TORTURA!!!

Roberto Renzetti

     Riporto di seguito le foto che tutti conoscono ma che devono diventare ossessive per i civilizzatori USA. Stanno distruggendo il convivere civile, stanno marciando con gli stivali chiodati sulle spoglie della democrazia e dei diritti civili. Un popolo costituito da una gran maggioranza di ignoranti e bulli (al quale tende rapidamente il popolo italiano) crede di poter continuare ad offendere il mondo. I “bravi ragazzi” americani resteranno come esempio delle aberrazioni cui può arrivare la razza umana.

     Fin qui per chi comincia da ora a scandalizzarsi. Io lo faccio da quando ho l’età della ragione e non ho mai smesso. Troppo lungo raccontare tutto, di crimini USA e di servi docili nostrani. Sui crimini si rimedia con un ottimo libro di un ex funzionario del Dipartimento di Stato USA: William Blum – Il libro nero degli Stati Uniti – Fazi Editore, 2004. Sui servi docili non vi è ancora un libro completo … posso solo consigliare di seguire l’attualità. Il governo è tutto della categoria servizievole; l’opposizione ha molti servizievoli in ansia di entrare in servizio attivo.

    Aggiungo il rapporto della Croce Rossa e quello di Amnesty International che documentano di aver informato, vari mesi prima, l’amministrazione USA di quegli orrori.

    Alla fine di tali rapporti una foto che mostra Berlusconi fare la ola per il suo Milan, mentre il nostro giovane ventitreenne Matteo Vanzan veniva ucciso in combattimento.


http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=torture&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=34552 

15.05.2004
Amnesty/1 L’introduzione


INTRODUZIONE

Ad oltre un anno dall’occupazione dell’Iraq, ogni giorno vengono ancora uccisi civili dalle Forze della Coalizione, da gruppi armati e da singoli. Nelle ultime settimane centinaia di civili sono rimasti uccisi in quanto si sono andati in intensificando gli scontri tra le Forze della Coalizione e gruppi armati che si oppongono all’occupazione.

Nella sola Falluja durante gli scontri tra le Forze della Coalizione e gli insorti sono morte almeno 600 persone, compresi molti bambini. Gli scontri a Falluja erano iniziati il 4 aprile quando le forze armate americane avevano iniziato importanti operazioni militari dopo che il 31 marzo gli insorti avevano ucciso, bruciato e mutilato quattro agenti della sicurezza di cittadinanza americana. Scontri sono anche scoppiati tra le Forze della Sicurezza e i seguaci del leader sciita Muqtada al-Sadr in alcune zone di Baghdad e in diverse altre città a causa della chiusura, alla fine di marzo, del giornale al-Hawza al-Natiqa e all’arresto di uno dei suoi più stretti collaboratori, Mustafa al-Yaqubi, accusato dell’omicidio a Najaf nell’aprile 2003 del noto religioso sciita Abd al-Majid al-Khoie.

Nell’Iraq meridionale dall’inizio dell’occupazione sono stati giustiziati da gruppi armati decine o forse centinaia di civili. La stessa polizia è riluttante a parlare di questi omicidi perché i funzionari temono per la loro vita e per quella delle loro famiglie. Gli iracheni non sembrano credere che l’Esercito britannico o la polizia irachena siano in grado di proteggerli o che i responsabili possano essere assicurati alla giustizia.

Il ministero della Difesa del Regno Unito ha dichiarato che le forze britanniche hanno preso parte all’uccisione di 37 civili dal 1° maggio 2003. Il ministero riconosce tuttavia che il dato potrebbe essere sottostimato. In diversi casi documentati da Amnesty International, i soldati britannici hanno aperto il fuoco e ucciso civili iracheni in circostanze nelle quali non sembrava esservi imminente pericolo di morte per i soldati.

Tutti i governi sono impegnati a garantire il diritto alla vita. Nel caso di uccisioni ad opera di soldati o di agenti della polizia il governo deve avviare una inchiesta approfondita e imparziale e assicurare alla giustizia gli eventuali responsabili. Ciononostante l’Esercito britannico non ha nemmeno avviato una inchiesta su molti casi nei quali civili sono stati uccisi dalle forze britanniche in Iraq.

Tutti i casi di omicidio debbono essere oggetto di approfondite indagini e i responsabili debbono essere processati. Tuttavia la Polizia Irachena sembra non avere la capacità o la volontà di avviare serie indagini sulle frequenti uccisioni di quadri intermedi del partito Baath o sulle uccisioni ascrivibili a controversie di tipo religioso.

Dal marzo 2004 la situazione della sicurezza a Bassora e in altre città del sud è andata peggiorando dopo che fino ad allora il sud del paese era stata la parte relativamente più tranquilla. Ad esempio il 21 aprile 73 persone, tra cui 17 bambini, sono state uccisi a seguito dell’esplosione di una serie di bombe presso tre stazioni di polizia a Bassora e in prossimità dell’accademia di polizia di Zubair.

Il presente rapporto riguarda l’uccisione di civili nell’Iraq meridionale e si basa su ricerche effettuate dai delegati di Amnesty International nel sud dell’Iraq tra il 9 febbraio e il 4 marzo 2004. Sono stati intervistati testimoni oculari e familiari delle vittime. I delegati hanno anche parlato con numerosi ufficiali della polizia irachena, compresi i capi della polizia a Bassora e a al-Amara, oltre che con giudici e avvocati. I delegati si sono anche incontrati con funzionari dell’Autorità Provvisoria della Coalizione responsabili dell’ordine nell’Iraq meridionale.

Amnesty International ha anche chiesto di incontrare il Comandante del Dipartimento legale delle forze britanniche di stanza in Iraq e la Polizia Militare. Gli incontri sono stati rifiutati. La Polizia Militare ha detto per telefono ad un delegato “non abbiamo nulla da dirvi”. Ulteriori informazioni in ordine alla risposta del governo alle uccisioni di civili iracheni da parte delle forze armate britanniche sono state ricavate dai documenti parlamentari.


15.05.2004
Amnesty/2 Le uccisioni


UCCISIONI DA PARTE DELLE FORZE ARMATE BRITANNICHE

In diversi casi i soldati britannici hanno aperto il fuoco e ucciso civili iracheni in assenza di una imminente minaccia di morte. Nella maggior parte dei casi documentati da Amnesty International i soldati hanno fatto ricorso all’uso delle armi anche quando ciò non appariva strettamente necessario per proteggere la loro vita. I casi che seguono sono solo alcuni di quelli indagati da Amnesty International.

Uccisioni di individui

Wael Rahim Jabar
Il 26 maggio 2003 un parà britannico ha aperto il fuoco e ucciso Wael Rahim Jabar, 20 anni, a Hay Abu Romaneh nel distretto di al-Amara. Wael Rahim Jabar figurava tra coloro che erano stati incaricati dalla comunità locale di proteggere la zona. Il giorno della sua morte camminava per la strada principale con un kalashnikov in spalla accompagnato da due amici disarmati. Erano le 21:30, era buio e quindi non si sono avveduti di una pattuglia britannica composta da quattro parà senza interprete. Uno dei parà ha aperto il fuoco da una distanza di circa sei metri e colpendo Wael Rahinm Jabar al collo e al petto. Il ragazzo e’ morto sul colpo. I parà hanno aperto il fuoco senza prima avvertire.

Circa dieci giorni dopo alcuni parà si sono recati a casa della zia materna della vittima per presentarle le condoglianze. Nel giugno 2003 l’avvocato della famiglia ha notificato una citazione all’Autorità Provvisoria della Coalizione chiedendo un risarcimento. Nel febbraio 2004 la famiglia non aveva ancora ricevuto alcuna risposta.

Wael Rahim Jabar, oltre che studiare, lavorava come fornaio per mantenere la madre la moglie e due figli.
Hassan Hameed Naser
Il 9 e 10 agosto 2003 ci sono state a Bassora violente dimostrazioni di cittadini iracheni in segno di protesta per la mancanza di carburante in città. Il secondo giorni diversi giovani si sono radunati di primo mattino vicino ad un grande garage e hanno iniziato una fitta sassaiola contro le autovetture di passaggio e contro una pattuglia britannica composta da tre blindati facente parte della Compagnia B del Primo Battaglione del Reggimento del Re. I soldati hanno aperto il fuoco. Hassan Hameed Naser, un disoccupato scapolo, e’ rimasto ucciso apparentemente per mano dei soldati britannici.

Il fratello della vittima ha detto ad Amnesty International che quella mattina lui e suo fratello si erano recati con i mezzi pubblici al centro di Bassora. Arrivati in prossimità del garage avevano visto dei giovani che lanciavano pietre contro i blindati. Dalle loro spalle arrivavano colpi di arma da fuoco. Tre blindati erano fermi sull’altro lato della strada. D’improvviso un so,dato ha cominciato a fare fuoco a casaccio. Uno dei colpi ha raggiunto Hassan Hameed Naser che e’ stato portato in ospedale ma e’ morto dopo un intervento chirurgico.

Un portavoce militare britannico ha così commentato gli avvenimenti: “nella parte nord di Bassora sono in corso quattro manifestazioni di protesta che anno dato vita a modesti disordini. In un caso i soldati britanni sono stati fatti oggetto di colpi d’arma da fuoco e hanno risposto al fuoco”.

Un ufficiale della Compagnia B ha fato visita alla famiglia di Hassan Hameed Naser. Ha espresso il suo rincrescimento ma ha anche detto che durante la dimostrazione c’era stata una sparatoria. Circa dieci giorni dopo in occasione di un altro incontro con la famiglia l’ufficiale ha offerto 2.000.000 di dinari iracheni (circa 1.405 dollari. La famiglia ha rifiutato l’offerta. In seguito ha deciso di accettare ma l’offerta era stata ritirata.

Il 1° dicembre il fratello della vittima ha presentato richiesta di risarcimento all’ufficio competente che si occupa delle richieste di risarcimento nei confronti delle forze britanniche in Iraq. La richiesta e’ stata respinta il giorno seguente.

Secondo le informazioni fornite il 19 gennaio 2004 dal sottosegretario britannico alla Difesa per le Forze Armate non e’ stata avviata alcuna indagine dalle autorità militari su questo episodio.

Hazam Jumah Kati e Abed Abd al-Karim Hassan
La sera del 4 agosto 2003 soldati della Compagnia B del Primo Battaglione del Reggimento del Re hanno aperto il fuoco a Hay al-Shuhada, al-Majdiyeh, uccidendo Hazam Jumah Kati, un disoccupato di 25 anni, e Abed Abd al-Karim Hassan, un lavoratore di circa 60 anni. Secondo quanto riferito dalle famiglie, intorno alle 23 si sono sentiti degli spari e i due uomini sono usciti di casa per vedere cosa stava accadendo. In seguito si e’ venuto a sapere che alcuni iracheni avevano sparato in aria a seguito della morte di uno sceicco locale.

