LA FISICA DELLE BASSE TEMPERATURE 4

di Roberto Renzetti

PARTE IV: Superconduttività e Superfluidità

SUPERCONDUTTIVITA’

         Il fenomeno della superconduttività è relativamente antico perché fu scoperto da Kamerlingh Onnes nel 1911(1) quando, subito dopo averlo liquefatto, lavorava con l’elio liquido, questa condizione della materia che va sotto il nome di stato aggregato. Riporto di seguito alcune delle cose che avevo scritto nell’articolo su Onnes.

        Dopo aver fatto esperienze con l’oro e dopo molte difficoltà di interpretazione dovute ad alcuni pregiudizi, provando con il mercurio, che poteva essere ottenuto con ottimi gradi di purezza, Onnes si rese conto che la resistività del mercurio precipitava proprio poco sotto il punto di ebollizione dell’elio e trovò che in due centesimi di grado vi era il precipitare della resistività (vedi figura seguente). Disse Onnes: “Mercury has passed into a new state, which on account of its extraordinary electrical properties may be called the superconductive state.”
 

In ascisse vi è la temperatura in gradi Kelvin ed in ordinate vi è la resistività.

        Onnes stette un intero anno a lavorare sul mercurio per capire gli strani fenomeni che aveva notato e della cui esistenza dava un solo cenno in chiusura della memoria del novembre 1911. Onnes tornò sull’argomento nel 1913 in 3 successive e lunghe memorie del febbraio, marzo e maggio. Studiava le proprietà di altri materiali alle basse temperature anche per scoprire la validità della legge di Ohm. Si convinse che esiste un punto di transizione al di sotto del quale tale legge non ha più valore ed introduceva (nella memoria del marzo) il termine superconduttività. A questo punto vale la pena leggere cosa dice  Mendelssohn a proposito dell’introduzione di questa parola:

Sembra che egli l’abbia introdotta puramente per ragioni di brevità di espressione, e dal primo uso che ne fece non pare che avesse ancora compreso appieno questa nuova proprietà. In realtà, durante una relazione ad un congresso scientifico a Washington, egli parlò del suo lavoro sul mercurio come di una realizzazione dello «stato superconduttivo, la cui esistenza era divenuta probabile solo grazie agli esperimenti sull’oro e sul platino». Fino a questo momento, la superconduttività deve essere apparsa a Onnes ancora come un fatto che, sebbene degno di nota, non era tuttavia del tutto inatteso: egli evidentemente la considerava come un caso estremo del normale meccanismo di conduzione elettrica attraverso un metallo.
[…] Il modello che lentamente emergeva dalle osservazioni sue e degli altri metteva in evidenza il fatto che la superconduttività, lungi dall’essere un caso estremo di conduzione ordinaria, è un fenomeno che ha solo piccole connessioni con qualunque proprietà nota della materia. Essa sfidò l’interpretazione teorica per quasi mezzo secolo ed ancor oggi [prima metà anni Sessanta del Novecento, ndr], anzi, siamo ben lungi dal poterne dare una spiegazione completa.
[…] Come è naturale, il suo primo impulso fu di stabilire un nesso tra la superconduttività e i fenomeni fisici già noti: in un primo momento, cioè, egli sperò che la caduta della resistività del mercurio fosse almeno in parte qualcosa di già previsto, ma presto dovette accettare l’idea che senza accorgersene si era imbattuto nell’ignoto. Le vaghe teorie sulla resistività elettrica allora esistenti avrebbero potuto essere interpretate, in modo un po’ forzato, come indicanti la possibilità di una rapida decrescita con la temperatura, ed era appunto ciò che cercava di fare Onnes; ma egli dovette rinunciare quando risultò che la resistenza svaniva improvvisamente e in maniera discontinua. Resosi conto, allora, di trovarsi di fronte ad uno stato della materia completamente nuovo, Onnes si mise al lavoro per esplorarlo.

        Ciò che si era capito è quanto mostrato nelle due figure seguenti. Nella prima

Nella prima figura è sintetizzata la regola che Augustus Matthiessen (1831–70) ricavò tra il 1862 ed il 1864(2). Tale regola afferma che la resistività elettrica di un metallo che contiene impurità è sempre maggiore di quella del metallo puro.

si mostra cosa la teoria diceva per metalli puri o impuri con la conseguenza che per cercare di arrivare a resistività nulla si cercavano materiali puri. Nella seconda figura si mostra il fatto inaspettato che, ad una data temperatura Tc, per un materiale puro come il mercurio, vi fosse un crollo della resistività.

        Per capire meglio come stavano le cose in corrispondenza di Tc occorreva fare altre esperienze migliorando gli strumenti di misura per resistenze molto piccole, cosa in cui Onnes era maestro. Egli ideò un sistema che misurava resistenze attraverso il campo magnetico che esse producono quando sono percorse da corrente. Come resistenza prese un materiale superconduttore (piombo) avvolto a solenoide ed immerso in elio liquido. Quando circola corrente il solenoide si comporta come un magnete il cui campo si può misurare dall’esterno del criostato. Il circuito del solenoide prevede due interruttori, il primo a fianco alla pila che alimenta l’intero circuito, il secondo più in basso. Seguendo quanto rappresentato nella figura seguente si può comprendere come era pensata l’esperienza.

        Si inizia con l’interruttore in basso aperto e quello in alto chiuso. In tale condizioni nel solenoide circola corrente e quindi vi è un campo rilevato da un piccolo ago magnetico posto al di fuori del criostato. Se ad un dato istante si apre l’interruttore in alto e si chiude quello in basso, il solenoide non sarà più alimentato dalla pila ma, eventualmente, da una corrente che circola nel piccolo circuito più in basso. Tale corrente, in condizioni normali, al di fuori dall’elio liquido dovrebbe essere nulla e quindi nullo il campo da essa prodotto. Invece Onnes trovò che circolava corrente come la posizione dell’ago magnetico, che non si era spostato dalla posizione precedentemente occupata, indicava. Ciò voleva dire che l’impulso di corrente che era entrato tramite la pila in quel circuito non si era dissipato nella resistenza ma continuava a circolare. La resistenza era quindi sparita o attenuata di moltissimo perché quella corrente rimasta continuava a circolare senza che la resistenza consumasse minimamente energia. E quella corrente, chiamata corrente persistente, restò per ore fin quando non evaporò l’elio liquido ed il superconduttore tornò ad essere un conduttore. Una tale esperienza, ripetuta negli anni Sessanta del Novecento a Leida, vide la circolazione della corrente per due anni. Essa si interruppe per uno sciopero dei trasporti che impedì il rifornimento di elio liquido. Il sorprendente fenomeno mostra che la resistività di un materiale semiconduttore è dell’ordine di 10-24 volte più piccola di quella che essa presenta a temperatura ambiente. Se si dice che è nulla non si è esagerato.

        In una successiva esperienza  (fatta da Messner e Ochsenfeld nel 1933) vennero introdotti due anelli di piombo nell’elio liquido. Avvicinando dall’esterno al criostato un magnete molto intenso si induceva magnetizzazione negli anelli disposti dentro l’elio. Se si toglieva il magnete induttore esterno, gli anelli interni proseguivano nella loro magnetizzazione. Per vederlo si fece cadere una sfera di piombo sugli anelli superconduttori. A seguito della corrente persistente che circolava in essi, veniva indotta sulla superficie della sfera una corrente che la magnetizzava in senso opposto a quello degli anelli. In tal modo la sfera restava sospesa per effetto magnetico. E ciò avveniva sia quando vi era il magnete esterno, sia quando era tolto (si veda la figura seguente).

        Altra esperienza spettacolare (fatta ancora da Messner e Ochsenfeld nel 1933) è la seguente(3). Una barra magnetica legata ad una catenella, viene fatta scendere nel criostato pieno di elio, sotto il quale vi è una superficie di piombo superconduttore. Il magnete induce del magnetismo di orientamento opposto nella superficie sottostante producendo come effetto la repulsione della barra magnetica in avvicinamento che, alla fine, si troverà sospesa nell’elio senza scendere ulteriormente (si veda la figura seguente).

          L’effetto della levitazione o effetto Meissener si può anche ottenere alle temperature dell’azoto liquido ed al di fuori di un criostato con effetti davvero sorprendenti:

http://www.nriv.free.fr/sciences/dossiers/supra/supra.htm

http://www.nriv.free.fr/sciences/dossiers/supra/supra.htm

        Nell’articolo precedente sulle Basse Temperature ho parlato del raffreddamento magnetico introducendo il fatto che per realizzarlo occorreva disporre di magneti molto intensi. Tali magneti sono molto complessi da costruire e, necessitando di intense correnti, abbisognano di molto raffreddamento per cui la cosa fu lasciata in sospeso. La scoperta di questi fenomeni riaprì una qualche speranza di costruire intensi campi magnetici mediante materiali superconduttori raffreddati con elio liquido. Si provò a far crescere l’intensità del campo magnetico inducente ma si scoprì che gli effetti dei campi magnetici sui materiali superconduttori hanno una soglia critica che non può essere superata.

