Roberto Renzetti
PREMESSA
Con la mente sgombera da eventi contingenti e dopo aver cacciato la minaccia nucleare in Italia, è utile una ulteriore informazione su quanto gli apprendisti stregoni dell’atomo andavano dicendo con una sicumera degna di chi è in estasi per una apparizione di Dio.
Insieme ad altre sciocchezze, che sintetizzerò di seguito, uno dei mantra di coloro che hanno fede era quello dei reattori di terza generazione, cioè quelli sicuri ed a prova di ogni calamità. I reattori francesi che un governo di ignoranti con consiglieri ancora più ignoranti proponeva all’Italia erano i reattori EPR classificati dal costruttore come reattori di terza generazione superiore. L’alternativa a questi erano gli AP 1000, anch’essi di terza generazione superiore ma di fabbricazione statunitense.
Mi propongo in questo articolo di descrivere i due tipi di reattori citati a confronto con quelli attualmente in uso (tipo Three Mile Islands e Fukushima, per intenderci), noti come di seconda generazione.
Ma prima accenniamo alle altre sciocchezze distribuite a man bassa.
PRIMA SCIOCCHEZZA: “Che senso ha preoccuparsi dei pericoli del nucleare se siamo circondati da centrali ?”
A Fukushima, si è arrivati ad una evacuazione della popolazione che si trovava in un raggio di 40 km dalle centrali. Le centrali che ci circondano sono a molto più di 40 Km, ad esempio, da Torino. Con una centrale a Trino cosa accadrebbe in caso di evacuazione ?
SECONDA SCIOCCHEZZA: “Senza nucleare paghiamo molto di più la bolletta elettrica”
Questa affermazione è una vera e propria truffa. Parto dalla mia bolletta ENEL, per quanto è dato leggere. In prima pagina vi sono i consuntivi per 617 € della bolletta del primo trimestre del 2011. Tra le altre cose, che non sono consumi, leggo: “Affitto contatore € 263”. Ciò vuol dire che io pago la bellezza di 263 euro ogni bolletta e quindi oltre 1000 euro l’anno per una cosa che rasenta la follia perché il contatore fa parte del sistema che mi deve dare il consumo e quindi io non posso dire “non lo voglio”. E’ un ricatto, un furto, una crassazione, e costituisce un terzo della bolletta. Se vado oltre a leggere trovo che devo finanziare lo smantellamento delle centrali nucleari che avevamo e la messa in sicurezza di ogni rifiuto nucleare e che tale esborso è cominciato nel 1987 (mediamente ciò è costato agli italiani 8 miliardi di euro l’anno che non hanno dato alcun risultato). Questa voce insieme ad altre, come la seguente, è all’interno dei cosiddetti oneri generali di sistema che gravano per l’8% sulla bolletta. Trovo che devo mantenere lo sviluppo delle energie alternative tra cui i banditi hanno messo anche il carbone (si tratta del famigerato CIP 6). Insomma circa il 50% della bolletta è una truffa che serve ad arricchire senza controlli le lobbies che poi nottetempo finanziano con mazzette i potenti al potere. Sommando questo all’antiquato e rigido sistema di trasmissione, costruito negli anni Sessanta (quindi vecchio tanto da perdere un 6% dell’energia richiesta sulla rete) per servire con grosse centrali i grandi consumatori industriali ed ora non flessibile alle nuove esigenze, ecco sommando questo con il circa 18% di tasse ed IVA abbiamo che in Italia abbiamo al minimo un furto di oltre il 30% sulla bolletta (alla quale l’ente che fornisce energia a casa mia, l’ENEL mercato libero dell’energia, mi aggiunge quei 263 euro a bolletta senza che la magistratura intervenga).
Ho inoltre scelto il sistema biorario e le bollette mi arrivano con letture presunte. Che caspita vuol dire ?
Se scegliessimo il nucleare non pagherei più l’affitto del contatore ? Forse non pagherei più lo sviluppo di energie alternative ma certamente per lo smantellamento delle vecchie centrali continuerei a pagare come inizierebbe il surplus che dovrei aggiungere per le nuove scorie. E dove preleverebbe il governo quell’ 1,3 miliardi di euro l’anno provenienti anche dalle mia bolletta, pesantemente tassata ?
Ma poi, dietro questa affermazione vi è un non detto: il nucleare costa meno di qualunque altra fonte. E non è così ! Gli imbroglioni possono sostenere questa bestialità ma vi è anche l’opportunità che non siano imbroglioni ma solo ignoranti e/o pagati. In breve: a parte il costo della centrale in sé che costa una ventina di volte una centrale tradizionale, vi è poi l’acquisto del combustibile che ha costi paragonabili a quelli di centrali a combustibili fossili. Ma anche se i costi fossero inferiori vi è il problema più grande mai preso in considerazione dalla banda dei nuclearisti: come valutiamo i costi dello smantellamento delle centrali ? Se facciamo un minimo confronto con il povero nucleare da smantellare in Italia c’è da inorridire. La Sogin che doveva fare questa operazione si è mangiata montagne di soldi in convegni in Hotel prestigiosi con pranzi luculliani e non ha smantellato un tubo.
SECONDA SCIOCCHEZZA BIS: “Paghiamo di più l’energia elettrica perché siamo costretti ad importare energia elettrica da nucleare dalla Francia”
Una centrale nucleare è un sistema rigido che non può essere spento o ridotto quando non vi è richiesta di energia. L’alternativa per chi produce energia da nucleare è quella di buttarla (scaldando l’atmosfera) o di venderla a prezzo di mercato (in un mondo in cui domina il mercato si lavora a prezzi di mercato, qualcuno lo spieghi ai nostri avvocati che fanno gli economisti). E l’Italia la compra a prezzi di mercato che sono bassi perché la merce è altrimenti deperibile. Fin qui per quanto compriamo durante la notte, che accade di giorno ? Occorre dire che ogni Paese industrializzato presenta il fenomeno dei picchi di richiesta di potenza elettrica. E’ semplice da capire. Durante il giorno non vi è una richiesta costante di potenza elettrica ma vi sono due momenti (si pensi alle gobbe di un cammello) in cui la richiesta diventa massima (grosso modo metà mattina e metà pomeriggio). In questi momenti serve attivare il numero massimo di centrali elettriche. Un paese come l’Italia dispone ad esempio di centrali turbogas che si accendono rapidamente e rapidamente si spengono. La Francia, è stato valutato, ha il corrispettivo di 12 centrali nucleari in funzione per far fronte ai picchi e proprio per quella rigidità suddetta tali centrali sono sempre accese (Mycle Schneider, The World Nuclear Industry Status Report 2007, in www.greens-efa.org/cms/topics/dokbin/206/206749.pdf). Al di fuori dei picchi quell’energia la compriamo noi, di giorno, a prezzi convenientissimi. Ma la Francia, per risparmiare, si tiene al minimo di centrali accese e quando vi è un’improvvisa richiesta di potenza, compra energia dai Paesi vicini (sic!) pagandola molto cara, ancora a prezzi di mercato, perché è energia di picco. Ed il sistema francese, che comporta anche un utilizzo distorto di energia con consumi elettrici non appropriati (riscaldare case e cucinare) e quindi a bassa efficienza, è da considerarsi disastroso perché sopravvive proprio grazie ai 700 milioni di utenti dei Paesi vicini che gli comprano energia. Quando il candidato Presidente Mc Cain propose all’economia USA di andare sulla strada del nucleare francese gli fu risposto che gli USA non hanno Paesi circostanti a cui vendere per cui quella strada era impraticabile (Mc Cain French Kiss, Financial Post, 13 maggio 2008). Non è quindi dall’acquisto di energia elettrica dalla Francia che deriva l’alto costo della nostra energia; come ho cercato di mostrare, esso deriva da prelievi assurdi in bolletta, dai prezzi di monopolio, dalla completa mancanza di coordinamento tra attività di programmazione, politica dei prezzi e politica fiscale con le assurde tasse che essa comporta in bolletta (il cittadino che voglia saperne di più prenda la sua bolletta elettrica e veda qual è il costo dell’energia, stabilita senza colpo ferire da Enel, e quanto paga complessivamente).
E’ solo il caso di dice che oltre il 50% dell’energia elettrica che importiamo proviene dalla Svizzera e che il 70% di essa proviene da fonte non nucleare. Dalla Francia importiamo il 25% dell’energia elettrica, prevalentemente di notte, mentre esportiamo verso la Francia il 10% dell’energia nelle ore diurne di punta. Complessivamente le importazioni italiane di energia elettrica da fonte nucleare è del 6,8% (dati del 2009, anno nel quale abbiamo importato dalla Francia il 3,3% del nostro fabbisogno energetico).
TERZA SCIOCCHEZZA: “Con il nucleare ci rendiamo indipendenti da aree petrolifere molto instabili che potrebbero mettere in dubbio i rifornimenti”
Ci si rende conto che con il nucleare le dipendenze dall’estero diventano addirittura due ? Noi non disponiamo di uranio e dobbiamo comprarlo. Le zone in cui vi sono queste miniere sono altrettanto non sicure anche perché le miniere sono in gran parte di proprietà delle stesse multinazionali del petrolio. Ma, ottenuta la fornitura, i problemi non sono finiti. Con l’uranio da miniera non ci facciamo nulla, serve la sua lavorazione e, soprattutto, il suo “arricchimento”. Quest’ultimo processo consiste nel rendere utile l’uranio da miniera al suo sfruttamento. L’uranio estratto è infatti un miscuglio di due isotopi dell’uranio, il 238 ed il 235. Il 238 è largamente preponderante mentre il 235 è in una percentuale bassissima. Ma il 238 non è in grado di far funzionare una centrale e serve arricchirlo della percentuale di 235 fino a circa il 3%. L’operazione è tecnologicamente estremamente avanzata, non è universalmente disponibile anche perché è segreto militare (se l’arricchimento va oltre, fino a circa il 7%, l’uranio diventa utilizzabile per esplosioni atomiche). Chi farebbe l’arricchimento ? Sono solo le potenze nucleari che hanno impianti in grado di fornire l’uranio arricchito per una centrale. Dall’Italia si può pensare a rivolgersi alla Francia, alla Gran Bretagna, agli USA (non credo che sarebbe possibile rivolgersi alla Russia per ragioni di appartenenza a blocchi militari come la NATO). Ma sono davvero questi i nostri fornitori possibili ? NO! Perché se le centrali le comprassimo dalla Francia, non credo si avrebbero forniture dagli USA (e viceversa). Insomma, in periodi di crisi internazionali, un materiale strategico come l’uranio non uscirebbe dai Paesi che lo estraggono e, men che meno, non ci sarebbe fornito dai Paesi che lo arricchiscono.


