciò che vi si vede con quello che possiamo vedere in adatti esperimenti terrestri. G. vuol dimostrare che la Luna è fatta di roccia (e piuttosto scura) anziché di cristallo trasparente come sosteneva la scienza tradizionale; nel discutere di questo fonda i metodi e i criteri della fisica sperimentale.
Z. direbbe: va bene, ma siccome la Luna non era accessibile a G., la sua era scienza di secondo livello. Mi permetto di non essere d’accordo. La Luna era accessibile in linea di principio, e G. ci dice che cosa si troverebbe se ci si potesse andare. Ricordate? Ne ho parlato cinque anni fa:“Se io fossi nella Luna stessa”, dice Sagredo. Forse riderete di me, ma io non riesco a leggere queste pagine senza emozione. Sarebbero occorsi più di tre secoli prima che qualcuno mettesse piede sulla Luna; ma Galileo, con un muro, uno specchio e il coraggio del suo argomentare, ci aveva già fatti certi di quello che vi avremmo trovato. Questo vuol dire, ovviamente, che a me codesta distinzione fra i due livelli suona alquanto artificiosa, e forse soltanto strumentale, Cicero pro domo sua. Insomma: “la fisica di cui mi occupo io è quella vera; il resto possiamo tollerarlo, ma purché se ne stia al suo posto”. Se poi andiamo sotto il terzo livello … vedrete. Oltre tutto, il discorso non mi suona neppure coerente. Come vedremo, Z. classifica Mach come scienziato “non galileiano” perché non accettava l’esistenza degli atomi. Ma dal momento che ai suoi tempi non era possibile (fino a una certa data) fare previsioni verificabili sulla realtà degli atomi, col rigoroso criterio di Z. era piuttosto Mach a essere galileiano, mentre i sostenitori degli atomi non differivano molto dal G. che parla della Luna. Poi si è visto che avevano ragione i sostenitori degli atomi, come l’aveva G. sulla Luna; se dunque sono galileiani i primi, allora anche il Dialogo va promosso al primo livello.
Ma forse questo significa solo che siamo in presenza di un’epistemologia un po’ zoppicante… Peccato, perché il problema di come si raggiunga credibilità scientifica nei diversi campi non è problema da poco, e meriterebbe una discussione seria. Mi rendo conto d’altra parte che non la si può chiedere a questo libro, visto il pubblico cui è destinato; e che l’Autore neppure se lo propone, perché per lui in realtà questa gerarchia di livelli ha una funzione precisa: mettere sopra a tutto la fisica che fa lui, e sotto a tutto la sua bestia nera, di cui dirò tra poco.
Abbiamo infine il terzo livello: “quello degli eventi che accadono una sola volta”. Stiamo parlando della cosmologia. Comunque, secondo Z.
L’evoluzione del Cosmo è basata su equazioni e si fonda su verità scientifiche del primo livello. Nella descrizione matematica dell’evoluzione cosmica intervengono le Tre Colonne e le Tre Forze. È grazie a questo rigore che sono stati scoperti i problemi non risolti del Big Bang. Ed è così che è stato possibile mettere in crisi questa teoria. Oggi pochi di noi credono che sia nel Big Bang l’origine dello Spazio e del Tempo. (pag. 167).
Se non avete capito, non è colpa della brevità della citazione: anche se leggete tutto il libro non capirete di più. A parte l’abbondanza delle maiuscole (Z. ha la maiuscola facile …) è difficile estrarre un succo. Posso accennare che le “Tre Colonne e le Tre Forze” sono la versione zichichiana di quello che di solito viene chiamato il “modello standard”. Posso far notare che non si parla, né qui, né prima, né dopo, del ruolo che hanno in cosmologia le osservazioni. Posso rilevare l’insinuazione (non so come altro chiamarla) sulla “crisi del Big Bang”.
Personalmente non sono un appassionato sostenitore del Big Bang, come del resto di nessuna teoria fisica (le teorie hanno bisogno di critiche e di verifiche, non di credenti o detrattori) ma non mi piace questo metodo di lanciare il sasso e nascondere la mano. Non si sa in che cosa consisterebbe la crisi; si afferma che “pochi di noi credono” (è proprio sicuro? come fa a dirlo?)… Solo una cosa si capisce, diciamolo francamente: quello che qui Z. lascia intendere senza dirlo è che alla cosmologia manca la Creazione (maiuscola d’obbligo).
Ricordiamoci: il lettore tipo ha 12 anni. Non gli possiamo mica spiegare quali siano i problemi della cosmologia, e magari anche i suoi successi, le idee su cui si fonda… Occorre e basta che un’Autorità (autonominata) gli dica quello che deve credere: che la cosmologia è di terzo livello, quindi inferiore al già inferiore secondo livello; che ha bisogno del primo livello (il che è vero, ma in modo alquanto più complesso di come viene qui rappresentato); che la sua ipotesi fondamentale è in crisi.
Invece, delle Tre Colonne e delle Tre Forze nessuno dubita né può dubitare: quando parla di questo, Z. mostra una certezza incrollabile. Lì abbiamo raggiunto la Verità.
Ma lo spazio stringe, e debbo ancora parlare di molte cose; a questo punto la più naturale è il “quarto livello”. In realtà, se qualcuno ha letto il libro, obietterà subito che il quarto livello non c’è… È vero, l’ho inventato io. Invece Z. affronta, in circa 30 pagine, un altro dei suoi grandi nemici: l’Evoluzionismo Biologico della Specie Umana, che non è per lui degno di occupare nessun livello. Per la verità le 30 pagine che ho detto sono quasi solo la ripetizione insistente dello stesso concetto (non dimenticate: il bambino non è tanto sveglio …). Perciò per fortuna vostra più che mia, posso evitare di esaminarle tutte, e riportare solo qualche frase.
L’Evoluzionismo Biologico della Specie Umana (EBSU) è la struttura portante della cultura atea che, apparentemente preoccupata di ciò che potrebbe essere dannoso per la cultura cattolica, raccomanda alla Chiesa di fare attenzione a non ripetere lo stesso errore commesso contro Galileo Galilei e il suo modello copernicano. C’è qualcosa di vero in questa apparente preoccupazione? La risposta è no. (pag. 221).
Per essere allo stesso livello dell’evoluzione cosmica, l’evoluzione biologica della specie umana dovrebbe essere basata su equazioni e queste dovrebbero riferirsi a verità scientifiche del primo livello […] Nulla di tutto ciò accade con l’EBSU. (pag. 223).
Quanti milioni di anni […] avremmo dovuto aspettare affinché, per evoluzione biologica, il nostro udito potesse essere in grado di ascoltare ciò che qualcuno dice a distanze enormi da noi, come facciamo grazie alla radio? […]
Queste grandi conquiste hanno una radice comune: l’Evoluzione Culturale della Specie Umana e questa nasce esclusivamente in virtù della Ragione. (pag. 225).
Siamo l’unica forma di materia vivente dotata di Ragione. Per noi credenti la Ragione è dono di Dio e non ci sono problemi di contraddizione logica. Per la cultura atea la Ragione è invece il risultato dell’evoluzione biologica della specie umana.
L’EBSU ha quindi come problema di fondo spiegare l’ECSU. Ma ECSU vuol dire Ragione. La cultura atea dovrebbe scrivere l’equazione dell’EBSU in grado di ottenere come risultato finale la Ragione. (pag. 227).
Gli studiosi dell’Evoluzionismo Biologico della Specie Umana – nonostante i due secoli di ricerche – non sono riusciti a realizzare esperimenti come quelli che tratteremo nel §11.4.4 né a toccare traguardi come lo sono le equazioni di Maxwell e l’equazione di Dirac […]. Queste equazioni – lo abbiamo detto prima – ci fanno capire l’origine dei nostri cinque sensi. Eppure i fanatici dell’EBSU pretendono di aver capito un fenomeno che non riesce ancora a essere formulabile in termini di rigore logico-matematico in modo da essere inserito al livello pur minimo (terzo) di credibilità scientifica. Nonostante questa grave lacuna essi lo estendono alla specie umana e dicono di avere raggiunto le frontiere della Scienza galileiana. Queste conclusioni sono contro tutto ciò che la Scienza galileiana ci ha permesso di scoprire e di capire. (pag. 235).
La teoria dell’evoluzione biologica della specie umana pretende di andare molto al di là dei fatti accertati.
Questi ci dicono che:
[…]
Questa catena ha però tanti anelli mancanti e ha avuto bisogno di ricorrere a uno sviluppo miracoloso del cervello, verificatosi circa due milioni di anni fa.
[…]
Una catena con anelli mancanti, sviluppi miracolosi, inspiegabili estinzioni, improvvise scomparse non è Scienza galileiana. Essa può, al massimo, essere un tentativo interessante per stabilire una correlazione temporale diretta tra osservazioni di fatti ovviamente non riproducibii, obiettivamente frammentari e necessariamente bisognosi di ulteriori repliche. (pag. 220).
Credo di poter ridurre al minimo i commenti, perché in quello che scrive Z. non vedo niente di nuovo. Ho già discusso il criterio dei “tre livelli” nell’applicazione all’astrofisica e alla cosmologia, ma ora vedete a che cosa serviva realmente: a negare qualsiasi validità scientifica a quella che Z. chiama, con termine tutto suo, EBSU. È chiaro che alcuni degli argomenti che porta corrispondono a problemi reali, che del resto la ricerca non ignora affatto e discute da sempre: ma a Z. fa comodo, qui come in altri casi, presentare una caricatura dell’avversario di turno, al fine di poterlo combattere più efficacemente. Più efficacemente, s’intende, solo dinanzi al suo pubblico… Perciò dipinge biologi e paleontologi come stupidi “fanatici”, che ignorerebbero le difficoltà del loro lavoro, in quanto adepti della “cultura atea dominante”. (Qui mi sorge una domanda: non verrà in mente a un lettore di Z. che forse ci sono anche biologi credenti, che vengono offesi dalla sua demonizzazione?)
Un’impostazione così gretta di problemi seri mi produce prima di tutto un senso di fastidio. Ci leggo il tentativo di rendere impossibile ogni discussione: o sei con me, o sei contro di me. Mi spiego meglio: è chiaro che come fisico, e senza arrivare alle esagerazioni ridicole di chiedere ai biologi quali siano le loro equazioni, sento una certa insoddisfazione per una ricerca che a volte mi sembra avvitarsi in controversie verbali. Al tempo stesso mi rendo conto che gli oggetti di quella ricerca sono ben altra cosa degli spaghi e i sassi di cui tanto parla Z., ma anche degli atomi o delle particelle; e non c’è perciò da stupirsi se i metodi sono diversi, i concetti costruiti diversamente; se gli stessi criteri di validità non possono essere ridotti a un rigido schema “galileiano”.
Io non intendo rinunciare a esercitare il mio spirito critico in ogni direzione; invece mi pare che chi la pensa come Z. abbia già deciso da che parte sta la Ragione e da quale sta il Torto (maiuscole per adeguarmi allo stile …).
C’è poi un altro aspetto che non approvo. La caricatura che Z. fa non è innocente e fine a se stessa: è invece strumentale a una tesi. Il libro è pieno di dichiarazioni di fede religiosa, e questo sarebbe un fatto privato, che ciascuno vive a suo modo: c’è chi lo tiene come suo patrimonio personale, senza esibirlo, e chi invece sente bisogno di farne una bandiera. Z. appartiene evidentemente alla seconda categoria, ma fin qui non ci sarebbe niente da obiettare. Trovo invece molto da obiettare quando questa fede “estroversa” viene accompagnata e sostenuta da “argomenti” come quelli che si trovano in questo libro, e dei quali la critica all’EBSU è solo un esempio; quando cioè la verità scientifica viene presentata in modo distorto a un pubblico intellettualmente disarmato, per farne sostegno delle proprie idee.
Siamo così arrivati al cuore del problema. Ho scritto all’inizio che abbiamo davanti un libro a tesi, e siamo tornati allo stesso punto. Bisognerebbe quindi discutere se la tesi (G. vero solo unico fondatore della scienza in quanto credente) sia fondata. Ma per questo occorrerebbe un altro libro, non questo commento che sta già diventando fin troppo lungo. Tuttavia le critiche che ho fatto danno già una parziale risposta: se è vero, come io ritengo, che la storia delle ricerche di G. viene presentata in modo alterato; che le argomentazioni epistemologiche non reggono a un esame critico; che le citazioni sono adattate da Z. ai propri fini; che anche l’opera di altri grandi scienziati è deformata sempre in modo da servire le sue tesi… Se tutto questo è vero, la conclusione è obbligata, e non ho neppure bisogno di enunciarla.
Per questa volta fermiamoci qui; ma non ho finito quello che ho da dire su questo Galilei, e dovrò chiedervi la pazienza di seguirmi per un’altra puntata; dove capiremo perché Einstein non è uno scienziato galileiano, impareremo come si è formato il sistema solare, faremo conoscenza da vicino con la cultura atea … e altre cose ancora.
La candela
di Elio Fabri(38-ma puntata)
Riprodotto da “Naturalmente”, Bollettino di informazione degli Insegnanti di Scienze Naturali
Anno 15, n. 4 (dicembre 2002)
Ultima revisione: 30-1-03
Eccoci di nuovo qua, per concludere questa lettura del libro di Zichichi: Galilei divin uomo. Per brevità rinuncio al “riassunto della puntata precedente” ed entro subito in argomento, esaminando gli esempi che Z. fa di scienziati “non galileiani”.
In verità, per Z. “scienziato” è pressoché sinonimo di “galileiano”: infatti quando elenca nomi e fa riferimenti a scienziati del 20-mo secolo li include praticamente tutti fra i galileiani, e spesso dice “galileiani” sottintendendo “scienziati”. Tutto bene. Ma ci sono alcune eccezioni, alle quali dedica un capitolo, intitolato
Hanno dimenticato Galilei ieri e lo dimenticano ancora oggi: Mach, Einstein e Monod. (pag. 469)
che comincia così:
Jacques Monod (1910-1976) nega la necessità e afferma che tutto è caso: ha dimenticato l’insegnamento galileiano in modo totalmente banale.
A mio parere, qui di totalmente banale c’è solo la falsità di quanto c’è scritto. Non occorrono infatti profondi studi e profonde competenze per vedere come stanno le cose: basta aprire il più famoso libro di Monod, Il caso e la necessità. A parte il titolo, che già dice qualcosa, fin dall’inizio troviamo ad epigrafe una frase di Democrito: “Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità”. Sfogliando un po’, troviamo poi nel cap. VII (pag. 99 dell’ed. italiana EST-Mondadori 1970) quanto segue:
Ancora oggi molte persone d’ingegno non riescono ad accettare e neppure a comprendere come la selezione, da sola, abbia potuto trarre da una fonte di rumore tutte le musiche della biosfera. In effetti, la selezione agisce sui prodotti del caso e non può alimentarsi altrimenti; essa opera però in un campo di necessità rigorose da cui il caso è bandito.
Da queste necessità, e non dal caso, l’evoluzione ha tratto i suoi orientamenti generalmente ascendenti, le sue successive conquiste, il dipanarsi ordinato di cui offre apparentemente l’immagine.
Ora se Monod ci dice che molte persone d’ingegno non riescono a capire, io non pretendo che ci riesca Z.; pretendo però che informi correttamente i suoi lettori, e non travisi a suo uso e consumo il discorso di un autore, solo perché costui non è della sua parrocchia.
Passiamo a Mach, che non sarebbe galileiano perché “morì convinto che i suoi amici e colleghi erano usciti di senno con la loro teoria atomica. Com’è possibile – si chiedeva Mach – studiare cose che mai l’uomo […] potrà vedere né toccare?” (pag. 469). Non starò a ripetere quanto ho già detto, ma ancora una volta debbo notare come Z. tenda a ridurre in caricatura chi non la pensa come lui. Infatti ecco la sua “risposta a Mach: Galilei insegna che una teoria è valida se prevede risultati riproducibili. Non se si limita a ciò che la vista e l’olfatto possono percepire”. Se andiamo a leggere Mach ovviamente troviamo una posizione assai meno primitiva di questa, e niente affatto irragionevole per i suoi tempi. Non ha alcuna importanza se oggi sappiamo che aveva torto circa l’esistenza degli atomi; del resto lo stesso G., solo per fare un esempio, non volle credere alle orbite ellittiche di Keplero. Aveva torto, ma è forse meno galileiano per questo?
Infine dobbiamo dedicare un po’ di spazio ad Einstein. È necessario, perché è un caso speciale nel contesto di questo libro: infatti tra i “fisici galileiani” del 20-mo secolo Z. fa praticamente un’unica eccezione, appunto Einstein. E non solo: a lui dedica diverso spazio, ma soprattutto per “dimostrare” che non ha poi merito per tutte le scoperte che gli si attribuiscono:
Per concludere, Einstein è famoso per due cose non sue: la Relatività e la luce che “cade”. Pochi conoscono ciò che ha veramente scoperto Einstein: quando mangiamo spaghetti, in effetti stiamo masticando un concentrato di Spazio-Tempo. (pag. 449)
Piuttosto che ripercorrere a forza di citazioni il punto di vista di Z. su Einstein, cerco di riassumerlo. In sostanza Z. dice che Einstein ha fatto ben poco, perché
a) Il principio di relatività l’aveva già enunciato G.
b) Alla natura corpuscolare della luce c’era già arrivato Newton.
c) Anche la deflessione gravitazionale della luce è già in Newton, anche se Einstein ha trovato che i “corpuscoli luminiferi cadono come se avessero massa doppia”.
d) Allo spazio-tempo “complesso” c’era già arrivato Lorentz.
Resta quindi praticamente solo una cosa: quella degli spaghetti, che a Z. piacciono tanto, mentre a me cucinati in quel modo riescono proprio indigesti… Detta in altre parole, sempre di Z., la vera scoperta di Einstein sarebbe che “la massa è curvatura dello Spazio-Tempo”.
***
E ora mi tocca spiegare, sia pur sommariamente, il significato delle asserzioni a)-d) di poco sopra. Cominciamo con a), che tutto sommato è il più semplice. L’argomento di Z. è che l’enunciato galileiano del principio di relatività non si limita alla meccanica, ma è formulato in modo tale da includere tutti i fenomeni fisici: quindi anticipa le idee di Einstein di circa tre secoli.
Questo è vero, e mi è anche capitato di scriverlo, senza sapere che Z. la pensava allo stesso modo… Ma … c’è un ma. Riterrei antistorico asserire che il principio galileiano vale solo per la meccanica, perché ai suoi tempi la distinzione della fisica in capitoli non esisteva (anzi, non esisteva neppure la fisica come scienza a sé: si parlava solo di “filosofia naturale”); ma per la stessa ragione ritengo antistorico attribuire a G. il pensiero cosciente che il principio di relatività dovesse valere al di fuori della meccanica (in particolare per l’elettromagnetismo): semplicemente perché l’e.m. a quel tempo era ancora di là da venire.
