uno sguardo oggettivo
http://www.consapevolezza.it/aetos/jesus/cristo.asp
Chi era Gesù Cristo?
Cosa ci rivela la storia?
Quanto c’è di vero nelle narrazioni note a noi tutti e cosa invece è stato ignobilmente travisato?
Da cosa nacque l’esigenza di dire menzogne?
Perché furono adottate solo alcune fonti ed altre invece sfacciatamente disconosciute?
Perché già la Chiesa primitiva ritenne necessario bandire e distruggere tanti utili documenti, sopprimendo irreparabilmente importantissime testimonianze?
Perché la naturale ricerca interiore individuale, e la gnosi, seppur apertamente incoraggiate da Gesù, [vedi Vangelo di San Tommaso] furono ostacolate in maniera così subdola e sottile, o male interpretate al punto di ritenerle “eresia”, causa di scomunica, atroci sofferenze, tortura, morte?
Quale forza arcana spinse la Chiesa, definita cristiana, ad uccidere in nome di Dio?
A massacrare uomini e donne considerati empi e pertanto indegni di vivere: miscredenti, agnostici, pagani, semplici scettici o addirittura alienati e minorati mentali fraintesi nella loro disgrazia?
A istituire la Santa Inquisizione e le Crociate, fino al punto di meritarsi la qualifica storica di “istituzione responsabile del maggior numero di morti”?
Perché i cosiddetti eretici furono perseguitati così ferocemente? Erano davvero così pericolosi al messaggio che Gesù di Nazareth voleva diffondere fra gli uomini di buona volontà? O viceversa erano spesso proprio loro a diffonderlo nell’accezione più consona?
E poi…
Come si giunse a promulgare l’infallibilità pontificia?
E perché il clero da sempre ripudia il confronto con la grande schiera di studiosi e teologi che, con buone ragioni, non gli riconoscono il titolo di intercessore prediletto presso Dio? Non sarebbe più corretto sedersi intorno ad un tavolo, discutere, rendere trasparenti quei principi stabiliti con criteri ritenuti, anche da moltissimi credenti, eccessivamente rigidi e misteriosi sia nella sostanza che nel concepimento, e a volte addirittura offensivi dell’intelligenza? Perché allora Santa Romana Chiesa si è sempre sottratta al confronto preferendo ripiegare nei comodi misteri della fede o nelle trincee degli inoppugnabili dogmi, da essa stessa esposti come incontestabili oggetti di fede e come verità fondamentali e indiscutibili?
Lo stesso Alan Watts, onesto ricercatore e attento studioso della storia, non si stancò mai di ricordare che gli astronomi del Vaticano, pur opponendosi in ogni modo alle teorie di Galileo Galilei — e proferendo i più bizzarri insulti all’umana intelligenza — rifiutarono sempre di guardare attraverso i suoi telescopi. Sarebbe stato senz’altro più corretto e ragionevole farlo, ma quella è la sacra regola ed è incontestabile. E non ci sembra affatto difficile capire perché.
Quale volontà c’è, veramente, sotto le linee guida della Chiesa in quanto Istituzione?
Quella volta alla verità e alla comprensione del senso di questa misteriosa esistenza, oppure alla mera, tenace conservazione dei poteri acquisiti?
E in ultimo la domanda delle domande: Gesù Cristo, il Nazareno, avrebbe condiviso ed accettato l’operato di questi ordini religiosi che sostengono di parlare a suo nome, di fare la sua volontà? Eppure egli stesso si scagliò furiosamente contro quei farisei ché allora si comportavano come gli alti ecclesiastici oggi!
Quante domande ancora potremmo rivolgerci…
Ma… ce ne siamo poste già abbastanza per riempire qualche migliaio di tomi.
Proviamo dunque a dare risposta a queste, procedendo con calma, un passo alla volta, con semplice volontà di Verità.
Vediamo innanzitutto cosa ci dice la ricerca storico-critica.
Iniziamo col ricordare che non pochi storici giunsero a mettere in dubbio persino l’esistenza stessa di Gesù.
In effetti siamo costretti ad ammettere che (se escludiamo il recente eccezionale rinvenimento archeologico dell’ossario che custodisce i resti di Giacomo il Giusto, fratello di Gesu`) la storia non offre testimonianze inoppugnabili utilizzabili per provare tale assunto.
Il Nuovo Testamento non è storicamente affidabile, ma costituisce attualmente l’unica fonte di notizie che l’uomo possiede intorno a Gesù.
Gli storici ci informano che la storiografia contemporanea a Gesù lo ignorò quasi completamente.
Tutta la letteratura non cristiana del I secolo non prese nemmeno in considerazione questo meraviglioso ma controverso personaggio e proprio alla luce di questa singolare osservazione alcuni sono arrivati a scrivere: «i paralitici camminavano, i ciechi vedevano e i morti resuscitavano, ma gli storici di Palestina, Grecia e Roma non ne ebbero notizia».
Questa affermazione potrà apparire senza dubbio irritante, e potrebbe anche ferire gli affetti che ognuno di noi nutre per Gesù, ma rappresenta nel contempo uno spunto che deve quantomeno esortarci a riflettere sulla gran quantità di incertezze che orbitano intorno alla mitica narrazione che tutti più o meno conosciamo.
Credo che proprio l’imponenza di queste astrattezze dovrebbe spingere ognuno di noi a ben ponderare sull’opportunità di proseguire il proprio traballante cammino spirituale e ad operare una scelta.
O credere ciecamente ed affidare la propria spiritualità a uomini che hanno la pretesa di ergersi a delegati del Cristo stesso e calcare con loro le secolari e suggestive impronte fideistiche, figlie di un probabile subconscio condizionamento culturale; oppure aprirsi ad una verità più umana e verosimile, maggiormente comprensibile e vicina alle percezioni della propria coscienza e inoltre quasi sempre avallata da indicazioni storiche a tutt’oggi incontrovertibili.
Per quanto mi riguarda non ho alcun dubbio, credo fermamente che Gesù sia realmente esistito e che sia stato il più grande ed illuminato fra gli uomini che la storia ci ha permesso di conoscere,
Al contrario invece, nutro consistenti dubbi sulla veracità delle informazioni e sulla autenticità del messaggio giunto sino ai nostri giorni, nonché sull’interpretazione delle scritture che gli organismi chiamati a questo delicatissimo compito hanno fornito durante i secoli alla maggioranza degli ignari credenti.
Il Cristo ci ha fatto dono di un meraviglioso messaggio e di un equilibratissimo insegnamento che però, a mio avviso, è stato troppo spesso falsificato nei suoi contenuti più profondi.
Purtroppo un amaro destino volle far nascere quel magistero in un contesto culturale ostile ed instabile che non ne permise la corretta trasmissione.
Ritengo doveroso peraltro ricordare che il messaggio cristiano fu tramandato sostanzialmente tramite discordanti tradizioni orali le quali produssero le molteplici ed inevitabili scuciture da sempre oggetto di studio di tutti gli esperti del settore.
Le diversità presenti in queste diverse tradizioni orali sfociarono ineluttabilmente nel mare di contraddizioni (mai prosciugato) in cui a tutt’oggi naviga ogni tipo di ricerca.
Una cosa però si rivela senz’altro certa: la rivelazione del Cristo è stata oggetto, nel corso dei secoli, di numerose manipolazioni spesso gravissime.
È stato del resto dimostrato più volte che già l’esegesi ecclesiastica del III e IV secolo occultò e stravolse citazioni bibliche evidentissime.
Anche il giovane Goethe non era evidentemente molto convinto se scriveva: «…non fu Gesù il fondatore della nostra religione, la quale fu invece costruita in suo nome da alcuni uomini d’ingegno, e la religione cristiana non è altro che una ragionevole istituzione politica» definendo dapprima una simulazione l’intera dottrina di Cristo e aggiungendo in una lettera del 1789: «…la favoletta sul Cristo è causa del fatto che il mondo potrà ancora esistere per 10.000 anni e nessuno ne verrà a capo, poiché è necessaria egual forza di conoscenza, di intelligenza, di finezza intellettuale tanto per difenderla che per confutarla».