In un materiale superconduttore, cioè al di sotto di una data temperatura Tcr, si può intervenire con campi magnetici esterni che mantengano il materiale come superconduttore fino ad una soglia Hcr (un valore piccolo) del campo magnetico, al di sopra della quale il materiale perde le caratteristiche superconduttrici. Inoltre, poiché un campo magnetico è prodotto da una corrente, la corrente che produce Hc è il valore critico Ic per l’intensità di corrente al di sotto della quale il materiale si mantiene superconduttore.

        A questo punto in molti laboratori del mondo si era in grado di lavorare a basse temperature e via via vennero trovate molte altre sostanze superconduttrici. Novità fisiche d’interesse vengono nel 1933 (anno orribile per la Germania ed il mondo) da Berlino con i lavori dei due fisici tedeschi Walter Meissener e Robert Ochsenfeld(4). Per capire la loro scoperta riferiamoci alla figura seguente.

        In (a) siamo al di fuori della  zona di superconduttività e le linee di forza del campo magnetico passano indisturbate attraverso una sezione del cilindretto (10 mm di diametro e 130 mm di lunghezza) di stagno paramagnetico (la permeabilità magnetica dello stagno è circa 1) con il quale si faceva l’esperienza. La figura (b) rappresenta come si dispongono le linee di forza del campo magnetico quando penetriamo nella zona di superconduttività (la permeabilità magnetica dal valore 1 che aveva, diventa negativa). Si tratta di una vera e propria espulsione del flusso magnetico dal metallo quando diventa superconduttore. Questo fenomeno mostra un fatto importante, che la superconduttività, oltre all’annullarsi della resistività, prevede anche la scomparsa dell’induzione magnetica (B = 0) all’interno del superconduttore, con la trasformazione di una sostanza paramagnetica in una sostanza perfettamente diamagnetica.

        Si provò subito a mettere insieme i due effetti con una spiegazione che discendesse dall’elettromagnetismo e dalle equazioni di Maxwell ma non vi fu nulla da fare. In una loro memoria(5) del 1934 i due fisici olandesi Jacobus Gorter eHendrik  Casimir avevano ipotizzato che gli elettroni liberi in un metallo superconduttore, quando si scende sotto la temperatura critica, si dividono in due tipi di elettroni, quelli ordinari e quelli superconduttori originati da un fenomeno di condensazione (modello a due fluidi). Questa teoria lasciava scoperta la spiegazione di alcuni fenomeni, come le correnti elettriche persistenti. Nel 1935, un contributo più completo alla spiegazione dei fenomeni in gioco venne ancora da due fisici tedeschi, i fratelli Fritz ed Heinz London, operanti però in Gran Bretagna perché fuggiti dalla Germania di Hitler. I due, per fornire una spiegazione teorica del fenomeno(6), si interessarono particolarmente di quanto penetrava l’effetto magnetico nel superconduttore e  operarono delle modifiche sostanziali alle equazioni di Maxwell, cioè all’elettromagnetismo classico, utilizzando il fluido di elettroni superconduttori introdotto da Gorter e Casimir, che introdussero in esse a lato degli ordinari elettroni. Alla fine del loro lavoro indicarono anche quali esperienze fare per verificare la teoria.

        I dati sperimentali da mettere insieme nelle teorie erano molti e di volta in volta, con le esperienze che si moltiplicavano, crescevano. Le teorie risultavano pertanto incomplete e molto fragili. Felix Bloch sostenne un principio molto solido:  Di ogni teoria della superconduttività si può dire che è errata. Si era stabilito sperimentalmente con certezza: che l’entropia di una corrente persistente è zero; che dovesse esservi una qualche lacuna negli stati di energia disponibili sulla superficie di Fermi; che l’energia in gioco nella superconduttività era molto piccola. Ma per molto tempo, anche perché la guerra era di nuovo alle porte e non lascia spazi a ricerche teoriche di prestigio, non si venne a capo di nulla, almeno fino al 1950 quando si aprì qualche spiraglio che Mendelsshon descrive nel modo seguente:

Quello che ora appare come il passo cruciale fu compiuto indipendentemente e nello stesso tempo, nel 1950, da Frohlich(7) a Liverpool e da John Bardeen(8) nell’Illinois. L’idea fondamentale delle loro teorie è che il meccanismo base della superconduttività sia un effetto che gli elettroni esercitano gli uni sugli altri per il tramite delle vibrazioni reticolari: se ci è consentito di parlare in termini approssimativi, e del resto non possiamo pretendere di darne qui più di una vaga idea, la superconduttività è dovuta al modo in cui le vibrazioni degli atomi sono influenzate dalla presenza degli elettroni di conduzione. Assumiamo per semplicità che si abbia a trattare con un metallo nel quale ogni atomo abbia fornito un elettrone libero: ciò significa che il cristallo consiste allora di un reticolo di ioni positivi, ciascuno dei quali è appunto un atomo che ha perso un elettrone, e di un «gas» costituito da un ugual numero di elettroni muoventisi a caso attraverso il reticolo cristallino. Considerando un elettrone negativo nel reticolo circondato da ioni positivi, questi ultimi ne saranno attratti e la conseguente piccola contrazione locale del reticolo cristallino avrà due effetti: il primo è che essa provoca un’attrazione per gli altri elettroni (e ciò porta alla superconduttività) e il secondo è che essa influenzerà le vibrazioni degli ioni positivi. Sulla base di questi due effetti contemporanei, Frohlich poté predire che lo stabilirsi della superconduttività avrebbe dovuto dipendere dalla massa degli ioni vibranti.

        Per una strana combinazione in due laboratori USA si stavano facendo esperienze che confermavano almeno in parte questa teoria ed era un vero gran successo perché ciò accadeva per la prima volta.

        Nel 1950 vi fu anche una teoria fenomenologica (spiegava i comportamenti macroscopici della superconduttività con la termodinamica) da parte dei due fisici sovietici Ginzburg e Landau(9) che si rifaceva ad un’altra teoria di Landau del 1937 sulle transizioni di fase del secondo ordine(10)  (quelle che portano, ad esempio, alla superconduttività o, come vedremo, alla superfluidità ma anche quella che porta dall’elio I all’elio II) e che utilizzò un’elaborazione dell’equazione d’onda di Schrödinger. Qualche anno dopo, nel 1957, un altro fisico sovietico, Abrikosov, mostrò che la teoria di Ginzburg e Landau prediceva l’esistenza di due tipi di superconduttività(11). E, nello stesso 1957, fu elaborata una teoria completa sulla superconduttività da parte di J. Bardeen, L.N. Cooper, e J.R. Schrieffer(12) (teoria BCS) negli USA e di Bogoljubov(13) in URSS. Da allora le ricerche e le elaborazioni proseguono incessanti ma io sono già andato oltre su campi dove in definitiva posso comunicare molto poco per la grande complessità della formalizzazione.

        Resta solo da dire che sulla parte applicativa della superconduttività si sono impegnate le grandi multinazionali perché le prospettive potrebbero essere clamorose.

        Eravamo restati al fatto che sperimentalmente  si erano trovati bassi valori di soglia per il campo magnetico al di sopra del quale il materiale perde le caratteristiche di superconduttore. Questa eventualità aveva fatto perdere le speranze di costruire potenti magneti superconduttori. Più avanti nel tempo si scoprirono delle leghe che sembravano dare prestazioni migliori rispetto ai campi magnetici ed insieme a questo la tecnologia avanzò di molto tanto che si riuscì a sperimentare sempre più a fondo nelle basse temperature. Insomma l’idea di fabbricare dei magneti superconduttori veniva di volta in volta ripresa ed abbandonata. Nel dopoguerra si tentò con materiali speciali, che si potevano ottenere allo stato puro grazie agli avanzamenti tecnologici, e con leghe sempre più sofisticate. Queste ricerche furono coronate da successo tra il 1960 ed il 1963 per merito degli immensi investimenti per la ricerca messi in campo dalla Bell Thelephone, dalla General Electric e dalla Westinghouse. Realizzato un potente magnete superconduttore esso rientrò in circuito per essere usato per spingere oltre sulla strada di temperature sempre più basse.