Enunciare esplicitamente l’universalità del principio di relatività agli inizi del ‘900, quando si riteneva che le equazioni di Maxwell valessero solo in un particolare riferimento inerziale (quello dell’etere) ha un significato rivoluzionario che non si può nascondere dietro l’equivalenza verbale tra la formulazione di Einstein e quella di G. Insomma Einstein dice: “io non credo nell’etere, anzi affermo che le leggi dell’e.m. valgono allo stesso modo, come quelle della meccanica, in ogni riferimento inerziale”. Dice questo in contrapposizione a un Lorentz, per esempio, che invece crede nell’etere e ritiene reale la contrazione delle lunghezze ecc.
Non mi stupisce che Z. non capisca tutto questo: ho già fatto notare che la sua sensibilità storica è vicina allo zero…
Passando a b), c’è da ripetere quasi lo stesso discorso. L’ipotesi corpuscolare di Newton è piuttosto naturale per l’epoca, anche se si contrappone a quella ondulatoria di Huygens. Quella di Einstein invece arriva dopo un secolo di prove sperimentali sulla natura ondulatoria della luce, a pochi anni dal trionfo della teoria di Maxwell e dalla scoperta delle onde e.m., che unifica la luce col campo dei fenomeni e.m. Asserire a quel punto che la luce ha carattere granulare è quasi un’eresia, ed è comunque profondamente innovativo: non è la banale riproposizione delle idee di Newton.
Quanto a c), c’è poco da aggiungere. È vero che sulla base del modello corpuscolare di Newton e della gravitazione universale segue di necessità che anche la luce dev’essere deviata da un campo gravitazionale; ma l’interpretazione einsteiniana di quella deviazione è tutt’altra cosa. Lasciamo da parte la stravagante interpretazione che ne dà Z., in termini di “massa doppia”: forse il Nostro ha momentaneamente dimenticato l’insegnamento di G.? Dato che il moto di un grave non dipende dalla sua massa, i corpuscoli di qualunque massa sarebbero deflessi allo stesso modo…
Ho detto che l’interpretazione einsteiniana è tutt’altra cosa, perché introduce un nuovo paradigma per la gravitazione, ossia la Relatività Generale. Il semplice fattore 2 nell’angolo di deflessione non è cosa da poco, in quanto assume il carattere di experimentum crucis: abbiamo due teorie che fanno previsioni contrastanti, e le misure possono dare ragione all’una o all’altra.
La sola cosa di cui ci si può meravigliare è che Z. non afferri tutto ciò; tanto che sono portato a credere che ci siano altre ragioni che lo spingono a travisare così pesantemente la storia.
Abbiamo infine lo “spazio-tempo complesso”, e qui bisogna spiegarsi un po’ meglio, perché al solito travisamento della storia si sovrappone uno dei più caratteristici strafalcioni della fisica zichichiana.
Che cosa intenderà mai Z., vi chiederete, con “spazio-tempo complesso”? Va detto che questo è un tema per lui ricorrente: non solo lo ripete più volte nel libro, ma l’ho anche trovato in una sua intervista a un giornalista del “Messaggero”, dove sviluppava il tema ricordando al lettore che Kant aveva creduto – sbagliando – che spazio e tempo fossero “reali”, mentre invece Lorentz aveva scoperto che uno solo dei due può essere reale, ma l’altro dev’essere immaginario (l’uno o l’altro a scelta …). Qui si coglie uno dei tipici funambolismi di cui Z. è maestro: si salta con disinvoltura dal significato che le parole “reale” e “immaginario” hanno nel linguaggio comune, e in parte in quello filosofico, al significato specifico della matematica. S’intende, senza avvertire chi legge.
È una presentazione davvero rozza, anzi capovolta, del pensiero di Kant attribuirgli l’idea che spazio e tempo siano “reali”; ma ad ogni modo si sta parlando del problema filosofico: si tratta di oggetti del mondo esterno, di nostre costruzioni mentali, o di che altro? Poi si salta alla relatività, e si attribuisce (del tutto erroneamente) a Lorentz la scoperta che uno dei due dev’essere “immaginario”. Che mai potrà pensare l’ingenuo lettore (anche se ha più di 12 anni)? Che in relatività spazio o tempo (ma non entrambi, badate bene) non hanno esistenza reale? Il fatto è che sotto il linguaggio oscuro di Z. si nasconde nient’altro che la particolare relazione tra spazio e tempo che in forma matematica prende il nome di “trasformazioni di Lorentz”.
Non posso qui dilungarmi, ma debbo ricordare in primo luogo che anche se le trasformazioni di Lorentz si chiamano così, perché se ne deve a lui la prima formulazione, di fatto l’interpretazione fisica che ne dà Einstein è totalmente diversa. Quanto poi al reale e all’immaginario, siamo solo di fronte a una particolare formulazione matematica, nata con Minkowski (1907), in cui quelle trasformazioni acquistano forma più semplice al prezzo di lavorare appunto con una coordinata immaginaria (di solito il tempo).
Bisogna però dire che si tratta solo di un artificio matematico, neppure tanto felice, che ha avuto una certa popolarità nella prima metà del 20-mo secolo ma poi è caduto del tutto in disuso. Il merito storico di Minkowski non è certo in quell’espediente, ma nell’aver capito che la relatività einsteiniana, e in particolare le trasformazioni di Lorentz, portavano alla necessità d’introdurre un ente fisico unico (lo spazio-tempo) e di dotarlo di una metrica invariante, che coinvolge così lo spazio come il tempo. (Mi scuso se non posso essere più chiaro, per non allontanarmi troppo dal tema.)
È probabile che Z. abbia studiato la relatività, nei suoi verdi anni, su libri che adoperavano l’artificio del tempo immaginario; ma che non si sia ancora reso conto che il … tempo è passato, e che nessuno lo usa più, dà veramente da pensare.
Ancora una parola di commento sulla storia degli spaghetti, ossia sulla massa “curvatura dello Spazio-Tempo”: l’unica scoperta che Z. è disposto a riconoscere ad Einstein. Peccato che la formulazione zichichiana, tanto per cambiare, sia del tutto errata… Infatti la Relatività Generale non dice affatto questo: dice se mai che la massa (e non solo la massa, ma anche l’energia, la quantità di moto) è una sorgente per la curvatura dello spazio-tempo. La distinzione è esattamente la stessa che c’è tra carica elettrica e campo elettrico: la carica è la sorgente del campo, il che vuol dire che attorno a una carica si trova un campo, che si attenua con la distanza. La stessa cosa succede tra massa e curvatura: per es. la massa del Sole incurva lo spazio-tempo attorno, anche dove si trova la Terra e oltre. Dunque nella gran parte dello spazio c’è curvatura senza nessuna massa presente. Troppo difficile: per un dodicenne, o per Z.?
Per finire col giudizio di Z. su Einstein: perché non lo annovera tra gli scienziati galileiani? Spiegazione: c’è per Einstein un primo periodo “galileiano”, in cui scopre quel poco che Z. è disposto a riconoscergli (dimenticando alcune cosette, per le quali Born disse che Einstein sarebbe rimasto il più grande fisico teorico del 20-mo secolo, anche se per assurdo non avesse inventato la relatività). Ma poi “negli anni venti si convinse che c’era ben poco da scoprire sperimentalmente. […] Einstein era convinto che il problema di unificare la Gravitazione Universale e l’Elettromagnetismo fosse di natura puramente matematica”. (pag. 471).
Questa è dunque la “colpa” di Einstein? Ora se è vero che il tentativo di Einstein è fallito (almeno per quanto possiamo dire oggi) sarebbe anche giusto rilevare che il metodo da Lui seguito non era affatto diverso da quello che lo portò al successo della Relatività Generale. Non solo, ma se prendiamo per es. un altro grande teorico, che Z. non esita a porre nell’Olimpo dei galileiani, e cioè Dirac, dobbiamo dire che la sua idea fondamentale (l’equazione che ne porta il nome, e che aprì la strada alla scoperta delle antiparticelle) fu ottenuta con un metodo del tutto simile: la ricerca puramente formale di una struttura matematica semplice ed elegante che conciliasse la meccanica quantistica dell’elettrone con la relatività ristretta. Dunque Dirac galileiano sì perché ha avuto successo, e Einstein no perché non ce l’ha fatta?
Lo confesso: leggendo il resto del libro, che qui non posso continuare a citare, non riesco a sottrarmi a un’impressione, e cioè che la vera differenza sia un’altra. Che quello che Z. non può perdonare ad Einstein siano le sue idee in materia di religione e politica. E basti questo accenno: chi vuole verificare, paghi il tributo di 17 euro e spiccioli, e vedrà se mi sbaglio.
***
Vi sarete chiesti: va bene, ci hai detto all’inizio che questo non è un libro di fisica; ma di fisica si parlerà pure… Sì, se ne parla, e anche molto. A parte cose di cui ho già scritto, ci sono almeno un centinaio di pagine in cui Z. ci porta ai confini delle conoscenze di oggi, con veloci carrellate dal passato al presente e al futuro. Ma purtroppo mi riesce impossibile darvene conto in dettaglio, non tanto per lo spazio che richiederebbe, quanto perché non saprei da dove incominciare, né come inquadrare l’argomento.
Il fatto è – debbo confessarlo – che a me il modo che ha Z. di parlare di fisica riesce assolutamente indigesto. Ricorderete che ho già usato questo aggettivo a proposito degli “spaghetti”, ma vale in generale. Sarà certamente difetto mio, ma non riesco a vedere il senso di presentare la fisica per immagini fantasiose quanto per me incomprensibili; non di rado faccio fatica a capire di che cosa sta parlando, e quando lo capisco mi chiedo come possa esserci così poca affinità d’idee su una materia di cui siamo entrambi cultori da lunga pezza…
Va detto che in fondo gli excursus nella fisica di oggi non sono molto rilevanti per il tema del libro, e anche per questo non è forse il caso di spenderci molte parole. Può essere invece istruttivo vedere un solo esempio di come Z. tratta un tema non strettamente fisico, o se vogliamo di scienza del “secondo livello”: la formazione del sistema solare.
Ma allora, se l’unica sorgente di Attrazione Gravitazionale è il Sole, perché la nostra Terra non precipita rovinosamente verso l’enorme massa del Sole?
Risposta: alle origini del Sistema Solare (che ancora oggi, nessuno sa spiegare in modo galileianamente credibile) la nostra Terra volava verso il Sole. Per nostra fortuna non lo ha centrato. Essa era lontana dal bersaglio di circa centocinquanta milioni di chilometri. E aveva la velocità giusta per essere intrappolata dall’Attrazione Gravitazionale prodotta dalla enorme massa solare. Se la nostra Terra, invece di volare a centosettemila chilometri orari, avesse avuto una velocità più grande, ci saremmo persi per sempre nello spazio cosmico della nostra Galassia.
Siamo stati fortunati! La velocità della Terra era quella giusta per poter restare legati “gravitazionalmente” al Sole, con tutti i vantaggi di essere perfettamente illuminati e scaldati per miliardi di anni. (pag. 126).
Non mi pare che occorrano molti commenti: questa non è fisica né astronomia: sono favole per bambini. Mi sembra di vederli, questi uomini primitivi che arrivati da lontano, a cavallo di questa grande palla, finalmente si stropicciano le mani al gradevole tepore del Sole… Per non parlare poi della “meccanica zichichiana”, di un corpo che arriva con una certa velocità (quella giusta, però) e si “aggancia” alla forza di gravità del Sole, cambiando repentinamente traiettoria…
E a proposito: è stata davvero e soltanto fortuna? Possibile che Dio non ci sia entrato per nulla? Questo da Z. non me lo aspettavo!
Se per caso pensate che si tratti di un discorso un po’ semplificato sì, ma in fondo episodico, sbagliate, perché Z. ha già toccato lo stesso tema:
Noi siamo su una trottola cosmica che gira in senso antiorario. Compie un giro completo in ventiquattro ore e dà a noi l’impressione che siano le Stelle a girare attorno alla Terra in senso orario. La scelta del senso orario per il moto delle lancette dei nostri orologi nasce dalla illusione che il cielo con le sue Stelle giri attorno a noi in senso orario. Le lancette degli orologi avrebbero sicuramente ruotato in senso antiorario se, alle origini del Sistema Solare, la Terra fosse arrivata ruotando a trottola in senso orario. (pag. 70).
Signore e signori, in questo quadro vedete una trottola che arriva dalle profondità dello spazio; si aggancia al Sole, sempre ruotando in senso antiorario; lo stesso fanno gli altri pianeti … e nasce il sistema solare.
Non cercate di spiegare a Z. che la rotazione di Terra e pianeti, quasi tutti nello stesso verso del Sole, abbia qualcosa a che fare con la formazione del sistema da un’iniziale concentrazione di materia dotata di momento angolare, perché vi dirà che non è una spiegazione “galileianamente credibile”, anche se la sua invece è galileianamente incredibile… Ma soprattutto non provate a convincerlo che parlare di rotazione oraria o antioraria per la Terra non ha alcun senso, visto che tutto dipende da che parte si guarda; che lo stesso moto apparente della sfera celeste è orario per noi se guardiamo a sud, ma è antiorario se guardiamo a nord. Non ci riuscirete, perché per lui questa è un’idea ben salda, che ha già espresso in altre occasioni; quindi deve averci pensato su bene…
Sempre sul sistema solare:
Quando Galilei seppe delle regolarità scoperte da Keplero sui moti dei pianeti, e cioè che quelli più vicini ruotano più velocemente attorno al Sole di quelli lontani, non disse che queste regolarità negavano l’esistenza di Dio. (pag. 129)
Qui direi che Z. riesce a battere se stesso, per la concentrazione di favole che accumula in poche righe.
Primo: G. non seppe un bel niente da Keplero, o meglio ignorò nel modo più completo ciò che Keplero aveva trovato. Non c’è una sola riga negli scritti di G. dove si dia riconoscimento a Keplero, che al contrario viene duramente criticato per la sua ipotesi sulle maree (ne abbiamo parlato anni fa).
Secondo: le “regolarità” di Keplero erano un pochino più profonde che la pura osservazione dei diversi periodi dei pianeti, che dopo Copernico erano ben noti. Perciò G. sapeva dei periodi, come lo sapevano tutti gli scienziati del suo tempo, anche senza bisogno di Keplero.
Terzo: non riesco a vedere perché mai G. avrebbe dovuto pensare che quelle regolarità negavano l’esistenza di Dio. A me sembrano irrilevanti in un senso e nell’altro, ma non pretendo di penetrare le profondità del pensiero teologico zichichiano.
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Ho mostrato diverse citazioni in cui Z. nomina la “cultura atea dominante”, e forse qualcuno si sarà chiesto di che si tratta. Purtroppo non so rispondere se non chiedendo ancora aiuto a Z., che per fortuna ci ammaestra in un capitolo intitolato “Il terrorismo culturale e le dieci menzogne della cultura atea”. Comincia così:
Devi stare attento a dire di credere in Dio. Ti fai subito una cattiva reputazione. Di te non diranno che sei uno studioso attento che cerca di capire le verità scritte nel Libro del Creato. Loro che ignorano queste verità […] diranno di te che sei un credulone ignorante. (pag. 425)
E subito dopo elenca le “dieci menzogne”. Ve le riporto qui di seguito senza commento, solo per mostrarvi di che razza di minestrone si tratta:
1) Galilei si fingeva credente in quanto aveva paura dello strapotere della Chiesa;
2) Dionigi il Piccolo (ca 500-555), autore del Codice Canonico, era un piccolo abate che non sapeva nemmeno fare somme e sottrazioni;
3) l’estrema precisione del nostro calendario è frutto della tecnologia moderna che non ha bisogno di Dio;
4) la Scienza ha scoperto tutto e se non scopre Dio è perché Dio non esiste;
5) è una grande conquista della Scienza moderna l’aver dimostrato che discendiamo, per evoluzione, dalle scimmie;
6) i responsabili delle bombe e dell’inquinamento planetario sono gli scienziati;
7) Tecnica e Scienza sono la stessa cosa;
8) il marxismo scientifico è il motore della Scienza;
9) la religione è l’oppio dei popoli;
10) Fede e Scienza sono nemiche.
Le pagine che seguono sono dedicate alla confutazione di queste “dieci menzogne”, ma ve ne faccio grazia… Piuttosto vorrei soffermarmi su un aggettivo, che si trova infilato come per caso nel discorso: la cultura atea è spesso definita “dominante”. Lasciamo quindi stare la caricatura, al di là di ogni immaginazione, che Z. ci propone di questa supposta “cultura”, e cerchiamo di capire il perché dell’aggettivo.
Nella frase iniziale del capitolo Z. vuole far credere ai suoi lettori che a dichiararsi credenti si viene discriminati e trattati da “creduloni ignoranti”. Forse si viene anche danneggiati nella carriera; magari non si vince un meritato Nobel…
Ma vediamo di ristabilire qualcosa che si avvicini di più alla verità. Non mi risulta che nessuno abbia mai dato a Z. del credulone, e certamente non intendo farlo io. Quanto all’ignorante, dipende: quando uno si espone pubblicamente con libri, presenze in TV, interviste, ecc., può venir giudicato in base a ciò che dice. E dato che la scienza è fortunatamente oggettiva e non è materia di opinione, “nelle dimostrazioni necessarie o indubitabilmente si conclude o inescusabilmente si paralogiza, senza lasciarsi campo di poter con limitazioni, con istorcimenti di parole o con altre girandole sostenersi più in piede, ma è forza in brevi parole ed al primo assalto restare o Cesare o niente”. Questo, come avete certo capito, non è Z., ma Galileo (Il Saggiatore). E l’essere cristiano, buddista, musulmano o ateo non ci ha niente a che fare.
Né credo che Z. possa lamentarsi di non aver avuto spazio pubblico per far conoscere le sue idee: da decenni tiene una rubrica TV, per lungo tempo ha scritto su un quotidiano romano (non so se lo faccia ancora); ha pubblicato libri che si trovano in ogni libreria e hanno goduto di ampia diffusione. Niente male, per uno che vive in un Paese dominato dalla cultura atea…
C’è poi una notizia che forse non conoscete, e che è successiva all’uscita del libro: circa un anno fa a Z. è stato assegnato il Premio Fermi, istituito dalla Società Italiana di Fisica in occasione del centenario fermiano, e destinato a un socio che abbia onorato la Fisica con le sue scoperte. La commissione giudicatrice era presieduta dal Presidente della SIF e composta da rappresentanti dei massimi Enti scientifici nazionali. Forse questo dimostra solo che la “cultura atea” non è più così dominante?