Personalmente sin dall’adolescenza, dai tempi cioè in cui frequentavo oratori e gruppi scout, sentii crescere fortemente nel mio cuore il desiderio di trascendere gli oscuri ed enigmatici insegnamenti che venivano offerti dalla vicina parrocchia, nacque così in me quel qualcosa che poi divenne uno degli scopi principali della mia vita: riscoprire il senso della nostra esistenza ed il reale messaggio del Cristo enucleandone l’autentica essenza.
Oggi conscio della limitatezza degli insegnamenti cattolici, e dell’adulterazione che rende inattendibili la maggior parte di quelle scritture che giungono fin sopra le nostre scrivanie, mi scopro sempre più spesso attivo nell’esercizio della pratica meditativa.
Ritengo la meditazione, se effettuata in maniera irreprensibile e perfezionata fino al massimo dei livelli, in grado di proferire un’elevata conoscenza di tutte le cose, ivi compresa la corretta interpretazione delle sacre scritture.
La naturalissima pratica meditativa, purtroppo non molto consueta nella nostra cultura delle falsità, mi aiuta non poco nella ricerca delle Verità più sincere, essa mi offre percezioni veritiere e profonde che quasi sempre vanno a suffragare le conclusioni che invece emergono dai miei lunghi studi nel settore.
Purtroppo quasi tutti sin da bambini, veniamo condizionati molto profondamente da una cultura deviante, impariamo così, durante il corso della nostra esistenza, a mentire sistematicamente a noi stessi e quasi sempre in modo estremamente arguto.
In questo modo subentra gradualmente in noi, senza che ne siamo troppo coscienti, un sottile autoinganno e si innesca un circolo vizioso, fatto di false convinzioni, che ci trascina inevitabilmente nel suo mondo illusorio.
Arriviamo così ad avere un pensiero inautentico che ci costringe a vedere la realtà da dietro un velo; di conseguenza assumiamo comportamenti ipocriti e ci ritroviamo, inconsapevolmente, ad indossare quella brutta maschera che copre il nostro vero volto, e che ci nasconde persino a noi stessi.
È veramente esaltante invece, scoprire come la sublime pratica della meditazione, riesca a profondere in noi quelle pure intuizioni che si rivelano frequentemente vere e proprie rivelazioni, e che oserei dire, aprono spesso la strada verso alcune profondissime Verità.
Questo è il motivo per cui spesso e volentieri mi abbandono con gioia, a quella pura ed inconfondibile “voce del cuore” che Cristo stesso ci raccomandò più volte di ascoltare.
Ritengo giusto ricordare che una buona pratica meditativa può indurre un cambiamento radicale nel meccanismo della percezione, portando con sé quella gioia che deriva dall’essersi liberati dal pensiero illusorio ed ossessivo che sovente ci spinge a procedere controcorrente.
La meditazione può aprirci finalmente la strada, e guidare chiunque lo voglia, verso una nuovo e corretto atteggiamento, fino a vedere la realtà così come essa è realmente.
L’uomo di oggi del resto tende a porsi domande sempre più profonde e complesse e nessuno puo’ più ignorare il gran numero di persone che tendono ad allontanarsi dai precetti cattolici, adducendo di non trovare in essi alcun riscontro alle domande, sempre più esigenti, riguardanti la realta’ ultima dell’essere e lo scopo dell’esistenza umana
Una delle cose che non mi sono mai sentito di condividere delle varie Chiese sparse nel mondo è stata la loro pretesa di assolutezza:
Isaia (44, 6) ammonisce Israele: «Non c’è altro Dio all’infuori di Me», nel Nuovo Testamento ci sentiamo imporre (Phil. 2, 11): «Ogni lingua affermi apertamente che Gesù Cristo è il Signore» ed il Corano arriva addirittura a minacciarci: «Se qualcuno cerca una religione diversa dall’Islam… nell’aldilà sarà dei dannati» e così via.
Come muoversi allora, e come nutrire saggiamente la propria spiritualità, nel mare di affermazioni antitetiche che ci vengono somministrate da queste assolutistiche religioni?
Negli ultimi anni, ho dedicato moltissimo del mio tempo libero allo studio dei documenti relativi al buddhismo e al cristianesimo, siano essi riconosciuti dalla Chiesa cattolica o considerati apocrifi.
Cos’è emerso?
Cercherò di compiere un’ardua impresa: realizzare un “condensato ridotto di una sintesi abbreviata del riassunto” di ciò che altrimenti non mi sarebbe proprio possibile esporre. In questo modo rimango in sintonia con quanto riportato nel Vangelo attribuito a Giovanni quando dice: «Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere» (Giov. 21, 25).
Ma veniamo a noi. Per quanto riguarda i Vangeli osserviamo che non è possibile determinare con precisione le date della loro nascita, ho comunque notato che gli storici più qualificati collocano la prima stesura del Vangelo gnostico di Tommaso Apostolo (che la Chiesa Istituzionalizzata si ostina a disconoscere, ma che probabilmente è l’unico esempio di scritto riconducibile realmente ad un Apostolo di Gesù) e gli scritti di Paolo intorno all’anno 50, ‘Marco‘ nel 70, ‘Matteo’ e ‘Luca’ alla fine degli anni 90 e ‘Giovanni’ invece non prima dell’anno 100.
Ora, se è vero che Gesù morì intorno all’anno 30 (e sappiamo che non vi è nessuna prova certa che dimostri questo, né tantomeno la Sua crocifissione), sorge spontaneo domandarsi: Perché si aspettò tutto quel tempo prima di trascrivere le parole annunciate dal Cristo? ed anche: Perché Cristo stesso o i suoi apostoli non scrissero nulla se era loro intenzione tramandare ai posteri la Parola di Verità?
Tentiamo un’analisi.
I maggiori esperti del settore sono concordi nell’affermare che nessuno osò scrivere nulla poiché nel messaggio del Cristo era chiara la profezia dell’imminente Fine dei Tempi.
Difatti gli Apostoli e la comunità cristiana primitiva si attendevano (probabilmente anche a causa della prima di una lunga serie di errate interpretazioni del messaggio di Gesù) la fine dei giorni da un momento all’altro, e forse proprio per questo motivo non sentirono il bisogno di trascrivere le Parole pronunciate da Gesù per le generazioni a venire.
D’altro canto chi è realmente convinto dell’imminente “Fine del Mondo” non si prodiga certo nell’arte di scrivere testi.
Riporto come avallo alle suddette considerazioni alcune autorevoli affermazioni di studiosi e teologi del settore.
Il teologo Bultmann sostiene:«Non è necessario spendere molte parole per affermare che Gesù s’ingannò sulla prossima fine del mondo», tale affermazione appare secondo me logica e comprensibile, soprattutto se analizziamo, ad esempio, i passi di Marco (Mc. 9,1; 1,15; 13,30), Matteo (Mt. 4,7; 10,7; 10,23; 16,28) e Luca (Lc. 11,51), senza la necessaria nonché doverosa decodificazione gnostica dell’insegnamento di Cristo.
Anche il teologo Heiler dichiara: «Oggi nessuno studioso serio e intellettualmente onesto può porre in discussione la chiara convinzione dei suoi seguaci intorno all’imminente venuta del Giudizio e della Fine dei Tempi» che concorda con quanto asserito dall’Arcivescovo Conrad Gröber: «…l’intera cristianità primitiva rimase delusa perché considerava imminente il ritorno del Signore, come attestano non solo singoli passi delle Epistole di S. Paolo, dei Santi Pietro e Giacomo e dell’Apocalisse, ma anche la produzione letteraria dei Padri apostolici e la vita della primitiva collettività cristiana» e con quanto ammesso dal teologo Harnack: «…la loro aspettativa è stata delusa: bisogna ammetterlo senza remore» ed infine con l’asserzione di H. J. Schoeps: «I discepoli di Gesù si attendevano certamente che con la sua morte avrebbe coinciso la concreta fine dei tempi. Il fatto che ciò non si sia verificato reca in sé la radicale delusione del movimento messianico che si richiamava a Gesù, ma certo non la fine della disperazione, della rassegnazione o del ridicolo».
Questo deve essere stato dunque il motivo per cui, con tutta probabilità, non fu scritta nemmeno una riga finché Gesù abitò il corpo fisico e per le due intere generazioni successive.
