LA MATEMATICA E DIO

(Questo lavoro era stato scritto per la rivista del CIDI, Insegnare. Avevo avuto dal direttore l’accettazione del lavoro, evidentemente prima che si scatenassero le reazioni al mio precedente articolo che Insegnare aveva pubblicato nel numero di Giugno 2004, Le mani sulla scuola che si trova in http://www.fisicamente.net/index-521.htm . Da quel momento questo ed altri articoli che avevo scritto per la rivista, nel completo silenzio della redazione, sono morti).

Roberto Renzetti

Gabriele Romagnoli, al massimo, proviene da studi letterari. Niente di male, come più volte detto … se non fosse per quell’eterno vezzo dei letterati di fare i tuttologi. L’ 8 agosto, esce un suo articolo su Repubblica che, a me sembra, molto impegnativo: “Una vita dedicata a svelare il mistero delle rette parallele“. Lo ho letto con attenzione e si vede la buona volontà dell’autore, frammista alla solita discussione manichea di ciò che attiene alla matematica ed alle scienze insieme ai voli pindarici verso Dio. Parla di un matematico libanese che da dieci anni starebbe studiando il 5° postulato di Euclide (“In un piano, per un punto esterno ad una retta, passa una ed una sola retta parallela alla retta data“), tentando di dimostrarlo. Il nostro volenteroso inizia così: “Se ce l’avrà fatta otterrà un posto nella storia e avrà salvato, questo ritiene, l’edificio della geometria euclidea, la base della filosofia kantiana e il principio di una verità che, inesorabile come una retta, porta a Dio”.  Non è certamente in discussione il lavoro del matematico libanese né tanto meno le sue conclusioni, discuto sconsolato delle sciocchezze cosmiche che si possono dire e che, naturalmente, Romagnoli dice. Allora, nell’ipotesi che il libanese abbia dimostrato il 5° postulato, si salverebbe la geometria euclidea? Altrimenti questa miserabile geometria, già un disastro, crollerebbe al suolo? Ma che caspita dice il letterato? Spero che l’edificio in cui vive sia costruito con Riemann, altrimenti gli crolla in testa, essendo stato progettato con completo affidamento ad Euclide! Così come il 90% del mondo che ci circonda. Così come chiunque acquisti un terreno o ne misuri l’estensione (a meno che non sia Carlo V o il cav. Banana). La geometria euclidea, insieme alla fisica di Newton, regolano il nostro mondo macroscopico quasi in tutto. Occorre andare in settori sofisticati per passare ad altra geometria (o altra fisica). Non si devono istillare nel prossimo problemi che poi ricadono sulla scuola come macigni. Nell’ipotesi che vi fosse qualcosa di non dimostrato (ricordo che è un postulato, come tanti altri) in Euclide o in similia, chi ha detto che occorre buttare tutto? Mai si procede così in campo scientifico. Mai! Diciamo che si circoscrive l’ambito di validità, mantenendo fermi i risultati che hanno una discreta base di affidabilità. Inoltre, con la geometria, le cose diventano addirittura più drastiche: questa è la mia geometria, se non ti piace fattene un’altra! Voglio dire che se il sistema è autoconsistente e non ha elementi logici in contraddizione è un sistema che potrà non piacere ma ha una sua validità. Ma Romagnoli estrapola fino a Dio (e te pareva!). Chi è più dotto ed informato di me, mi racconti che caspita c’azzecca la retta con Dio? A meno che … non si faccia l’identità blasfema infinito = Dio. Ma non voglio credere a questo, sarebbe una piccineria dell’autore. Diciamo che è una licenza poetica in accordo con l’Artista di Romagnoli. Inoltre una retta che porta a Dio Romagnoli la deve immaginare orientata verso l’alto (altrimenti Aristotele che figura ci fa?). E se una retta che, orientata verso l’alto, arriva a Dio, l’altro pezzo di retta, quella orientata verso il basso , che non dobbiamo dimenticare, dove va? Dove va? Lo interseca Lucifero?

