La scuola di fronte alle pseudoscienze

di Silvano Fuso

http://www.cicap.org/articoli/at101272.htm

Di fronte alla disinformazione dilagante e alla irrazionalità che circondano il mondo dell’astrologia, della magia e della parapsicologia, la scuola deve promuovere una mentalità aperta, critica e razionale.

Le pseudoscienze sono quelle discipline che affermano l’esistenza di fenomeni che si collocano su di un livello diverso rispetto a ciò che conosciamo della natura. Tali fenomeni, che sfuggirebbero al controllo della scienza tradizionale, comprendono: l’influenza degli astri sulla nostra vita (astrologia), la percezione extrasensoriale (esp), la possibilità di azione della mente sulla materia (psicocinesi), la possibilità di prevedere il futuro (premonizione), la possibilità di guarire malattie con tecniche diverse da quelle riconosciute dalla medicina ufficiale e tutta una serie di tanti altri eventi magici e soprannaturali.

Le pseudoscienze godono di grande popolarità ed esercitano una notevole attrattiva sul grande pubblico, gratificato dalla credenza nella possibilità di andare oltre i limiti che la scienza ufficiale e la razionalità impongono.

Non sono pochi coloro che confondendo i propri desideri con la realtà finiscono col diventare, nella migliore delle ipotesi, dei poveri illusi e, nella peggiore, vittime di personaggi privi di scrupoli che approfittano delle altrui debolezze.

La scuola, che dovrebbe occuparsi di ogni aspetto connesso all’educazione dei giovani, non dovrebbe ignorare un settore a così alto rischio come quello delle pseudoscienze.

II presente articolo, senza alcuna pretesa di completezza, rappresenta un tentativo di affrontare il problema delle pseudoscienze e di introdurre, in ambito scolastico, il dibattito su un argomento dove troppo spesso dominano il fideismo e il dogmatismo.

Dati sconcertanti

La diffusione e la popolarità delle pseudoscienze raggiungono livelli difficilmente immaginabili. Uno studio condotto nel 19931 ha fatto emergere che due italiani su dieci si rivolgono, almeno una volta all’anno, ai maghi. Le domande che vengono poste agli operatori dell’occulto riguardano per il 65% previsioni generiche relative al futuro, mentre per il 35% implicano argomenti più specifici, quali l’eliminazione del malocchio, i filtri d’amore, i talismani, le fatture, ecc.

La stessa ricerca ha appurato che il 62% degli italiani conosce il proprio segno zodiacale, il 37% legge il proprio oroscopo almeno una volta alla settimana e il 35% pensa che vi sia una qualche influenza delle stelle, del Sole e della Luna sul carattere e sul temperamento delle persone. Inoltre il 45% crede nelle capacità extrasensoriali di individui “dotati”. A questa “domanda” da parte del pubblico fa riscontro una altrettanto gigantesca “offerta” presente sul mercato italiano. II giornale astrologico più diffuso raggiunge all’inizio dell’anno (quando pubblica l’oroscopo annuale) una tiratura di 240 mila copie. Gli operatori dell’occulto, iscritti a due sindacati, ammontano a 150 mila, ai quali bisogna necessariamente aggiungere gli “abusivi” non iscritti e coloro che svolgono solo occasionalmente tale attività. Tali operatori utilizzano per la loro attività giornali, riviste, radio e televisioni pubbliche e commerciali che ben si prestano consapevoli di andare incontro ai gusti del loro pubblico. Tutte queste attività muovono un giro d’affari annuo stimato in 1500 miliardi di lire.

La realtà negli altri paesi non è dissimile da quella italiana. Negli Stati Uniti, ad esempio, secondo uno studio del 19732, 5 milioni di americani organizzano la propria vita in base alle previsioni astrologiche e 1200 dei 1750 quotidiani di questo paese pubblicano oroscopi.

La credenza nelle pseudoscienze non è diffusa solamente nelle zone più depresse e tra gli strati della popolazione a più ridotto livello di scolarizzazione. Al contrario, vi è una larga proliferazione di tali credenze anche in ambienti urbani avanzati, tra i cosiddetti “colletti bianchi”, con tassi di scolarizzazione medi ed elevati.

Nello studio condotto in Italia è emerso infine che il 43% di coloro che si interessano all’astrologia ha affermato: Credo nell’astrologia perché ho smesso di credere in Dio. Tale giustificazione dimostra come una buona parte di coloro che si rivolgono all’astrologia e, in generale, alle pseudoscienze, non lo fa soltanto per passatempo, curiosità o con lo scopo di risolvere problemi pratici e immediati. Al contrario lo fa per cercare di risolvere esigenze interiori più profonde, come succede nell’ambito delle fedi religiose tradizionali.

La posizione della scienza

Le pseudoscienze non si limitano a suggerire strade spirituali per la risoluzione dei propri bisogni interiori, come di solito fanno le fedi religiose tradizionali. Al contrario, esse fanno precise affermazioni sulla realtà del mondo materiale. Di conseguenza appare inevitabile rivolgersi alla scienza per conoscere quale sia la sua posizione in proposito.

Nonostante possa capitare di trovare anche esponenti del mondo scientifico che sostengano la veridicità di alcune affermazioni delle pseudoscienze, la posizione ufficiale della scienza è chiara: a tutt’oggi non esiste alcune prova accettabile circa la veridicità delle affermazioni delle pseudoscienze3! (Si veda la dichiarazione sottoscritta da diversi scienziati riprodotta nell’Allegato 1).

Fatti o imbrogli?

In passato e spesso accaduto che alcuni scienziati si siano occupati delle pseudoscienze per soddisfare i propri interessi personali, che spesso nascondevano una certa propensione alla credenza nei fenomeni occulti. Questo spiega come mai anche alcuni insigni protagonisti della storia della scienza4 abbiano sostenuto la veridicità di certe affermazioni pseudoscientifiche. Solamente in epoca abbastanza recente il mondo scientifico ha cominciato ad occuparsi seriamente di pseudoscienze, cercando, con mentalità libera da pregiudizi, di scoprire cosa ci fosse di vero in certe affermazioni. I primi studi hanno fatto emergere ben presto una necessità. Gli scienziati, da soli, non sono in grado di valutare a pieno i presunti fenomeni paranormali poiché non sono sufficientemente attrezzati professionalmente per difendersi da trucchi ed imbrogli. Con una efficace espressione il noto giornalista scientifico Piero Angela ha affermato: le molecole e gli atomi non barano. Gli uomini si5. Per eliminare eventuali inganni è quindi necessario qualcuno che sia professionalmente specializzato in questo genere di attività, ovvero gli illusionisti e i prestigiatori6. Da circa 20 anni in molti paesi sono nati comitati e movimenti che, riunendo scienziati e illusionisti di professione, si propongono di effettuare analisi ed esami rigorosi sulle affermazioni delle pseudoscienze. Negli Stati Uniti e sorto il CSICOP (Committee for the Scientific Investigation of Claims of the Paranormal). Nel 1989 in Italia e stato fondato il CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Pranormale7). L’idea di fondare un tale comitato in Italia si deve a Piero Angela che ha saputo riunire illustri personalità del mondo scientifico che si preoccupano di fornire all’opinione pubblica una informazione seria, razionale e scientifica e di promuovere un’educazione e una cultura aperta e critica. II CICAP può vantare attualmente l’adesione di insigni esponenti del mondo scientifico e culturale italiano, quali Carlo Rubbia, Rita Levi Montalcini, Giuliano Toraldo di Francia, Tullio Regge, Margherita Hack, Silvio Garattini, Aldo Visalberghi e Umberto eco.