Ma allora chi ha scritto i Vangeli che conosciamo?
Ormai è diventata consuetudine citare i nomi di Marco, Matteo, Luca e Giovanni come autori dei Vangeli canonici senza fermarsi più di tanto a pensare che, fatta eccezione per le Epistole paoline autentiche, non si hanno certezze sull’autore di nessuno degli scritti neotestamentari. Ritengo la rinomanza di Wikenhauser sufficiente per avvalorare questo assunto, egli dice: «La Chiesa ha fatto passare questi libri come opera dei primi Apostoli e dei loro discepoli, gettando così le fondamenta della loro autorità. In realtà essi non derivano dall’attività di nessun apostolo. Neppure il pubblicano Matteo può essere l’autore del cosiddetto “Vangelo di Matteo”, in quanto l’opera non venne composta in ebraico, secondo la tesi della più antica tradizione ecclesiastica (vescovo Papias), bensì in greco; e inoltre non può risalire a nessun testimone oculare. Questa è la posizione di quasi tutta l’esegesi biblica “non-cattolica”, mentre la Chiesa cattolica attribuisce questo Vangelo all’apostolo Matteo; ma anche i suoi esegeti sono costretti ad ammettere che non si conosce nessuno che abbia mai visto il presunto originale in aramaico, tradotto poi in greco, e che non esistono tracce di alcun genere del testo aramaico né di sue citazioni».
Si è osservata peraltro, nelle successive generazioni cristiane, la tendenza a collocare tutto ciò che era possibile sotto il “manto protettivo” degli Apostoli, questo al fine di conferire ad ogni scrittura una maggiore autorevolezza. Infatti molti si convinsero che «…nel cristianesimo è consentito l’inganno in nome e in onore di Dio» tesi difesa e avvalorata da Paolo (Rom. 3, 7; Philip. 1, 15), da Giovanni Crisostomo e dall’eminente Origene che, come afferma K. Deschner: «…sostenne con ferma decisione la liceità dell’inganno e della menzogna come “strumenti di salvezza” e Dio stesso, secondo lui, potrebbe mentire per amore (Origene Cels. 4, 19)» il quale poi prosegue dicendo: «…come in tutta l’antichità, dunque, anche nel Cristianesimo il “pio imbroglio” fu lecito fin dal principio; così agli Apostoli Matteo e Giovanni vennero attribuiti a torto dei Vangeli; non solo, ma venne inventato di sana pianta anche un Vangelo “secondo i 12 Apostoli“, in modo da ottenere i migliori attestati di credibilità, coinvolgendo tutta la santa congrega», opinione che Wikenhauser arricchisce così: «… al solo Pietro vennero attribuiti un Vangelo, un’Apocalisse, il Kerygma e due Epistole del Nuovo Testamento che oggi anche i teologi di parte cattolica considerano inautentiche e gli disconoscono…» anche perché Pietro, essendo quasi analfabeta, non avrebbe potuto esprimersi nel modo più assoluto in un greco così raffinato.
Nella “sacrosanta opera di limitazione nella divulgazione di erronee informazioni riguardanti la figura del Cristo” vorrei ora introdurre alcune informazioni riguardanti il Vangelo di Giovanni.
Da ormai più di 150 anni l’intera bibliografia critica non riconosce all’Apostolo Giovanni il cosiddetto “Quarto Vangelo” erroneamente ad egli attribuito.
Il primo a mettere in dubbio la paternità di Giovanni in relazione al Vangelo in questione, fu lo stesso S. Ireneo di Lione in (adv. haer. 3, 1, 1) sul finire del II secolo.
Ireneo… proprio lui, l’autore della «Confutazione e smascheramento della falsa gnosi» (citata spesso come Adversus haereses).
Successivamente (a partire dai teologi Karl Theophil Bretschneider, D. F. Strauß, F.C. Baur, passando per le conclusioni dei teologi David Friedrich e Ferdinand Christian per arrivare al frutto degli studi dei teologi Hirsch, Wikenhauser, Ackermann etc etc) è stato ampiamente dimostrato che il suddetto Vangelo fu “brillantemente ideato” «in vista di una determinata concezione dogmatica, senza alcun riguardo alla ricerca storica».
Questo scritto Evangelico ha dunque significati unicamente allegorici.
Il Vangelo di Giovanni non offre informazioni attendibili sulla predicazione di Gesù ma fornisce, per contro, utilissime informazioni che aiutano la comprensione degli sviluppi del Cristianesimo nei primi secoli.
Il teologo Ackermann scrive: «il Vangelo di Giovanni… è uno scritto dottrinale totalmente astorico», questa opinione trova conferma nelle conclusioni del teologo Hirsch: «…il Vangelo di Giovanni non fu composto dall’Apostolo Giovanni… è l’ovvio risultato di un’indagine non preconcetta, sul quale non può sorvolare nessuno storico serio e rispettoso della scientificità della ricerca. Fa semplicemente pena voler contrapporre degli espedienti apologetici all’evidenza dei fatti».
Anche il Vecchio Testamento, da quanto risulta a seguito degli studi effettuati su di esso, contiene false attribuzioni.
Il Pentateuco ad esempio (i cosiddetti Cinque Libri di Mosè) non può in alcun modo essere attribuito a Mosè (sempre ammesso che questo personaggio sia realmente esistito), ma da parte cattolica si continua ad insistere sulla sua paternità. Gran parte degli scritti attribuiti a Mosè, come altri che si è pensato fossero stati redatti da David o dal figlio Salomone, in realtà sono stati composti poco meno di un millennio più tardi da meno rinomati sacerdoti ebrei.
Ora, a te che leggi chiedo: in mezzo a tante incertezze, come può il cristiano identificare dei veri punti fermi, nel proprio percorso spirituale, se non dentro se stesso?
Come possiamo far scorrere sotto i nostri occhi le righe di un antico documento e credere ciecamente, per fede, senza fermarci a riflettere sul suo livello di attendibilità?
E soprattutto: come posso chiudere i miei occhi e avere fede, mentre così nitido, avverto dentro di me, quel chiaro segnale di ammonimento? Perché dovrei lasciare inascoltata la voce amica di quell’insostituibile coscienza, rivelatrice di falsi miti, che da sempre mi accompagna con i suoi saggi e preziosi consigli? Dimmi tu, per quale curioso motivo non dovrei prestarle ascolto?
E ancora: dopo ciò che la “coscienza” ci rivela, e dopo aver trovato conferma nelle conclusioni di moltissimi storici, come possiamo ancora credere che il messaggio evangelico non sia stato irrimediabilmente alterato?
Il fatto stesso che fra la morte di Gesù e la stesura dei Vangeli siano intercorsi tutti quei decenni (per altri scritti addirittura secoli), non può esimerci dal farci pensare che il suo originale messaggio abbia subito gravissime e imperdonabili deformazioni.
Anche il fatto che l’insegnamento di Gesù fu tramandato oralmente per quasi un secolo, mi porta inevitabilmente a supporre che potrebbe aver subito gravi contaminazioni, che sia scaduto nella leggenda popolare, e che sia stato trascinato, in balia dell’esaltazione collettiva, in una sorta di esagerato desiderio di mitizzazione del personaggio. A mio avviso proprio questa idealizzazione ha scalzato in secondo piano la vera essenza gnostica dell’originale insegnamento di Cristo.
Non credo sia facile per nessuno, oggi come oggi, convincermi del contrario.
Del resto ogni tradizione trasmessa oralmente è destinata a subire nel corso del tempo adulterazioni e mutamenti; qualcuno potrebbe negare questo?
La figura di Gesù fu sempre più idealizzata e ingigantita, ad essa si saldarono molte delle superstizioni tipiche della cultura primitiva cristiana, il suo annuncio si adattò, per dirla col teologo Leipoldt «non di rado ai bisogni e alle attese della comunità». Anche il teologo Knopf arrivò a concludere che «di Gesù si disse tutto il bene possibile» restando in sintonia con il pensiero di entrambi i teologi Pfannmüller e Hirsch convinti del fatto che la sua immagine venne già «modificata nei suoi tratti essenziali nei Vangeli in nostro possesso» e «fu fantasiosamente esaltata». Il teologo Jülicher ci conferma le analisi dei suoi colleghi quando asserisce che gli evangelisti recenziori non rivelarono nei loro scritti la figura di Gesù quale realmente fu ma «quale i bisogni dei fedeli desideravano che fosse».