        Il nostro letterato prosegue così: “senza una geometria logica l’universo è caos, il cielo è vuoto e l’esistenza è priva di senso” e ciò vuol dire che quanto azzardato prima da me ha un suo fondamento, l’universo diventerebbe un caos se la geometria di Euclide non dovesse funzionare! Qui sembra che Romagnoli riporti il pensiero del libanese ma nulla toglie alla profonda sciocchezza dell’affermazione: un universo pendente dalle nostre geometrie per decidere se suicidarsi o sopravvivere. Ma dietro questa frase vi è di più. Può anche darsi che il mondo si riesca a descrivere con la geometria euclidea, fatto sta che fino ad ora sono occorse altre geometrie, la euclidea non arrivava perché non lo poteva con gli strumenti immensi ma pur sempre limitati di cui dispone. Ma la frase citata, come la precedente, inferisce molto di più: afferma una sorta di principio antropico secondo il quale se l’universo diventa un caos è meglio rinunciare all’esistenza (la vicenda del cielo vuoto è altra licenza poetica dell’Artista di Romagnoli). Infatti, aggiunge Romagnoli: “Quando [il libanese] parla delle geometrie non euclidee tutta la faccia gli si scompone per il disgusto di una visione infetta, anarchica e atea“. Tremendo! Come se uno che gioca a scacchi  dovesse tentare il suicidio perché c’è chi gioca a scopone. Eh si, perché le geometrie sono giochi fantastici che vanno avanti con delle precise regole prefissate e se uno preferisce un gioco non può fare l’isterico con altri giochi! Ma Romagnoli prosegue: “L’universo, ritiene [il libanese], ha bisogno di una logica, di un fondamento di pensiero, di un linguaggio eterno che colleghi l’uomo a Dio [ancora?!] e questo tramite è la geometria dimostrata, in cui la somma degli angoli di un triangolo è inferiore a 180° e due rette parallele, per ragioni non solo intuibili ma spiegabili, vanno ognuna per la propria strada. E’ disarmante questa prosa: la scoperta di una retta che se ne va offesa per conto suo raggela l’animo. Offesa per l’eternità, verso Dio. E noi che credevamo di averne abbastanza con Zichichi … porcaccia miseria … mai che si possa stare tranquilli senza dover osservare che la somma degli angoli interni di un triangolo, anche per Euclide, deve essere UGUALE e non “inferiore a 180°” (il Diavolo ci ha messo una zampino ed ha portato l’autore dell’articolo a geometrie iperboliche del tipo sella).

            Ci avviamo a conclusione con grande lirismo: “Se [il libanese] avrà ragione chiede non tanto che il suo nome entri nei sussidiari, ma che ne escano le geometrie eretiche ispiratrici del caos“. ..Infatti, il matematico di Beirut afferma:” Perché quella retta parallela è il cammino verso l’eternità e Dio: se non c’è una ragione a sostenerla, cadiamo nel vuoto“. Ecco appunto andate a zichicare altrove e lasciate in pace gli onesti ricercatori con i piedi per terra e che giorno dopo giorno incontrano solo altre persone, né diavoli né dei.