Nonostante le numerosissime indagini condotte e l’atteggiamento di totale apertura nei confronti di eventuali nuovi fenomeni ignoti alla scienza, questi comitati non sono mai riusciti a raccogliere una sola evidenza certa a favore delle pseudoscienze. Essi sfidano continuamente i sedicenti possessori di facoltà occulte a dimostrare le proprie affermazioni sottoponendosi a severi controlli. Molti rifiutano i controlli, molti si rivelano mitomani, altri risultano imbroglioni, altri ancora semplici illusi in buona fede.

Educare alla razionalità

Di fronte a quanto sinteticamente esposto nei paragrafi precedenti, nasce spontanea una domanda: cosa fa la scuola di fronte a tutto ciò? In che modo cerca di tutelare e difendere gli allievi dalla enorme massa di informazioni false che essi subiscono ogni giorno dai media?

Salvo rarissime eccezioni dovute all’iniziativa dei singoli docenti, la scuola ignora completamente il fenomeno delle pseudoscienze. Se talvolta se ne parla è grazie alle domande spontanee di qualche studente che chiede ai suoi professori quale sia il loro parere in proposito. E, quel che è peggio, le risposte dei professori sono spesso opinioni del tutto personali che dipendono dalla loro posizione ideologica nei confronti delle pseudoscienze.

Cosa dovrebbe fare dunque la scuola per affrontare in modo educativamente proficuo il problema delle pseudoscienze? La scuola dovrebbe promuovere la maturazione di un atteggiamento aperto e razionale, lontano da ogni dogmatismo giudiziale, ma pervaso da un sano spirito critico che pretenda prove valide prima di accettare qualsivoglia affermazione (si vedano, a tale proposito, le 11 regole d’oro formulate dai CICAP. Allegato 2).

In poche parole, la scuola dovrebbe educare alla razionalità. Questo è uno dei maggiori obiettivi che il processo formativo dovrebbe proporsi. Se è relativamente facile essere razionali di fronte a problemi che tutto sommato ci sono estranei e indifferenti, ben più difficile è esserlo di fronte a questioni che ci coinvolgono emotivamente. Le pseudoscienze non sono asettiche. Esse coinvolgono gli aspetti più intimi dell’animo umano e promettono la realizzazione dei desideri segreti di ognuno di noi. Proprio per questo godono di così grande popolarità. Educare alla razionalità significa insegnare a distinguere la realtà dai propri desideri. Soltanto conoscendo e accettando la realtà possiamo sperare di vivere in modo maturo e consapevole.

La scuola deve far comprendere ai ragazzi che di fronte alle pseudoscienze non ci si pone un problema di fede. Occorre invece avvicinarsi a esse con spirito critico e ricercare obiettivamente quali evidenze ne possano confermare o confutare la validità. Occorre far capire ai ragazzi che non solo è lecito, ma e anche doveroso, cercare di estendere le proprie conoscenze e ricercare nuovi orizzonti. Ma occorre altresì insegnare che prima di accettare qualsiasi nuova conoscenza è necessario verificarla con la massima cautela, tanto più se tale conoscenza sconvolgerebbe, come nei caso delle pseudoscienze, un intero patrimonio di altre conoscenze fino a ora mai smentite.

Per concludere, dovrebbe apparire chiaro da quanto finora esposto che affrontare sui banchi scolastici il problema delle pseudoscienze non solo è utile per portare chiarezza su un argomento in cui regna troppo spesso una pericolosa disinformazione, ma, in senso più ampio, può rappresentare una preziosa occasione di approfondimento del processo educativo.

Spirito critico e razionalità non servono, infatti, solo per affrontare le pseudoscienze, ma sono requisiti indispensabili per affrontare qualsiasi problema della nostra vita

L’autore desidera rivolgere un sincero ringraziamento ai membri del consiglio direttivo del CICAP (in particolare al Dott. Massimo Polidoro) che hanno contribuito con preziosi consigli e suggerimenti alla stesura del presente articolo e hanno sentito la pubblicazione di documenti redatti durante il Congresso Nazionale del CICAP di Saint Vincent.

Riferimenti e note

1) Tale studio e stato realizzato dall’antropologa Cecilia Gatto Trocchi dell’Università di Perugia. I principali risultati sono riportati in: C. Gatto Trocchi, Viaggio nella magia, Laterza, Bari 1993; C. Gatto Trocchi, La magia, Newton-Compton, Roma 1994; C. Gatto Trocchi, Le sette in Italia, Newton Compton, Roma 1994;

2) E.F. Heenan (a cura di), Mystery, Magic and Miracle: Religion in a Post-Acquarian Age, Englewood Cliffs, N.Y. 1973, citato in M. Eliade, Occultismo, stregoneria e mode culturali, Sansoni, Firenze 1982 (cap. IV, p. 64);

3) Le opere che affrontano dal punto di vista scientifico le problematiche paranormali, disponibili in lingua italiana, sono piuttosto scarse. Per una panoramica completa si veda: P. Angela, Viaggio nel mondo del paranormale, Garzanti, Milano 1979. Si veda inoltre: R. Cavanna, Aspetti scientifici della parapsicologia, Bollati-Boringhieri, Torino 1973. Per un approccio psicologico ai fenomeni apparentemente paranormali si veda: A. Neher, La psicologia della trascendenza, MEB, Padova 1991. La letteratura in lingua inglese e ben più cospicua. Tra le opere più significative citiamo: G. Abell, B. Singer (ed.) Science and the Paranormal, Charles Scribneris Sons, N.Y. 1981; P.Kurtz (ed.), A Skepticis Handbook of Parapsychology, Prometeus Books, Buffalo 1985 e J. Randi, The Encyclopedia of Supernatural and the Occult, St.Martin’s Press, N.Y. 1995;

4) I casi più celebri di insigni scienziati che sostennero l’esistenza di fenomeni paranormali sono quelli del fisico William Crookes e del fisiologo Charles Richet, entrambi premi Nobel ed entrambi ingannati da celebri medium. Si veda in proposito: P. Angela op. cit. (cap. 2, pp. 40-59) e M. Polidoro, Viaggio tra gli spiriti, Sugarco, Carnago (Varese) 1995 (capp. V, VI e VII, pp. 97-195);

5) P. Angela, op. cit. (cap. 2, p. 41);

6) Per il ruolo svolto dai prestigiatori nelle indagini sulle pseudoscienze si veda: J. Randi, Psychic Investigator, Boxtree, Londra 1991;

7) II recapito del CICAP e Casella Postale 60, 27058 Voghera (PV). Il Cicap pubblica la rivista quadrimestraleSCIENZA & PARANORMALE (dir. resp. Riccardo Luccio) che affronta scientificamente tutte le problematiche connesse al paranormale e alle pseudoscienze.