Successivamente la Chiesa, credendo forse di ben operare, fece un grossolano errore quando decise di “stabilire il credo”. Così nel processo di divinizzazione di Gesù, elaborò un dogma che introdusse nel canone. In questo dogma Gesù dovrà essere concepito come preesistente e identico a Dio.
Ma… su quali basi la Chiesa fondò questo dogma?
Per caso sulla definizione Figlio di Dio che di Gesù forniscono i sinottici attribuiti a Matteo e Luca?
Ma oggi tutti sanno che anche gli angeli vennero definiti in tal modo nel Vecchio Testamento e (dice Bauer) lo furono anche figure storiche come Pitagora, Platone, Augusto, Apollonio di Tiana e molti altri personaggi dell’antichità. Questo è il motivo per cui, come riporta il teologo Windisch: «…abbiamo appreso a ben distinguere tra il Figlio di Dio del Vangelo di Giovanni e della teologia sinottica, e l’Uomo Gesù, Maestro messianico, taumaturgo e profeta, quale viene delineato dagli strati più antichi della tradizione».
Dopotutto… tale era la voglia di divinizzare la figura dell’uomo Gesù, che portò gli evangelisti recenziori a marchiani errori.
Nelle proto-recensioni Evangeliche c’è ad esempio chi decise di far nascere Gesù a Nazareth (che secondo molti studiosi nemmeno esisteva a quell’epoca), e chi, per ragioni squisitamente profetico-bibliche, preferì Betlemme (città che diede le origini, già mille anni prima, al Re Davide).
Ma perché far nascere Gesù a Betlemme?
Probabilmente perché, secondo la profezia di Michea, nella discendenza di Davide si sarebbe realizzata la promessa di salvezza che il Signore aveva fatto a Israele fin dai tempi più antichi… (Mic 5,1 sgg) per questo il Messia fu chiamato “figlio di Davide” e come tale acclamato dalla folla..
In seguito ci fu chi Lo volle “nato senza peccato” e chi si affanno’ invece ad inventare una discendenza che Lo collegasse allo stesso Davide.
In due ingenue genealogie, che vorrebbero legare artificiosamente Giuseppe e la *Nobiltà davidica*, gli antichi redattori si dimenticarono di far conciliare un particolare non poco spinoso (confusione che poi si pensò di risolvere proclamando un bel dogma): come poteva Gesù essere legato nel sangue alla “stirpe di Davide” (Giov. 7, 41) se suo Padre era lo Spirito Santo?
Che confusione ragazzi!
Nel Vangelo attribuito a Matteo, è infatti presente un albero genealogico che vorrebbe collegare Giuseppe a Davide tramite 42 generazioni; in quello attribuito a Luca troviamo invece un albero con nomi diversi e rami aggiunti, e le generazioni diventano così 56. Ma già sul nome del nonno di Gesù appaiono delle sconcertanti discordanze, secondo ‘Matteo’ si chiama «Giacobbe», ‘Luca’ invece sceglie per il Nobile Nonno un altro nome e così nella sua versione diventa «Elì».
Sembra quasi di vedere l’affanno e le spasmodiche corse che fecero già all’epoca per cercare di correggere queste chiarissime ed imbarazzanti discrepanze, pensate che addirittura «…si giunse ad inserire, sic et sempliciter, l’albero di Matteo nel Vangelo di Luca» (Klostermann).
A questo punto mi si perdoni la curiosità, ma sorge spontanea una nuova domanda: se, come insegna l’Enciclica di Leone XIII “Providentissimus Deus“, gli Evangelisti «esprimono con infallibile veridicità tutto ciò che Dio ha ordinato loro di scrivere e soltanto quello», domando: chi si è sbagliato?
Forse Dio?
Procedendo nello studio si può poi curiosamente notare come la divinità di Gesù diventi sempre più precoce e accresca man mano che la trascrittura dei Vangeli si allontana cronologicamente da Lui.
- Marco (il più vecchio ed attendibile fra i Vangeli sinottici) introduce il concetto “Figlio di Dio” soltanto, e giustamente, dopo il suo battesimo.
- Matteo (il secondo in ordine di tempo) dice che Gesù è generato divino dalla vergine Maria.
- Luca (l’ultimo dei tre sinottici) fa venerare la divinità di Gesù già da Giovanni il Battista ancor prima di nascere.
Personalmente concordo con le analisi di quegli studiosi che fanno risolutamente notare come, per i primi seguaci di Gesù, egli non fosse considerato il “Divino Figlio di Dio” né tantomeno Dio.
Solo dopo aver ricevuto l’ «Innocente Spiritualità» (per dirla con Pincherle), Gesù fu innalzato alla “comunione con l’Uno Vivente” e del resto il senso della vicenda del Cristo, a mio avviso, è proprio questo.
Se fosse realmente stato l’Unigenito Figlio di Dio dalla nascita, la ricezione dello Spirito Divino sarebbe stata senz’altro superflua e “Marco”, nel Vangelo più antico, non lascia dubbi in proposito quando scrive: «e subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto» (Mc. 1, 12). Questo fa chiaramente intendere l’effetto che l’accoglimento della nuova spiritualità ebbe su di Lui e sul suo cammino spirituale. Ritengo importante comprendere e sottolineare, quanto reale fu la coincidenza fra l’illuminazione ricevuta e l’inizio della attività spirituale di Gesù.
Solo dopo aver ricevuto l’Illuminazione Gesù avvertì nitidamente la divinità insita nel suo essere (divinità presente in tutti noi esseri umani) e per questo motivo, il più antico degli Evangelisti solo dopo quel momento inizia a definirlo “Figlio di Dio”.
Risulta estremamente chiaro come il senso del battesimo di Gesù fu completamente stravolto già a partire dal Vangelo di Matteo, il quale, aggrava la sua già scarsa attendibilità quando fa prima dire a Giovanni Battista di non essere degno di battezzare il “riconosciuto messia”, e poi lo fa tornare sui suoi passi facendogli dire: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?», perché questa resistenza di Giovanni Battista nel voler comprendere la sua “divinità”? La questione fa assai riflettere…
Le molteplici critiche, nate a causa di questi incomprensibili eventi, e sollevate già all’epoca dei fatti, crearono non poco imbarazzo soprattutto nella Chiesa antica, al punto che Sant’Ignazio arrivò ad affermare che, col battesimo, il Signore, intendeva purificare l’acqua del Giordano, e pensate che mille anni più tardi Tommaso D’Aquino ancora condivideva quest’assurda teoria.
Ora, se, come vuole l’artificiosa dottrina cattolica, il battesimo serve a cancellare il peccato originale, che bisogno aveva Gesù nella sua presunta iniziale “impeccabile purezza” di riceverlo?
Il battesimo probabilmente voleva essere, secondo lo stesso Gesù, da intendere come un semplice invito alla “consapevolezza del peccato” e soprattutto del male, e proprio per questo motivo, secondo me, è assolutamente necessario essere adulti e ragionevolmente maturi per “riceverlo”…
Ora però vorrei riprendere quei temi complessi e “scottanti” del processo di divinizzazione di Gesù e della sua misteriosa resurrezione.
Ai tempi di Gesù, la massa era abituata agli uomini divinizzati. Lo era talmente tanto che Petronio arrivò a scrivere: «Il nostro territorio pullula di presenze divine, a tal punto che si incontra più facilmente un dio che un uomo», questo pensiero già di per se ci offre un prezioso parametro di valutazione esaustivo e di facile comprensione, utilissimo per comprendere il contesto particolare di quel periodo storico.
Nel II secolo il numero delle divinità crebbe ancora di più, tanto che Celso (filosofo del II sec.) scrisse: «Molte persone anonime si aggirano dentro e fuori dei templi come volessero emettere responsi… ciascuna di esse è sempre pronta a dire: “Io sono un Dio”, oppure “Figlio di Dio” o ancora “uno Spirito Divino”» (Origene – contra celsum 7, 9).