Quella sera era molto buio e non c’era elettricità. Entrambi gli uomini erano disarmati. Circa 15 minuti dopo e’ arrivata una pattuglia britannica. A quel punto i due uomini stavano facendo ritorno a casa e percorrevano una strada molto stretta. La pattuglia ha aperto il fuoco. Il padre di Hazam ha detto ad Amnesty International: «mi si è avvicinato un uomo e mi ha detto che c’erano due morti in strada. Un gruppo di noi si è avvicinato alla pattuglia. Uno di noi parlava un po’ d’inglese e ha chiesto “chi avete ucciso?” Il soldato ci ha accompagnato dove si trovavano i cadaveri ed io ho chiesto al capitano “Perché li avete uccisi?” E lui mi ha risposto “mi dispiace. E’ stato uno sbaglio. Era buio”».

Hazam Jumah Kati, colpito da sette proiettili, è morto sul colpo, Abed Abd al-Karim Hassan colpito da cinque proiettili è morto in seguito alle ferite riportate.

Il tenente colonnello Ciaran Griffin comandante del Primo Battaglione del Reggimento del Re, accompagnato da un gruppo di ufficiali, si è recato a Hay al-Shuhada intorno al 20 agosto per incontrare i rappresentanti delle famiglie della tribù Beni Skein. Si scusato per la morte delle due persone ma ha chiarito che l’esercito non era disposto a corrispondere un risarcimento in quanto non si riteneva responsabile. Si è offerto invece di effettuare una “donazione” alle due famiglie.

L’Esercito britannico in data 17 agosto 2003 ha inviato al rappresentante della tribù di Beni Skein unna lettera firmata dal tenente colonnello Griffin:

“La notte del 4 agosto 2003 una pattuglia del Primo Battaglione del Reggimento del Re ha notato diversi colpi di arma da fuoco che provenivano alla zona di Al Majdiyah e ha ritenuto che fosse in corso uno scontro a fuoco. Si sono recati sul limitare del villaggio e poi hanno proseguito a piedi. Era molto buio, mancava l’illuminazione stradale e non c’era la luna. La pattuglia ha incontrato due uomini che sembravano armati e che costituivano una minaccia per la vita dei membri della pattuglia e pertanto i soldati hanno aperto il fuoco e li hanno uccisi.

Si è poi saputo che gli spari erano da collegare al funerale di uno sceicco locale e che i due uomini uccisi dalla pattuglia britannica non intendevano attaccare nessuno. Ci rincresce profondamente per la morte di Hazam Jumah Kati e di Abed Abd al-Karim Hassan e speriamo di collaborare con la tribu’ Beni Skein e con tutte le altre tribù per evitare il ripetersi in futuro di analoghi malintesi.

Sebbene le persone abbiano il diritto di tenere due armi in casa e un’arma sul posto di lavoro, è proibito portare armi per la strada al fine di evitare questi malintesi con l’esercito e la polizia. Se queste regole fossero state osservate il tragico avvenimento non si sarebbe verificato.

Sebbene il governo britannico non possa accettare di risarcire le famiglie delle vittime, ho effettuato una piccola donazione per aiutare le famiglie. Questa donazione – 2.000.000 di dinari iracheni per la famiglia di Abed Abd al-Karim Hassan e 3.000.000 di dinari per la famiglia di Hazam Jumah Kati – non esclude futuri risarcimenti da parte del governo iracheno”.

Secondo le informazioni fornite il 19 gennaio 2004 dal sottosegretario alla Difesa per le Forze Armate non è stata avviata alcuna indagine dalle autorità militari su questo episodio.

Hanan Saleh Matrud
Il 21 agosto 2003 un soldato della Compagnia B del Primo Battaglione del Reggimento del Re ha aperto il fuoco e ucciso Hanan Saleh Matrud, una bambina di otto anni, a Karmat Ali. Le versioni sull’accaduto dei testimoni iracheni e della famiglia, da un lato, e del Primo Battaglione, dall’altro, differiscono. La posizione dei militari britannici è riassunta in una lettera inviata alla famiglia il 12 ottobre 2003.

21 AGOSTO 2003. Una pattuglia di due veicoli Warrior della Compagnia B del Primo Battaglione del Reggimento del Re era in movimento nella zona di Qarmat Ali. All’epoca era noto che la zona di Qarmat Ali era ostile alle Forze della Coalizione. Mentre la pattuglia andava verso nord e’ stata oggetto di un fitto lancio di pietre da parte di un folla in tumulto. Un soldato preoccupato della sua incolumità e dell’incolumità della pattuglia ha sparato un colpo di avvertimento in aria nel tentativo di disperdere la folla. L’iniziativa ha avuto l’effetto voluto e la folla si è dispersa.

Erano passati alcuni minuti durante i quali la pattuglia aveva valutato la situazione e calmato la gente del luogo. A questo punto la pattuglia ha notato una folla che correva in direzione dei soldati con una bambina che presentava un taglio nella zona addominale. La bambina di otto anni era Hanan Saleh Matrud. Era cosciente ma era evidente che la lesione era molto grave. Dopo essere stata trasferita all’ospedale Ceco di Bassora nord, Hanan è morta il 22 agosto 2003.

Si avanzava l’ipotesi che la ferita fosse stata provocata dal colpo di avvertimento, la qual cosa non e’ stata provata ma accettata come possibilità.

La lettera, consegnata alla famiglia in inglese, sostava anche che Saleh Matrud, padre della bambina, concordava con il contenuto della lettera. La famiglia sostiene invece che quando il soldato ha aperto il fuoco non c’era nessun lancio di pietre. Un testimone oculare ha dichiarato che un blindato si e’ fermato all’ingresso del vicolo che porta alla casa di Hanan e ne sono scesi tre o quattro soldati. Un gruppo di bambini, tra cui Hanan, si sono radunati nel vicolo a circa 60-70 metri dal blindato, attirati dai soldati. All’improvviso un soldato ha sparato un colpo che ha colpito Hanan all’addome. Lo zio di Hanan ha portato la piccola fino al blindato. Sulle prime i soldati non volevano portarla all’ospedale poi hanno accettato di farlo. E’ morta il giorno seguente dopo una operazione.

Poco dopo il maggiore Gary della Compagnia B ha visitato la famiglia e ha proposto una tregua tra la loro tribù, i Qatrani, e l’esercito britannico. La famiglia e i notabili della tribu’ hanno rifiutato una tregua senza un risarcimento. Un ufficiale della Compagnia B ha risposto che a decidere sull’eventuale risarcimento sarebbe stato il futuro governo iracheno. Si trattava ovviamente di una informazione non corretta in quanto le richieste di risarcimento vanno indirizzate all’ufficio competente (Area Claims Office) che era già in funzione.

Secondo la famiglia di Hanan la polizia militare il giorno dopo l’incidente ha fotografato la zona e parlato con i testimoni e ha fotografato il corpo di Hanan in ospedale. Tuttavia stando alle informazioni fornite il 19 gennaio 2004 dal sottosegretario alla Difesa per le Forze Armate le autorità militari non hanno avviato alcuna indagine.

Walid Fayay Mazban
Walid Fayay Mazban, un autista di 42 anni, e’ stato ucciso da un colpo d’arma da fuoco il 24 agosto 2003 al posto di blocco temporaneo di Sikek, Bassora, da un soldato del Primo Battaglione del Reggimento del Re. Con il suo lavoro manteneva la moglie, due figli e i suoi due genitori.

La sera del 24 agosto alcuni soldati britannici hanno piazzato un posto di blocco temporaneo in coincidenza con un incrocio nei pressi di Sikek. Secondo un testimone oculare tre soldati si trovavano sul versante nord della strada, uno sul versante sud-occidentale e l’altro sul versante nord-est. Era molto buio in quanto mancava l’elettricità. Saddam Hussein Danan, vicino di casa della vittime che ha assistito all’uccisione, ha dichiarato: «Ero in bicicletta circa cinquanta metri dietro il veicolo di Walid. Erano le 20,30 circa. Guidava normalmente e all’improvviso ho sentito il crepitio delle armi da fuoco. Prima non avevo sentito nulla. Sono stati circa sei o sette colpi. Quando ho sentito sparare sono scappato».

Walid Fayay Mazban è stato colpito alle spalle dove aver voltato ad un incrocio con il suo minibus. Secondo la famiglia è stato colpito da un soldato che si trovava sul lato sud-ovest dell’incrocio. Walid Fayay Mazban è stato portato in ospedale da una ambulanza militare ed è morto il giorno seguente.

Kadhem Finjan Hussein, già presidente dei Consigli Locali di Bassora Nord, che ha partecipato alle trattative tra la famiglia della vittima e l’Esercito britannico, ha detto ad Amnesty International che i rappresentanti dell’Esercito britannico gli avevano riferito che i soldati del posto di blocco avevano visto il veicolo di Walid Fayay Mazban scartare bruscamente in maniera sospetta. Aveva urlato “stop” in inglese poi avevano fatto fuoco. Walid non conosceva l’inglese ed è possibile che on abbia sentito nulla. Nulla di sospetto e’ stato trovato nel veicolo quando è stato perquisito dall’Esercito britannico.

Sempre nel mese di agosto un ufficiale britannico ha partecipato ad un incontro con i rappresentanti della tribù, al-Bubsayri, con la famiglia e con Hussein Kadhem Finjan Hussein. Secondo quest’ultimo l’ufficiale inglese avrebbe offerto 2.000.000 di dinari iracheni (1.405 US$) per aiutare la famiglia. L’ufficiale ha sottolineato che l’offerta di aiuto non era una ammissione di colpevolezza. Dopo un iniziale rifiuto la famiglia ha accettato la somma. Il 19 gennaio 2004 il sottosegretario alla Difesa per le Forze Armate ha dichiarato che era stata avviata una inchiesta su questo incidente.

Asad Kadhem Jasem
Il 4 settembre 2003 almeno un soldato del Primo Battaglione del Reggimento del Re ha aperto il fuoco e ucciso Asad Kadhem Jasem, un autista di piazza sposato con un figlio, al posto di blocco di al-Hartha, a nord di Bassora.

Asad Kadhem Jasem si era avvicinato al posto di blocco con il suo taxi intorno alle 23. Haidar Hisham Jasem, che era seduto accanto a lui, ha detto ad Amnesty International che stava guidando velocemente perché aveva paura di essere bloccato dai ladri. Era buio e quindi non hanno visto la barriera che ostruiva parte della corsia in prossimità del posto di blocco. Asad Kadhem Jasem si è comunque fermato prima della seconda barriera. Dopo che l’auto si è fermata i soldati hanno aperto il fuoco dalla torretta di controllo che si trovava dietro l’auto. Asad Kadhem Jasem è stato colpito nella parte posteriore della testa ed è morto.