Non posso resistere: debbo darvi un esempio di ciò che Z. definirebbe “cultura atea”, anche se risale a un secolo fa.
La scienza non pretende di essere una concezione del mondo compiuta e definitiva, ma ha consapevolezza di preparare una tal concezione. La più alta filosofia a cui uno scienziato possa aderire consiste nell’accettare una visione del mondo non completa a preferenza di un’altra, perfetta in apparenza ma insufficiente in realtà. Le opinioni religiose degli uomini sono un fatto strettamente privato, fino a quando essi non cerchino d’imporle ad altri, o non le applichino a questioni che appartengono a un’altra sfera. Gli stessi uomini di scienza hanno su questo argomento opinioni molto diverse, a seconda della profondità delle loro vedute e della capacità di valutarne le conseguenze.
La scienza non domanda nulla su ciò che non può essere oggetto di ricerca esatta o non lo è ancora. Domini oggi preclusi potranno esserle aperti in futuro, poiché nessun uomo di sano giudizio, onesto verso se stesso e verso gli altri, esiterà a sostituire all’ opinione sui fatti la conoscenza di questi fatti.
La società attuale è spesso inquieta e cambia frequentemente, secondo l’impressione e la situazione del momento, i suoi punti di vista, con il risultato di creare profondi turbamenti morali. Questo fatto è una conseguenza naturale e necessaria dell’incompletezza e quindi della continua trasformazione delle sue idee. Una compiuta concezione del mondo non ci è stata data, ma dobbiamo conquistarla. Solo se sarà concessa libertà all’esperienza e alla ragione in quei campi in cui esse sole sono in grado di giudicare, potremo, come speriamo per il bene dell’umanità, avvicinarci lentamente ma sicuramente a una concezione unitaria del mondo, conforme alla tendenza economica della sana ragione.
Chi l’ha scritto? Ernst Mach: lo trovate a pag. 456 della sua Meccanica (ed. Boringhieri 1977). Capite ora perché Z. lo mette nel girone dei “non galileiani”? Non è questione di atomi!
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Vi sembra possibile che in un libro dedicato a G. non si parli del processo? Ebbene è così, o quasi. Troviamo solo pochi cenni:
Il cardinale Francesco Barberini era uno dei tre Cardinali che rifiutarono di firmare la condanna dell’Inquisizione inflitta a Galileo Galilei nel 1616. (pag. 77)
A parte la confusione di date (la condanna è del 1633: nel 1616 venne vietato il De revolutionibus di Copernico, ma senza coinvolgere direttamente G.) è vero che tre cardinali non firmarono, ma altri sette sì. Questo Z. non lo ricorda, come non ricorda che fino alla morte G. fu sottoposto ad arresti domiciliari, impedito di vedere amici e allievi se non sotto sorveglianza; che i Discorsi – secondo Z. l’opera somma di G. – furono stampati a Leida, in Olanda: paese protestante, quindi non soggetto all’autorità della Chiesa di Roma.
I veri nemici di Galilei furono la filosofia aristotelica e i fanatici dell’ “ipse dixit”, non la Chiesa né la Bibbia e il suo Dio. (pag. 103)
Non furono però gli aristotelici delle università a pronunciare la condanna…
Galilei fece tutto il possibile per impedire alla Chiesa un passo falso […] secondo gli esponenti della cultura dominante, Galilei voleva convincere la Chiesa ad adottare il sistema copernicano nel quale lui credeva […]
Galilei non mise mai in dubbio il diritto della Chiesa a intervenire, ma voleva convincerla a non ricorrere all’autorità delle Scritture per difendere teorie astronomiche che di religioso non avevano assolutamente nulla. (pag. 81-83).
Non più di quattro pagine in tutto: per Z. l’argomento non è poi così importante come lo è per la “cultura dominante” di tutto il mondo… Perciò conviene anche a noi occuparci d’altro.
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In un libro di oltre 500 pagine ci sono anche altre cose, di cui non ho potuto parlare, e che mi limito ad accennare per informazione di chi mi legge. C’è un’energica difesa della scienza, intesa come intrinsecamente buona, e contrapposta alla tecnica e a tutte le applicazioni. Z. afferma che tutti i mali prodotti dalla scienza sono in realtà delle sue applicazioni, e gli scienziati non ne sono responsabili. Elenca invece le promesse di benefici per l’umanità che possono derivare da un retto uso della scienza.
Tanto per cambiare, secondo me le cose sono un po’ più complicate di come Z. le presenta. È vero che esistono oggi correnti antiscientifiche (che non hanno però niente a che vedere con la “cultura atea”, anzi spesso sono d’ispirazione religiosa) che tendono anche a mettere in discussione la scienza in quanto tale, senza fare troppe distinzioni. Ma non si può neppure chiudere gli occhi davanti ai problemi che nascono per il solo fatto che la scienza ci ha portati a certi livelli di conoscenza. Non voglio dire di più, perché il tema è sterminato e ci porterebbe lontano dal libro di Z.; al quale rimprovero, al solito, un atteggiamento del tutto acritico.
Un altro tema che sta a cuore a Z., e che del resto è vicino al tema centrale, è il rapporto tra scienza e fede. Qui Z. polemizza duramente con coloro che contrappongono fede e ragione, e rivendica invece l’unione simboleggiata dal titolo dell’enciclica papale Fides et Ratio. Si potrebbe dire che ha tutto il diritto di esprimere le sue idee, se non fosse per ciò che scriveva Mach un secolo fa, e che vi invito a rileggere… Di più: Z. propugna una Grande Alleanza (come al solito, le maiuscole si sprecano):
Nella Grande Alleanza tra Fede e Ragione sta una forte sorgente di speranza affinché nel mondo possano essere sconfitti coloro che disprezzano sia la Fede sia la Ragione. Il Professor Abdus Salam, pur essendo di religione islamica, amava il Papa ed era convinto che il futuro del mondo doveva reggersi su una Grande Alleanza tra Fede e Ragione e che la Scienza avrebbe dovuto essere insegnata dagli altari. (pag. 409)
Purtroppo Salam è morto, e non possiamo chiedergli se davvero ha detto questo. A me sembra un bel programma d’intolleranza confessionale. Che Z. la pensi così, ci sono pochi dubbi. Che pretenda di tirare dalla sua parte Galileo, non mi piace affatto.
Arrivato in fondo a questo faticoso resoconto, dovrei rispondere all’ovvia domanda: “Ci hai detto all’inizio che questo era un libro a tesi, e la tesi è che G. è stato il vero solo unico fondatore della scienza in quanto credente. È dimostrata questa tesi?” Come ho già scritto, qui non ci sono ragionamenti, quindi non ci possono essere dimostrazioni. Ci sono asserzioni, alle quali il lettore deve prestar fede sulla parola dell’Autore. C’è poi un’abbondanza di citazioni, soprattutto di G.; e qui un commento è d’obbligo.
Tutti sanno quanto sia delicato l’uso delle citazioni: possono essere preziose, nel bene e nel male. Voglio dire che possono aiutare a dar forza agli argomenti, a testimoniare e confermare asserzioni; ma è anche possibile – e facile – usarle a sproposito, in buona o in mala fede. Il modo più corrente è quello della citazione fuori contesto, con la quale si può far dire all’autore citato anche l’esatto contrario di ciò che intendeva.
Ebbene: di questa tecnica Z. fa ampio uso. Per dimostrarlo occorrerebbe produrre e discutere una buona quantità di esempi, il che mi è impossibile; invito perciò chi voglia convincersene a verificare in prima persona. Mi limito qui a un unico caso. Andiamo a pag. 426:
L’intelligenza del Creatore è la più alta. Ecco perché se vogliamo sapere com’è fatto il mondo dobbiamo chiederlo a Lui. […] Galilei pensava che Dio fosse di più alta intelligenza.
Come vedete, siamo proprio alla tesi centrale: dove cercava G. le risposte ai problemi della scienza? Noi siamo abituati a dire: nel libro della natura. Ma noi siamo imbevuti della cultura atea dominante; invece Z. ci vuole dimostrare che G. cerca le risposte nel Libro del Creatore, e la differenza non è nominalistica. La citazione che segue sarebbe appunto una delle prove che G. pensava così:
“… tuttavia, quando pure il fatto stesse in altra maniera, nessuna resistenza sarebbe in me di credere alle ragioni che da più alta intelligenza mi venissero addotte …”
Z. indica luogo e pagina da cui la citazione è tratta, per cui è facile controllarla, sì che viene naturale prenderla per buona e basta. Ma se un diavoletto scettico vi sussurra all’orecchio … potete scoprire che la cosa è un po’ diversa.
Siamo nel Dialogo, e si sta discutendo delle dimensioni del sistema solare e delle distanze delle stelle. Simplicio ha fatto la seguente obiezione:
… ma non deviamo ammettere, nessuna cosa esser stata creata in vano ed esser oziosa nell’universo; ora, mentre che noi veggiamo questo bell’ordine di pianeti, disposti intorno alla Terra in distanze proporzionate al produrre sopra di quella suoi effetti per benefizio nostro, a che fine interpor di poi tra l’orbe supremo di Saturno e la sfera stellata uno spazio vastissimo senza stella alcuna, superfluo e vano? a che fine? per comodo ed utile di chi?
A questo replica Salviati, con una pagina di discorso che non posso citare per intero, ma non posso neppure tagliare troppo, se vogliamo capire:
Troppo mi par che ci arroghiamo, signor Simplicio, mentre vogliamo che la sola cura di noi sia l’opera adequata ed il termine oltre al quale la divina sapienza e potenza niuna altra cosa faccia o disponga; […] esempio […] del lume del Sole, il quale, mentre attrae quei vapori o riscalda quella pianta, gli attrae e la riscalda in modo, come se altro non avesse che fare; anzi nel maturar quel grappolo d’uva, anzi un granello solo, vi si applica che più efficacemente applicar non vi si potrebbe quando il termine di tutti i suoi affari fusse la sola maturazione di quel grano. Ora, se questo grano riceve dal Sole tutto quello che ricever si può, […] d’invidia o di stoltizia sarebbe da incolpar quel grano, quando e’ credesse o chiedesse che nel suo pro’ solamente s’impiegasse l’azione dei raggi solari. Son certo che niente si lascia indietro dalla divina Providenza di quello che si aspetta nel governo delle cose umane; ma che non possano essere altre cose nell’universo dependenti dall’infinita sua sapienza, non potrei per me stesso, per quanto mi detta il mio discorso, accomodarmi a crederlo;
[qui è inserito il brano citato da Z.]
In tanto, quando mi vien detto che sarebbe inutile e vano un immenso spazio intraposto tra gli orbi de i pianeti e la sfera stellata, […] dico che è temerità voler far giudice il nostro debolissimo discorso delle opere di Dio, e chiamar vano o superfluo tutto quello dell’universo che non serve per noi.
In primo luogo c’è da notare la “laicità” del paragone che G. propone, tra il chicco d’uva e l’umanità: il mondo non è fatto a esclusivo beneficio dell’uomo, che non può essere il metro di tutte le cose. Quindi mi sembra chiaro che cosa intenda G. quando parla di “ragioni che da più alta intelligenza mi venissero addotte”. Dice: secondo me non si deve giudicare inutile ciò di cui non vediamo un utile per noi; ma se poi qualcuno “più in alto” (come intelligenza o forse come autorità) mi porta altre ragioni, non farò resistenza. Che cosa c’entri l’interpretazione che ne dà Z., lo sa soltanto lui…
Siamo veramente alla fine, e voglio chiudere con un commento di altro genere. A parte tutto quello che ho detto, ciò che profondamente mi disturba in questo libro è che vi viene dipinto un Galileo per me irriconoscibile.
Dov’è l’ingegno acuto, il polemista imbattibile, la lingua tagliente (da buon toscano)? Dov’è lo spirito laico, che non accetta nessuna autorità che non sia quella delle “sensate esperienze” e delle “certe dimostrazioni”?
Dove il pensatore profondo e al tempo stesso attaccato alla concreta realtà e all’esperienza che da questa si raccoglie? “Largo campo di filosofare parmi che porga […] la frequente pratica del famoso arsenale [dove sono] numero grande d’artefici, tra i quali […] è forza che ve ne siano di peritissimo discorso”. (Discorsi, inizio della giornata prima).
Dov’è lo scienziato vivo, che nella sua ricerca apre nuove strade e commette anche errori, che impara da chi l’ha preceduto ed è maestro di chi lo seguirà? Che si piega ai potenti, e al tempo stesso è ben cosciente del suo valore?
… ahimé, Signor mio, il Galileo, vostro caro amico e servitore, è fatto irreparabilmente da un mese in qua del tutto cieco. Or pensi V.S. in qual afflizione io mi ritrovo, mentre che vo considerando che quel cielo, quel mondo e quello universo che io con mie meravigliose osservazioni e chiare dimostrazioni avevo ampliato per cento e mille volte, più del comunemente veduto da’ sapienti di tutti i secoli passati, ora per me s’è sì diminuito e ristretto, ch’e’ non è maggiore di quel che occupa la persona mia… (lettera a Elia Diodati in Parigi, 2 gennaio 1638).
No: qui abbiamo un Galileo impagliato, un fantoccio al quale un autore ventriloquo fa dire quello che vuole. Per dirla con Eduardo, “nun me piace”…
Elio Fabri, caro amico AIF degli anni passati non ha solo scritto queste pagine esemplari che illustrano senza ombra di dubbio il livello dell’ig-nobel, ma ha anche scritto al giornale della Società Italiana di Fisica (SIF), Il Saggiatore, una nota giustamente polemica contro una recensione fatta da questa rivista scientifica (una volta molto seria, ma ora caduta in mano ad un direttore – tal Bassani – di infimo livello) ad un libro di Zichichi. Ora, tutto si può dire di un libro di Zichichi (io dico che fanno veramente molta pena), meno che sia un libro scientifico e Fabri lo comunica al direttore dell’associazione alla quale è iscritto da quaranta anni! La risposta del C.d.R. è degna della peggiore polemica berluscon-bananiera. Solo una riflessione: come abbiamo fatto a ridurci così ? Siamo in mano ad una banda di arrivisti ig-nobili che vivono la loro breve primavera … Ed ora, in formato PDF, propongo la lettera di Fabri a il Saggiatore e la “risposta” di una redattrice. Per leggere, cliccate qui.
R.R.
Zichicchedi Piergiorgio OdifreddiA Piergiorgio Odifreddi abbiamo chiesto le ragioni che spiegano il suo interesse per un personaggio come Antonino Zichichi Mi sono interessato per la prima volta di Zichichi casualmente, come succede spesso nella vita. In libreria ho visto il suo Infinito e, poiché quello era il “mio” campo, l’ho sfogliato. Il nome dell’autore lo conoscevo per sentito dire, ma solo superficialmente, e di lui non sapevo altro se non che fosse un fisico. Ma, leggendo a caso, non ho creduto ai miei occhi: le castronerie e le assurdità erano così tante e così abissali, a partire da quella che diceva che Godel aveva provato che “esistono teoremi non dimostrabili“, che non ho resistito alla tentazione di farne una recensione.
Era il 1994 e io avevo da poco e timidamente cominciato a fare divulgazione: quella è stata una delle mie prime “uscite” pubbliche.Non credo che avrei mai più letto altri suoi libri, se lui non ne avesse scritto uno su scienza e religione nel 2000: su un argomento, cioè, nel quale io avevo appena pubblicato il mio primo libro non tecnico, Il Vangelo secondo la Scienza. Se possibile, questo era ancora più delirante del precedente. Stavolta la mia matita si era un po’ affilata, con qualche anno di pratica divulgativa, e ho prodotto quello che considero il mio pezzo più divertente: Dagli amici si guardi iddio. Divertente per molti, oltre che per me, ma non per Zichichi: il quale mi ha infatti querelato.A questo punto ho voluto vedere che cosa ne pensassero gli altri, di Zichichi: se, cioè, ero solo io a considerarlo un povero iddiota (con due “d”, come i suoi lettori). E ho scoperto che da anni era sbeffeggiato dai colleghi e dai recensori, e che era un vero “imbarazzo” per la scienza. Cioè, un uomo utile per ottenere finanziamenti, tramite le sue frequentazioni con il potere politico e religioso, ma di cui vergognarsi dal punto di vista intellettuale. Più o meno, come gli “intoccabili” della vecchia India, che facevano i lavori considerati indegni e impuri, ma dei quali persino l’ombra era contaminante. Ho messo insieme gli articoli che ho trovato, e non è stato difficile: molti fisici ne avevano tenuto copie nei loro files, per ridersela tra loro, e me li hanno dati volentieri. E ora corrono a comprare il libro: addirittura, un premio Nobel italiano di Fisica mi ha chiesto di fargliene avere una copia! Ma io l’ho fatto non per il divertimento dei fisici, i quali d’altronde conoscono già il personaggio, ma per i molti ignari lettori dei suoi libri che mi hanno scritto, a volte anche con acredine, a causa delle mie recensioni su di lui. Il mio unico scopo è che loro sappiano con che razza di fisico, di divulgatore e di uomo pubblico hanno a che fare. Se poi a loro va bene così, va bene anche a me.Quanto a me, considero questo libro come una testimonianza di impegno civile. Certo, ci sono in Italia problemi maggiori di quello di Zichichi, ma ciascuno di noi agisce nell’ambito che gli è proprio, che per me è quello scientifico. E come nel lavoro dei campi non basta seminare, ma bisogna anche disinfestare dalle erbacce, così accanto ai miei libri e articoli di scienza e di divulgazione, ho pensato di affiancarne uno di denuncia su come non si devono fare né la scienza, né la divulgazione. Proof by example, come si dice in inglese: ovvero, esemplificare per dimostrare. E Zichichi è certo esemplare, benché non tutti gli esempi siano positivi.
http://it.groups.yahoo.com/group/astroccd/message/344
COMUNICATO DELL’IRAS
Abbiamo avuto occasione di ascoltare numerose dichiarazioni relative all’inizio del terzo millennio, che quasi tutti pongono al 1 gennaio dell’anno 2000. Siccome e’ assolutamente incontestabile che invece esso e’ al 1 gennaio dell’anno 2001, per ragioni storiche e matematiche ovvie, abbiamo scritto un articolo, che e’ ora apparso nel numero 19 della rivista “COELUM – Astronomia” nell’aprile 1999. E lo abbiamo scritto per fare un servizio alla verità, dopo che distratti, ciarlatani, venditori di fumo e similari, per non dire superficiali, ci stanno seppellendo di chiacchiere su cose che non conoscono.
