OBIETTIVI PER LA FISICA
[ Elaborati da: « Gruppo di discussione didattica » dell’Istituto di Fisica dell’Università di Roma: C.La Rosa, M. Mayer, R. Renzetti, G. Babini, A. Freddi, P. Guidoni, M. Vicentini-Missoni]
(1975) Questa nota è originata da una serie di incontri tenuti negli anni 1972 e 1973 presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Roma fra insegnanti di fisica nella scuola secondaria e docenti universitari, interessati ai problemi dell’insegnamento della fisica e delle scienze nella scuola primaria e secondaria, oltre che nell’ Università.
Scopo degli incontri suddetti era la verifica di una possibile collaborazione sul problema dell’«insegnare », che valorizzasse ed integrasse esperienze e punti di vista diversi (per « competenza » del docente, per « livello » dello studente, per «finalità» della scuola), invece di focalizzare l’attenzione su problemi particolari. Nel corso delle discussioni iniziali abbiamo cosi potuto individuare come primo terreno di incontro e di riflessione un problema di fondo che qualsiasi persona coinvolta nella didattica (sia come ricercatore, che come insegnante, che come studente da un certo livello di coscienza in poi) deve riproporsi periodicamente (e ‘comunque’ risolvere) in senso critico: il problema cioè delle finalità od obiettivi dell’insegnamento, continuamente riferiti ai suoi ‘contenuti’, al ‘metodo’ con cui questi vengono affrontati e sviluppati, alle ‘motivazioni’ individuali e di gruppo che possono sostenere il lavoro di apprendimento.
Vogliamo qui proporre brevemente alla considerazione di altri insegnanti e ricercatori alcune conclusioni (provvisorie ed in continua evoluzione) a cui siamo giunti in questa discussione, insieme ad uno schema di obiettivi più « specifici » che ne sono emersi, e che ci sembrano validi sia per la scuola primaria che per la scuola secondaria.
Nel paragrafo 1 è riportata la traccia delle discussioni del gruppo per l’individuazione degli obiettivi generali dell’insegnamento della fisica, e la loro articolazione, graduazione (a seconda del livello mentale dei ragazzi), integrazione (con altre discipline di insegnamento) e necessaria specificazione (sotto-obiettivi particolari, da perseguire e verificare in contesti definiti). Come traccia dell’impegnativo lavoro necessario per tradurre nel concreto gli obiettivi generali via via individuati, è riportato e commentato nel paragrafo 2 uno « schema a blocchi » relativo all’argomento « la luce », specificato per due delle varie situazioni didattiche discusse (cioè per la scuola dell’obbligo e per la scuola secondaria).
1. FINALITÀ DELLA SCUOLA E OBIETTIVI DELL’INSEGNAMENTO
La finalità ultima della scuola non può essere espressa altro che in termini molto generali, riguardanti la preparazione degli individui a vivere nella società. Se tuttavia accettiamo il presupposto che vivere significa operare delle scelte, cioè non subire passivamente regole e situazioni imposte dall’esterno, ma determinare in modo autonomo e socializzato il processo di maturazione della persona e della collettività, la scuola avrà adempiuto il suo compito quando il singolo sarà arrivato a prendere coscienza della realtà che lo circonda (attraverso le sollecitazioni e gli spunti che la realtà stessa avrà presentato e che la scuola avrà raccolto, mediato, articolato), e sarà in grado di affrontare le sue scelte in modo critico e cosciente, avendo acquisito gli strumenti necessari per farlo.
Questa finalità, od obiettivo principale, è espressa in termini così generali da poter essere più o meno universalmente accettata proprio perché dice tutto e non dice niente, ed è soggetta alle interpretazioni più disparate. Affinché essa diventi significativa e realmente perseguibile nel concreto occorre esplicitarla in obiettivi particolari che tengano conto delle situazioni specifiche. Dalla scelta e generalizzazione di tali obiettivi, e dai modi scelti per perseguirli, si potrà ricostruire la visione d’insieme che li ha ispirati. È però importante per un docente essere consapevole del fatto che non è possibile determinare particolari obiettivi da porre al proprio insegnamento in maniera « neutrale » rispetto al momento di vita sociale attraversato: qualsiasi scelta — o non scelta — è un modo di offrire la propria visione politica della realtà, sia in senso lato che in senso stretto.