Un piccolo magnete superconduttore in grado di produrre un intensissimo campo magnetico pari a 100.000 oersted

        Anche qui la tecnologia avanza di pari passo con la parte teorica. Recentemente sono stati assegnati dei Nobel a ricercatori che hanno realizzato dei materiali in cui la superconduttività si realizza a temperature relativamente alte (107°K). Ad esempio, nel 1986, Bednorz e Müller hanno scoperto la superconduttività in alcune leghe ceramiche alla temperatura dell’azoto liquido(13)

SUPERFLUIDITA’
 

        Altro fenomeno straordinario presentato dall’elio liquido è quello della superfluidità. Questo aspetto fu intravisto ancora da Kamerlingh Onnes il quale aveva trovato che l’elio liquido ha una densità sorprendentemente molto bassa. Egli affrontò sperimentalmente il problema per rendersi conto se questa densità variasse al variare della temperatura. Trovò una risposta affermativa: la densità dell’elio liquido risulta sempre molto bassa ma ha un massimo in corrispondenza di 2,3°K (riporto qui alcuni passi già pubblicati quando ho discusso di Kamerlingh Onnes).

In ascisse vi è la temperatura ed in ordinate vi è la densità. A partire dal punto di ebollizione dell’elio fino a 2,2°K la densità cresce per poi decrescere un poco.

      La curva trovata mostrava che l’elio liquido aumenta la sua densità al discendere della temperatura e la cosa fin qui era comprensibile. Ma fino ai 2,3°K dopodiché iniziava una discesa della densità che non ci si aspettava. E, di fronte ad una tale incomprensibile situazione, Onnes pubblicò il risultato nell’articolo del novembre del 1911 e lo comunicò nel 1913  nella sua Nobel Lecture senza ulteriori ricerche perché in quel momento era la superconduttività che interessava tutti. La questione venne ripresa solo nel dopoguerra quando Onnes portò avanti le sue ricerche insieme ad uno studente di dottorato Jan D.A. Boks(15). Nel fare queste nuove esperienze si imbatterono in un dato che era davvero fuori di ogni ordinaria previsione. Altri lavori Onnes li fece con il fisico statunitense Leo Dana che era in visita di studio a Leida. In connessione con lo studio approfondito di quella anomalia della densità, nel fare le misure del calore specifico al variare della temperatura, arrivati alla temperatura in cui si aveva il massimo di densità dell’elio (2,3°K) il calore specifico saltava a valori enormi (la conduttività termica aumentava improvvisamente di un milione di volte). Non sembrava possibile e non vi credettero. Non li inserirono quindi nella rapporto finale che descriveva i loro lavori che doveva essere pubblicato nel 1926. Accadde così che, mentre il lavoro era in attesa di essere stampato, Dana era tornato ad Harvard e Onnes era

Ciò che avevano trovato Onnes e Dana nel 1926 e che non pubblicarono (tra l’altro perché Onnes non si era fidato delle misure fatte dal suo collaboratore). Poco oltre nel tempo la temperatura in cui vi è questo vistoso aumento del calore specifico sarà chiamata temperatura Tλ dalla forma a λ del grafico che rappresenta il calore specifico intorno a quella temperatura.

Sovrapposizione dei due grafici trovati per l’elio. In corrispondenza della temperatura di 2,3°K si ha il massimo di densità già visto ed anche lo schizzare in alto del calore specifico.

morto e così quella scoperta rimase in sospeso in attesa di essere sviluppata altrove perché, con la scomparsa di Onnes, la ricerca sulle basse temperature, dopo breve tempo con il passaggio dei laboratori al suo ex studente Willem Hendrik Keesom (1876-1956), si spostò altrove. Ma ciò che aveva seminato Onnes doveva ancora dare ottimi frutti proprio con i lavori di Keesom. Intanto, nel 1926, Keesom, dopo alcuni lavori fatti con Onnes(16), era riuscito a solidificare l’elio operando non solo con la temperatura, che era appena sotto 1°K, ma anche con la pressione portata a 26 atmosfere(17). Questa solidificazione così ottenuta lasciava pensare ciò che poi si mostrò chiaramente: l’elio non ha un punto triplo. Il suo diagramma di stato differisce da tutti le altre sostanze risultando quello di figura seguente (il nome linea λ sarà dato successivamente ma ora lo userò per comodità):

           Nel 1927, Keesom insieme a Mieczyslaw Wolfke fecero il passo conseguente a quanto sperimentalmente si era trovato. In una memoria intitolata Due differenti stati liquidi dell’elio(18), Keesom e Wolfke conclusero che nel diagramma di fase dell’elio (quello della figura precedente) vi è una linea (quella indicata come linea λ) attraversando la quale si hanno due diversi comportamenti dell’elio. A temperature più elevate si ha l’elio ordinario, che i due chiamarono Elio I; a temperature più basse si ha un altro elio, l’Elio II. Le due fasi dell’elio sono stabili e presentano proprietà fisiche differenti. Un esempio evidentissimo della transizione di fase in corrispondenza di quella linea si ha anche visivamente. Mettendo dell’elio in un criostato e togliendo il suo vapore con una pompa si ottiene un raffreddamento progressivo dell’elio. In questo modo la temperatura può essere portata sotto 1°K. Durante il pompaggio, quando si passa in corrispondenza della linea λ si osserva un bollire vigorosissimo dell’elio in corrispondenza di quella sola temperatura, passata la quale l’elio diventa completamente quieto senza alcun segno di ebollizione. L’esistenza di due fasi dell’elio fece pensare che in definitiva anche l’elio aveva un punto triplo, quello che si trova tra solido, elio I ed elio II. Occorreva considerare che l’elio II fosse cristallino, un cristallo liquido. L’ipotesi risultò errata come mostrò l’osservazione dell’elio II ai raggi X fatta da Taconis a Leida (è comunque interessante osservare che se io solido è più ordinato nello spazio ordinario, il liquido elio II deve esserlo nello spazio delle velocità ma accenneremo a questo quando parlerò della teoria dei livelli energetici collettivi di Landau). Inesplicabile con la fisica nota era anche quell’enorme conduttività termica per una sostanza dielettrica che d’improvviso conduceva il calore meglio del rame (la cosa troverà spiegazione solo con la teoria delle bande d’energia).

        Come si può osservare era stato fatto molto ma non si era capito qualcosa che per la prima volta venne annunciato nel 1938, l’elio liquido è un superfluido. Per combinazione, nel numero 141 di Nature dell’8 gennaio del 1938 vennero pubblicati due articoli sullo stesso argomento. Il primo di P. Kapitza, dell’ Institute for Physical Problems di Mosca, dal titolo Viscosity of liquid helium below the λ-point(19). Il secondo di J.F.Allen e A.D. Misener, della Royal Society Mond Laboratory di Cambridge, dal titolo Flow of liquid helium II (20).

        Il lavoro di Kapitza partiva dalla ricerca della comprensione di quanto pochi mesi prima a Cambridge avevano trovato J.F.Allen, R.Peierls et M.Z.Uddin(21): l’elio era un ottimo conduttore del calore al di sotto del punto λ ed il flusso di calore attraverso l’elio II non era proporzionale alla differenza di temperatura (come avviene in condizioni normali) ma era tanto maggiore quanto minore era tale differenza (fino a raggiungere valori superiori un milione di volte a quelli dell’elio I). Kapitsa pensò che questo fenomeno sarebbe stato comprensibile solo se l’elio avesse avuto una viscosità molto bassa e prestò allora la sua attenzione a questa verifica sperimentale. Egli trovò che da una fessura estremamente piccola (0,5 micron) mentre a malapena riusciva a passare dell’elio I, usciva con estrema facilità dell’elio II. La caduta di pressione attraverso l’apertura era proporzionale al quadrato della velocità del flusso da cui si deduceva che il flusso doveva avere carattere di turbolenza e, di conseguenza che, supposto il flusso laminare, la viscosità doveva risultare estremamente piccola (dell’ordine di 10-9 cps, dove 1cps = 1mPa.s). Kapitsa concludeva il suo lavoro scrivendo: per analogia con i superconduttori, in corrispondenza del punto λ l’elio entra in uno stato speciale che deve essere chiamato superfluido.