Quando a dare notizie culturali sono giornalisti generici o comunque persone non addette ai lavori, passi; fa parte della realta’. Ma quando queste notizie errate ci pervengono nientemeno che da trasmissioni televisive ad alto indice di ascolto e a parlare e’ il professor Antonino Zichichi, che ammonisce tutti che categoricamente il millernnio iniziera’ in data 1-1-2000, aggiungendo che non ne vuol più sentire parlare, QUESTO E’ TROPPO. Forse e’ meglio che il professore se lo vada a leggere, questo articolo (lo chiediamo umilmente). Oppure provi a leggere altri testi di astronomia dove si parla di date, calendari, storia, logica e … matematica.
Ma del resto noi il professore lo stimiamo molto e lo seguiamo con interesse quando parla di fisica, dato che lui e’ sicuramente uno dei migliori fisici che abbia l’Italia. Quando parla di astronomia, invece, a volte, cade in queste inesattezze, che, come in questo caso, sono piuttosto clamorose. In Astronomia, infatti, nemmeno il professor Zichichi puo’ essere considerato un addetto ai lavori…
Ma se non persiste nell’errore, dovuto a distrazione, ed e’ disposto a riparlarne, ascoltando anche gli astronomi, per questa volta lo perdoniamo.
Claudio Lopresti
presidente dell’Istituto Spezzino Ricerche Astronomiche (I.R.A.S.)
coordinatore del Gruppo Astronomia Digitale (G.A.D.)
Ed ecco uno dei pezzi del nostro personaggio:
http://www.sgrtv.it/archivio_link/18052000/esteri/papa/zichichi.html
ESTERI/ Gli ottant’anni del Cyber-Papa
il segreto di Zichichi
Il Messaggero, 18 maggio 2000
LA TESTIMONIANZA
Il pellegrino di pace che ha unito Scienza e Fede
di ANTONINO ZICHICHI *Recenti studi sulle origini della civiltà danno come millennio preferito quello che risale a diecimila anni fa. Si tratta di studi non di stampo galileiano. Purtuttavia essi portano a una incredibile coincidenza. Se all’alba della civiltà l’uomo avesse adottato il Calendario delle Stelle (n.d.r. discusso nel libro “L’irresistibile fascino del Tempo”) ci troveremmo dinanzi a questa incredibile coincidenza: il 18 maggio del nostro Calendario corrisponde all’inizio del nuovo Millennio nel Calendario Siderale.
Il nostro Calendario è legato al Sole: la Stella a noi più vicina, che ci illumina e riscalda. Di Stelle nel Cosmo però ce ne sono a miliardi di miliardi. Se volessimo sincronizzare il nostro Calendario con le Stelle dovremmo festeggiare l’inizio del nuovo Millennio il 18 maggio dell’anno 2000. Insomma il nuovo Millennio delle Stelle inizia il giorno in cui è nato Giovanni Paolo II: quel Sant’uomo venuto da lontano cui doveva toccare il compito straordinario di fare rinascere la Scienza, proprio nell’era dominata dalla Tecnica agli ordini della violenza politica.
«Scienza e Fede – dice questo grande Papa – sono entrambe doni di Dio». Secondo la cultura atea noi saremmo figli del caos. Se così fosse non potrebbero esistere le Tre Colonne e le Tre Forze Fondamentali della Natura, cui siamo pervenuti dopo quattrocento anni di esperimenti scientifici di stampo galileiano. Il che vuol dire formulati col rigore della logica matematica e corroborati da risultati sperimentali riproducibili, il cui significato è uno e solo uno: risposte date a noi da Colui che ha fatto il mondo. Nasce da queste risposte la certezza che, nell’Immanente, noi siamo figli della Sua Logica: Tre Colonne e Tre Forze. Altro che caos. Come la mettiamo con la cronaca che diventa storia? Karol Wojtyla diventa Papa nonostante la sua vocazione a ritirarsi in clausura come carmelitano e, prima del 13 maggio 1981, sfugge due volte alla morte.
Nell’ottobre 1978 Karol Wojtyla viene eletto Papa. Quando lessi quel nome sui giornali inglesi (ero a Londra) mi venne in mente ciò che mi aveva detto il rappresentante polacco nella Società Europea di Fisica: l’Arcivescovo di Cracovia riuniva periodicamente gli Scienziati di quell’Università per sapere se erano vere le notizie che costantemente ripetevano i “media” del regime polacco. E cioè che era il marxismo scientifico col suo materialismo a dare alla Scienza le sue grandi conquiste. Era entusiasta nell’ascoltare le dettagliate motivazioni degli scienziati di Cracovia da cui si deduceva che il marxismo scientifico era (ed è) la negazione della Scienza. Fu su queste basi che ebbe inizio la Grande Alleanza tra Scienza e Fede sbocciata pochi mesi dopo l’elezione di Karol Wojtyla al Soglio Pontificio.
Alle cinque del pomeriggio del 13 maggio 1981 tutto sembra crollare. La notizia mi viene comunicata a Pisa nel corso di un seminario di fisica subnucleare alla Scuola normale superiore. Ricordo ancora gli occhi smarriti della segretaria che aveva osato interrompere una relazione dando all’oratore un foglio con un messaggio urgente. Non potevo credere a quello che mi si comunicava nel foglietto: in Piazza San Pietro hanno sparato al Papa che si è accasciato in fin di vita.
Il 13 maggio del 1917, sempre alle cinque del pomeriggio, appare a tre pastorelli la Madonna in una distesa arida; buona solo per gente umile e povere pecore. Karol Wojtyla non era ancora nato. Eppure la Madonna di Fatima dice ai tre pastorelli (che nulla sapevano di nazismo, comunismo, guerra fredda e olocausto nucleare) che quell’uomo, ancora non nato, sarebbe caduto «vestito di bianco, come morto, sotto i colpi di arma da fuoco». Ecco il Terzo Segreto di Fatima, rivelato 83 anni dopo. La profezia non disse «morto», ma «come morto». Il 7 ottobre dell’anno stesso dell’attentato il Papa dice: «Sono diventato debitore della Santissima Vergine. Potrei dimenticare che l’evento di Piazza San Pietro ha avuto luogo nel giorno e nell’ora nei quali si ricorda a Fatima la prima apparizione della Madre di Cristo ai poveri contadinelli?»
Dinanzi a queste incredibili Verità può la cultura atea sostenere che tutto ciò sia frutto del caso? La Scienza, fonte di certezze, risponde: l’Immanente non è retto dal caso ma da una Logica rigorosa il cui Autore nessuno può escludere che sia Colui che ha permesso a quest’Uomo di scampare tre volte alla morte e ad agire nel Terzo Millennio affinché non sia la violenza politica a dominare il nostro futuro, ma l’Amore, la Carità e il Perdono. Amore, Carità e Perdono che sono in perfetta sintonia con i valori della Scienza e che entrano nel nuovo Millennio delle Stelle guidati da un pellegrino di Pace venuto da lontano. Pellegrino, portatore dei valori che fanno di questa forma di materia vivente detta uomo un esempio unico tra le innumerevoli forme di materia vivente, in quanto solo ad essa è stato dato il privilegio di potere decifrare la Logica del Creatore. Il 18 maggio 2000 è una data carica di promesse e di speranze.
* Presidente della World federation of scientists
Uno degli argomenti in cui il sedicente scienziato di Alcamo rende meglio:
Il tamburino dei Misteri
Antonino Zichichi“Quando per la prima volta agganciai il tamburo alla mia cintura ero poco più di un bambino. Lo feci con orgoglio di chi realizza un sogno coltivato da tanto tempo”. Sono le parole di Antonino Chirco, uno dei giovani che suona il tamburo durante la processione dei Misteri a Trapani. Il tamburo gli era stato dato dai suoi genitori ed era appartenuto a suo nonno, dal quale ha forse anche ereditato questa passione.
Quel Venerdì Santo di sei anni fa, in un’atmosfera fatta di storia, religiosità, tradizione, grande fu l’emozione quando si aprì il portone della chiesa del Purgatorio, da dove escono i sacri gruppi e nella quale ebbe inizio la prima esibizione di Antonino, davanti lo straordinario pubblico che fa sempre da cornice alla manifestazione.
“Da allora – dice Antonino – non mi sono più perso una processione dei Misteri, sempre da tamburino, con la differenza che ho accresciuto nel tempo sicurezza e professionalità, mentre invariate sono rimaste l’emozione e la gioia di quella prima volta. L’affiatamento con i ragazzi che insieme con me compongono il gruppo che a suon di marce funebri precede la processione, deriva da un’accurata preparazione”.
Il gruppo dei tamburini di Trapani è costituito da otto elementi, tutti giovani, di età compresa tra i 15 e i 25 anni. E’ diretto dal Maestro Nicolò Lombardo, un appassionato di percussioni, ex batterista del complesso trapanese “Gli Angeli”, molto noto negli anni ’60.
“E’ lui – aggiunge Antonino – l’autore delle marce che noi eseguiamo, le quali possono essere gravi o allegre per adattarle al genere di manifestazione a cui partecipiamo”.
Nella processione, mentre il gruppo è in movimento, viene prodotta una tipica suonata dal ritmo costante, durante le soste che durano in genere pochi minuti, la suonata, invece, diventa variegata, con interventi solisti dei vari tamburini che, combinandosi armonicamente, producono l’effetto di una piccola orchestra.
Il gruppo è stato voluto dall’Unione Maestranze per riprendere un’antica tradizione legata alla processione dei Misteri.
Storicamente, infatti, erano gli incappucciati della Confraternita di san Michele che con il suono dei tamburi annunciavano la passione e morte di nostro Signore Gesù Cristo, rappresentata dai sacri gruppi in processione.
Da un paio di anni, le esibizioni sono state estese anche alle processioni delle Madonne della Pietà, previste per il martedì ed il mercoledì della Settimana Santa, sempre per decisione dell’Unione Maestranze.
“Ma la nostra popolarità – conclude Antonino – ha varcato i confini della città. Un altro nostro appuntamento ricorrente è con la processione in onore della Madonna di Custonaci che si tiene l’ultimo mercoledì di agosto nel suggestivo scenario di Erice. Siamo stati invitati anche in altre località della provincia, come Calatafimi, Castelvetrano, Mazara del Vallo, e, perfino, a Caltanisetta, nell’ambito del gemellaggio tra la città nissena e Trapani per i riti della Settimana Santa.
di Antonino Zichichi
Così scrive di LUI il mio ex compagno di corso di laurea, Giorgio Parisi:
http://www.google.it/search?q=cache:E8V0yw6–usJ:chimera.roma1.infn.it/GIORGIO/BONOLIS/
Parisi3.html+%22antonino+zichichi%22&hl=it&lr=lang_it&ie=UTF-8
G.P. 266
……………Ricordo un articolo molto sui generis di [Antonino] Zichichi sul Tempo o qualche altro giornale, circa una ventina di anni fa, che cominciava in questo modo: <<L’altezza dell’uomo dipende dagli elettroni, perché il 99,99% dello spazio dell’uomo è occupato dagli elettroni, se noi levassimo lo spazio non occupato dagli elettroni, l’uomo sarebbe più piccolo di un decimillesimo di millimetro e così via: noi a Frascati studiamo le proprietà degli elettroni>>. Nessuna di queste frasi è falsa: è vero che l’altezza dell’uomo dipende dagli elettroni, è vero che se l’elettrone avesse una massa doppia gli atomi sarebbero più piccoli e tutto sarebbe più piccolo, ecc. ma è vero che i progressi tecnici fatti a Frascati sulle proprietà degli elettroni non aggiungono niente alla nostra comprensione sull’altezza dell’uomo.
Quante ne dice! Chi glielo spiegherà che esiste la “LEGGE EMPIRICA DEL CASO”?
L’ILLUSIONE DEL NUMERO RITARDATARIOLa probabilità per un numero di essere estratto rimane sempre la stessa. Un dado ha sei facce. Se ciascuna faccia la dipingiamo usando sei colori diversi, la probabilità che venga la faccia con un determinato colore è un sesto, essendo sei il numero totale delle facce possibili. Se su ciascuna mettiamo i primi sei numeri, la probabilità che esca, ad esempio, il numero 3 è 1/6. Che esca 5 è anche 1/6 e che esca il numero 1 è sempre 1/6.
Se vogliamo sapere qual è la probabilità che esca uno qualsiasi dei tre numeri dispari (1, 3, 5), dobbiamo sommare le tre probabilità. Il che fa 3/6, e cioè il 50 per cento. Lo stesso vale se vogliamo sapere quanto fa la probabilità che esca uno dei tre numeri pari (2, 4, 6): 50 per cento.
Se c’è un ritardo nell’uscita di un numero pari, questo non può favorire in alcun modo l’uscita del pari né del dispari. Perché? Risposta: le sei facce del dado non possono ricordare quale è stata quella del caso precedente.
Se invece di usare le sei facce di un dado usiamo una scatola, dove mettiamo sei piccole sfere, ciascuna contenente uno dei sei numeri, le probabilità non cambiano. Se usiamo 90 sferette, ciascuna contenente un numero da 1 a 90 come avviene nel Lotto, la probabilità che esca il 3 non è più 1/6, ma 1 su 90. Adesso ci sono, infatti, 90 numeri che possono essere estratti. È come se un dado avesse novanta facce. La probabilità che esca un numero dispari è sempre del 50 per cento, in quanto tra uno e 90 la metà dei numeri è dispari. E siccome l’altra metà è fatta di numeri pari, la probabilità che venga estratto un numero pari è sempre del 50 per cento.
E adesso, attenzione. Se vogliamo mettere insieme due numeri per vincere un ambo, la probabilità non è la somma, bensì il prodotto delle due: quindi poco più di un decimo per mille. Per un terno, la probabilità è il prodotto delle tre probabilità: poco più di uno su un milione. E così via per la quaterna e la cinquina, le cui probabilità sono rispettivamente un centesimo e mezzo di milionesimo e meno di due decimi di miliardesimo. Per avere la “speranza matematica” di vincere una cinquina bisognerebbe giocare quasi sei miliardi di volte.
Fatta un’estrazione, le probabilità non cambiano. E infatti, nell’urna si rimettono ancora una volta i 90 numeri e nessuno di essi ha alcun privilegio. La probabilità che esca uno dei 90 numeri è suddivisa in modo rigorosamente eguale tra i 90 numeri.
Questa probabilità a ogni estrazione è sempre la stessa: un novantesimo del totale. I giochi basati sui “numeri in ritardo” sono privi di fondamento matematico. Ripetendo l’estrazione, la probabilità non può cambiare, in quanto le sferette che contengono i numeri non hanno alcuna memoria delle passate estrazioni. La struttura portante di questa matematica fu costruita da Fermat (1601-1665) e Pascal (1623-1662) più di 300 anni fa.
È incredibile che dopo oltre tre secoli ci sia ancora chi continua a credere nella teoria dei “ritardi” matematici per i numeri estratti. Come se Fermat e Pascal non fossero mai esistiti.
Antonino Zichichi
Nel numero 43 di Famiglia Cristiana, Antonino Zichichi ha espresso il proprio parere in tema d’inquinamento luminoso, con ragionamenti e affermazioni a dir poco singolari. I lettori potranno leggere qui sotto la trascrizione completa di quanto affermato dal fisico siciliano, e decidere in piena libertà sulla necessità o meno di indirizzare al direttore del settimanale Beppe del Colle le rimostranze per un messaggio che raggiungendo milioni di persone ha fortemente nuociuto all’immagine di quanto si sta costruendo per ovviare a questo problema. L’indirizzo e-mail è: famigliacristiana@stpauls.it
LA LUCE È VITA E PROGRESSO
A PROPOSITO DI INQUINAMENTO “LUMINOSO”
Di Antonino Zichichi
LO SPETTACOLO DI UN CIELO STELLATO È CERTAMENTE AFFASCINANTE, MA NON DOBBIAMO DIMENTICARE CHE LA LUCE ARTIFICIALE È UNA DELLE PIÙ GRANDI CONQUISTE DELL’INTELLETTO UMANO.L’industria che produce scaricando veleni nelle acque di un fiume va condannata per il delitto d’inquinamento. Se tutto diventa emergenza, crolla l’impegno per combattere le “emergenze planetarie”. Abusare del termine “inquinamento” porta ad abbassare la guardia contro i nemici del vivere civile. A tutti piacciono lo spettacolo di una notte stellata e il fascino di quella strana sorgente di luce – la Via Lattea – che per millenni si pensava fosse il riflesso della luce solare e che sappiamo invece essere una distesa sterminata di stelle come il nostro sole
Sarebbe segno di grande civiltà se si arrivasse, con una certa periodicità ad avere una notte senza luci artificiali, per avere a portata di mano lo spettacolo del cielo stellato e della Via Lattea. Le città spente, per atto di civiltà. Non perché le luci artificiali sono fonte di “inquinamento”. La luce non avvelena l’aria come fanno gli scarichi di tante industrie. La luce non rende sordi come fa l’inquinamento sonoro. La luce non provoca il cancro ai polmoni come fa il fumo passivo di cui continuiamo a essere vittime, nonostante le leggi che lo proibiscono.
Diciamo quindi ai nostri amici astrofili che il loro impegno per educate la gente a volgere gli occhi verso il cielo stellato e la Via Lattea non deve avere conseguenze diseducative verso l’impegno a combattere le pericolose sorgenti di inquinamento ambientale. I nostri amici astrofili debbono agire da educatori facendo capire al grande pubblico che la luce non è sorgente d’inquinamento. La luce artificiale è una delle più grandi conquiste dell’intelletto umano.
Per millenni e millenni, in tutti i continenti, tutte le civiltà avevano cercato di decifrare questo formidabile mistero del Cosmo: cos’è la luce?
Ci sono voluti 200 anni di esperimenti per arrivare alla superba sintesi di Maxwell (il grande fisico scozzese vissuto nel XIX secolo), le cui quattro equazioni rappresentano l’atto di nascita dell’elettromagnetismo. Questo atto di nascita ha permesso di capire che la luce è una delle innumerevoli manifestazioni di quella forza fondamentale della Natura generata da quella quantità fisica cui è stato dato il nome di “carica elettrica”. Colori, sapori, tatto, gusto, olfatto, udito, vista, sono esempi di ciò che produce questa carica. Facendo vibrare questa “carica elettrica” si producono onde elettromagnetiche di energia diversa.
Al livello minimo ci sono le onde radio. Poi vengono le onde radar. Poi vengono le onde tv. Più in alto ci sono le onde radar. Ancora più in alto la luce. Poi i raggi X e a livello estremo i raggi detti “gamma”. L’ultima novità delle scoperte astrofisiche sono i “lampi raggi di gamma”. Fenomeni celesti ancora tutti da capire.
