(Riassunto del libro di Ruggeri e Guarino a cura di Roberto Renzetti ad uso di coloro che hanno l’uso della ragione)
PICCOLO RIPASSO PER I PIU’ GIOVANI E GLI SPROVVEDUTI
Dagli inizi fino allo sbarco nell’etere.
Fornisco una estrema sintesi del libro su Berlusconi di Ruggeri e Guarino: G. Ruggeri, M. Guarino – BERLUSCONI, INCHIESTA SUL SIGNOR TV – Ed. Kaos 1994. È di estrema utilità conoscere le vicende di un tale signore che rappresenta un grande pericolo per la democrazia in Italia. La misteriosa origine dei suoi finanziamenti attraverso finanziarie svizzere, la sua ascesa attraverso le protezioni della P2 e del PSI di Bettino Craxi, il suo coinvolgimento in molteplici procedimenti giudiziari (rapporti con la mafia, evasione fiscale, falso in bilancio, corruzione, concussione, finanziamento illecito di partiti,…), i suoi spregiudicati attacchi alla magistratura inquirente di Milano e Palermo, la sua voglia di azzittire tali magistrati che indagano su di lui, il suo allearsi con un secessionista, razzista e xenofobo come Bossi (pur di raggiungere i suoi non nascosti obiettivi), il suo gigantesco conflitto di interessi devono far riflettere ogni cittadino. Questo è un libro inchiesta di 300 pagine, documentatissimo. Sarà seguito da un aggiornamento: G. Ruggeri – BERLUSCONI, GLI AFFARI DEL PRESIDENTE – Ed. Kaos 1995 (altre 300 pagine). Io riassumerò il tutto in una trentina di pagine. Vale la pena leggere i testi citati per avere un quadro molto chiaro degli “incoffessabili” interessi del Cavaliere.
Introduzione
C’era una volta la piccola Banca Rasini lombarda in cui lavorava il papà , Luigi, di Silvio Berlusconi. Questa banca fu uno dei partner di Silvio nelle sue prime avventure edilizie degli anni 60-70. Questa banca era il crocevia della “mafia dei colletti bianchi” radicata a Milano e dedita al riciclaggio dei capitali sporchi. La Rasini , nei primi anni 60, aveva garantito una sostanziosa fideiussione a Silvio Berlusconi per l’acquisto di un terreno in via Alciati a Milano. Primo aspetto del problema che poi porterà a Dell’Utri e alla sua CONDANNA DEFINITIVA per collusione mafiosa (ancora non è in galera perché si è appellato all’immunità parlamentare europea che ancora non si pronuncia sulla sua ammissibilità; l’immunità italiana è decaduta nell’istante in cui, incautamente, gli avvocati di Dell’Utri hanno accettato il patteggiamento, perché con esso il condannato decadeva dai pubblici uffici e quindi da parlamentare). Il secondo aspetto che riguarda il sol dell’avvenir dei berluscones è l’avventura e l’ambigua genesi romana del gruppo Fininvest, all’ombra di due fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro controllata dalla P2 (loggia segreta e golpista a cui era iscritto Silvio Berlusconi). Il terzo riguarda il rapporto che i gemelli Dell’Utri avevano con esponenti di Cosa Nostra ed il legame di Dell’Utri con il trafficante di eroina e mafioso Vittorio Mangano (assunto come ‘stalliere’ da Berlusconi ed ospite in varie cene di Berlusconi e Dell’Utri in ristoranti di Arcore e dintorni). Il quarto riguarda le scorribande di Berlusconi in terra di Sardegna per il tramite del prestanome Romano Comincioli, tra loschi affaristi, malavitosi e speculazioni edilizie. In questa storia entra la sequela di assegni a vuoto e cambiali protestate a firma di Fedele Confalonieri nel periodo 74-79 e le coincidenze di affari tra Fininvest ed il corrotto giudice Diego Curtò. Altro aspetto riguarda i vari intrallazzi del cavaliere in banche estere: il sistema delle scatole cinesi che ha portato a scoprire non le famose 22 ma ben 38 di tali scatole (holding). Vi è infine tutta la sequela di legami con società ombra, con mafia bianca, con Ciancimino, con Gelli, Calvi. Le cose qui dette sono solo una piccolissima parte dell’estremo sunto di tutte le cose che si possono leggere con amplissima documentazione su Ruggeri e Guarino, BERLUSCONI (inchiesta sul signor TV), Kaos 1994. È utile descrivere la storia di questo libro. Già nell’86 doveva uscire questo libro per gli Editori Riuniti. Una intervista fatta al Mattino di uno degli autori, scatenò Berlusconi che chiese rettifiche al giornale. Dopo tali problemi gli Editori Riuniti (casa editrice del PCI; chi parla di accanimento comunista o è pagato o in malafede o sciocchino o le tre cose insieme: con il PCI e D’Alema, Berluska è ciò che è) ritardarono la pubblicazione di un anno (Berlusconi querelò la casa editrice, ma la querela fu ritirata quando il Cavaliere fece un affare di gestione pubblicitaria in esclusiva presso la TV dell’URSS). Confalonieri telefonò alla Rusconi (casa editrice presso cui lavoravano Ruggeri e Guarino) per dire che il libro lo comprava la Fininvest: “Lo compriamo a scatola chiusa. La cifra la scrivete voi …”. Intanto il libro edito da Editori Riuniti nell’87 esauriva tre tirature in pochi giorni. Per quanto la cosa fosse interessante, nel 1987 nessuno avrebbe pensato ad un tal successo di un’opera che trattava di uno dei tanti italiani arrichitisi con strani e discutibili traffici. Il sospetto era che qualcuno comprava tutte la copie nelle librerie. Tralasciando la casa editrice, che gli faceva da garante per affari con l’URSS, l’azione passò contro gli autori: venne intimato loro con un comunicato stampa ed a tutti i mezzi di comunicazione di non dar risalto a tale libro. L’Ordine dei Giornalisti della Lombardia respingeva “l’intimidazione inammissibile e generalizzata” e per di più preventiva. Berlusconi aggirò il divieto contattando direttamente direttori di giornali (al direttore della Notte, Giorgianni, telefonò dicendo: “Parlando di quel libro lei si è giocato la mia stima… Io la riduco in povertà”). Il pezzo forte sono però le querele presso il Tribunale di Milano (12/05/87) per delle interviste degli autori a l’Unità ed alla Notte in cui si ritiene diffamato dagli autori del libro, le querele sono estese ai direttori dei giornali (Giorgianni risolverà presto i suoi problemi, viene invitato a cena da Berluska ad Arcore, lascia la Notte e passa a dirigere il settimanale del Cavaliere, Telepiù e Berluska ritira la querela contro di lui). Dopo il cedimento Giorgianni, il Tribunale di Milano dichiara il non luogo a procedere nei riguardi di tutti i querelati perché “la richiesta del querelante deve giudicarsi quantomeno singolare”, non si capisce infatti come uno dei querelati, diventato suo dipendente, sia improvvisamente esentato da querela. Berlusconi viene condannato al pagamento delle spese processuali. Stessa cosa per la querela contro l’Unità (con la differenza che qui non vi fu ‘acquisto’ di direttore). Altre querele perseguiteranno gli autori (al Tribunale di Verona). Una prima vittoria (di Pirro) è di Berlusconi (di Pirro perché gli autori sono assolti per insufficienza di prove e sono condannati ad un milione di multa solo per alcuni aspetti marginali di ciò che hanno scritto, mentre il resto è ritenuto dal Tribunale, opera implicita nei “doveri professionali del giornalista”). Gli autori del libro ricorsero contro tale sentenza ed il Tribunale di Venezia li assolve con formula piena e riduce la multa a 700 mila lire (solo per aver accostato il nome di Berlusconi a reati valutari con Flavio Carboni). Il Tribunale riconosce corrette tutte le altre cose, rapporti con mafia e P2, tra l’altro. Nel 93 arriviamo in Cassazione (Verona) per ulteriore ricorso degli autori! Gli autori vengono assolti su tutti i fronti ed in più è Berlusconi che incappa nella giustizia (perseguitato nel 1993 perché sceso in campo nel 1994: Dio, se ci sei, benedici tali giudici comunisti e veggenti!): FALSA TESTIMONIANZA (art. 372 del c.p.p.). Recita la sentenza:” Il Collegio ritiene che le dichiarazioni dell’imputato [è diventato lui, il Berluska! n.d.r.] non rispondano a verità … il Berlusconi … ha dichiarato il falso deponendo davanti al Tribunale di Verona [nel precedente primo processo n.d.r.] su questioni pertinenti alla causa ed in relazione all’oggetto della prova … Il reato attribuito all’imputato va dichiarato estinto per intervenuta amnistia” (quella del 12 aprile 1990 che dichiarava estinti i reati fino al 24 ottobre 1989). Complimenti Cavaliere!
Prime notizie.
Berlusconi è educato dai salesiani. Dalle elementari alla maturità studia dai salesiani [e si nota! n.d.r.]. Si sposa con E. Dall’Oglio il 6/3/65. Nel 1980 conosce Miriam Bartolini (in arte Veronica Lario [evidentemente ha preso il rapporto con Berlusconi come una recita, visto che continua a farsi chiamare con il nome d’arte]). Per un poco di tempo il cattolico Berluska mantiene una relazione con Miriam che manda a vivere in Via Rovani (MI) ed ogni tanto a Portofino, mentre la moglie ed i figli vivono ad Arcore [villa ottenuta grazie alla Grande Truffa che Previti ha organizzato alle spalle della giovane erede Casati Stampa che l’avvocato aveva sotto tutela; vedi Cap. 3, pagg. 79-104]. Nel 1984 nasce il primo figlio di Berluska dalla Bartolini. Padrino al battesimo è Bettino Craxi. L’8/10/85 c’è la separazione dalla prima moglie, proprio quando la cicogna annuncia un nuovo figlio con Miriam. La prima uscita pubblica dei due è del 15/11/86. Nell’88 siamo al 5º figlio di Miriam (mentre Berlusconi è in Tribunale a Verona a discutere della querela contro gli autori di questo libro). La Bartolini è oggi legittima consorte di Berlusconi. Per la Chiesa è un bigamo, ma è apprezzatissimo da tutte le eminenze. Miriam e figlioli vivono a Macherio, mentre Berluska e prima figliolanza vivono ad Arcore.
Come ha fatto Berlusconi a diventare un finanziere paragonato da molti all’epoca a Calvi e Sindona? Seguiamo qualche pista del libro. Laureato in legge con una tesi sulla pubblicità è occupato come factotum in una azienda di costruzioni (siamo nel 1961). Carlo Rasini (titolare di una piccola banca in cui lavora il padre Luigi) è colui che gli apre la pista. Gli presta i soldi per l’acquisto insieme ad un socio (R. Canali) di un terreno in Via Alciati a Milano (il costo è di circa 5 miliardi attuali). Berlusconi mette nell’affare circa 200 milioni attuali che gli dà il padre. Gli affari di Via Alciati vanno bene, nel periodo del boom economico. Nel 63 Berlusconi è già un palazzinaro rampante. Ma i denari provenienti da via Alciati non giustificano le grandi disponibilità finanziarie di Berlusconi in quel periodo: mette in cantiere a Brugherio, addirittura un progetto di quartiere residenziale per 4000 abitanti. Ad un certo punto Berlusconi non edifica più ma inizia ad appaltare (è stato definito un finanziere senza soldi). Berlusconi si incaricava dei permessi ed appaltava i lavori. I Botta che lavoravano come costruttori per lui alla Edilnord affermano: “Dei soldi è meglio non parlare: non sta bene curiosare su chi c’è dietro le società … Inoltre non chiedete se ha guadagnato con Brugerio. Chiedetelo a lui e vedrete come si arrabbia.” La Banca Rasini è stata certamente importante ma il vero contributo all’esplosione di Berlusconi viene da una misteriosa finanziaria svizzera. Nella Edilnord (s.a.s. di accomandita semplice) Berlusconi è solo socio d’opera, il che prevede che vi siano soci di capitale (la Finanzierungesellschaft für Residenzen Ag domiciliata a Lugano e legalmente rappresentata dall’avvocato svizzero Renzo Rezzonico. Non c’è modo di sapere chi c’è dietro tale finanziaria. Fonte segreta dichiara gli autori: “All’improvviso [varie s.r.l. della Lombardia] deliberano vari aumenti sproporzionati di capitale. La cosa puzza. Se poi l’aumento viene sottoscritto con denaro giacente nella Confederazione elvetica, allora la quasi certezza che si tratta di soldi della mafia, ricavati soprattutto dal traffico di droga”. Tal cosa era stata appurata dal giudice istruttore di Palermo Rocco Chinnici e dal Vicequestore Ninni Cassarà (cassaforte della mafia il Canton Ticino). Per indagare tal cosa verranno uccisi in due attentati a Palermo nell’83 e nell’85.Il giornalista Giuseppe Fava scriverà ripetutamente sul settimanale catanese ‘I siciliani’ di legami tra questi soldi e mondo politico e verrà anch’egli assassinato. Nonostante i soldi svizzeri Brugherio non sarà un affare. Berlusconi venderà il tutto al Fondo Previdenza dei dirigenti commerciali in un momento in cui si iniziano a porre di vincoli all’edilizia selvaggia e a regolamentare il tutto per legge ed a tassare adeguatamente i profitti (siamo al primo centro sinistra Moro-Nenni). A questo punto occorre diventare grandi imprenditori, le mezze calzette saltano. E Berlusconi riesce a fare il salto. Si libera dei soci italiani e “forte di misteriosi e ingenti finanziamenti provenienti da Lugano si appresta al grande salto di Milano 2.