ALLEGATO 1

Nel luglio 1992 si è svolto a Saint Vincent il 2° Congresso Nazionale del Cicap. Durante i lavori è stato redatto il seguente documento, sottoscritto da numerose personalità della cultura scientifica italiana e internazionale.

In risposta alla domanda fondamentale: quali sono le prove sperimentali a favore del paranormale, noi riteniamo che quelle finora prodotte siano insufficienti, inconsistenti ed inconcludenti.

Pensiamo, dunque, che gli scienziati abbiano il dovere professionale e sociale di opporsi alla diffusione, finora incontrastata, di credenze paranormali e pseudoscientifiche, allo scopo di colmare il divario che esiste tra la comunità scientifica e l’opinione pubblica. Una vasta parte del pubblico, infatti, crede che i “fenomeni paranormali” siano stati dimostrati in maniera scientificamente accettabile. Ciò si accompagna ad un continuo abuso di termini scientifici da parte degli pseudoscienziati.

I ricercatori scientifici devono essere disponibili a studiare le segnalazioni di presunti fenomeni anomali, o almeno sostenere i loro colleghi che esaminano criticamente le affermazioni sul paranormale.

Quando, nel passato, singoli studiosi e organizzazioni scientifiche hanno portato il loro contributo di conoscenza e di esperienza per smentire affermazioni infondate, la loro azione si è spesso dimostrata efficace.

Gli scienziati hanno il dovere, laddove i presunti fenomeni paranormali non siano supportati da prove sufficienti, o quando una affermazione specifica sia stata smentita in base a prove sperimentali, di informarne il pubblico.

Questo intervento è fondamentale per contrastare un utilizzo sensazionalistico del cosiddetto paranormale ad opera dei mass-media che ne favoriscono lo sfruttamento commerciale da parte di astrologi, sensitivi, guaritori ed altri operatori dell’occulto.

La comunità scientifica deve anche spingere gli Enti pubblici e governativi a favorire la diffusione di una corretta educazione scientifica, e a promuovere un’analisi critica e razionale che metta in grado il pubblico di distinguere la scienza dalla pseudoscienza.

Invitiamo i docenti, sia nell’Università che nella Scuola Superiore, a diffondere la conoscenza di queste informazioni critiche tra gli studenti. Articoli, libri e materiale filmato sono disponibili per essere consultati ed utilizzati a scopo didattico.

Seguono le firme di: James Alcock (psicologo, York University), Piero Angela (giornalista e scrittore), Steno Ferluga (astrofisico, Università di Trieste), Cecilia Gatto Trocchi (antropologa, Università di Perugia), Ray Hyman (psicologo, Oregon University), Paul Kurtz (filosofo, Buffalo University), James Randi (prestigiatore), Tullio Regge (fisico, Universita di Torino), Giuliano Toraldo di Francia (fisico, Università di Firenze)

ALLEGATO 2

Durante i lavori del Congresso del Cicap sono state formulate 11 buone regole che dovrebbero essere tenute presenti per affrontare in modo critico le pseudoscienze:

1) La natura e sicura: per osservare realmente un fenomeno non e necessario credere preventivamente in esso.

2) Gli occhi del cuore hanno una cattiva vista: non bisogna confondere i fatti con i nostri desideri e aspettative.

3) L’errore è umano, la fallibilità persistente no: nessuno ha il privilegio di sbagliare sempre. Anche un indovino o un astrologo farà necessariamente qualche volta predizioni esatte.

4) Un’affermazione straordinaria richiede prove altrettanto straordinarie.

5) L’origine dell’informazione e fondamentale: presunte prove e testimonianze non hanno alcun valore, se non sono rigorosamente controllate.

6) L’illusionismo ha una funzione critica essenziale: uno scienziato può essere ingannato, un illusionista di professione può facilmente smascherare trucchi e inganni.

8) L’alternativa e feconda: prima di tirare in ballo spiegazioni paranormali dei fenomeni è necessario ricercare tutte le possibili spiegazioni “normali”.

9) Quantità non è qualità: non è la quantità di prove che rende una teoria corretta, ma la qualità delle prove. E’ sufficiente una sola prova di alta qualità, piuttosto che una collezione di aneddoti.

10) Una teoria e scientifica se e falsificabile: deve essere cioè possibile ideare un esperimento in grado di confermare o confutare la teoria in questione.

11) L’inferenza è necessaria: una spiegazione oggettiva ha un potere di predizione che una spiegazione soggettiva non ha; una spiegazione veramente scientifica deve poter prendere la forma “se…allora…”

11) L’onere della prova spetta a chi fa l’affermazione


http://www.cicap.org/articoli/at100792.htm

Se a scuola manda la scienza

Educazione scientifica come educazione alla razionalità

di Giunio Luzzatto

Nonostante l’enorme sviluppo delle tecnologie, nel mondo contemporaneo atteggiamenti arazionali non solo permangono, ma si diffondono. Tale diffusione ha una pluralità di cause, che tutte vanno indagate: la comunicazione veloce, mentre la riflessione richiede tempi talora lunghi, e comunque mai frettolosi; la prevalenza dell’immagine rispetto alla sostanza; l’appiattimento sulle mode culturali o pseudo-culturali, che di per sé costituisce l’opposto di un atteggiamento critico; il fatto stesso che la grande visibilità delle applicazioni tecnologiche delle scoperte scientifiche spesso ne mette in ombra il valore conoscitivo.
Il presente intervento si limita a considerare, nella realtà italiana, una causa specifica che da noi ha indubbiamente un particolare rilievo: l’inadeguatezza cioè della educazione scientifica nel nostro sistema formativo. Inadeguatezza, vogliamo precisare subito, qualitativa oltre che quantitativa: troppo spesso, nell’intervenire su questo tema, i docenti dell’area scientifica – a livello sia accademico sia scolastico – deplorano la seconda ma ignorano la prima.
Va affermato invece, senza reticenze, che l’attribuzione all’insegnamento scientifico di spazi più ampi nell’organizzazione scolastica è necessaria ma non è sufficiente affinché esso formi i giovani alla razionalità e consolidi le loro capacità critiche: questi spazi servirebbero a poco se tale insegnamento continuasse a svolgersi con caratteristiche poco adatte a renderlo pienamente produttivo nella direzione indicata.