Si può operare una prima differenziazione distinguendo fra obiettivi di ‘formazione’ ed obiettivi di ‘informazione’. Questa precisazione non implica separazione, ma vuole solo tenere presenti due aspetti che debbono essere sempre equilibrati in ogni momento dell’apprendimento, in quanto ‘necessari’ ciascuno al pieno raggiungimento dell’altro. L’attenzione sarà poi maggiormente rivolta all’uno o all’altro a seconda delle esigenze dei ragazzi, della loro età mentale, del tipo di società in cui vivono, del tipo di scuola che frequentano e del momento particolare del lavoro di apprendimento in cui sono coinvolti.
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Per quel che riguarda la ‘formazione’, come principale obiettivo dell’insegnamento della fisica, coordinato in questo con altri insegnamenti, ci proponiamo l’acquisizione, a livello e con significato opportuni e sempre in evoluzione, di un ‘atteggiamento scientifico’ nei confronti di tutta la realtà che ci circonda (e dicendo questo non intendiamo riferirci solo a quella realtà che è comunemente argomento di studio in materie propriamente scientifiche, ma anche a quella che coinvolge l’insieme dei rapporti politici, economici e sociali): e quindi di un « metodo scientifico », anch’esso sempre in crescita, come strumento base di confronto con essa. Il nostro obiettivo principale è quindi un atteggiamento che si può sintetizzare in due parole: il reale è interpretabile, e la sua interpretazione condiziona un intervento su di esso.
Per meglio puntualizzare questo obiettivo possiamo ancora distinguere tra «obiettivi di sviluppo di abilità e capacità » e «obiettivi di formazione di comportamenti »: lo schema I (solo indicativo e molto sintetico), fornisce un quadro dei fattori che riteniamo essenziali per un processo di formazione che, pur sollecitato e guidato dall’esterno, coinvolga in maniera essenziale l’impegno dei ragazzi.
Naturalmente questi obiettivi sono riferibili all’intero ambito culturale del ragazzo, a cui la fisica e le scienze daranno il loro specifico contributo per il raggiungimento del fine comune a cui tutte le discipline scolastiche dovrebbero lavorare. In particolare lo schema non va letto nel senso di una corrispondenza biunivoca tra capacità e comportamenti, ma di una articolazione più complessa, poiché ognuno di essi è correlato con gli altri e tutti insieme si completano e danno un quadro globale della scelta che li ha ispirati, mentre forniscono un « sistema di riferimento » per la persona che li possiede.
Gli obiettivi di ‘informazione’, relativi cioè alla trasmissione di particolari contenuti, da precisare nell’ambito di ogni disciplina o gruppo di materie, devono comunque soddisfare alcuni criteri di carattere generale che abbiamo tentato di analizzare. Per esempio i contenuti proposti devono:
— fornire le situazioni necessarie per il raggiungimento degli obiettivi di formazione già visti;
— valorizzare le motivazioni dei ragazzi educando ad una scelta consapevole, cosi da distinguere gli interessi autentici da quelli indotti e dalle semplici curiosità;
— tendere a fornire, per approssimazioni successive, un insieme adeguato di strumenti interpretativi che coprano gli aspetti più significativi di tutta la realtà che ci circonda;
— offrire gli spunti per una analisi della realtà culturale contemporanea e passata, focalizzando anche le ragioni dei passaggi storici da una cultura ad un’altra (dall’organizzazione scientifica a quella sociale; dalle concezioni urbanistiche a quelle di costume; ecc….);
— permettere una interpretazione critica della realtà attraverso una presentazione problematica dei fatti e delle interpretazioni, e la ricerca delle fonti;
—— essere centrati intorno a « organizzatori cognitivi » (*) che offrano una chiave interpretativa sintetica delle conoscenze;
— tendere alla connessione tra le varie discipline attraverso l’aggancio con i ‘problemi’ reali e il ‘metodo’ per affrontarli, aprendo così uno spazio anche a materie ed argomenti non compresi nei «curricola » tradizionali.