Attività edilizia
L’area su cui nascerà Milano 2 ad opera della Edilnord s.a.s. apparteneva al Conte Leonardo Bonzi. Aveva ottenuto le licenze di urbanizzazione per valorizzare i suoi terreni. Aveva solo costruito 5 villette su quell’enorme pezzo di terra. Mentre era in varie trattative, concluse rapidamente con l’offerta Edilnord a seguito di misteriosi atti vandalici alle villette con annesse intimidazioni e minacce. Ma la giunta provinciale pone il veto al megaprogetto che il Comune di Segrate aveva approvato nel 1969. È questione di tempo. Nel ’72 decade la giunta provinciale e le sue competenze passano alla Commissione regionale di controllo (di nomina politica e non elettiva). Con i politici l’accordo è facile. Il sindaco socialista di Segrate firma una nuova licenza e la Commissione regionale ratifica in un baleno . Iniziano i lavori che si concludono nel 79 (il modello di edilizia abitativa è quello previsto dal Piano di rinascita democratica della P2 di Gelli che prevede comprensori sul modello svedese). Chi finanzia Milano 2? Ancora i misteriosi capitali svizzeri. Ma non solo. Buona regola di ogni palazzinaro è liquidare la società ad operazione avviata alla conclusione. Così farà Berlusconi con la Edilnord che viene liquidata l’1 gennaio 1972. Gli utili dell’intera operazione sono di 4 milioni di lire (712000 metri quadri e 2,5 milioni di metri cubi costruiti di edilizia residenziale; 2.500 appartamenti). Insieme ad accantonamenti vari fanno circa 13 milioni che vengono depositati alla Banca Rasini. Morta quella Edilnord ne rispunta un’altra che era stata fondata nel 68 con nome leggermente diverso ed intestata a Lidia Borsani, cugina di Berlusconi. Le caratteristiche di accomandataria (colei che mette l’opera) di Lidia prevedono che l’accomandante (colui che finanzia) sia un’altra finanziaria svizzera con stesso fiduciario dell’altra (Rezzonico). La nuova finanziaria è la Aktiengesellschaft für Immobilienanlagen in Residenzzentren Ag di Lugano. La società Edilnord continua con passaggi di proprietà a prestanome di famiglia, i capitali crescono; nel 1977 accomandatario diventa Umberto Previti incaricato di liquidare subito la società (1º gennaio 1978). Nasce ora la Milano 2 s.p.a. insieme alla Italcantieri s.r.l. (che era nata nel 73 con capitale interamente svizzero, ma era restata parcheggiata) cui affluiscono ingenti finanziamenti dalla Svizzera. Nella Italcantieri il rappresentante di Berlusconi è Luigi Foscale (cugino di Berlusconi). Nel 75 la Italcantieri da s.r.l. diventa s.p.a. e a Foscale subentra lo stesso Berlusconi, nel frattempo si registrano altri aumenti di capitale. Abbiamo già detto dei rapporti di Berlusconi con la banca Rasini che era una banca con un solo sportello fiduciaria della “mafia finanziaria” o dei colletti bianchi. Un blitz di polizia e finanza del 14/2/83 porta alla luce svariati intrecci di denaro sporco e collegato a riciclaggi mafiosi attraverso gioiellieri, tra gli arrestati e poi condannati diversi “clienti” della Rasini. Una serie di operazioni finanziarie della Edilnord all’epoca permettono di identificare la provenienza dell’altra parte di capitali utilizzati da Berlusconi per edificare Milano 2. Nel 74 si era costituita a Roma l’Immobiliare San Martino con amministratore unico Marcello Dell’Utri e con soci fondatori Società facenti capo alla Banca Nazionale del Lavoro. Questa immobiliare nel 1977 si trasforma in Milano 2 s.p.a, la sede sociale viene trasferita a Segrate ed il controllo passa alla Fininvest. Il capitale viene progressivamente aumentato (arriva a 2 miliardi nel 78) mentre gli scoperti con le banche sono di oltre 7 miliardi. Durante il 79 la Milano 2 ottiene tre ipoteche per complessivi 13 miliardi dal Credito fondiario di Roma e dall’Istituto San Paolo di Torino. Inizia una ragnatela di società che cambiano nome, aprono e chiudono, si trasferiscono e spariscono. Il tutto sempre alimentato da un fiume di anonimo denaro proveniente dalla Svizzera. I cambi societari e le varie spese aumentano a dismisura i debiti delle società-fregoli. L’esposizione bancaria diventa così ingente che non vi è più proporzione tra mezzi propri e debiti contratti. U. Previti nel 79, davanti al Tribunale di Roma dichiara che i debiti che la Fininvest Finanziaria ultima nata (a Roma) delle varie società che cambiano nome e sede si sono ridotti a circa 21 miliardi. Nella pratica la Fininvest Finanziaria è una scatola vuota ma si avvia a diventare la cassaforte del gruppo. Questa Fininvest non ha dipendenti. Il tutto viene rimandato a quando vi sarà la fusione con la Fininvest di Milano. Nel luglio 79 avviene la fusione e viene sostituito l’amministratore unico con un consiglio di amministrazione: SilvioBerlusconi presidente, consiglieri Paolo Berlusconi (fratello di Silvio) e Luigi Foscale (cugino). Il capitale sociale viene portato a 52 miliardi. Ma chi sono i proprietari Fininvest? Due fiduciarie della Banca Nazionale del Lavoro (Servizio Italia e Società azionaria Fiduciaria). Ma chi opera dietro le due fiduciarie ? Questo lo vedremo quando parleremo di P2. Ora è interessante osservare che la Fininvest, a partire dalla fine degli anni 70 inizia a spaziare in settori diversi dall’edilizia. Passa a parcheggi ed a ristoranti, attrezzature alberghiere residenziali, la gestione di impianti sportivi. Nasce Telemilano all’interno di Milano 2 come TV condominiale. Si infila nell’editoria con l’Efin e con “Il Giornale Nuovo” di Montanelli. Il Piano di rinascita democratica si va sempre più delineando per quello che Gelli aveva detto in una intervista al Corriere della Sera. L’intera società affaristico-finanziaria dell’epoca è ben descritta dall’allora governatore della Banca d’Italia, Guido Carli: “I principali industriali privati hanno distribuito soldi ai partiti, attraverso gli anni, affinché le leggi che avrebbero limitato la loro libertà di azione non si facessero”. Berlusconi sa come inserirsi in questo mondo e progetta Milano 3 a sud di Milano. Tutta la vicenda delle urbanizzazioni a sud di Milano porteranno nell’86 alle dimissioni del sindaco craxiano Carlo Tognoli. Berlusconi avvia anche la costruzione del Centro commerciale “il Girasole” intervenendo in modo disinvolto nella politica edilizia di piccolissimi comuni (400 miliardi per costruzioni che interessano 650000 metri quadrati nel comune di Lacchiarella). Ma le cose non filano bene: l’invenduto supera il 60%. Nell’ottobre 1986 interviene un miracoloso accordo con la Fiera di Milano che affitta il complesso per 6,5 miliardi l’anno portando 39 miliardi alle casse di Berlusconi.. La cosa provoca l’ira di concorrenti e dei commercianti che contestano quella scelta per ragioni logistiche. Da questo momento Berlusconi inizia lo sbarco in Sardegna per costruire un megavillaggio turistico a sud di Olbia. Il problema nasce perché parte di quel territorio è di proprietà regionale. Ma il sindaco socialista di Olbia, Antonio Cacciu, dice che la cosa lo entusiasma. Nel 1980 inizia l’acquisto dei terreni (per le transazioni si serve del plurinquisito Flavio Carboni). Il comune di Olbia dà le licenze … “Solo in un secondo tempo emergeranno più evidenti e circostanziati gli ambigui e loschi percorsi dell’avventura berlusconiana in Sardegna al seguito del faccendiere Flavio Carboni, con contorno di esponenti della malavitosa Banda della Magliana, tra criminalità organizzata, massoni, bancarottieri e mafiosi.” Con la Sardegna si chiude la vicenda immobiliare di Berlusconi. Vicenda analoga a quella di molti altri palazzinari che, ad un certo punto, dovettero dirigere lo sguardo verso altre attività.
L’ingresso nelle TV
Nel 1974 la TV condominiale via cavo Telemilano s.r.l. inizia le trasmissioni. Per 4 anni vivicchia. Poi nel 77 inizia a trasmettere via etere e si trasforma in s.p.a. Si associa a Berlusconi, Adriano Galliani (esperto nel settore di frequenze TV). Vengono acquistate attrezzature a bassa frequenza (quelle da studio TV), ripetitori in grado di coprire la Lombardia e le frequenze 38 e 58. Il 30 settembre 78 è il termine previsto per le sperimentazioni e per poter trasmettere. È importante notare che Berlusconi si è già iscritto alla P2 (26/1/78) che nel suo Piano di Rinascita Democratica (PRD) sviluppato da Gelli tra il 75 ed il 76 prevede: “Immediata costituzione della TV via cavo” da “impiantare poi a catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese”. La Corte Costituzionale, nel 76 ammette la possibilità di trasmettere in ambito locale. Nel 1980 la stessa Corte ammette la possibilità di trasmettere via etere ma solo sulle bande di frequenza assegnate dalle Poste (il PCI si batterà per avere da subito una regolamentazione “per evitare che si arrivi ad un giungla dell’etere”). Quindi sotto la stella P2 nasce sua emittenza e sotto la protezione di Bettino Craxi che quasi in contemporanea diventa segretario del PSI (mandando in soffitta i socialisti onesti e di qualità come De Martino), suo intimo amico (e poi anche parente acquisito) dall’inizio degli anni 70. Berlusconi acquista molti film e con essi inizia ad influenzare molte piccole emittenti locali inserendole in un suo circuito in cambio di pellicole (con pubblicità già inserita) e materiale per programmazione (si esegue alla lettera il PRD). Nel 79 vengono spesi circa 10 miliardi in pellicole ed in investimenti nel settore TV. Le emittenti private che entrano nel circuito di Berlusconi trasmettono film con la pubblicità inserita a pochissimo prezzo. Gli introiti pubblicitari sono per la nascente Publitalia (1980). Il fine che si raggiunge è oltre al guadagno entrare ad influenzare politicamente tali emittenti che in grandissima parte affluiscono nel circuito. Anche Rusconi e Mondadori entrano nel settore TV. Si tratta di fagocitare le oltre 350 emittenti locali. Ma Berlusconi vince su tutti grazie alla sua inesauribile disponibilità di denaro proveniente da oscure finanziarie svizzere (nel 77 Berlusconi dichiara a Repubblica che metterà a disposizione le sue TV alla destra democristiana ed anticomunista: o era un veggente o già aveva avuto rapporti con Gelli poiché quelle stesse cose sono nel PRD). Chi canta le lodi di Berlusconi è l’altro P2, Roberto Gervaso (sprezzante, come suo costume, del senso del ridicolo) “Dove voglia arrivare Dio solo lo sa. Dio solo e lui, Silvio Berlusconi”. Intanto entra ne “Il Giornale Nuovo” prima con il 12% , subito arrivato al 37%. L’operazione è chiaramente politica (la società editrice di Montanelli è in grave deficit). Infatti già nell’85, quando si conosceranno i nomi degli appartenenti alla P2, si avrà l’insorgere di tale foglio (uno dei tre durissimi articoli sarà di Montanelli che definisce Gelli un magliaro). A tale articolo risponde il latitante Gelli ricordandogli gli incontri avuti con Montanelli all’Excelsior, l’averlo garantito presso il Banco Ambrosiano e l’averlo fatto incontrare direttamente con Roberto Calvi (P2) per avere finanziamenti per il suo “Giornale”. Sul finire del 79 viene fondato Canale 5 music, con vari prestanome che si succederanno. Nell’80 nascono altre società (affluiscono molti miliardi per queste operazioni che hanno costi elevati). In un convegno dell’Unione Industriali di Torino ammette di avere investito oltre 40 miliardi e di disporre di 10 emittenti di proprietà e di 10 affiliate (Canale 5 è tra queste ultime). Ha comprato oltre seimila ore di film e materiale filmico di vario genere negli USA. Qual’è il segreto del successo di Berlusconi? Esso è custodito in gran parte nella Loggia P2 ed in gran parte nei forzieri di alcune banche svizzere. La Domenica del Corriere lo esalta ma la sua editrice, Rizzoli, è in mano alla P2 (in questi giorni è morto uno dei dirigenti, Tassan Din). Anche il direttore della Domenica del Corriere è P2 (Paolo Mosca). In un documento che Gelli invia a Berlusconi nel 1980, il gran maestro afferma che è imperativo degli iscritti la massima segretezza, disinvoltura ed indifferenza. Non serve neppure smentire. Basta dire che sapevo di tali dicerie ma non mi sono occupato di smentirle perché sono palesemente infondate. Ed ora passeremo all’anticomunismo di Berlusconi (prima uscita in tal senso nel 1977) in concomitanza con le aperture di Moro a Berlinguer su possibili governi con appoggio esterno del PCI (è una fortuita coincidenza che le finalità BR coincidessero con quelle di Berlusconi: tali governi non si devono fare! occorre impedirlo in ogni modo! Le BR hanno poi ucciso Moro ….) ed in concomitanza con analogo anticomunismo di chi stava diventando segretario del PSI, Bettino Craxi e che era interessato a dialogare con le BR. Ma, prima di proseguire è indispensabile un giudizio sull’operato delle banche svizzere. Tale giudizio è di Jean Zigler, deputato al parlamento svizzero e docente di sociologia all’Università di Ginevra. Egli sostiene:” Le centinaia di miliardi di dollari provenienti dal Congo, dalle Filippine, da Haiti e da molti altri Paesi del Terzo mondo… che transitano su conti segreti prima di raggiungere i mercati borsistici dell’Occidente, sono il sangue e la miseria dei popoli di tre continenti. Mentre in Africa, in America Latina ed in Asia i bambini si prostituiscono e muoiono di fame, mentre le famiglie si sfasciano e gli uomini e le donne cercano invano un riparo o un lavoro, i miliardi della corruzione, dell’evasione fiscale, del saccheggio si accumulano sui conti delle élite dirigenziali di quei Paesi. Come Moloch, l’oligarchia bancaria multinazionale si nutre della carne e del sangue dei popoli prigionieri, costretti al tributo dei tre continenti più poveri del nostro pianeta”.
Berlusconi ed il PSI di Craxi
Nel 77 Berlusconi dichiara:” Il PCI deve stare all’opposizione. Per andare al governo non bastano solo le attestazioni di fede democratica. Oggi la base del PCI è ancora affascinata dal modello sovietico e sogna pane e cipolle per tutti… La vera alternativa è la DC, ma una DC che permetta al PSI di tornare al governo, … coagulando la sinistra anticomunista della Base e di Forze Nuove, la Coldiretti e Comunione e Liberazione…” [ricordo che era l’epoca dei monocolori DC che si sostenevano sulla “non sfiducia” del PCI di Berlinguer, in un momento storico in cui si ritenne di dover far fronte all’attacco delle BR con un blocco compatto delle due forze di maggior tradizione popolare in Italia, la DC ed il PCI. n.d.r.]. Siamo in coincidenza con l’elezione di Craxi alla segreteria PSI (1976). E Berlusconi ha stretto in precedenza patti importanti con vari socialisti lombardi, tra i quali spicca il regista del Piano intercomunale milanese Silvano Larini (poi arrestato nell’inchiesta Mani Pulite per essere stato collettore di tangenti per il PSI) che gli aveva fatto conoscere Craxi. Tra il 76 ed il 78 vi è un’azione congiunta Gelli, Berlusconi, Craxi per il potere. Gelli infiltra suoi uomini nei gangli vitali dello stato, a Berlusconi viene affidata la gestione dei mass media attraverso la Fininvest, Craxi viene indicato come possibile referente della P2 (sarà eletto alla segreteria PSI con il “tradimento” al segretario De Martino” da parte di un uomo della sua corrente, Enrico Manca – iscritto alla P2 – che si schiererà con Craxi, ripagato poi abbondantemente con la Presidenza RAI, altro pezzo che doveva cadere sotto il controllo P2). Gelli influenzerà l’elezione di Craxi anche attraverso i massicci finanziamenti che farà affluire alla sua corrente da parte del piduista Roberto Calvi, Presidente del Banco Ambrosiano. E Craxi esegue. Già nel 79 annuncia una riforma dello stato in senso presidenziale. Quando nell’81 Calvi dalla galera (dove si trovava per aver provocato la bancarotta della sua banca, anche in relazioni a finanziamenti concessi allo IOR, Banca del Vaticano) dirà che aveva versato 16 milioni di dollari in Svizzera nel Conto Protezione (intestatario Craxi), lo stesso Craxi interverrà alla Camera con estrema durezza contro la magistratura che aveva osato arrestare il banchiere e che stava scoperchiando la maleodorante pentola P2. Craxi e Berlusconi ascendono sostenendosi a vicenda. Craxi crescerà, oltreché per azioni di corruzione e concussione, per il sostegno delle TV di Berlusconi. Quest’ultimo riuscirà a potenziare le sue TV ed a sbaragliare la concorrenza RAI (con conseguenze gravissime anche sulla stampa, a seguito del diverso indirizzo che prendono le risorse pubblicitarie) grazie al sostegno politico di Craxi. Nell’83 Craxi arriva alla Presidenza del Consiglio. Tra l’83 e l’86 si rifiuta di rinnovare il C.d.A. della RAI, con l’effetto di congelarla. Al rinnovo di tale Consiglio si procederà nell’86 con Manca alla Presidenza, e Manca procederà in modo da favorire l’ascesa della concorrente Fininvest.
Il 16/10/1984 i pretori di Roma, Torino e Pescara dispongono l’oscuramento di Canale 5, Rete 4 ed Italia1, si tratta di reti illegali. Craxi (fatto senza precedenti nella storia d’Italia) in 48 ore fa il “Decreto Berlusconi” che rende transitoriamente legali le 3 reti e che ne consente la ripresa delle trasmissioni. Il 28 novembre il Decreto suddetto viene dichiarato incostituzionale e bocciato dalla Camera. Il governo Craxi con una protervia unica lo reitera (6 dicembre) ed il Parlamento lo approverà per evitare la crisi di governo minacciata da Craxi. Da quel momento e fino al 92 le reti Fininvest diventano un gigantesco spot per il PSI di Craxi. Analoga sorte per “Il Giornale”. In questi anni si tenta la Scalata al Corriere della Sera (fallita) ed al gruppo editoriale Mondadori-Espresso-Repubblica (parzialmente riuscito con l’acquisizione di Mondadori e del settimanale Panorama). Il Piano piduista sta marciando a gonfie vele. Agli inizi degli anni 90 con la caduta di Craxi sotto una pioggia di avvisi di garanzia per corruzioni concussioni e finanziamenti illeciti (è l’immunità parlamentare che lo salva dalla galera), si rompe forzatamente il sodalizio con Berlusconi. Nel 93, quando la Camera negherà l’autorizzazione a procedere contro Craxi, Berlusconi gli darà pubblicamente la sua solidarietà (voleva tranquillizzare un detentore di svariati segreti relativi alla Fininvest?).
Nella P2
Chi milita nella loggia segreta Propaganda 2, più in breve P2? Vi sono parlamentari (tra cui Pietro Longo che sarà Ministro delle Finanze nel 1º Governo Craxi), giornalisti, alti gradi delle forze armate, funzionari dello Stato (soprattutto Ministero del Tesoro e delle Finanze), dirigenti dei servizi segreti, magistrati, imprenditori, banchieri, editori e Berlusconi (tessera 1816). Lo scopo della P2 di Licio Gelli era di frenare l’avanzata del PCI di Berlinguer (le trame di tale loggia nel sequestro e l’assassinio di Moro e scorta sono analizzate da S. Flamigni in “La tela del ragno” – Ed. Kaos). E a tal fine grande importanza era assegnata all’informazione. Occorreva, in un primo tempo, individuare 3 o 4 giornalisti per ogni mezzo di informazione su cui puntare. Questi dovevano fungere da Cavalli di Troia per spostare simpatie verso politici piduisti. In un secondo tempo occorreva impadronirsi dei mezzi di comunicazione più influenti. Particolare attenzione andava alla Rai TV che andava dissolta in nome della libertà di antenna. Essa andrà sostituita da altre TV che dovranno entrare casa per casa ad influenzare l’italiano medio. È interessante notare che il Piano di Gelli contiene un diretto riconoscimento a Berlusconi quando afferma che è necessario cambiare anche modello edilizio attraverso città satellite in modo da poter controllare meglio l’italiano medio. Nell’81 scoppiò lo scandalo P2 e Berlusconi tentò di minimizzare la sua appartenenza a tale entità segreta ma riuscì solo a prendersi una condanna per falsa testimonianza. Sono le banche gestite dalla P2 che forniscono capitali a Berlusconi “al di là di ogni merito creditizio”. Da ambienti piduisti Berlusconi acquista (estero su estero)Sorrisi e Canzoni TV, il più diffuso settimanale italiano. La P2 verrà sciolta perché ritenuta una associazione a delinquere (Sandro Pertini). Gelli diventerà latitante in Svizzera. Si scoprirà in seguito che la P2 risulta coinvolta in numerose inchieste giudiziarie relative a stragi, attentati, omicidi politici, corruttele. Solo Berlusconi nel 1988 avrà il coraggio di affermare: “Sono sempre in curiosa attesa di conoscere quali fatti o misfatti siano effettivamente addebitati a Licio Gelli…”.
