Caro, buon vecchio Newton

Roberto Renzetti

        Sono venuti alla luce nuovi documenti relativi all’attività non propriamente matematica e fisica di Newton. Si tratta di inserirli in un quadro interpretativo della complessa personalità dello scienziato e di trarre alcune conclusioni sui rapporti tra scienza, magia ed alchimia, fede tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento in tutta Europa.        Newton (1642 – 1727) è uno dei personaggi più noti che, pur immersi a vari livelli in una cultura misticheggiante, riuscirono poco a poco ad affrancare l’osservazione scientifica dai piombi metafisici, per portarla alla laicità che acquistò a partire dal secolo XVIII.

        È straordinario che si debba parlare di Newton. Tanto straordinario che l’uscita in Italia di uno studio di M. White (“Newton: l’ultimo mago“, Rizzoli 2001), ha fatto solo menzionare il lavoro nelle recensioni di “Le Scienze”, come se si trattasse di una qualche denigrazione. Nessuno in nessuna delle cose che dirò vuole togliere meriti ormai universalmente riconosciuti. Il tentativo è proprio quello di far intendere le difficoltà che si sono dovute superare per affermare la razionalità scientifica. E ciò attraverso cammini tortuosi, mai lineari e sempre infarciti della cultura del tempo. In questo senso, davvero, l’opera di Galileo risulta particolarmente straordinaria.

        Ma torniamo al Newton meno noto, al mago, secondo la definizione di White.

        Egli, all’inizio della sua produzione scientifica, si mostrò influenzato dal meccanicismo di Descartes e del suo connazionale Hooke. Nel 1666 mostrava che la luce è scomponibile nei vari colori ed in tal modo distruggeva quell’immagine che ad essa era associata, di manifestazione divina. Ma il clima intellettuale dell’Inghilterra stava mutando proprio in quegli anni. Il meccanicismo inglese, l’opera di Hobbes, avevano provocato profonde crisi di rigetto e, particolarmente, il bisogno di riconquistare un qualche rapporto con la divinità. Newton fu partecipe di tale cambiamento di clima come mostra, appunto, il complesso della sua opera nota e meno nota.

        Due storici britannici, Rattansi e Mc Guire (1966), hanno ritrovato una bozza dello scolio alla Proposizione VIII dei “Principia” in cui Newton sosteneva quelle che erano le sue credenze religiose. Egli in pratica affermava di aderire alla filosofia pitagorica, alle proporzioni perfette ed alle armonie. Queste proporzioni dovevano anche riguardare i cieli, i ‘pesi’ dei pianeti e le distanze reciproche. Descrivendo un esperimento, attribuito a Pitagora, secondo cui dei ‘pesi’ legati a delle viscere penzolanti da animali le allungavano in maniera inversamente proporzionale alla loro distanza dal ‘centro’ dell’animale, attribuiva a Pitagora la scoperta della legge dell’inverso del quadrato che egli stesso aveva fornito. Nel successivo scolio, quello alla Proposizione IX, Newton sosterrà esplicitamente:

“A qualcuna di queste leggi sembra abbiano fatto cenno i filosofi antichi quando chiamarono Dio ‘Armonia’ e rappresentavano il suo potere dinamico con l’immagine musicale del Dio Pan suonando il flauto e attribuivano musica alle sfere rendendo armoniche le distanze ed i movimenti dei corpi celesti e rappresentando i pianeti con le sette corde dell’arpa di Apollo”.

        Inoltre, nel suo “Sistema del Mondo“, Newton fa risalire la teoria copernicana agli antichi maestri, ma non a quelli noti come Aristarco, ma a Platone ed all’antica sapienza degli egiziani “che rappresentavano con riti sacri e geroglifici, dei misteri che andavano al di là della comprensione popolare”.

        Si è anche osservato che la matematica di Newton indulge troppo alla geometria quando ormai i tempi erano maturi per gli infinitesimi di cui Leibniz sarà portatore.