Per il raggiungimento di questi obiettivi, è necessario assumere un modello di sviluppo delle capacità mentali dei ragazzi, che permetta di stabilire volta a volta quali obiettivi siano adeguati alla situazione concreta. A questo proposito è bene notare che:
1) un modello di sviluppo cognitivo è ‘di fatto’ contenuto nella prassi di un qualunque insegnante («questo non lo faccio quest’anno perché è troppo difficile »; « per fare questo devo aver fatto quest’altro »; « come faccio ad insegnare le cose se mi mancano le basi ?!?! »…);
2) questo modello, mai esplicitato e sistematicamente discusso né durante la formazione né durante la professione di insegnante, è di fatto una variabile personale, di gruppo, di scuola, di regione, ecc., con gravissimo danno finale per i ragazzi, continuamente confrontati ad un «dover essere» spesso contraddittorio e di cui non comprendono i termini, e con la facile degenerazione in livelli di sopraffazione da parte di contenuti specialistici («è assurdo che alla tua età non si sia capito neanche il teorema di Pitagora…»).
Un ‘approccio integrato’ alla realtà sembrerebbe il più soddisfacente ad ogni livello. In particolare appare essenziale a livello elementare dove è anche strutturalmente realizzabile, mentre nella scuola media esso dovrebbe potersi attuare almeno nell’ambito delle scienze naturali, coordinando strettamente i corsi di matematica, osservazioni scientifiche, ed applicazioni tecniche.
Il coordinamento è certamente più arduo nella scuola secondaria (licei, istituti tecnici e magistrali) per la suddivisione attuale delle altre discipline fra vari insegnanti e vari anni, e per la necessità di approfondire particolari contenuti.
A tutti i livelli di sviluppo è comunque essenziale al raggiungimento degli obiettivi di formazione il coinvolgimento dei ragazzi in ‘attività di indagine aperta’ su fatti concreti. Non tutta l’informazione d’altra parte, sia per ragioni di tempo che di difficoltà di sperimentazione, potrà ovviamente essere acquisita attraverso l’attività diretta di ricerca dei ragazzi: si dovrà quindi realizzare un equilibrio opportuno fra esperimenti di ricerca ad esito aperto, esperimenti dimostrativi, interventi del docente, discussioni di gruppo, ricerche bibliografiche.
Un problema da tenere presente è quello della ‘valutazione’ del raggiungimento degli obiettivi, per cui sarà necessario specificarli ulteriormente in obiettivi parziali. Ad esempio se ci riferiamo a quel punto dello Schema I in cui si parla di « padronanza del linguaggio e capacità di comunicazione », è evidente che una possibilità di valutazione del raggiungimento dell’obiettivo nasce dallo specificarlo in altri parziali come:
— uso della lingua scritta, per esempio capacità di stendere relazioni significative su attività specifiche;
—uso della lingua parlata, per esempio capacità di programmare, attraverso una discussione, nuove ricerche;
— uso del linguaggio matematico, per esempio capacità di costruire ed interpretare tabelle e grafici di vario tipo;
— uso di altre forme di linguaggio (figurativo, drammatico, ecc.).
2. ESEMPI DI SCHEMI DI INSEGNAMENTO: ARGOMENTO LA LUCE
Sia come punto di partenza per le discussioni, che per renderle operative e verificarle nel concreto dell’insegnamento, ci siamo generalmente riferiti ad esempi di ‘contenuti’ di informazione (parte di « programma »), su cui applicare i criteri di intervento proposti ed evidenziare gli obiettivi di capacità e comportamento. Scegliamo l’argomento « la luce » per una rapida esemplificazione: attraverso questo studio si può facilmente far iniziare ai ragazzi di ogni età una indagine aperta e articolata su un insieme complesso di fenomeni, che richiede un atteggiamento scientifico per la stessa individuazione ed impostazione dei campi di lavoro e degli esperimenti specifici.
Nel presente paragrafo prospetteremo due degli schemi considerati per un possibile sviluppo didattico di questo argomento, uno a livello di scuola dell’obbligo ed un secondo a livello di istruzione secondaria. Naturalmente una molto maggiore specificazione sarebbe necessaria per far divenire operativi tali schemi, a partire da una età — da una classe — da un insieme di prerequisti e possibilità di sviluppo concreti. Tuttavia non pensiamo sia questo il luogo per tale particolarizzazione, che riguarda inevitabilmente la responsabilità specifica di ogni insegnante, e che può essere meglio vista a titolo esemplificativo in sede di consuntivo di un programma svolto, o di proposta di programma particolareggiato, relativi ad una data situazione.