Le fiduciarie occulte ed ancora P2
La prima pietra dell’impero di Berlusconi viene messa a Roma nel 74 (Società Immobiliare San Martino). All’atto costitutivo partecipano, oltre a due finanziarie parabancarie della BNL (Servizio Italia e Compagnia Fiduciaria Nazionale), Marcello Dell’Utri che un rapporto della Guardia di Finanza del 1981, dalla sua amicizia con Vittorio Mangano, individua in due società milanesi gestite dallo stesso Dell’Utri, società gestite dalla mafia e di cui la mafia si serve per riciclare denaro sporco. Dell’Utri aveva iniziato come dipendente del costruttore siciliano Rapisarda e, quest’ultimo, sosterrà poi di essersi associato con Dell’Utri per espressa indicazione del boss mafioso Bontade. La San Martino si trasformerà successivamente in Milano 2 e si trasferirà a Milano (questi nascondini con le società saranno una costante degli affari di Berlusconi). La Fininvest nasce a Roma nel 75 e viene nello stesso anno trasferita a Milano. La Fininvest acquisterà il controllo via via di tutte le altre società (Milano 2, Edilnord ed Italcantieri).
Non vi sono tracce dei bilanci Edilnord liquidata da Umberto Previti e non si capisce quali vantaggi economici siano andati ai finanziatori svizzeri. Alla fine degli anni 70 vi è un vorticoso nascere e morire di varie società. Con fusione definitiva nella Fininvest di Milano (giugno 79). A partire dal 77 (abbiamo già visto, la Fininvest inizia ad accaparrarsi editoria ed in seguito TV. Chi c’è veramente dietro queste società poi confluite nella finanziaria Fininvest? Dell’Utri, uno dei primi soci fondatori, è nell’orbita palermitana del mafioso sindaco della città Vito Ciancimino e partecipa alla fondazione dell’impero portatore di precisi interessi. Dietro le due finanziarie della BNL non si può, per legge, sapere chi c’è. Quando si costituisce la Fininvest Roma, vengono costituite 22 holding intestate a prestanome. Si hanno cambiamenti di nome, di finalità statutarie. Fino all’intestazione delle medesime al cugino di Berlusconi Luigi Foscale. Da questo momento le 22 holding diverranno il vero oscuro e misterioso cuore della Fininvest. Ad un certo punto della Storia Dell’Utri lascerà l’Immobiliare San Martino (1977) e riapparirà come amministratore di una società che gestisce i terreni dove dovrà sorgere Milano 3, società che gioca anch’essa a nascondino con cambiamenti continui di sede ed aumenti continui di capitale. La presenza di Dell’Utri garantisce comunque gli interessi di Don Vito in gran parte del Nord d’Italia. La presenza della finanziaria parabancaria Servizio Italia riporta al bancarottiere e piduista Michele Sindona (che opererà attraverso di essa in molte operazioni finanziarie collegate con la P2 e con il paradiso fiscale di Nassau Bahamas). Essa è direttamente collegata alla P2 . Come del resto la Compagnia Fiduciaria. Si tratta delle due società che debbono gestire il denaro per il Piano di Rinascita Democratica (PRD). E tutto ciò poteva avvenire all’ombra della più grande banca italiana la BNL che aveva tra i suoi massimi dirigenti ben nove piduisti, oltre ad essere gestita da uomini del PSI (Aniasi nel 63, Donati nel 66, Nesi nel 78, Ravenna nell’80 con Donati e Nesi che ne diverranno anche Presidenti). Altro braccio operativo del PRD è il gruppo Fininvest finanziato dalla BNL e da altre banche infiltrate da piduisti. Vi è una sarabanda di spostamenti di denaro ed aumenti di capitale. Un giro complicatissimo da seguire ma certamente orchestrato in ogni dettaglio, di modo che, alla fine non si sa chi ci sia davvero dietro le finanziarie parabancarie della BNL. Una cosa è certamente evidente, nonostante le smentite di Confalonieri: non è stato Berlusconi a creare la Fininvest, ma è la Fininvest delle fiduciarie e delle banche piduiste ad imporre il piduista Berlusconi alla ribalta dell’imprenditoria nazionale. È significativo che, quando Berlusconi assume la presidenza della Fininvest è affiancato da ‘controllori’ della BNL Holding tra cui Umberto e Cesare Previti. La struttura del gruppo evolverà in seguito su due direttrici: mantenere coperta la reale proprietà del gruppo ed eludere il fisco. Le 22 iniziali holding (secondo lo stesso Foscale) servivano a garantire un risparmio impositivo del 30-40%, erano scatole vuote che servivano solo a spartirsi i guadagni, a garantire l’anonimato dei proprietari e ad eludere la progressività delle imposte che restava invece ad un misero 10%. Quindi una intricata struttura a ragnatela di società, fiduciarie, scatole vuote, prestanome, holding, con incredibili incroci azionari. Si tratta di “fenomeni patologici da colpire perché rappresentano la degenerazione patologica del sistema dei raggruppamenti d’imprese”.
Il Far West delle TV
Abbiamo già visto come è nata la concentrazione mediatica nelle mani di Berlusconi. Abbiamo anche visto a quali fini operasse (braccio informativo del PRD) ed abbiamo anche viste che il fine ultimo è il dissolvimento della TV pubblica, la RAI. Gli ultimi due obbiettivi si possono perseguire in simultanea sottraendo noti personaggi alla TV di Stato. Si inizia con l’ingaggio di Mike Bongiorno, poi di Corrado, quindi di Sabani, e via via molti altri a colpi di miliardi. Poi occorre colpire nello sport e Berlusconi inizia con l’aggiudicarsi “il mundialito”, sempre pagando molto di più della RAI. Riesce poi, per l’agilità delle sue strutture, ad entrare nel mercato USA degli acquisti, battendo sempre la RAI. Stipula contratti con ABC, CBS, NBC facendo salire i prezzi a livelli inverosimili. Trasmette ogni filmato USA infarcendolo di pubblicità . Inizia l’era delle telenovelas. Inizia l’era del cattivo gusto che entra imperando con programmi al limite della decenza. Occorre soddisfare l’audience e sbaragliare la RAI. La Publitalia è il cuore finanziario Fininvest che porterà montagne di denaro all’impresa distorcendo il mercato in modo da penalizzare duramente la carta stampata in favore delle TV (in contemporanea la RAI deve pagare un oneroso canone per la concessione dell’etere; Berlusconi una cifra ridicola; alla RAI vengono posti limiti alla raccolta pubblicitaria, alla Fininvest nessun limite: il potere politico fa la sua parte, a fronte di lauti compensi). La Publitalia è in mano a Marcello Dell’Utri. Questi l’ha organizzata come una setta ed i venditori di spazi pubblicitari sono talmente bravi che ora stanno entrando alla guida delle regioni italiane.
Nonostante ciò Berlusconi si va indebitando ed un anno di crisi è l’81: ha un grosso scoperto bancario; il mercato edilizio è fermo; egli ha molto invenduto; le spese TV superano i ricavi; i suoi finanziatori delle banche P2 saltano per lo scandalo che esplode proprio quell’anno. Berlusconi è scoperto ed ha bisogno di nuove fonti di finanziamento. Nei primi mesi dell’82 Berlusconi entra in un mercato definito del risparmio alternativo. Berlusconi, con i certificati immobiliari, prende soldi senza assumere rischi da incauti investitori. Fornisce a garanzia i suoi beni immobili con le valutazioni eseguite dalle stesse società di Berlusconi. Inoltre con i certificati finanziari ottiene prestiti che sono a priori una perdita per chi li acquista.. Infine entra nel mercato degli investimenti conto terzi. In tutte queste operazioni continua la girandola delle società con bilanci in cui non si riesce a raccapezzare nulla. Una delle operazioni che vengono avviate nell’82, per avere fidi bancari e la fiducia della Consob è l’acquisto dalla Rusconi per 30 miliardi di Italia 1. Società rimessa sul mercato azionario, con il nome di Rete 10, per 100 miliardi con una relazione in cui si dice che sono garanzie il fatto che nella rete lavorano Edwige Fenech e Loris del Santo oltre al fatto che la presidenza è affidata ad Indro Montanelli. In Borsa la sortita di Berlusconi è presa con ilarità. Ma i suoi venditori arrivano, si dice , oltre che a vendere azioni porta a porta, anche a prostitute di Pordenone. Sono dell’epoca altre funambolate finanziarie ancora tutte da indagare che vedranno il governo dover intervenire per regolare il settore. A partire dall’83 Berlusconi entra nel mondo della normale intermediazione finanziaria. Continuano comunque le difficoltà, sia nell’invenduto edilizio, sia con i debiti accumulati con le TV, sia con lo scoperto bancario. Segue il suo rastrellamento di fondi con un vero e proprio supermercato dei titoli che gli consente di avere liquidità anche se del tutto insufficiente. Il problema finanziario del quale non si riesce a venire a capo è di utili di una società Fininvest che vanno in prestito ad altra società che poi ripresta alla prima. Moltiplicando questa operazione per un numero elevato di società è pressocché impossibile stabilire quanto denaro vi sia realmente.
Aiuto dalla Sicilia
Abbiamo già parlato dei rapporti tra Berlusconi, Dell’Utri, Rapisarda, Bontade e Ciancimino. Entriamo ora in un’altra storia che ha come interprete principale Dell’Utri ed un suo amico mafioso (trafficante di eroina), siciliano, residente a Milano, Vittorio Mangano.
Dagli atti della Procura della Repubblica di Palermo sui legami di Marcello Dell’Utri con Cosa Nostra (L’onore di Dell’Utri, Ed. Kaos, 1997) si legge di una intervista rilasciata dal Giudice Borsellino al giornalista Jean Claude Zagdoun il giorno 21 maggio 1992 (2 giorni prima che Falcone, Morvillo e gli uomini della scorta saltassero in aria a Capaci). A domanda del giornalista, Borsellino risponde: ” Si accertò … che Mangano risiedeva abitualmente a Milano città da dove, come risultò da numerose intercettazioni telefoniche, costituiva UN TERMINALE DEI TRAFFICI DI DROGA CHE CONDUCEVANO ALLE FAMIGLIE PALERMITANE.” A nuova domanda, Borsellino risponde:” …Vittorio Mangano… risulta l’interlocutore di una telefonata intercorsa tra Milano e Palermo nel corso della quale lui, conversando con un altro personaggio delle famiglie mafiose palermitane, preannuncia o tratta l’arrivo di una partita di eroina chiamata alternativamente … come ‘magliette’ o ‘cavalli’. Il Mangano è stato poi…condannato per questo traffico di droga …. a 13 anni e 4 mesi di reclusione e 700 milioni di multa…La sentenza di Corte d’Appello confermò questa decisione di primo grado”.[Primo arresto il 05/05/1980. Poi, insieme ad altri mafiosi, il 15/02/83. Scarcerazione nel 1990]. Il P.M. chiede a Dell’Utri che cosa si debba intendere per ‘cavallo’ e Dell’Utri parla di un equino di nome Epoca che doveva comprare Berlusconi. Dichiarazioni rese dal camorrista Cozzolino alla Procura di Napoli il 14/09/1995: “Nel 1979 [tra noi napoletani ed altri mafiosi palermitani] sorse il problema di come investire circa 70 miliardi di lire, provento di traffico [di eroina verso gli Stati Uniti]. [Decidemmo] che i soldi sarebbero stati affidati a Vittorio Mangano e Marcello Dell’Utri, cioè il dirigente Fininvest”. Mangano è stato condannato come trafficante di droga e ha lavorato per molto tempo (tra il 74 ed il 75, periodo durante il quale fu arrestato per breve tempo – 28 giorni – fatto che non gli impedì di ritornare nella residenza che Berlusconi gli aveva assegnato) come “stalliere” presso la villa di Berlusconi ad Arcore. Il traffico di eroina è un affare gigantesco che permette in tempi brevi la nascita di imperi economici impressionanti. Che qualcuno ha reinvestito, riciclato tali proventi in modo vantaggioso, naturalmente non intestando tali proprietà a Riina o Bontade o Provenzano o… Questa gente è la responsabile della diffusione della morte attraverso le polveri bianche. Ma vi è l’altra questione, senza la quale tutto questo non ha senso: una uscita per i denari che entrano, che li renda puliti e riutilizzabili. Si comprano edifici, si comprano azioni, si mettono su aziende (ma non si può fare in nero, serve una banca o italiana o estera disponibile, una banca come la Rasini o le finanziarie collegate alla BNL). Servono prestanome e coperture politiche potenti (ed in questo senso il PSI di Craxi era quanto di meglio si potesse avere).
Sui rapporti diretti o meno di Berlusconi con la Mafia vi è poi la dichiarazione del pentito di camorra Melluso (maggio 1985). Il Melluso parla anche di molti mafiosi residenti a Milano 2 (costruita con capitali provenienti da occulte finanziarie svizzere) in casa dei quali si tenevano riunioni di summit mafiosi.
Per finire vi è un rapporto della Guardia di Finanza del 30 maggio 1983 in cui si dice: “È stato segnalato che il noto Silvio Berlusconi, interessato all’emittente televisiva privata Canale 5, finanzierebbe un intenso traffico di stupefacenti dalla Sicilia, sia in Francia che nelle altre regioni italiane (Lombardia e Lazio)…” [quest’ultimo brano è tratto da Leo Sisti e Peter Gomez: “L’intoccabile: Berlusconi e Cosa Nostra”, Ed Kaos, 1998].
In Sardegna
Con l’aiuto di malavitosi e prestanome anche in Sardegna matura l’avventura edilizia di Berlusconi. Tra i prestanome un tal Comincioli, tra i malavitosi Flavio Carboni e la Banda della Magliana che ricicla denari di provenienza droga. Anche qui società che cambiano nome e sede (la principale è la Prato Verde), aumenti di capitali, società che spariscono e poi ricompaiono sotto altro nome ed in altro luogo. Il metodo è lo stesso e già collaudato. Le società di Berlusconi soffrono un poco all’inizio ma poi iniziano ad arrivare i finanziamenti. Prima dalla Banca del Cimino (1980), poi dal Banco di Santo Spirito (1981). Ma ormai già siamo nell’era Craxi e si può spalancare la porta dell’Ambrosiano di Calvi che concederà varie erogazioni con l’avallo di una società, la Sofint anch’essa in gravi difficoltà. Nell’82 c’è il crac dell’Ambrosiano che porterà all’assassinio di Calvi a Londra e, dietro questo crac, vi è anche la Prato Verde il cui amministratore all’epoca del fallimento della Prato Verde, Cassella, sarà condannato nel 92 dal Tribunale di Milano a 5 anni di reclusione. Sui rapporti con Carboni il Tribunale sente anche Berlusconi e, all’occassione, la Fininvest diffonde un comunicato in cui si smentisce ogni rapporto con Carboni, comunicato che in realtà non smentisce nulla. In tutte la vicende sarde entra anche un tal Pellicani. Quest’ultimo promuoverà causa a Berlusconi (1984) per riavere indietro dei denari. Il Tribunale civile, presieduto dal giudice corrotto (Enimont) Diego Curtò respinge (1988) le richieste di Pellicani perché non risulterebbero sufficientemente dimostrati i rapporti di Pellicani con Berlusconi. Curtò è anche quello che è stato dietro alla vertenza giudiziaria Berlusconi – De Benedetti per il controllo della Mondadori (1989 -1990). Il rinvio a Giudizio di Pellicani, Carboni e Cassella avverrà nel 1988, giusto quando era intervenuta l’ennesima amnistia che depenalizzava i reati valutari.