Haidar Hisham Jasem è stato trattenuto al posto di controllo per essere interrogato. Il fratello della vittima ha detto ad Amnesty International che nessun esponente dell’Esercito britannico aveva contattato la famiglia dopo la morte del fratello. A ottobre si e’ recato al posto di blocco e ha presentato domanda di risarcimento ad un ufficiale. Alla fine del 2003 alcuni membri della famiglia si sono recati al Palazzo Presidenziale dove c’’e la sede dell’Autorità Provvisoria della Coalizione e il quartier generale della Brigata per sapere che ne era stato della domanda di risarcimento, ma non hanno ottenuto alcuna risposta. Il 22 febbraio Ammar Kadhem Jasem, il fratello della vittima, ha telefonato all’Area Claims Office per avere informazioni su come presentare una domanda di risarcimento. Ha ricevuto una risposta scoraggiante in quanto l’interprete gli ha detto che per presentare domanda di risarcimento doveva conoscere il nome e l’unita’ di appartenenza del soldato che aveva ucciso suo fratello. Quello stesso giorno un delegato di Amnesty International ha telefonato per avere chiarimenti e gli e’ stato risposto che le informazioni fornite non erano esatte e che l’interessato doveva recarsi all’aeroporto internazionale di Bassora e riempire una domanda.

Secondo le informazioni fornite il 19 gennaio 2004 dal sottosegretario alla Difesa per le Forze Armate su questo incidente le autorità militari non hanno avviato alcuna inchiesta.

Hilal Finjan Salman
Hilal Finjan Salman, padre di nove figli, aveva lavorato per 35 anni come guardiano della Scuola media femminile di al-Maqal dinanzi al porto di Maqal. Era autorizzato a portare un fucile per proteggere la scuola e quando portava l’arma doveva indossare un giubbotto arancione fluorescente.

Il mattino presto del 4 ottobre 2003 migliaia di ex soldati iracheni hanno cominciato a radunarsi nella zona del porto per reclamare lo stipendio. Sono scoppiati dei disordini e la gente ha cominciato a scagliare pietre contro i soldati. A partire dalle 9:15 i dimostranti sono penetrati a centinaia all’interno del perimetro della scuola. Il personale della scuola, preoccupato per la sicurezza delle oltre 200 ragazze presenti, ha radunato le ragazze nell’ingresso. Secondo alcune testimonianze Hilal Finjan Salman avrebbe sparato due volte in aria da uno dei cortili per intimidire gli uomini. Poi e’ salito sul tetto dinanzi al porto con in mano il fucile. Tutti i testimoni interrogati da Amnesty International confermano che non ha aperto il fuoco dal tetto. Alle 10:15 circa un soldato britannico ha sparato contro Hilal Finjan Salman colpendolo alla spalla destra e al petto provocandone la morte. I soldati britannici sono entrati nella scuola e hanno portato il corpo di Hilal Finjan Salman all’ospedale.

L’8 novembre il figlio della vittima ha presentato domanda di risarcimento. Il 12 novembre l’Area Claims Office ha risposto per iscritto dicendo che si sarebbero messi in contatto con la famiglia una volta portata a termine l’inchiesta. A tutto febbraio 2004 la famiglia non aveva ricevuto alcuna altra informazione. Apparentemente nessuna inchiesta e’ stata avviata dalle autorita’ militari britanniche. Il 6 gennaio 2004 il ministro britannico per le Forze Armate ha dichiarato: “il 4 ottobre ai margini di una dimostrazione, soldati britannici hanno ucciso un iracheno armato per legittima difesa. Il fucile automatico e le munizioni dell’iracheno sono state recuperate”.

Ghanem Kadhem Kati
Dopo il rovesciamento del governo iracheno, Ghanem Kadhem Kati, 22 anni, ha fatto ritorno a Bassora dal suo esilio in Iran. Ha cominciato a lavorare con il padre come cambiavalute. Il pomeriggio del 1° gennaio 2004 c’e’ stato un matrimonio a Beit Asfar vicino casa sua durante il quale sono stati sparati dei colpi d’arma da fuoco per festeggiare. Dopo circa 15 minuti due soldati della forze armate britanniche sino sono appostati dietro un muretto davanti alla casa di Ghanem Kadhem Kati. Uno dei vicini ha dichiarato di aver visto uno dei soldati accovacciato alla fine del muretto che puntava il fucile contro Ghanem Kadhem Kati. Il vicino ha detto di aver tentato di avvertire i soldati di non sparare e di spiegare che gli spari erano segni di gioia durante una festa di matrimonio. Dopo setto o otto minuti il soldato ha sparato a Ghanem Kadhem Kati da una cinquantina di metri di distanza. Ghanem Kadhem Kati era disarmato e stava sulla porta di casa volgendo le spalle ai soldati.

La Polizia Militare britannica ha avviato una inchiesta sull’episodio. A metà gennaio cinque testimoni sono stati sentiti dalla Polizia Militare e in seguito i soldati hanno fotografato la casa e la zona circostante. A febbraio il corpo di Ghanem Kadhem Kati e’ stato riesumato e condotto in elicottero a Bassora per essere esaminato in un ospedale militare. I soldati hanno anche portato via la porta di casa nella quale erano conficcati due proiettili. La Polizia Militare ha distribuito un volantino in inglese e in arabo invitando i testimoni a presentarsi. Campioni di DNA sono stati prelevati ai congiunti più stretti. Nessuno tuttavia ha informato la famiglia in ordine a quello che doveva fare per presentare domanda di risarcimento.

Uccisione di dimostranti

Il 10 gennaio 2004 almeno tre iracheni, Muhannad Jasem Jureid, 23 anni, Rahim Hanoun Adiou, 35 anni, e Maher Abd al-Wahid Muften, 17 anni, sono stati uccisi durante una dimostrazione non autorizzata a al-Amara. Almeno altre 11 persone sono rimaste ferite.

Nelle prime ore della mattinata centinaia di iracheni hanno cominciato a radunarsi vicino al Governatorato nella speranza di poter ottenere un lavoro. Successivamente ha avuto inizio una protesta diventata violenta. Molti dimostranti lanciavano pietre alla polizia irachena e alcuni lanciavano congegni esplosivi. La polizia, alcuni testimoni oculari e l’Esercito britannico intervistati da Amnesty International, hanno dichiarato che dalla folla partivano anche colpi d’arma da fuoco. Alcuni dimostranti sono penetrati nell’edificio del Governatorato saccheggiandolo.

Dopo le nove sono sopraggiunti circa cento elementi, per lo piu’ privi di esperienza e armati solamente di kalashnikov, delle Brigata di Emergenza che fa’ parte della Polizia irachena.

La Brigata di Emergenza ha cominciato a fare fuoco avanzando verso la folla e il Governatorato. Poco dopo sono arrivati alcuni soldati britannici del Primo Battaglione di Fanteria Leggera e si sono piazzati tra la Brigata di Emergenza e la folla. Muhannad Jasem Jureid e Maher Abd al-Wahid Muften sono stati uccisi tra le 10 e le 11 mentre Rahin Hanoun Adiou è stato ucciso alle 15 circa sembra da soldati britannici.

Il 26 febbraio Amnesty International ha parlato dell’accaduto con il capo della polizia della provincia di Maysan, il quale ha dichiarato che la polizia “potrebbe aver aperto il fuoco”, ma non poteva affermarlo con certezza. Non ha ammesso alcuna responsabilita’ della polizia riguardo ai morti e ai feriti. All’epoca della dimostrazione un portavoce dell’Esercito britannico ha dichiarato che “una forse due (delle vittime) potrebbero essere state uccise da soldati britannici. I soldati sparavano per legittima difesa. Diversi oggetti sono stati lanciati contro i soldati britannici, probabilmente anche granate. Posso garantire che hanno sparato solo per difendersi”. Il 26 febbraio il sottosegretario alla Difesa per le Forze Armate ha detto che le Forze Armate britanniche hanno sparato a due iracheni uno dei quali e’ in seguito deceduto. Ed ha aggiunto “entrambi si apprestavano a lanciare delle granate dopo aver già lanciato altre granate ed esplosivi contro i veicoli britannici e rappresentavano una minaccia per le nostre forze e per i civili iracheni”.

All’epoca i media hanno parlato di cinque o sei iracheni uccisi, ma solamente tre cadaveri sono stati portati all’Istituto di medicina legale dell’ospedale generale al-Sadr. Il direttore dell’Istituto di medicina legale ha detto ad Amnesty International che non sono stati eseguiti esami autoptici in quanto era ovvia la causa della morte.

Il 10 febbraio il Tribunale di al-Amara, su richiesta della Commissione per la Sicurezza Pubblica, ha aperto una inchiesta sugli avvenimenti del 10 gennaio. Secondo tre giudici che fanno parte della commissione d’indagine scopo dell’inchiesta è di raccogliere prove e di incriminare i responsabili che verranno giudicati dal tribunale.

La commissione si trova al cospetto di diverse difficoltà. Una e’ l’assenza di prove balistiche e di referti autoptici. Un’altra è la riluttanza dei testimoni a presentarsi. A tutto il 28 febbraio la Commissione non aveva chiesto l’assistenza dell’Autorità provvisoria della Coalizione o delle Forze della Coalizione. Il tribunale in ogni caso non potrebbe obbligare i membri delle forze armate britanniche a testimoniare in quanto non sono soggetti alla giurisdizione dei tribunali iracheni.

Uccisione ad opera di singoli e gruppi armat

Dall’inizio dell’occupazione verosimilmente centinaia di persone sono state uccise deliberatamente a singoli o da gruppi armati nel sud dell’Iraq per ragioni politiche. Le armi leggere sono diffuse in tutto il sud dell’Iraq la qual cosa contribuisce ad accrescere la violenza. Gli iracheni sono autorizzati senza alcuna licenza a tenere due armi in casa e una sul posto di lavoro. Inoltre e’ comune sparare in aria in occasione di matrimoni e funerali.

Nel tentativo di indagare su assassini compiuti a Bassora per ragioni politiche o per presunte violazioni del codice morale, Amnesty International si è trovata dinanzi ad un muro di silenzio.
Nessun gruppo armato ha rivendicato queste uccisioni ma forte e’ il sospetto che almeno di alcuni di loro siano responsabili gruppi islamisti sciiti. Gruppi armati sono inoltre responsabili di rapimenti, detenzioni e torture. Tuttavia gli omicidi di alcuni ex membri del partito Baath sono stati senza dubbio opera di singoli per motivi di vendetta.

Uccisione di membri del partito Baath e di ex funzionari del governo

Stando alle dichiarazioni della polizia irachena, dozzine di quadri intermedi del partito Baath ed ex funzionari del governo sono stati uccisi a Bassora l’anno passato. La polizia ha dichiarato di aver recuperato oltre 60 cadaveri in strada. La maggior parte, se non tutti, erano stati uccisi con un colpo d’arma da fuoco alla testa. Il numero dei morti e’ probabilmente molto più alto in quanto in molte stazioni di polizia c’e’ stata molta riluttanza a parlare di queste cose con i delegati di Amnesty International.