Lo spettacolo di un cielo stellato è certamente affascinante. Ma la scoperta delle equazioni di Maxwell è dotata di fascino ancora più potente. Da queste formule matematiche nascono la luce delle nostre lampade, la radio, la televisione e l’enorme quantità di strumenti tecnologici a noi indispensabili, inclusi i rivelatori dei “lampi cosmici di raggi gamma”.
Se l’uomo si fosse fermato a contemplare lo spettacolo delle notti stellate, saremmo ancora all’età della pietra.
La luce nelle città è indice di progresso. E infatti le immagini sei satelliti parlano chiaro. La sacca di disperazione e di morte per inedia è in quelle zone del mondo rimaste ancora nel buio, nonostante le equazioni di Maxwell. In quelle zone muoiono ogni anno milioni di nostri fratelli e sorelle. Sono zone in cui vivono – secondo le stime più recenti – 800 milioni di persone che ogni sera possono godersi lo spettacolo di un cielo stellato, ma non hanno luce per leggere, né cibo per sfamarsi, né medicine per curarsi.
Noi amanti delle stelle abbiamo il sacrosanto diritto di osservare lo spettacolo di una notte stellata; a questo traguardo dobbiamo però arrivare non dicendo che la luce è fonte di “inquinamento”, ma ancorando le nostre legittime richieste al fascino delle conquiste legate alla scoperta dell’elettromagmetismo.
Zichichi: “non è inquinamento luminoso”.
E gli astronomi insorgono«La luce non fa inquinamento!». E in Italia si accendono le polemiche.A scatenare la protesta degli astronomi e degli astrofili della vicina penisola è stato un articolo del noto fisico italiano Antonino Zichichi apparso sul numero del 28 ottobre di Famiglia Cristiana. Sotto il titolo “A proposito di inquinamento” il professor Zichichi invita a non voler definire “inquinamento” l’alone di luce che le città lasciano nell’atmosfera. «Sarebbe segno di grande civiltà se si arrivasse, con una certa periodicità, ad avere una notte senza luci artificiali, per avere a portata di mano lo spettacolo del cielo stellato e della Via Lattea – scrive Zichichi -. Le città spente per atto di civiltà. Non perché le luci artificiali sono fonte di “inquinamento”». Per lo scienziato italiano la luce artificiale costituisce infatti una conquista umana importante e sarebbe dunque sbagliato demonizzarla parificandola a ben più gravi “emergenze planetarie” che affliggono il globo. «Noi amanti delle stelle abbiamo il sacrosanto diritto di osservare lo spettacolo di una notte stellata; a questo traguardo dobbiamo, però, arrivare non dicendo che la luce è “inquinamento”, ma ancorando le nostre legittime richieste al fascino delle conquiste legate alla scoperta dell’elettromagnetismo». Il ragionamento di Zichichi è stato però bersaglio di non poche critiche. Lo testimoniano le numerosissime lettere ricevute dalla redazione di Famiglia Cristiana nei giorni successivi alla pubblicazione dell’articolo. Non hanno gradito l’opinione dallo scienziato soprattutto coloro che periodicamente devono confrontarsi con il problema e tra questi, in particolare, astronomi professionisti e dilettanti le cui osservazioni del cielo notturno vengono spesso disturbate dalla luce.
Tra le missive di protesta inviate a Zichichi spicca il lungo intervento di Pierantonio Cinzano, presidente in Italia dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’Inquinamento Luminoso e direttore scientifico della sezione italiana della International Dark-Sky Association, le cui fotografie illustravano l’articolo di Famiglia Cristiana. «Mi sarei aspettato almeno maggiore cautela e rispetto per le tante persone che dedicano il loro tempo a questo problema», ha fra l’altro sottolineato Cinzano. La polemica ha toccato più campi, compresi quelli della filosofia e della medicina. Il dito è stato però puntato in particolare contro lo slogan “la luce è vita e progresso” – colpevole, secondo alcuni, di far credere che sia la quantità di luce prodotta a determinare la ricchezza tecnologica di un paese – e contro chi sostiene che non vi sarebbe alcuna conseguenza a livello fisico derivata dalla presenza di luce artificiale. Per confutare quest’ultima opinione i contestatori di Zichichi hanno messo sul tavolo recenti studi che rivelerebbero la possibilità dello svilupparsi di gravi patologie a causa proprio dell’eccesso di luce artificiale.
In uno dei suoi recenti numeri Famiglia Cristiana ha dato spazio alle risposte di Zichichi, permettendo così al fisico italiano di chiarire meglio la propria posizione. Il dibattito pare tuttavia destinato a protrarsi nel tempo.
Lugano, nuove lampade
Mentre alcune regioni italiane hanno già adottato leggi contro l’inquinamento luminoso, in Ticino, come in generale nel resto della Svizzera, sembra si sia ancora ai piedi della scala. Anche se a livello politico si sta prendendo coscienza del fenomeno, come ci conferma Julio Dieguez, di Arbedo, astrofilo da una vita e delegato della Dark-Sky per la Svizzera Italiana. «Quale associazione che si occupa di inquinamento luminoso, siamo sempre più coinvolti nei progetti di rinnovo di impianti di illuminazione pubblici – spiega Dieguez -. Un grosso problema è attualmente costituito dall’enorme spreco di energia luminosa, che viene spesso male impiegata. Il nostro compito è duplice: consigliare le autorità sulle misure più adatte per evitare consumi inutili e, al contempo, sensibilizzare la popolazione al tema. A Lugano, ad esempio, abbiamo recentemente supervisionato la sostituzione delle vecchie lampade a vapore di mercurio con altre a vapore di sodio, capaci di un risparmio pari a circa il 40 per cento».
La luce artificiale può inoltre essere fonte di non pochi problemi per gli automobilisti: «Se, ad esempio, l’autostrada è invasa da continui coni di luce la pupilla dovrà lavorare maggiormente per compensare i periodici sbalzi di illuminazione, cosa che può dare luogo ad un forte senso di stanchezza aumentando così il pericolo di incidenti».
Da un po’ di tempo la Dark-Sky sezione svizzera collabora attivamente anche con il Dipartimento del territorio ticinese. «L’obiettivo è quello di regolamentare l’illuminazione: per farlo ci vorrà sicuramente una buona dose di volontà politica, cosa che al Ticino sembra non mancare», dice ancora Dieguez.
Ma se gli sforzi maggiori oggi sono rivolti al risparmio energetico, per Dieguez non va dimenticata la dimensione culturale e paesaggistica dei nostri cieli un tempo davvero scuri, quella dimensione che l’inquinamento luminoso rischia di cancellare. «é un peccato che il normale scenario notturno sia qua e là deturpato da emissioni luminose sfuggite agli agglomerati urbani. Purtroppo sia il buio sia il cielo stellato stanno scomparendo dalla memoria».
Luca Berti su La Regione Ticino
2 gennaio 2002
Cieli rubati, quando la luce spegne le stelle
http://astroemagazine.astrofili.org/num20/zichichi/zichichi.htm
L'Esimio Professore Lettera aperta a tutti i lettori di AstroEmagazine
a cura di Piter Cardone
Cari lettori,eccoci ancora una volta a parlare di INQUINAMENTO LUMINOSO (la scritta in maiuscolo serve a ribadire che, secondo me, di inquinamento si tratta…). Non sto qui a ricordare quanto sia alto l’impegno di AstroEmagazine nei confronti di questa tematica, dato che gli attestati di stima e gli incoraggiamenti a proseguire su questa strada certo non mancano (al contrario di altri, che preferiscono “fermarsi a riflettere”… mi si consenta questa piccola, bonaria, punzecchiatura…). E’ stato così per l’illuminazione dell’Etna, per il giusto plauso dovuto a chi ha lavorato sodo per l’approvazione di leggi come quelle della Regione Lombardia, per le proteste contro il progetto di illuminazione del Vesuvio e molto spesso è stato per articoli che dimostravano, dati alla mano, gli sprechi e i danni causati dall’inquinamento luminoso e proponevano, cosa non usuale (di solito ci si limita a criticare, senza essere minimamente propositivi), soluzioni quasi mai drastiche per cercare di arginare un problema che, realisticamente, è irrisolvibile, ma comunque controllabile. Questa volta, invece, si tratta di ben altro. Si tratta di discutere delle argomentazioni di gente ben più nota e famosa di noi poveri, piccoli astrofili, considerati alla stregua di “sottoposti”, per essere buoni, anche da una certa parte del mondo astronomico. Cosa possiamo fare noi, piccole formiche senza titoli accademici, quando basta una sequenza di poche parole farneticanti per spazzare via mesi di lavoro fatto di convincimenti, di lettere, di conferenze, di sensibilizzazione? Quando basta che un Tizio famoso, magari apparso in TV, dica semplicemente “Non è vero…” perché l’interlocutore politico di turno, con il quale abbiamo intrattenuto una serie spossante di riunioni, producendo tonnellate e tonnellate di documentazione, ci dica, il giorno successivo “Ma Tizio ha detto che non è vero… Lui è famoso, l’ha detto in TV…!” La cronaca degli utlimi tempi è piena di gente famosa, con molti meriti, che parla a sproposito e senza cognizione di causa alcuna di questo problema. Ed il fatto è che, proprio per la notorietà del personaggio, le casse di risonanza (nella fattispecie i media) sono enormi: penso all’intervista di alcuni TG nazionali a Nuccio Fava quando fu lanciata l’idea di illuminare l’Etna; milioni di persone in pochi minuti hanno sentito le parole di Fava: quanti mesi di fatica di piccoli astrofili sono necessari a ricomporre danni come quello?Il Nuccio Fava di turno, questa volta, è Antonino Zichichi, fisico famosissimo in Italia anche grazie ad alcune trasmissioni del fine settimana. Chiarisco subito che non ho intenzione alcuna di velare la mia poca simpatia verso Zichichi: Zichichi mi è indubbiamente antipatico, e ciò, probabilmente, offusca il mio giudizio sulla questione. Ecco perché ho deciso per una lettera aperta a Voi lettori, piuttosto che per un articolo di confutazione delle affermazioni di Zichichi. Lo scopo di questa lettera è avere riscontri, positivi o negativi, sulla vicenda, non sulle mie opinioni. Invito quindi il lettore a volere inviare qualche sua breve nota di commento sulla vicenda, in modo da poterle raccogliere e pubblicare in uno dei prossimi numeri di AstroEmagazine. La vicenda inizia con uno degli ultimi numeri di Famiglia Cristiana (il 43), nel quale appare un articolo di una pagina e mezza attraverso il quale lo scienziato ci mette a parte del suo pensiero sulla questione “inquinamento luminoso”. Zichichi liquida il problema come non esistente, semplicemente perché, a differenza di altri tipi di inquinamento (gli scarichi industriali, il rumore, il fumo passivo), questo non porta danni alla salute (il che, come vedremo dopo, è opinabile). Lo scienziato prosegue esortando “i suoi amici astrofili” a non essere DISEDUCATIVI continuando a parlare di inquinamento da fonti luminose, anzi, con fare quasi paternalistico, incita i “suoi amici astrofili” a far capire all’opinione pubblica che la luce non inquina (il tutto giustificato dal Primo Teorema di Zichichi, che recita: usare a sproposito la parola inquinamento rende inversamente proporzionale l’impegno nel combattere il Vero inquinamento, libera interpretazione della storiella del bimbo che gridava “al lupo, al lupo…”). Alla lettura di queste parole, ogni astrofilo che abbia fatto un semplice gesto contro l’inquinamento luminoso o che, semplicemente, si è fatto un’idea, derivata dalla lettura di pubblicazioni inerenti il problema, contraria a quella di Zichichi, ha avuto un sobbalzo, e ciò è dimostrato dalle centinaia di missive che stanno convergendo in questi giorni sulla Redazione di Famiglia Cristiana. Ecco un esempio lampante di cassa di risonanza: Famiglia Cristiana è letta da molte migliaia di persone che ora, perché l’ha detto Zichichi, lo scienziato della TV, sono convinte che l’inquinamento luminoso è il parto della mente contorta di uno sparuto gruppo di estremisti antiprogressisti che si riunisce la notte per fare non si sa bene cosa danzando attorno a totem con tre piedi… Ed ecco che mesi di lavoro di diverse decine di associazioni di piccoli astrofili va a farsi benedire dopo solo qualche minuto di lettura…
Sono molte le inesattezze che, allo scopo di dare più forza alla sua tesi, sono riportate da Zichichi. Egli, testualmente, sostiene che “…la luce non avvelena l’aria come fanno gli scarichi di tante industrie. La luce non rende sordi come fa l’inquinamento sonoro. La luce non provoca il cancro ai polmoni come fa il fumo passivo…”, forse dimenticando che non basta semplicemente scrivere le equazioni di Maxwell su un foglio di carta perché si materializzi un bel flusso di fotoni… La luce si produce mediante l’utilizzo di elettricità, per ottenere la quale, come anche i ragazzini delle scuole medie sanno, si devono bruciare i combustibili fossili, che certamente provocano i danni che lo stesso Zichichi ricorda. In un mondo ancora lontano da venire, forse, quando per produrre elettricità si utilizzeranno fonti di energia rinnovabili (eolica, solare, mareale…), Zichichi vedrà corrispondere al vero le sue parole, che oggi, nel mondo reale, sono solo il frutto di un miscuglio di ignoranza (o finta tale), demagogia ed utopia. Produzione di gas serra, di smog, abbattimento di alberi, consumo di fonti energetiche altamente inquinanti e non rinnovabili… A ben guardare, all’inquinamento luminoso sono legate tutte le tematiche contro le quali si battono le associazioni ambientaliste del mondo, ed il fatto che la luce, perché non provoca direttamente dei danni, non debba essere considerato un inquinante, significa essere miopi al limite della cecità. Vorrei inoltre invitare tutti, soprattutto chi è scettico sui danni alla salute degli esseri viventi che l’inquinamento luminoso può indurre, a consultare l’indice bibliografico che lo stesso Dr. Pierantonio Cinzano, uno dei più grandi esperti italiani delle questioni inerenti l’inquinamento lumnoso, giudica incompleto, e che si trova all’indirizzo http://debora.pd.astro.it/cinzano/refer/node8.html
Basta solo scorrere i titoli dei lavori (ovviamente, per giudicarli andrebbero letti, e se ciò fosse stato fatto dall’esimio, tutta questa vicenda non sarebbe esistita…) per rendersi conto di come l’inquinamento luminoso possa danneggiare alterazioni anche notevoli dei ritmi circadiani, alle quali sono legati tutta una serie di disturbi: alla riproduzione, alle abitudini di caccia, all’alternanza sonno-veglia e alle abitudini migratorie per gli animali (uomo compreso, sia chiaro…),alle alterazioni del fotoperiodismo e del meccanismo fotosintetico per il mondo vegetale. Per quanto concerne l’uomo, ci sono studi che fanno rabbrividire, come i risultati di un gruppo di lavoro finlandese che prende in esame la melatonina, ormone che funge da anello di collegamento tra i ritmi circadiani ed il sistema immunitario e confermato da recenti scoperte sulla relazione tra durata del giorno e sistema immunitario nei topi. In parole povere, alterazioni pesanti del sistema della melatonina possono indurre indebolimenti del sistema immunitario tali da facilitare la via allo sviluppo di alcune forme tumorali! Certo, non sto dicendo che la luce fa venire il cancro, ci mancherebbe, ma questi studi sottolineano senza dubbio la presenza di un problema di fondo, è cioè la regolamentazione, almeno a scopo preventivo, dell’inquinamento luminoso. Dire che la luce non fa male al pari di altre forme di inquinamento solo perché non produce danni diretti (gli scarichi industriali, il rumore ed il fumo passivo di cui parla Zichichi) è come dire che le onde elettromagnetiche non fanno male solo perché non è provato senza ombra di dubbio il rapporto causa-effetto tra esse e alcune forme tumorali (io credo, però, che lo stesso Zichichi abbia qualche remora a vivere a pochi metri da un’elettrodotto…). Senza considerare, nell’articolo, frasi degne di AstroBlob, con le quali Zichichi mostra anche qualche limite come scienziato e come divulgatore, quali: “Al livello minimo ci sono le onde radio. Poi vengono LE ONDE TV…”; oppure: “l’ultima novità delle scoperte astrofisiche sono i LAMPI RAGGI DI GAMMA. Fenomeni celesti ancora tutti da capire…”. E ti credo, aggiungerei… Restando alla vicenda, è forse il caso di chiarire che l’astrofilo non vuole nella maniera più assoluta riportare il buio nel mondo. Come fa giustamente notare Zichichi, la luce (io direi l’elettricità, ma forse è meglio stendere un pietoso velo…) è una delle conquiste più importanti della civiltà moderna, ma è l’utilizzo che se ne fa ad essere contestato. Manca la cultura del giusto utilizzo delle risorse, della loro razionalizzazione, mancanza che colpisce tutto il mondo occidentale, senza eccezione alcuna. Siccome di risorse ce ne sono in abbondanza (e non mi riferisco solo alla corrente elettrica, ma anche, ad esempio, all’acqua), non si fa caso quando vengono sprecate. Ciò che l’astrofilo contesta è lo spreco assurdo che si fa della luce. Che senso ha incidere con percentuali rilevanti sui bilanci delle Pubbliche Amministrazioni puntando le luci verso il cielo? Cosa va illuminato in cielo? Ha senso parlare di incremento del numero dei punti luce quando ciò non serve ad illuminare dove c’è una effettiva necessità? E’ tutto questo spreco che l’astrofilo contesta, spreco che si traduce in un aumento dell’inquinamento ambientale globale e, perché non dirlo, nell’impossibilità di godere del cielo notturno se non emigrando verso eremi isolati su “pizzi” sperduti… Onestamente, non so se quello di Zichichi è stato uno sparare a zero sugli astrofili o, alla base, c’è un secondo fine di tipo politico. So solo che proprio l’intervento di uno Zichichi sarebbe servito allo scopo, per la fraseologia sconclusionata che lo caratterizza, capace di suscitare, nel singolo interlocutore o in una vasta platea, un profondo senso di confusione dovuto ad un modo di parlare che mira a confondere la causa con l’effetto. So, però, che è come sparare ad un moribondo che, nella fattispecie, è il mondo degli astrofili. Consapevole di suscitare diverse proteste (lo scopo è quello di provocare una reazione…), io credo che, allo stato attuale, gli astrofili che lottano contro l’inquinamento luminoso possono aspirare a successi locali anche notevoli (la legge regionale della Lombardia, ad esempio), ma pur sempre localizzati, proprio perché diamo l’impressione di un movimento frammentato, sparuto, che mira a sottrarre alle persone la calda e sicura luce. Dovremmo, quindi, cercare di rispondere ad alcune domande, del tipo: cosa vogliamo noi? Perché portiamo avanti questa battaglia? Vogliamo veramente il ritorno all’età della pietra, come paventa Zichichi? O chiediamo solo un piccolo spazio per le nostre attività, consci dei problemi di tipo economico e biologico che l’INQUINAMENTO luminoso (checché ne dica Zichichi) apporta all’eco-sistema ed all’eco-nomia? Siamo noi un manipolo di estremisti che chiedono il buio assoluto la notte per officiare messe nere o persone che mediano tra posizioni antitetiche consapevoli del fatto che questo problema può solo essere controllato, perché si tratterebbe di utopia pensare di risolverlo? Posso capire chi si “ferma a riflettere”, chi inguaina la spada chiedendosi che senso abbia continuare, riflettendo su questa battaglia contro i mulini a vento che portiamo avanti. Posso capirlo, ma ciò non significa che lo condivido. C’è bisogno di capire contro cosa stiamo lottando, quello che vogliamo, e c’è assoluto bisogno di non mostrarci come cellule indipendenti che puntano ognuna alla sua personale idea su come risolvere il problema. C’è quindi bisogno di un coordinamento nazionale, di una struttura che si occupi di questo con la piena fiducia di tutte le associazioni italiane coinvolte nel problema e c’è bisogno di abituarsi a svestire i panni dell’eroe di turno che si vanta con orgoglio di avercela fatta, nel suo piccolo, da solo. Ripeto quindi il mio invito a tutti voi lettori a riflettere sulla vicenda (non sulle mie parole) e a buttare giù qualche piccola nota, magari una proposta su come il nostro lavoro possa essere tutelato nei confronti del pensiero del Tizio di turno pronto a gettare fango sul lavoro e sulle opinioni di persone che, “a gratis” (anzi, il più delle volte rimettendoci di tasca propria) e senza dare fastidio a nessuno, cerca, con opere di convincimento degne di diplomatici di alto livello, di mediare tra le posizioni sue e quelle di Amministrazioni quasi sempre sorde a questo tipo di problematica. Per concludere faccio presente, ancora, che in un altro punto del suo intervento, Zichichi mostra anche di non dare la giusta importanza agli eventi, come quando dice che “… se l’uomo si fosse fermato a contemplare lo spettacolo delle notti stellate, saremmo ancora all’età della pietra…”. A me invece piace pensare che dall’autentico stupore generato dalla contemplazione dei fenomeni naturali e, soprattutto, del cielo stellato (ricordo a Zichichi che l’astronomia, o meglio, l’astrologia come la intendevano gli antichi, e non la sua stolta controparte moderna, è stata la prima vera scienza) sono cominciate a scaturire, nella mente dell’uomo primitivo, le domande fondamentali che, coltivate con intelligenza e curiosità, hanno portato il genere umano dov’è oggi, pur con tutti i suoi lati negativi. Chiedo ancora a Zichichi se conosce il perché del successo che hanno le (diseducative, secondo lui…) manifestazioni culturali svolte “sotto le stelle” con il patrocinio delle Associazioni di piccoli astrofili italiane. Dal mio piccolo, credo di poter suggerire a Zichichi la risposta: perché il cielo stellato è ancora oggi in grado di suscitare quell’antico stupore, di porre l’uomo di fronte alla natura nella sua più meravigliosa rappresentazione e di far risvegliare in esso la curiosità, il piacere della scoperta e i puri sentimenti che provava quell’uomo dell’età della pietra…
http://spazioinwind.libero.it/kosmos/opinioni/zichichi/zichichia.html
Nascondiamo le stelle in onore di MaxwellIl fisico Antonino Zichichi esprime il suo parere riguardo al problema dell’ inquinamento luminoso,
ma le sue dichiarazioni sono alquanto discutibili.Novembre 2001. Accendo il computer. Entro in rete. Digito nel browser l’ indirizzo http://www.coelum.com per dare un’ occhiata alle ultime notizie in campo astronomico: appena la pagina viene caricata la mia attenzione ricade in un angolo in alto a destra dello schermo. Leggo: “La luce è vita e progresso” di Antonino Zichichi. La sezione in cui è inserita la frase è quella dell’ inquinamento luminoso: clicco sul link che mi porta a una nuova pagina nella quale è contenuto un articolo di A. Zichichi e pubblicato sulla rivista “Famiglia Cristiana”
L’ articolo è introdotto da un’ esortazione da parte della redazione di Coelum a mandare una e-mail di protesta a Famiglia Cristiana a causa di quanto scritto dal fisico siciliano. Incuriosito comincio a leggere: mai e poi mai avrei immaginato che Zichichi fosse capace di fare simili affermazioni: leggendo il suo libro “Perchè io credo in colui che ha fatto il mondo” mi ero fatto l’ idea che fosse un “estremo difensore del sapere”. Forse un po’ troppo fissato con l’ idea che dobbiamo ringraziare la Chiesa e la cultura cristiana del 1600 se Galileo ha concepito il metodo sperimentale, ma tutto sommato un buon uomo di scienza. Ma andiamo avanti.