Ma il progetto sardo più ambizioso di Berlusconi e Carboni è Olbia 2. Per realizzarlo si mette in campo l’acquisto di quotidiani locali, si avviano trattative con varie forze politiche (il principale referente è il repubblicano Armando Corona, grande maestro massone e presidente dell’Assemblea regionale sarda), si tenta l’acquisto della squadra di calcio del Cagliari (il calcio resterà solo nella sponsorizzazione di Canale 5 dell’Olbia). Con la morte di Calvi il progetto Olbia 2 sembra morire. Esso riappare però alla fine del 1990 quando il Don Verzè della Clinica San Raffaele di Milano progetta la costruzione di una grande clinica ai confini della zona interessata ad Olbia 2. È una iniziativa chiaramente promozionale che riavvia Olbia 2 anche se in modo ridimensionato. A lato degli affari edilizi in Sardegna è importante risaltare gli affari in comune tra Berlusconi e Carboni, riconosciuti dalla sentenza del Tribunale di Verona che condannò Berlusconi per falsa testimonianza proprio nell’ambito del processo agli autori del libro che stiamo riassumendo (si veda l’introduzione).
Il pirata dell’etere
L’inizio delle vicende di Berlusconi con le TV già è stato descritto. Si tratta di una concomitanza di azioni e di una coincidenza di interessi: politici, economici e golpisti. Da una parte Berlusconi lavora in pieno accordo con il Piano di Rinascita Democratica (PRD) di Gelli; dall’altra ha importanti referenti politici nel PSI di Craxi e nella destra democristiana (senza dimenticare liberali e socialdemocratici); dall’altra ancora ha molti, ancora non spiegati, soldi; infine vi è una situazione di vuoto legislativo che la Corte Costituzionale avverte invitando il Parlamento a legiferare. Contro Berlusconi si muovono innanzitutto le altre piccole emittenti private. Capiscono che è impossibile mantenere la concorrenza con tale personaggio e con tali interessi. Vi saranno denunce alle varie Preture d’Italia, in gran parte accolte. Ma sempre il potere politico interveniva a salvare il tycoon. Ed egli ricambiava. Nel 1982 mandava in diretta il congresso del PSDI del piduista Pietro Longo. I Pretori continuano ad intervenire mentre il Governo continua a lavorare per affossare la TV pubblica in favore di Berlusconi. Il pericolo ed insieme il riconoscimento del PRD viene denunciato dal PCI con Occhetto nel 1983. Alla RAI arrivano vice e presidenti P2: prima Orsello del PSDI, quindi Giampaolo Cresci della DC, poi Manca del PSI. Anche direttori di TG (Franco Colombo, TG1), del Radiocorriere (Gino Nebiolo) e del GR2 (Gustavo Selva) sono piduisti. Il colosso viene anestetizzato. Intanto la potenza di fuoco dell’impero fa vedere i suoi effetti nelle elezioni politiche del 1983: da una parte entrano soldi a palate con spot di tutti coloro che li possono pagare e di tutti coloro che “sono amici”. Impazza il PSI di Craxi e di tutti coloro che sono vicini a Berlusconi. In cambio la RAI va avanti con una soporifera par condicio.
Il 16 ottobre 1984 tre Pretori oscurano le emittenti di Berlusconi per violazione della legge sull’emittenza privata (art.215 del Codice Postale). La stampa in gran parte in mano alla P2 strilla allo scandalo: come possono gli italiani perdersi le ulteriori puntate di Dinasty o Dallas? Il Giornale Nuovo è il capofila della protesta contro la legge. Il 20 ottobre Berlusconi è ricevuto dal Presidente del Consiglio Craxi e qualche ora dopo (neanche avesse eruttato il Vesuvio) emana un decreto che permette a Berlusconi di tornare a trasmettere. Ed il piduista ha il coraggio di sfidare il PCI sul fronte della popolarità nei riguardi dei propri elettori, affiancato dal neopannelliano Enzo Tortora.
Una serie di ulteriori denunce da parte di piccole emittenti e di ripetuti interventi di autorevoli costituzionalisti (Branca, Bonifacio, Beria d’Argentine, Roppa,…) convincono il Parlamento a bocciare il decreto di Craxi (detto “Decreto Berlusconi”) il 28 novembre (perché incostituzionale). Craxi è imbufalito e mostra di nuovo il suo disprezzo per il “parco buoi” (il Parlamento da lui così definito) reiterando un identico decreto il 6 dicembre (ora al Vesuvio sembrava si fosse aggiunto il Polesine) e minacciando la crisi di governo ed elezioni anticipate in caso di non approvazione. Il decreto verrà approvato il 31 gennaio 1985! Sarà poi il Ministro delle poste Antonio Gava che nel novembre 1986 preparerà un progetto di legge in cui si autorizzerà praticamente la possibilità definitiva di trasmettere sul territorio nazionale alla Fininvest, in cambio … di telegiornali nazionali! Confalonieri sosterrà che i TG della Fininvest saranno improntati al mondo delle libertà dei Craxi, Andreotti e Forlani. Vi è anche una norma antitrust nel progetto Gava: nessun privato può avere più di due reti televisive … e tutti sanno in che misura i potenti rispettano la legge.
I nani e le ballerine
Fin dagli inizi degli anni 80, Berlusconi si muove su due direttrici: disporre di un forte cast artistico da affiancare alla fiction già acquistata negli USA; rastrellare mediante Publitalia la massima parte della pubblicità per le sue reti (questo è uno dei modi con cui si può mettere a tacere la stampa che vive in gran parte di pubblicità). Questa seconda operazione è totalmente spregiudicata: si accettano anche scambi di spot con oggetti in natura, oggetti poi venduti in catene di negozi e supermercati che vanno ad affiancare l’impero di Berlusconi. Inizia lo strangolamento delle piccole emittenti che o vendono o si debbono aggregare alla politica ed al circuito del capo (in cambio di qualche programma scarto di magazzino). A lato vengono contrattati personaggi noti come Villaggio, Dorelli, Vianello, Del Santo, Buttafava, A. Levi, G. Zucconi, Bocca ed i piduisti Costanzo e Gervaso. Si tenta pure di aggirare la RAI e di contrattare direttamente con il COI la trasmissione in esclusiva delle olimpiadi del 1984 (in contemporanea al fatto che finalmente nell’agosto 1984 Berlusconi ha acquisito del tutto le sue tre reti. L’ultima è Rete 4, l’acquisizione della quale porta Berlusconi ad una parte di proprietà sulla Mondadori). Gli spot impazzano tanto che vi è una sollevazione di tutti i più noti registi italiani (“Non si interrompe una emozione”).
Berlusconi, forte delle sue amicizie “socialiste” volge lo sguardo all’Europa: alla Francia di Mitterand ed alla Spagna di Gonzales. Dopo una breve esperienza, dalla Francia verrà cacciato e nella Spagna risulterà incriminato per alcuni degli stessi reati per cui , lo è in Italia (frode fiscale, corruzione e concussione).
Un craxiano in giro per l’Europa (con molte brutte figure)
Mitterand aveva ceduto su tutta la linea a Berlusconi-Craxi. Il canale “La Cinq” gli viene assegnato immediatamente (20 febbraio 1986). Addirittura dei 4 canali sul satellite francese, che doveva essere lanciato nel 1986, ben 3 erano stati assegnati a Berlusconi. Ma qui questioni tecniche hanno fregato il Cavaliere. Alcune difficoltà rimandarono il lancio del satellite. Nel frattempo le elezioni furono vinte da Chirac che volle rivedere tutta la normativa sulla diffusione via etere. Anche La Cinq viene ridiscussa per il modo disinvolto con cui è stata concessa e per i vantaggi esorbitanti che gli sono stati assegnati. L’11 aprile 1986 il Consiglio di Stato sospende La Cinq. In Francia si parla di questo canale come della Berluland (con riferimento alla Disneyland). E La Cinq, senza più protezioni politiche, segna il passo. L’11 giugno, il Governo francese revoca la concessione a La Cinq: si attende che il Parlamento si esprima. Ed il Parlamento lo farà nel 1990. Berlusconi insiste con il Belgio e con vari altri Paesi europei: senza successo. Solo in Spagna riesce ad entrare grazie a Craxi-Gonzales, con Tele Cinco (la quale porterà Berlusconi a quanto detto più su). Anche con l’URSS avrà un qualche successo ma solo sul versante della pubblicità nelle reti di Stato (la cosa sembra legata alle pressioni che Berlusconi faceva sulla casa editrice Editori Riuniti per la non pubblicazione del libro che doveva essere pubblicato proprio da quella editrice tra l’86 e l’87, libro che sto qui riassumendo: ritiro di una querela in cambio di buoni uffici del PCI per ottenere il contratto pubblicitario con l’URSS).
Il Milan
Questa squadra è, nella metà degli anni ’80 in gravi difficoltà finanziarie. Vari presidenti succedutisi sono latitanti. Berlusconi tenta di acquisire milanesità attraverso l’acquisto stracciato di questa società chiedendone il fallimento. Nel marzo 1986 Berlusconi entra nella proprietà del Milan (ha speso intorno ai 20 miliardi e si impegna a spenderne altrettanti per potenziare la società). Nel consiglio direttivo tutti suoi collaboratori Publitalia, Fininvest e Collegio di difesa (fuori Rivera). Anche questa impresa è però di sola immagine. Le spese sono di gran lunga superiori alle entrate. Ed anche qui cose che ancora la magistratura deve ancora chiarire, come l’acquisto dal Torino (il cui presidente, Borsano, era un craxiano poi eletto nelle file del PSI) del giocatore Lentini per 18,5 miliardi (nel 1992). La Stampa scrive che l’acquisto dal Milan è avvenuto nei tre mesi in cui Berlusconi è diventato di nascosto padrone del Torino (e qui nascerebbe anche l’illecito sportivo di una squadra che gioca quasi metà del campionato con una proprietà che lo è anche di un’altra squadra dello stesso campionato). Inoltre, nell’ambito di Mani Pulite, Borsano confesserà di avere avuto del denaro in nero (6,5 miliardi) per l’acquisto di Lentini ed inoltre che Berlusconi ha preteso in garanzia di un precedente prestito allo stesso Borsano proprio il pacchetto di proprietà del Torino di cui si diceva. Berlusconi è un Mida alla rovescia…
Affari di cinema
Anche qui la P2 ed i faccendieri socialisti. Nella fattispecie Giancarlo Parretti. Parretti, da cameriere, passa all’acquisizione delle più grandi casi cinematografiche del mondo (fino ad arrivare alla Metro Goldwyn Mayer), con denaro in odore di P2, con Calvi in mezzo e con Sindona sullo sfondo. Anche questa vicenda finirà con il Parretti arrestato ed attualmente ricercato… Lo stesso Parretti si vantava di dare del tu a Berlusconi, perché ambedue socialisti.
L’assalto a La Repubblica
Alla fine di luglio dell’89 ecco un nuovo governo Andreotti, quello del CAF! Il PSI di Craxi ha il viceministro (Martelli), quello degli esteri (De Michelis), quello della giustizia (Vassalli) e delle finanze (Formica). Gelli dall’88 è tornato in Italia “coperto da una estradizione” dalla Svizzera solo per reati fiscali (Berlusconi avrà modo di ironizzare dicendo di essere ancora in attesa di sapere il perché Gelli fosse ricercato). È quindi a piede libero e continua le sue trame in un momento in cui Occhetto porta il PCI allo sfascio e molta parte del suo programma ha trovato realizzazione (sono al potere quelli che aveva indicato Gelli, la TV di Stato è anestetizzata dalla presidenza socialista, Berlusconi imperversa nell’emittenza privata entrando anche nell’editoria). Nell’88 la Corte Costituzionale aveva richiesto una legge sull’emittenza che ancora non veniva dopo il “decreto Berlusconi”. Nell’89 un altro pretore chiede alla Corte di pronunciarsi. Andreotti nel presentarsi alle Camere dice che … occorre riflettere ancora. La cosa passa in mano al ministro delle poste, il repubblicano Mammì. Nel frattempo il quotidiano la Repubblica inizia ad attaccare questo sistema di potere. Craxi, che si crede onnipotente, scrive all’editore De Benedetti dicendo gli: “Li faccia smettere!…Ho carte e documenti per distruggervi!” (messaggio analogo sarà per Di Pietro, il famoso ‘poker d’assi’ che fu battuto da una ‘scala reale’). Nella primavera dell’89, la Mondadori controllata da De Benedetti assume il controllo dell’editoriale l’Espresso (e con esso de la Repubblica). La Mondadori diventa così la più grande, importante ed influente casa editrice nazionale. Unita ad un patto di sindacato con la Famiglia Formenton la Cir di De benedetti controlla oltre il 70% della casa editrice. Il resto è in mano a Leonardo Mondadori e a Silvio Berlusconi. Questa concentrazione, non amica del governo, irrita violentemente Craxi ed i suoi complici di partito oltre alla destra DC. Alla fine di novembre dell’89 la famiglia Formenton rompe il patto con la Cir e si allea con la Fininvest e Leonardo Mondadori. Sono volati centinaia di miliardi e promesse di presidenze varie. La maggioranza delle azioni è passata a Berlusconi (che si insedia alla presidenza alla fine di gennaio del 1990) ed accoliti. Gelli esulta. Si finisce in Tribunale a Milano, per assenza di leggi e latitanza di ogni norma antitrust. Intimidazioni ed interventi banditeschi sulla libertà d’informazione per mettere a tacere in Italia ogni dissenso. E guai a chi non ricorda oggi chi gestiva l’affare: il grande capo era Craxi. Varie spinte dal Paese e l’approvazione della legge Mammì fanno sì che Berlusconi debba “privarsi” di l’Espresso e la Repubblica. Tutto il resto lo fagocita ed ancora lo gestisce come un manganello ai suoi fini politici di piduistica memoria. La trattativa si chiude nell’aprile del 1991 e vede come mediatore l’inquisito Ciarrapico (uomo di Andreotti) e come giudice mediatore il corrotto Diego Curtò (che finirà in prigione nel 1993 per corruzione: un suo inutile libro sarà pubblicato dalla Mondadori e suo figlio diventerà dipendente Fininvest).
La legge Mammì
Il frutto delle varie pressioni della Corte Costituzionale e dei pretori, insieme alla preoccupazione crescente del PCI e della sinistra DC della nascita di un monopolio incontrastato dell’informazione, spinge di malavoglia i governi del CAF ad una parvenza di regolamentazione della questione emittenza, concentrazione dell’informazione cartacea e della raccolta pubblicitaria. La legge Mammì prevede che Berlusconi mantenga le sue tre reti TV ma che rinunci a il Giornale (e quindi che non possa acquisire la Repubblica). Vi sono tensioni violente, al limite di una vera e propria crisi democratica. Craxi minaccia crisi di governo. Andreotti si adegua e fa passare la legge ponendo la fiducia. Cinque ministri della sinistra DC escono dal governo. Andreotti non si sogna di fare la crisi e li sostituisce con un semplice rimpasto. Il 5 agosto 1990 si chiude la vicenda con l’approvazione della legge Berlusconi-Mammì. Ma nel frattempo la Fininvest stava operando di nascosto per acquisire nel momento di vacatio legis il massimo di profitto: nascono tre nuove reti TV , Tele + 1, Tele + 2, Tele + 3 (tutte a pagamento) messe in piedi dalla Fininvest, ma nelle quali Berlusconi compare con una sola piccola percentuale di proprietà (per aggirare la legge Mammì, altro aggiramento della legge è il passaggio della proprietà de il Giornale a suo fratello Paolo, passaggio che avverrà nel 1992). Le tre reti otterranno l’autorizzazione del governo. Così il governo del Paese lavorava in piena identità con gli interessi di un privato che, a questo punto era diventato intimo, oltreché di Craxi, di Andreotti e di Forlani (quest’ultimo ospitato sulla sua barca in Sardegna).
Alcune tangenti da Roma al Lussemburgo
Nel 1993, in piena bufera mani pulite viene fuori che l’ex direttore generale dei telefoni, G. Parrella, tra l’88 ed il 90 ha versato circa 10 miliardi a David Giacalone, segretario del “buon Mammì”, per addomesticare le frequenze e per far la legge. A Giacalone sarebbe rimasto solo mezzo miliardo. Insomma un intreccio di interessi tra Mammì, la sua famiglia, Giacalone e la Fininvest (con Gianni Letta da anfitrione amorevole). Nel gennaio 1994 l’Espresso svela che le Tele + sono per il 10% di Berlusconi (in accordo con la legge del Mammì) e per un 30% di una società, la CIT, che ha sede in Lussemburgo nello stesso palazzo in cui hanno sede: il corrotto funzionario del PSI e segretario personale di Craxi, Giallombardo, il collettore di tangenti del PSI & corrotti vari nel caso Enimont e le società occulte del gruppo Ferruzzi. Non si sa bene di chi siano in realtà le azioni della CIT. Vi sono coincidenze che vogliono in Lussemburgo la presenza di varie finanziarie di Berlusconi oltre al fatto che nel Granducato sia passata la gran quantità delle tangenti Enimont per Craxi ed il PSI attraverso proprio Giallombardo e Cusani. In ogni caso gli intrecci di interessi mai chiariti e coinvolgenti anche banche svizzere a Losanna, sono fantasmagorici. Le rogatorie internazionali bloccate, il superlavoro degli avvocati Fininvest, le cortine fumogene e l’azione politica in patria hanno impedito di fare (ANCORA) piena luce sull’intera vicenda. Resta il fatto che, a partire dalla metà degli anni 80, si vocifera che la proprietà della Fininvest sia in realtà cosa di Berlusconi e Craxi. Mai si era visto un tanto stretto sodalizio tra un segretario di partito ed un privato!