Variazione del costo dell’Uranio in $/lb
QUARTA SCIOCCHEZZA: “Altre forme di produzione di energia, come ad esempio il carbone, producono molti morti, perché prendersela in particolare con il nucleare ?”
Il campione di queste sciocchezze è un tal Franco Battaglia (in compagnia di una Testa riconvertita a suon di euro) che straparla di nucleare senza capirne un tubo. Ma questo è solo un esempio limite, discusso il quale torniamo a cose serie. Il Battaglia sostenne che la prova che la radioattività non è pericolosa l’hanno fornita proprio i giapponesi che hanno ricostruito Hiroshima e Nagasaki dove le atomiche USA le avevano rase al suolo. Il personaggio, tanto ignorante da meritare ogni apprezzamento da Berlusconi che gli ha fatto una prefazione in un suo sbrodolato libro, deve tener conto di cose fondamentali che, appunto, non conosce. La bomba di Hiroshima era costituita da circa 65 Kg di uranio arricchito, quella di Nagasaki di circa 6,5 Kg di plutonio. Per quanto materiali assolutamente temibili e pericolosi, nell’esplosione, si sono diffusi in un territorio enorme in un’epoca (ricordiamolo) in cui ancora non si sapeva nulla degli effetti delle radiazioni nucleari (tanto che gli USA sperimentavano tali effetti sulla loro stessa popolazione in comunità presenti nel deserto del Nevada). Ma confrontiamo le quantità di materiali radioattivi delle bombe con quelle di centrali nucleari. Una centrale nucleare contiene da un minimo di 160 tonnellate ad un massimo di 400 tonnellate di materiale radioattivo (ricordo che 1 ton = 1000 Kg). Non vi è quindi confronto essendo queste quantità spaventosamente più grandi di quelle delle bombe. Ma c’è di più, molto di più. Una centrale che subisse un incidente ha visto il materiale nucleare al suo interno aver funzionato per un dato periodo. In questo periodo l’uranio arricchito è diventato in gran parte una miriadi di isotopi radioattivi e plutonio (molto più dei circa 6,5 Kg di Nagasaki). Gli isotopi radioattivi sono micidiali dal punto di vista della radioattività e, a fianco di isotopi che in breve tempo smettono di essere pericolosi, ve ne sono di quelli la cui pericolosità si mantiene per centinaia di anni. Tra questi vanno ricordati Iodio 131 e Cesio 137. Gli effetti della radioattività comunque, si manifestano dopo una ventina d’anni e nessuno aspetti di vedere cadere uomini come mosche dopo un incidente.
Dico questo per confrontare cinicamente i morti da altri disastri indotti da produzioni di energia con quelli dai disastri nucleari. Ancora cinicamente ricordo il Vajont in cui la costruzione di una diga (senza prospezioni geologiche, serve a qualcosa il ricordarlo ?) provocò il crollo di una montagna (il monte Toc) dentro la diga che, a sua volta, provocò un’onda che oltrepassò lo sbarramento gettandosi sul paesino sottostante: 2000 morti. A questi si possono aggiungere i morti da miniere di carbone, e da dove si ritenga “meglio”. E’ tragico, tremendo, insopportabile ma, dopo l’incidente è tutto finito. Considerando invece un disastro nucleare partiamo da pochi morti sul campo per vederli crescere negli anni e per vedere crescere disastri genetici per secoli. E qui mi fermo ricordando solo che è tipico del sistema del massimo profitto creare problemi oggi per avere il massimo di beneficio e lasciare la soluzione degli eventuali problemi creati (di costo e di perdite di vite) al prossimo, alle generazioni future.
QUINTA SCIOCCHEZZA: “Se restiamo fuori dal nucleare, siamo tagliati fuori da ricerca scientifica e tecnologica”
Questa triste amenità viene sostenuta dai discendenti della destra politica ed economica che, negli anni Sessanta, stroncarono con l’affare Ippolito ogni nostra velleità di costruire un nucleare italiano. Questi stessi personaggi si risvegliarono negli anni Settanta per comprare reattori, chiavi in mano, dagli USA. Oggi, di nuovo, entrano in ballo per comprare reattori dalla Francia. Nel frattempo, almeno dal 1987, che fine ha fatto la ricerca italiana sul nucleare e non solo ? Tanto è vero che, se avessimo comprato i reattori francesi avremmo dovuto importare anche dei tecnici dall’estero perché in Italia non vi sono. Il fatto che non si finanzi la ricerca nucleare è del tutto indipendente dal fatto che si scelga o meno la via dei reattori nucleari. Semmai vi è una ricaduta sul fatto che, qualunque scoperta venga fatta in futuro su quella cosa chiamata sicurezza, saremmo di nuovo e come sempre fuori. E, en passant, dare in gestione una tecnologia che necessita di estrema cura come il nucleare in mani straniere è almeno preoccupante.
SESTA SCIOCCHEZZA: “La sicurezza dei reattori di terza generazione avanzata”
Questa sciocchezza va trattata a parte, dopo aver detto qualcosa su cosa i reattori di terza generazione dovrebbero sostiutire.
Per chiarirsi ulteriormente le idee sull’insieme delle sciocchezze raccontate sul nucleare si può andare a leggere “13 domande sul nucleare per sapere quello che non vi dicono” di Sergio Zabot e Carlo Monguzzi che si può trovare al link http://www.qualenergia.it/sites/default/files/articolo-doc/13-domande-sul-nucleare.pdf .
REATTORI TRADIZIONALI, DI SECONDA GENERAZIONE
Solo un cenno a questi reattori, già abbondantemente trattati altrove, per capire meglio quali sono le novità dei reattori chiamati di terza generazione. Prima però definiamo le generazioni dei reattori come fatto in un sito dell’ENEL e dell’EDF: http://www.sni.enel-edf.com/it-IT/doc/tecnologia_nucleare_it.pdf :
La prima generazione include prototipi e reattori per produrre energia elettrica, progettati e costruiti a cavallo degli anni ’60.
La seconda generazione comprende principalmente reattori ad acqua leggera, utilizzati a partire dagli anni ’70 e ’80 e ancora in esercizio.
La terza generazione sviluppata a partire dagli anni ’90 e basata per la prima volta su progetti standardizzati, con un incremento della sicurezza, risulta dall’ esperienza dei primi grandi impianti della generazione precedente.
La terza generazione avanzata si riferisce a quei reattori avanzati (come l’EPR e l’AP1000) derivanti dall’ottimizzazione, in termini di economia e sicurezza, degli attuali ad acqua leggera, che includono anche una maggiore tenuta rispetto all’eventuale fusione del nocciolo e a pericoli esterni (impatto di aerei).
La quarta generazione comprende sistemi nucleari innovativi, tra i quali anche i reattori veloci associati a un ciclo del combustibile uranio/plutonio chiuso, che probabilmente raggiungeranno la maturità tecnica a partire dal 2030 e saranno disponibili per applicazioni commerciali solo a partire dal 2050.

In una centrale nucleare si sfrutta l’energia che si origina dalla scissione o fissione di determinati nuclei atomici. Per sfruttare una tale energia sono necessarie alcune condizioni:
– occorrono una enormità di nuclei che simultaneamente si fissionino;
– occorre innestare la reazione a catena che deve mantenere la combustione per produrre energia con continuità;
– occorre il controllo del processo: la possibilità di regolarne la potenza nel tempo e nella durata.
La struttura di un reattore nucleare deve quindi prevedere schematicamente:
– un fornello, detto nocciolo, nel quale si sviluppi la reazione a catena;
– un efficientissimo sistema di estrazione del calore (raffreddamento) dal nocciolo;
– una schermatura molto importante per fermare le radiazioni prodotte in modo ineliminabile dal processo di fissione;
– sistemi di regolazione dei processi mediante strumenti (barre) di controllo, al fine dell’uso pratico del reattore.