In apertura d’ articolo ci comunica immediatamente qual’ è il suo punto di vista: “A tutti piacciono lo spettacolo di una notte stellata e il fascino di quella strana sorgente di luce – la Via Lattea – che per millenni si pensava fosse il riflesso della luce solare e che sappiamo invece essere una distesa sterminata di stelle come il nostro sole” ma se le luci cittadine non ci permettono di vedere il firmamento, non dobbiamo prendercela, in fondo al mondo c’ è di peggio.
Per ovviare a quello che gli astrofili si ostinano a chiamare “Inquinamento luminoso” (a detta di Zichichi invece non può essere definito inquinamento per il semplice motivo che non uccide nessuno, al contrario di fumo, scarichi industriali ecc..) l’ illustre scienziato propone che per alcune notti nell’ arco dell’ anno le luci cittadine vengano spente, in modo da permettere di ammirare il cielo stellato. L’ astrofilo che non ha la possibilità di andare fuori città per osservare in santa pace le stelle è quindi costretto ad aspettare quelle notti, per il resto dell’ anno abbia pazienza e non rompa le scatole. Inoltre proprio “i nostri amici astrofili debbono agire da educatori facendo capire al grande pubblico che la luce non è sorgente d’inquinamento. La luce artificiale è una delle più grandi conquiste dell’intelletto umano.“
A quest’ affermazione segue una digressione sulla natura della luce, conlusa con l’ affermazione che le equazioni di Maxwell sono molto più affascinanti dell’ osservazione del cielo. Eppure a scuola mi hanno insegnato che la scienza (soprattutto le scienze MM.FF.NN.) non si basa su affermazioni di tipo qualitativo, ma quantitativo. Le scoperte scientifiche sono quelle che sono, e una non è migliore dell’ altra perchè lo abbiamo deciso noi. Se non sbaglio Il carattere quantitativo delle scoperte scientifiche è uno dei pilastri su cui si basa il metodo galileiano: il nostro amato professore dovrebbe saperlo bene.
Ma ora, il pezzo forte di tutto l’ articolo, quello che mi ha fatto concludere che Antonino Zichichi (tanto per usare le sue stesse parole) “… sa poco, pochissimo, di Scienza… e confonde la Tecnica (che è l’ uso della Scienza) con la vera grande Scienza…“(Tratto da “Perchè io credo in Colui che ha fatto il mondo”, ed. Mondolibri, pag. 16):
“Se l’ uomo si fosse fermato a contemplare lo spettacolo delle notti stellate, saremmo ancora all’età della pietra.”
Infatti chissà quanto lontano sarebbero arrivati i navigatori greci, fenici, romani, ma anche quelli più moderni, se non avessero perso tempo a orientarsi utilizzando le costellazioni. Chissà quante altre cose avrebbe potuto scoprire Galileo se non avesse sprecato inutilmente tempo a studiare la nova del 1604 dimostrando che era una stella come le altre, o se non avesse passato ore a osservare i satelliti di Giove. Chissà quanto più avanti saremmo se nel 1675 Olaus Roemer non avesse dato per la prima volta una stima abbastanza precisa della velocità della luce, studiando le eclissi dei già citati satelliti gioviani. Chissà quanto avanti potrebbero essere le conoscenze del sistema solare se migliaia di astrofili in tutto il mondo non dessero il loro contributo nello studio di comete e asteroidi. E per finire (ma la lista potrebbe andare avanti ancora un bel po’), chissà quando riusciremo a eliminare quelle teorie pseudoscientifiche che sostengono la pseudocultura ufologica, se le persone non riescono a riconoscere nemmeno un evento tranquillamente spiegabile come una meteora, poichè non sono abituate a osservare il cielo notturno a causa delle luci cittadine troppo intense.
Verso la fine dell’ articolo Zichichi fa una giusta osservazione: le zone con maggiore degrado socio-economico sono quelle in cui non vi è un’ adeguata fornitura di energia elettrica, come nella maggior parte dei paesi africani e non solo. Ma non mi va giù il fatto che concluda il discorso in questo modo: “Sono zone in cui vivono secondo le stime più recenti 800 milioni di persone che ogni sera possono godersi lo spettacolo di un cielo stellato, ma non hanno luce per leggere, né cibo per sfamarsi, né medicine per curarsi.“. Come se volesse dire che dovremmo vergognarci del fatto che ci battiamo perchè la cultura scientifica si diffonda nel mondo. Non si risolve di certo il problema della mancanza di elettricità nel Terzo Mondo,o dei bambini che non possono leggere i libri e non possono nutrirsi adeguatamente costringendo gli astrofili ad abbandonare la lotta contro l’ ignoranza, anzi, è proprio questa lotta che bisogna incoraggiare.
L’ ultimo pensiero espresso da Zichichi, dove si definisce (non so con quale coraggio, visto quello che ha scritto prima) amico delle stelle, mi fa capire che non basta essere laureato in fisica o presidente di associazioni di cultura scientifica per essere un vero amante della scienza.
Quella che segue è una vera perla che va gustata con calma:
Testo della conferenza di Zichichi nella parrocchia di Piangipane (Ravenna)
11 maggio 2002.
Io dovrei essere ateo, in quanto, secondo la cultura dominante, Scienza e Fede sono nemiche, però nessun grande scienziato ha mai detto questo! Diceva Enrico Fermi che esistono tre tipi di scienziati: quelli detti scienziati, ma che in verità non hanno mai fatto nulla, seconda classe quelli che cercano di fare del loro meglio, ma non riescono né a scoprire né ad inventare niente e vengono lo stesso detti scienziati, poi ci sono quelli che riescono ad inventare e a scoprire. Diceva Fermi che coloro che non hanno mai scoperto nulla dovrebbero stare zitti, perché non sono scienziati (se qualcuno trova un passo di Fermi in cui sostiene le sciocchezze di Zichichi avrà da me una fornitura di Brunello di Montalcino per un intero anno!! n.d.r.). Voi andreste da un medico che non ha mai curato un ammalato? E che medico è? Noi scienziati siamo esattamente come voi. Se uno si dice panettiere deve fare il pane, altrimenti che panettiere è? L’unica vera grande colpa della Scienza è quella di avere lasciato parlare impunemente scienziati falliti o finti scienziati. Il motivo per cui la Scienza viene presentata in questo modo completamente distorto che non corrisponde alla verità è esattamente questo. Per una serie di motivi la Scienza non ha fatto cultura. Ha fatto solo Scienza. L’unico esempio in cui la Scienza si è veramente “buttata fuori” dicendo “adesso basta! ” è nel 1982 con il Manifesto di Erice. Siccome c’era il pericolo dello scontro nucleare Est-Ovest siamo riusciti ad esprimere i nostri pensieri, le nostre idee parlando in modo coerente, parlando in prima persona non facendo parlare gli altri. Il motivo per cui siamo arrivati a questo è incredibile: una serie di circostanze favorevoli che hanno permesso alla comunità scientifica internazionale est-ovest, nord-sud, di esprimersi con lo stesso documento. Circa quarant’anni prima ci avevano provato i grandi fisici degli anni quaranta, dopo l’arrivo della più potente arma di distruzione planetaria, il prof. Bohr, uno dei padri della Fisica atomica decise di esprimere con una lettera ai grandi di quei tempi Churchill, Stalin e Truman quello che la Scienza pensava di queste nuove armi. E andò da Truman, Churchill e Stalin dopo aver fatto il giro con questa lettera cercò di farla firmare dai più grandi scienziati di quei tempi. Uno gli diceva “. . .io firmo, però tu devi togliere questa frase. . .”, un altro “.. .io firmo, ma tu devi mettere questo. . ” e così via: alla fine quella lettera diventò completamente incomprensibile! E lui per la disperazione che fa? La manda al Segretario generale delle Nazioni Unite ( la lettera è ancora lì . . . si può ancora leggerla – è di interesse scoprire che le Nazioni Unite esistevano prima della loro nascita, n. d. r.)) . Io ebbi la fortuna di conoscere il prof. Bohr a Ginevra, perché (e che conseguenzialità hanno le cose? n.d. r.) era il professore di un mio grande maestro il prof. Weisskopf (salti generazionali), e mi raccontò questo episodio e mi disse che se mai avessi scritto un documento di ricordarmi di dire “se firmi non cambi nulla, se no non firmi!” e così fu con il manifesto di Erice. Il manifesto venne redatto nel 1982 a Erice e fece il giro del mondo con una condizione ” se firmi non cambi nulla” e , infatti, il manifesto di Erice dice le cose che oggi stasera io vi dirò. Che cos’è la Scienza? Intanto, mettiamo chiarezza! Se tutto è Scienza, nulla è Scienza. Se io chiamo questo libro – libro, questa giacca – libro, questo pullover libro, questo microfono – libro, se tutto è libro nulla è libro. Che cos’è la Scienza? Non è vero che tutto è scienza! Mettiamoci d’accordo su quali sono le grandi conquiste dell’intelletto umano. Che cosa ha fatto questa forma di materia vivente alla quale noi apparteniamo? Quali sono le grandi conquiste? Non c’è bisogno di duecentomila pagine per illustrarlo. Perché sono appena tre! Le tre grandi scoperte dell’ intelletto umano sono: In primo luogo, il linguaggio: io posso parlare con voi perché comunico concetti, posso trasmettere idee, ma se dovessi farlo gesticolando non sarebbe facile. Questa forma di materia vivente scopre il linguaggio. Non è vero che tutte le altre forme di materia vivente hanno scoperto il linguaggio, come pretendono altri scienziati che non hanno mai scoperto nulla. Perché? Perché la grande conquista del linguaggio non è tanto nella trasmissione di pensieri, ma è nella scoperta della memoria collettiva permanente. Nessun’ altra forma di materia vivente ha saputo scoprire la scrittura! Io so che cosa pensava Galilei o Platone o Aristotele, perché hanno scritto! Non mi risulta che i leoni abbiano lasciato scrittura di qualsiasi tipo, o le scimmie o i gatti o i cani (che noi amiamo), ma ci sono migliaia e migliaia di forme di materia vivente (anche Zichichi lo è, n.d.r.), ma nessuna di esse ha scoperto la memoria collettiva permanente. Diceva Galilei ” . . .è incredibile! Fra diecimila anni sapranno quello che io penso oggi !” (altra fornitura di Brunello a chi mi trova una frase del gemnere in Galileo, n.d.r.). Non ci sono altre forme di materia vivente che sanno fare questo. Pertanto, noi siamo una forma di materia vivente cui è stato dato un privilegio unico! Ci sono, ripeto, centinaia di migliaia di forme di materia vivente, ma nessuna di queste è dotata di ragione. Noi siamo l’unica materia vivente dotata di ragione! Qual è la prova? Le tre grandi conquiste: la memoria collettiva permanente: una ! Tremila anni fa, i nostri antenati scoprirono che con il linguaggio si può dire tutto e il contrario di tutto. E hanno tutti ragione. Ecco come nasce la Logica. Che vuol dire “patti chiari e amicizia lunga”. Mettiamoci d’accordo su quali sono gli assiomi. Se io faccio un discorso, se io scrivo tremila pagine, se uso il linguaggio per esprimermi, non è facile venire a capo su quale sia il filo conduttore del discorso. Nasce così la Logica. Assiomi: uno, due, tre, quattro, cinque, . . . gli assiomi sono verità che è così perché l’ ho detto io, però lo dico e lo faccio capire a tutti e chi non fosse d’accordo direbbe: ” no, io con l’assioma numero due non sono d’accordo”, benissimo. . .fatti la tua struttura logica rigorosa e, poi, troverai le tue conclusioni. Euclide con cinque assiomi costruisce la geometria euclidea. È incredibile che partendo da cinque assiomi si arrivi, per esempio, al più famoso teorema del mondo: il Teorema di Pitagora! (ha ricostruito le cose a cavoli propri: potenza della Fde! n.d.r.). E che c’entrano i due quadrati con la somma? Il Teorema di Pitagora è incredibile: immaginiamo di avere un quadrato . . . c’è qualcuno che lo sa dividere a metà ? Nessuno! . . . non è banale! . . . provate a dividere un quadrato in due quadrati . . .come si fa? Teorema di Pitagora: io costruisco un triangolo rettangolo, il quadrato costruito sul lato più piccolo, sommato a quello costruito sul lato costruito sul lato un po’ più grande, è uguale al quadrato costruito sul lato lungo (e che cì’entra con la premessa? n.d.r.). Una delle più grandi scoperte della logica geometrica! Rifletteteci, poi, a casa, . . . lo sanno fare le aquile questo (ma Zichichi sa volare e fare i nidi in anfratti rocciosi? n.d.r.)? O le scimmie, o i pesci, o i leoni? Nessuno lo sa fare! Un esempio di logica. Ma, la più formidabile costruzione logica è quella dell’Infinito. È incredibile come Galilei sia il primo uomo al mondo ad avere scoperto la proprietà degli insiemi infiniti. Talmente sconvolgente era questa scoperta di logica matematica che Galilei . . . ( . . . per fortuna non c’erano i telefoni, se no non avremmo nulla . . .a quei tempi si scriveva!). . . quindi, Bonaventura Cavalieri allievo di Galilei scriveva: ” Caro maestro, solo lei può arrivare a capire: mi sono ingarbugliato in un problema e solo lei può riuscire a trovare la soluzione. . .” e gli riferisce il problema. Dopo due settimane Galilei risponde, dicendo: “Io ho trovato la soluzione al tuo problema, però, vedi, il tuo problema mi mette in difficoltà. In effetti, tu stai toccando un tema estremamente complicato, perché hai in mano l’infinito. E per risolvere il tuo problema, io ho bisogno di una cosa alla quale non credo”, e cioè: 1+1=2 non fa 1; 2+2 = 4 ; un pezzo di torta + un pezzo di torta = 2 pezzi di torta; una fetta di torta è più piccola della torta. E invece Galilei che trova ? Che un pezzo di infinito + un pezzo di infinito non fa due pezzi di infinito, ma fa sempre infinito. “. . . Questo fa a pugni con tutto quello che pensiamo di avere capito e, quindi la mia conclusione è che il nostro cervello è finito e non capirà mai l’infinito.” Galilei aveva scoperto la prima proprietà degli insiemi infiniti. Se voi, studiando, come fece Galilei, un problema di geometria avete in mano una relazione del tipo: un pezzettino di questo insieme + un pezzettino = sempre lo stesso insieme. Facciamo un esempio. Prendete tutti i numeri interi: 1,2,3,4, . . ., quanti sono? Infiniti! Adesso, prendete i numeri pari: 2,4,6,8,10, . . . quanti sono? Infiniti! Dovrebbero essere la metà, no?! Prendete i numeri dispari:1,3,5,7,9,11, . . . quanti sono? Infiniti! Dovrebbero essere la metà, no?! L’insieme dei numeri pari è uguale all’insieme dei numeri dispari, è uguale all’insieme dei numeri interi, con la stessa potenza di infinito. Fu la grande scoperta di Cantor. Infinito + infinito + infinito = infinito. Non è tre volte infinito. Sconvolgente (capiamo le sofferenze di Zichichi per capire la profondità di tali concetti. n.d.r.) ! Ci vollero cento anni per arrivare alla conclusione che la logica degli insiemi infiniti non porta a nessuna contraddizione. E, infatti, cosa vuol dire Logica? Significa che io parto da assiomi e stabilisco quali sono le regole per dedurre da questi assiomi altre conseguenze, poi non posso cambiare più nulla. E vengono fuori i teoremi. Se in questa struttura qualcuno scopre che, partendo dagli stessi assiomi, usando le stesse regole, arrivo a un teorema e alla negazione dello stesso teorema la struttura viene “buttata a mare”. È successo nella storia della Matematica. La logica deve rispettare solo un criterio, uno e uno solo: non portare a contraddizione. Il linguaggio, no! Mentre, non può esistere una costruzione logica se porta a contraddizione. Linguaggio, Logica, Scienza. Che cos’è la Scienza? Tra tutte le logiche possibili, Colui che ha fatto il mondo (scusi? n.d.r.) ne ha scelta una. Nessuno scienziato sa dirvi perché proprio quella sia stata scelta, ma una cosa è certa: quella logica esiste! Se quella logica non esistesse, noi saremo figli del caos (beh che Zichichi sia figlio del Caos non vi sono dubbi! n.d.r.). Se noi fossimo figli del caos, come tante persone ancora oggi scrivono, io sarei disoccupato (è che non conoscono le origini! n.d.r.)