E la mafia?
Nell’estate del 1990 il Corriere della Sera lancia un allarme sull’infiltrazione mafiosa nel Nord Italia con attività finanziarie di ogni genere. Il Corriere riprende un primo allarme lanciato dal giudice palermitano Giovanni Falcone (poi saltato in aria a Capaci) ripreso dal coordinatore del pool di magistrati di Milano Gerardo D’Ambrosio. Intervistato sul problema Berlusconi, dichiara a Repubblica che il vero problema del Nord non è la Mafia ma l’immobilismo originato da verdi ed ambientalisti (sic!). Nessun cenno al PSI che da più di 10 anni amministra la città. Inoltre, afferma Berlusconi, io ormai sono al di sopra di queste cose. Se anche qualche commerciante fosse vittima della mafia io non me ne potrei accorgere.
Fininvest e Tangentopoli
Nel febbraio 1992, con l’arresto del “mariuolo” Mario Chiesa inizia tangentopoli. Un anno dopo, ripieno di avvisi di garanzia e con svariate autorizzazioni a procedere da parte del Parlamento, Craxi si dimette da segretario del PSI. Finiscono 15 anni di soprusi e di scavalcamenti continui della legge, accompagnati dalla finanza più allegra della Repubblica italiana.
Letta interrogato sul finanziamento illecito ammette di aver finanziato il PSDI di A. Cariglia. Ma il reato è del 1988 e quindi rientra nell’amnistia del 1989. Nella primavera del 93 viene rinviato a giudizio il fratello di Berlusconi, Paolo, per aver dato una mazzetta in nero al segretario regionale della DC lombarda. La Fininvest è chiamata in causa per aver pagato 300 milioni al ministro della sanità De Lorenzo, affinché si facessero più spot contro l’AIDS.
Varie volte viene sentito dai magistrati di Milano, Fedele Confalonieri per finanziamento illecito dei partiti. Anche questi reati sarebbero però amnistiati. Il problema che nasce è però un altro: da dove provengono quelle centinaia di milioni se non vi è traccia di essi nelle contabilità Fininvest, anche del dopo amnistia? Sempre nel 93 scoppia lo scandalo delle frequenze già accennato, con Mammì, Giacalone (appena varata la legge, Giacalone diventa funzionario Fininvest con contratto miliardario) e vari partiti politici implicati (PRI, PSI, DC).
Ancora nel 93 vi è un’inchiesta della Corte dei Conti sulla Fininvest che avrebbe provocato un danno allo Stato pagando meno della RAI la concessione per trasmettere il Giro d’Italia.
Altro scandalo è la scoperta di un ex funzionario del Ministero delle finanze, Viganò, che confessa di essere stato consulente fiscale di Berlusconi dal 1988.
Ulteriore scandalo è la confessione da parte del citato Parrella di aver finanziato anche il ministro delle poste, Vizzini, del PSDI. Il tal Vizzini era succeduto a Mammì alle Poste. E Mammì se ne era andato perché coinvolto nello scandalo. Con lui il PRI uscì dal governo. Andreotti sostituì Mammì con un altro amico Fininvest ed in particolare amico personale di Gianni Letta.
Ultimo episodio mai chiarito è il pagamento di 600 milioni che la Fininvest ha fatto a Cusani in relazione all’acquisto della Standa dal gruppo Ferruzzi. Questo florido supermercato aveva avuto un tracollo economico giusto al momento della (s)vendita a Berlusconi. Molti piccoli azionisti furono, come sempre, truffati.
Corruzione come sistema
Il modo con cui la Fininvest finanziava i vari partiti di maggioranza, soprattutto DC e PSI, era attraverso il prezzo irrisorio con cui venivano venduti pacchetti di spot elettorali per il valore di svariati miliardi. Ebbene questo FINANZIAMENTO è praticamente legale. Si possono indirizzare le politiche dei governi scegliere i governi che si vuole influendo pesantemente sull’opinione pubblica e nessuna legislazione ci salva da questa nefasta infiltrazione. Solo per fare degli esempi, in Francia, Spagna, Portogallo, … , nessun privato può detenere più del 25% di una sola rete TV; in Germania ed in Inghilterra vi sono solo 3 reti nazionali private e nessun privato può possederne più d’una; negli USA nessuno può possedere più del 25% di una rete nazionale; in Giappone vi sono 4 reti private appartenenti a 4 differenti proprietà. In Italia siamo come in Brasile: una sola persona controlla oltre la metà del sistema informativo del Paese.
I debiti del Cavaliere
Con il crollo di Craxi inizia una caduta verticale per Berlusconi. Il bilancio 92 si chiude per la Fininvest con un utile di 21 miliardi, con un patrimonio di 1195 miliardi e con un indebitamento di 4.475 miliardi. Secondo un’indagine de La Repubblica i debiti della Fininvest sono di 7140 miliardi. Mentre l’Espresso fa i conti sul patrimonio e ricava che il suo vero valore è di 110 miliardi, una miseria! Restando ad una indagine del Mondo che dava l’indebitamento di Berlusconi all’inizio del 93 in 3333 miliardi, lo stesso Mondo calcolava questo indebitamento in 3800 miliardi a fine 93, 500 miliardi in più in un solo anno e con l’aggravante di tassi d’interesse di circa 400 miliardi l’anno. Tutti i commentatori economici concordano nel riconoscere questo disastro Fininvest, disastro che nasce dalla fine delle protezioni politiche che avevano permesso una enorme espansione del credito attraverso banche compiacenti con direttori social-piduisti. Il 5 ottobre 1993 viene deciso il commissariamento Fininvest e dalle banche (Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Novara, BNL), che spingono per riavere prestiti, viene indicato in Franco Tatò il curatore dell’azienda in fallimento con il fine di tentare di risanarla. Al vertice del gruppo va quindi Tatò. Berlusconi vede imminente la fine che verrebbe immediatamente con una piccola legge antitrust. L’ultima risorsa possibile è il chiamare a raccolta tutto il gruppo di interesse che aveva vegetato con lui ed entrare in politica direttamente. I poteri forti sono a fianco di Berlusconi in un momento in cui il vecchio sistema di potere è sfaldato e travolto dagli scandali che, tra l’altro, si susseguono frenetici giorno dopo giorno. Nessuno si salva. Solo il PCI che è diventato PDS è sfiorato marginalmente in qualche suo dirigente periferico, allo stesso modo che la destra fascista del MSI. Già nell’estate del 1993 si inizia a sentir parlare del partito del Biscione. Sarà Repubblica che farà conoscere l’aria fritta del programma di sua emittenza: Buongoverno, Normalizzazione (che vuol dire : ladri liberi), Libero mercato, Proprietà privata, Identità nazionale, Maggioranza silenziosa, Anticomunismo, Efficienza, Ordine,… Si ritorna a vedere sullo sfondo il Piano di Rinascita Democratica della P2.
Italia: Forza P2.
Il partito nasce come un’azienda ed è pronto nell’autunno 93. Il fine è la restaurazione del potere che in Italia è sempre stato lo stesso dal 1922, e lo sbarrare la strada alle forze socialdemocratiche che si raccolgono intorno al PDS. Il partito, come la Loggia P2, nasce in una stanza con uomini di potere per il potere. Non risponde ad alcuna istanza di base, non vi sono congressi, movimenti, associazioni,… La TV è la grancassa che funziona come il piffero di quello che si tirava dietro i sorci. Viene reinventato un feroce anticomunismo (“i nipotini di Stalin”) contro quei ‘progressisti’ che minacciano il suo impero mediatico. E qui nel libro che sto riassumendo in modo estremo, Ruggeri e Guarino leggono in parallelo il Piano di Gelli ed il Programma di Forza Italia che, nella pratica, coincidono. Il 27 dicembre del 1993 la Procura di Roma fa sequestrare svariati miliardi in titoli di Stato a Gelli. I giornali titolano in una rinascita di rapporti tra mafia, politica e P2. Si scoprono vari intrecci indagati da varie Procure italiane. Gelli continua ad essere protetto da quella estradizione dalla Svizzera per soli reati finanziari e può fare da sponsor a Berlusconi. E, nell’ambito del processo alla P2, il 17 gennaio 1994 vengono interrogati in Corte d’Assise sia Craxi che Martelli. I due ammettono di avere avuto rapporti con Gelli. Intanto il PM del pool di Milano, Colombo, fa sapere che il potere della P2 nei gangli dello Stato è praticamente intatto. E vi sono qui citati episodi che dimostrano tale potere con riferimenti a Berlusconi quale referente importante.
Il partito setta
È Publitalia, l’agenzia di raccolta della pubblicità per la Fininvest, che funzionerà da struttura capillare del Partito Azienda, sono i venditori di pubblicità che venderanno Forza Italia. I militanti di questo partito sono operatori televisivi, annunciatori, segretarie, contabili, venditori, piazzisti, portavoce, star TV e pubblicitari. Altro che “nani e ballerine”! Ruolo fondamentale lo svolge Marcello Dell’Utri. Berlusconi invia dossier suoi che lo ritraggono in tutte le pose a tutti i giornali. Nessuno può dissentire. Persino Montanelli, che esprimeva qualche dubbio, viene cacciato dalla direzione de il Giornale. A Roma viene affittata a 100 milione al mese una sede sfarzosa. Non si lesinano soldi per dare immagini grandiose che oscurano addirittura le “piramidi” di Craxi. Le elezioni del 27/28 marzo 1994 vedono Berlusconi agitare lo spauracchio del comunismo insieme al tricolore. Berlusconi richiama ogni più vieto luogo comune: meno tasse, meno disoccupazione, più lavoro, meno inquinamento, più solidarietà verso i deboli,, più efficienza nei servizi, più amore per gli anziani, …Sono 45 gli ingredienti populisti che saranno la musica dietro la quale i sorci di cui sopra correranno. C’è una chicca nel suo programma. Per risolvere il problema della criminalità organizzata, dice: “bisogna rafforzare il controllo sulla provenienza dei grandi capitali per individuare quelli illeciti”. Il signore sì che se ne intende!
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Il libro chiude con una Appendice in cui sono elencate con dovizia di particolari le “38 holding” di Berlusconi.
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Il seguito della storia
A questo punto la storia di Ruggeri e Guarino termina. Ma noi sappiamo che ha un seguito importante. Ancora oggi (febbraio 2001) questo plurindagato, già condannato in prima istanza in vari processi e più volte prosciolto per decadenza dei termini (la prescrizione cui riesce arrivare dati i tempi della nostra giustizia, l’immunità parlamentare ed i cavilli inventati dal suo collegio di difesa), questo signore, appunto, imperversa nella vita politica italiana al solo fine di salvaguardare il suo impero che dai debiti di cui si diceva è passato nel 2000 ad un attivo di 38.000 miliardi. Egli ha sdoganato il partito fascista, ha messo in circuito i razzisti, xenofobi e separatisti della Lega, ha operato in questi anni in modo che gran parte del tempo il Parlamento della Repubblica ha dovuto occuparsi di lui. Quanto tempo perso per discutere soprattutto di giustizia e di uso dell’etere! Quanti problemi si sono trascinati senza soluzione per discutere degli affari personali del Cavaliere! Ed ora torna, di nuovo con quella alleanza oscena per continuare ad arricchirsi sulle spalle degli italiani e per portare a termine il piano di Gelli. Al di là dei giudizi che si possano dare sul centro sinistra (io sono molto deluso del suo operato su vari fronti: non ha risolto il conflitto di interessi, non ha applicato la legge Scelba del 1957 che prevede l’ineleggibilità per chi ha concessioni da parte dello Stato, ha finanziato scuole confessionali, ha fatto una guerra di aggressione,…), al di là però di questi giudizi sul povero centro sinistra resta questa alleanza terrorifica tra fascismo, separatismo, affari personali intesi come affari di Stato, una azienda che si propone di guidare il Paese. È compito di tutti fermare con l’impegno quotidiano ed anche con il voto questo progetto pericolosissimo per la nostra democrazia. Battiamo questi personaggi e poi facciamo i conti con i nostri pretesi “progressisti”.
Da dove termina il libro da me riassunto saranno altri i libri che seguiranno le vicende di Berlusconi:
-G. Ruggeri, “Berlusconi : “Gli affari del Presidente”, Kaos 1995.
-L. Sisti, P. Gomez, “L’intoccabile: Berlusconi e Cosa Nostra”, Kaos 1998.
-AA.VV., “La grande truffa:Previti, Berlusconi e l’eredità Casati Stampa”, Kaos 1998.
-R. Di Fede, “Il rosso & il nero: gli affari di Berlusconi con i ‘comunisti'”, Kaos 1998.
-M. Caccavale, “Il grande inganno: la banda del partito azienda berlusconiano raccontata da un ex deputato di Forza Italia”, Kaos 1998.
-Tribunale di Milano e Napoli: “Le mazzette della Fininvest”, Kaos 1998.
-Procura della Repubblica di Palermo (Direzione distrettuale Antimafia), “L’onore di Dell’Utri”, Kaos 1998. [Si tratta della raccolta degli atti che hanno portato alla CONDANNA DEFINITIVA di Dell’Utri per “concorso in associazione mafiosa”].
-G. Fiori, “Il venditore: storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest”, Garzanti 1995.
-M. Guarino, “Fratello P2 n° 1816”, Kaos 2001.
-M. Gambino, “Il Cavaliere B.”, Manni 2001.
-P. Gomez, M. Travaglio, “La repubblica delle banane”, Ed. Riuniti 2001.
-F. Orlando, “Lo Stato sono io”, Ed. Riuniti 2002.
-E. Veltri, M. Travaglio, “L’odore dei soldi”. Editori Riuniti 2001.
In quest’ultimo libro si riprendono le fila di alcune delle vicende già descritte in altri libri collegandole ad inchieste più recenti, particolarmente di Procure siciliane (Palermo e Caltanissetta). Vi è il testo di un intervista a Borsellino due giorni prima della Strage di Capaci (Falcone, moglie e scorta) in cui si fa cenno ad indagini su Berlusconi e Dell’Utri. Vi è il rapporto di un funzionario della Banca d’Italia sulle holding del Cavaliere. Vi è la testimonianaza di un ex DC, Enzo Cartotto, che ricostruisce la nascita di Forza Italia fin dall’estate del 1992 (la necessità della nascita di un nuovo referente politico era stata manifestata nello stesso momento anche dai vertici di Cosa Nostra, visto il crollo dei vecchi partiti di riferimento, DC e PSI, sotto i colpi di Tangentopoli).
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Vediamo un poco il seguito della storia del plurindagato, pluriprescritto ed amnistiato storia tratta dalle cronache, non ancora riportata da libri.
È una storia che ci porta direttamente al suo essere di nuovo Presidente del Consiglio. È utile seguire questa storia perché non offre discontinuità con il personaggio Berlusconi.
IL GOVERNO BERLUSCONI
Il 13 maggio del 2001 Silvio Berlusconi e la sua coalizione hanno vinto le elezioni in Italia. I motivi di ciò sono molteplici ma tutti riconducibili ai seguenti motivi principali:
1) gli errori del centro sinistra che non è stato in grado di aggregarsi per fare fronte comune a chi aveva trovato una aggregazione (la legge quasi maggioritaria italiana premia molto le aggregazioni, tanto è vero che Berlusconi ha una maggioranza di parlamentari ma non ha una maggioranza di voti);
2) la sua potenza mediatica che lo ha reso padrone di grandissima parte dell’informazione (le sue 3 televisioni, una influenza impressionante sui giornalisti delle testate pubbliche. 3 quotidiani direttamente controllati, svariati settimanali scandalistici, svariate riviste di moda e costume, riviste TV, le più importanti case editrici italiane,…);
3) il cambiamento di fronte dei poteri forti (Fiat, Pirelli, Banca, Confindustria, Finanza,…) schieratisi con Berlusconi per avere succulente contropartite;
4) il basso livello culturale di moltissimi italiani che legge poco e trae gran parte della sua informazione da una TV narcotizzata e narcotizzante, che ha quindi come suoi riferimenti il successo, il denaro, la bellezza, la villa, l’auto potente, la barca, le vacanze in Paesi esotici,…La mancanza di cultura di cui si diceva ha spinto questi piccolo borghesi nelle braccia dell’imbonitore di turno;
5) appunto la campagna elettorale di Berlusconi è stata spregiudicata. Egli ha promesso tutto ed il contrario di tutto a tutti. Meno tasse (2 soli livelli di trassazione: il 23% fino a redditi di 200 milioni l’anno, il 33% per redditi superiori, più pensioni, migliore sanità, migliore scuola, maggiore crescita economica, più occupazione, meno criminalità, meno immigrazione,….Questa campagna, che non teneva conto dei numeri del nostro Paese che con fatica in 5 anni di centrosinistra era riuscita a sistemare tali conti evirtando il disastro economico da tutti annunciato, era diretta a chi era stato costretto per un poco di tempo a sopportare un maggior livello di tassazione proprio per riportare i numeri ai livelli che avrebbero permesso all’Italia di entrare nella moneta unica (l’Euro). Il centrosinistra è riuscito in questa immane sfida e già si vedevano segni importanti di ripresa, ma a chi non conserva la memoria, i sacrifici che si erano fatti erano una sorta di “cattiveria” della sinistra.