Non credo sia utile soffermarsi troppo nel dire che in mezzo a queste “divinità pretendenti”, i ciarlatani erano senz’altro numerosi.
Probabilmente per i primi apologeti di Gesù la tentazione di fare di Lui una “divinità esclusiva”, di fatto superiore a tutte le altre, era forte nonché estremamente necessaria.
Essi credevano che solo concependo ed esaltando al massimo la sua divinità potevano essere ascoltati e riscuotere credito fra la gente. In quel periodo le gesta di un uomo “normale” non avrebbero ricevuto la debita attenzione, bisognava che fosse un essere “speciale”, “mitico”.
Ma la natura divina non era ancora sufficiente, bisognava creare una netta distinzione con le altre divinità di quel periodo, era perciò indispensabile un altro grande prodigio.
Cosa fare?
Un evento miracoloso che avrebbe potuto contribuire ad accrescere il prestigio di questo uomo meraviglioso, poteva essere rappresentato dalla sua resurrezione, ma anche questo evento era un fenomeno altrettanto frequente a quei tempi, ed infatti lo stesso Origene cita in proposito: «Questo miracolo non arreca ai pagani nulla di nuovo e ad essi non può apparire scandaloso» (Origene – contra celsum 2, 16).
Il “fenomeno” della resurrezione, come il miracolo della resuscitazione dai morti era molto diffuso a quell’epoca. Il mito del dio che soffre, muore e poi risorge, era tipico della maggior parte delle religioni misteriche dell’antichità. Lo stesso ‘Matteo’ non sembra scorgere nella resurrezione di Gesù l’unicità di un vero portento, e riduce sensibilmente la straordinarietà del fenomeno facendo intendere che sarebbe addirittura sufficiente una discreta mancia per convincere i guardiani del sepolcro a smentirlo.
In queste mie analisi non voglio considerare le teorie (comunque interessanti e degne di nota) elaborate da vari studiosi, i quali hanno ipotizzato una messinscena dei seguaci di Gesù ingegnata con il fine di favorire la sua fuga. Secondo questi studiosi questa fuga, molto ben architettata, generò in seguito il mito della resurrezione. Molte di queste ipotesi trovano riscontro in numerosi documenti, riscoperti recentemente, che vedono Gesù “riparare” in estremo oriente e rimanervi fino al decesso avvenuto in età avanzatissima.
Ritengo peraltro giusto ricordare che in periodi storici precedenti le narrazioni evangeliche, molti resuscitarono dai morti e fra questi troviamo:
#– il Dio mesopotamico Tammuz, il quale moriva l’inverno per risorgere in primavera (il culto del dio-pastore Tammuz, strettamente legato alla famosa dea Ishtar e conosciuto anche come Inanna-Dumuzi, risale a prima del 3000 a.C.. Esso fiorì dapprima nella terra dei Sumeri, e verso il 1000 a.C. entrò nel pantheon cananeo.
Si osserva che nel sec. VI a.C. il biblico profeta Ezechiele (8,14), rimproverò le donne di Gerusalemme che piangevano la morte di Tammuz, questo particolare ci rammenta che il culto di questo dio-pastore, il quale scendeva agli inferi per poi risorgerne, era penetrato anche in Israele, trovando anche lì numerosi seguaci)
#– l’egiziano Osiride (questo dio antichissimo, a differenza degli altri, morì per mano del fratello Seth e il suo corpo venne gettato nel Nilo. Osiride risorse il terzo giorno ed ebbe un figlio dalla sorella-sposa Iside, Horus, il quale lo vendicò uccidendo lo zio assassino)
#– il tracio Dioniso: (in breve, l’umano Dioniso nacque dalla mortale Semele e realizzò un’evasione dalla condizione umana diventando un dio. Anche Dioniso venne ucciso, ma il suo cuore rimase vivo, così egli risuscitò divenendo immortale. Il suo mito offrì in seguito agli uomini la prospettiva di una natura divina).
Di Dioniso (forse uno dei “personaggi” più interessanti e dal quale potrebbero essere scaturite forti influenze verso l’ambiente cristiano) e dei misteri dionisiaci si sa per certo che erano ben conosciuti sia in Palestina che nello stesso Impero Romano già da prima del XIII sec. a.C. Molte e curiose sono le similitudini con il mito cristiano: una volta defunto Dioniso (uomo che divenne dio), discese negli inferi, ma dopo alcuni giorni tornò sulla terra. Proprio per questa sua capacità di tornare alla vita fu venerato nell’antichità come “dio liberatore”. Il culto di cui questo uomo-dio era oggetto, offriva ai suoi adepti la speranza di una vita ultraterrena resa possibile proprio dal suo divino intervento e si richiamava infatti ad un aspetto fondamentale: alla morte seguiva la resurrezione.
Altra curiosa corrispondenza si nota nel rituale che prevedeva l’ omofagia (un rito che consisteva nella consumazione della carne e del sangue di un animale, identificato appunto con Dioniso stesso), come segno di unione mistica con il corpo ed il sangue del dio. Ulteriore e singolare correlazione era che per poter essere ammessi al culto dionisiaco era necessario essere battezzati, introdotti al tempio e sottoposti ad un rigido digiuno. Questo dio inoltre, era strettamente connesso con i cicli vitali della natura, alla quale venivano legati appunto il concetto di resurrezione (primavera) e di morte (autunno) proprio come manifestazione della morte e della resurrezione di Dioniso stesso. Desta poi una discreta curiosità anche il vedere come questo dio fu strettamente legato agli stessi simboli (vite, ariete e melograno) con cui l’iconografia cristiana spesso riconobbe Gesù. Termino qui la parentesi sul dio Dioniso trascrivendo un frammento del Greek Myths di Robert Graves: “… Dioniso, anche detto «colui che è nato due volte»… una volta affermato il suo culto in tutto il mondo, ascese al cielo, e ora siede alla destra di Zeus come uno dei Dodici Grandi . . . . “
#– il siriano Adone (anche questa divinità di origine semitica, risorgeva annualmente “stimolato” da un culto caratterizzato da sofferenza e passione, la sua resurrezione non rappresentava ancora un “mistero”, ma ne costituì probabilmente l’embrione).
#– il traco-frigio Sabazio, dal quale tralaltro la cristianità ereditò la cosiddetta “benedizione latina” (la mano levata con le prime tre dita aperte e le altre due chiuse).
#– il frigio Attis, il quale rinuncia al mondo in vista di una salvezza oltremondana ed il cui corpo risorgendo, diventa incorruttibile (anche nel suo culto misterico – passato dall’Asia Minore in Grecia e presente a Roma già nel 205 a.C. – troviamo passione, flagellazione, morte, rinascita…)
Altrettanto degne di nota sono peraltro le seguenti parole che appartengono alla tradizione Indù sulla nascita del dio Krishna (una tradizione di mille anni più vecchia del Vangelo), sta poi a voi elaborare le debite riflessioni:
«…la volontà dei Deva fu compiuta; tu concepisti nella purezza del cuore e dell’amore divino. Vergine e madre, salve! Nascerà da te un figlio e sarà il Salvatore del mondo. Ma fuggi, poiché il re Kansa ti cerca per farti morire col tenero frutto che rechi nel seno. I nostri fratelli ti guideranno dai pastori, che stanno alle falde del monte Meru… ivi darai al mondo il figlio divino…» (E.Shurè, I grandi Iniziati, Bari, 1941)
Anche Apollonio di Tiana risorse, si presentò a due dei suoi discepoli, e li invitò a toccare la sua mano al fine di sincerarli dell’evento ultraterreno.
A dir poco curiose sembrano inoltre alcune corrispondenze temporali che intercorrono tra i “trapassi” e le “resurrezioni” di queste figure immortali: Osiride ad esempio risorge il terzo giorno, Attis nel quarto.
Risulta altresì sorprendente quanto riportato da Leipoldt (riscontrabile anche in alcuni scritti, da egli citati in nota, di M. Bruckner, Staerck e W. Bauer): «…appaiono sorprendenti alcune analogie fra il culto cristiano e la resurrezione di Mel-Marduk, la principale divinità di Babilonia, creatore del mondo, dio della saggezza, dell’arte medica e dell’esorcismo, redentore inviato dal Padre, suscitatore dei defunti, signore dei signori, re dei re e buon pastore. Come il Cristo della Bibbia, Bel-Marduk fu arrestato, processato, condannato a morte, fustigato e giustiziato insieme a un malfattore, mentre un altro delinquente viene lasciato libero. Una donna asciugò il sangue del dio, fluito da una ferita inferta da un colpo di lancia e anche lui discese negli inferi per liberarne i prigionieri, la sua tomba fu ben nota agli antichi».