! E, allora, mettiamoci d’accordo. Siamo figli del caos o no? Se siamo figli del caos, io non so più che fare. E, invece, sono impegnatissimo, infatti adesso devo scappare di corsa, perché appartengo alla categoria degli scienziati che inventano e scoprono (caz…! n.d.r.). Quando qualcuno venisse qui, a raccontarvi cose diverse dalle mie fategli una solo domanda: ” Prof. X, lei ha mai scoperto nulla?” , state pure tranquilli che risponde in modo talmente complicato che voi non ci capite nulla. Dovete esigere chiarezza! Scienza vuol dire chiarezza, non vuol dire complicazione. Perché? Perché noi cerchiamo di ridurre al minimo la complicazione di tutti i fenomeni apparentemente confusionali. Per esempio: noi qui vediamo tante forme, tanti colori, la luce. Il tatto, l’olfatto, il gusto, la vista, l’udito sono capitoli enormi della nostra esistenza nell’immanente. Questa innumerevole quantità di fenomeni è riconducibile a una sola quantità fisica: una!! La carica elettrica. Fu la cosa che fece impazzire di gioia Lord Kelvin, al secolo prof. Thomson. E in un famoso congresso di fisici del 1897, talmente si entusiasmò per la scoperta di un altro fisico, Maxwell – che era riuscito a sintetizzare in appena quattro equazioni (le equazioni di Maxwell erano più di 20. Zichichi misconosce Lorentz ed Hertz. n.d.r.) duecento anni di esperimenti galileiani con elettricità magnetismo e ottica – che disse: “Cari colleghi, questa volta devo proprio confessarvi che, secondo me, abbiamo forse capito quasi tutto”, ha detto forse e quasi, per fortuna sua, perché dopo sei mesi un altro Thomson, J.J. Thomson, scopriva l’elettrone. Pensate, prima che l’uomo scoprisse il quanto di elettricità, quella cosa che trasporta la carica elettrica, Lord Kelvin si era talmente entusiasmato da dire “è solamente questione di dettagli, ma abbiamo forse capito quasi tutto”, perché? Perché era incredibile che tutto ciò che, fino a quei tempi, aveva rappresentato un’enorme varietà di fenomeni, come, ad esempio, il sapore delle fragole, il colore dei limoni, la luce, il mare, la forma di qualunque cosa, potessero essere ricondotte a una forza fondamentale della natura: l’elettromagnetismo (è bravo Zichichi, a fare confusione, o no? n.d.r.). E una sola sorgente: la carica elettrica. incredibile! La Scienza fa questo: riduce enormi quantità di informazioni a semplicissime strutture che sono le nostre equazioni. Come giustamente diceva Galilei, se non c’è matematica e se non ci sono esperimenti riproducibili, non c ‘è scienza. Ecco perché la fusione fredda non è scienza, perché la sanno fare solo loro e non sempre. Scienza significa rigore e riproducibilità. Un fenomeno che non è riproducibile non è Scienza. L’insieme di questi fenomeni riproducibili porta ad una incredibile conclusione: abbiamo capito quasi tutto di come è fatto il mondo. Talmente bene lo abbiamo capito che pensiamo di dovere concludere che siamo figli del Super mondo (naturalmente è riproducibile. n.d.r.). Noi qui abbiamo tre dimensioni geometriche: larghezza, lunghezza e altezza. Poi, la quarta è il tempo. Vi dicono tutti che la quarta dimensione è il tempo. Ma non vi dicono una delle più grandi conquiste della scienza galileiana dovuta a Lorentz, il quale nello studio rigorosamente matematico di tutti i fenomeni dell’elettromagnetismo – duecento anni di esperimenti, mica un giorno – riesce ad arrivare a questa incredibile conclusione: le equazioni di Maxwell – che prima ho citato – portano una novità straordinaria che Lorentz mette in rigorosa evidenza matematica e , cioè, che il tempo non può essere reale (lasciate stare, è in deliquio. n.d.r.). Se lo spazio è reale, il tempo deve essere immaginario: incredibile!! Nella vita quotidiana noi non ci rendiamo conto che spazio e tempo sono intimamente appiccicati. Io non posso mettere da una parte lo spazio e dall’altra il tempo. Come faccio con il sale – cloruro di sodio – un atomo di cloro e un atomo di sodio li metto insieme e faccio il sale. Però, posso mettere da una parte il cloro e da una parte il sodio, e ho il cloro e il sodio: con lo spazio-tempo non è così. Io posso dire “sono a Bologna”, ma non basta dire sono a Bologna, debbo dire quando. Io sono qui adesso, alle 21:10, fra mille anni dove saremo? Iddio solo lo sa dove saremo, ma certamente non saremo qui. Non basta dire dove uno si trova, deve dire quando. Lo spazio-tempo è inseparabile. Ma la cosa straordinaria qual è? E che tutti gli uomini, di tutte le epoche, di tutte le civiltà erano sempre stati convinti – con il grande filosofo Kant in testa – che lo spazio e il tempo sono due strutture assolute e reali: da una parte lo spazio, dall’altra il tempo. E così non è! Voi, poi, a casa ripensateci. Che significa, ad esempio: ” quanti anni ha questo ragazzo? 18 ” “È reale o immaginario?” ” Ma, lei è matto: come è reale o immaginario? È reale, è ovvio!”, oppure, ” Che ore sono? Le 9:10.” “È reale o immaginario?” “Ma scherziamo? È reale, è ovvio!”. Oppure, ancora, “Io ho un appartamento di 100 m2 ” ” È reale o immaginario?” “Ma lei vuole andare al manicomio? Come fa a dire queste cose?”. La miscela di spazio-tempo non può essere reale. E non sto parlando di cose che non hanno riferimenti con la nostra esistenza. Se Colui che ha fatto il mondo avesse deciso di seguire le idee di Kant – lo spazio e il tempo entrambi reali – non potrebbe esistere la luce. Noi non potremmo essere qui. Perché, quando voi accendete un fiammifero, che fate? Il fiammifero si accende perché la massa si trasforma in energia. Una piccolissima quantità di massa. Un decimo di miliardesimo della massa del fiammifero si trasforma in energia. Se lo spazio e il tempo fossero entrambi reali non potrebbe avvenire questo fenomeno fondamentale per la nostra esistenza. Perché? Ad esempio, noi mangiamo e nel nostro organismo vivente c’è una continua trasformazione di massa in energia. Quando voi vi sentite robusti, fate salti, che fate? State trasformando massa in energia, se no non potrebbe avvenire nulla di quello che fa parte del fenomeno vita. Non sto parlando di cose astratte, sto parlando di come è fatto il mondo. E se vogliamo sapere come è fatto il mondo, insegna Galilei, c’è una sola strada: porre delle domande al Creatore. Ogni tanto, io ricevo lettere di ragazzi che mi dicono: “Caro prof. Zichichi, il prof. X ci ha detto: Non è vero, la Scienza non nasce con Galilei. Cosa dobbiamo rispondere?” E io rispondo: ” Cari ragazzi, chiedete al vostro professore di citare il nome di una sola persona che abbia scoperto una legge fondamentale della natura prima di Galilei. Non c’è nessuno!”. Tutto ciò che l’ uomo si era illuso di capire su come era fatto il mondo, dall’alba della civiltà a Galileo Galilei, di tutte le epoche, di tutte le zone del mondo, è tutto sbagliato (infatti il Teorema di Pitagora di cui prima è una sciocchezza! n.d.r.). Sapete perché? Perché per diecimila anni, nessun uomo aveva avuto l’ umiltà intellettuale di Galilei. Che fa Galilei? Galilei dice: ” Colui che ha fatto il mondo è più intelligente di tutti, di tutti i filosofi, i pensatori, poeti, pittori, qualunque persona che pensa è meno intelligente del Creatore di tutte le cose visibili e invisibili. Pertanto, io chiedo ad Aristotele: a te chi te lo ha detto che il mondo è fatto come tu scrivi? Non lo puoi sapere, perché non hai mai fatto una domanda al Creatore”(caz…2!). Che significa fare domande al Creatore? Come si fa a fare domande al Creatore? Ecco come nasce la Scienza: Galilei dice ” Colui che ha fatto il mondo è più intelligente di tutti, quindi non potremo mai sapere come è fatto io mondo se non gli poniamo domande in modo rigoroso – cioè, usando la matematica – ottenendo risultati riproducibili – queste sono le risposte”. E incomincia Galilei con le pietre. Io vi invito a riflettere: facciamo finta di essere quattrocento anni fa. Cosa aveva pensato l’ uomo – espressione di questa forma vivente a cui noi apparteniamo – per migliaia e migliaia di anni? Aveva pensato che le pietre erano materia “volgare”. “Volgare” , in senso culturale, significa “non depositaria di verità fondamentali”. Erano solo le stelle depositarie di verità fondamentali: quindi bisogna studiare le stelle. Ma con le stelle non si possono fare esperimenti. Io non posso accendere e spegnere una stella. Conclusione: fare esperimenti non serve assolutamente a nulla, perché siamo sufficientemente intelligenti e basta la ragione per capire come è fatto il mondo . . .e passano diecimila anni. E non si capisce assolutamente nulla. Ripeto, nel caso in cui qualcuno non lo avesse afferrato, tutto ciò che questa forma di materia vivente si era illusa di avere capito su come è fatto il mondo, dall’alba della civiltà a Galilei, è tutto sbagliato. Se voi leggete in qualche posto che non è vero, scrivetemi! Se uno dicesse “. . .no, non è così! Per esempio, Democrito. . .”. Io ho fatto un esperimento negli anni settanta, per rispondere ad un quesito a cui nessuno sapeva rispondere: bisognava dimostrare se il protone si rompe o no . Un giornalista scientifico scrisse che io non avevo scoperto nulla, perché questo lo sapeva già Democrito.Questo giornalista, deve avere parlato con alcuni suoi amici che non capiscono nulla e che gli hanno fatto scrivere delle stupidaggini. Perché, avrei io fatto un esperimento se non era necessario farlo? No! Noi siamo galileiani: facciamo degli esperimenti quando siamo arrivati a un punto e non si capisce nulla e ci si chiede “qua si va di là o di qua?”. Che cosa era successo nel corso di vent’anni? Nel 1947, Enrico Fermi dice ai suoi collaboratori: ” Ragazzi, forse questa volta abbiamo capito quasi tutto”. Si ripete la storia di Lord Kelvin. Perché con tre palline – protoni, neutroni ed elettroni – e tre (all’epoca erano quattro, ma non importa. n.d.r.) forze fondamentali si faceva qualunque cosa: il sole, le stelle, la luna, gli oceani, le galassie . . .tutto! E che volete più di questo? C’era qualche dettaglio al quale nessuno sapeva rispondere. Fermi disse: “questo è il prezzo che dobbiamo pagare per essere arrivati quasi al traguardo”. Purtroppo, Fermi morì troppo giovane , all’età di 53 anni, ma spettò a lui un altro straordinario privilegio: scoprire la prima particella che rimetteva in ballo tutto quello che si era capito fino a quell’istante! E, infatti, lo stesso Fermi dice ai suoi collaboratori: ” hic sunt leones !”. Fermi aveva modi di esprimersi standard. Quando qualcosa non tornava più, siccome era molto legato alla cultura romana – i romani, come voi sapete, quando andarono in Africa e non sapevano più dove mettere i confini e avevano paura di andare oltre dicevano “qui ci sono i leoni” e tracciavano i confini dell’impero -. Per Enrico Fermi ” hic sunt leones” vuol dire ” non tornano più le cose”. Lui ha vissuto l’inizio della scoperta di un nuovo mondo: il mondo sub-nucleare, che nessun filosofo, pensatore, poeta, intellettuale – di destra, di centro, di sinistra – aveva mai saputo immaginare. Questo universo sub-nucleare è totalmente diverso da tutto ciò che si era pensato fino a quell’istante, fino alla metà degli anni settanta. Si pone un problema. Che cosa aveva detto Democrito? Democrito aveva detto: ” Prendete una pietra. Rompetela. Quando arriverete all’ultimo pezzettino di pietra, quest’ ultimo pezzettino di pietra non si potrà più rompere in quanto è fatto nient’ altro che di sé stesso. Questo orologio, ad esempio, non è fatto che di sé stesso, infatti lo si può rompere ed ha un sacco di cose dentro. Ma, se una cosa non si rompe vuol dire che è “elementare”. Qual è la cosa più semplice al mondo? Provate a definire: che cos’è la cosa più semplice al mondo? Com’è fatta? La cosa più semplice al mondo è quella cosa fatta nient’altro che di sé stessa ! Questa è la definizione rigorosa di particella elementare. Pensando riflettendo per millenni e millenni, questa forma di materia vivente alla quale apparteniamo concluse che a furia di rompere una pietra arriveremo alla particella elementare che non si rompe più, perché se fosse non elementare si dovrebbe rompere. Intorno agli anni sessanta, io ho fatto degli esperimenti sui protoni ed ho scoperto la struttura tipo-tempo del protone: insomma, il protone non è questa cosa fatta di nient’altro che di sé stessa. Esperimenti ripetuti in America, hanno confermato questo risultato. A un certo punto viene fuori che il protone è fatto di altre cose, non sappiamo di che cosa, ma elementare non è. Che cosa avreste fatto voi? Proviamo a romperlo. Non con le martellate, ma usando le più potenti energie concepibili in questo satellite del sole, io faccio un esperimento e dimostro che i protoni non si rompono . E come mai? Quindi, due risultati completamente contraddittori : i protoni non sono particelle elementari, ma portati a “martellate” di una potenza inaudita non si rompono. Nessun logico matematico, nessun filosofo, nessun pensatore sapeva uscire da questo dilemma: come mai? Che succede? Succede che Galilei aveva ragione. Colui che ha fatto il mondo è molto più intelligente di noi. Infatti, una pietra in un secondo precipita di cinque metri. Perché? Perché c’è la carica gravitazionale, per motivi rigorosamente capiti, agisse come se tutta la massa fosse concentrata nel centro della terra. Quindi, noi distiamo dal centro della terra 7.000 Km circa, distando così l’ accelerazione di gravità misurata da Galilei è circa 10 m al secondo per secondo (9,81 m/s). In un secondo precipita di cinque metri. E se, invece, io vado sulla Luna? Cioè, tolgo la Luna e al posto ci metto la pietra , di quanto cade la pietra? Non deve cadere più, in un secondo, di cinque metri, perché la Luna è sessanta volte più lontana dal centro della Terra di noi ( circa 400.000 Km). Fu Newton a scoprirlo usando l’ accelerazione di gravità misurata da Galilei. Che scoprì Newton? Scoprì che se io spostassi la Luna e ci mettessi una pietra, quella pietra in un secondo cadrebbe di 5 m, cioè 5.000 mm, diviso la distanza al quadrato – 602 fa 3.600 – quindi, 5000 mm : 3.600 fa, circa, 1,5 mm. Quindi, una pietra messa al posto della Luna cadrebbe di 1,5 mm al secondo, perché la forza gravitazionale diminuisce all’aumentare della distanza. Questa è la scoperta di Galilei e Newton. A quei tempi non c’era l’elettricità. Poi, nascono i fenomeni elettromagnetici. Se io ho una carica elettrica positiva e una negativa distanti 1 m la forza è 1, se aumento la distanza fra loro a 10 m la forza è cento volte più piccola, perché diminuisce con il quadrato della distanza anche la forza elettrica. E, allora che cosa fa questa forma di materia vivente a cui noi apparteniamo? Crede che tutte le forze facciano così. E, poi, viene il “finimondo” : il protone è fatto di altre cose, ma pur essendo fatto di altre cose un protone non si rompe. Come mai? Immaginiamo di essere, qui in questo tendone, dentro ad un protone. Questo tendone sarà qualche metro, invece di qualche metro diciamo qualche fermi ( fermi è una distanza in onore di Enrico Fermi tipica del mondo sub-nucleare). Il fermi corrisponde a un decimo di millesimo di miliardesimo di centimetro . . . e come si fa a immaginare!? E’ facilissimo immaginarlo, perché? Noi siamo fatti di protoni, se questi protoni fossero come delle palline da tennis io sarei grande come il sistema solare. Ecco le proporzioni. Immaginiamo, quindi, di essere dentro un protone, con un po’ di fantasia. E prendiamo due pezzettini di protone, prendiamo quelle cose di cui è fatto il protone che non sappiamo ancora cosa sono, ma sono. E proviamo ad allontanare queste cose: scopriamo una cosa incredibile! Scopriamo che l’ attrazione aumenta con la distanza, non diminuisce! Più ci allontaniamo, più si vogliono appiccicare insieme: ecco perché un protone non si rompe. E con il senno del poi, io debbo concludere che per fortuna non si rompe, perché se noi fossimo fatti con protoni che si rompono non potremmo esistere. La nostra struttura materiale è fatta in un modo tale che anche nel più grande collasso gravitazionale i nostri protoni rimangono tutti lì. La struttura di cui siamo fatti è formidabile, ma non l’aveva mai immaginato nessuno. Ecco la prova che Galilei, ancora una volta, aveva ragione. Nessuno aveva mai immaginato l’ esistenza di forze che aumentano all’aumentare della distanza. A queste forze si dona il nome di forze non-abeliane (“quando qualcuno vi verrà a dire cose che non capite è uno che non ha scoperto o inventato nulla” così diceva Zichichi qualche riga più su. n.d.r.) per motivi affascinanti, ma complessi. Una di queste forze non è solo quella che c’è dentro il protone: la cosiddetta forza di Fermi è non- abeliana anche quella lì, ma non lo sapeva nessuno, e non sto parlando di dettagli, perché la forza di Fermi permette di capire come mai il Sole non si spegne e non salta in aria – ve lo siete mai chiesto? Brucia per miliardi di anni con estrema regolarità. La valvola di sicurezza della “candela a fusione nucleare” che è il Sole sono