Esperienza di Kapitsa

        La memoria di Allen e Misener iniziava affermando che Una rassegna delle varie proprietà dell’elio II ci ha spinto ad indagare con maggiore attenzione la sua viscosità. Uno di noi [il direttore dell’Istituto di Fisica di Toronto dove lavorava Misener,E.F. Burton] ha in precedenza [Nature gennaio 1935] ricavato un limite superiore di 10-5 cps per la viscosità dell’elio II misurando lo smorzamento dell’oscillazione [di torsione] di un disco. Siamo giunti alla stessa conclusione di Kapitsa nell’articolo pubblicato sopra [con stile sciovinista britannico i redattori di Nature avevano informato i loro connazionali dell’articolo di Kapitsa, ndr]; […] la misura ottenuta rappresenta probabilmente un flusso non laminare. Nel loro lavoro i fisici britannici affermavano anche che l’elio II scorre con velocità maggiori dell’elio I ed è indipendente dalla pressione dei bordi e dalla sezione del capillare che lo contiene. E tali comportamenti erano completamente inesplicabili con la fisica nota e conseguentemente risultava loro praticamente impossibile fornire un valore attendibile di viscosità. Studiarono la possibilità di esistenza di una velocità critica al di là della quale non esiste più supefluidità e non trovarono quella legge quadratica di Kapitsa della quale in seguito non si è più sentito parlare. In pratica questo lavoro rappresenta la fondazione di una idrodinamica non convenzionale dei superfluidi.

Disco oscillante (oscillazioni di torsione) di Allen e Misener. Esperimenti con dischi oscillanti furono realizzati anche da Keesom e Mac Wood nel 1938. Essi mostrarono che esiste un freno dovuto alla viscosità non molto inferiore a quello che esiste nell’elio gassoso. Queste esperienze sembrarono mostrare che l’elio II sia viscoso e non viscoso nello stesso tempo.

        Vediamo però perché gli importanti risultati ottenuti da J.F.Allen, R.Peierls et M.Z.Uddin non ebbero un seguito immediato. Si trattò della sovrapposizione di vari effetti che fecero perdere di vista quel risultato importante (il flusso di calore attraverso l’elio II era tanto maggiore quanto minore era la differenza di temperatura). Per le loro misure i nostri tre dovevano disporre di una sorgente di calore all’interno di un’ampolla di vetro, in comunicazione con un foro nella parte inferiore con l’elio liquido, sistemata nel criostato come in figura (a). Quando mettevano in azione la sorgente di calore si accorgevano che qualcosa sembrava non andare: il livello del fluido interno all’ampolla era differente da quello esterno. Per controllare sistemarono l’apparato come in figura (b) e, messo di nuovo in funzione il riscaldatore osservarono che il livello dell’elio cresceva nell’ampolla.

Accadeva cioè che il liquido veniva attratto dalla fonte di calore, fenomeno oggi noto come effetto termomeccanico. Se l’ampolla veniva sostituita da un capillare l’effetto diventava molto appariscente perché dalla sommità del capillare veniva fuori un getto di elio liquido, fenomeno noto come effetto fontana. La scoperta di

L’effetto termomeccanico e, in basso, un suo aspetto, l’effetto fontana, dalle figure del lavoro di Allen e Jones del 1938.

Effetto termomeccanico

Un aspetto dell’effetto termomeccanico, l’effetto fontana

questi effetti fece pensare che le misure sulla conducibilità fossero state falsate da questi fenomeni non ancora emersi con chiarezza e così quello studio rimase momentaneamente dimenticato. In ogni caso questi risultati furono pubblicati da Allen e Jones nel 1938(22) e subito misero in moto altre ricerche perché il problema che si pose subito fu quello della reversibilità del fenomeno, se cioè la macchina termica termomeccanica può diventare meccanocalorica (l’eventualità fu predetta da Tisza nel 1938). Mendelsshon e Daunt(23), nel 1939, realizzarono un apparato in cui dell’elio II veniva fatto fluire attraverso dei capillari da un livello più alto ad uno più basso per misurare la sua temperatura all’uscita dai capillari medesimi con un termometro estremamente sensibile. Ebbene l’elio liquido risultava essersi raffreddato in tale passaggio mostrando che questa macchina termica era reversibile.

        Nel corso di queste esperienze Mendelsshon e Daunt si imbatterono in un altro strano fenomeno che descrissero ancora nel 1939(24). Disponendo due vasi Dewar concentrici alla medesima altezza, le superfici dell’elio precedentemente a livelli diversi si eguagliavano (Onnes, 1922); nel 1936 Rollin aveva pensato che sui contenitori elio liquido si formava una sorta di pellicola; disponendo vicine due ampolle contenenti elio a due diverse altezze e unite in alto da un tubicino, piano piano le altezze dell’elio si vanno uguagliando (Mendelsshon e Daunt, 1938). Questi fenomeni notati come disturbi sperimentali e sempre assegnati a qualche fenomeno del tipo evaporazione o simili, venne individuato proprio da Mendelsshon e Daunt. Si tratta del fenomeno noto come effetto film illustrato nelle figure seguenti.

        Se si dispone un becher vuoto dentro dell’elio II liquido, questo si riempirà mediante una pellicola di elio che si arrampicherà sui bordi del becher (a); se si dispone un becher pieno di elio II liquido immerso a metà in un bagno di elio in modo che il livello dell’elio nel becher sia più in alto di quello del bagno, l’elio si arrampicherà sulle pareti del becher per andare nel bagno (b); infine se teniamo sollevato un becher contenente elio II, con lo stesso sistema esso si svuoterà. In pratica con le sottili pellicole in moto sulle pareti dei contenitori di elio II, si ha un vero e proprio trasferimento privo di attrito di massa ad una data velocità critica (che al punto λ si annullava). Queste esperienze segnarono la fine delle ricerche in Europa Occidentale perché, come accennato, la guerra era scoppiata. In URSS invece riuscirono ad avere un seguito per due anni ancora.

        Subito dopo dirò qualcosa sui lavori della scuola sovietica, ora vorrei solo anticipare che, ancora una volta, la messe dei risultati sperimentali era alla ricerca di una qualche teoria. Fritz London che si era già cimentato con la superconduttività(25), con una controversa teoria che assimilava un superconduttore ad un solido cristallino, tentò ora di spiegare la superfluidità con un articolo che venne pubblicato ancora in quel famoso numero 141 di Nature(26). Questa volta egli andò all’altro estremo: il superfluido fu assimilato ad un gas ideale condensato di Bose-Einstein.

        Ho già accennato al fatto che questa ipotesi che prevedeva una tale transizione di un liquido ad un condensato di un gas ideale perfetto (cioè senza che vi siano interazioni) sollevava dei dubbi (e ne solleva ancora oggi negli anni Dieci del Duemila). Questa condensazione inoltre, per quanto abbiamo detto a proposito di assenza di reticolo cristallino, doveva essere intesa nello spazio solo delle quantità di moto (e non in uno spazio delle coordinate o spazio reale come per la condensazione di vapore in liquido). Dice infatti London: Si può affermare che c’è una condensazione in atto ma solo nello spazio delle quantità di moto e non nello spazio ordinario […] dove non si è osservata alcuna separazione di fase. E parla di bosoni sistemati in qualche tipo di ordine nello spazio delle quantità di moto anche se a spese dell’ordine nello spazio ordinario. Il fenomeno che lo ha spinto ad ipotizzare una condensazione alla temperatura del punto λ è che a quella temperatura vi è una transizione del secondo ordine da elio I ad elio II, inoltre un insieme di altri fenomeni avvengono proprio superata quella soglia. Dice London che sembra difficile non immaginare una connessione con il fenomeno della condensazione della statistica di Bose-Einstein. La temperatura del punto λ è di 2,19°K e la sua entropia è di ~ 0.8 questi valori sembrano in accordo con questa ipotesi(27). A questo proposito Zemansky commenta: La maggior parte delle affermazioni di London e di Landau [che incontreremo tra poco, ndr] sono fondate su argomenti di plausibilità, piuttosto che essere un risultato

Nello spazio delle fasi, dove q sono le coordinate e p le quantità di moto, la prima figura mostra un condensato ordinario (formazione di un liquido da un vapore) e la seconda mostra un condensato di Bose-Einstein. (Da Kittel [b]).

della  meccanica quantistica. Questa situazione è però notevolmente migliorata in seguito alle ricerche di Feynman, che riuscì ad ottenere, fondandosi sulla meccanica statistica quantistica, i livelli energetici e la separazione di Landau, mantenendo l’idea della condensazione di Bose-Einstein di London.

        London, comunque, non assegnava una validità reale al suo modello ma solo una valenza euristica tipica dei giovani rispetto ai meno giovani. Egli lavorava, dopo essere passato per la Gran Bretagna, al Collège de France ed aveva un collega ungherese, Laszlo Tisza che si occupava degli stessi problemi avendoli discussi insieme. Anche Tisza, un mese dopo quello di London, pubblicò un lavoro su Nature(28), relativo ad ipotesi teoriche sulla natura dell’elio II, nel quale introdusse la teoria dei due fluidi.