Tutto questo dimostra quanto fosse diffusa nelle varie mitologie la discesa agli inferi ed il successivo ritorno.
Dioniso, Teseo, Attis, Eracle (Ercole), Orfeo, Bel, Marduk, Tammuz, Ishtar (Inanna, Astarte, Anath, Ashera, Anahita), Osiride, Apollonio di Tiana, Adone, Zagreo, Enea, Sabazio, Horus, Chuchulain, Gwydion, Amathaon, Ogier le Danois, sono solo alcuni dei numerosi nomi che si palesano a chi affronta studi relativamente approfonditi…
Last, but not least: Asclepio (Esculapio), Mitra (Mithras, Helios*, Apollo), Zoroastro (Zaratustra, legato ad Ahura Mazda), Pitagora, Iside… etc etc etc …
Mi auguro che ogni credente sincero rifletta profondamente su questo importante aspetto. Nell’arco della storia la figura di Gesù è stata caricata di troppi miti; ora necessita di un minuzioso lavoro di ripulitura che restituisca a Lui dignità e rispetto, e all’uomo moderno il sacrosanto diritto alla correttezza informativa. Onestà storiografica vuole che entri in funzione il famoso ed irreprensibile “rasoio di Occam”.
*«Quel che c’era di bello e di sublime nel mito del Sole venne fatto
proprio dal Cristianesimo: Helios divenne Cristo».
(Il teologo Carl Schneider, Geistesgeschichte, I, 258)
Tornando alla descrizione della Resurrezione presente sulle narrazioni evangeliche , tutta la teologia storico-critica non esita nel porre l’accento sul fatto che in essa le contraddizioni sono talmente pacchiane e numerose da offuscarne seriamente il credito.
Argomentando sul mistero della Resurrezione il teologo Grass scrive: «…tutti i resoconti hanno un marcato carattere leggendario… il contributo storico agli eventi è scarso e discutibile» e il teologo Heiler implementa dicendo: «…contraddizioni su contraddizioni» mentre il teologo Von Campenhausen esprime così il suo “fastidio”: «…fra tutte le notizie a noi pervenute, non se ne trovano due che concordino fra loro» ritenendo inoltre che «…la versione dei fatti fornita da Matteo rigurgita di incongruenze e di assurdità. Tale spiacevole impressione sarebbe attenuata, se si decidesse di ignorare completamente i racconti più recenti di Matteo, Luca e Giovanni attenendosi esclusivamente, ma con la necessaria cautela, al più antico Marco».
Anche Goethe palesa chiaramente i suoi sospetti quando negli Epigrammi Veneziani scrive: «Il sepolcro è spalancato: che grandioso miracolo, il Signore è risorto! Chi ci crede! Furfanti, lo avete portato già via!».
Non mi sento di prescindere completamente la reincarnazione dal mio credo. Ripeto: queste mie considerazioni intendono solo commentare alcune conclusioni a cui la critica storica e quella razionalista sono giunte, e vogliono servire come semplici spunti di riflessione su cui riflettere, con il fine di migliorare la comprensione di questa enigmatica vicenda.
Potrei anche credere alla resurrezione di Gesù, la ritengo cosa verosimile, ma non miracolistica; non riesco a scorgere in questo fenomeno alcunché di straordinario o di particolarmente significativo per il cammino spirituale di ognuno di noi.
Sicuramente questo mio pensiero sembrerà più vicino al panteismo e a molte filosofie di tipo orientale; molte discipline dell’estremo oriente infatti sono spesso vere e proprie “scuole di pensiero” che non scorgono in fenomeni quali la resurrezione nulla di venerabile o di utile ai fini escatologici; in esse fenomeni come la trasmigrazione, la metempsicosi e la reincarnazione portano ad individuare, in un individuo come Gesù, unicamente un’anima evolutissima, perfettamente consapevole delle Verità superiori, giunta sino a noi per aiutarci nel cammino di conoscenza.
Gesù era indubbiamente molto progredito ed aveva raggiunto uno stato avanzatissimo nel proprio percorso evolutivo; egli dimostrò nelle parole e nei fatti di essere altamente consapevole, e di Conoscere bene le potenzialità presenti nell’essere umano, potenzialità a cui Lui aveva indubbiamente pieno e libero accesso.
Quello che voglio dire è che non vedo quale beneficio possa scaturire dall’atto del prostrarsi ai piedi del Cristo perché Egli è miracolosamente risorto nella carne, o perché ha resuscitato Lazzaro o ancora perché ha camminato sulle acque; io non riesco a basare su questi fenomeni la mia fede o il mio credo, lo troverei assurdo ed incomprensibile, e forse addirittura offensivo nei suoi confronti.
Ci sono dei Guru che riescono a compiere imprese impensabili, molto simili a quelle compiute da Gesù; dovrei considerare anche loro come “divini, unigeniti Figli di Dio”, prostrarmi ai loro piedi e fondare una religione per ognuno di essi?
Certamente no! Il mio interesse non procede in quella direzione…
Ringrazio certamente questi grandi “iniziati” per gli enormi sforzi che essi ininterrottamente compiono per il bene dell’intera umanità. I risultati a cui essi sono giunti sono senz’altro utili per palesare alla massa le possibilità, latenti in ogni essere umano, di poter trascendere i limiti del proprio corpo-mente, di invalidare i fuorvianti condizionamenti culturali e religiosi, di svincolarsi da convinzioni acquisite così distanti dall’autenticità, di enucleare la propria essenza più pura, ma non possono andare oltre: la Consapevolezza non è trasmissibile. Si può trasmettere un credo, una cultura, le personali o collettive convinzioni, non certo la Consapevolezza!
Spero vivamente di non essere frainteso per ciò che sto scrivendo e vorrei ricordare che ammiro ed amo infinitamente Gesù, per tutto ciò che Egli ha detto e fatto, per ciò che ha rivelato, per le sue Verità di Vita, per il suo inimitabile esempio, per la sua ferma ribellione al potere stantio, non per gli incomprensibili misteri con cui è stata sagacemente avvolta la sua figura.
Amo Gesù per le sue continue esortazioni (tuttora inascoltate) a condividere ogni bene terreno da buoni fratelli e a non accumulare inutilmente beni sulla terra, per i suoi inviti all’amore reciproco, per i suoi ammonimenti a non cadere in preda alle false illusioni e a cercare in se stessi consapevolmente la Verità e il Padre, non certo per gli strabilianti fenomeni narrati in alcune scritture.
Se amassi Gesù Cristo per i misteriosi fenomeni di cui sono piene diverse narrazioni e su di essi basassi la mia fede, (ad es. verginità, resurrezione, miracoli, annunci angelici, etc etc) mi sembrerebbe di essere come un Bukaua che adora il suo Totem o come un indigeno che adora il suo sciamano.
Ritengo molto più importante cercare di imitare il suo esempio, comprendere l’essenza della sua Parola e farne tesoro.
Moltissimi precetti del culto cristiano, per contro, sembrano invece essere orientati ancor’oggi verso un’insignificante ritualità, come se fossero rimasti ancorati al torpore spirituale dei tempi di Mosè, proprio quel torpore che Gesù con tanta tenacia cercò di rimuovere in ognuno dei suoi seguaci.
Molti credenti cristiani difatti rimangono arenati nell’azione cultuale e non procedono affatto verso un percorso di ricerca interiore che porta alla *conoscenza* (ma non per questo possono essere colpevolizzati). Essi vengono spesso “addestrati” a celebrare e basare la propria innata spiritualità imperniandola esclusivamente su cerimoniali e liturgie, si trovano così inconsapevolmente a seguire meccanicamente, e spesso per tutta la vita, un’insignificante sequenza di azioni prestabilite che nulla hanno a che vedere con l’essenza e gli obiettivi degli insegnamenti di Gesù.