Figura 1
Nella figura precedente, in basso a destra, sono schematicamente raffigurate le differenti situazioni di un nocciolo: nella prima la barra nera serve per bloccare completamente la reazione; nella seconda la barra nera si alza e la reazione aumenta di potenza; nella terza la barra nera è completamente sollevata ed il reattore funziona alla massima potenza. La figura grande mostra invece lo schema costruttivo di un nocciolo completo di tutti i suoi componenti: le barre rosse sono quelle del combustibile nucleare; le barre nere sono di sicurezza e controllo della potenza del reattore; le barre verdi servono per moderare le reazioni, per assorbire i neutroni eccedenti; nel recipiente vi è dell’acqua che assorbe il calore prodotto; il recipiente è circondato da calcestruzzo che ha un ulteriore contenitore, generalmente di acciaio; lungo il bordo del contenitore (barre gialle) vi è una qualche sostanza che ha la proprietà di riflettere i neutroni prodotti dalle reazioni all’interno del nocciolo, al fine di non disperderli. La figura 2 mostra invece un nocciolo in fase di montaggio in una centrale da 1300 Mw (una taglia di centrale nucleare molto grande e di tipo PWR, come vedremo più oltre).

Figura 2
L’interno del nocciolo, sempre schematicamente ma in forma più dettagliata, è mostrato in figura 3.

Figura 3
Si tratta di centinaia di barre di combustibile (uranio arricchito o plutonio) alternate con barre moderatrici (in genere berillio o grafite) e di controllo (in genere cadmio o boro, che possono scorrere verticalmente comandate dall’esterno per regolare la potenza della centrale).
Ecco, dentro questo nocciolo viene realizzata la reazione nucleare a catena controllata che produce l’energia che ci interessa. Vedremo a breve come è connesso questo nocciolo al resto, ora vorrei dire due parole sulla peculiarità di questo fornello, rispetto agli altri delle centrali termiche. Innanzitutto il problema che si ha davanti riguarda le elevatissime temperature che si originano dalla reazione nucleare. Il sistema deve essere ben controllato per mantenerlo sempre a temperature (intorno ai 400 °C) tali da non danneggiarlo. Lo scorrimento delle barre è fondamentale per il controllo del reattore. Serve quindi un efficientissimo sistema di raffreddamento ed estrazione del calore prodotto. In pratica dell’acqua deve circolare per estrarre il calore prodotto con continuità. La quantità d’acqua è notevole e, a volte, la stessa acqua non ce la fa ad assorbire tutto il calore prodotto; è il caso di alcune centrali nucleari che debbono utilizzare del sodio liquido per la sua maggiore efficienza relativa allo scopo. Ma su questo tornerò tra un istante. Passiamo ora a vedere come questo nocciolo è collegato all’insieme della centrale, a partire dagli elementi fondamentali. Mi riferisco alla figura 4, che rappresenta lo schema di un reattore BWR (ad acqua bollente), ed alle figure 5, che rappresentano lo schema di un reattore PWR (ad acqua in pressione), avvertendo che il sistema che vi è rappresentato può essere relativo a qualunque centrale termica (che utilizza, appunto, un fornello per la produzione di energia elettrica, che nel nostro caso, è un fornello nucleare in luogo di uno che utilizza una combustione chimica).

Figura 4. Reattore BWR. Nel nocciolo (core) di questo reattore la reazione nucleare dell’uranio arricchito scalda l’acqua che vaporizza andando a far girare direttamente le turbine e gli alternatori. Questo schema di BWR è quello delle centrali di Fukushima I Daiichi.

Figura 5. Reattore PWR. Nel nocciolo (core 1) di questo reattore la reazione nucleare dell’uranio arricchito scalda l’acqua che viene mantenuta ad alta pressione e temperatura (senza che vaporizzi), e va, a sua volta, a scaldare l’acqua in un altro contenitore (quello rosa) in cui l’acqua vaporizzando fa girare le turbine e gli alternatori.

Figura 5 BIS. Disegno schematico di un PWR in cui si apprezza meglio il circuito dell’acqua in pressione che va a scaldare, in uno scambiatore, l’acqua che vaporizzando va alle turbine ed agli alternatori. Nel disegno schematico semplificato dentro l’edificio di contenzione a sinistra vi è il nocciolo ed a destra un solo scambiatore di calore o generatore di vapore. Dentro il nocciolo, in rosso, vi sono le barre di combustibile nucleare (uranio arricchito) e, in nero, le barre di controllo (spesso grafite). In color viola vi è l’acqua ad alte temperatura e pressione che circola in un circuito chiuso. Quando quest’acqua arriva al generatore di vapore cede parte del suo calore e torna, aiutata da una pompa, all’interno del nocciolo. Questa funzione è indispensabile oltre che per fornire energia anche per raffreddare il nocciolo che altrimenti diventerebbe fonte di gravissimi problemi. Il generatore di vapore è invece alimentato da acqua circolante in un circuito separato da primo. Osservo che oltre al generatore di vapore, vi è anche un cilindro bianco tra il generatore di destra ed il nocciolo. Tale cilindro è il pressurizzatore che svolge un ruolo fondamentale: serve a mantenere l’acqua del circuito di raffreddamento del reattore (circuito primario) ad una pressione sempre elevata e tale da non mandarla in ebollizione. La pressione del vapore viene regolata scaldando o raffreddando l’acqua del pressurizzatore che, a sua volta, viene utilizzata per regolare la pressione dell’acqua di raffreddamento del reattore. L’acqua che si trova nel generatore di vapore (circuito secondario), scaldata da quella del primario, diventa vapore che è inviato per muovere le turbine che vanno a generare energia elettrica. Nella figura seguente si può apprezzare che per un solo nocciolo vi sono 4 scambiatori di calore.
La figura 6 rappresenta, con maggiori dettagli, come un reattore nucleare (di qualunque tipo) sia collegato con gli altri impianti in una centrale:

Figura 6. Reattore PWR con tutti gli elementi connessi. Il nocciolo è quello disegnato in rosso sotto la cupola. Iniziando dalla sinistra del disegno: il primo edificio riceve le barre di combustibile nucleare da inserire nel nocciolo che è disegnato in rosso al centro della cupola dell’edificio seguente. Nel primo edificio vengono anche provvisoriamente alloggiate in una grande piscina le barre di combustibile già utilizzate. Sotto la cupola vi sono, oltre al nocciolo, i 4 generatori di vapore (scambiatori) colorati in azzurro. Dalla cupola escono dei tubi che portano il vapore nel grande edificio parallelepipedo che segue. Il vapore entra nella turbina ad alta pressione (indicata con il n° 24) e successivamente nelle turbine a bassa pressione ( n° 25). Queste turbine fanno muovere i generatori di corrente che seguono (n° 26). Da qui la corrente passa ai trasformatori (n° 30) per poi andare nell’elettrodotto. Il vapore che esce dalle turbine a bassa pressione va invece ad essere raffreddato nel condensatore (n° 28) da dove poi torna agli scambiatori nella cupola. In accordo con quanto già detto, a parte il dimensionamento dei singoli componenti, con la sostituzione di quel nocciolo con altro generatore di calore si ha a che fare con altro tipo di centrale termica.
La figura 7 mostra lo stesso schema ma per una centrale BWR, quella di Fukushima che fu realizzata dalla statunitense General Electric associata con la giapponese Hitachi.

Figura 7
La figura 8 mostra i dettagli del nocciolo contenuto nel primo edificio a sinistra.

Figura 8
Quali sono i sistemi di sicurezza di questa seconda generazione di centrali nucleari ? Innanzitutto vi è la cupola di cemento armato con la funzione di contenimento delle radiazioni che dovessero sfuggire in caso di incidente. Vi sono poi doppi sistemi di raffreddamento del nocciolo, il secondo dei quali dovrebbe entrare in funzione in caso di mancanza di alimentazione alle pompe del primo. In questo caso sarebbero dei grandissimo motori diesel ad entrare in funzione per provvedere ad alimentare le pompe. Il resto della sicurezza è affidato alla costruzione del tutto che deve essere a regola d’arte con strumentazione di primissima qualità.
REATTORI AVANZATI DI TERZA GENERAZIONE: EPR
Di questi reattori, dei PWR, ne esistono tre tipi con caratteristiche differenti: quelli francesi chiamati EPR (European Pressurised water Reactor or Evolutionary Pressurised water Reactor), quelli statunitensi chiamati AP 1000 e quelli russi chiamati VVER-AE S 92 (Vodo-Vodyanoi Energetichesky Reactor). “Il Reattore Europeo ad acqua in Pressione o EPR doveva essere la dimostrazione di una nuova generazione di reattori nucleari, la cosiddetta Generazione III+, di cui si cominciò a parlare per la prima volta alla fine degli anni ’90. La differenza tra i progetti della “III+” e i precedenti della “III” è che i progetti III+ si dicevano collegati a sistemi passivi piuttosto che a quelli ingegnerizzati“. Con la frase precedente Steve Thomas, della Business School (University of Greenwich, London), introduceva nel novembre 2010 il suo studio L’EPR in crisi tradotto in italiano da D. Coiante e C. Della Volpe ( http://www.aspoitalia.it/attachments/294_EPRincrisi.pdf ). Cercherò ora di mostrare quali erano i fini dell’EPR e quali sono stati i risultati in un momento in cui (estate 2011) non vi è ancora un EPR funzionante nel mondo. Inizio con una figura e le didascalie annesse provenienti dal depliant della società costruttrice, l’AREVA-NP, Nuclear Power (una società franco-tedesca, discendente dalla Framatome-ANP. La società era franco tedesca almeno agli inizi fino a quando la Siemens tedesca non si è ritirata dalla joint venture). Costruirebbe le centrali una società in subappalto dalla francese Areva, che collabora con EDF, specializzata nel settore dell’arricchimento dell’uranio e che passa un lungo periodo di crisi. Il 3 febbraio 2009 ha avuto dal governo, tramite EDF, un finanziamento di 3 miliardi di euro che hanno ridato fiato al gruppo in gravi difficoltà economiche. Il governo francese ha deciso però di non voler partecipare agli aumenti di capitale richiesti da Areva perché la società non ha un futuro chiaro. A ciò si aggiunga che la Siemens (http://www.siemens.com/press/en/pressrelease/?press=/en/pressrelease/2009/corporate_communication/2009-q1/axx20090125.htm) il 23 gennaio 2009 ha espresso l’intenzione di rompere con Areva (ciò costerà ad Areva 2 miliardi di euro di capitale da restituire) per iniziare nel marzo 2009 la collaborazione con la russa RosAtom, Russian State Atomic Energy Corporation, del MinAtom, Ministry for Atomic Energy of the Russian Federation (la rottura definitiva di Siemens con Areva è stata formalizzata nell’aprile 2011, http://www.ft.com/cms/s/0/6ed60084-82bd-11e0-b97c-00144feabdc0.html#axzz1PvD0xAV9). Areva reagisce spingendo per aumentare la collaborazione con l’industria petrolifera Total, confermando quell’intreccio ormai consolidato nel mondo che non distingue più tra multinazionali del petrolio e del nucleare. Tutti i pregi della filiera di reattori EPR, che riporto di seguito, sono quelli annunciati dai costruttori e propagandati dal Ministero francese dell’Economia, delle Finanze e dell’Industria. La loro messa in discussione verrà subito dopo.