        Secondo questa teoria, che era un’elaborazione del condensato di Bose-Einstein ipotizzato da London (ed anche ispirata ai risultati di Keesom e Mac Wood), quando l’elio I passava il punto λ per diventare elio II, in parte condensava e diventava elio II superfluido ed in parte restava elio I normale. Al diminuire la temperatura la parte elio II aumenta rispetto alla parte elio I. Questo modello aveva particolari proprietà fisiche in grado di rendere conto dei fenomeni noti, che gli fecero subito avere un notevole successo.

Grafico che mostra come varia la percentuale di superfluido rispetto all’elio liquido normale, al variare della temperatura.

          Nella teoria di Tisza la densità totale del fluido ρ può venire separata in una densità normale ρed in una densità superfluida ρs

ρ = ρn + ρs

La componente normale ha una viscosità normale ed è considerata la responsabile dello smorzamento dell’oscillazione del disco ed il relativamente alto valore della viscosità che si ricava da tale smorzamento. La componente superfluida è quella che permette la fuoriuscita di elio II attraverso fori piccolissimi a grandi velocità.

          Questa teoria ebbe un riscontro sperimentale con le esperienze realizzate dal fisico sovietico Elevter Andronikashvili(29) nel 1946. Questi utilizzò una pila di dischi metallici molto sottili che eseguivano oscillazioni di torsione dentro il liquido (l’ampiezza dell’oscillazione era ridotta a piccoli valori poiché non doveva essere superata la velocità critica).

Esperienza di Andronikashvili (la linea tratteggiata verticale è quella che segna il punto λ).

Dettaglio della pila di dischi.
 

        La distanza tra i dischi (0,21 mm) era sufficientemente piccola perché, al di sopra del punto λ, tutto il liquido che si trovava tra i dischi fosse trascinato nel moto oscillatorio di torsione con essi e contribuisse al momento d’inerzia del sistema. Al di sotto del punto λ, invece, solo la componente normale dell’elio si muoveva con i dischi poiché quella superfluida non contribuiva alla forza d’attrito che sorgeva a seguito del moto dei dischi (e quindi non contribuiva al momento d’inerzia). Quindi, quando si passava sotto il punto λ, il momento d’inerzia diminuiva bruscamente e da ciò era possibile risalire alla frazione ρn di liquido che contribuiva al momento d’inerzia del sistema (il fenomeno è noto come flusso irrotazionale dell’elio superfluido). La figura mostra i risultati sperimentali: la frazione di liquido rappresentato dalla curva ρn/ρ decresce rapidamente appena superato il punto λ, mentre la frazione di liquido superfluido ρs/ρ cresce con continuità fino a diventare l’unica componente  allo zero assoluto.

        Come accennato, con la teoria dei due fluidi si spiegavano i fenomeni che presentava l’elio. Fornisco solo un cenno alla spiegazione dell’effetto termomeccanico e meccanocalorico servendomi della figura che segue.

        Vi sono due recipienti contenenti elio liquido a temperature differenti connessi con un capillare. Man mano che viene fornito calore alla massa complessiva di elio che si trova nel recipiente di sinistra, il superfluido in esso presente si trasforma in elio liquido normale ma una quantità maggiore di superfluido passa da destra verso sinistra attraverso il capillare per compensare la differenza di concentrazione. Il flusso inverso è invece impossibile perché fermato dall’attrito del capillare. L’elio liquido della componente superfluida si muove quindi andando verso il recipiente a temperatura maggiore mentre la componente normale si muove in verso opposto senza che vi sia un netto trasferimento di materia. Si crea un meccanismo molto efficiente di trasferimento di calore esattamente analogo ai processi convettivi. In un ordinario processo convettivo, quando si scalda un liquido dall’esterno, il calore trasferito per unità di massa del liquido in moto è cΔT dove c è il calore specifico, qui invece il calore trasferito dal flusso dell’unità di massa di ciascuna delle due componenti dell’elio è il calore totale contenuto nel liquido. Se invece si inverte il processo forzando dell’elio II a passare attraverso il capillare, si otterrà un raffreddamento perché solo il superfluido può passare. Conseguentemente la concentrazione di fluido normale dal lato destro sarà minore fatto che corrisponde ad una temperatura più bassa.

        Intanto vi erano stati molti altri lavori di Kapitsa, particolarmente quelli del 1941(30), quando l’Occidente era in guerra e l’URSS non era ancora stata attaccata da Hitler. Kapitsa, che aveva ideato macchine per produrre basse temperature avanzatissime ed in grado di produrre grandi quantità di elio liquido a basso costo ed in tempi brevi, aveva affrontato con metodo i vari fenomeni che l’elio liquido presentava ideando esperimenti particolarmente ingegnosi. E fu proprio Kapitsa che costruì dei contatori di flusso per misurare le due componenti di fluido. In uno dei suoi esperimenti, che avevsa lo scopo di studiare la conduzione del calore, Kapitsa introdusse una sorgente di calore (indicata con 2) in un Dewar contenente dell’elio liquido che era in comunicazione con il bagno di elio liquido attraverso un tubicino (indicato con 1).

        La componente normale fuoriuscendo ad alta velocità dal tubicino va ad urtare sul disco metallico 4 imprimendogli un impulso che fa ruotare il sistema che è sospeso alla fibra 5 di quarzo. La torsione che viene impressa è misurabile attraverso lo specchietto 6 disposto in cima al filo di quarzo: su di esso incide un raggio di luce che si riflette su una scala graduata, ad una minima torsione del filo, ruota anche lo specchietto e quindi la luce riflessa sulla scala graduata si sposterà in modo evidente.

        Questa esperienza fu modificata costruttivamente in modo da permettere all’intero Dewar di ruotare.

ed addirittura realizzando un mulinello (Kapitsa Jet-propelled Spider) come quello di figure seguenti.

        Il corpo del ragno è un vaso dewar invertito, immerso in elio ed annerito al fine di fargli assorbire calore quando è colpito da una luce. Il calore fluisce da ogni capillare ed il sistema montato su una punta sottile inizia a ruotare per effetti meccanici (coppia di forze e principio di azione e reazione).

ULTIME IN BREVE

        Le cose da dire sono ancora moltissime perché, a partire dagli anni Sessanta del Novecento sia la parte sperimentale che quella teorica hanno fatto notevoli passi avanti producendo molti Premi Nobel anche se non si è giunti a nulla di definitivo.

        Mi resta qui di accennare solo ad alcune cose ancora degli anni Quaranta che debbo citare ma delle quali non mi occupo.

        La prima di esse è chiamata secondo suono nell’elio liquido e consiste in un nuovo tipo di propagazione di onde (non acustiche ma termiche) all’interno di un aggregato a due fluidi. La cosa fu predetta da Tisza e da Landau e trovata sperimentalmente da Peshkov nel 1944 con il metodo della risonanza.

        L’altra questione è molto più importante e si riallaccia a quanto abbiamo detto a proposito di fisica del nucleo e della scoperta degli isotopi. Anche l’elio è una sostanza che in natura esiste sotto due stati isotopici: l’elio-4, che è quello di gran lunga più comune, con un nucleo costituito da due protoni e due neutroni e l’elio-3, con un nucleo costituito da due protoni e un neutrone. È un isotopo raro sulla Terra. L’elio-3 costituisce lo 0,000138 % dell’elio naturale, con 5,2 parti di elio-3 per milione di parti di elio. La sua esistenza è stata postulata per la prima volta nel 1934 dal fisico australiano Mark Oliphant nel Cavendish Laboratory della Cambridge University. È stato osservato per la prima volta al Lawrence Berkeley National Laboratory nel 1939 da Luis Walter Alvarez e da Robert Cornog. Per quel che ci riguarda occorre dire che l’elio-3 non è un bosone poiché il suo spin è semintero ma un fermione con conseguenze radicali sul suo trattamento in quanto tutto ciò che abbiamo visto nella parte teorica nasceva dall’ammissione di avere a che fare con bosoni. Negli anni Sessanta anche questo gas è stato ottenuto in quantità apprezzabili per sperimentare ed esso, portato a temperatura di 0,1°K  non ha mostrato traccia né di transizione λ né di superfluidità. Solo nel 1972 fu scoperta la transizione verso un superfluido molto più complesso con proprietà magnetiche da parte di Doug Osheroff, Dave Lee e Bob Richardson a 0.003 °K. Naturalmente, anche qui gli studi e le esperienza proseguono ma quanto si sa mostra l’enorme importanza delle differenze che conosciamo tra le varie statistiche e quanto abbiano a che fare con ciò che si trova sperimentalmente. Altra cosa che oggi sappiamo è che l’elio-3 è l’unica sostanza che si dissolve in elio-4 e che quindi ci permette di studiare le soluzioni di uno nell’altro. Le ricerche, come accennato proseguono e le ultime sono qualche mese fa e pubblicate su Nature di giugno e di novembre 2008: V. M. Vinokur et al., A superinsulating state, Nature 452, 613, 2008; C. N. Weiler et al., Vortices spontaneously arise as a Bose–Einstein condensate formsNature 455, 948, 2008.