I due esempi proposti tengono invece conto — sia pure molto schematicamente — delle esigenze di fatto poste dallo sviluppo cognitivo dei ragazzi. In particolare nella fascia elementare, in assenza di procedimenti astratti controllati in quanto tali, si tende a porne le basi: partendo da osservazioni di attività concrete, e ad esse riferendosi costantemente, in un itinerario che può apparire casuale nella sua varietà, ma che mira costantemente a stabilire correlazioni fra i fenomeni osservati e ad avviare a generalizzazioni, confronti, interpretazioni. Nell’età della scuola media dell’obbligo, in cui la padronanza dei procedimenti astratti in parallelo a quelli concreti comincia a precisarsi, può essere invece perseguita una maggiore sistematicità e ricerca di completezza nella descrizione dei fenomeni attraverso organizzatori cognitivi adeguati. Il biennio successivo dovrebbe, a nostro avviso, costituire la fase di consolidamento e verifica del raggiungimento dell’abilità di astrazione — operazioni sui concetti — ritorno alla realtà, in cui la base di operatività concreta può cominciare ad essere controllata in maniera riflessa; mentre il triennio conclusivo della scuola secondaria permette e richiede una impostazione dell’insegnamento che impegni a fondo le capacità ormai acquisite dei ragazzi, valorizzi programmaticamente e reciprocamente i momenti della « teoria » e della « esperienza », e provveda ad ampliare il quadro culturale.
A) SCUOLA DELL’OBBLIGO
L’intervento educativo nella scuola dell’obbligo dovrebbe essere in grado di assecondare e sviluppare quel processo « naturale » con cui il bambino prescolare ha sviluppato la sua motricità e il suo linguaggio, e che continua a trovare nel desiderio di inserimento-controllo nella realtà che lo circonda, la principale motivazione ad ogni crescita. Per portare a maturità tale processo, occorre da un lato favorire lo sviluppo degli ‘strumenti’ — cognitivi e non — ad ogni momento più adeguati; dall’altro l’acquisizione di ‘contenuti informativi’ che coordinino ed estendano la padronanza dei fatti singoli, e il loro controllo attraverso le capacità strumentali. In ‘questo processo di crescita è importante che siano impegnate in maniera integrata tutte le ‘dimensioni’ della personalità del bambino (motoria, manipolativa, percettiva, espressiva, ludica ecc. oltre a quella cognitiva). In particolare è importante che argomenti di lavoro significativi e stimolanti siano offerti in modo adeguato all’indagine collettiva e individuale — protratta sui lunghi periodi e basata su quel lavoro-sulle-cose che permette un contatto di prima mano con la realtà.
Gli spunti con cui l’argomento « luce » può essere introdotto a partire dalla riflessione sulla esperienza diretta sono ovviamente moltissimi (dalla osservazione di ombre allo studio di una lampadina o all’osservazione di una immagine riflessa, ecc.). Volendo programmare una attività su questo argomento, bisognerà comunque prevedere di fornire alla osservazione e manipolazione individuale — aperta ed esaustiva — tutti gli oggetti e « strumenti » opportuni, a partire dalla loro realizzazione più schematica e « trasparente », ed inducendo un lavoro di costruzione (specchi, lenti, prismi, caleidoscopi, sorgenti luminose varie, ecc.).
Come ‘esempio’ di possibili sviluppi di lavoro in classe presentiamo nello Schema II un diagramma a blocchi di attività e obiettivi di sviluppo cognitivo che possono essere suggeriti dallo spunto « osservazione delle ombre del sole ».
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Il diagramma non è ovviamente completo nei suoi possibili sviluppi (di fatto esso è limitato dall’esigenza di contenerlo in una pagina), in quanto vi sono state indicate solo alcune delle possibili diramazioni del lavoro concreto, e solo alcuni degli obiettivi strumentali perseguibili nel suo sviluppo. Inoltre esso non tiene esplicitamente conto dei vari livelli a cui le attività possono essere svolte, anche perché sembra opportuno che esse si articolino su diversi anni: sia per passare gradualmente a problemi via via più complessi e più articolati, sia per esempio per la necessità di verificare e particolareggiare i ritmi annuali (astronomici, biologici, ecc.).