Figura 9. La sistemazione degli edifici in un EPR.

Figura 10
L’edificio che contiene il reattore ha una doppia parete di cemento armato ciascuna delle quali dello spessore di 1,30 metri, la più interna (2) in cemento precompresso rivestito di lastre metalliche e la più esterna (1) di ordinario calcestruzzo.

Figura 11. Il contenitore di Olkiluoto in costruzione.
Dentro questo contenitore sono sistemate molte delle funzioni vitali del reattore come i sistemi di raffreddamento, il nocciolo del reattore (3), i generatori di vapore (4), i pressurizzatori (5) e le pompe per raffreddare il reattore (6). Dentro l’edificio di contenzione vi è anche un’area (7) di sicurezza, con disegno speciale, dove far diffondere, raccogliere e quindi raffreddare, mediante circolazione d’acqua sotto il pavimento, i materiali che fuoriuscirebbero in caso di fusione del nocciolo (sistema core catcher o cattura nocciolo: in caso di fusione di esso, sarebbe restato chiuso nell’edificio di contenimento, si veda la figura 11). Vi sono inoltre le piscine dentro cui sistemare le barre esaurite. La turbina, l’alternatore ed i trasformatori sono situati nell’edificio (8) turbine. I generatori diesel sono situati in due edifici separati (9) al fine di avere le maggiori garanzie di loro entrata in funzione in caso di black out elettrico.

Figura 12. Il core catcher, una vasca a tenuta che raccoglierebbe il nocciolo fuso. Anne Lauvergeron, dirigente AREVA, sostiene che questo sistema, unitamente al doppio edificio di contenimento, è troppo costoso (aumenta del 15% il costo di una centrale) e quindi occorre eliminarlo, altrimenti i clienti si orienterebbero, come accaduto, sui reattori coreani che non hanno questo “ingombro”. La polemica è di estremo interesse proprio per capire come la sicurezza diventi secondaria rispetto al mercato.
L’EPR ha 241 elementi di combustibile, ognuno dei quali contiene 265 barre di uranio arricchito o di miscela di uranio e plutonio (MOX). E, tra gli altri, l’EPR offre vantaggi in termini di sostenibilità:
un risparmio di uranio del 17% per MWh prodotto;
una riduzione della produzione di materiali radioattivi a lunga vita (attinidi) pari al 15% per MWh prodotto;
una grande flessibilità nell’uso di combustibili ad ossidi misti di uranio e plutonio (MOX).
Ulteriori vantaggi derivano dal considerare gli aspetti operativi:
Capacità di “load following” tra il 60% ed il 100% della piena potenza
Capacità di restare a potenze intermedie per 2 giorni senza restrizioni e per oltre 2 giorni con restrizioni sul tempo di ritorno a piena potenza
Capacità di operare come riserva calda data la rapida ripresa di potenza fino al 10%/minuto della piena potenza
Dal punto di vista delle scorie radioattive l’EPR ne produce in minore quantità, a parità di energia prodotta, anche ottimizzando la gestione del plutonio. L’aumento del tasso d’irradiazione del combustibile permette una economia di uranio estratto da miniera del 17% e del 25% nel riciclaggio del plutonio. L’aumento del tasso d’irradiazione del combustibile permette anche di ridurre le quantità di combustibile utilizzato di circa il 30% fatto che comporta la riduzione delle scorie di un 35% in massa (con vantaggi nei trasporti e nelle manipolazioni). L’aumento del rendimento energetico di circa il 2% rispetto ai reattori di Seconda generazione riduce ulteriormente, per reattori che utilizzano un combustibile classico all’uranio arricchito, i prodotti di fissione di circa un 6% e gli attinidi di un 15% in massa (queste riduzioni passano a valori oscillanti tra il 20 ed il 33% in caso di reattori che utilizzano plutonio). Gli EPR prevedono l’allungamento della vita della centrale attraverso l’uso di materiali speciali meno attivabili dai neutroni di modo che la loro durata di esercizio passa a 60 anni rispetto alla media dei 40 anni dei reattori di seconda generazione (con i cicli del combustibile che possono arrivare a 24 mesi). Su questo allungamento di vita ci sarebbe molto da discutere ad iniziare dalla corrosione delle tubature dovuta al boro disciolto nell’acqua (per accrescere il potere di moderazione dell’acqua), a proseguire con il bombardamento neutronico di ogni componente la centrale che rende tutto più fragile compreso il vessel, elemento chiave che non può essere sostituito e la cui fragilità diventa esiziale per l’intero reattore (queste ossidazioni da boro prevedono, secondo la World Nuclear Association, la sostituzione dei generatori di vapore ben prima che la centrale abbia compiuto i previsti 60 anni con un costo enorme non calcolato nel costo del nucleare). E’ anche prevista la riduzione delle fermate per ricarica e manutenzione. Anche qui il risultato è una minore produzione di scorie, questa volta, in riferimento al decommissioning che tarderà un 50% del tempo. La potenza di ogni reattore deve però essere maggiore (intorno ai 1600 MW rispetto agli 800 MW delle precedenti) e cresce essendo questi dei reattori “quasi-veloci” con opzione a diventare veloci. Comunque, lo stesso Ministero francese che propaganda tali reattori afferma che su quanto previsto sulla produzione di scorie da parte di essi occorrerà aspettare un modello sperimentale (la construction d’un démonstrateur EPR laisse toutes les possibilités ouvertes pour une gestion globale des déchets de haute activité à vie longue et ne présume pas des choix en la matière).
Più in generale il progetto EPR punta sulla ridondanza dei sistemi di sicurezza. Nella costruzione della centrale ogni separato sistema di sicurezza, in grado di provvedere al 100% dei problemi possibili, è alloggiato in uno dei quattro edifici (indicati con 1 nella figura 13 dove ne sono riportati solo 3) separati dall’edificio del reattore (2). Due di tali edifici hanno la stessa struttura di protezione di cemento armato del reattore. La ridondanza è in queste quattro strutture di sicurezza (edifici di salvaguardia), ognuna indipendente dall’altra ed in grado di compiere la medesima funzione.

Figura 13
In uno dei quattro edifici di sicurezza è sistemata la sala di controllo dove sono centralizzati tutti i comandi di uso molto semplificato, come hanno insegnato le sale di controllo della Seconda generazione (figura 14), e dove è stata presta la massima attenzione all’interfaccia dell’operatore con le macchine.

Figura 14. Sala di controllo. Altamente automatizzata. In essa l’operatore diventa un supervisore intelligente. Nessun intervento dell’operatore richiesto prima di 30 minuti per qualsiasi evento o incidente. Gestione programmata degli allarmi. Facilità di accesso a informazioni sintetiche computerizzate. Questa sala con i suoi sistemi di Strumentazione e Controllo non ha soddisfatto nessun possibile cliente AREVA (UK, Francia, Finlandia e USA).Tali sistemi saranno ora tutti differenti uno dall’altro perché è troppo tardi per apportare alcuni cambiamenti ai progetti francese e finlandese.
Di queste centrali ne sono in costruzione due, una ad Olkiluoto in Finlandia ed una a Flamaville in Francia (per ciò che riguarda la centrale finlandese c’erano affermazioni da parte dell’Areva che il progetto concorrente AP1000 della Westinghouse non avrebbe soddisfatto i requisiti di protezione contro la caduta di un aereo perché l’edificio di contenimento proposto non era sufficientemente robusto. L’AP1000 non era dotato di un sistema “cattura nocciolo (core catcher)” e il capo dello STUK, Jukka Laaksonen, stabilì che su queste basi l’AP1000 non sarebbe stato accettabile in Finlandia). Vediamo ora i problemi che si sono posti seguendo lo studio di Steve Thomas, L’EPR in crisi che fa un elenco dettagliato dei problemi che si sono posti nelle due centrali in costruzione (lo STUK è l’organismo di controllo finlandese sulla sicurezza; la TVO è l’azienda elettrica finlandese; la CEO è l’organismo che dirige l’EDF, l’ente elettrico francese; l’ASN è l’autorità per la sicurezza nucleare francese mentre la DSIN è l’organismo francese di controllo della sicurezza nucleare più tardi cambiato in DGSNR).