Il 29 agosto 2003 uomini armati hanno sequestrato Jawad Jafar Naser nel suo negozio di frutta e verdura a Bassora. Il suo cadavere è stato successivamente rinvenuto nella zona del casinò dove, secondo la polizia, nell’ultimo anno sono stati trovati oltre venti cadaveri. In una delle sue tasche e’ stato trovato un biglietto sul quale erano scritte con inchiostro rosso le seguenti parole “Jawad Jafar Naser era membro del partito e fedelissimo di Saddam. Ha preso parte alle esecuzioni con Ali Hassan al-Majid a Abul Hasib nel 1991”.

Muhsen Abd al-Wahid al-Hajani, un insegnante cinquantenne sposato con quattro figli, era dirigente del partito Baath con il grado di “udu firqa”. A seguito dell’Ordinanza n. 1 di smantellamento del partito Baath emessa dall’Autorità Provvisoria della Coalizione il 16 maggio 2003, ha perso il posto di lavoro. Il 26 ottobre Muhsen Abd al-Wahid al-Hajani e’ uscito da casa dicendo alla famiglia che aveva intenzione di farsi inserire negli elenchi della Direzione dell’Istruzione a seguito di un annuncio della Direzione che invitava gli insegnanti che erano stati licenziati in applicazione dell’Ordinanza n. 1, a fare domanda di riassunzione o di pensionamento. Un auto con due persone a bordo lo ha fermato non appena uscito dalla Direzione dell’Istruzione. Un uomo e’ uscito dall’auto e gli ha sparato con una pistola uccidendolo. Nelle settimane successive all’annuncio sono stati uccisi nella stessa maniera almeno sette insegnanti licenziati.

Il mattino del 17 novembre 2003 Samira Fadagh Mawhan, ex preside di scuola ed ex membro del partito Baath con il grado di “udu firqa” e’ stata uccisa a colpi d’arma da fuoco a cinquanta metri da casa in una tranquilla strada residenziale di Hay al-Rafidin. Secondo i testimoni due uomini armati con un kalashnikov e una pistola sono arrivati a bordo di un’auto. L’uomo con la pistola ha fatto fuoco contro Samira Fadagh Mawhan e, secondo un testimone, mentre sparava ha urlato: “Samira, quanti innocenti hai ammazzato?”.

Muhammad Aisa, 26 anni, e’ diventato insegnante di inglese in una scuola superiore di Bassora nel 2000. Secondo la sua famiglia era stato costretto ad entrare nel partito Baath per poter lavorare. La mattina del 31 dicembre 2003 mentre percorreva in auto la zona di al-Tuweisah, una Land Cruiser bianca con due uomini a bordo gli ha bloccato la strada. Uno degli uomini e’ sceso e con una pistola ha sparato cinque colpi contro Muhammad Aisa uccidendolo sul colpo. E’ possibile che sia stato ucciso perché ex membro del partito Baath.

Alle 19:30 circa del 20 febbraio 2004 un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione in casa di Jabbar al-Badran a Hay al-Andalus, Bassora, e lo hanno ucciso. Anche suo figlio e sua figlia sono rimasti feriti. Jabbar al-Badran aveva servizio come giudice presso il Tribunale per la Sicurezza Nazionale fin quando e’ stato abolito nel maggio 2003 dall’Autorità Provvisoria della Coalizione. Il tribunale aveva condannato a morte e a lunghe pene detentive migliaia di iracheni dopo processi ingiusti spesso sulla base di confessioni estorte con la tortura.

Alcuni iracheni, compresi taluni ufficiali di polizia, hanno detto ad Amnesty International che questi omicidi erano giustificati perché gli ex membri del partito Baath e gli ex funzionari del governo avevano preso parte alle violazioni dei diritti umani da parte del governo iracheno e avevano fornito agli agenti della sicurezza informazioni che avevano portato a “sparizioni” ed esecuzioni.

Amnesty International ritiene fondamentale per le innumerevoli vittime di decenni di gravi violazioni dei diritti umani da parte di agenti del governo iracheno che i sospetti siano processati nel rispetto delle norme del diritto internazionale. Le esecuzioni in strada di persone che potrebbero essere state o meno responsabili di passate violazioni dei diritti umani non avvicinano gli iracheni all’obiettivo di accertare la verità e di fare giustizia per i crimini del passato. In realtà rendono questi obiettivi ancor più difficili da raggiungere.

Uccisione di professionisti

Molti professionisti iracheni, compresi professori universitari, medici e avvocati, sono stati assassinati ma non sono chiari ne’ i motivi ne’ gli autori. Almeno tre professionisti sono stati assassinati a Bassora e molti professionisti di Bassora hanno detto ai delegati di Amnesty International che temevano per la loro vita.

Il dott. Abdallah Hamed Abd al-Halim al-Fadhal, un chirurgo di 45 anni, nel 2001 era stato nominato vice preside del Dipartimento Affari Scientifici della facoltà di Medicina a Bassora. Lavorava anche come chirurgo consulente presso l’ospedale di Tahrir. Il pomeriggio del 20 settembre 2003 era al lavoro in una clinica privata. Intorno alle 19 e’ uscito dalla clinica per parlare con un altro medico. Mentre parlava è stato avvicinato da un uomo che gli ha chiesto “lei e’ il dottor Abdallah?”. Il dottore ha risposto affermativamente e l’uomo gli ha esploso tre colpi alla schiena e alla testa prima di fuggire.

Il dott. Asad Salim Abd al-Qader, preside della facoltà di ingegneria dell’università di Bassora, e il suo collega, dott. Jasem Muhammad Abd al-Jabbar, come sempre sono stati presi a casa dall’autista la mattina del 4 ottobre 2003. Durante il tragitto l’auto si e’ fermata all’incrocio di Dur al-Naft. Due uomini in motocicletta hanno aperto il fuoco ferendo gravemente al petto il dott. Asad Salim Abd al-Qader e provocando ferite anche al dott. Jasem Muhammad Abd al-Jabbar.
Gli attentati non avevano apparentemente motivazioni in nessuno di questi due casi.


15.05.2004
Amnesty/3, le conclusioni


CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI

Il 7 gennaio 2004 il sottosegretario britannico alla Difesa per le Forze Armate ha dichiarato che le forze armate britanniche “collaborano con il popolo iracheno per creare condizioni di sicurezza e lo stanno facendo nel rispetto dello Stato di diritto”. Questa non e’ la situazione riscontrata dai delegati di Amnesty International in Iraq. Come evidenzia il rapporto, in taluni casi le forze armate britanniche hanno aperto il fuoco e ucciso civili iracheni in violazione delle regole internazionali in materia di diritti umani per ciò che riguarda l’uso della forza e delle armi da fuoco. Inoltre la risposta dell’Esercito britannico all’uccisione proditoria di civili ha indebolito piuttosto che rafforzato lo Stato di diritto. L’Esercito britannico non ha avviato indagini su tutte le uccisioni di civili e le indagini che sono state eseguite non hanno dato l’impressione “che fosse stata fatta giustizia” agli occhi delle famiglie delle vittime o dell’opinione pubblica irachena o britannica. Le inchieste sono state condotte nella massima segretezza – alcune vittime ignoravano persino che fossero state avviate. Alle famiglie delle vittime non sono state fornite informazioni adeguate in ordine al modo in cui presentare domanda di risarcimento.

Amnesty International ritiene inoltre che le forze armate britanniche e la Polizia irachena siano state negligenti nei confronti delle famiglie delle persone uccise da singoli o da gruppi armati. Sono state negligenti non esercitando la dovuta diligenza nel prevenire questi abusi o nell’indagare, perseguire e punire i colpevoli.

Amnesty International accoglie con favore gli sforzi del governo britannico e di altri governi volti a rafforzare le capacità della Polizia irachena. Tuttavia ad una maggiore capacità deve accompagnarsi una maggiore disponibilità da parte della polizia ad agire in queste circostanze e a sostenere lo Stato di diritto.

Amnesty International fa appello alle autorità britanniche, all’Autorità Provvisoria della Coalizione e al Consiglio di governo iracheno affinché:

– facciano in modo che tutti coloro che sono impegnati nel compito di tutela dell’ordine pubblico, siano essi membri delle forze armate britanniche o della polizia irachena, garantiscano il diritto alla vita attraverso il rispetto del Codice di Condotta degli Agenti di Polizia, dei principi fondamentali delle Nazioni Unite sull’uso della forza e delle armi da fuoco e dei principi del diritto umanitario. Gli agenti di polizia debbono fare ricorso alla forza letale solo quando e’ assolutamente inevitabile per proteggere la vita;
– addestrino gli agenti di polizia e le forze militari impiegate in compiti di polizia all’uso graduato della forza e delle armi da fuoco;
– equipaggino gli agenti di polizia e le forze militari impiegate in compiti di polizia con dispositivi protettivi in modo da ridurre il ricorso alle armi da fuoco;
– garantiscano che vengano condotte indagini su tutti i casi sospetti di uccisioni di civili da parte degli agenti di polizia e delle forze militari impiegate in compiti di polizia;
– – garantiscano che tali indagini siano approfondite, competenti, imparziali e indipendenti e che tali appaiano;

– garantiscano che tali indagini comprendano un esame autoptico nonché la raccolta e l’analisi di tutte le prove documentali e delle dichiarazioni dei testimoni;
– – garantiscano che i risultato di tali indagini siano resi pubblici;- sottopongano ad un equo processo chiunque sia sospettato di aver illegalmente ucciso delle persone;
– – corrispondano, tra l’altro, un adeguato risarcimento in denaro alle famiglie delle persone illegalmente uccise dagli agenti di polizia o dalle forze militari impiegate in compiti di polizia;
– informino le famiglie della vittime in ordine alla procedura per presentare domanda di risarcimento e ai progressi delle indagini;
– – esercitino la debita diligenza per impedire le uccisioni e indaghino, assicurino alla giustizia e puniscano tutti coloro che si rendono responsabili di abusi;
– – organizzino corsi di educazione civica sulla sicurezza della comunità in modo da contrastare la cultura della violenza.