Il diagramma di fase dell’elio-3 che, come si vede è molto complesso e richiederebbe molte spiegazioni. Serve qui solo per vedere le differenze sostanziali con il diagramma di fase dell’elio-4. Da notare l’esistenza di due diverse fasi superfluide, che il punto di transizione è a temperature molto più basse che nel caso dell’elio-4 e che solidifica a pressioni molto più basse che nel caso dell’elio-4.

        Ultimo aspetto riguarda la parte teorica che ha avuto un enorme impulso dai lavori di Landau(31). Landau prese le mosse dalla teoria dei due fluidi di Tisza con notevoli cambiamenti e perfezionamenti tanto da portarla a rango di grande elaborazione teorica. Riporto la descrizione di tale teoria fatta da Mendelsshon:

Secondo Landau esiste un solo fluido: l’elio liquido. Man mano che la sua temperatura viene elevata a partire dallo zero assoluto, gli si fornisce energia termica sotto forma di quanti di eccitazione vibratoria, i cosiddetti fononi; queste vibrazioni quantizzate degli atomi di elio viaggiano attraverso il liquido con modalità che assomigliano vagamente a quelle del passaggio dei quanti di luce, i fotoni, attraverso lo spazio. Infatti, i fononi sono spesso considerati come «quasi-particelle», poiché possono essere descritti matematicamente nello stesso modo delle particelle; la natura corpuscolare dei fononi è poi particolarmente evidente nel caso dell’elio liquido. Nell’esperimento di Kapitsa sono i fononi che vengono creati nel riscaldatore e che attraversano il tubo, arrivando alla fine sulla paletta, alla quale trasmettono la loro energia di moto. In breve, il componente normale di Tisza corrrisponde alle quasi-particelle che si propagano attraverso la matrice del fluido, mentre tale matrice è di per sé superfluida.
La teoria di Landau non si basa sulla condensazione di Bose-Einstein, benché la statistica di Bose sembri giocarvi un ruolo importante: essenzialmente essa intende descrivere le condizioni prossime allo zero assoluto e non fornisce alcuna spiegazione per il punto lambda. Oltre ai fononi, già ben noti dalla fisica dei solidi, Landau postulava l’esistenza di «rotoni», un altro tipo di eccitazione termica che egli introduceva come quanti elementari di moto vorticoso. Vari esperimenti compiuti nell’ultimo decennio [anni Cinquanta, ndr] hanno dimostrato senza lasciare dubbi che tale tipo di eccitazione è presente nell’elio liquido, ma la sua vera natura è ancora alquanto misteriosa. 
Oltre a fornire una interpretazione chiara e convincente delle proprietà dell’He II, la teoria di Landau ci ha fornito un interessante esempio del modo di procedere della fisica. Evidentemente il primo articolo di Tisza [quello del 1938, ndr] era giunto a Mosca entro il 1941, il secondo [quello del 1940, ndr] invece no: in base alla sua personale teoria, Landau aveva anche introdotto una nuova forma di propagazione ondosa nell’elio liquido, ma nel suo formalismo essa era simile ai fenomeni acustici, e perciò egli la chiamò «secondo suono». Infatti i primi, vani tentativi di rivelarla furono compiuti con mezzi acustici: solo dopo che E. M. Lifshitz ebbe reinterpretato la formula di Landau fu riconosciuta la natura termica di queste onde. La loro esistenza fu dimostrata nel 1944 da Peskov e una successiva estensione delle osservazioni a temperature inferiori a 1°K mostrò che la trattazione corretta era quella di Landau, e non quella di Tisza.
C’era un punto in cui la teoria di Landau forni previsioni sbagliate, e cioè la velocità critica del flusso superfluido. Il fatto che il flusso privo d’attrito s’interrompa quando venga superata una certa velocità del superfluido si può spiegare mediante la trasformazione di energia meccanica in calore, cioè mediante la creazione di fononi o rotoni. Purtroppo gli esperimenti mostrarono che la superfluidità scompare a velocità ben più basse di quelle richieste per creare tali quasi-particelle: si doveva perciò trovare qualche altro processo per mezzo del quale il liquido potesse dissipare energia meccanica.
L’errore in realtà stava nelle proprietà che la teoria di Landau attribuiva alla matrice superfluida, le quali escludevano la turbolenza; di fatto la turbolenza nel superfluido era stata osservata piuttosto di frequente, ma era accaduto che non ci si chiedesse del suo significato. Ora è chiaro che la dipendenza della conduzione dalla intensità della corrente termica, osservata a Cambridge nel 1937, alla quale tuttavia non si volle allora prestar fede, era una chiara prova che la turbolenza esisteva; altrettanto lo era uno degli esperimenti di Kapitsa nel 1940. La chiave per comprendere questi fenomeni fu offerta nel 1949 da Onsager, ma la sua importante formulazione fu fatta sotto forma d’intervento in una discussione ad una conferenza che si teneva a Firenze, e cosi non poté divulgarsi.
Solo nel 1955, quando dalla California Feynman dedicò un lungo articolo all’idea di Onsager, il suo pieno significato per la spiegazione dei fenomeni di superfluidità cominciò ad essere compreso. Onsager e Feynman postulavano che il superfluido debba essere in grado di formare delle cavitazioni, e che questi grandi vortici contenenti ognuno un numero enorme di atomi, debbano essere quantizzati: si può allora avere dissipazione di energia qualora i vortici interagiscano con fononi e rotoni. Poiché alla formazione di queste cavità quantistiche su scala macroscopica contribuisce un numero altissimo di atomi, l’energia per atomo richiesta è molto inferiore a quella necessaria a creare un singolo fonone o rotone; cosi i vortici forniscono la possibilità che venga sottratta energia al moto del superfluido a velocità molto più basse di quelle previste dalla teoria di Landau.
[…] Un buon numero di esperimenti compiuti nell’ultimo decennio [anni Cinquanta, ndr] fa ritenere probabile una circolazione quantizzata su scala macroscopica di tale genere, benché nessuno di questi esperimenti sia conclusivo quanto si vorrebbe che fosse. Ciononostante nessuno ha seri dubbi sull’esistenza del fenomeno. Il flusso privo d’attrito e le correnti persistenti non sono d’altra parte i soli aspetti sotto cui l’He II risulta analogo a un superconduttore: come nella transizione di un metallo allo stato superconduttivo, anche nell’elio si verifica una rapida diminuzione dell’entropia; per di più il flusso superfluido è caratterizzato da un’entropia nulla, proprio come la corrente persistente in un superconduttore.
 

        Ed a questo punto credo proprio di aver terminato perché, avrete notato, il grado di complessità risulta sempre più inversamente proporzionale a quello della comprensione. Ed il mio scopo non è quello di fare lezioni di fisica superiore, ammesso che ne sia capace.

        Fornisco solo un link, tra i tanti possibili, in cui si possono apprezzare gli enormi passi in avanti fatti sulla strada dell’uso delle basse temperature fino ad essere diventate indispensabili per imprese scientifiche di assoluta avanguardia come quelle del LHC di Ginevra:

http://www.airliquide.it/file/otherelement/pj/le_attivita_high_tech_di_air_liquide31863.pdf 

Roberto Renzetti (febbraio 2009).