Educazione scientifica: i limiti “dall’esterno”

La valorizzazione, nel sistema scolastico italiano, della formazione scientifica si scontra indubbiamente con una tradizione diversamente orientata. Pesa ancora la derivazione di esso, in secoli non troppo lontani, dall’educazione ecclesiastica nella quale la Verità non poteva essere altra se non quella trascendente; pesa la più recente caratterizzazione dell’intero impianto istituzionale secondo la gentiliana impostazione idealistica, nella quale la Filosofia non poteva non rappresentare il livello superiore della conoscenza; pesa l’esaltazione degli studi classici non solo in quanto esame di una tra le grandissime culture – il che ovviamente trova tutti consenzienti! – ma in quanto elemento necessariamente dominante e pervasivo perché considerato l’unico patrimonio specifico della nostra civiltà.
Citiamo, a proposito dell’ultimo tra i punti citati, due esempi emblematici. Quando, fino allo scorso anno, l’esame di maturità comportava la scelta da parte del Ministero della Pubblica Istruzione delle materie per le prove orali, nel liceo scientifico solo una su quattro era scientifica, mentre tre erano linguistiche o storiche o filosofiche o artistiche; quando i “programmi Brocca” vollero anticipare sperimentalmente una riforma della secondaria, fu inventato un indirizzo scientifico-tecnologico accanto a quello scientifico perché in quest’ultimo si volle mantenere come disciplina caratterizzante il latino.
Ovviamente, pressioni per correggere questa situazione vengono esercitate, talora anche autorevolmente; ma le resistenze al cambiamento sono fortissime per ragioni sia culturali sia pratiche.
Dal punto di vista culturale, si sconta quell’apprezzamento della preparazione scientifica in termini esclusivamente tecnologici cui abbiamo fatto cenno all’inizio. Nell’istruzione tecnica e professionale (vocational, direbbero gli anglosassoni), il sistema scolastico ha dato qualche spazio a nuovi indirizzi caratterizzati su tematiche applicative anche piuttosto aggiornate, indirizzi – tra l’altro – talora positivamente dinamici nel rinnovarsi di frequente per tener conto dell’evoluzione della realtà esterna; nell’istruzione liceale (general), quella rivolta alla “formazione delle classi dirigenti”, le scienze, e in particolare le tematiche scientifiche moderne, stentano invece a penetrare proprio per la diffusa sottovalutazione del loro valore in termini di allargamento degli orizzonti culturali, di rottura di schemi mentali superati, di stimolo alle capacità critiche. Cioè, in sintesi, della loro qualità formativa.
Dal punto di vista pratico, le resistenze sono brutalmente corporative, ma proprio per questo non meno pesanti. Poiché il complesso delle attività scolastiche, e in particolare i programmi di insegnamento e gli orari delle corrispondenti discipline, non possono dilatarsi indefinitamente, ogni ampliamento di un settore e ogni nuova presenza vengono vissuti come sottrazione di spazi (e perciò di “cattedre”) ad altri settori: il che è vero (anche se, come vedremo, solo in parte), ma non può essere accettato come motivo di rifiuto se si ha presente il fatto, ovvio ma spesso trascurato, che l’organizzazione scolastica dovrebbe essere costruita a misura delle esigenze formative degli allievi e non della immutabilità dei ruoli degli insegnanti.

Educazione scientifica: i limiti “dall’interno”

Tra i limiti allo sviluppo di una valida educazione scientifica che provengono dall’interno dello stesso mondo scientifico, uno dei più gravi è quello che deriva dalla settorializzazione di tale mondo. Raramente viene proposta dall’insieme delle diverse aree disciplinari l’esigenza di una maggiore presenza, a livello didattico, del complesso delle tematiche connesse alle scienze: ogni area battaglia per sé stessa, spesso in conflitto col vicino.
Anche a questo proposito è tipico l’esempio della elaborazione dei programmi Brocca. Negli appositi gruppi di lavoro chimici, biologi, fisici, geologi si sgomitavano, e talora si sgambettavano, a vicenda, con l’effetto che poi si poté vedere osservando il risultato: assolutamente insufficiente (per tutti; la lotta risultò essere stata quella tra i polli di Renzo ne I promessi sposi) sul piano della quantità, piuttosto deludente sul piano della qualità innovativa.
Il settorialismo è emrso quasi inevitabile, peraltro, dall’impostazione che viene data alla didattica delle singole discipline. I meri fatti, le nozioni prevalgono quasi sempre rispetto alla costruzione di impianti concettuali; l’attività di laboratorio, quand’anche si svolge, non assume un ruolo determinante e caratterizzante per l’insegnamento globalmente considerato; analisi epistemologiche sulla disciplina e riflessioni più generali sul “metodo scientifico” o mancano, o sono isolate in qualche pagina iniziale o finale; la presentazione è abitualmente decontestualizzata, astorica.
L’assenza di riferimenti all’evoluzione storica delle diverse scienze è particolarmente negativa, per almeno due ragioni. Da un lato, in conseguenza di tale assenza le problematiche scientifiche rimangono estranee rispetto al filone fondamentale degli studi; esso – soprattutto nei Licei – segue un percorso cronologico, all’interno del quale la letteratura nazionale, la storia civile, la storia dell’arte, la filosofia – ma, appunto, non le scienze – si sviluppano simultaneamente, o quasi. D’altro lato, una trattazione tutta concentrata sul presente porta quasi inevitabilmente a considerare le teorie e i modelli attuali come certezze, sicché lo studente vive spesso l’insegnamento scientifico non come stimolo al pensiero critico bensì come l’imposizione quasi dogmatica di concezioni non soggette a discussione.
L’assenza di riflessioni a carattere epistemologico, o comunque il confinamento di queste in qualche paragrafo emarginato rispetto all’andamento complessivo della trattazione, incrementa anch’essa il rischio del dogmatismo. Né costituisce un efficace antidoto il fatto che considerazioni relative allo sviluppo del pensiero scientifico siano presenti, più o meno ampiamente nell’insegnamento della filosofia (mi riferisco, ancora, ai Licei); anzi, l’estrema difformità nella presentazione, da parte dello scienziato o da parte del filosofo, di tematiche analoghe può indurre il giovane a considerare misterioso l’intero quadro conoscitivo, togliendogli ogni desiderio di approfondire le tematiche stesse.
Un ulteriore ostacolo a una valida educazione scientifica è costituito dalla scarsa, o nulla, interazione tra ricerca e insegnamento, rilevabile sotto due aspetti. Anzitutto, si tratta di un distacco istituzionale tra l’università, sede di ricerca, e le istituzioni scolastiche, sedi di insegnamento; solo occasionalmente si è cercato talora di porre rimedio a tale distacco, tramite iniziative che – anche quando positive – hanno avuto peraltro carattere individuale o al più settoriale (penso ad alcune buone esperienze di gruppi università-scuola di ricerca didattica). In secondo luogo, si tratta di uno sdoppiamento di posizioni da parte dello stesso ricercatore, se egli diviene autore di manuali: al rigore metodologico che è connaturato all’indagine scientifica e che comporta, quando si redige un lavoro di ricerca, un atteggiamento permanentemente problematico, attento a tutte le possibili alternative interpretative, vengono spesso sostituiti, nella redazione di un testo scolastico, l’apoditticità delle affermazioni e l’inesistenza di dubbi.
Se questo è il quadro, che fare se si vuole far sì che le nuove generazioni abbiano un diverso approccio alla scienza, traendone una educazione alla razionalità? Per dare una risposta occorre partire dall’insegnante, dalla figura cioè che costituisce professionalmente il mediatore tra la cultura, nel nostro caso la cultura scientifica, e l’allievo: l’intervento sugli insegnanti è necessario, e forse addirittura sufficiente, per attuare l’intervento sugli studenti.