Queste sono le premesse a cui occorre aggiungere la disinvoltura con cui Berlusconi ha messo su un blocco sociale in grado di vincere le elezioni.
Nella sua formazione, Forza Italia (chiamato partito di plastica, perché non ha organi statutari, congressi, …ma solo LUI), sono stati aggregati tutti coloro che con la caduta del vecchio regime dei partiti corrotti (1992) si erano trovati implicati con la giustizia o coloro che avevano perso quel sistema di corruttele e di clientele che li aveva arricchiti.
Vi è poi la formazione postfascista, chiamata Alleanza Nazionale (AN), che di post ha ben poco visti i continui richiami al Fascismo nudo e puro e l’appartenenza ad esso di residui della RSI (Repubblica Sociale Italiana) che rappresenta quella parte di Fascismo che non volle arrendersi agli alleati dopo la dichiarazione di resa del Governo Badoglio (furono i peggiori massacratori di italiani inermi ed i migliori alleati per i giochi sporchi dei nazisti in fuga). Vi è ancora quella formazione populista, xenofoba, fascista, ignorante che rappresenta la piccola borghesia arricchita del Nord d’Italia che si vede minacciata dai “comunisti”, spauracchio che abilmente è stato messo in campo dall’intera coalizione vincente (a questo proposito, al di là di due piccole formazioni che complessivamente arrivano al 6% e che di comunista hanno solo il nome essendo la loro azione essenzialmente rivolta alla difesa dei diritti umani nel mondo, il comunismo in Italia non esiste più dal 1989 e questo comunismo era proprio quello che, dopo essere stato il partito che aveva dato un enorme contributo alla Resistenza, aver contribuito alla elaborazione della Costituzione repubblicana, aveva difeso la democrazia nei vari tentativi di golpe che si sono susseguiti in Italia fino ai primi anni 80 e che vedevano la CIA quale solerte ispiratrice). Questa forza ha più volte mostrato la voglia di secessione legata esclusivamente a motivi economici (noi non vogliamo mantenere le parti più arretrate dell’Italia) e a nessun fatto né storico né culturale.
Infine un gruppuscolo di cattolici conservatori che funzionano da foglia di fico (CDU e CCD).
L’insieme di queste forze (che ripropone l’intero schieramento corrotto del prima 1992 a cui si sono aggiunti gli ex fascisti) si è presentata alle elezioni con il nome di Casa delle Libertà ed ha vinto con una solida maggioranza parlamentare, maggioranza che le permetterà di far passare tutto ciò che vuole considerato che i legami instaurati tra le varie formazioni sono di: ognuno farà passare ciò a cui tiene di più; se uno solo viene meno tutti perdiamo perché non passa nessuna delle nostre cose.
Berlusconi ed il gruppo dirigente degli inquisiti di Forza Italia, Lega ed Alleanza Nazionale (vedi più avanti) punta su:
1) messa fuori gioco della magistratura: eliminando l’obbligatorietà dell’azione penale, rendendo i giudici dipendenti dal governo, rendendo il Consiglio Superiore della Magistratura di nomina esclusivamente politica (mentre fino ad ora solo una minoranza di tali giudici era di provenienza politica, gli altri erano indicati dalle varie correnti in cui si articola la magistratura), operando in modo subdolo con un provvedimento apparente innocuo il quale prevederebbe che un ministro può chiamare come consulente del suo ministero qualunque giudice, esautorandolo così dalle indagini (scomode) che eventualmente stesse portando avanti. Le proposte sulla Magistratura prevedono anche di togliere le indagini preliminari dalle competenze dei magistrati per assegnarle in toto alla polizia (i fatti di Genova fanno immediatamente intendere il significato fascista di tale proposta). Infine è prevista la separazione dei magistrati in inquirenti ed in giudicanti.
2) estensione del suo potere economico attraverso operazioni finanziarie (e le informazioni privilegiate di cui, in quella posizione viene a disporre), fiscali e di qualunque altro tipo. Esemplificando: se si detassano gli utili reinvestiti nell’impresa e si mette nel calderone anche il passaggio di alcune pellicole da un magazzino con un nome ad un’altro con altro nome (ma sempre dello stesso proprietario, si è detassati ma si truffa lo Stato e tal cosa non è peregrina, l’ha già fatta Berlusconi nella sua breve esperienza di governo del 1994, ed ora è su questo fatto indagato dall’antitrust europeo); se si toglie la tassa di successione, a me che ho beni per 200 mila dollari ne viene un risparmio di 4 mila dollari, ma a lui che ha beni per oltre 20 miliardi di dollari va un beneficio immenso; se si decide di passare alla sanità privata egli ha compagnie di assicurazioni già pronte allo scopo; se si deve assegnare una nuova licenza per la telefonia mobile, avendo egli interessi in tale settore (Blu), penserà certamente alla sua compagnia,…..; e poiché gli interessi del personaggio sono ovunque, non vi è provvedimento governativo che non lo vedrà come persona che decide per i suoi interessi personali.
3) contraccambiare i poteri forti del loro sostegno. La detassazione degli utili reinvestiti, con operazioni definibili come partite di giro sono ben accette da tutti i nostri industriali (esluso Marzotto che, da vecchio liberale, rifiuta queste operazioni meschine che offendono la categoria degli industriali). Le scorribande all’acquisizione a prezzi stracciati di tutte le aziende di Stato che vanno privatizzandosi, vengono non solo permesse ma auspicate (già Agnelli, insieme alla EDF francese sta procedendo all’acquisizioni dell’azienda elettrica italiana – ENEL – mentre Pirelli e Benetton stanno comprando il colosso delle telecomunicazioni Telecom. È lo smembramento del vecchio sistema di potere che aveva nell’azionariato popolare un punto di forza; ora pochi grandi gruppi si stanno impadronendo del Paese). Il forte impegno sulla precarizzazione del lavoro, sulla libertà di licenziamento, sull’attacco frontale ai sindacati, mostra la volontà applaudita da Confindustria dello smantellamento del welfare, conquistato in Italia in oltre cento anni di dure lotte operaie.
4) privatizzare tutto in nome del peggiore liberismo ed anche per contraccanbiare gli alleati della Lega e cattolici conservatori (che ci tengono molto al finanziamento delle scuole confessionali, alla revisione della legge sull’aborto, al non permettere ricerche su cellule staminali, all’opporsi sempre comunque ad ogni avanzamento scientifico). La scuola la si vuole regionalizzare e quindi piano piano privatizzare equiparandola, in termini di spesa da parte dello Stato, a quella confessionale (occorre dire che la tradizione italiana ha visto sempre le scuole private e confessionali ai margini del sistema educativo che per oltre il 98% è pubblico e gestito in modo centralizzato dallo Stato). Lo stesso dicasi per la sanità, con sommo beneficio per le compagnie di assicurazioni in cui Berlusconi ha importanti interessi. Ed anche per le imposte che non saranno più pagate al centro (se non in minima parte), ma andranno alle singole Regioni per compensare la Lega ma con la conseguenza che le zone più svantaggiate del Paese (che peraltro hanno votato per questo governo) lo saranno sempre di più. Si parla poi di polizie regionali, e cose simili che tendono a rompere lo Stato Unitario neppure per passare ad una qualche organizzazione federale, ma semplicemente ad uno sfrangiamento avventurista che porterà a reazioni imprevedibili e dure.
Prima di andare oltre è utile dire che, tra le prime azioni di questo governo vi è stata la “denuncia” di un buco nelle finanze dello Stato (addirittura vi sarebbe una voragine nel bilancio che si aggirerebbe intorno ai 50 mila miliardi). È utile si sappia che il bilancio dello Stato è un atto pubblico, sempre disponibile alla consulta da parte dell’opposizione. Questa cosa poteva essere scoperta prima delle elezioni. Ma in realtà il piano era preordinato: poter dire agli elettori di destra che tutte le mirabolanti promesse (salvo quelle che riguardano i potenti) non potranno essere mantenute per colpa del centro sinistra che ha falsificato i bilanci che, ricordiamolo, sono sempre sotto il vigile controllo della UE e del FMI (e quindi Berlusconi ed il suo governo considerano imbecilli i propri elettori).
IL PROGRAMMA DI GOVERNO DEI PRIMI CENTO GIORNI
Vediamo ora in dettaglio qual’è il programma di questo governo nel suo insieme per i primi 100 giorni (iniziati l’11 giugno).
E’ una poderosa manovra economica di oltre 50 articoli il primo intervento del governo di Silvio Berlusconi sull’economia. Si tratta di un gigantesco intervento, nella forma del disegno di legge che propone di riformare aspetti strategici dell’economia italiana. Si va dalla annunciatissima abolizione dell’imposta sulla successione (articolo 47) che prevede che se il valore della quota spettante a ciascun beneficiario è superiore all’importo di 350 milioni di lire “si applicano, sulla parte di valore della quota che supera i 350 milioni di lire, le aliquote previste per il corrispondente atto di trasferimento a titolo oneroso”, a un contratto di lavoro europeo, al piano di emersione dell’economia sommersa, fino agli incentivi fiscali per gli investimenti e lo sviluppo, alla delega per la riforma del diritto societario, alla riorganizzazione dell’amministrazione, alla liberalizzazione delle ristrutturazioni immobiliari e a nuove norme per la “new economy”. Un progetto ambizioso e complesso di cui viene pubblicata la prima bozza, quella entrata nel Consiglio dei ministri del 28 giugno 2001.
A che punto siamo sui primi cento giorni che vanno contati a partire dall’11 giugno ?
PIÙ IN DETTAGLIO I PRIMI CENTO GIORNI ED OLTRE
Fase 1: entro i primi cento giorni.
1. Legge Tremonti
Per rilanciare lo sviluppo con la detassazione degli investimenti e delle nuove assunzioni di lavoratori. -Legge Tremonti: è quella di cui ho già detto e che detassa le imprese per quanto reinvestono nelle medesime.
2. Azzeramento della tassa sulle successioni e sulle donazioni
Per eliminare, una volta per tutte, l’odiosa tassa sulle successioni e sulle donazioni che grava ingiustamente sulle famiglie e sulla filiera produttiva del Paese. -Anche dell’azzeramento della tassa di successione ho già detto. Occorre solo aggiungere che una tale legge già esisteva per proteggere i meno abbiente: un cittadino poteva donare i sui beni o lasciarli in eredità esentasse fino a 350 milioni di lire per ogni erede. Sul resto si pagava una tassa del 2%. Ora anche i giganteschi patrimoni, come quello di Berlusconi che ha 65 anni, saranno esenti da ogni tassa!
3. Blocco istantaneo della riforma dei cicli scolastici e della riforma universitaria
Essenziale per ripartire con una vera riforma della scuola e dell’Università. -Intanto il governo ha bloccato la riforma della scuola che attendeva tale intervento dal 1923, quando vi fu quella realizzata dal nascnte Fascismo (Riforma Gentile). Su tale riforma da quattro anni lavoravano centinaia tra i più prestigiosi studiosi ed esperti d’Italia.
4. Legge obiettivo
Per migliorare la vita dei cittadini realizzando le nuove opere pubbliche necessarie per la modernizzazione del Paese: autostrade, raccordi, passanti, ferrovie, ponti, metropolitane, reti idriche, ecc. -La legge obiettivo rappresenta invece un favore ai referenti di dubbia moralità di Forza Italia: si vogliono liberalizzare gli appalrti e non renderli più soggetti a tanti controlli. Il fine dichiarato è l’agilizzazione (pure auspicabile) il fine vero è togliere di mezzo quella norma che bloccava a appalti quando vi fosse il sospetto che dietro all’appaltatore vi fosse la mafia.
5. Contratto di lavoro europeo
Per convergere con l’Europa in materia di contratti di lavoro, garanzie, flessibilità, mobilità, partecipazione. La libertà di assumere, così consentita alle imprese, offre ai giovani straordinarie opportunità di ingresso nel mondo del lavoro. -Contratto di lavoro europeo non è altro che lo svincolare il lavoratore da qualunque tutela sindacale. Creare assoluta precarietà nel lavoro. Porre vicoli al diritto di sciopero. Porre vincoli all’attività sindacale che è espressamente riconosciuta dalla Costituzione.
6. Riemersione del sommerso
Per riportare nella legalità, in base ad un preciso e conveniente piano di “rientro”, una parte rilevante dell’economia che finora è stata costretta nel sommerso. -Riemersione del sommerso. Consiste nel dare agevolazioni fiscali a tutti coloro che producono di nascosto e sono sconosciuti al fisco. È una richiesta della Confindustria fatta in modo che vi sia concorrenza leale (la stessa Confindustria che invece va a produrre in Romania dove paga un decimo dei salari italiani con conseguente disoccupazione dei nostri operai).
7. Padroni a casa nostra
Per rendere libera, senza più obbligo di ottenere “permessi” o “concessioni”, la ristrutturazione interna alle case, ai negozi, ai laboratori, alle fabbriche, ecc., che non deve naturalmente apportare alterazioni ai muri portanti, al volume complessivo degli edifici ed agli esterni. Proroga delle agevolazioni fiscali per l’edilizia. -Padroni a casa nostra è la volontà di continuare a distruggere il nostro paesaggio con abusivismo selvaggio e riduzione progressiva di tutti i parchi ed aree protette (un clamoroso esempio di ciò già si è avuto in Sicilia con la sanatoria di 270 mila abusi edilizi: si trattava in grandissima parte di seconde case e villette costruite in riva al mare o a ridosso delle aree protette dei templi di Agrigento).
8. Lasciateci lavorare!
Per ridurre all’essenziale la burocrazia, sfoltendo la miriade di adempimenti che condizionano l’attività imprenditoriale e liberando così imprese ed artigiani da oneri inutili ed impropri.
9. New Economy
Per modernizzare la nostra economia allineandola a quella dei Paesi più sviluppati, per renderla competitiva e per attirare in Italia capitali esteri. Per realizzare “portali” su cui domanda ed offerta di lavoro si incrocino liberamente senza l’intermediazione degli uffici di collocamento. Detassazione del “venture capital”. Detassazione e incentivi per richiamare i giovani laureati italiani che lavorano all’estero. Riforme “a costo zero” delle leggi in materia di strumenti ed operazioni finanziarie internazionali, per catturare e convogliare in Italia capitali dall’estero.
10. Le invenzioni sono degli inventori
La proprietà delle “invenzioni” realizzate nelle Università e nei laboratori pubblici deve essere degli inventori, professori e ricercatori, che avranno così il diritto di registrarle a loro nome e, su questa base, la possibilità di attirare il capitale finanziario necessario per svilupparle. Alle Università ed ai laboratori pubblici competerà un terzo dei guadagni ottenuti dagli inventori. Su questa base, capitali ed idee potranno incontrarsi all’interno di un processo positivo di accelerato sviluppo del Paese.
11. Nuovo diritto societario
Per riformare, sulla base del testo già discusso in Parlamento, la legi-slazione societaria: meno burocrazia e più “governance” nella gestione dell’economia. – Nuovo diritto societario. Ecco una cosa vergognosa che fa a pugni con il progetto previsto al punto 6. Si vuole depenalizzare il reato di “falso in bilancio”. Intanto, come ho scritto nel precedente articolo, Berlusconi ha vari procedimenti in tal senso (e naturalmente la legge, alla faccia della certezza del diritto!, sarebbe retroattiva). Quindi questo provvedimento è del tutto assurdo. Ma, come hanno scritto eminenti economisti in Italia, permettono di nascondere alla grande industria ciò che si chiede alla piccola impresa artigianale di tirare fuori, Ma c’è una ulteriore aggravante: il fatto che imnprese straniere non verranno ad operare in un Paese dove è legale il falso in bilancio poiché esse vivono proprio della trasparenza che è un fatto dovuto a chi investe in borsa. Ancora: il falso in bilancio in Italia è sempre servito per costruire un fondo di denaro sporco con cui creare clientele e corruzione. È stato la base con cui si sono costruite tutte le corruttele fino al 1992 quando Mani Pulite spazzò via tutte queste vergogne. Ora Berlusconi, figlio di quel sistema, come abbiamo già visto, tende al ripristino di esso. Ma non basta, a lato di questa operazione, se ne porta avanti un’altra di altrettanta gravità: si vogliono tassare le cooperative come se fossero una qualunque azienda privata. Il movimento di tali cooperative, iniziate con le prime organizzazioni socialiste ed operaie, è sempre stato alla base in Italia di consumo a minor prezzo e di un incentivo ai lavoratori per produrre uniti. Si intravvede qui una sorta di operazione di colpire l’opposizione che ha nelle cooperative un suo punto di forza.