Molti altri obiettivi di sviluppo — cognitivo e non — possono essere evidenziati nel corso del lavoro, come si è già potuto verificare in molte classi: in particolare molte delle esigenze delle «materie» su cui si articola il « programma » ministeriale per le elementari (geometria, storia, geografia, grammatica, ecc.) possono essere molto meglio soddisfatte attraverso il lavoro concreto e motivato dei bambini in una indagine aperta sulla realtà, che offre loro in più lo sviluppo di capacità ben oltre lo scrivere o far di conto. (Ad es. da uno studio delle ombre si può partire per uno studio delle forme geometriche e loro trasformazioni, dalla topologia alla misura alla proporzionalità; un lavoro sulla propagazione e deviazione di un fascio di luce — o di una pallina — può dare la base concreta per le astrazioni di retta, semiretta, punto, direzione e così via).
Lo schema prevede esplicitamente una situazione di scuola elementare, nella quale un solo insegnante — o due, nel caso del « tempo pieno » — ha la completa responsabilità del curriculum didattico, e quindi il migliore controllo delle varie opportunità di indirizzo e approfondimento del lavoro in vista del raggiungimento degli obiettivi sia di formazione che di informazione. D’altra parte un itinerario di lavoro del tipo di quello suggerito dallo schema potrebbe essere impostato — a livello opportuno — anche in una delle classi di scuola media, a partire dal corso di « osservazioni scientifiche ». Un lavoro di équipe fra gli insegnanti potrebbe in questo caso fornire il quadro «integrato» che l’argomento di per sé suggerisce, nel quale gli aspetti particolari di ogni problema vengono via via approfonditi con la guida dell’insegnante competente (dagli aspetti di contenuto, a quelli di simbolizzazione ed espressione). Riteniamo infine che anche il solo insegnante di «osservazioni scientifiche» potrebbe e dovrebbe avviare l’integrazione interdisciplinare suggerendo spunti per ricerche bibliografiche sulla storia, la tecnica, l’espressione artistica ecc., fornendo spunti e sostegno per la costruzione e l’uso di strumenti, soprattutto accettando di porsi ‘insieme’ con i ragazzi in un atteggiamento di indagine aperta sulla realtà in campi in cui egli non sia considerato un «esperto». Questo tenendo presente il carattere ancora prevalentemente formativo (acquisizione di un ‘metodo’ di approccio alla realtà) della scuola media unica.
B) SCUOLA SECONDARIA SUPERIORE
A qualsiasi livello e per qualsiasi ordine di scuola secondaria è ancora importante tenere presenti gli obiettivi di formazione e in particolare, nell’insegnamento della fisica, quello della acquisizione di un metodo di indagine, da raggiungersi attraverso; l’esperienza diretta dei ragazzi su materiale concreto; l’uso di procedimenti sia induttivi che deduttivi; la capacità di schematizzare e matematizzare fatti concreti per costruirne uno schema interpretativo.
L’esempio che ora presentiamo (Schema III) è uno dei tanti possibili itinerari didattici che possono essere utilizzati per l’argomento « la luce ». In esso si possono facilmente riconoscere alcune delle esigenze fondamentali già fissate tra gli obiettivi di formazione ed informazione, e riconoscere che in particolare:
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— l’« organizzatore cognitivo » intorno a cui ruota questa parte di programma è il concetto di «modello», da acquisire sia attraverso un lavoro induttivo interpretato per analogia sia attraverso l’evoluzione storica delle interpretazioni dei fenomeni attinenti alla luce. Altri organizzatori cognitivi possono occupare maggiore o minore spazio a seconda di motivazioni ed esigenze particolari (trasmissione e propagazione di segnali, trasduttore, energia, non linearità del pensiero scientifico, parallelismo tra concezione della scienza e concezione dell’uomo…);
— l’evolversi del discorso fisico è collegato alla realtà in cui si trova immerso e ne raccoglie le sollecitazioni, cosi da presentare i problemi nella loro complessità, coinvolgendo le altre discipline.
Non si creda però che la nostra proposta abbia alcuna pretesa di completezza o unicità per la risoluzione dei vari problemi che si sono accennati; lo schema proposto non è una indicazione di «programma» da seguire, ma piuttosto un « filo conduttore » che indica possibili «uscite» e le connessioni che l’insegnante sceglierà a seconda delle motivazioni ed esigenze particolari: per questo lo schema è ridondante come quantità di argomenti suggeriti, che non sono significativi per se stessi ma per il tipo di soluzione didattica con cui vengono affrontati.