Qualche proposta per una priorità: l’educazione degli insegnanti

Rilevanti modifiche sono in corso per ciò che concerne, in termini generali, la formazione dei docenti della scuola italiana. Sono finalmente iniziati i corsi universitari destinati alla formazione iniziale degli insegnanti futuri: Scuola di Specializzazione post-lauream per la scuola secondaria. Corso di Laurea ad hoc per la scuola primaria. E vi sono, per gli insegnanti in servizio, le innovazioni apportate dal recente contratto nazionale, che valorizza elementi di qualificazione e incrementi di professionalità. Tutto ciò determina un ambiente potenzialmente favorevole allo studio e all’attuazione di iniziative miranti ad affrontare il tema qui esaminato. A titolo esemplificativo, indichiamo tre tipi di possibili interventi:

1) Un’organica presentazione di questioni relative alla storia del pensiero scientifico e/o alla metodologia della scienza. È auspicabile che nel curricolo di formazione iniziale tali presentazioni assumano il carattere di un vero e proprio corso, parte integrante del progetto didattico almeno per tutti gli indirizzi delle aree scientifico-tecnologiche; nel quadro della formazione in servizio le forme possono essere diverse (cicli di seminari, attività a distanza con supporti tecnologici), purché non ridotte a episodiche conferenze.
Abbiamo usato il singolare (pensiero scientifico, scienza) perché per consolidare atteggiamenti globalmente razionali ci sembra indispensabile fornire anzitutto gli elementi di natura metadisciplinare che danno unità alle procedure concettuali poste alla base di una qualunque disciplina scientifica. Non vogliamo certo escludere che, a valle di una trattazione più comprensiva, si possa poi giungere anche all’approfondimento di epistemologie specifiche; ma è prioritaria l’esigenza dell’intervento a monte, poiché oggi la carenza maggiore, e più generalizzata, riguarda la cultura scientifica trasversalmente intesa e pericò l’acquisizione di una corrispondente mentalità. L’assenza di orizzonti più ampi favorisce la riduzione della disciplina a tecnicismo.

2) Un’analisi critica dei materiali didattici, sia tradizionali (manuali e altri testi) sia multimediali, presenti sul mercato. In tutti i corsi di formazione, iniziale o in servizio, tale analisi rappresenta una tipica attività di Laboratorio didattico, particolarmente significativa perché coinvolge i corsisti in un impegno diretto.
Per ciò che concerne la tematica che stiamo qui discutendo, lo studio critico degli strumenti didattici esistenti dovrebbe prendere in esame precise questioni, tra le quali ci sembra di poter suggerire, in particolare, le seguenti:
a) nello studio relativo a materiali provenienti da aree scientifiche, va individuta la presenza di impostazioni in tutto o in parte dogmatiche, così come l’assenza di attenzione per le problematiche metodologiche e storiche nonché di aperture verso aspetti di contesto e verso settori contigui;
b) nello studio di materiali a carattere filosofico, o comunque provenienti da aree “umanistiche”, vanno evidenziati gli elementi che facciano riferimento a tematiche scientifiche in termini deformati, o imprecisi, o più in generale inadeguati a coglierne il significato culturale oltre che tecnico.

3) Una sollecitazione a sviluppare in classe esperienze didattiche esemplari, attraverso materiali opportunamente studiati. Tali esperienze possono consistere nella creazione, o comunque nella utilizzazione, di unità didattiche particolarmente adatte a far riflettere sulla genesi e sui limiti di una teoria scientifica, o sul ruolo delle prove sperimentali, o su altre questioni metodologiche. Le esperienze possono consistere altresì nell’analisi “scettica”, non aprioristicamente negatrice ma rigorosamente scientifica, di asseriti fenomeni paranormali, di pseudoteorie, di errate utilizzazioni del calcolo delle probabilità.
L’utilità di questo tipo di attività didattiche è massima se esse, oltre a coinvolgere necessariamente il docente di matematica accanto a quello delle scienze sperimentali (e già questo è un dialogo non del tutto abituale!), rappresentano l’occasione per una collaborazione interdisciplinare tra una più ampia pluralità di insegnanti: la maggior parte delle questioni che possono essere affrontate lungo le linee sopra accennate si prestano infatti, in maniera del tutto evidente, a considerazioni storiche e filosofiche e a esemplificazioni nella letteratura.
Sviluppare, nell’organizzazione dei curricoli scolastici, gli spazi destinati al pensiero scientifico non costituisce perciò una mera rivendicazione di maggiori “orari di cattedra”. In qualche caso ciò può essere necessario, ma il vero problema è l’utilizzazione ottimale, a tale fine, di tutti i tempi e di tutte le risorse culturali disponibili.

Conclusioni

Siamo in un momento di grande trasformazione nell’assetto dela scuola italiana; alle innovazioni – di cui già si è detto – relative alla formazione degli insegnanti si è già accompagnata l’autonomia scolastica, che ovviamente favorisce esperienze originali, e potrà aggiungersi al più presto, auspicabilmente, la riforma dei cicli. Tale contesto istituzionale va riempito di contenuti.
Uno dei contenuti più qualificanti, e più positivi per l’impatto sociale oltre che educativo e culturale, può essere proprio un progetto organico, opportunamente articolato, di diffusione della cultura scientifica nel sistema formativo; un progetto centrato sugli insegnanti ma del quale risulta chiaro, da quanto si è detto pur molto sinteticamente, l’immediato effetto sugli allievi. Progetto organico non vuol dire schema rigido, calato dall’alto; nella nuova realtà scolastica la progettualità deve obbligatoriamente comprendere elementi di flessibilità, deve fornire indicazioni precise ma al contempo stimolare una diffusa creatività, valorizzando le best practices. A titolo di esempio, osserviamo che iniziative quali quelle citate al precedente punto 3) possono essere incentivate tramite un sistema di finanziamenti mirati, di premi ai docenti e alle classi.
Tra gli obiettivi del progetto, fondamentale appare la costruzione, e la messa a disposizione delle istituzioni scolastiche, di materiali didattici, anche multimediali. La relativa elaborazione non può non coinvolgere congiuntamente l’ambiente accademico e il mondo scolastico, e costituirebbe pertanto anche un’occasione per superare quel distacco tra ricerca e insegnamento che, come abbiamo osservato più sopra, costituisce uno degli elementi negativi nell’attuale situazione.


Giugno Luzzatto
Presidente del Centro Interdipartimentale per la Ricerca Didattica, Genova


Relazione presentata al VI Convegno Nazionale CICAP
Padova 29-31/10/1999


http://www.cicap.org/articoli/at100023.htm

Insegnare scienze con il paranormale

di Pietro Bertini  

L’insegnamento delle Scienze nella scuola dell’obbligo comporta frequentemente notevole fatica a causa della difficoltà ad accostare i ragazzi ad una materia interessante, ma troppo spesso trattata come una sterile scienza nozionistica. I programmi scolastici abbracciano inoltre diversi campi, dalla biologia alla chimica, dalla geologia alla fisica; gli argomenti proposti si susseguono in rapida successione, disorientando gli alunni che spesso affrontano uno studio di fatti ed esperienze non riferibili alla loro realtà quotidiana. Per ovviare a questa situazione e fare avvicinare i ragazzi alla comprensione di una materia così vasta e complessa, ho sempre cercato di inserire discussioni e dibattiti nelle ore di scienze, cercando argomenti di comune interesse.