Amnesty International fa’ appello alle autorità britanniche affinché:
– rendano note le Regole di Ingaggio dell’Operazione Telic;
– garantiscano che le forze britanniche possano comunicare efficacemente con i civili iracheni facendo in modo che siano presenti interpreti competenti;

– istituiscano un meccanismo a guida civile per indagare su tutte le uccisioni sospette da parte delle forze britanniche. Tale meccanismo dovrebbe essere in grado di applicare le norme del diritto umanitario internazionale in materia di indagini sulle accuse di gravi violazioni dei diritti umani da parte di militari;

– – valutino l’eventualità di nominare ufficiali di collegamento con il compito di fungere da punti di contatto tra le famiglie delle vittime uccise dalle forze britanniche, da un lato, e l’Esercito britannico e l’Autorità Provvisoria della Coalizione, dall’altro.
Amnesty International fa appello a tutti i gruppi armati che operano in Iraq affinché:
– rispettino i criteri minimi del diritto umanitario internazionale, della giustizia e dell’umanità ivi compreso il divieto di portare attacchi deliberati contro i civili, attacchi indiscriminati e di prendere ostaggi.
Amnesty International fa appello alla comunità internazionale affinché:
consideri prioritaria la necessità di mobilitare sforzi internazionali volti a ricostituire le capacità di una forza di polizia civile internazionale, così come richiesto dalla Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu 1483.

*Traduzione di Carlo Antonio Biscotto


12.05.2004
Il rapporto della Croce Rossa


RAPPORTO DELLA COMMISSIONE INTERNAZIONALE DELLA CROCE ROSSA (ICRC) SUL TRATTAMENTO DA PARTE DELLE FORZE DELLA COALIZIONE DEI PRIGIONIERI DI GUERRA E DI ALTRE PERSONE PROTETTE DALLE CONVENZIONI DI GINEVRA IN IRAQ DURANTE L’ARRESTO, LA DETENZIONE E GLI INTERROGATORI
FEBBRAIO 2004