Un corso come quello da noi presentato, pur se si articola in collegamenti e spunti vari, esterni all’ambito specifico della fisica, è lungi dal pretendere di risolvere il serio problema della interdisciplinarità: un discorso interdisciplinare, al di là delle varie possibilità di risoluzione che sono state finora prospettate e che sono almeno per ora al di fuori di ogni possibile collocazione nella nostra organizzazione scolastica, richiederebbe, almeno, un lavoro di « équipe » di insegnanti di varie discipline che si sforzassero di risolvere il problema nell’ambito delle singole realtà operative della scuola.
La proposta-esempio da noi fatta, pur soddisfacendo ad alcuni requisiti essenziali visti precedentemente, ha tuttavia bisogno di continue revisioni che possono essere suggerite soltanto dal lavoro diretto con i ragazzi: come ogni altro piano di lavoro, anche questo va inteso in senso dinamico e mai statico, perché solo il feed-back che ci viene dall’esperienza quotidiana, e consuntiva su un anno di lavoro, ci può permettere di renderlo sempre più flessibile ed attendibile alle esigenze dei ragazzi.
CONCLUSIONI
II risultato più importante di questo anno di riflessione comune sui problemi dell’insegnamento è consistito proprio nell’essersi direttamente e deliberatamente coinvolti in un lavoro di ripensamento critico e riprogettazione dell’insegnamento. Riteniamo infatti che tale coinvolgimento abbia un ruolo essenziale, ben al di là di quello di un qualunque « programma » proposto o imposto dall’esterno, nel raggiungere quel « salto di qualità » della scuola di ogni ordine e grado di cui oggi in Italia si sente cosi forte l’esigenza.
In parallelo allo svolgimento della nostra riflessione, guidata da scelte basate sulla esperienza personale, abbiamo avuto occasione di verificarne la validità sulla base di quanto avviene in campo didattico nel resto del mondo. In particolare alcune delle nostre esigenze di fondo si riflettono nelle indicazioni che emergono da pubblicazioni e conferenze dell’Unesco sulle più recenti tendenze didattiche, sia nei paesi « sviluppati » che in quelli «in via di sviluppo »:, per es. la necessità insostituibile di lavoro di indagine aperta, diretto ed individuale, sui fatti concreti nell’ambito di qualunque disciplina « scientifica » (dalla fisica alla sociologia); l’esigenza, emersa dopo due decenni di sviluppo di programmi specialistici, di un approccio « integrato » alla formazione scientifica ad ogni livello preuniversitario; infine l’indicazione estremamente precisa e radicale (esplicitamente estesa ad ogni situazione culturale comprese quelle più deprivate) che i problemi della qualificazione e della sperimentazione dei programmi non sono distinti, ma possono essere risolti solo investendo gli insegnanti stessi (adeguatamente sostenuti) della responsabilità, di per sé formativa e qualificante, di definire e aggiornare i propri programmi di insegnamento: e che — comunque — il semplice trasferimento di ‘qualunque’ programma dal contesto in cui è nato ad un altro non ha di per sé sufficiente vitalità didattica.
Nel momento in cui il mercato librario italiano sembra aprirsi ad una quantità di traduzioni di «progetti» stranieri, mentre con i decreti delegati ci si avvicina a definire il lavoro di «aggiornamento» e qualificazione culturale degli insegnanti e mentre il dibattito sulla riforma della scuola media superiore va prendendo sempre più forma, questi moniti ci sembrano particolarmente significativi ed urgenti.
NOTA
(*) Preferiamo impiegare questo termine « organizzatore cognitivo », accettandone in questa sede la parziale ambiguità, al posto di altri comunemente usati quali « concetto fondamentale », « idea chiave » e cosi via. E ciò al fine di porre in evidenza una duplice caratteristica: da un lato quella di struttura mentale capace di « porre ordine » in una grande varietà di esperienze fatte, e di programmarne altre da farsi, estraendone vari aspetti interpretativi (si può parlare di equilibrio-feedback in esperienze di fisica, per descrivere ciò che accade in un acquario, nello studio del comportamento animale o umano, durante l’analisi di una società storicamente definita; e così via per forza-energia-modello-interazione ecc.); d’altro lato per tenere presente che la ‘padronanza’ e il ‘significato’ di tali organizzatori cognitivi sono in continua crescita ed evoluzione in ogni individuo e gruppo, mentre sono in strettissima correlazione con l’intero quadro interpretativo della realtà, da cui non è possibile astrarli (non è cioè pensabile una verifica puntuale se il tale individuo il tale giorno «possieda » o no il concetto di energia o di classe sociale).
Categorie:Didattica della Fisica
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