Può sembrare strano, quasi un paradosso, ma, dopo varie esperienze, mi sono accorto che il mondo del “paranormale” (materia che nulla ha a che vedere con la comprensione dei fenomeni scientifici) può essere un buon argomento da trattare per affrontare le scienze dal punto di vista scolastico.

O meglio, dalla spiegazione e dallo smascheramento di alcuni trucchi pseudo-scientifici, si può dimostrare agli alunni che la realtà in cui vivono si basa su precise leggi fisiche che regolano tutte le nostre azioni quotidiane.

Spiegare ad esempio il Primo Principio della Dinamica facendo imparare a memoria la solita frase “un corpo persiste nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme a meno che non intervengano forze esterne a modificare questo stato”, non ha gran valore senza dimostrazioni pratiche. I testi scolastici sono pieni di esempi a tal riguardo, ma, partendo proprio da questo enunciato del grande Galileo, siamo arrivati a comprendere il significato di forza, di quiete proprio analizzando alcuni tra i più comuni “fenomeni paranormali”. Abbiamo infatti deciso di eseguire una seduta spiritica in classe, una di quelle che i ragazzi sono abituati a fare in compagnia di amici, supportati da tanti servizi televisivi in cui vengono spacciate per fenomeni soprannaturali. Abbiamo preso allora un grande tabellone con le lettere dell’alfabeto ed i numeri da 1 a 9, ed eseguito poi la seduta sotto la guida di un alunno, l’esperto, che ha illustrato le varie fasi della seduta, sapientemente apprese dagli amici o dalla televisione.

abbiamo messo il nostro dito indice su una piccola moneta e rivolto domande profetiche e culturali allo “Spirito Guida”. Con grande stupore dei ragazzi abbiamo notato che la monetina si muoveva solo per rispondere a domande semplici o del tipo “Saremo tutti promossi”, dimostrando una certa ignoranza culturale (guarda caso corrispondente a quella dell’alunno che appoggiava il suo dito insieme al mio sulla moneta) dello Spirito interrogato.

A domande sulla composizione chimica del granito o sul nome di mia zia, lo spirito si rifiutava di rispondere, mandando a monte tutte le sue pretese di onniscenza.

Per tutti gli alunni, anche per i più creduloni, è stato allora chiaro che la moneta, per muoversi, aveva bisogno di forze esterne, trasmesse dal dito dell’alunno che pilotava le sue risposte. Da questa esperienza siamo quindi passati alla spiegazione di concetti fisici quali lo stato di quiete, di attrito e di forze per vincerlo; soprattutto è caduta nei ragazzi l’idea della serietà delle sedute spiritiche ed è stato possibile riprendere lo studio della materia e dei suoi stati di aggregazione che niente hanno a che vedere con ectoplasmi o cose del genere.

Abbiamo poi provato a muovere la moneta col solo pensiero o “Fluido Magnetico” emanato da tutti noi: la moneta non si è mossa di un solo millimetro, dandoci la possibilità di discutere di telecinesi e la capacità di muovere oggetti a distanza e di capire che le leggi fisiche del moto vanno studiate secondo metodi scientifici ben precisi. Galileo, che se oggi potesse vedere certe trasmissioni televisive sulla parapsicologia si rivolterebbe nella tomba, aveva quindi ragione. Le profezie di catastrofi e di avvenimenti futuri sono state molto utili per spiegare agli alunni di terza media le caratteristiche del terremoto. Con un po’ di conoscenze geologiche su tali fenomeni, con qualche nozione sulla tettonica a zolle, con una certa approssimazione si puo’ sperare di “predire” un terremoto. Alcuni anni fa, ad esempio, riuscii, ovviamente senza dire giorno e luogo esatti, a “prevedere” scosse sismiche nella zona dei Castelli Romani, dopo un terremoto che aveva colpito il Trentino. predissi alcuni sismi che, qualche tempo dopo, si verificarono, tra lo stupore degli alunni. Per un futuro più lontano profetizzai alcuni terremoti, azzeccandoci solo per un violento sisma in Colombia. Le mie doti profetiche cessarono di colpo quando portai a scuola una cartina con indicate le zone sismiche italiane e mondiali; la probabilità che un terremoto colpisse certe località era quindi abbastanza elevata. Spiegai ai ragazzi che nelle mie “profezie”, anche se loro in un primo momento non se ne erano accorti, ero stato generico: avevo infatti parlato, oltre che di Castelli Romani, della Sicilia, della Calabria, della Garfagnana, del Friuli, tutte zone ad elevata sismicità locale. In queste regioni i movimenti tellurici sono frequenti ed allora c’è una buona probabilità che una scossa più intensa delle altre quotidiane registrate dai sismografi, venga riportata sui giornali. l’importante è stato non avere mai accennato con precisione a date e località esatte.

Ho ottenuto due scopi: insegnare la geologia per capire i terremoti e far capire ai miei alunni che i cosiddetti indovini basano le loro profezie su eventi molto vaghi, senza riscontri precisi, per cui chiunque potrebbe mettersi ad indovinare il futuro.

La mia recente esperienza scolastica, peraltro già eseguita anni fa, è stata quella di costruire con i ragazzi un oroscopo per il 1992; abbiamo preso in considerazione avvenimenti politici (in un paese lontano dal nostro avverranno gravi sconvolgimenti), aerei che cadranno e personaggi famosi che moriranno, dato che nessuno è eterno.

I ragazzi capiranno così come gli oroscopi, da loro quotidianamente letti sul giornale, siano frutto di previsioni di eventi generici. Questo discorso serve anche ad introdurre, ovviamente a livello scolastico in modo elementare, il concetto di probabilità e frequenza: considerando infatti il numero di persone viventi sulla Terra ed i soli 12 segni zodiacali, si capisce che un evento predetto probabilmente accadrà a più persone dello stesso segno. Ai ragazzi ricordo sempre che tempo fa lessi sull’oroscopo di fare attenzione agli incidenti stradali. Questo consiglio quel giorno valeva solo per il mio segno (Scorpione), quindi i Leoni od i Gemelli potevano transitare tranquillamente col semaforo rosso o circolare contromano!

E’ giusto allora far capire a ragazzi già grandicelli quanto sia importante abituarsi a ragionare con la propria testa, senza farsi condizionare da presunti scienziati od indovini.

I dibattiti sul paranormale continueranno nelle mie ore di scienze, anche perché frequentemente i mass-media riportano notizie a tale riguardo. Per fortuna, ogni tanto, qualche burlone si pente e si scopre, ad esempio, che i misteriosi cerchi lasciati da extraterrestri nei campi inglesi e tedeschi erano frutto dello scherzo di qualche simpaticone; anche se qualche scienziato convinto dell’origine aliena di tali strutture sarà caduto nel tranello, almeno i miei alunni avranno avuto un ulteriore motivo di discussione per indagare i fenomeni della natura.