Nel suo “Rapporto sul trattamento da parte delle Forze della Coalizione dei prigionieri di guerra e di altre persone protette in Iraq” la Commissione Internazionale della Croce Rossa (ICRC) attira l’attenzione delle Forze della Coalizione su un numero di gravi violazioni del diritto umanitario internazionale. Queste violazioni sono state documentate e a volte osservate in occasione delle visite ai prigionieri di guerra, ai detenuti civili e ad altre persone protette dalle Convenzioni di Ginevra (qui di seguito definite persone private della liberta’ il cui status non e’ stato specificamente chiarito) in Iraq tra il marzio e il novembre 2003. Durante le sue visite a luoghi di internamento delle Forze della Coalizione, la Commissione Internazionale della Croce Rossa ha raccolto accuse nel corso di colloqui privati con persone private della liberta’ in ordine al trattamento da parte delle Forze della Coalizione di persone protette durante la cattura, l’arresto, il trasferimento, l’internamento e gli interrogatori.
Le principali violazioni, descritte dal rapporto e comunicate confidenzialmente alle Forze della Coalizione, includono:
– brutalita’ contro persone protette all’atto della cattura e dell’iniziale custodia che hanno portato talvolta alla morte o a gravi lesioni;
– assenza di notifica dell’arresto delle persone private della liberta’ alle loro famiglie causando sofferenze alle persone private della liberta’ e alle loro famiglie;
– coercizione fisica e psicologica durante gli interrogatori allo scopo di ottenere informazioni;
– prolungato isolamento in celle prive di luce;
– uso eccessivo e sproporzionato della forza contro persone private della liberta’ con conseguenti casi di morte o di lesioni durante il periodo di internamento.
Nel rapporto si accenna anche a gravi problemi di condotta delle Forze della Coalizione contro persone private della liberta’:
– confisca di beni privati di persone private della liberta’;
– obbligo delle persone private della liberta’ di eseguire compiti pericolosi;
– tenere le persone private della liberta’ in luoghi pericolosi e non protetti.
Secondo le accuse raccolte dalla Commissione Internazionale della Croce Rossa durante i colloqui privati con le persone private della liberta’, i maltrattamenti durante la cattura sono stati frequenti. Mentre alcune circostanze possono comportare precauzioni difensive e l’uso della forza da parte delle unita’ combattenti, la ICRC ha raccolto accuse di maltrattamenti dopo la cattura a Baghdad, Bassora, Ramadi e Tikrit. La ripetizione di tale comportamento da parte delle Forze della Coalizione andava oltre il ragionevole, legittimo e proporzionato uso della forza richiesto per catturare i sospetti o per vincere la resistenza di quanti si opponevano all’arresto e sembrava riflettere un modus operandi da parte di alcune unita’ combattenti della Forze della Coalizione.
Secondo le accuse raccolte dalla ICRC i maltrattamenti durante gli interrogatori non erano sistematici, eccezion fatta per le persone arrestate con il sospetto di aver violato la sicurezza o ritenute preziose dai servizi segreti. In questi casi le persone private della liberta’ sotto la supervisione dei servizi segreti militari rischiavano di essere sottoposte a tutta una serie di trattamenti duri che andavano dagli insulti, alle minacce, alle umiliazioni fino alla coercizione fisica e psicologica che in alcuni casi era equivalente alla tortura, allo scopo di costringere i prigionieri a collaborare.
La ICRC ha anche cominciato a documentare quello che aveva tutta l’aria di un abuso di potere e di maltrattamenti da parte della polizia irachena, che opera sotto la responsabilita’ delle Potenze Occupanti, ivi comprese minacce di consegnare le persone in loro custodia alle Forze della Coalizione allo scopo di estorcere denaro, l’effettiva consegna di tali persone alla Forze della Coalizione con false accuse o il maltrattamento delle persone in loro custodia durante gli interrogatori adducendo ordini o direttive della Forze della Coalizione.
Nel caso dei “detenuti di massima sicurezza” internati presso l’Aeroporto Internazionale di Baghdad, il loro isolamento per diversi mesi dopo l’arresto in celle prive di luce per 23 ore al giorno costituiva una grave violazione della Terza e della Quarta Convenzione di Ginevra.
La ICRC si e’ anche preoccupata dell’eccessivo e sproporzionato uso della forza da parte di alcune autorita’ carcerarie contro persone private della liberta’ in occasione di manifestazioni di protesta o di tentativi di fuga. Tale uso della forza ha anche causato la morte o gravi lesioni dei prigionieri. L’impiego di armi da fuoco contro persone private della liberta’ quando si sarebbe potuto ottenere il medesimo risultato senza il ricorso alle armi da fuoco, costituisce una grave violazione del diritto umanitario internazionale. La ICRC ha rilevato un certo numero di casi di prigionieri colpiti da proiettili e, di conseguenza, morti o gravemente feriti durante manifestazioni di protesta contro le condizioni di detenzione o durante tentativi di fuga. Le relative indagini avviate dalle Forze della Coalizione sono giunte alla conclusione che l’impiego di armi da fuoco contro persone private della liberta’ era legittimo.
Dall’inizio del conflitto la ICRC ha regolarmente portato le sue preoccupazioni all’attenzione delle Forze della Coalizione. Le osservazioni del presente rapporto sono conformi a quelle fatte precedentemente in diverse occasioni verbalmente e per iscritto alle Forze della Coalizione durante tutto il 2003. Malgrado alcuni miglioramenti delle condizioni materiali di internamento, le accuse di maltrattamento hanno continuato ad essere raccolte dalla ICRC la qual cosa induce a ritenere che i maltrattamenti contro le persone private della liberta’ non avessero carattere di eccezionalita’ e potessero essere considerati una pratica tollerata dalle Forze della Coalizione.
Di conseguenza la ICRC chiede alle autorita’ delle Forze della Coalizione in Iraq:
– di rispettare la dignita’ umana, l’integrita’ fisica e la sensibilita’ culturale delle persone private della liberta’;
– di istituire un sistema di notifiche dell’arresto in modo da garantire una rapida e precisa trasmissione di informazioni alle famiglie delle persone private della liberta’;
– di impedire tutte le forme di maltrattamenti, di coercizione fisica o morale delle persone private della liberta’ durante gli interrogatori;
– da organizzare un regime di internamento tale da garantire il rispetto dell’integrita’ psicologica e della dignita’ umana delle persone private della liberta’;
– di garantire a tutte le persone private della liberta’ un numero di ore sufficienti di aria e la possibilita’ di muoversi e di fare esercizio nei cortili;
– di definire a applicare regolamenti e sanzioni compatibili con il diritto umanitario internazionale e di mettere al corrente i prigionieri, al loro arrivo, di detti regolamenti e sanzioni allo scopo di individuare le eventuali violazioni del diritto umanitario internazionale;
– garantire che le unita’ combattenti incaricate degli arresti e il personale incaricato della gestione dei centri di internamento ricevano un adeguato addestramento e si comportino quindi in maniera adeguata senza ricorrere a maltrattamenti e senza l’impiego eccessivo della forza.
INTRODUZIONE
1. La Commissione Internazionale della Croce Rossa (ICRC) e’ stata incaricata dalle Parti Contraenti delle Convenzioni di Ginevra di controllare la piena applicazione e il rispetto della Terza e della Quarta Convenzione di Ginevra avente per oggetto il trattamento delle persone private della liberta’. Le informazioni contenute nel presente apporto si basano sulle accuse raccolte dalla ICRC nel corso di colloqui privati con persone private della liberta’ durante visite effettuate nei luoghi di internamento delle Forze della Coalizione tra il mese di marzo e il mese di novembre 2003. Il rapporto si basa anche su dichiarazioni di familiari delle persone private della liberta’.
2. Scopo del rapporto e’ di rendere note le informazioni raccolte dalla ICRC riguardo al trattamento dei prigionieri di guerra, dei detenuti civili e di altre persone private della liberta’ durante l’arresto, il trasferimento, l’internamento e gli interrogatori.
3. Nella maggior parte dei casi le accuse di maltrattamenti facevano riferimento ad atti compiuti prima dell’internamento in regolari centri di internamento mentre le persone private della liberta’ erano in custodia delle autorita’ che le avevano arrestate o di agenti, militari o civili, dei servizi segreti.
TRATTAMENTO DURANTE L’ARRESTO
6. Gli arresti, cosi’ come descritti dalle accuse, tendevano a seguire una determinata modalita’ di azione. Le autorita’ facevano irruzione nelle case generalmente dopo il tramonto, abbattendo la porta, svegliando i residenti in maniera brusca, urlando ordini, costringendo i familiari a riunirsi in una stanza mentre il resto della casa veniva perquisita rompendo porte, armadi e altra mobilia. I sospetti venivano arrestati legando loro le mani dietro la schiena e incappucciandoli. Talvolta venivano arrestati tutti gli uomini adulti, anziani compresi. Spesso il trattamento consisteva nell’insultare, nel puntare i fucili, nel colpire e spingere con i fucili. Gli arrestati venivano condotti via con quanto indossavano al momento dell’arresto – talvolta in pigiama o in mutande – e non veniva loro permesso di prendere alcune cose essenziali: vestiario, medicinali, occhiali. Spesso durante l’arresto venivano confiscati gli oggetti personali senza il rilascio di una ricevuta.
7. Alcuni ufficiali dei servizi segreti della Forze della Coalizione hanno detto alla ICRC che, secondo le loro stime, tra il 70 e il 90% delle persone private della liberta’ in Iraq erano state arrestate per errore.
NOTIFICA ALLE FAMIGLIE E INFORMAZIONI PER GLI ARRESTATI
9. In quasi tutte le circostanze documentate dalla ICRC le autorita’ che hanno effettuato l’arresto non hanno fornito informazioni sulla loro identita’ ne’ hanno spiegato le cause dell’arresto. Analogamente, hanno raramente informato gli arrestati o le loro famiglie sul luogo in cui venivano condotti e per quanto tempo il che ha portato de facto ad una “scomparsa” degli arrestati per settimane o persino mesi.
11. A nove mesi dall’inizio dell’attuale conflitto non esiste ancora un soddisfacente e funzionante sistema di notifica alle famiglie delle persone arrestate o catturate sebbene ogni settimana gli arresti si contino a centinaia.
L’attuale sistema dei Centri di Informazione Generale istituiti sotto la responsabilita’ dei Centri di Coordinamento dell’Assistenza Umanitaria pur se rappresentano un progresso, rimangono inadeguati in quanto le famiglie che non vivono nelle citta’ non vi hanno accesso, gli elenchi messi a disposizione non sono completi e non riportano i frequenti trasferimenti da un luogo di internamento ad un altro.
La ICRC ha sollevato la questione ripetutamente dal marzo 2003 anche al massimo livello delle Forze di Coalizione nell’agosto 2003. Malgrado qualche miglioramento centinaia di famiglie hanno dovuto attendere settimane se non mesi prima di sapere dove si trovavano i loro familiari.
12. Analogamente i trasferimenti, i casi di malattia al momento dell’arresto, i decessi, le fughe o i rimpatri continuano ad essere notificati in maniera insufficiente dalle Forze della Coalizione alle famiglie malgrado le disposizioni della legge umanitaria internazionale.
13. In conformita’ con le disposizioni della Terza Convenzione di Ginevra (artt. 70, 122, 123) e della Quarta Convenzione di Ginevra (artt. 106, 136, 137, 138, 140) la ICRC ricorda alle Forze della Coalizione dell’obbligo derivante dal Trattato di informare prontamente le famiglie di tuti i prigionieri di guerra o di altre persone protette catturate o arrestate. Entro una settimana i prigionieri di guerra e i civili internati debbono riempire schede di cattura o internamento indicando come minimo la cattura/arresto, l’indirizzo (luogo di detenzione/internamento) e lo stato di salute. Queste schede debbono essere inoltrate il piu’ rapidamente possibile.
14. Il medesimo obbligo di notifica alle famiglie si applica per i trasferimenti, i casi di malattia, i decessi, le fughe e i rimpatri. Tutti questi avvenimenti vanno notificati alla ICRC ai sensi della Quarta Convenzione di Ginevra.
TRATTAMENTO DURANTE IL TRASFERIMENTO E L’INIZIALE CUSTODIA
15. La ICRC ha raccolto diverse accuse di maltrattamenti dopo l’arresto, talvolta durante il trasferimento dal luogo dell’arresto alla prima struttura di internamento. Questi maltrattamenti normalmente cessavano una volta che le persone raggiungevano una struttura di internamento regolare quali Camp Cropper, Camp Bucca o Abu Ghraib. La ICRC ha raccoltom anche accuse di morte a causa delle dure condizioni di internamento e dei maltrattamenti durante l’iniziale custodia.
16. Una accusa raccolta dalla ICRC riguardava l’arresto di nove uomini da parte delle Forze della Coalizione in un albergo di Bassora il 13 settembre 2003. Dopo l’arresto gli uomini sono stati fatti inginocchiare, faccia e mani a terra nella posizione della preghiera. I soldati hanno confiscato il loro denaro senza rilasciare una ricevuta. I sospetti sono stati portati ad Al-Hakimiya e poi picchiati selvaggiamente dal personale delle Forze della Coalizione. Uno degli arrestati e’ morto a seguito dei maltrattamenti. Il “certificato internazionale di morte” parlava di “arresto cardiocircolatorio e asfissia” . Quanto alle cause erano indicate come “ignote”.
17. Durante una visita della ICRC a Camp Bucca il 22 settembre 2003, una persona di 61 anni privata della liberta’ dichiarava di essere stata legata, incappucciata e costretta e sedere su una superficie molto calda, presumibilmente il motore di un veicolo. La vittima aveva perso coscienza.