12. Devoluzione
Avvio del processo di devoluzione alle Regioni di maggiori competenze: – in materia di sanità. La competenza in materia di sanità sarà trasferita alle Regioni, sotto l’esclusivo vincolo dei principi costituzionali e delle Direttive comunitarie; – in materia di istruzione e formazione. La legislazione statale definisce l’ordine degli studi, gli standard e i contenuti dell’insegnamento, le condizioni per il conseguimento e la parificazione dei titoli di studio. Le Regioni acquisteranno competenza in materia di organizzazione scolastica, di offerta dei programmi educativi, di governo degli istituti scolastici. Il massimo grado possibile di libertà di insegnamento, e la più elevata possibile retribuzione del personale, dovranno essere considerate dalle Regioni come la forma prioritaria di investimento in modernizzazione; – in materia di sicurezza a vantaggio dei cittadini e della loro proprietà, per una più efficace azione di prevenzione e repressione sul territorio dei cosiddetti “piccoli crimini”. Che per i cittadini sono, in realtà, grandi crimini. – La devoluzione è ciò cui tiene di più la Lega. Assegnare alle Regioni molte competenze che ora sono dello Stato (sanità, scuola, polizia, tasse fino al 70% almeno, nelle prime proposte della Lega). Si tratterà di vedere fino a che punto sarà spinta perché la proposta e la sua applicazione potrebbe diventare eversiva mettendo in discussione l’Unità nazionale su questioni economiche e basta!
Fase 2 : entro i primi 9 mesi
1. Aiuti fiscali al Sud
Per far crescere il Sud grazie ad un piano di aiuti fiscali pienamente compatibile con le normative europee.
2. Avvio del piano di costruzione di nuove opere pubbliche
Sulla base del nuovo risolutivo strumento legislativo, costituito dalla “Legge obiettivo”, avvio del piano di modernizzazione del Paese: autostrade, raccordi, passanti, ferrovie, ponti, metropolitane, reti idriche, ecc.
3. Legge e ordine, immigrazione e sicurezza
Stop all’immigrazione clandestina e rinvigorimento della lotta alla criminalità. Esclusi i casi umanitari, entra in Italia solo chi vuole lavorare e ne ha la realistica possibilità. Non, come finora, quote di extracomunitari, ma quote di operai, di falegnami, di infermieri, ecc., con in mano un contratto di lavoro. Detassazione degli aiuti indirizzati nei Paesi di origine dell’immigrazione.
4. Privatizzazioni e liberalizzazioni
Avvio della fase finale di privatizzazione delle società e dei beni che sono ancora, senza ragione, in mano allo Stato; privatizzazione delle reti di distribuzione (di luce, acqua, gas, ecc.); abbassamento di tariffe e bollette, conseguente ad una reale liberalizzazione del mercato; ottimizzazione della gestione finanziaria del patrimonio pubblico. In occasione della conversione della lira nell’euro, un piano di attrazione in Italia di capitali esteri e di incentivazione al rientro in Italia dei capitali di origine italiana. 5. Riforma della previdenza ed incentivi alla natalità Integrazione sino ad un milione di reddito complessivo delle pensioni minime. Avvio, sulla base del trattamento di fine rapporto (TFR), della previdenza complementare attraverso il lancio dei fondi pensione “aperti”. Incentivi alla natalità ed alla realizzazione di asili nido, perché la vera riforma delle pensioni si fa con la crescita della popolazione.
6. Riforma fiscale
Avvio della riforma fiscale. Per pagare aliquote oneste (23%, 33%) su imponibili onesti, concentrando le esenzioni sino ai 22 milioni e le deduzioni per carichi familiari soprattutto sui redditi bassi e medi, in modo da ottenere una “giusta imposta”. Per ridurre il numero delle tasse da oltre 100 a solo 8. Contrasto all’evasione. Concordato fiscale “preventivo” per commercio, artigianato e piccola impresa. L’imprenditore può così finalmente pensare soltanto a lavorare, a produrre, a creare nuovi posti di lavoro. Con uno Stato che finalmente si fida di lui. Contestuale eliminazione degli adempimenti fiscali inutili. Progressiva eliminazione dell’assurdo costituito da un’imposta come l’IRAP.
7. Europa, agricoltura, ambiente
Crescente concentrazione non solo della nostra politica estera sui temi tradizionali della politica occidentale, ma della nostra politica europea sugli interessi dell’agricoltura e delle piccole e medie imprese. Difesa dell’ambiente e della salute dei cittadini.
8. Rivisitazione del complesso delle leggi
Costituzione ed avvio del lavoro delle commissioni incaricate della riforma dei Codici e della redazione dei nuovi Testi unici.
Fase 3 : entro il secondo anno.
A questo punto, il processo di radicale riforma dell’Italia si consolida ed intensifica:
1. Una nuova scuola, una nuova Università
Dopo la sospensione della riforma dei “cicli scolastici”, attuazione della nostra riforma e del nostro “Piano per la scuola e per l’alfabetizzazione digitale”, basato tra l’altro sulle tre “i” di “Inglese, Internet, Impresa”. Piena autonomia delle Università e “sponsorizzazione” delle Università e della ricerca scientifica da parte delle Fondazioni bancarie.
2. Processo giusto e veloce
Riforma e velocizzazione del processo civile. Per dare ai cittadini giustizia vera nel tempo giusto.
3. Agricoltura
Emanazione di un “Codice agrario” e di un “Codice ambientale”.
4. Piano decennale per le Grandi Opere
Cantierizzazione delle principali opere pubbliche previste dal Piano.
Fase 4 : entro il terzo anno
1. Piano per il Sud
Progressivo avanzamento del “Piano per il Sud”, verifica dei risultati ottenuti con gli incentivi fiscali, con la formazione dei giovani per il settore turistico e con il rilancio del turismo, ecc.
2. Stato e Internet
Radicale riorganizzazione, via informatizzazione e digitalizzazione, di tutto l’apparato pubblico. Non i cittadini al servizio dello Stato, ma lo Stato al servizio dei cittadini. Non solo uno Stato che produce servizi pubblici migliori ed in tempo reale. Ma uno Stato che si mette a disposizione dei cittadini, a supporto della loro attività, come “banca dati”, aprendo o partecipando all’apertura di “portali”, ecc.
3. Legislazione fiscale
Emanazione del “Codice fiscale” col passaggio da migliaia e migliaia di leggi fiscali ad un solo Codice di leggi scritte in forma semplice e chiara.
4. “Piano decennale per le Grandi Opere”
Verifica continuativa delle prosecuzioni dei lavori e degli stati di avanzamento delle opere.
Fase 5 : entro il quarto anno
1. Codificazione
Adozione dei grandi corpi legislativi, costituiti da Codici o da Testi unici, che da un lato eliminano le leggi vecchie ed inutili; dall’altro lato concentrano e stabilizzano quella parte della legislazione che è davvero utile per la vita contemporanea. Nuovi 4 Codici fondamentali: Codice civile, Codice di procedura civile, Codice penale, Codice di procedura penale.
2. “Piano decennale per le Grandi Opere”
Verifica continuativa delle prosecuzioni dei lavori e degli stati di avanzamento delle opere.
3. Riforma dello Stato
Attribuzione ai cittadini del diritto di scegliere direttamente da chi essere governati, riforma elettorale basata sul modello regionale, riduzione del numero dei parlamentari.
Fase 6: completamento della legislatura
Completamento della realizzazione degli obiettivi del Piano di Governo:
1) Abbattimento della pressione fiscale sino al 33% del PIL + il costo degli interessi sul debito pubblico.
2) Attuazione completa del Piano per la difesa dei cittadini e per la prevenzione dei crimini.
3) Dimezzamento del tasso di disoccupazione con la avvenuta creazione di almeno un milione e mezzo di nuovi posti di lavoro.
4) Avanzamento per almeno il 40% degli investimenti previsti dal “Piano decennale per le Grandi Opere”. Al termine della legislatura il Paese sarà cambiato e modernizzato e sarà cambiata in meglio la vita di tutti.
LO SPETTACOLO DEL GRANDE CLOWN
In diretta Tv (quella di Stato), poco prima della scadenza elettorale; Berlusconi si presentò con una farsa memorabile. Firmò un patto con gli italiani in diretta TV. Tale patto riportava 5 vaghe promesse elettorali e Berlusconi si impegnava a non ripresentarsi candidato se non ne avesse mantenute almeno quattro. È appena superfluo ricordare che un contratto se non è firmato dalle due parti è nullo.In ogni caso tale patto è privo di ogni promessa concreta e non dice nulla di più oltre a quanto si sa del clown e bugiardo Berlusconi.
IL GOVERNO IN AZIONE
Vediamo, retrocedendo fino al fatidico 13 maggio le singole azioni di questo governo e dei suoi rappresentanti.
20 luglio 2001 / IL MANGANELLO DEL GOVERNO BERLUSCONI
Indro Montanelli, qualche giorno prima delle elezioni di maggio, dichiarò: «Berlusconi governerà nell’unico modo che conosce: con il manganello, la menzogna e la corruzione». Tutti pensammo: esagera; menzogna e corruzione sì, ma il manganello…! Sbagliavamo noi e aveva ragione lui. Ora Montanelli, uomo vecchio e di destra, è morto e l’opposizione a Berlusconi ha perso una voce che tanti più giovani e di sinistra non sanno e non vogliono far sentire. E il manganello si è, alfine, materializzato: a Genova i pochi violenti sono stati lasciati agire indisturbati, i tantissimi pacifici sono stati attaccati, picchiati, torturati, sequestrati. Una situazione cilena. Da Garage Olimpo, ha scritto il senatore Nando dalla Chiesa, testimone oculare delle violenze. Il “garantismo” di Berlusconi e soci (ieri proclamato in difesa di tangentisti e mafiosi) ora lascia il posto alla sospensione dei diritti, alle violenze commesse in divisa, agli arresti senza garanzia alcuna, ai cittadini sequestrati e trasformati in desaparecidos. Sì, aveva ragione Montanelli: Berlusconi sta governando con la menzogna, la corruzione e il manganello.
24 luglio 2001 / TRAPPOLA BLU
Sapete da dove è nato il buco nei conti dello Stato? Dalla superspesa sanitaria dei “governatori” regionali di destra (prima di tutti Roberto Formigoni). Ma anche dalla trappola Blu. Ricordate l’asta per le licenze dei telefonini Umts? Il governo di centrosinistra contava di guadagnarci almeno 50 mila miliardi. Invece scattò il trappolone: Blu (presidente Giancarlo Elia Valori, tra gli azionisti la Mediaset di Silvio Berlusconi) si ritirò a sorpresa e alla fine l’incasso fu di soli 23 mila miliardi. Ora è aperta un’inchiesta giudiziaria e oggi, 24 luglio, è previsto il primo interrogatorio, quello di Valori.
19 luglio 2001 / FALSO IN BILANCIO: ECCO IL COLPO DI SPUGNA
Si diceva: andrà al governo e prima o poi farà delle leggi per salvarsi dai processi. Sbagliato: non prima o poi, ma subito. Silvio Berlusconi non aspetta neppure qualche mese, così, per simulare decenza. Le commissioni Finanza e Giustizia della Camera hanno approvato, con l’opposizione del centrosinistra, una riforma del falso in bilancio (è il reato che gli viene contestato nei tre processi più rischiosi tra quelli che Berlusconi ha in corso): da “reato di pericolo” diventa “reato di danno”, se non arreca danno patrimoniale a soci e creditori ha pene ridotte (massimo 1 anno e 6 mesi), se riguarda una società non quotata si procede soltanto per querela di parte, non potranno più essere disposte intercettazioni telefoniche, i termini per la prescrizione sono accorciati, le informazioni omesse o false dovranno essere “rilevanti” (?). Niccolò Ghedini, uno degli avvocati di Berlusconi che Silvio ha fatto eleggere deputati, ha fatto passare, in più, una clausola d’oro: sono affidate al governo (cioè a Berlusconi) le norme transitorie per i procedimenti penali in corso (cioè i processi in cui è imputato Berlusconi). Giustizia fai-da-te.
Luglio 2001 / LA BANDA DEL BUCO
Ma quant’è il buco nei conti dello Stato? Il ministro dell’economia Giulio Tremonti ogni giorno ne dice una diversa: c’è la versione mini, per i documenti ufficiali; c’è la versione midi, per la stampa (almeno a giorni alterni); e c’è la versione maxi, per la propaganda. Perfino le autorità dell’Unione europea (con plauso del “Financial times”) hanno tirato le orecchie al responsabile italiano dell’Economia: ma come, dobbiamo venire a sapere le cifre dei conti italiani dalla tv?
17 luglio 2001 / GIURARE IL FALSO PER SILVIO
Condannati due stretti collaboratori di Silvio Berlusconi: Marinella Brambilla, ex segretaria del Berlusconi imprenditore e attuale segretaria del Berlusconi presidente del Consiglio; e Niccolò Querci, ex segretario di Marcello Dell’Utri, poi collaboratore di Berlusconi e oggi vicepresidente di Rti-Mediaset. Sono stati condannati a due anni e mezzo di reclusione (il doppio della pena chiesta dal pubblico ministero) per falsa testimonianza: per aver mentito, sotto giuramento, ai fini di occultare un “grave indizio” della “responsabilità personale” di Berlusconi nel pagamento di tangenti alla Guardia di finanza. Hanno giurato il falso, secondo la sentenza, quando hanno sostenuto che Berlusconi non incontrò Massimo Maria Berruti a Palazzo Chigi, nel 1994, per accordarsi con lui sulle mosse da fare nei confronti dei finanzieri, ex colleghi di Berruti, da convincere a non fare il nome di Berlusconi a proposito delle tangenti Mondadori.
Luglio 2001 / AVVOCATI, E’ CARNEVALE!
Due sentenze fanno reagire il mondo politico. Corrado Carnevale, il giudice ammazzasentenze tanto amico di Andreotti, è condannato a sei anni, in appello, per concorso esterno in associazione mafiosa. I neofascisti Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Giancarlo Rognoni sono condannati all’ergastolo per la strage di Piazza Fontana (12 dicembre 1969, 32 anni fa). Scattano subito i commenti di Gaetano Pecorella (avvocato di Zorzi, deputato di Forza Italia, presidente della commissione Giustizia della Camera): “E’ una sentenza politica”. E di Carlo Taormina (avvocato di Maggi, deputato di Forza Italia, sottosegretario all’Interno): “Con la penna rossa si sta riscrivendo la storia d’Italia”. Per fortuna ci pensa il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, a tirare le orecchie ai due (che i tanto vituperati leghisti siano alla prova dei fatti la parte migliore della coalizione di destra?): “All’interno del governo dovrà esserci una riflessione approfondita: molte delle persone che fanno queste dichiarazioni sono avvocati, quindi in qualche modo sono coinvolte in queste vicende”. Il conflitto d’interessi, nella Repubblica delle Banane, dilaga, si diffonde, diventa un titolo di merito. Al di là degli strepiti dei due avvocati-politici, restano due fatti (inquietanti): il presidente della prima sezione della suprema Corte di cassazione, che negli anni ha cancellato decine e decine di condanne nei processi di mafia, di stragi ed eversione, è riconosciuto colpevole di essere stato in combutta con Cosa nostra; e la madre di tutte le stragi italiane è addebitata ai neofascisti, ma con una regia di Stato. Bel Paese, l’Italia…
Giovedì 21 giugno 2001 / GIUSTIZIA, È ARRIVATA LA SIGNORA VESPA
Ministro, lo sappiamo, è l’ingegner Roberto Castelli, leghista, esperto di acustica (ha un’azienda si occupa, appunto di isolamento acustico). Come sottosegretario ha però a disposizione un tecnico che di giustizia se ne intende, Iole Santelli, che, a scanso d’equivoci, proviene dalla studio di Cesare Previti. Se non basta, c’è il consiglio di gabinetto, dove è stata chiamata Augusta Iannini, fino a oggi magistrato a Roma. Chi è Iannini? È la moglie di Bruno Vespa, ma questi sono fatti suoi. Sono invece fatti nostri le vicende in cui Iannini è coinvolta. È stata indagata a Perugia (sede competente a giudicare sui magistrati di Roma) per abuso d’ufficio e rivelazione di segreti d’ufficio, a proposito dell’inchiesta Tav (Alta velocità); nel 1999, comunque, la sua posizione è stata archiviata. Ma Iannini è stata soprattutto uno dei protagonisti del famoso incontro al bar Tombini di Roma: nel gennaio 1996, quando la procura di Milano stava indagando sulle toghe sporche romane (Renato Squillante e soci, oggi sotto processo per aver venduto e comprato sentenze per favorire Silvio Berlusconi), al bar Tombini si trovano, a confabulare della situazione nel palazzo di giustizia, i magistrati Renato Squillante, Augusta Iannini, Roberto Napoletano, insieme all’avvocato di casa Berlusconi Vittorio Virga. I quattro scoprono in un portacenere una microspia: i magistrati di Milano li stavano intercettando, temendo che stessero discutendo della (e interferendo sulla) delicatissima indagine in corso sul palazzo di giustizia di Roma e le sue toghe sporche. Ora uno dei quattro del bar Tombini è al ministero della Giustizia. Chissà che cosa consiglierà, se si dovrà discutere, un domani, di iniziative da prendere nei contronti dei magistrati di Milano…
Mercoledì 20 giugno 2001 / SI COMINCIA GIA’ A PARLARE DI AMNISTIA
Gli avvocati di Silvio cominciano già a parlare di amnistia per Tangentopoli. Ieri ci ha provato Memmo Contestabile. Berlusconi ha detto che lui di amnistia non ha parlato: certo, altrimenti perché pagare (e far eleggere) tanti avvocati? La proposta Contestabile è indecente: non solo perché sarebbe la pietra tombale su Tangentopoli, non solo perché sembra fatta su misura per il suo padrone Silvio, ma anche perché premierebbe i colletti bianchi – politici, funzionari, imprenditori – discriminando i poveri cristi che affollano le carceri per tanti altri reati anche meno gravi della corruzione. Fra l’altro: che Tangentopoli non sia finita, ma sia più in corso che mai, è dimostrato dalle tante indagini su mazzette e corruzione aperte in questi mesi.