        Ed ecco che il Dio Architetto e Ingegnere di Galileo diventa altra cosa, allo stesso modo del Dio Meccanico di Descartes: Dio entra ora nel mondo per regolarlo da dentro, la stessa natura è Dio. È una sorta di mediazione quella che fa Newton, tra il Dio Artista ed il Dio Ingegnere. Questo Dio, come Newton afferma nello scolio generale dei Principia, interviene anche a rifornire di “energia” qualche pianeta che ne avesse persa un poco nel suo moto (occorre però notare che lo Scolio generale fu introdotto da Newton nella seconda edizione dell’opera, poiché la prima edizione, senza la presenza costante di Dio, aveva sollevato moltissime critiche, anche di ateismo). Questo è il significato che occorre assegnare alle proprietà che Newton fornisce allo spazio ed al tempo; particolarmente lo spazio è il “sensorium Dei”. Ed a questo proposito è utile entrare su una controversia che si ebbe con Leibniz relativamente alle “forze” attrattive che Newton pone alla base della sua gravitazione universale. Certamente Newton prese le mosse dalla tre leggi di Kepler e dalla caduta dei gravi studiata da Galileo. Tutto ciò parrebbe una sorta di deduzione teorica da fatti sperimentalmente accertati. In realtà resta (ancora oggi) il problema delle forze. Di cosa si tratta ? Lo stesso Newton ne fornisce una definizione circolare poiché nella stessa formulazione dal secondo principio introduce simultaneamente due grandezze non definite la forza e la massa (egli lo sa e tenta di rifugiarsi dietro una finta definizione di massa attraverso la densità). Cosa sono le forze ? Come illustri fisici ed epistemologi hanno iniziato a sostenere da fine Ottocento (Kirchhoff, Hertz, Mach, Perrin,…), noi conosciamo solo gli effetti delle forze: le stesse pretese forze non le conosciamo. Esse, così come sono proposte da Newton, dovendo agire “a distanza”, senza intermediari (e quindi occulte), sono rifiutate sia dagli aristotelici che dai cartesiani. Trenta anni dopo, Leibniz parlerà dei Principia come di un ritorno ai “racconti di fate”. Afferma Kearney che “i cartesiani rifiutarono Newton per la stessa ragione che Galileo e Descartes rifiutarono Kepler”. Uno dei critici più duri di Newton fu proprio Huygens, l’unico vero seguace di Galileo, che sostenne essere il principio newtoniano dell’attrazione “impossibile da spiegare in nessun modo meccanico”. E tra Leibniz e Huygens intercorse una corrispondenza dopo la pubblicazione dei Principia.. Newton era considerato alla stregua di un aristotelico che credeva a simpatie ed antipatie assimilando queste ad attrazioni e repulsioni. Fu solo con le “Lettere Inglesi” di Voltaire (prima metà del XVIII secolo), che Newton assurse a simbolo del meccanicismo anche se, tale definizione vide sempre fermi oppositori tra i meccanicisti medesimi.

        E fin qui ogni commento è relativo al Newton noto, il fondatore della Meccanica. Il fatto è che vi è anche un Newton meno noto ma ugualmente attivo in campi come l’Alchimia e la Teologia. Qui il discorso sarebbe lungo e voglio fornire solo alcuni dati oltre ad una vasta bibliografia. Il fatto è che Newton scrisse un “Trattato sull’Apocalisse” in cui emergono molti dei temi mistici che abbiamo incontrato nella cultura rinascimentale: occorre conoscere le profezie per salvarsi; vi sono regole per interpretare e metodizzare parole e linguaggio delle Scritture; esiste una corrispondenza tra il mondo e le Scritture. Serve un nuovo ritorno di Cristo poiché la Bestia con dieci corna (il mondo pagano) ha vinto sulla Chiesa; la Bestia con due corna (la grande apostasia) si è impossessata della Chiesa; la Bestia si presenta a noi come grande Meretrice o come falso Profeta ma queste due immagini non sono altro che facce diverse del Dragone (Satana); il mistero che si trova scritto sulla fronte della Meretrice è quello della Trinità (Newton rifiutava questa ‘complicazione’); Cristo non era venuto per fondare una nuova religione ma per riportarla all’antica purezza (qui è echeggiato espressamente un tema ermetico ripreso anche da Giordano Bruno – ma addirittura da Ario -, anche nello stesso linguaggio della Bestia che in Bruno, con l’aggettivo di Trionfante è la Chiesa, mentre il Papa è la “sua santa asinità”).