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POST SCRIPTUM

Un ringraziamento particolare debbo darlo ad un fisico scomparso nel 1980, Kurt Mendelsshon, che, oltre ad aver dato importanti contributi anche alla fisica delle basse temperature, ha scritto anche un libro davvero eccellente che mi è stato da guida nell’arco dei 4 articoli che ho scritto su questo tema. Il libro a cui mi riferisco è The Quest for Absolute Zero: The Meaning of Low Temperature Physics e fu pubblicato nel 1966. Esso fu tradotto in italiano e pubblicato nello stesso anno anche in Italia per i tipi de Il Saggiatore con il titolo Sulla via dello zero assoluto. All’epoca e per tutti gli anni Settanta in Italia vi erano editori coraggiosi e si pubblicavano in tempo reale dei libri di estrema importanza per chi si avvicinava ad una qualche conoscenza scientifica. Non faccio l’elenco perché è lungo (Laterza, Saggiatore, Zanichelli, Boringhieri, … sono solo degli esempi). Se confronto con la montagna di libri che trovo oggi in libreria ed il loro contenuto, spesso di bassissima qualità, mi viene in mente che l’editoria è una delle vittime della decadenza del nostro Paese. Uno degli aspetti che più balza alla vista è che si pubblica tutto ciò che abbia un nome straniero, non importa cosa ci sia scritto nel libro, senza occuparsi dei tanti italiani che in ogni Università e non solo lavorano seriamente e sono in grado di produrre cose eccellenti. Per quanto io conosco invece di fisici italiani, anche a livelli di frontiera, vi è un’osservazione che faccio qui avendola fatta a loro. Non usano scrivere per un pubblico più vasto dei loro colleghi. Spesso non scrivono neppure un testo per gli studenti facendoli girare come trottole per biblioteche, rigorosamente in inglese, per appunti e per dispense parzialissime. E’ un vero peccato perché vi sono competenze straordinarie che potrebbero essere, almeno in parte, passate ad un pubblico più vasto. E’ un problema di trasmissione del sapere che comporta anche che vi siano tanti apprendisti stregoni che pontificano essendo al massimo degli scalzacani. E’ quasi impresa impossibile il rimettere insieme le due culture e non possiamo certo chiederlo ai letterati. Vogliamo o no far sapere ai cittadini perché è necessaria la scienza per poter chiedere loro un sostegno quando i lanzichenecchi prendono il potere e si accaniscono contro di essa ?
 


NOTE

(1)  Kamerlingh Onnes, H., Further experiments with liquid helium. B. On the change in the resistance of pure metals, at very low temperatures. III. The resistance of platinum at helium temperatures, KNAW, Proceedings, 13, pp. 1107-1113. Comm. 119, 1911.
Kamerlingh Onnes, H., Further experiments with liquid helium. C. On the change of electric resistance of pure metals at very low temperatures etc. IV. The resistence of pure mercury at helium temperature, KNAW, Proceedings,   13 II, Comm. 120b, pp. 1274-1276, aprile 1911.
Kamerlingh Onnes, H, Further experiments with liquid helium. D. On the change of electrical resistance of pure metals at very low temperatures, etc. V. The disappearance of the resistance of mercury, KNAW, Proceedings, 14 I,  pp. 113-115, Comm. 122b , maggio 1911.
Kamerlingh Onnes, H., Further experiments with liquid helium. G. On the electrical resistance of pure metals etc. VI. On the sudden change in the rate at which the resistance of mercury disappears, KNAW, Proceedings, 14 II, pp. 818-821. Comm. 124c, novembre 1911.
Kamerlingh Onnes, H. Further experiments with liquid helium. H. On the electrical resistance of pure metals etc. VII. The potential difference necessary for the electric current through mercury below 4°19K,  KNAW, Proceedings, 15 II, pp. 1406-1430. Comm. 133 a,b,c, 14, 1913.
Kamerlingh Onnes, H., Further experiments with liquid helium. II. On the electrical resistance etc. VIII. The sudden disappearance of the ordinary resistance of tin, and the super conductive state of lead,  KNAW, Proceedings, 16 II, pp. 673-688, Comm. 133d, 1914.

(2) A. Matthiessen, Philosophical Transactions 1862 e Philosophical Transactions 1864.

(3) Un brevissiomo filmato su una esperienza simile si può trovare al seguente link: http://www.youtube.com/watch?v=c3asSdngzLs

(4) W.Meissener, R.Ochsenfeld, Ein neur Effekt bei Entritt der SupraleitfahigkeitNaturwissenschaften 21, pagg. 787-788, 1933.

(5) Gorter, C. J. and Casimir, H. B. G., On Supraconductivity, Physica, 1:306-320, 1934.

(6) F.London, H.London, The electromagnetic equations of the supraconductorsProceedings of the Royal Society of London Vol. a 149 , Pagg. 71-88, Apr. 1935. Le equazioni di London ed il modo di ricavarle si trovano in Kittel, pagg. 367-370. In questo testo vi è anche una discussione sul livello di Fermi nella teoria dei due fluidi (pag.357).  

(7) H. Fröhlich, Isotope Effect in Superconductivity, (letter) Proceedings of the Physical Society (London) A63, p.778, 1950.

(8) J. Bardeen, Zero-Point Vibrations and SuperconductivityPhysical Review, 79, pp. 167-68, 1950.

(9) V.L. Ginzburg and L.D. Landau, Zh. Eksp. Teor. Fiz. 20, 1064, 1950.

(10) L.D. Landau, Phys. Zs. Sowjet, 11, 545, 1937.

(11) A.A. Abrikosov, Zh. Eksp. Teor. Fiz. 32, 1442, 1957.

(12) J. Bardeen, L.N. Cooper, and J.R. Schrieffer, Phys. Rev. 108, 1175, 1957. Osservo qui che Bardeen è l’unico fisico ad aver avuto due premi Nobel (Maria Curie ne ebbe due ma uno in chimica ed uno in fisica), uno nel 1972 insieme agli altri due autori di questo articolo ed uno nel 1956 con William Shockley e Walter Brattain per l’invenzione del transistor. Debbo anche ricordare una idea di Shockley che definire razzista è molto poco. Propose anni fa di mettere in piedi una banca del seme dei premi Nobel per costruire una razza superiore di supergeni.

(13) N. N. Bogoljubov, On a New Method in the Theory of SuperconductivityJournal of Experimental and Theoretical Physics 34 (1): 58, 1958.

(14) Bednorz, Müller, Possible high superconductivity in the Ba-La-Cu-O systemZeitschrift für Physic B, 1986.

In http://quench-analysis.web.cern.ch/quench-analysis/phd-fs-html/node3.html vi è una rassegna molto completa di moltissimi aspetti della superconduttività elaborati dal CERN. Ed il CERN è un luogo dove le basse temperature sono essenziali allo stesso modo dei magneti superconduttori.  

(15) Kamerlingh Onnes, H., Sur des observations concernant l’équilibre des phases liquides et gazeuses de l’hélium à basses pression, Receuil des Travaux Chimiques des Pays-Bas XLII, nos. 7/8, 535-538, (15 July-August 1923).
H. Kamerlingh Onnes, J.D.A. Boks, Further experiments with liquid helium. V. The variation of density of liquid helium below the boiling pointReports and Communications of the Fourth International Congress of Refrigeration,  Comm. 170b, June 1924.
L.I. Dana and H. Kamerlingh Onnes,, KNAW, Proceedings, 29 II Further experiments with liquid helium. B.A. Preliminary determinations of the latent heat of vaporization of liquid helium, pp. 1051-1060. Comm. 179c (contains additional information), 1926.
L.I. Dana and H. Kamerlingh Onnes, Further experiments with liquid helium. B.B. Preliminary determinations of the specifi c heat of liquid helium,  KNAW, Proceedings, 29 II, 1926, Amsterdam, pp. 1061-1068. Comm. 179d (contains additional information), 1926.

(16) Keesom, W.H. en Kamerlingh Onnes, H., The specific heat at low temperatures. I. Measurements on the specific heat of lead between 14° and 80°K. and of copper between 15° and 22°K, KNAW, Proceedings, 17 II, pp. 894-914. Comm. 143, 1915.
Keesom, W.H., The specific heat at low temperatures. II. Measurements on the specific heat of copper between 14 and 90°K, KNAW, Proceedings, 18 I, pp. 484-493. Comm. 149a, 1915.
Keesom, W.H. en Kamerlingh Onnes, H., The specific heat at low temperatures. III. Measurements of the specific heat of solid nitrogen between 14°K. and the triple point and of liquid nitrogen between the triple point and the boiling point, KNAW, Proceedings, 18 II, pp. 1247-1255. Comm. 149a, 1916.
Keesom, W.H. en Kamerlingh Onnes, H., On the question of the possibility of a polymorphic change at the point of transistion into the supraconductive state. KNAW, Proceedings, Comm. 174b (1924).
Keesom, W.H., Prof. Dr. H. Kamerlingh Onnes †; Zijn Levenswerk, de Stichting van het Cryogeen LaboratoriumPhysica 6, 81-98, 1926 (ricordo di Onnes da parte di Keesom).

(17) Keesom, W.H., Solid helium, KNAW, Proceedings, 29, 1926, Amsterdam, pp. 1136-1145. Comm. 184b, 1926.

(18) Keesom, W.H., Wolfke, M., Two different liquid states of helium, in KNAW, Proceedings, 31, Amsterdam, pp. 90-94. Comm. 190b, 1928.