            Avevo appena concluso così che Repubblica fa un’altra provocazione. A pagina 17 del giornale del 22 agosto vi è uno stralcio di un saggio nientepopodimeno che di Don Luigi Giussani, il comunicato e liberato. Il titolo è fantastico: Gesù Cristo, la fede, la matematica. Una cosa così non si può leggere stando in  piedi e correndo. Allora mi sono preso una birra e sono andato in poltrona per gustarmi il pezzo. E’ il pezzo chiave dell’autobiografia di Giussani. Il futuro curato gironzolava nell’ora libera (sic!) per il seminario in modo svogliato, quando incontra un amico seminarista che gli dice: “Senti, se Cristo è tutto, che cosa c’entra con la matematica?”. Da questa affermazione-domanda iniziarono i turbamenti e l’impegno del futuro curato. Egli si aggirò per tutta la vita dicendosi che si, quella era una domanda chiave. E se la ripeteva la domanda. Se la sognava, la domanda. Non riusciva a togliersela dalla mente, la domanda. La domanda sembra ingenua, ma non lo è. E questa falsa ingenuità non attenua in chi l’ascolti con attenzione [caspita! Si cita la matematica e quindi ci vuole attenzione. Ndr] l’impressione profonda del problema che pone. La vita di Giussani segnata da questa domanda, come tutta la fede dell’uomo. Ed io continuavo a leggere aspettando di conoscere l’assassino. Giussani parla di Verbo, di Gesù-Dio incarnatosi dei Vangeli, …. Ma il furbastro si fa pregare per dirci di più sul pezzo che riguarda i rapporti tra Dio e la matematica. Il lirismo del racconto si fa sempre più coinvolgente. Giussani dice che tra quel che viveva a 16 anni (passato) ed il futuro (sognato) non vede nel futuro (in atto) nessuna differenza. Qui ho sospirato e mi sono detto: “Beata ingenuità!”. Ho visto nella mente il Giussani correre dietro un pallone sollevandosi la tonaca. L’ho visto spensierato ma subito incupito … la matematica. Ed allora … forse … ma si! Era l’incubo del Giussani, erano gli scapaccioni al Giussani che non capiva e non ha mai capito (il riferimento è alla sola matematica). Così si è organizzato con la Compagnia delle Opere che è una specie di multinazionale della contabilità. Potenza della matematica mai capita.

            Ma da quella domanda discendevano altre riflessioni: “Occorre che la Chiesa riviva, occorre che la realtà cristiana sia più consapevole; occorre che la Chiesa per rivivere crei delle comunità; tante comunità, …”. E così nacque Comunione e Liberazione …. Si, ma la matematica? Ancora nulla. “La Chiesa resa presente da gente con cui parlare sul serio di Cristo …”. Forse ci siamo … ”Però a pensare che Dio è diventato uomo come noi … che Dio sia diventato uomo è una cosa dell’altro mondo! … ma che vive in questo mondo!” Si, credo che Giussani costruisca una sorta di metafora che lega tra loro Chiesa e matematica. L’imperscrutabilità dell’una deve essere  analoga alla incomprensibilità dell’altra. Per questo la matematica, con i suoi misteri, è ciò che più si avvicina alla fede. Ma Giussani prosegue affermando che, per questo, il mondo è più bello e sopportabile. Allora ho capito che non avevo capito. Non si parla della matematica in questi termini, soprattutto da parte di chi ha preso sonori scapaccioni. “Chissà, diceva il suo amico, che cosa sarà di questi giovani che passano per gli oratori, chissà che cosa sarà della gente che va in Chiesa, se non afferrano che ciò che riveriscono, ciò che pregano, ciò che pensano, rappresenta il significato di ciò che vivono … Se non pensano a questo, che vita conducono?”. Effettivamente non c’è altro a cui pensare. Ed io che mi arrabatto con le bollette e le scadenze varie, povero idiota. Occorreva capire che il futuro è lì, nella Chiesa. Ma la matematica? A questo punto il saggio è finito e la matematica è restata appesa a quella domanda. Ma è possibile? Si, tanto per citare parole difficile e mai comprese. Il vezzo continua e noi pazientemente a leggere … E’ un esercizio che, secondo il discorso della Montagna ci farà vedere Dio. La cosa è eccitante almeno per un motivo: ma quella retta di Romagnoli Lei l’ha mai vista? Ed ecco che anche il messaggio pieno di intelligenza e di aperture di Giussani diventa chiaro: tutto si spiega e si interseca in Dio.



Categorie:SCIENZA E FEDE

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