18. Nell’ottobre 2003 la ICRC ha esaminato un’altra persona privata della liberta’ nella sezione “detenuti di massima sicurezza” che era stata sottoposta al medesimo trattamento. Le bruciature riportate avevano reso necessari tre mesi di ricovero in ospedale. All’epoca del colloquio era stato da poco dimesso dall’ospedale. Aveva subito diversi trapianti di pelle, gli era stato amputato l’indice della mano destra e non era in grado di usare il mignolo della mano sinistra a causa delel bruciature.
19. Durante il trasporto successivo all’arresto le persone venivano quasi sempre incappucciate e legate. Occasionalmente presentavano ematomi o lesioni compatibili con ripetute frustate o percosse.
La ICRC ha anche raccolto accuse di decessi a seguito delle dure condizioni di internamento, dei maltrattamenti, della mancanza di assistenza medica, in particolare nella prigione di Tikrit gia’ nota con il nome di Scuola Islamica Saddam Hussein.
22. Alcuni ufficiali dei servizi segreti militari delle Forze della Coalizione hanno detto alla ICRC che i diffusi maltrattamenti durante l’arresto, l’internamento iniziale e l’”interrogatorio tattico” erano dovuti all’assenza di agenti della polizia militare con il compito di controllare il comportamento e le attivita’ delle unita’ combattenti e alla mancanza di esperienza degli ufficiali dei servizi segreti incaricati dell’”interrogatorio tattico”.
In conformita’ con le disposizioni del diritto internazionale umanitario che obbliga le Forze della Coalizione a trattare i prigionieri di guerra e le altre persone protette in maniera umana e a proteggerli da atti di violenza, intimidazione e insulti (Artt. 13, 14, 17, 87, Terza Convenzione di Ginevra, articoli 5, 27, 31, 32, 33 Quarta Convenzione di Ginevra), la ICRC chiede alle autorita’ delle Forze della Coalizione di rispettare in ogni momento la dignita’ umana, l’integrita’ fisica e la sensibilita’ culturale di tutte le persone private della liberta’.
TRATTAMENTO DURANTE GLI INTERROGATORI
24. I maltrattamenti del personale delle Forze della Coalizione durante gli interrogatori non erano sistematici eccezion fatta per le persone sospettate di reatri contro la sicurezza o ritenute preziose a livello di “intelligence”. In questi casi le persone venivano sottoposte a tuta una serie di maltrattamenti che andavano dagli insulti e dalle umiliazioni alla coercizione sia fisica che psicologica che talvolta arrivava alla tortura allo scopo di costringerli a collaborare. In alcuni casi, come nella sezione dei servizi segreti militari di Abu Ghraib, i metodi di coercizione fisica e psicologica sembravano parte delle normali procedure operative impiegate dal persone dei servizi segreti militari per ottenere confessioni o informazioni.
METODI DI MALTRATTAMENTO
25. I metodi di maltrattamento piu’ frequentemente impiegati includevano:
– l’incappucciamento allo scopo di disorientare i prigionieri e di non farli respirare liberamente; inoltre l’incappucciamento consentiva al personale di rimanere anonimo e quindi di agire impunemente. L’incappucciamento durava da poche ore fino a 2-4 giorni consecutivi;
– percosse con oggetti duri (compresi pistole e fucili), schiaffi, pugni, calci in varie parti del corpo;
– schiacciare la faccia a terra con gli stivali;
– minacce (di maltrattamenti, di rappresaglie contro le famiglie, di imminente esecuzione o di trasferimento a Guantanamo);
– permanenza completamente nudi in una cella di isolamento buia che talvolta era una latrina;
– permanenza in cella di isolamento unitamente a minacce, privazione del sonno, del cibo e dell’acqua, accesso minimo alle docce, mancato accesso all’aria aperta e divieto di contatti con altri prigionieri;
– esibizione dei prigionieri nudi fuori delle celle davanti ad altre persone private della liberta’ e alle guardie, talvolta incappucciati con biancheria intima femminile;
– atti di umiliazione come essere obbligati a stare in piedi nudi contro la parete della cella o con biancheria intima femminile sulla testa per periodi di tempo prolungati anche alla presenza di guardie di sesso femminile e talvolta fotografati in queste posizioni;
– essere legati per diverse ore al giorno e per diversi giorni con la manette alle sbarre della cella in condizioni umilianti (nudi o in mutande);
– essere esposti incappucciati a musica ad alto volume, essere esposti per diverse ore al sole anche nel momento piu’ caldo della giornata con temperature che raggiungo i 50° centigradi;
– essere costretti a rimanere per periodi prolungati in posizioni sfibranti.
SEZIONE SERVIZI SEGRETI MILITARI, “CENTRO CORREZIONALE DI ABU GHRAIB”
27. Verso la meta’ di ottobre 2003 la ICRC ha visitato le persone private della liberta’ sottoposte a interrogatori da personale dei servizi segreti militari nella Unita 1A, “sezione isolamento” del Centro Correzionale di Abu Ghraib. Durante la visita i delegati hanno potuto documentare direttamente una serie di metodi usati per garantire la collaborazione delle persone private della liberta’. In particolare hanno assistito alla pratica di tenere le persone private della liberta’ completamente nude in celle di cemento vuote e nel buio piu’ assoluto per diversi giorni consecutivi. Dopo aver assistito a questi casi la ICRC ha interrotto le visite e chiesto una spiegazione alle autorita’. L’ufficiale dei servizi segreti militari incaricato dell’interrogatorio ha spiegato che questa pratica era “parte del processo”. Il processo consisteva nel premiare i soggetti con capi di vestiario, articoli igienici, luce nelle celle in cambio della “collaborazione”.
La ICRC ha documentato altre forme di maltrattamento tra cui minacce, insulti, violenza verbale, privazione del sonno a causa della musica ad alto volume e delle celle continuamente illuminate e prive di finestre. Alcune persone private della liberta’ presentavano sintomi psicologici compatibili con tali accuse. Il delegato medico della ICRC ha esaminato persone internate che presentavano segni di difficolta’ di concentrazione, problemi di memoria, difficolta’ ad esprimersi, discorsi incoerenti, reazioni ansiose, comportamento anormale e tendenze suicide. Una persona tenuta in isolamento esaminata dalla ICRC non rispondeva agli stimoli verbali e dolorosi. Il ritmo cardiaco era di 120 battiti al minuto e quello respiratorio di 18 atti respiratori al minuto.
Secondo le accuse durante gli interrogatori le persone private della liberta’ non venivano messe al corrente in ordine al motivo del loro arresto. Erano spesso interrogati senza sapere di cosa erano accusati. Il trattamento tendeva a variare a seconda del grado di collaborazione.
UMM QASR (JFIT) E CAMP BUCCA (JIF/ICE)
28. Sin dalla creazione del campo di Umm Qasr e del successivo Camp Bucca, le persone private della liberta’ e sottoposte a interrogatorio arrestate dalle forze armate britanniche, danesi, olandesi o italiane, venivano segregate dagli altri internati in una sezione separata del campo. La sezione chiamata Joint Field Intelligence Team (JFIT) era inizialmente gestita dalle forze armate britanniche. Il 7 aprile la sua amministrazione e’ stata ceduta alle forze armate americane che l’hanno ribattezzata Joint Interrogation Facility/Interrogation Control Element (JIF/ICE). Il 25 settembre 2003 l’amministrazione e’ stata riconsegnata alle forze armate britanniche.
29. Le persone interrogate in questa sezione erano accusate di attacchi contro le forze della Coalizione o di essere utili per ragioni di “intelligence”.
30. Inizialmente i detenuti venivano trattati dalle guardie con generale disprezzo e con manifestazioni di violenza: ordini urlati, insulti, calci, colpi con il calcio del fucile, spintonamenti. Per tutta la durata dell’interrogatorio erano ammanettati e incappucciati. L’incappucciamento sembrava giustificato a ragioni di sicurezza ma faceva anche parte delle normali tecniche di intimidazione usate dal personale dei servizi segreti militari per spaventare i prigionieri e indurli a collaborare. Le condizioni dell’internamento miglioravano a seconda del grado di collaborazione.
31. Le persone private della liberta’ interrogate dal personale delle Forze della Coalizione erano soggette a frequenti insulti e minacce, sia fisiche che verbali. Le guardie puntavano il fucile contro la tempia o la testa o lo stomaco e minacciavano i prigionieri di trasferirli a Guantanamo, di ucciderli o di tenerli in stato di internamento a tempo indeterminato.
PRECEDENTI INIZIATIVE DELLA ICRC NEL 2003 SULLA QUESTIONE DEL TRATTAMENTO DEI PRIGIONIERI
32. Il 1° aprile la ICRC ha informato verbalmente il consigliere politico del Comandante delle forze armate britanniche presso il Comando centrale delle Forze della Coalizione a Doha sui metodi di maltrattamento impiegati dal personale dei servizi segreti militari nel coso degli interrogatori presso il campo di internamento di Umm Qasr. A seguito di questo intervento non si e’ piu0’ fatto ricorso all’incappucciamento e all’uso di manette.
33. Nel maggio 2003 la ICRC ha inviato alle Forze della Coalizione un memorandum basato su oltre 200 accuse di maltrattamento di prigionieri di guerra durante la cattura e gli interrogatori. Le accuse erano suffragate da lesioni sul corpo osservate dal delegato medico.
34. All’inizio di luglio la ICRC ha inviato alle Forze della Coalizione un documento di lavoro che esponeva in dettaglio circa 50 accuse di maltrattamento nella sezione dei servizi segreti militari di Camp Cropper presso l’Aeroporto Internazionale di Baghdad. I maltrattamenti includevano minacce contro i prigionieri e le loro famiglie, ricorso a posizioni sfibranti, uso di manette, puntare il fucile contro i prigionieri, colpirli col calcio del fucile, schiaffi, pugni, prolungata esposizione al sole, e isolamento in celle buie. In un caso una persona arrestata a casa perche’ sospettata di aver preso parte ad un attacco contro le Forze della Coalizione durante l’interrogatorio in una localita’ vicino a Camp Cropper sostiene di essere stata percossa, incappucciata, minacciata di essere torturata e uccisa. Le guardie gli hanno urinato addosso, l’hanno presa a calci in testa e sulla schiena, le hanno legato con un fazzoletto una palla da baseball in bocca e l’hanno privata del sonno per quattro giorni consecutivi. Quando il prigioniero ha minacciato di fare rapporto alla Croce Rossa e’ stato picchiato ancora di piu’.
ACCUSE DI MALTRATTAMENTI DA PARTE DELLA POLIZIA IRACHENA
35. La ICRC ha anche raccolto una copiosa serie di accuse relative ad abuso di potere e maltrattamenti di persone private della liberta’ in custodia della polizia irachena. Diverse persone private della liberta’ hanno dichiarato di essere state costrette a firmare una dichiarazione che non avevano nemmeno letto. Spesso la polizia irachena consegnava gli arrestati alle Forze della Coalizione sulla base di accuse infondate.
36. All’inizio di giugno 2003, ad esempio, un gruppo di persone e’ stato condotto dopo l’arresto nella ex accademia di polizia. Qui sarebbero stati incappucciati, ammanettati e costretti a stare in piedi contro la parete mentre un poliziotto gli puntava la pistola alla testa e fingeva di sparare. Inoltre sono stati sottoposti a scosse elettriche. I poliziotti hanno minacciato di violentare la moglie di un prigioniero. I prigionieri sono stati costretti a lasciare l’impronta digitale sulle presunte confessioni e poi trasferiti alle Forze della Coalizione in attesa del processo.
37. La ICRC ricorda alle autorita’ delle Forze della Coalizione che i prigionieri di guerra e altre persone protette in custodia delle forze di occupazione debbono essere trattati umanamente; non debbono essere sottoposti a trattamento crudele o degradante e debbono essere protetti dagli atti di violenza (Artt. 13, 14 della Terza Convenzione di Ginevra; art. 27 della Quarta Convenzione di Ginevra). Le confessioni estorte con la coercizione o la tortura non possono essere usate come prova di colpevolezza (Art. 99 della Terza Convenzione di Ginevra; art. 31 della Quarta Convenzione di Ginevra). Queste violazioni del diritto umanitario internazionale andrebbero indagate accuratamente per accertare le responsabilita’ e perseguire i colpevoli (art. 129 della Terza Convenzione di Ginevra e art. 146 della Quarta Convenzione di Ginevra).
TRATTAMENTO NEI CENTRI DI INTERNAMENTO REGOLARI
Condizioni generali di trattamento
38. La ICRRC ha ritenuto il trattamento delle persone private della liberta’ presso i centri di internamento regolari da parte del personale delle Forze della Coalizione corretto con poche eccezioni occasionali.
39. ……
40. La ICRC ha occasionalmente rilevato che persone private della liberta’ venivano schiaffeggiate, strattonate o spinte a terra a causa della difficolta’ di comunicazione, di mancanza di rispetto da parte delle guardie e dalla riluttanza dei prigionieri ad eseguire gli ordini.
41. Le misure disciplinari includevano l’ammanettamento, lo stare seduti o in piedi o accovacciati sulla sabbia sotto il sole fino a 3-4 ore a seconda della gravita’ dell’atto di indisciplina; la temporanea sospensione della distribuzione di sigarette e la temporanea segregazione in apposite sezioni di isolamento.
42. ……
Sezione “detenuti di massima sicurezza”, Aeroporto Internazionale di Baghdad
43. Dal giugno 2003 oltre cento “detenuti di massima sicurezza” sono stati tenuti per quasi 23 ore al giorno in assoluto isolamento in piccole celle di cemento prive di luce. Questo regime di isolamentio impediva il contato con altri prigionieri, guardie e familiari. Le persone ancora soggette ad interrogatorio continuavano ad essere internate in regime di assoluta “segregazione” (potevano fare esercizi fuori della cella per venti minuti al giorno e andare al bagno da soli).
Il 30 ottobre 2003 la ICRC ha scritto alle autorita’ responsabili del Centro di Detenzione raccomandando che il regime di internamento fosse in linea con quanto disposto dalle Convenzioni di Ginevra.