le forze di Fermi che sono forze non-abeliane. Le forze non-abeliane rappresentano, oggi, una delle frontiere della scienza galileiana moderna. Ma le forze non-abeliane sono state scoperte facendo esperimenti di stampo galileiano, chiedendo a Colui che ha fatto il mondo “Tu qui che hai combinato?”, sbattendo la testa contro il muro e, poi, . . .ah, abbiamo capito cosa succede! Scienza vuol dire porre domande rigorosamente formulate, quindi usando la matematica e non le chiacchiere, e ottenendo risultati riproducibili. Se qualcuno di voi dicesse: “Professore, io non ci credo che il protone non si rompe”, io l’acchiappo e glielo faccio toccare con le mani. Mentre se qualcuno mi dicesse: “Io non credo nella teoria dell’evoluzione cosmica”, io che posso fare? La cultura dominante non spiega a nessuno che la scienza galileiana ha tre livelli di credibilità scientifica. Galilei è grande per essere il padre del primo livello di credibilità scientifica. Galilei ha scoperto un sacco di cose: le montagne della luna, le macchie solari, le fasi di Venere, i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno. Bastava una di queste scoperte per diventare famoso: lui ne ha fatte tante! Ma non è questa la grandezza di Galilei, perché l’astrofisica è scienza galileiana di secondo livello. Che vuol dire? Perché se qualcuno dice “io non ci credo”, io non posso prendere una stella per accenderla o spegnerla: non possiamo intervenire. E Galilei mette in grande evidenza questa straordinaria importanza di credibilità scientifica. La grandezza di Galilei è di aver scoperto “le prime impronte del Creatore” – come lui chiamava le prime leggi fondamentali della natura. Sapete come ha fatto a scoprirle? Prendendo una pietra, legandola ad una spago . . .e scopre le leggi del pendolo. Sapete qual’era l’orologio galileiano? Il polso! . . .tic,tic,tic, . . .se voi dimenticate l’orologio e volete sapere su per giù di come passa il tempo, toccatevi il polso. Su per giù, un colpo al secondo. E non è banale. Coloro che fanno gli esperimenti sotto terra debbono giurare di non toccarsi mai il polso. Infatti, per scoprire come funziona l’orologio biologico ci sono dei volontari che vanno sotto terra per un mese e sbagliano di dieci giorni. Non di un minuto. Perdono completamente il senso del tempo, per motivi non ancora capiti. L’orologio biologico non funziona. Come mai, prima di Galilei, nessuno aveva preso una pietra, un pezzo di spago e il polso per fare esperimenti sul pendolo? Gli esperimenti sul pendolo non sono banali, perché fino a Galilei la precisione nella misura del tempo era di circa un secondo ogni ventiquattro ore grazie alle meridiane: non c’era altro modo di misurare il tempo. Adesso siamo al millesimo di miliardesimo di secondo. Io ho inventato, progettato e costruito un circuito – il più potente al mondo – per fare un esperimento – al fine di stabilire se esiste o no l’antimateria. Tutti gli esperimenti di scienza galileiana hanno sempre qualcosa dentro tecnicamente nuovo, se no perché nessuno lo ha fatto prima? Com’è possibile che ci sono voluti duemila anni per scoprire una cosa che voi potete toccare con mano ogni volta che andate in autostrada? Prendete la macchina, andate a cento all’ora, spingete la frizione, spegnete la macchina . . . si ferma? Non si ferma. Duemila anni per capirlo! Non c’erano le autostrade a quei tempi, però Galilei aveva capito. Galilei ha scoperto l’ attrito, non Newton. Galilei ha scoperto che se io sposto questo libro e si ferma, si ferma non perché io non lo spingo più, come pensava Aristotele e come si è pensato per duemila anni: forza proporzionale alla velocità. Galilei, invece, nota che se invece del libro o della pietra prendo una sfera di cristallo e la spingo su un piano inclinato non si ferma mai. Se l’attrito è zero non si ferma mai. ” Se vuoi camminare gratis riduci l’attrito a zero” . . . prima legge del moto (così non “cammini ” più! n.d.r.). E nasce così il famoso esperimento della piuma e del martello che il mio grande amico David Scott – comandante di Apollo 15 – fece sulla Luna, su mia precisa richiesta. Successe, poi, il “finimondo”, perché nessuno avrebbe mai immaginato un astronauta che dice “Galilei aveva ragione!”. Chi parlava mai di Galilei? Prendete l’Enciclopedia Britannica: dodici pagine su Newton, mezza pagina su Galilei. Allora, qualcuno potrebbe dire, non è vero che Galilei è il padre della Scienza. Sì, Galilei è il padre della Scienza, ma la nostra cultura lo ha abbandonato. Ecco uno dei motivi per cui questo Papa passerà alla storia come il più grande di tutti i tempi, perché ha portato a casa le conquiste nostre (Zichichi, non mentire! n.d.r.). La Scienza nasce a casa nostra, per atto di fede! Galilei non ha scoperto la logica del creato perché era ateo: no, no, e no! La Scienza avrebbe potuto essere scoperta dalla cultura atea, ed io questa sera non potevo venire qui a parlare, perché non avrei avuto nulla da dire. Ma la Scienza è stata scoperta dalla nostra cultura, per atto di fede (e nonostante essa. n.d.r.). Il fatto che Galilei sia stato combattuto dalla Chiesa non è vero (ecco un altro povero imbecille! n.d.r.), perché è stato combattuto dagli aristotelici di quei tempi. Tre cardinali si rifiutarono di firmare la condanna, ma non lo dice nessuno. I veri nemici di Galilei erano gli aristotelici. Io insegno a Bologna e sono andato a vedere cosa insegnavano: solo Aristotele! E Galilei diceva: ” Ma, ad Aristotele queste cose chi gliele ha dette? “. Quando fra un certo numero di anni diranno “esiste l’antimateria nucleare, perché l’ ha scoperta Zichichi (meno male che dal patetico, dopo una escursione nel grottesco, si passa al comico. n.d.r.)”, oppure “il protone non si rompe, lo ha scoperto Zichichi (idem. n.d.r.)” – ” e chi glielo ha detto a Zichichi? Colui che ha fatto il mondo (questo è un argomento dirimente sulla non esistenza di Dio. n. d. r.)!”. Io ho fatto esperimenti, se avessi potuto dimostrare con il rigore della logica matematica e basta, che motivo c’era di fare esperimenti per anni e anni? Che motivo c’è di perdere tempo se si può concludere! Qualcuno potrebbe dire “Va bene, Zichichi dice queste cose adesso, ma ormai sono superate”, non è così ! Io ho un’altra sfida da porre a tutti coloro che negano che per conoscere com’è fatto il mondo esiste una ed una sola strada – quella indicata da Galileo Galilei – : rigore matematico e esperimenti riproducibili. A costoro io dico: se voi dite che non è così, vi prego di dirmi se esiste il super-mondo. Nessuno sa rispondere! Eppure, io ho studiato il super-mondo in modo rigorosamente matematico e ho scoperto una cosa estremamente importante su com’è fatto il super-mondo. Ma non posso dire che esiste: mi manca la prova sperimentale. C’è il rigore logico, manca la prova. E Galilei insegna “rigore e riproducibilità”, altrimenti non siamo nella Scienza. Prendiamo, ad esempio, l’evoluzionismo biologico della specie umana: vi dicono tutti che noi siamo cugini delle scimmie. Magari fosse vero, però io vorrei leggere dov’è questa equazione (ehi, presunto scienziato, e dov’è lequazione di Dio? n.d.r.). Se io dico che un certo fenomeno avviene in un certo modo scrivo formule e porto risultati riproducibili. L’evoluzionismo come fenomeno biologico esiste in tante forme di materia vivente, ma noi siamo l ‘unica forma di materia vivente dotata di ragione: l’unica! Pertanto, l’ evoluzionismo dovrebbe essere una struttura rigorosamente matematica in grado di descrivere il passaggio dalla materia inerte alla materia vivente alla materia cosciente, che diventa ragione, in modo rigorosamente matematico. Poteva esistere il mondo – spazio, tempo, massa, energie e cariche – senza vita. Non abbiamo ancora capito come si passa dal mondo alla vita. Poteva esistere il mondo e la vita senza ragione. Il passaggio dal mondo alla vita non lo sa fare nessuno. Se non c’è neppure un’equazione e un risultato riproducibile, come si fa a dire che l’evoluzionismo biologico della specie umana è Scienza galileiana ? Non è Scienza galileiana ! Quando voi leggete, ad esempio, il moscerino ha più geni del nostro corpo o altre cose che scrivono, non c’è bisogno di questo. Bastano protoni, neutroni ed elettroni. Io prendo un albero, lo analizzo nella sua struttura fondamentale e trovo che è fatto di protoni-neutroni-elettroni. Poi, prendo una pietra ed è fatta di protoni-neutroni-elettroni, poi prendo un’ aquila ed è fatta di protoni-neutroni-elettroni, poi prendo un vermicciatolo ed è fatto di protoni-neutroni-elettroni, poi prendo il mare ed è fatto di protoni-neutroni-elettroni . . .tutto ciò che esiste è fatto di protoni-neutroni-elettroni. Non c’è bisogno di complicarci la vita con il codice genetico infatti non si debbono prendere medicine, basta respirare: si assumono così protoni-neutroni-elettroni. n.d. r.). Le strutture fondamentali ci dicono che nessuno sa fare il passaggio da quello che noi oggi chiamiamo Scienza alla vita. La Scienza non ha capito come si fa a passare dalla materia inerte alla materia vivente. E la Scienza non ha capito come si fa a passare dalla materia vivente alla materia che ragiona. Noi siamo l’unica forma di materia vivente dotata di ragione e quello che caratterizza la nostra specie non è l’evoluzionismo biologico della specie, ma l’evoluzionismo culturale. Noi esistiamo da diecimila anni – diciamo anche ventimila, centomila, non cambia nulla – noi siamo esattamente identici biologicamente parlando. Culturalmente noi siamo una “bomba” evoluzionista. Infatti, quanti milioni di anni avremmo dovuto aspettare affinché i nostri occhi, per evoluzionismo biologico, potessero vedere fenomeni che avvengono a diecimila metri di distanza o diecimila chilometri o nella faccia nascosta della luna? Quanti milioni di anni avremmo dovuto aspettare, per evoluzionismo biologico, perché le nostre orecchie potessero sentire quello che dice qualcuno a New York, come facciamo con la radio o con il telefono? E quanti milioni di anni avremmo dovuto aspettare per muoverci a mille chilometri l’ora? L’evoluzionismo culturale da dove viene? Dalla Scienza. E la Scienza come nasce? Per atto di fede (sic! n.d.r.). Ecco, come stanno le cose ! La Scienza, ripeto, poteva essere scoperta dagli atei. Ma che ha fatto la cultura atea che parla tanto? Le grandi conquiste della Logica sono tutte di matematici credenti, come Leibniz che ha scoperto una cosa incredibile: la matematica binomiale. Noi siamo abituati a contare: uno, due, tre, . . . , dieci. Perché abbiamo dieci dita. Ma che ce ne facciamo della matematica con 10. Se io scrivo 111, significa 1 x 100 più l’altro 1 x 10 – e fa 110 – più 1 x 100 – e fa 111. Che me ne faccio? Io debbo tradurre questo numero in segnali che possono essere elaborati dai computer. Leibniz scoprì che qualunque numero può essere rappresentato, dalla logica binaria, usando solo due simboli: 1 e 0 . Mentre la nostra logica usa dieci simboli. Ma, per esprimere tutta l’aritmetica in modo tale che i computer la possano utilizzare io ho bisogno di sì e no . Qui, ad esempio, la luce o si accende o si spegne. Qualunque computer è un insieme di circuiti semplicissimi che sono o accesi o spenti. Il calcolo più complicato che voi possiate immaginare viene realizzato in questo modo: con circuiti che sono accesi o spenti. Quindi, io voglio esprimere 4.720.825.802 , e che me ne faccio. Io ho bisogno di una serie di sì e no, di acceso e spento. Sapete come Leibniz scoprì la Logica binaria, senza la quale non ci sarebbero i computer? Leibniz era un matematico credente ed era affascinato dai sette giorni della creazione. E diceva ” Queste sette giorni debbono poter essere espressi da qualcosa che rappresenta la creazione, la speranza, l’essere” – e questo è il simbolo 1 – mentre il simbolo 0 è la disperazione, il nulla. Leibniz scoprì che quella “cosa” che noi chiamiamo 7, nella Logica binaria è tre volte 1 ( on, on, on ). Quindi, se in un circuito metto on- on- on ho fatto sette (siamo alla catarsi finale… tra un poco esploderà! n.d.r.). La Logica binaria avrebbe potuto essere scoperta dalla cultura atea, ma non l’ hanno scoperta (ma, come diceva Zichichi, non serve scoprire che il protone si rompe per fare una grande scoperta, basta scoprire che non si rompe. E gli atei hanno scoperto che Zichichi è un cialtrone. n.d.r.)! Il calendario più preciso al mondo l’ ha scoperto la nostra cultura. Io, al riguardo, ho scritto un libro, per desiderio preciso di questo grande Papa, quando scoppiò un putiferio: sembrava che Dionigi il piccolo fosse una specie di ignorante che non sapeva fare neppure le somme e le sottrazioni. Il più grande matematico e astronomo del 500 d.C. – che calcolò cento anni di Pasque seguenti – concepì la dimensione mistica del tempo. Dinanzi al problema di dire quando è nato Gesù, sapete che ha detto Dionigi il piccolo – che la cultura atea faceva passare per ignorante? “A questa domanda non si può rispondere guardando la luna o le stelle, perché entra la dimensione mistica del tempo”. Sapete come nasce il Calendario Gregoriano? Dalla dimensione mistica del tempo! Nessuna civiltà, in nessuna epoca, aveva saputo affrontare il problema di sincronizzare il calendario con una precisione così straordinaria come quella di Papa Gregorio XIII ( Papa bolognese ) che approvò la formulazione matematica di Aloisius Lilius che aveva come base la dimensione mistica del tempo. Che cos’è la dimensione mistica del tempo? Ad esempio, oggi è l’11 maggio. Che significa, oggi è l’11 di maggio? Se non ci fossero le stagioni, l’11 di maggio sarebbe identico all’11 febbraio o all’11 settembre. Quando noi diciamo una data di calendario diamo importanza a quella data, perché esprime dove siamo. I romani avevano l’anno con dieci mesi e, nel giro di pochi anni, dicevano siamo a dicembre ed erano a giugno. I calendari di tutte le epoche erano sincronizzati sulle stagioni. Cosa vuol dire stagioni? Inverno ed estate differiscono di sei mesi: 3×6=18 quindi circa 183 giorni. Un calendario non deve sbagliare in modo che nel giro di pochi anni mi sballano le stagioni. Accadeva esattamente questo. Allora, tutti i popoli e tutte le civiltà si erano sincronizzati sulle stagioni: nessuno aveva mai preso in considerazione un giorno. Stagioni vuol dire 183 giorni. Per la nostra cultura, no ! Perché, quando risorge Cristo? La prima domenica dopo la luna piena che segue l’equinozio di primavera. Equinozio di primavera significa un giorno in cui la quantità di luce e di buio è la stessa ( 21 marzo). Non posso sbagliare l’equinozio di primavera, perché mi sballa tutto. Che cosa mi sballa? La risurrezione di Cristo, la dimensione mistica del tempo. Aloisius Lilius affronta questo problema e lo risolve. Perché non l’ha fatto la cultura atea? Aloisius Lilius dà al mondo il più preciso calendario mai concepito, prima che nascesse la Scienza, grazie alla dimensione mistica del tempo sentita da Dionigi il piccolo. Perché il calendario nostro è adottato da tutti i popoli di qualsiasi civiltà (che dice lo scienziato galileiano?n.d.r.)? Perché per sballare le stagioni ci vogliono tremila anni e con una piccola correzione si arriva a milioni di anni. Il più perfetto calendario al mondo è stato fatto dalla nostra cultura. La numerazione binomiale è stata fatta dalla nostra cultura. La Scienza nasce a casa nostra. Tutte queste cose avrebbe potuto farle la cultura atea. Non le ha fatte. Non è colpa mia: io dico la verità. Ora abbiamo il seguente quesito: perché Zichichi è credente? Perché ha alle spalle la Scienza e la Logica matematica. Non è vero che il credente è un credulone, è credulone l’ateo che ha fede nel nulla. Ateismo vuol dire fede nel nulla, non vuol dire atto di ragione. L’ateismo non è un atto di ragione. L’ateismo non ha alle sue spalle le grandi conquiste della scienza e della logica matematica. Ateismo vuol dire fede nel nulla, in quel nulla che Leibniz cercò di demolire dalla numerazione convinto che i sette giorni della creazione dovessero avere un significato anche nella loro espressione matematica. Quando noi mettiamo insieme tutte queste grandi conquiste, ci accorgiamo che dobbiamo essere orgogliosi di appartenere alla cultura credente ! Grazie.
(Mi pare sia chiaro perché una persona ragionevole debba essere atea! n.d.r.)
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