Possiamo riassumere questo elenco che spaventerebbe qualunque filonucleare (a parte forse una Testa di Chicco) con una dichiarazione congiunta delle Organizzazioni pubbliche, finlandesi, inglesi e francesi, delle Autorità di Sicurezza Nucleare, la francese (ASN), l’inglese (HSE/ND) e la finlandese (STUK) cooperanti nella costruzione dell’impianto di Olkiluoto in Finlandia: Declaration Commune sur le reactor EPR, 2 Novembre 2009.
In questo documento le tre società esprimono i propri dubbi circa i sistemi di sicurezza, “non sufficientemente indipendenti”.
2. Nelle loro rispettive recensioni, le autorità di sicurezza hanno ciascuna sollevato questioni tecniche relative al sistema di controllo dell’EPR […]
5. L’indipendenza di tali sistemi è importante. Infatti, se un sistema di sicurezza entra in funzione in caso di guasto di un sistema di controllo, l’altro sistema non deve operare simultaneamente. Il progetto EPR, come originariamente proposto dai progettisti e dal produttore AREVA, non è coerente con il principio di indipendenza nella misura in cui ci sono molte complesse correlazioni tra i sistemi di controllo e sicurezza (Declaration Commune, cit.).
I problemi non finiscono qui.
Il link seguente analizza la relazione della società elettrica francese ( http://yespolitical.files.wordpress.com/2011/03/sdn_1_epr_une-technologie_explosive.pdf ) ed in essa la tecnologia alla base dell’EPR viene definita: una tecnologia esplosiva. In tale documento, tra l’altro, si legge:
1. L’Électricité de France, nel “Rapporto preliminare di sicurezza” relativo al costruendo reattore di Flamanville 3, ha rilevato gravi rischi in merito a repentine escursioni di potenza con il rischio di crisi di ebollizione, esplosioni di vapore (in grado di danneggiare seriamente il reattore e le barriere di contenimento) ed altresì il rischio di espulsione violenta delle barre di controllo;
2. Considerato che le barre di controllo hanno la funzione di regolare la potenza del reattore e/o spegnerlo in caso di necessità, la gravità del problema è palese. Poiché si ravvisavano “superamenti significativi dei criteri [di sicurezza]“, sono stati proposti da Areva degli interventi correttivi alle barre di controllo per mitigare (ma non rimuovere) il rischio di questa tipologia di incidente, ma tuttavia persistono margini molto ristretti per l’esercizio in sicurezza dell’impianto in quanto la problematica è intrinseca al design del reattore EPR … ed alla modalità di esercizio prevista.
Altro aspetto negativo di questi reattori (che richiama la tecnologia dei reattori veloci francesi) è il carburante. Al posto delle consuete barre di uranio, negli EPR si impiegheranno “l’ossido di uranio arricchito in percentuali variabili fra il 4 e il 6% oppure miscele di ossidi di uranio e plutonio, il cosiddetto combustibile MOX (Mixed oxide fuel)”. E’ il medesimo combustibile impiegato nel reattore 3 di Fukushima. Un materiale di riciclaggio, poiché combina il plutonio delle bombe nucleari dismesse, o residuo delle altre centrali nucleari, con l’uranio impoverito (DU, Depleted Uranium) ottenuto come materiale di scarto nei processi di arricchimento dell’uranio 238. Il MOX costa circa 3 volte il combustibile tradizionale (uranio arricchito) e crea molti problemi di instabilità al reattore perché utilizza un minor numero di neutroni lenti fattore che aumenta all’aumentare della temperatura dell’acqua di raffreddamento (e di moderazione). Tra l’altro vi è da tempo la malaugurata idea di utilizzare il MOX in reattori progettati per uranio arricchito e questo è un uso improprio che può originare molti guasti (basta osservare che a parità di potenza se si utilizza plutonio occorrono un maggior numero di assorbitori di neutroni).