Queste ritualità formano una sorta di vuoto nello Spirito e non aiutano a comprendere realmente il nucleo del messaggio cristiano.
- Gesù disse: – Conoscerete la Verità ed essa vi farà liberi.
- Gesù disse: – Colui che conosce tutto, ma ignora se stesso, è privo di ogni cosa.
- Gesù disse: – Colui che cerca troverà, e a colui che bussa sarà aperto.
- Gesù disse: – Molti si soffermano fuori della porta, ma soltanto i solitari entreranno.
- Gesù disse: Maledetti i Farisei! Sono come un cane che dorme nella mangiatoia: il cane non mangia, e non fa mangiare il bestiame.
- Gesù disse: – I farisei e gli scribi hanno ricevuto le chiavi della conoscenza, ma essi le hanno nascoste: non hanno saputo entrare essi stessi, né hanno lasciato entrare quelli che lo desideravano. Ma voi siate astuti come i serpenti e puri come le colombe.
- Gesù disse: Beati quelli che sono stati perseguitati nei cuori: sono loro quelli che sono arrivati a conoscere veramente il Padre…
- Gesù disse: Se esprimerete quanto avete dentro di voi, quello che avete vi salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà
Sia chiaro a tutti che questo mio lavoro di ricerca storica non è teso ad infangare la virtuosa immagine di Jesus Christus, né a sminuirla, al contrario ciò che ho veramente a cuore è spogliare la Sua figura da alcune secolari ed inutili zavorre.
Questi “pesanti fardelli” che caratterizzano fortemente gran parte del credo cristiano, appesantiscono ed offuscano l’essenza dell’autentico proclama di Cristo offendendolo spesso grandemente.
Molti oscuri tratti, frutto di fantasiose elucubrazioni di astuti esegeti, avevano a mio avviso il chiaro intento di confondere il credente ed orientarlo, sin dalle origini, verso quella che considero una nefasta mediazione ecclesiastica che alla fine conduce ad un epilogo lacunoso ed incomprensibile.
Alcune interpretazioni hanno adulterato la Parola di Cristo al punto da rendere inintelligibile gran parte del suo meraviglioso annuncio ed hanno allontanato molti credenti da quel sentiero che Egli indicò e invitò a seguire.
Secondo me a differenza di allora, l’uomo di oggi, può però “districare la matassa”, egli è in grado di liberarsi dall’ignoranza e dalle secolari superstizioni, che sempre hanno reso opaco ed enigmatico il vero *progetto* di Gesù Cristo; chi ama veramente Gesù ha il dovere di penetrare il reale senso di quel progetto per riscattarlo e ad aiutare finalmente l’umanità a metterlo in pratica.
Gesù non desidera essere adorato inconsapevolmente, non vuole essere creduto in funzione dei miracoli che ha compiuto, oppure a causa della sua natura divina esclusiva che lo situa come “unigenito Figlio di Dio”, o ancora per la sua resurrezione fisica.
Egli ha effuso un appello nel quale invita tutti al rispetto e all’amore reciproco, ci ha ricordato che siamo transeunti, di passaggio, ha voluto renderci consapevoli che il Padre è in ognuno di noi e che noi tutti siamo nel Padre.
Il suo grido richiama con risolutezza ognuno di noi a ricercare Dio in se stessi, alla divinità che ci è propria; ci invita ad evolvere seguendo quel percorso che Lui stesso ci mostrò.
Il suo meraviglioso appello non richiede erudizione né lunghi studi, è stato infuso nei nostri cuori ed è straordinariamente semplice ed attuabile.
Proviamo con tutte le forze a comprendere il vero senso del suo annunzio e non continuiamo ad offenderlo dedicandoci solo a vuote ed insignificanti ritualità, apriamo i nostri cuori ed ascoltiamo il suo incessante grido.
Inumazione e resurrezione
Per quanto concerne l’inumazione di Gesù, nei documenti attualmente a disposizione sono riscontrabili molteplici incongruenze.
Purtroppo la Chiesa delle origini decise di incenerire tonnellate di documenti considerati da essa “eretici”, con l’intento di eliminare ogni traccia delle accesissime e scomode controversie teologiche. Se ciò non fosse accaduto forse oggi avremmo potuto delineare un quadro più chiaro degli eventi, e del reale proclama di Cristo, ma la paura delle correnti gnostiche era grande, e i “Padri della Chiesa” preferirono far “tabula rasa” per eliminarne ogni traccia.
La Chiesa Cristiana ha sempre temuto grandemente la gnosi, sin dai primi secoli, e non abbandonò mai la presa contro chiunque fosse considerato nemico delle verità indiscusse da essa proclamate, accanendosi, a volte anche molto crudelmente, contro chiunque si opponesse ai suoi dogmi (se potessimo interrogare ad esempio Priscilliano e Asclepio il marcionita – fra i primi a pagare con la vita la propria eresia – e trarre preziose testimonianze dalla lunga schiera di esiliati, respinti, rinnegati, giustiziati, condannati, torturati o riammessi (per abiura o per capovolgimenti di potere) fra cui Ario, Ermogene, Nestorio, Cirillo d’Alessandria, Pràssea, Valentino, Gioviniano, Sabellio, Ipazia, Severo d’Antiochia, Aezio di Antiochia, Elipando di Toledo, Elvidio, Marcione, Montano, Mani, Pelagio, Novaziano, Donato, Maggiorino, Melezio, Epigone, Paolo di Samosata, Apollinare di Laodicea, Diodoro di Tarso, Teodoro di Mopsuestia, Memnone di Efeso, Eutiche di Costantinopoli, Atanasio, Marcello d’Ancira, Fotino di Sirmio, Eudossio d’Antiochia, Macedonio di Costantinopoli, Ulfila il goto, Origene, Clemente d’Alessandria, Decio, Valeriano, Aerio, monaco Enrico, Eunomio di Cizico, Arnaldo da Brescia, Gherardo Segarelli, Fra‘ Dolcino, Giulio Cesare Vanini, Giordano Bruno, Pietro Carnesecchi, Còla di Rienzo, Paolo Sarpi, Girolamo Savonarola, Giovanna d’Arco, Galileo Galilei, Ferrante Pallavicino, Gerardo da Borgo San Donnino, Michele Serveto, Giovanni Tommaso Campanella, Daniel Papebrochius, Pierre de Bruys, Enrico di Losanna, Clement Marot, John Oldcastle, Matteo Gribaldi Mofa, Giorgio Siculo, aderenti o seguaci di Catari, Albigesi, Ariani, Valdesi, Francescani dissidenti, hussiti, Templari e moltissimi altri, ci renderemmo conto della ferocia con cui la Chiesa si scagliò nel perseguitarli).
L’uomo secondo la Chiesa, non deve arrivare a conoscere direttamente Dio, altrimenti verrebbe meno il senso della mediazione ecclesiastica.
Eppure Gesù ci invitò con estrema chiarezza ad intraprendere la via gnostica!
(Vedi Vangelo di Tommaso Apostolo). La Chiesa non aveva alcun diritto di distruggere quegli importantissimi documenti! Ma non vorrei perdermi nel campo delle congetture; desidero invece proseguire con le osservazioni sulle incongruenze Evangeliche relative all’inumazione e alla resurrezione di Cristo.
Nella sua narrazione “Marco” cita di tre donne che si recano al sepolcro per andare ad imbalsamare il corpo con oli aromatici, nella domenica successiva al suo trapasso e già a tal proposito si può osservare che in “Marco” le donne si procurano i balsami il giorno successivo al sabato, mentre in “Luca” si parla di giorno precedente (cfr. Mc. 16,1 con Lc. 23,56).
“Matteo” – che scrive vari decenni dopo “Marco”, ricalcando le sue orme – corregge la distrazione del confratello, il quale nel suo scritto non aveva considerato un particolare assolutamente non trascurabile: un periodo di tre giorni fra il trapasso e l’imbalsamazione erano sicuramente eccessivi, poiché con la temperatura tipica di quei luoghi, il processo di decomposizione sarebbe già iniziato.