        Vi sono anche da dire due parole sul Newton alchimista. Egli scrisse migliaia di pagine in proposito. Tra l’altro scrisse anche in proposito della tomba del famoso alchimista Flamel (della quale ho parlato in Cos’è l’alchimia, seconda parte). Non ne pubblicò nessuna ed in questo era concorde con quanti ritenessero questa una pratica per iniziati e quindi segreta. Non è esagerato dire che egli passò metà del suo tempo in studi alchemici e religiosi sintetizzando in sé appunto l'”ultimo mago” di White o l’ “anfibio” di Kearney. Di seguito riporto un disegno alchemico di Newton, la Pietra filosofale, che si trova all’interno di un suo, tra i tanti, manoscritto alchemico.

 “Lapis Philosphicus” ovvero “pietra filosofale”, dal manoscritto 416 di Sir Isaac Newton

Più oltre riporto invece una delle tavole degli elementi alchemici che Newton si era costruito:

In tali manoscritti Newton studia tutto ciò che di non scientifico era all’epoca al centro dell’interesse di quasi tutti gli studiosi.

        Anche l’ossessione religiosa ha ampio spazio in tali scritti. Newton era un mistico, un ascetico che studiava con grande passione questioni di teologia e già nel 1672, all’età di 29 anni, aveva fatto domanda di ordinazione alla Chiesa Anglicana e voti di celibato. Nello stesso 1672, Newton scrisse del figlio di Dio e del Dio padre. Negò la Trinità, schierandosi, in questo, con l’eresia di Ario. Egli basava le sue convinzioni da studi approfonditi della Bibbia dove aveva, tra l’altro, trovato alcune affermazioni sia in Timoteo [2-5]:

“C’è un Dio ed un mediatore tra Dio ed Uomo: l’uomo Cristo Gesù”  

che in Luca [1-32]:

“Egli sarà grande e sarà chiamato figlio del più alto”

        Uno degli studi di teologia che più appassionò Newton fu la Cronologia della Bibbia ed in particolare il Libro della Rivelazione che Newton considerava il più importante della Bibbia. E’ qui che Newton inizia a tentare di capire se vi sia una qualche cronologia per il futuro. E’ anche sua, come di tanti altri, l’età del mondo, calcolata in circa 4000 anni. E la fine di tutto sarebbe avvenuta in concomitanza con la seconda venuta di Cristo (altro topico fondamentalista).

        I suoi studi erano sempre molto approfonditi e corredati spesso di disegni. Quello che segue è il disegno che Newton fece del Tempio di Gerusalemme, così come lo aveva intuito dalla lettura medesima della Bibbia. In proposito egli scrive sulla destra del disegno:

La pianta del Tempio di Gerusalemme disegnata da Newton

La pianta del Tempio di Gerusalemme senza le scritte di Newton

“Lo stesso Dio fornisce a Mosè la dimensione del Tabernacolo e del Tempio with its (?) to David and Ezekiel and others…”.

Vi è un episodio del 1687 (quando i Principia erano in stampa), relativo ai fatti politici della Chiesa che merita di essere raccontato. L’Università attraversò un periodo di crisi acuta a seguito di una ordinanza di Re James, che stava riconvertendo l’Inghilterra al cattolicesimo, che ammetteva un monaco benedettino, Alban Francis, quale Maestro di Arti senza che ne avesse i titoli e senza prestare giuramento. Non si riuscì a risolvere il problema quietamente, neppure con una lettera di Newton che denunciava il non rispetto della legge dell’università che lo stesso re aveva fatto. Così l’uomo che era stato eretico contro la sua Chiesa Anglicana, detesta e teme il potere della Chiesa Cattolica. Ed egli si appellò all’autorità della legge quando egli stesso aveva ottenuto una dispensa reale perché non fosse considerata la sua ordinazione alla Chiesa Anglicana in occasione della sua nomina al Senato Accademico dell’università (maggiori dettagli al sito: http://www.es.ucsc.edu/~smf/newtonbyflatte.html ).