Alberto Bertini è un insegnante di scienze presso la Scuola Media Statale di Caprile di Alleghe (BL).


http://www.cicap.org/articoli/at100024.htm

Se il paranormale entra in classe

di Piero Angela

“Chi di voi crede nei fenomeni paranormali? Per esempio nella capacita’ di leggere nel pensiero, o nel passato di un individuo, attraverso percezioni extra-sensoriali?”

La grande maggioranza degli studenti alzo’ la mano. Erano studenti di un corso di psicologia all’Universita’ di Los Angeles (UCLA). “Bene – riprese il professore – Ora vi dimostrero’ che queste cose effettivamente esistono“. E interrogo’ uno studente, uno di quelli che avevano alzato la mano: attraverso una serie di domande e di risposte, di affermazioni e di mezze-affermazioni, il professore diede allo studente l’impressione di sapere effettivamente molte cose sul suo conto: cose che riguardavano il suo carattere, il suo passato, certi suoi problemi di relazione, ecc.
Uno dei pochi studenti che non avevano alzato il braccio era mio figlio Alberto, che quella sera mi telefono’ abbastanza scandalizzato: “Ma che razza di professore e’ questo? Dove sono capitato?” Gli dissi che probabilmente si trattava di un’astuzia, di uno strategemma per dimostrare quanto sia facile indovinare cose che sembrano essere molto personali, non conoscibili da altri. “Aspettiamo – gli dissi – vediamo come va a finire“.
Il giorno dopo, il professore di piscologia rivelo’ che si era valso appunto di alcune trappole mentali per far credere di essere un indovino (in particolare la tendenza che esiste in ogni individuo a “personalizzare” e interpretare cio’ che gli viene detto, adattando alla propria situazione delle affermazioni che, in realta’, sono abbastanza generiche).
Se racconto questo episodio e’ perche’ mi sembra molto istruttivo: mostra cioe’ come un professore possa far vivere ai suoi studenti un’esperienza che difficilmente dimenticheranno, facendo loro capire le debolezze della psicologia umana, e la facilita’ con cui si possono far interpretare in modo sbagliato le cose. Quale che sia il loro futuro atteggiamento nella vita (credente o scettico) questa piccola esperienza li aiutera’ a riflettere meglio, e a essere meno vulnerabili.
I sondaggi d’opinione mostrano che un numero enorme di persone credono ad astrologi, veggenti, maghi d’ogni tipo (per non parlare dei guaritori, degli occultisti, delle sette, ecc.). L’informazione giornalistica e radiotelevisiva molto spesso e’ di manica larga (se non addirittura complice) nei confronti del “paranormale”.
Non esistono praticamente punti di riferimento seri e documentati cui rivolgersi: e proprio per questo il CICAP cerca di svolgere un ruolo attivo in questo campo.
Ma la scuola e l’Universita’, perche’ sono assenti? Per quale ragione non aiutano la diffusione di un’informazione seria su una questione che sta assumendo vasta rilevanza ormai anche nel nostro paese? (Un’inchiesta per l’Ispes di Cecilia Gatto Trocchi, antropologa all’Università di Perugia, rivela che esistono in Italia oltre 800 sette, per un totale di due milioni di adepti).
Una proposta. Non solo istituire nelle Università qualche seminario per gli studenti, o qualche ciclo di lezioni sull’argomento, ma dare tesi di laurea sul “magico” contemporaneo. Il paranormale e le pseudoscienze possono offrire richissimi (e originalissimi) spunti per studenti in molte discipline: psicologia, antropologia, filosofia della scienza, sociologia, ecc.

da Scienza & Paranormale, anno I, n. 1

Chi ci vuol provare?


http://www.cicap.org/articoli/at101271.htm

Seminario su Scienza e Pseudoscienza

Congresso AIF Cagliari – 23/10/98

di Giacomo Torzo

Come introduzione al Seminario citerò alcuni estratti dell’American Journal of Physics, cominciando da un articolo del settembre 1998 di Chet Raymo (Dept. Physics and Astronomy, Stonehill College, North Easton Massachusetts).

Secondo recenti sondaggi meno della metà degli Americani adulti sa che la terra compie una rivoluzione attorno al sole una volta l’anno. Meno della metà accetta l’idea che gli uomini siano evoluti da precedenti specie animali. Solo il 12% dichiara che l’astrologia “non è affatto una scienza”.

Jon Miller della Northern University, che ha posto a migliaia di persone questo tipo di domande, conclude che solo il 6% degli Americani adulti può essere definita “scientificamente alfabetizzata”.

Citando un precedente articolo di Keith Devlin (Decano in Scienze alla St. Mary’s College e ricercatore alla Stanford University) Non è ne’ possibile ne’ necessario che tutta la popolazione raggiunga una conoscenza scientifica dettagliata in tutti i rami delle diverse discipline. La scienza è diventata troppo vasta troppo complessa troppo specializzata per consentire persino ad uno scienziato di tenersi aggiornato su tutto. E’ diventato necessario fidarsi degli esperti. Ma come possiamo valutare gli esperti? Come possiamo distiguere l’esperto dal ciarlatano?…

Questo è il vero problema, su cui torneremo più avanti.

Devlin sostiene anche che dovremmo impegnarci perché la popolazione raggiunga non la “Alfabetizzazione scientifica” ma la “Consapevolezza scientifica”, una comprensione di che cosa è la scienza e di che cosa significa “stabilire un fatto scientifico”. Quando dico che tutti gli adulti dovrebbero essere scientificamente consapevoli intendo dire che dovrebbero basare le loro opinioni su fatti ed evidenze osservabili piuttosto che su pregiudizi o assunzioni, dovrebbero essere disposti a cambiare le loro opinioni sulla base di nuove evidenze, dovrebbero capire relazioni di causa-effetto, e capire come la scienza viene costruita (in particolare il ruolo giocato da osservazione ed esperimento nello stabilire una conclusione scientifica, e impadronirsi dei concetti di “teoria scientifica” e di ” fatto scientifico”).

Un altro contributo a questo tema era stato offerto, nell’ottobre 1996, da Michael Shermer (Professore di Storia della Scienza all’Occidental College e direttore della rivista Skeptic) in un articolo intitolato “La speranza è immortale: Perché la gente crede al soprannaturale?”

La scienza ha costruito il mondo moderno. Ci dà la plastica e l’esplosivo al plastico, automobili e carri armati, trasporti supersonici, e bombadieri. …Gli sviluppi della scienza medica ci fanno vivere adesso il doppio rispetto ad appena 150 anni or sono, anche se adesso abbiamo il problema dell’eccesso di popolazione, un rischio potenziale peggiore di qualsiasi malattia del passato…

La crescita nelle scienze fisiche ci ha dato l’elettricità, computers, automobili, lasers… insieme al rischio nucleare, chimico, biologico. Le scoperte e le teorie nel campo dell’evoluzione e della cosmologia ci hanno aperto gli occhi sulla origine della vita e della specie umana, anche se per molti queste idee appaiono come una minaccia per le proprie credenze tradizionali e religiose… L’Occidente industrializzato potrebbe, nel suo insieme, essere visto come un monumento alla Rivoluzione Scientifica cominciata 400 anni fa e riassumibile nella frase pronunciata da uno dei suoi autori, Francis Bacon, “La conoscenza è potere”… Ed è la scienza che ha permesso poi l’osservazione dell’economista Kenneth Boulding ” Il mondo oggi è diverso da quello in cui io sono nato quanto il mondo in cui io sono nato era diverso da quello di Giulio Cesare: io sono nato quindi a metà di tutta la storia umana”.