(19) P. Kapitsa, Viscosity of liquid helium below the λ-point, Nature 141, 74-74, 08 January 1938 (inviato il 3 dicembre 1937).

(20) J.F.Allen e A.D. Misener, Flow of liquid helium II, Nature 141, 75, 08 January 1938, 1937 (inviato il 23 dicembre 1937).

(21) J.F.Allen, R.Peierls et M.Z.Uddin, Nature140, p.62, 1937.

(22) J.F.Allen, H. Jones,  New Phenomena Connected with Heat Flow in Helium II, Nature 141, 243-244, 1938.

(23) J. G. Daunt, K. Mendelssohn, Surface Transport in Liquid Helium II, Nature, 143, 719, 1939.

(24) J. G.  Daunt, K. Mendelssohn, Proc. Roy. Soc., A, 170, 423, 1939.

(25) F. London, H. London, The electromagnetic equations of the supraconductorProc. Roy. Soc., A, 149, 71-81, 1935.
F. London, Macroscopica interpretation of supraconductivityProc. Roy. Soc.152, 24-34, 1935.
F. London, On condensed helium at absolute zeroProc. Roy. Soc.153, 576-583, 1936.
F. London, Zur Theorie magnetischer Felder im SupraleiterPhysica, III, 450-462, 1936.
F. London, Electrodynamics of macroscopic fields in supraconductorsNature137, 991, 1936.
F. London, A new conception of supraconductivityNature140, 793-7, 1937.
F. London, On the nature of the supraconducting StatePhys. Rev.51, 678-679, 1937.

(26) F. London, The λ-Phenomenon of Liquid Helium and the Bose-Einstein DegeneracyNature 141, 643-644 & 913, Aprile 1938.
F. London, On the Bose-Einstein condensationPhysical Review54, 947-54,  1938.
La condensazione di Bose-Einstein fu trattata per la prima volta in A. Einstein, Quantentheorie des einatomigen idealen GasesSitz. Ber. Preuss. Akad. Wiss. 1, 3–14, 1925.

(27) La temperatura T0 di degenerazione o condensazione si può calcolare facilmente dalla relazione:

T= 115/(VM)2/3.M

dove VM è il volume molare dato in cm3 ed M è il peso molecolare. Nel caso dell’elio liquido si ha  VM = 27,6 cm3, M = 4 da cui si ricava T0 = 3,1 °K. Il riempimento rapido dello stato fondamentale ad energia uguale a zero quando si scende sotto T0 è noto come degenerazione o condensazione di Bose-Einstein.

(28) L. Tisza, Transport Phenomena in Helium II, Nature141, 913-913, Maggio 1938.
L. Tisza, J. Phys., (8). 1, 165, 350, 1940.
Al link seguente vi è un lavoro di Tisza del 1947 sulla Teoria dell’elio liquidohttp://dspace.mit.edu/bitstream/handle/1721.1/5009/RLE-TR-039-04703904.pdf?sequence=1 (L. Tisza, Phys. Rev., 72, 838, 1947).

(29) E. L. Andronikashvili, J. Phys. U.S.S.R.10, 201, 1946.

(30)  P. Kapitza, The Study of Heat Transfer of Helium II J. of Physics Moscow4, 181, 1941.
P. Kapitsa, The Heat Transfer and Superfluidity of Helium II (1941)
P. Kapitsa, Research into the Mechanism of Heat Transfer in Helium II (1941).

(31) L. Landau, J. Phys. USSR, 5, 71, 1941.
L. Landau, J. Phys. USSR,  8, 1, 1944.
L. Landau, J. Phys. USSR, 11, 91, 1947.


BIBLIOGRAFIA

(1) Kurt Mendelssohn – Sulla via dello zero assoluto – Il Saggiatore 1966. Da questo libro, il cui autore lavorò come ricercatore nel campo della fisica delle basse temperature, ho ripreso molte delle argomentazioni e figure riportate.

(2) O.U. Lounasmaa, G. Pickett – I superfluidi dell’elio 3 – Le Scienze 264, 1990.

(3) N.  David Mermin, David M. Lee – L’elio 3 superfluido – Le Scienze 107, 1977.

(4) Eugene M. Lifshitz – La superfluidità – Articoli da Scientific American, Zanichelli 1969.

(5) A. J. Dekker – Fisica dello stato solido – Ambrosiana 1965.

(6) O.V. Lounasmaa – Nuovi metodi per avvicinarsi allo zero assoluto – Le Scienze 19, 1970.

(7) C. Kittel [a] – Introduzione alla fisica dello stato solido – Boringhieri 1971.

(8) C. Kittel [b] – Éléments de Physique Statistique – Dunod, Paris 1961.

(9) V.V. Syčev – Sistemi termodinamici complessi – Editori Riuniti, Edizioni MIR 1985.

(10) V. Edelmán – Cerca del cero absoluto – Editorial MIR MOSCU 1986.

(11) Ya. Smorodinski – La temperatura –  Editorial MIR MOSCU 1983.

(12) P. Kapitsa – Experimento, Teoría, Práctica – Editorial MIR MOSCU 1985.

(13) Giorgio Careri (a cura di Cerdonio e Signorelli) – Lezioni sulla fisica dei superfluidi – Scuola di perfezionamento in fisica, Istituto di Fisica Università di Roma, a.a. 1963-1964. Careri, uno dei pochi fisici italiani che si è occupato di basse temperature, è scomparso nell’estate del 2008. Lo ricordo perché è stato il mio professore negli anni universitari. Come professore non ho un buon ricordo: usava fare lezione “a pupazzetti” come lui diceva, salvo essere durissimo e pretendere qualunque cosa agli esami. Non ero amato da lui, ce l’aveva con me per il mio impegno politico. Fu l’unico che mi bocciò, all’esame di Struttura della materia, il suo insegnamento, chiedendomi cose che non erano in programma (i fononi). Nonostante l’intervento di Francesco Paolo Ricci (suo principale assistente ed uno dei miei relatori alla tesi di laurea che feci proprio in Struttura della Materia) che gli disse quanto ho ora detto, egli rispose che programma o non programma un fisico doveva sapere cosa sono i fononi. Rifeci l’esame un paio di mesi dopo, studiando tutto lo studiabile ma anche qui, alla proposta del 30 e lode di chi mi interrogava, Careri mi fece un’altra domanda completamente fuori dai programmi (un qualcosa riguardante la superficie di Fermi in qualche caso straordinario che non ricordo). Non mi bocciò ma non mi dette la lode. A parte queste vicende personali, per quanto ne so, era un bravo fisico che, tra l’altro, è stato citato per suoi importanti lavori da M. W. Zemanski nel suo classico del 1957, Calore e termodinamica (Zanichelli, 1970). La cosa triste è che il laboratorio di basse temperature, presente ed efficiente nell’Istituto di Fisica della Sapienza a Roma, da quando Careri si è ritirato dall’insegnamento (1995), ha cessato ogni attività. Alcuni scienziati sanno seminare, costruire una scuola. Altri sono come Careri.

Nel 2003, Careri si fece intervistare per il libro Fisici italiani del tempo presente a cura di Luisa Bonolis e Maria Grazia Melchionni (Marsilio). Purtroppo la sua memoria lo tradì per quante cose non esatte raccontò a proposito del 1968 che egli fece risalire al 1967. In particolare, l’idea che non lo si facesse entrare in Istituto è completamente falsa. La tirò fuori per giustificare il suo impegno con la Snam Progetti e disimpegno con l’Università. Ma che volete ? Ognuno si convince di ciò che più lo aggrada. Altra tempra rispetto al grande Edoardo Amaldi.

(14) Giorgio Careri – Ordine e disordine negli aggregati – Corso di Struttura della Materia, Istituto di Fisica Università di Roma, a.a. 1968-1969.

(15) Francesco Paolo Ricci – Alcuni aspetti della fisica nel campo della termodinamica e meccanica statistica – Corso di Laboratorio di Fisica II, Istituto di Fisica Università di Roma, a.a. 1968-1969.

(16) S. Cunsolo – Elio liquido e fisica della basse temperature – Corso di Laboratorio di Fisica II, Istituto di Fisica Università di Roma, a.a. 1968-1969.

(17) K. R. Atkins – Liquid Helium –  Cambridge University Press, 1959.

(18) L. Landau, E. Lifchitz, Physique Statistique, Éditions MIR, Moscou 1967.

(19) A.B. Pippard, Classical Thermodinamics, Cambridge University Press, 1964.

(20) Mark, W. Zemansky, Calore e termodinamica, Zanichelli 1970.

(21) D.K.C. Macdonald – Verso lo zero assoluto – Zanichelli 1967.



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