Nel testo è riportata la dichiarazione comune sui reattori EPR.
Se tutto ciò non bastasse ad ammazzare nella culla questi reattori sicuri, vi sono altre vicende che dovrebbero richiedere molta attenzione. L’Autorità di Sicurezza Nucleare finlandese ha rilevato 2100 situazioni di non conformità nella costruzione della centrale EPR di Olkiluoto. La ditta tedesca che aveva in appalto la struttura del reattore ha subappaltato a una ditta polacca che fa chiglie per pescherecci e il risultato è stato che le saldature non sono risultate a norma. Gli indiani che dovevano occuparsi della base in cemento non hanno considerato che in Finlandia piove spesso e hanno dovuto rifare tutto. Inoltre era stato deciso a priori di rafforzare la cupola standard prevista contro eventuali attacchi terroristici. La società finlandese Posiva che dovrebbe smaltirle avverte (Posiva’s expansion of the repository for spent nuclear fuel, environmental impact assessment report, 2008) che le scorie che si produrranno, pur essendo in minor quantità sono molto più pericolose e ciò in accordo con un precedente studio finanziato dalla UE (Technical Report 04-08, Nagra, 2004). Il meno 20% di scorie di cui dicevo si ha poiché il combustibile nucleare rimane molto più a lungo nel reattore con maggiore utilizzo (burn-up) e quindi una radio-tossicità molto più elevata. Ed è la stessa EDF a sostenere che l’emissione di isotopi radioattivi di bromo, rubidio, iodio e cesio sarebbe quattro volte maggiore rispetto alla fuoriuscita che si verificherebbe in un reattore tradizionale. Un altro studio della Posiva sostiene che l’emissione dell’isotopo iodio 129 sarebbe addirittura sette volte maggiore. Un terzo dossier, redatto dalla Swiss National Co-operative for the Disposal of Radioactive Waste conclude invece che la fuoriuscita di cesio 135 e cesio 137 sarebbe maggiore di 11 volte). Queste notizie provengono da Geoffrey Lean, del quotidiano britannico The Indipendent dell’ 8 febbraio 2009, che sarebbe venuto in possesso di documenti secretati (http://www.independent.co.uk/environment/green-living/new-nuclear-plants-will-produce-far-more-radiation-1604051.html).
Ancora sul cruciale problema della sicurezza, scrive Thomas: “Come già detto prima, c’è stata una certa confusione circa il livello di valutazione della sicurezza degli EPR condotto dalle autorità di controllo finlandesi e francesi quando è stata avviata la costruzione, rispettivamente, ad Olkiluoto e a Flamanville. E’ ora chiaro che nessuno dei due ha condotto una analisi completa.
Nell’agosto 2007, l’autorità di sicurezza inglese, l’HSE ha iniziato la sua revisione generale di progetto (Generic Design Assessment, GDA) per gli EPR (e per altri tre progetti). Le previsioni sono che l’analisi termini nel giugno 2011. Ci sono tre possibili conclusioni a questo processo [Health and Safety Executive (2010) ‘ New nuclear power stations Generic Design Assessment: Guidance on the management of GDA outcomes’ HSE, London http://www.hse.gov.uk/newreactors/reports/management-gda-outcomes.pdf ]:
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(1) se l’ente verificatore è del tutto soddisfatto, emette un documento di conferma dell’accettazione del progetto (HSE Design Acceptance Confirmation, DAC);
(2) se è ampiamente soddisfatto emette un documento di conferma d’accettazione temporanea del progetto (HSE Interim Design Acceptance Confirmation, DAC) oppure un decreto di accettabilità temporanea del progetto (Environment Agency Interim Statement of Design Acceptability) ed identifica i problemi GDA non risolti;
(3) se l’ente verificatore non è affatto soddisfatto non emette alcun Design Acceptance Confirmation (DAC) o Statement of Design Acceptability.
Nell’agosto 2010, HSE ha riconosciuto che la prima e la terza possibilità non sono plausibili [Inside NRC ‘Areva and Westinghouse unlikely to get ‘clean’ UK design reviews’ Sept 14, 2009].
Nel secondo caso, il proponente dovrebbe sottoporre un Piano di Risoluzione. Comunque, una volta che un DAC temporaneo sia stato concesso, le questioni non previste dal Piano di Risoluzione non sarebbero considerate.
L’HSE ha riconosciuto che sarà probabilmente il primo ente regolatore a completare una verifica generale dell’EPR e questo lo lascerebbe in una spiacevole posizione se le sue richieste fossero viste come meno stringenti di quelle di altri enti di controllo. L’HSE ha dichiarato nel luglio 2010 [http://www.hse.gov.uk/newreactors/reports/gda-q1-10.pdf: ].
:
“Noi abbiamo sperato in origine che le verifiche di sicurezza dell’AP1000 e dell’EPR da parte delle rispettive autorità ‘nazionali’ fossero complete prima che noi avessimo completato la fase 4 del GDA nel giugno 2011 così da poter pienamente utilizzare le loro conclusioni durante la nostra valutazione interna. Comunque, noi ora sappiamo che c’è una significativa attività di verifica della sicurezza in corso da parte delle autorità nazionali, sia di AP1000 che di EPR. Questo corrisponde ad un significativo impegno normativo per noi, le implicazioni del quale sono oggi in corso di verifica, insieme con i modi per assicurare una possibile cooperazioni internazionale ed una armonizzazione dei risultati delle valutazioni.”
L’HSE sostiene che completerà la GDA nel giugno 2011, ma le approvazioni “temporanee”, che non saranno sufficienti per consentire la costruzione dei reattori in UK, sembrano al momento essere “più probabili” dell’approvazione finale per entrambi i progetti alla scadenza del giugno 2011 [Nucleonics Week ‘UK reviews of AP1000 and EPR might not be fully closed by 2011’ June 24, 2010, p 1].
Areva ha sottoposto all’NRC una pratica standard di certificazione del progetto (Standard Design Certification Application) nel dicembre 2007 più di tre anni dopo che Areva NP [leggi Nuclear Power, ndr] aveva iniziato il confronto con NRC. All’epoca, Areva si aspettava che NRC completasse la sua verifica tecnica in due anni e finisse la stesura delle regole di certificazione del progetto l’anno seguente, il 2010 [Nucleonics Week ‘Areva files application with NRC for certification of US-EPR design’ Dec 13, 2007, p 5].
Questa ipotesi è risultata superottimistica e nel marzo 2010, dopo un certo numero di ritardi, l’NRC ha stabilito che la certificazione finale non sarebbe avvenuta prima del giugno 2012 [Inside NRC ‘NRC extends US EPR design review by six months; COL delays not expected’ Mar 1, 2010, p 5]”
Se si legge l’intero lavoro di Steve Thomas balza agli occhi con evidenza lo scontro che AREVA aveva con gli enti nucleari francesi, inglesi e statunitensi (oltreché francesi). L’argomento del contendere era proprio il fatto che il progetto non soddisfaceva le norme standard di quegli enti. Se si confronta la superficialità del governo Berlusconi ad accettare gli EPR a completa scatola chiusa (anche perché non si capisce bene chi avrebbe dovuto fare critiche agli EPR e con quali competenze. Veronesi ? la Carlucci ? o quel Ricotti del Politecnico di Milano che è un banditore di ogni cosa abbia come aggettivo “nucleare” ?), senza alcun indugio con il magnificare il prodotto, ci si rende conto molto bene in che mani siamo e come, se il nucleare è una calamità per tutto il mondo, in Italia sarebbe un vero e proprio Armageddon.
Il governo francese si è reso conto che il progetto EPR, dopo le esperienze disastrose di Olkiluoto e Flamaville, stava naufragando in credibilità e nell’ottobre 2009 affidò ad un ex alto dirigente EDF, Roussely, uno studio sullo stato del nucleare francese (si noti che mentre in Francia accadeva questo era solo il governo Berlusconi a non sapere quali difficoltà incontrava l’EPR nel mondo, tanto è vero che tre mesi dopo annunciava l’acquisto delle centrali francesi dal venditore Sarkozy). Nella sua ingenuità il rapporto Roussely è implacabile perché praticamente distrugge ogni caposaldo che era servito alla propaganda di quel reattore. Si dice infatti: “La complessità dell’EPR deriva dalle scelte di progetto, in particolare dal livello di potenza, dal sistema di contenimento, dal sistema di cattura del nocciolo e dalla ridondanza dei sistemi. E’ certamente uno svantaggio per la sua costruzione e per i suoi costi. Questi elementi possono spiegare in parte le difficoltà riscontrate in Finlandia e a Flamanville”. Segue allora una raccomandazione: ” “L’EPR dovrebbe quindi essere ulteriormente ottimizzato basandosi sull’esperienza acquisita dai reattori in costruzione e dalle passate realizzazioni. Questa ottimizzazione dovrebbe essere realizzata da EDF e da Areva, di concerto con ASN [l’ente per la sicurezza nucleare francese, ndr], con lo scopo di rendere il progetto sicuro”. Quest’ultima raccomandazione rende l’EPR da riprogettare, infatti dati i tempi di precedenti piccoli cambiamenti di progetto (da oltre due anni si sta riprogettando la sala di controllo sicurezza ed ancora non si ha notizia di qualche avanzamento) ciò che richiede il rapporto Roussely rinvia l’EPR ad oltre una decina di anni. Ma molti attenti studiosi dicono che EPR è mantenuto per una scelta politica legata alla grandeur della Francia. Il fatto è diventato politico perché la Francia ha tentato di diventare il leader mondiale del nucleare investendo una montagna di soldi che ora, di fronte ai fallimenti EPR, devono considerarsi perduti.
REATTORI AVANZATI DI TERZA GENERAZIONE: AP 1000
Il reattore AP 1000 (Advanced Pressurized 1000) della statunitense Westinghouse (in società con la giapponese Toshiba) è un impianto di terza generazione avanzata come l’EPR ma con criteri di sicurezza differenti detti passivi. Non ne esiste ancora alcuno in funzionamento mentre quattro sono in fase di costruzione in Cina. I 4 impianti saranno costruiti nei siti di Sanmen (Zhejiang) e Haiyang (Shandong). Il primo impianto, la cui costruzione è iniziata nel 2008, entrerà in operazione nel 2013. Gli altri tre impianti sono previsti diventare operativi nel 2014 e 2015. La Cina ha comprato questi reattori (partiti da 1000 $/Kwh sono già arrivati a 3500 $/Kwh mentre altre stime li danno ad oltre 6000 $/Kwh) anche se negli USA il reattore è ancora in attesa di essere autorizzato dalla NRC (Nuclear Regulatory Commission l’ente americano che controlla ogni attività nucleare e la sua commercializzazione ai fini della sicurezza e dell’ambiente. E’ l’ente preposto al rilascio delle licenze di esercizio per nuovi reattori). L’AP1000 ottenne la generica approvazione dall’organismo di controllo statunitense nel 2006; poi nel 2008, il fornitore, Toshiba/Westinghouse, ha introdotto nel progetto finale un tal numero di revisioni che l’organismo di controllo USA si aspetta di poterlo approvare non prima del 2012. Se noi assumiamo che questo processo di razionalizzazione possa essere fatto in due anni partendo dal 2011 e che l’organismo di controllo ci possa mettere ulteriori quattro anni per approvare il progetto, ciò significherebbe che il progetto definitivo non sarebbe pronto prima di circa il 2017/18 è lo stesso problema discusso per l’EPR). Un sistema di sicurezza passivo è quello che prevede l’intervento automatico di misure atte ad evitare la catastrofe. Il reattore è un PWR che viene raffreddato come un ordinario PWR e che ha un sistema di raffreddamento ausiliario che entra in funzione, mediante batterie quando le pompe del primario sono in avaria per mancanza di alimentazione elettrica. Fin qui niente di nuovo. A questo punto però, se anche questo sistema di emergenza dovesse essere danneggiato, subentra il sistema passivo di raffreddamento del nocciolo mediante acqua contenuta in quattro grandi serbatoi che cade sul nocciolo per gravità raffreddandolo (a ciò si deve aggiungere la naturale circolazione dell’aria, la convezione, la condensazione, e l’espansione di gas in pressione. Tali sistemi non impiegano componenti attivi che richiedono sorgenti di energia quali pompe, ventilatori e valvole e sono in grado di funzionare senza l’ausilio di sistemi di supporto, quali l’alimentazione elettrica, i circuiti di raffreddamento dei componenti, i sistemi di riscaldamento, ventilazione e condizionamento aria. Il numero e la complessità delle azioni dell’operatore necessarie a controllare i sistemi di sicurezza sono ridotte al minimo). Tre di questi serbatoi sono all’interno dell’edificio principale di contenimento, il quarto, il più grande, è posto al di sopra della cupola come si può osservare in tutte le figure seguenti (la figura 22 mostra anche due dei tre serbatoi all’interno dell’edificio di contenimento mentre la figura 20 mostra tutti i circuiti del raffreddamento passivo mediante acqua in caduta). Il depliant della Westinghouse si fa vanto che l’AP 1000 non necessita pompe, ventilatori, diesels, congelatori o altre macchine (No pumps, fans, diesels, chillers, or other active machinery are used. A few simple valves align andautomatically actuate the passive safety systems).

Figura 15

Figura 16

Figura 17

Figura 18
Descrivo in breve il funzionamento di questi sistemi passivi. Dentro il nocciolo, durante il normale funzionamento, vi è acqua in pressione. Quando vi fosse un qualunque problema nell’alimentazione delle pompe questa pressione scenderebbe ad un livello più basso della pressione dei serbatoi dell’acqua di raffreddamento. Quest’acqua inizia allora ad entrare nel nocciolo per raffreddarlo solo sfruttando la differenza di pressione. Se questo raffreddamento non fosse sufficiente, entrerebbe in azione l’enorme serbatoio che si trova sulla cupola dell’edificio di contenimento e che contiene circa tre milioni di litri d’acqua. Il grande serbatoio serve a versare acqua sulla superficie esterna della cupola per raffreddarla (figure 16, 17 e 18), raffreddamento che si va a sommare ad un sistema di ventilazione progettato per raffreddare il contenitore del nocciolo. L’operazione serve per far condensare sulla superficie interna della cupola il vapore che fuoriuscirebbe dal nocciolo. Questo vapore condensato ricade poi come pioggia sul nocciolo in fase di fusione. La quantità d’acqua presente dovrebbe bastare per raffreddare il reattore per circa tre giorni e può essere riempito di nuovo dall’esterno mediante idranti.