Bene, ma se viviamo nell’epoca della scienza perché allora abbondano tante tradizioni pseudoscientifiche ? Miti, superstizioni, credenze NewAge e magìe di ogni tipo pervadono le menti, sia nei ceti popolari che in quelli colti. Qualcuno potrebbe ribattere che le cose non vanno poi tanto male se paragonate alla situazione del Medioevo. Tuttavia, le statistiche ci dicono che le credenze pseudoscientifiche stanno crescendo proprio alla fine di questo secolo. Un sondaggio Gallup su 1236 Americali dimostra allarmanti percentuali circa le credenze paranormali:

Astrologia 52%

Percezione Extrasensoriale (ESP) 46%

Stregoneria 19%

Alieni sbarcati sulla terra 22%

Il continente perduto Atlantide 33%

Uomini e dinosauri vissuti nella stessa era 41%

Diluvio universale (Arca di Noè) 65%

Comunicazione con i defunti 42%

Fantasmi 35%

La domanda ora è: perché? Perché la gente crede a cose assurde? …Triangolo delle Bermuda, Bioritmi, Creazionismo, Levitazione, Psicocinesi, UFO, Chiaroveggenza, MotoPerpetuo, …

La risposta può venire dalla comprensione della umana condizione. Il nostro vivere su questa Terra è contingente e pieno di incertezze, la più spaventosa delle quali è il tempo e il luogo della nostra fine. Proprio la nostra morte e le tasse, (come dice una barzelletta) sono le sole due cose sicure in un mondo per il resto imprevedibile. Per questo diventiamo creduloni: non potendo accettare una realtà così desolante molti di noi cercano di evadere il fisco e molti altri si danno allo spiritualismo. Le nostre capacità critiche e razionali soccombono sotto l’assalto delle promesse e le speranze che ci vengono offerte per mitigare quello che è il nostro maggior motivo d’ansia: la certezza della morte. Non sarebbe meraviglioso se davvero potessimo non morire? Non sarebbe bello poter parlare ancora con i nostri cari defunti?

Sotto questo aspetto gli scettici non sono diversi dai credenti. E’ una caratteristica generale dell’uomo, probabilmente risalente al Pleistocene, ai due milioni di anni trascorsi dalla nostra specie in condizioni di vita incerta persino in relazione al pasto successivo (non si sapeva mai se lo avremmo concluso da predatori o da prede). E’ solo nell’ultimo secolo che la medicina moderna, le assicurazioni sanitarie e la prevenzione del crimine hanno allontanato da noi questo terrore ancestrale. Ma questo secolo rappresenta lo un milionesimo della storia umana; per il resto la precarietà della vita è stata la norma. Non dobbiamo quindi stupirci che i nostri antenati abbiano sviluppato credenze in un’altra vita e in aiuti spirituali. Chi non lo farebbe in simili condizioni? Chi offre la speranza deve solo fornire la più fragile prova del suo potere, tanto basta a chi vuole credere…

E’ innegabile che oggi viviamo nell’era della scienza. Ma è proprio per questo che oggi fioriscono le pseudoscienze – che, per essere accettate devono “apparire” scientifiche – perché la è la scienza che dà l’attestato di verità nella nostra cultura.

Ciascuno di noi nasconde in fondo in sé una qualche forma di fede nella scienza, la fiducia che la scienza potrà risolvere in qualche modo i nostri maggiori problemi (AIDS, cancro, sovrapopolazione, inquinamento, …)

Alla fine Shermer conclude cercando di dare una risposta all’importante domanda di Devlin “.Dato che è diventato necessario fidarsi degli esperti, come possiamo valutare gli esperti? “

citando Sir Artthur Stanley Eddington, astrofisico, che chiedendosi “Chi osserva gli osservatori?” si rispondeva “L’epistemologo, che guarda gli scienziati per capire cosa realmente essi osservano (che spesso è ben diverso da ciò che essi dicono di osservare). Egli esamina le loro procedure e i limiti degli apparati che usano per comprendere i limiti delle conclusioni cui loro giungeranno”.

Ovviamente la comunità scientifica provvede di solito in modo automatico alla selezione delle affermazioni scientificamente affidabili, conglobandole nella crescente costruzione che costituisce il “sapere scientifico consolidato”, e filtrando quelle che non passano le verifiche sperimentali o di autoconsistenza, o che chiedono un numero eccessivo di nuovi postulati. E l’epistemologia è quella branca della scienza che fa oggetto della propria indagine appunto la critica dei fondamenti scientifici.

Ma il “sapere scientifico consolidato”, proprio per la grande complessità e vastità raggiunta nell’era moderna, non viene altrettanto automaticamente trasferito dai media alla totalità della popolazione: i divulgatori multimediali, elettronici o cartacei che siano, obbediscono alla logica del profitto, dell’audience, non al rigore scientifico.

Concludo la mia introduzione con un appello tratto da un articolo di Martin Gardner, che molti di voi conosceranno per la rubrica che per tanto tempo ha tenuto su Scientific American, e nella versione italiana (Le Scienze) ove è tornato proprio nell’ultimo numero a scrivere sui Giochi Matematici. In un articolo dell’aprile 1997 in cui presentava l’organizzazione CSICOP (Comitato per lo Studio Scientifico sulle Affermazioni sul Paranormale), cui aderiscono numerosi fisici tra cui Gell-Mann, Crick, Holton, Dawkins, Seaborg, Hofstadter, Sagan, Weinber, dopo una sconsolante rassegna sul proliferare, nel suo paese e nel mondo, della letteratura e della popolarità di occultismo, NewAge, creazionismo e pseudoscienze varie, concludeva :

Sembra poco realistico aspettarsi che siano gli scienziati a distolgliersi dal loro lavoro e dai loro laboratori per battersi contro affermazioni che loro considerano assurdità. La speranza maggiore per ottenere un cambiamento di tendenza può forse poggiare nella didattica delle scienze.

E’ quindi dagli insegnanti, non dagli scienziati che ci si può attendere un contributo sensibile alla corretta definizione dei confini tra scienza e pseudoscienza.

Secondo me non è tanto importante battersi contro chi usa diffondere speranze o credenze scientificamente infondate (che spesso sono una efficace risposta alla umana ansia ancestrale), quanto chiarire la sostanziale differenza tra credenze e fatti scientificamente accertati.

E questo sforzo sarà tanto più efficace quanto più si punterà su una didattica di tipo formativo piuttosto che su una di tipo specialistico, sulle metodologie scientifiche piuttosto che sui contenuti disciplinari.

Giacomo Torzo
Dipartimento di Fisica , Università di Padova
ICTIMA-CNR, INFM-Unità di Padova



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