“Matteo” nella sua successiva narrazione, decide allora di far inumare ben prima il corpo da Giuseppe di Arimatea (anche Giovanni opta per questa scelta, ma vi aggrega anche Nicodemo) e manda le donne — che secondo lui sono due e non tre — la domenica, a fare una semplice visita al sepolcro (Mt. 28,1).
Nella racconto di “Marco” le tre donne disubbidiscono al “giovane con veste bianca” che trovano seduto accanto all’uscita del sepolcro. Questi gli ordina di annunciare l’evento della resurrezione ma esse, per paura, disattendono questa disposizione e rimangono in silenzio (Mc. 16, 7-8).
Nella novella di “Matteo” invece le due donne corrono con gioia a dare l’annunzio ai discepoli (Mt. 28,8).
Nella descrizione offerta da “Luca” le tre donne — in questo caso sono tre ma con nomi differenti da quelli che fornisce “Marco”— annunziano tutto agli Undici e a tutti gli altri (Lc. 24,9).
Nell’ultimo Vangelo in ordine cronologico, si reca al sepolcro una sola donna, la quale accortasi della pietra ribaltata corre a rivelarlo, ma solamente a Pietro e Giovanni.
Un altro particolare bizzarro è poi quello dell’incontro con gli esseri angelici.
Per “Marco” l’angelo è “nel” sepolcro; per “Matteo” si trova “davanti”, seduto sulla pietra; in “Luca” inizialmente non c’è, ma poco dopo ne appaiono due; secondo “Giovanni” sono sempre due come in “Luca”, ma stanno già sul posto in attesa della donna.
A questo punto a chi dobbiamo credere? E a cosa?
Da chi è stato inumato il corpo di Cristo? E quando?
Quante erano le donne e quanti gli angeli?
Cos’è vero e cos’è inventato?
Quando risorse Gesù? A chi apparve? Dove?
Anche su questo punto le contraddizioni sono notevolissime.
Uno o due angeli (dipende dalla narrazione), annunciò a diverse persone (anche questo cambia in relazione alla narrazione che scegliamo di leggere), che Gesù era risorto nella carne. Un gran numero di documenti della proto-letteratura cristiana non contemplano affatto questo evento.
Cosa succede se prendiamo per buone le testimonianze offerte dai canonici?.
Dobbiamo ricordare che secondo una antica legge ebraica per poter considerare un evento autentico occorreva la testimonianza di almeno due o tre persone (vedi V Libro di Mosè Deut. 19, 15; Giov. 8, 17; 2Cor. 13, 1; 1Tim. 5, 19). Gli Evangelisti recenziori decisero allora di trovare, per convalidare la testimonianza, il maggior numero di testimoni possibile. Spaziando fra i documenti e citando solo i personaggi maggiormente conosciuti, noteremo allora che secondo alcuni Gesù apparve per primo a Maria Maddalena, per altri a Giacomo, per certuni a Nicodemo e a detta di certaltri a Sua Madre.
Ma cosa riferiscono a tal proposito i cosiddetti canonici?
Pur prendendo sul serio l’epilogo (chiaramente non autentico) di “Marco” e la narrazione dell’ultra-centenario “Giovanni” Apostolo saremmo portati a credere che Gesù apparve a Maria di Magdala (Mc. 16,9 e Giov. 20,11), ma invece “Matteo” parla di “due Marie” (Mt. 28, 9) e “Luca” di due discepoli sulla via di Emmaus (Lc. 24,13). E ancora, perché “Matteo” e “Marco” individuano nella Galilea il luogo di apparizione del Gesù redivivo e “Luca” invece vicino a Gerusalemme? (Mc.16,7 e 14,28; Mt.28,16 e Lc.24,13; nonché Atti 1,3).
….. continuerà ……
(chiedo umilmente perdono per i numerosi “orrori” di ortografia, grammatica e sintassi nonché per eventuali inesattezze presenti su queste pagine le quali, ricordo, non hanno “pretese intellettuali” né tantomeno carattere di “ufficialità” o “attributi di incontestabilità”; chiunque abbracci questo fascinoso settore sa bene che si opera esclusivamente nel campo delle ipotesi.
Con queste pagine voglio semplicemente esporre una mia intima e personalissima esposizione del “caso Gesù”).
Aetos
prima stesura febbraio “99
ultimo aggiornam. Dicembre 2005
Bibliografia
Parte delle informazioni (soprattutto storico-critiche) presenti su queste pagine sono state liberamente tratte dal testo:
Karlheinz Deschner – «Il Gallo cantò ancora – Storia critica della chiesa» – Roberto Massari Editore
Karlheinz Deschner è nato a Bamberg in Germania nel 1924 e ha studiato filosofia e storia della letteratura. Dal 1951 dottore in filosofia, esercita la professione di libero scrittore. Nel 1988 ha ricevuto il premio Arno Schmidt. Autore di numerose opere critiche nei confronti del Papato e delle gerarchie ecclesiastiche, è conosciuto internazionalmente soprattutto per questa sua monumentale «Storia critica della Chiesa», dall’antichità ai tempi moderni, pubblicata per la prima volta in Germania nel 1962 con il significativo titolo di “Il gallo cantò ancora” (si veda per l’Italia l’edizione del 1998, attentamente tradotta e curata da Costante Mulas Corraine). Non è un caso che in Italia questo libro non sia mai stato tradotto, né fatto conoscere in altra maniera. Troppo radicale, infatti, è la critica e troppo documentate le argomentazioni con le quali Deschner smantella uno a uno i miti e i falsi dogmi del pensiero clericale antico e moderno. Ma la ricerca della verità, per quanto scomoda, costituisce un dovere fondamentale dell’uomo, anche quando l’impresa può apparire impari: per costruire l’attuale potere temporale e spirituale della Chiesa cattolica ci son voluti quasi duemila anni di soprusi, sotterfugi, violenze e falsificazioni sistematiche e non sarà certo la verità documentaria contenuta in un libro a smantellare un simile apparato. Resta il fatto, comunque, che il tentativo va compiuto e che una buona base di partenza può esser data da questa possente «Summa antiteologica» di Deschner. Per alcuni questo libro sarà un utile strumento conoscitivo, per altri (credenti, cristiani sinceri) costituirà una sfida; per altri ancora sarà invece l’inizio di un impegno perché quel tipo di gallo smetta di cantare.
Francesco Carbone (md1412@tin.it)
Con autorizzazione concessa dall’ Editore Roberto Massari
e da:
Gesù: La verità storica
Autore: E. P. Sanders
Oscar Saggi Mondadori
Il Cristianesimo antico
dalle origini al concilio di Nicea
Autore: Giorgio Jossa
Carocci Editore
I Vangeli gnostici
Autore: Elaine Pagels
Oscar Saggi Mondadori
Le eresie nei primi secoli del cristianesimo
Autore: Francesco Saverio Pericoli Ridolfini
La Ricerca – Enciclopedia Monografica
Loescher Editore
Storia della Chiesa dalle origini fino ai giorni nostri
Dir: A. Fliche – V. Martin
Ed. S.A.I.E. (voll. I – V)
La croce della Chiesa
Autore: Karlheinz Deschner
Roberto Massari Editore
Un uomo chiamato Gesù
Autore: Marcello Craveri
L’Espresso della Storia – Demetra
Cristianesimo – Essenza e Storia
Autore: Hans Kung
BUR saggi
Enciclopedia delle religioni (Garzanti)
Dizionario delle religioni orientali (A. Vallardi)
Mitologia (Le garzantine)
La storia non raccontata di Gesù
Autore: Giancarlo Rosati
Istituto Delle Motivazioni Editore
Vita di Gesù
Autore: Georg Wilhelm Friedrich Hegel
Laterza – (pp. 63-140)
I Vangeli Apocrifi
a cura di Marcello Craveri
Einaudi
I Vangeli Gnostici
Autore: Luigi Moraldi
Adelphi
I manoscritti del mar morto
Autore: J. Alberto Soggin
Newton tascabili
Verità e menzogne della Chiesa Cattolica
Come è stata manipolata la Bibbia
Autore: Pepe Rodriguez
Editori Riuniti
I grandi iniziati
Autore: Edouard Schuré
Newton tascabili
Vangeli Apocrifi
Le fonti della mitologia cristiana
a cura di Angela Cerinotti
Mistici Acquarelli – Demetra
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