Figura 19. Leggo dal depliant di propaganda della Westinghouse. Sistema che entra in azione in caso di emergenza per fusione del nocciolo. Il sistema di raffreddamento passivo del nocciolo (PXS) protegge l’impianto mediante il sistema di raffreddamento del reattore (RCS) contro fusioni e rotture di varie dimensioni dovunque localizzate. Il PXS fornisce sicurezza rimuovendo il calore residuo dal nocciolo, mediante valvole di sicurezza e depressurizzazione.

Figura 20. Raffreddamento passivo dell’edificio di contenimento (PCS).
Altro pregio dell’AP 1000 è il disegno complessivo dei macchinari che prevede, oltre all’assenza della ridondanza tipica degli EPR, una struttura più semplificata di ogni componente che dovrebbe servire a diminuire le parti critiche del reattore. L’AP 1000 discende dall’AP 600 ed è un impianto di taglia maggiore, progettato per ridurre il costo del kW/h istallato grazie all’economia di scala. La figura seguente serve a mostrare la diminuzione di vari componenti, spesso soggetti a criticità, in questo reattore: 85% in meno di cavi, 45% in meno del volume degli edifici antisismici, 80% in meno di tubature, 35% in meno di pompe di sicurezza, 50% in meno di valvole.

Figura 21.
L’Ansaldo Nucleare italiana propaganda così l’AP 1000:
– Semplificazione nel Design mediante il numero ridotto di componenti e quantità di materiale necessaria
– Semplificazione nei Sistemi di Sicurezza grazie all’adozione della tecnologia passiva
– Semplificazione nella Costruzione attraverso la modularizzazione
– Semplificazione nell’ Approvvigionamento tramite la standardizzazione dei componenti e del progetto d’impianto
– Semplificazione nell’ Operazione and Manutenzione grazie all’adozione di sistemi e componenti “provati”, riduzione del numero di componenti attivi safety-related, miglioramento interfaccia uomo-macchina.
Mainardi ed Orlandi, sempre dell’Ansaldo, ( http://www.arpa.emr.it/documenti/arparivista/pdf2009n5/mainardi2ar5_09.pdf ) aggiungono che grazie alla modularizzazione è possibile completare in parallelo attività di costruzione tradizionalmente eseguite in sequenza. I moduli, costruiti in stabilimenti fuori sito, possono essere assemblati in sito riducendo il tempo di costruzione dell’impianto e la quantità di lavoro specialistico svolto sul sito, molto più costosa di quella svolta nelle fabbriche. Inoltre le saldature e le altre lavorazioni eseguite in fabbrica garantiscono una migliore qualità del lavoro, una maggiore flessibilità nella pianificazione e riducono la quantità di macchinari speciali sul sito. Le caratteristiche di progetto avanzate dell’AP1000 garantiscono costi di produzione anche minori rispetto agli impianti in esercizio, richiedendo meno addetti per esercizio e manutenzione per le seguenti ragioni:
– minor numero di apparecchiature rilevanti per la sicurezza su cui è necessario fare manutenzione e test di funzionamento periodici
– componenti passivi che non richiedono manutenzione
– caratteristiche che garantiscono una veloce rimozione della testa del vessel per il ricambio del combustibile
– minor quantità di rifiuti prodotti durante l’esercizio
– minore possibilità di esposizione alle radiazioni
– sala controllo caratterizzata dalla più moderna interfaccia uomo-macchina che richiede un solo operatore e un supervisore durante le normali operazioni.
La standardizzazione dei componenti permette la riduzione delle scorte dei ricambi in magazzino, riduce i tempi di manutenzione e semplifica la formazione del personale, migliorando la qualità degli interventi di manutenzione. Secondo uno studio indipendente svolto dall’Institute of Nuclear Power Operators (INPO), un impianto passivo come AP1000 richiede circa un terzo in meno del personale per esercizio e manutenzione rispetto a un impianto nucleare a sicurezza attiva.

Figura 22. Costruzione modulare della centrale
Il nocciolo del reattore è composto da 157 elementi di combustibile ed è progettato per operare con una bassa concentrazione di boro nel refrigerante. È previsto un coefficiente di utilizzazione del 93% con un ciclo del combustibile di 18 mesi. Nell’ambito degli studi per il mercato europeo è stata dimostrata la possibilità di operare anche con un ciclo di 24 mesi e con un nocciolo caricato con un combustibile costituito, fino al 50%, da ossidi misti (MOX). Il controllo della reattività è demandato a 53 barre di controllo ad alto assorbimento (Black Rods) insieme ad altre a basso assorbimento (Gray Rods) per consentire l’adeguamento della potenza alle variazioni giornaliere di carico richieste dalla rete, senza dover apportare variazioni alla concentrazione del boro disciolto nel refrigerante. L’impiego di barre grigie, abbinato a una strategia di controllo del carico automatizzato, assicura semplificazioni d’impianto grazie all’eliminazione delle apparecchiature di trattamento del boro e garantisce una minore produzione di effluenti liquidi radioattivi.
Inoltre l’AP 1000 è progettato per contenere il nocciolo fuso all’interno del vessel, evitando che il materiale fuso venga disperso all’interno del contenimento.
In definitiva questi reattori che sfruttano sistemi di sicurezza passivi, basano il loro progetto su una sostanziale semplificazione riducendo il numero dei componenti. La parte centrale è la sicurezza affidata a sistemi fisici naturali che fanno a meno di gran parte dei sistemi di sicurezza utilizzati in reattori tipo EPR. Questi ultimi, impianti di tipo evolutivo, puntano su una economia di scala e quindi su reattori di grande potenza e sulla ridondanza dei sistemi di sicurezza.
Passiamo ora a vedere quali sono i problemi che presentano gli AP 1000.
Adam Piore su Le Scienze n° 514 di giugno 2011 fa una minima rassegna delle difficoltà che tali reattori incontrano. Le riprendo per approfondirle dove è necessario.
Ogni informazione su questi reattori proviene da previsioni fatte dagli ingegneri progettisti che hanno dovuto far fronte a svariati problemi, a volte in conflitto tra loro come, ad esempio, mettere d’accordo la sicurezza con la riduzione dei costi che è vitale per poter vendere un nucleare estremamente costoso. Si può aggiungere che negli USA, dopo l’11 settembre del 2001, viene richiesta come prerogativa irrinunciabile un edificio di contenimento del nocciolo che possa resistere all’urto di un aereo di grandi dimensioni. E’ difficile poi fare previsioni su eventi che non si conoscono e sono imprevedibili per tutti, non vale nessuna simulazione al computer che risponde solo ad una programmazione che assegna il massimo di un evento ma di evento noto. E’ interessante che l’uomo abbia responsabilità ridotte nella conduzione della centrale poiché vari incidenti sono dovuti ad operazioni sbagliate ma, abbiamo una qualche garanzia ad avere questa fiducia cieca ad una tecnologia che può fallire per un fusibile, per un cacciavite che cade e va ad incastrarsi dove non deve ? Insomma abbiamo la prova che l’uomo può creare disastri operando male ma non abbiamo la controprova sull’efficacia dell’assenza dell’uomo in gestioni di apparati imponenti come i reattori nucleari.
Più in dettaglio davvero dovremmo capire se le protezioni assicurate sulla tenuta dell’impianto rispetto al suo raffreddamento per gravità ed alla sua capacità di impedire la diffusione di radioattività nell’ambiente esterno siano efficaci. Mentre i progettisti assicurano un grado di sicurezza 10 volte superiore ai reattori funzionanti negli USA, vi sono scienziati, come Hussein S. Khalil dell’Argonne National Laboratory http://www.ne.anl.gov/About/khalil_bio.html ), che sostengono essere questi reattori sicuri quanto quelli in funzione. Ed in questa frase vi è il sottinteso che il progetto sia servito solo a rendere più economico il reattore sul mercato dell’energia. E la cosa è talmente chiara che il Washington Post del 5 settembre 2007 titolava: Il finanziamento più che la sicurezza, sembra il fattore chiave che determinerà se i progetti procederranno
Altri scienziati, come Edwin Lyman dell’Union of Concerned Scientists, facendo seguito ad una posizione dell’intera organizzazione, (http://www.ucsusa.org/nuclear_power/nuclear_power_risk/safety/nrc-and-nuclear-power-2010.html ), appunta le sue critiche proprio sul fatto che l’intero progetto risente della preoccupazione di fondo, quella di ridurre i conto, in caso di incidente, della pressione di vapore e del fenomeno di produzione di idrogeno potenzialmente esplosivo, come Fukushima ha tragicamente evidenziato. Lyman si fa due conti e si accorge che il rapporto tra il volume di contenimento e la potenza termica è rimasto lo stesso che era stato calcolato per l’AP 600. Quel rapporto salta completamente passando ad una potenza del reattore di 1100 Mw con un volume di contenimento maggiore. Mentre prima tale rapporto era di 25 m3/Mw ora è sceso a 17 m3/Mw. E perché non si è fatto fronte al cambiamento dei vari parametri che comporta il cambiamento di potenza ? Per problemi di costo ! Una cosa del genere, intendiamoci, è comprensibile per dei progettisti che lavorano al fine di rendere soddisfatti coloro che devono o dovrebbero comprare. Ma è una vera e propria truffa nei riguardi dei cittadini che devono continuare a fidarsi di probabilità che questi apprendisti stregoni costruiscono senza dati di riferimento. Quando dicono ad esempio che questo reattore aumenta almeno di 10 volte la sicurezza perché si passa da una probabilità di 1 incidente su 106 anni di funzionamento ad 1 incidente su 107 anni di funzionamento, si resta sbalorditi. E’ il trattare scienza e la probabilità come prostitute o gigolò al servizio del profitto. Su quali dati vengono sparati simili numeri ? E quell’ 1 incidente su 106 anni di funzionamento per i reattori di Seconda generazione, da dove viene fuori se, in 60 anni di vita del nucleare civile, già si sono avuti 3 incidenti catastrofici ? Scienziati (meglio dire: ingegneri) da talk show ? O semplicemente servi del padrone a tariffa ? Ed i nostri fisici che dicono sì al nucleare (ve ne è qualcuno importante) perché non entrano in queste diatribe ? Le ritengono da pollaio ? O il neopositivismo è il loro riferimento metafisico ? (naturalmente non mi occupo delle teste di Chicco che non sanno neppure se sono vive e quindi fuori da ogni processo di pensiero razionale).
Gli ingegneri della Westinghouse (e non solo) ribattono sostenendo che l’introduzione dei sistemi passivi farebbero fronte a questa riduzione del rapporto suddetto. Ma Lyman non nega questo, dice solo che le previsioni di tali ingegneri non hanno tenuto conto di valori di pressione molto più alti, come quelli che si presentano in caso di incidente grave.
Altre critiche, forse le più importanti, arrivano all’AP 1000 da John Ma, ingegnere della NRC, la Commissione statunitense preposta al rilascio delle licenze di esercizio. La richiesta della NRC, fatta nel 2009, di rendere l’edificio di contenimento resistente all’impatto di un aereo non sarebbe stata realizzata. Il rivestimento metallico di tale edificio fatto dalla Westinghouse per venire incontro a tale richiesta sarebbe, secondo Ma, del tutto inadeguato non solo a sostenere l’impatto di un aereo ma addirittura di un grande oggetto scagliato, ad esempio, a causa di un forte tornado. E dire che Ma è un ingegnere che ha sempre votato a favore di ogni licenza gli sia stata proposta nel suo lungo passato alla NRC.
Da ultimo vi è la tanto sbandierata proprietà di tali reattori di produrre meno scorie. Serve solo ricordare al lettore disattento che le scorie non sono le macerie di un crollo, ogni camion che porta via le macerie è equivalente al successivo. Vi sono scorie e scorie e nessun nuclearista ci ha mai spiegato di che tipo sono le scorie da un centrale di Terza generazione avanzata. Secondo uno studio del Department of Energy (DOE) degli Stati Uniti ( http://nepa.energy.gov/documents/EIS-0396_Chapter_1.pdf ) utilizzando il MOX si ha una diminuzione del 26% dei rifiuti ad alta attività (in caso di ritrattamento, che generalmente non si fa) ma si ha un aumento dei rifiuti totali (con alcuni rifiuti ad attività più alta di quelli precedentemente citati) pari a 6 volte quelli di una centrale di Seconda generazione. E’ ancora Lyman a sostenere che, poiché i prodotti di fissione del Plutonio sono di gran lunga più pericolosi di quelli dell’Uranio, in caso di incidente in un reattore caricato a MOX i rilasci radioattivi sarebbero molto più pericolosi dei pur pericolosissimi rilasci di una centrale funzionante ad uranio arricchito (l’aumento dei tumori salirebbe con la percentuale di MOX utilizzata nella carica, e con la percentuale di attinidi nel MOX medesimo, da un minimo dell’11% ad un massimo del 131%)-
Quanto qui detto si può approfondire nei siti specialistici: http://web.mit.edu/nuclearpower/ ; http://www.nei.org/ ; http://www.nrc.gov/ ; http://www.world-nuclear.org/ ; www.energy.gov/ .
REATTORI AVANZATI DI QUARTA GENERAZIONE: IL SOLE DELL’AVVENIRE
Si tratta di reattori perfetti che finalmente risolverebbero ogni problema. Peccato che non esistano anche se sono l’argomento dialettico spesso utilizzato per poter parlare di un nucleare sicuro che, appunto, non esiste (qualche neopositivista azzarda una sua entrata in attività commerciale con un primo prototipo nel 2050). Il programma di tali reattori risale al 2000 e così recita:
Programma “Generation IV” – Obiettivi
1.1. SOSTENIBILITA’: soddisfare requisiti ambientali, efficace sfruttamento combustibile, minimizzare rifiuti e ridurre tempi per rifiuti a lunga vita rifiuti a lunga vita
2.2. ECONOMICITA’: costi life-cycle e rischi finanziari competitivi con altre fonti energetiche
3.3. SICUREZZA E AFFIDABILITA’: eccellere in sicurezza e affidabilità, bassissima probabilità di danneggiamento combustibile, eliminare necessità piani evacuazione
4.4. NON PROLIFERAZIONE E PROTEZIONE: scarsa attrattività per diversione di materiale strategico, elevata protezione da attacchi terroristici.