        E veniamo ora all’ultimo documento scoperto. Si tratta di una lettera risalente al 1704 e pubblicata solo ora in occasione di una mostra dal 18 giugno al 17 luglio 2007 all’Università ebraica di Gerusalemme e intitolata «I segreti di Newton», mostra che raccoglie migliaia di pagine manoscritte dallo stesso Newton (1). Anche il grande scienziato inglese non riesce a sfuggire alla numerologia ed al fascino di segreti reconditi e da interpretare nell’Antico Testamento. Da suoi calcoli e studi di matematica applicata alla Bibbia, egli profetizzò che il mondo doveva avere fine nel 2060, cioè 1.260 anni dopo l’800 d. C., data in cui venne

Il documento in cui compare la data della fine del mondo, il 2060

 restaurato il Sacro Romano Impero di Carlo Magno. Pare che lo scienziato sia arrivato a indicare questa data in seguito alla rilettura del libro del profeta Daniele, uno dei libri più difficili in cui sono contenuti numerosi simbolismi e visioni fantastiche. E proprio dal linguaggio oscuro e sibillino del testo, Newton fu incoraggiato ad abbandonarsi alla fosca profezia che non deve mai mancare in esoterici studiosi della Bibbia. Leggiamo Daniele:

Udii l’uomo vestito di lino, che era sulle acque del fiume, il quale, alzate la destra e la sinistra al cielo, giurò che chi vive in eterno che tutte queste cose si sarebbero compiute fra un tempo, tempi e la metà del tempo, quando sarebbe finito colui che dissipa le forze del popolo santo. [Daniele 12-7]

        La scienza moderna è nata a partire dal Rinascimento. Essa è nata per lo sforzo ed il duro lavoro di molti studiosi (vedi il mio: RELIGIONE, MAGIA E SCIENZA NEL RINASCIMENTO ITALIANO). Queste erano persone del loro tempo ed il loro lavoro, letto con gli occhi di oggi, non può essere che esaltato per l’enorme sforzo che ciascuno nel suo ambito e nel suo contesto ha portato avanti per affrancarsi da quel groviglio di conoscenze che oggi, senza dubbio, possiamo bollare come irrazionali. Ma quel groviglio era la base culturale di quell’epoca. Volerne ricostruire la storia, attraverso l’opera dei contributi “razionali” dei singoli scienziati è un vero falso. Lo è stato per molti anni: sotto influenze illuministe e positiviste, gli storici hanno scavato nel passato con gli occhi del presente ed hanno ricercato ciò che loro faceva più comodo per ricostruire un mondo in cui il “progresso” avviene per cumulo successivo di conoscenze. Non sono ammesse deviazioni.        Se si legge con attenzione quanto ho scritto e, soprattutto, si studia un poco della bibliografia che riporto, ci si accorge che le cose non stanno così.

        Voglio concludere queste brevi note con una sola osservazione che credo di aver abbondantemente documentato in tutti i miei lavori su Galileo. Si cercherà dovunque una sua posizione simile, un suo concedere spazio a miti, leggende e superstizioni. A indulgere a questioni di fede se non quando interferivano brutalmente con il suo lavoro. La laicità della scienza nacque con Galileo. Coloro che seguirono, a parte Huygens, infilarono di nuovo dalla finestra ciò che Galileo aveva cacciato dalla porta.


NOTE

(1) La collezione dei manoscritti di Newton di carattere non scientifico fu messa all’asta (Sotheby’s) dagli eredi di Newton nel 1936. Metà di essi fu acquistata dall’economista inglese John M. Keynes che li lasciò al King’s College di Cambridge. L’altra metà dei manoscritti fu acquistata da un altro allievo del King’s College, l’orientalista ebreo Abraham Salomon Ezekiel Yahuda che li lasciò in eredità, nel 1951, allo Stato d’Israele. Nel 1969 tali manoscritti andarono alla Biblioteca Nazionale di Gerusalemme. Nel 2003 si è iniziato a conoscere il contenuto di alcuni di tali documenti che per la prima volta sono ora in mostra.

BIBLIOGRAFIA

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68) P. Farinella – Newton, Mago o Scienziato ? – Scuola e Didattica, XII, nº 8, 1995.

69) AA. VV. – Numero monografico su Newton – Giornale di Fisica, 31, nº 1-2, 1990.

70) AA. VV. – Numero monografico su Newton – Giornale di Fisica, 30, nº 1-2, 1989.

71) A. Roob – Alchimia e Mistica – Taschen, 1997 (questo testo è fondamentale perché riporta una gran mole di riproduzioni di illustrazioni di vari testi magici, mistici ed ermetici).



Categorie:Grandi Studiosi, Storia

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