44. L’isolamento per mesi in celle prive di luce per quasi 23 ore al giorno e’ piu’ severo delle forme di internamento previste dalla Terza e dalla Quarta Convenzione di Ginevra. La ICRC ricorda alle autorita’ delle Forze della Coalizione in Iraq che l’internamento di questo tipo e’ contrario agli artt. 21, 25, 89, 90, 95 e 103 della Terza Convenzione di Ginevra e agli artt. 27, 41, 42, 78, 82, 118, 125 della Quarta Convenzione di Ginevra. La ICRC raccomanda alle autorita’ delle Forze della Coalizione di istituire un regime di internamento che garantisca il rispetto dell’integrita’ psicologica e della dignita’ umana delle persone private della liberta’.
USO ECCESSIVO E SPROPORZIONATO DELLA FORZA CONTRO PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA’
45. Dal marzo 2003 la ICRC ha registrato un certo numero di incidenti in cui le guardie hanno sparato a persone private della liberta’:
Camp Cropper, 24 maggio 2003: nel corso di uno sciopero della fame una persona privata della liberta’ e’ stata ferita con un colpo di arma da fuoco.
Camp Croppe, 9 giugno 2003: sei persone private della liberta’ sono state ferite da colpi d’arma da fuoco mentre tentavano di organizzare una dimostrazione.
Camp Cropper, 12 giugno 2003: Due o forse tre persone private della liberta’ sono state raggiunte da colpi d’arma da fuoco mentre tentavano la fuga. Una di loro, Akheel Abd Al-Hussein di Baghdad, e’ stato ferito e successivamente e’ morto in ospedale.
Abu Ghraib, 13 giugno 2003: In occasione di una sommossa le guardie di tre torrette di controllo hanno aperto il fuoco contro i dimostranti ferendo sette persone e uccidendo Alaa Jasim Hassan. L’indagine condotta dalle autorita’ e’ giunta alla conclusione che “la decisione di aprire il fucoo era giustificata in quanto le guardie delle torrette di controllo avevano temuto per la vita delle guardie che si trovavano nel cortile”.
Abu Ghraib, fine giugno 2003: Durante una manifestazione di protesta un prigioniero e’ stato ferito da colpi d0’arma da fuoco.
Abu Ghraib, 24 novembre 2003: Durante una sommossa quattro detenuti sono stati uccisi dalle guardie della polizia militare americana.
Camp Bucca, 16-22 aprile 2003: i delegati della ICRC hanno assistito ad una sparatoria che ha causato la morte di una persona privata della liberta’ e ferite ad un’altra.
Camp Bucca, 22 settembre 2003: a seguito di una manifestazione di protesta in una sezione del campo, una guardia della torretta di controllo ha aperto il fuoco contro una persona che sembra stesse scagliando delle pietre. La persona e’ stata ferita al petto. Un delegato della Croce Rossa e un interprete hanno assistito a gran parte dell’accaduto. In nessn momento i prigionieri e la persona colpita dal proiettile hanno rappresentato una grave minaccia per la vita o la sicurezza delle guardie che avrebbero potuto reagire con misure meno brutali.
46. Questi incidenti sono stati oggetto di indagini sommarie da parte delle Forze della Coalizione. Tutte le indagini sono giunte alla conclusione che il ricorso alle armi era stato legittimo. In tutti i casi avrebbero potuto essere utilizzate misure meno estreme per reprimere i disordini e impedire la fuga.
47. In relazione all’incidente del 22 settembre 2003, la ICRC ha scritto il 23 ottobre al Comandante della 800esima Brigata di Polizia Militare e ha raccomandato l’adozione di misure di controllo conformi alle regole e ai principi della Terza e della Quarta Convenzione di Ginevra.
48. Sin dal maggio 2003 la ICRC ha ripetutamente raccomandato alle Forze della Coalizione di impiegare metodi non letali per far fronte alle dimostrazioni, alle sommosse o ai tentativi di fuga.
49. La ICRC ricorda alle autorita’ delle Forze della Coalizione che l’impiego di armi da fuoco contro persone private della liberta’, specialmente contro chi tenta la fuga, e’ una misura estrema che non deve essere sproporzionata rispetto al legittimo obiettovo che si intende raggiungere e deve essere sempre preceduta da un avvertimento adeguato alle circostanze (Art. 42 della Terza Convenzione di Ginevra). In ogni circostanza in cui si fa’ ricorso alle armi da fuoco, deve essere immediatamente presentato un rapporto alle autorita’ competenti. In caso di morti o feriti di prigionieri per mano di sentinelle o che si ritiene siano avvenuti per mano di sentinelle debbono essere avviate adeguate indagini che debbono garantire il perseguimento di tutti i responsabili (art. 121 della Terza Convenzione di Ginevra; art. 131 della Quarta Convenzione di Ginevra).
(Segue rapporto della Croce Rossa)
SEQUESTRO E CONFISCA DI BENI PRIVATI APPARTENENTI A PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA’
50. La ICRC ha raccolto numerose accuse di sequestro e confisca di beni privati (denaro, automobili e altri oggetti di valore) da parte delle Forze della Coalizione nel corso degli arresti. Solo in pochi casi sono state rilasciate ricevute agli arrestati o alle loro famiglie. Questo comportamento era considerato dalle persone private della liberta’ alla stregua di un furto o di un saccheggio.
51. A Camp Cropper, Camp Bucca e Abu Ghraib e’ stato gradualmente messo a punto un sistema mediante il quale gli oggetti personali in possesso delle persone private della liberta’ al momento dell’arrivo in queste strutture che non potevano tenere con loro (denaro, altri oggetti preziosi, vestiario, documenti di identita’) venivano registrati e conservati fino al rilascio. In questi casi veniva generalmente rilasciata una ricevuta. Tuttavia questo sistema non teneva conto degli oggetti confiscati durante l’arresto.
52. A seguito dei danni alle proprieta’ causati durante le irruzioni nelle abitazioni da parte delle Forze della Coalizione e delle lagnanze in merito alla pensione o agli stipendi, le Forze della Coalizione hanno istituito un sistema di risarcimento aperto a tutti, compresi gli internati e i normali cittadini. Le domande vanno indirizzate ai Centri Generali di Informazione istituiti sotto la responsabilita’ dei Centri di Coordinamento dell’Assistenza Umanitaria.
53. In conformita’ con le disposizioni giuridiche internazionali la ICRC ricorda alle autorita’ delle Forze della Coalizione che il saccheggio e’ proibito dal diritto umanitario internazionale (Art. 33 della Quarta Convenzione di Ginevra), che le proprieta’ private non possono essere confiscate (art. 46.2, Convenzione dell’Aja del 1907, nr. IV) e che un esercito di occupazione puo’ impadronirsi solamente del denaro, dei fondi e dei titoli negoziabili di proprieta’ dello Stato (art. 53, Convenzione dell’Aja del 1907, nr. IV).
ESPOSIZIONE DEGLI INTERNATI/DETENUTI A COMPITI PERICOLOSI
54. Il 3 settembre 2003 a Camp Bucca tre persone private della liberta’ personale sono state gravemente ferite dall’esplosione di una bomba a grappolo. Facevano parte di un gruppo di dieci persone coinvolte volontariamente nel lavoro di bonifica del terreno vicino al filo spinato del campo. Le ferite hanno comportato amputazioni degli arti.
55. Il 23 ottobre 2003 la ICRC ha scritto all’ufficiale comandante della 800esima Brigata di Polizia Militare per chiedere una indagine sull’incidente. La ICRC ha chiesto alle Forze della Coalizione di non impiegare persone private della liberta’ personale in mansioni pericolose.
56. La ICRC raccomanda alle autorita’ delle Forze della Coalizione di risarcire adeguatamente le tre vittime come previsto dalla Terza e dalla Quarta Convenzione di Ginevra (art. 68 della Terza Convenzione di Ginevra e art. 95 della Quarta Convenzione di Ginevra).
PROTEZIONE DAI BOMBARDAMENTI DI PERSONE PRIVATE DELLA LIBERTA’
57. Sin dalla riapertura ad opera delle Forze della Coalizione la prigione di Abu Ghraib e’ stata frequentemente oggetto di bombardamenti notturni con mortai e altri armi che in diverse occasioni hanno portato alla morte o al ferimento di persone private della liberta’. Durante il mese di luglio il Comandante della struttura ha registrato almeno 25 attacchi. Il 16 agosto un proiettile di mortaio ha colpito la prigione uccidendo almeno cinque prigionieri e ferendone 67. Una delegazione della ICRC ha visitato Abu Ghraib il 17 agosto e ha notato la mancanza di misure protettive: mentre il personale delle Forze della Coalizione viveva in edifici di cemento, tutte le persone private della liberta’ erano alloggiate sotto tende prive di qualunque protezione.
Dopo questi attacchi le misure di sicurezza intorno alla prigione sono state rafforzate. Tuttavia le iniziative prese per garantire la protezione delle persone private della liberta’ sono rimaste insufficienti.
58. In conformita’ con le disposizioni del diritto umanitario internazionale, la ICRC ricorda alle autorita’ delle Forze della Coalizione che non debbono collocare centri di internamento in aree particolarmente esposte ai pericoli della guerra (art. 23.1 della Terza Convenzione di Ginevra e art. 83 della Quarta Convenzione di Ginevra. In tutti i luoghi di internamento esposti a incursioni aeree o ad altri pericoli della guerra debbono essere presenti rifugi tali a garantire, per numero e struttura, la necessaria protezione. In caso di allarme gli internati debbono essere liberi di entrare nei rifugi il piu’ rapidamente possibile (art. 23.2 della Terza Convenzione di Ginevra e art. 88 della Quarta Convenzione di Ginevra). Quando un luogo di internamento e’ ritenuto non sicuro, i prigionieri vanno trasferiti in altri luoghi di internamento che offrano adeguate condizioni di sicurezza ai sensi della Terza e della Quarta Convenzione di Ginevra.
CONCLUSIONI
59. Il rapporto della ICRC documenta gravi violazioni del diritto umanitario internazionale in relazione alle condizioni di trattamento delle persone private della liberta’ sotto la custodia delle Forze della Coalizione in Iraq. In particolare stabilisce che le persone private della liberta’ corrono il rischio di essere sottoposte ad un processo di coercizione fisica e psicologica che in alcuni casi sostanzia la vera e propria tortura nelle prime fasi del processo di internamento.
60. Una volta terminati gli interrogatori, le condizioni di trattamento delle persone private della liberta’ generalmente migliorano, eccezion fatta per la sezione “detenuti di massima sicurezza” presso l’Aeroporto Internazionale di Baghdad dove le persone private della liberta’ sono state tenute per quasi 23 ore al giorno in isolamento in piccole celle di cemento prive di luce, un regime di internamento contrario alle disposizioni della Terza e della Quarta Convenzione di Ginevra.
61. Durante l’internamento le persone private della liberta’ rischiano anche di essere oggetto di un uso sproporzionato ed eccessivo della forza da parte delle autorita’ carcerarie nel tentativo di ristabilire l’ordine in caso di sommosse o di impedire le fughe.
62. Un’altra grave violazione del diritto umanitario internazionale descritta dal rapporto e’ l’incapacita’ o la mancanza di volonta’ delle Forze della Coalizione di istituire un sistema di notifiche degli arresti a beneficio delle famiglie delle persone private della liberta’ in Iraq. Questa violazione del diritto umanitario internazionale e’ causa di gravi sofferenze per le persone private della liberta’ e per i loro familiari che temono che i loro congiunti siano morti. Il comportamento incurante delle Forze della Coalizione e la loro incapacita’ di fornire rapidamente informazioni precise sulle persone private della liberta’ alle famiglie interessate, influisce seriamente sull’immagine delle Potenze Occupanti tra la popolazione irachena.
63. Oltre alle raccomandazioni contenute nel rapporto e relative alle condizioni di internamento, alle informazioni che debbono essere date alle persone private della liberta’ all’atto dell’arresto e alla necessita’ di indagare sulle eventuali violazioni del diritto umanitario internazionale e di perseguire gli eventuali responsabili, la ICRC desidera ricordare in modo particolare alle Forze della Coalizione il loro dovere:
– di rispettare in ogni momento la dignita’ umana, l’integrita’ fisica e la sensibilita’ culturale delle persone private della liberta;
– di istituire un sistema di notifiche degli arresti per garantire che le famiglie delle persone private della liberta’ vengano prontamente informate;
– di impedire tutte le forme di maltrattamento e di coercizione morale o fisica delle persone private della liberta’ durante gli interrogatori;
– di informare le autorita’ responsabili degli arresti o della detenzione che causare gravi lesioni o gravi danni alla salute delle persone protette e’ vietato dalla Terza e dalla Quarta Convenzione di Ginevra;
– di organizzare un regime di internamento tale da garantire il rispetto dell’integrita’ psicologica e della dignita’ umana delle persone private della liberta’;
– di garantire che le autorita’ combattenti che eseguono gli arresti e il personale incaricato di gestire le strutture di internamento ricevano un adeguato addestramento che consenta loro di operare in maniera idonea e di eseguire le proprie mansioni senza ricorso a maltrattamenti o ad uso eccessivo della forza.
Le pratiche descritte nel presente rapporto sono vietate dal diritto umanitario internazionale. Le Forze della Coalizione debbono valutare il rapporto con la massima attenzione. In particolare le Forze della Coalizione dovrebbero rivedere le loro politiche e pratiche, adottare misure correttive e migliorare il trattamento dei prigionieri di guerra e di altre persone protette che si trovano sotto la loro autorita’. Questo rapporto fa’ parte di un dialogo bilaterale e confidenziale intrapreso dalla ICRC con le Forze della Coalizione. In futuro la ICRC continuera’ il suo dialogo bilaterale e confidenziale con le Forze della Coalizione in conformita’ con le disposizioni del diritto umanitario internazionale sulle base della verifica delle condizioni di arresto, interrogatorio e internamento delle persone private della liberta’ e sotto la custodia delle Forze della Coalizione.
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Traduzione di Carlo Antonio Biscotto


Il primo a sinistra in alto è un tal Formigoni, amico di Saddam, che avrebbe preso delle mediazioni  per il programma Oil for food.



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