Figura 23. Progetti di reattori di Quarta generazione disegnati e … basta.
Uno dei massimi esperti italiani, Stefano Monti dell’ENEA, sulla Quarta generazione, nonostante la sua passione per il nucleare, in una intervista afferma ( http://titano.sede.enea.it//Stampa/skin2col.php?page=eneaperdettagliofigli&id=126 ):
3) A che punto è la ricerca sul nucleare di IV Generazione?
La IV Generazione di reattori è ancora in fase di ideazione (notare la finezza ! ndr). Nel 2000 è stato istituito il Generation IV International Forum (GIF) composto da dieci Paesi al fine di sviluppare sistemi nucleari che potranno essere operativi fra 30 o 40 anni. […]
I Paesi che hanno aderito subito a questa iniziata, lanciata dagli Stati Uniti, sono Argentina, Brasile, Canada, Corea del Sud, Francia, Giappone, Gran Bretagna, Sud Africa, Svizzera, a cui si è aggregata successivamente l’Euratom, in rappresentanza dell’Unione Europea. Russia e Cina sono entrati a fare parte del GIF recentemente, in considerazione dei loro vasti programmi di utilizzo dell’energia nucleare.
Uno studioso, del quale non ricordo il nome, sosteneva con molta ragione che una tecnologia energetica o no tende, maturando, a diminuire i prezzi. Ciò non succede con il nucleare che invece tende ad aumentare i prezzi e, quando ciò accade, quella tecnologia è vecchia, morente. Non a caso ci si preoccupa di abbassare i costi mascherando il tutto come aumento della sicurezza. Con la Quarta generazione si dice la stessa cosa e, in particolare, si parla di una sicurezza praticamente totale. Le scorie dovrebbero sparire perché riutilizzate nel reattore e comunque ritrattate. Ecco su questo “ritrattate”, nell’economia di questo lavoro, posso solo dire che passiamo dal ciclo dell’uranio a quello del plutonio. Con tutte le implicazioni che si hanno proprio per la sicurezza, per l’uso militare e per la prolificazione di armamenti nucleari.
DUE SOLE PAROLE DI CONCLUSIONE
Si può discutere all’infinito di nucleare come risolutore o meno dei problemi energetici del mondo ma si deve convenire sul fatto che si cercano marchingegni più o meno ingegnosi ma la struttura fisica del fenomeno non viene modificata e la fissione nucleare è un fenomeno che non gradisce stare al guinzaglio. Si riguardino gli EPR e l’AP 1000, il loro funzionamento. Non vi sono novità di sorta sul nocciolo e sulla reazione nucleare. Da una parte si aggiungono sistemi su sistemi di sicurezza. Se uno si chiedesse il perché dovrebbe rispondersi che le sicurezze devono essere previste per qualcosa che è intrinsecamente pericoloso. Se ci si chiedesse perché invece di quattro edifici per intervenire in caso di incidente non se ne fanno 8, 12, … la risposta è evidente: perché il costo cresce. E se il sistema costa troppo nessuno lo compra e, in definitiva, il parametro alla base della scelta nucleare è il costo. Questo costo è a tutt’oggi elevatissimo e non sopporta una ulteriore crescita che invece gli eventi impongono. E’ allora inutile inventarsi marchingegni gravitazionali per far fronte alla reazione a catena che va fuori controllo. Il nucleare costa al punto da non essere sostenibile. Il nucleare spaventa le popolazioni perché dovrebbero far fronte, da sole, a tutte le conseguenze che vengono così tardi che difficilmente potranno essere addebitate agli enti costruttori (si pensi ai poveri nostri soldati vittime dell’uranio impoverito le cui famiglie sono da anni in lotta perché venga riconosciuta la morte di un loro caro). Il nucleare privatizza i guadagni e socializza rischi e costi.
Un aspetto del problema deve invece essere sottolineato. L’abbandono del nucleare civile non deve coincidere con l’abbandono della ricerca sul nucleare. Non deve accadere ciò che è accaduto dopo il 1987 che fine del nucleare civile è significato fine della ricerca scientifica. Sarà sempre più difficile in un futuro in cui qualche nano brianzolo avesse altre folgorazioni nucleari, avere gli scienziati in grado di gestire il fenomeno. Oggi, ad esempio, possiamo contare a malapena su un centinaio di fisici ed ingegneri nucleari che non sarebbero stati in grado di gestire le centrali che quel brianzolo aveva comprato a scatola chiusa. Noi, storici ed imponenti esportatori di cervelli, avremmo dovuto importare, presumibilmente dalla Francia, personale in grado di gestire quelle centrali.
Roberto Renzetti
BIBLIOGRAFIA
Oltre ai siti web ed alle riviste citate ho avuto presente il libro di Baracca e Ferrari, SCRAM (Jaca Book, 2011).
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