Mercoledì 13 giugno 2001 / IL GRANDE RITORNO
Sono tornati, questo è chiaro. Ma non hanno neppure cercato di mascherarlo: hanno messo le stesse persone negli stessi posti, come nei governi di pentapartito degli anni Ottanta: Maurizio Sacconi (ex Psi) è tornato a fare il sottosegretario al Lavoro, Francesco Nucara (Pri) è tornato (dopo qualche disavventura giudiziaria) a fare il sottosegretario ai Lavori pubblici, Margherita Boniver è tornata a fare il sottosegretario agli Esteri, Francesco Colucci (ex Psi) è di nuovo (dimenticati arresti e processi) questore della Camera. Alcuni hanno fatto carriera e sono passati dalle seconde e terze file alla prima: Giuseppe Pisanu (ex sottosegretario democristiano) è ministro per l’attuazione del programma di governo (che dev’essere qualcosa di simile alla musiliana Azione Parallela). E poi c’è Carlo Giovanardi, c’è il democristiano doc Claudio Scajola… Il pentapartito degli anni Ottanta, più i fascisti (Gianfranco Fini, Maurizio Gasparri, Mirko Tremaglia, Gianni Alemanno…). E i leghisti, naturalmente….
Lunedì 11 giugno 2001 / IL GOVERNO DELLA VERGOGNA
Giurano i ministri del secondo governo Berlusconi. È reso noto l’elenco dei sottosegretari. Nomi da far rimpiangere la cosiddetta Prima Repubblica. Solo qualche esempio, per cominciare. Ministro dell’Interno è Claudio Scajola, uno che ha conosciuto le celle del carcere perché, coinvolto nello scandalo dei casinò, fu arrestato e rinchiuso per mesi a San Vittore. Tra i sottosegretari all’Interno, Antonio D’Alì, uno che ha avuto come fattore il boss di mafia Matteo Messina Denaro, uno degli attuali capi di Cosa nostra. E una grande tenuta di famiglia, a Castelvetrano, dopo essere passata di mano è stata confiscata, perché ritenuta proprietà di Totò Riina. Alla Difesa c’è il piduista Antonio Martino .
Venerdì 1 giugno 2001 / GRILLI E LUPI, POVERO PARLAMENTO
Il senatore Luigi Grillo (Forza Italia) ha appena messo piede a Palazzo Madama e già riceve un avviso di garanzia e un invito a comparire, spedito dalla procura di Milano, per una truffa da 100 miliardi. Altri due parlamentari di Forza Italia, i deputati Maurizio Lupi e Antonio Verro, che fanno riferimento a Comunione e liberazione e alla Compagnia delle opere, ricevono la notizia che la procura di Milano ha chiesto per loro un rinvio a giudizio per truffa e falso. La storia è di qualche mese fa: Lupi e Verro, assessori a Milano, hanno fatto approvare al Comune la concessione della cascina San Bernardo, che doveva diventare un centro polivalente con finalità sociali. Invece, con un cambio al volo, la cascina è stata trasformata in una struttura sanitaria privata da 20 posti, naturalmente affidata agli amici della Compagnia delle opere. L’indagine era in corso da tempo, la richiesta di rinvio a giudizio era prevedibile. Eppure i due sono stati candidati, sono gli unici due assessori milanesi approdati in Parlamento: sarà un caso?
Giovedì 31 maggio 2001 / LA MADONNA DI CASINI
Apre la Camera dei deputati. Eletto presidente Pierferdinando Casini, che nel suo discorso d’insediamento ringrazia la Madonna. Forse dovrebbe ringraziare Antonio Di Pietro (del resto, Di Pietro, ai tempi di Mani pulite, non era chiamato “la Madonna”?): senza l’azione del magistrato che fece fuori le prime e seconde file dei politici democristiani, Pierferdi, portaborse di Forlani e uomo di terza fila, non sarebbe mai arrivato alla terza carica dello Stato.
Giovedì 31 maggio 2001 / PRIMO GIORNO, PRIMO ARRESTO
Primo giorno, primo arresto. Appena aperta la Camera, è arrestato Gianstefano Frigerio, ex democristiano (come Casini), ex cassiere delle tangenti della Dc lombarda, tre volte arrestato, con tre condanne definitive sul groppone. Tutto ciò non gli ha impedito di diventare consigliere politico di Silvio Berlusconi fin dalla nascita di Forza Italia, e direttore del centro studi del partito. Come mai Berlusconi gli ha dato una candidatura sicura, in Puglia, malgrado fosse un condannato definitivo, in attesa soltanto che il giudice dell’esecuzione terminasse i conteggi della pena? Evidentemente Frigerio è uomo ancora potente, con ancora tante cose da dire o da tacere (ricordate “l’Italia dei ricatti” di cui parlava Gherardo Colombo in una sua famosa intervista?).
Mercoledì 30 maggio 2001 / PERA SOTTO LE PARTI
Eletto il nuovo presidente del Senato. A sorpresa, non è Domenico Fisichella (che se ne va sbattendo la porta), ma Marcello Pera, che si stava preparando per diventare invece ministro della Giustizia. Pera fa il suo discorso (con una mano in tasca: l’etichetta istituzionale, o la buona educazione, non sono più di moda) e lo applaude anche l’opposizione. Ma che cosa c’è da applaudire? L’affermazione secondo cui sarà un presidente al di sopra delle parti? Ma Pera ha affermato, per esempio, che darà alla Rai una guida finalmente competente: è questo essere sopra le parti? Con quell’affermazione ha già giudicato (incompetente) il Consiglio d’amministrazione in carica, si è arrogato un diritto che non è del presidente del Senato, ma semmai della Commissione bicamerale di vigilanza.
Lunedì 28 maggio / PREVITI-FININVEST E MANCA-RAI
Udienza interessante (naturalmente i giornali non ne hanno parlato) al processo toghe sporche-Sme. Il processo è quello in cui alcuni imputati (tra cui Silvio Berlusconi e Cesare Previti) sono accusati di aver comprato le sentenze di alcuni giudici romani (tra cui Filippo Verde). È interrogato, come testimone, Enrico Manca, ex dirigente del Psi ed ex presidente della Rai. Il pubblico ministero Ilda Boccassini gli chiede dei suoi rapporti con Previti. E Manca, a sorpresa, tira fuori una storia inedita: Previti negli anni Ottanta mi ha costituito e poi gestito un “tesoretto” in Svizzera. Manca si affretta a spiegare: erano 400 milioni di mia madre, 800 milioni provenienti dalla vendita di una casa… «Quando c’era bisogno di soldi in Italia, gli chiedevo di trasferirmeli e ciò avveniva con il sistema delle compensazioni». Tutto ciò, fino al marzo 1996, quando Previti è messo sotto inchiesta e il giudice Renato Squillante viene arrestato. «Allora chiusi quel conto». Curioso: Previti, l’avvocato della Fininvest, accende e gestisce un tesoretto a Manca, presidente della Rai. Come se Previti fosse un banchiere privato, un gestore di capitali. E proprio nel periodo in cui la Rai abbassa il livello di competizione, di mercato e di programmazione, con le reti Fininvest. Curioso, no? (Ps: il giudice Verde fu quello che emise la sentenza secondo cui Manca, il cui nome era stato ritrovato negli elenchi della P2, non apparteneva alla P2).
Mercoledì 23 maggio 2001 / BERLUSCONI SU FALCONE
Silvio Berlusconi fa pubblicare sul Foglio (uno dei suoi quotidiani) un suo articolo su Giovanni Falcone, nell’anniversario della strage di Capaci. Un articolo furbo, istituzionale, pieno di elogi per “un grande italiano”, “un magistrato competente e coraggioso”. Non senza qualche sottolineatura: contro le “generalizzazioni ideologiche” e le “propalazioni a sfondo calunnioso”. È il solito gioco, mettere Falcone contro i Caselli e i magistrati antimafia di oggi: Falcone (morto) è buono, i magistrati di oggi (vivi) sono cattivi. Tranne Piero Grasso, il procuratore che ha preso il posto di Caselli a Palermo, a cui Berlusconi riconosce il merito di aver “lanciato un composto allarme” contro la criminalità. Certo, anche Falcone ha un difetto: fece il maxiprocesso di Palermo. Ma, scrive Berlusconi, il maxiprocesso fu “una scelta difficile legata all’emergenza determinata dalle guerre di mafia”: come a dire che oggi, non essendoci guerre di mafia in corso, un maxiprocesso non sarebbe da fare. Finita l'”emergenza”, è tempo di “composti allarmi”.
Domenica 20 maggio 2001 / LIBRI, CONFLITTO D’INTERESSI
Salone del Libro di Torino. Ennesimo caso di conflitto d’interessi: oltre a quello nei campi della giustizia, delle tv, delle assicurazioni, delle banche, dei giornali, dell’edilizia eccetera eccetera… c’è anche l’editoria libraria. Alcuni editori (tra cui Mondadori, di proprietà di Silvio Berlusconi) sono favorevoli ai supersconti sui libri, praticati dalla grande distribuzione; altri editori (soprattutto quelli piccoli) sono contrari, perché i supersconti favorisconi pochi best-seller, finiscono per penalizzare invece i libri di catalogo e i piccoli editori, e uccidono le librerie. Quando si dovrà fare una legge sul settore, da che parte si schiererà Berlusconi?
Giovedì 17 maggio 2001 / IL PROGRAMMA DELLA CARLUCCI
Gabriella Carlucci, deputata appena eletta a Trani, è intervistata dal Corriere della sera. L’occhiello dell’articolo promette: «I piani di Gabriella Carlucci dopo l’elezione con Forza Italia». Avrà piani legislativi per lo spettacolo? per la cultura? per lo sport, al quale è tanto affezionata? No. I suoi piani sono: tornare alla Rai e condurre un nuovo programma televisivo. Proprio così! Dichiara la onorevole Carlucci: «Coltivo un sogno. Tornare in Rai, lasciare la Mediaset comunista dove non paga la bravura ma soltanto essere in linea con chi comanda» (e cioè Giorgio Gori, Maurizio Costanzo…). Dunque, Mediaset è comunista, secondo la onorevole, che, dopo essersi lamentata con l’intervistatore per le «grandi facilitazioni» che hanno avuto sulle reti Mediaset le colleghe Alessia Marcuzzi e Cristina Parodi, rivela che vorrebbe fare in Rai «un programma di informazione e intrattenimento». Se tutti gli eletti in Parlamento avessero «piani» simili, pensate gli scavalcamenti di carriera e le vendette contro i colleghi che hanno avuto la sfortuna di non essere stati eletti al Parlamento… Gli elettori di Trani ora sanno a che cosa è servito il loro voto.
Mercoledì 16 maggio 2001 / LA STORIA SECONDO ROCCO
Intervista di Rocco Buttiglione sulla Stampa. «C’è molto da cambiare nei programmi scolastici e nei libri di testo. I giovani non devono studiare la storia universale, ma innanzitutto quella del loro paese. Inseguendo un astratto cosmopolitismo, si annoiano. Devono capire la cultura in cui sono nati. Per esempio il cristianesimo. Roma è piena di chiese. Un ragazzo che sta a Roma deve decifrare le pietre di Santa Sabina, e da lì risalire ai precedenti latini, e greci… I programmi del governo di sinistra avevano un approccio mondialista puntato tutto sulla storia sociale, che non fa capire quel che è accaduto prima… La storia va rivisitata. I giovani vanno aiutati a fare un bilancio critico. Anche sul fascismo. Bisogna spiegare ai giovani perché i loro nonni sono stati fascisti, aiutarli a capire come il fascismo e il nazismo siano sorti nell’ottica della lotta al comunismo. Occorrerà spiegare che alcuni resistenti hanno inteso combattere una guerra di classe… E spiegare perché la maggioranza degli italiani abbia atteso la liberazione senza schierarsi». Della Resistenza, il ministro cattolico-ignorantello non parla.
Giovedì 10 maggio 2001 / ROSSELLA IN CAMPAGNA
Esce, tre giorni prima delle elezioni politiche, il settimanale Panorama. Editore: Berlusconi. In copertina: Berlusconi. All’interno, campagna elettorale per Berlusconi. Panorama, nelle mani di Rossella, è ridotto a strumento di campagna elettorale per il target medio-alto, mentre “Una storia italiana”, inviato gratis per posta a tutte le famiglie d’Italia, racconta l’epopea del nostro Kim Il Sung e copre il target basso.
Resta un ultimo capitolo di questa tragica storia ed i fatti di Genova lo dimostrano ampiamente, qui è venuto fuori tutto lo spirito dei postfascisti: legge ed ordine. Repressione di ogni cosa che possa somigliare al comunismo, come le associazioni cattoliche che sfilavano a Genova, insieme al WWF, a Greenpeace, ecc.
ALCUNI PERSONAGGI DI QUESTO GOVERNO (e questa maggioranza)
Aggiungiamo il capitolo che riguarda le notevoli bibliografie di molti dei partecipanti a tale governo.
Berruti, Massimo Maria
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste di Forza Italia. Da ufficiale della Guardia di finanza, nel 1979 ebbe la sorte di interrogare un giovane imprenditore emergente di nome Silvio Berlusconi, a proposito della confusa situazione proprietaria e finanziaria della sua società Edilnord. Berlusconi rispose che della Edilnord era soltanto un “semplice consulente”. Berruti, nel suo rapporto conclusivo, prese per buona la versione di Berlusconi, permettendo così l’archiviazione dell’accertamento valutario che ipotizzava la dipendenza della Edilnord da società estere. Poi si dimise dalla Guardia di finanza e andò a lavorare per Berlusconi. Prima delle dimissioni, però, fece in tempo a essere arrestato con l’accusa di corruzione nell’ambito dell’inchiesta per lo scandalo Icomec, una storia di tangenti che scoppiò prima di Mani pulite (al processo fu assolto). Da consulente Fininvest, invece, è stato di nuovo arrestato, nel 1994, per favoreggiamento a Berlusconi nell’inchiesta sulle tangenti alla Guardia di finanza. Condannato in primo grado (10 mesi) e in appello (8 mesi). Come avvocato del gruppo Fininvest, ha trattato, fra l’altro, l’acquisto del calciatore Gigi Lentini (poi oggetto di un processo). Nel gennaio 1994 Berlusconi gli ha affidato l’organizzazione della campagna elettorale di Forza Italia a Sciacca e nella provincia d’Agrigento. Con buoni risultati, tra i quali il coinvolgimento di Salvatore Bono (cognato del boss dell’Agrigentino Salvatore Di Gangi) e di Salvatore Monteleone, arrestato nel 1993 per concorso in associazione a delinquere di stampo mafioso e diventato, appena uscito dal carcere, referente di Forza Italia a Montevago. Per i suoi servizi, Berruti e stato premiato con un posto in Parlamento già dal 1996. Con il Berruti avvocato e poi politico, convive il Berruti uomo d’affari: in Sicilia possedeva una societa, la Xacplast, che un rapporto dei carabinieri indicava come partecipata da uomini d’onore delle famiglie mafiose di Sciacca. Il collaboratore di giustizia Angelo Siino ha parlato anche di un incontro tra Berruti e il boss Nino Gioè.
Biondi, Alfredo
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, per Forza Italia. Avvocato, ex deputato liberale, ex ministro della Giustizia nel primo governo Berlusconi (quando tentò, invano, di far passare il famoso “decreto salvaladri”). Nel 1998 ha patteggiato la pena di 2 mesi di arresto e 6 milioni di multa per frode fiscale: aveva evaso le tasse su parcelle professionali per quasi 1 miliardo.
Bossi, Umberto
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, per la Lega Nord. Non si conosce nessun lavoro precedente. Denunciato per vilipendio alla bandiera e per insulti vari distribuiti ampiamente. Condannato per aver preso 200 milioni nello scandalo Enimont per finanziamento illecito ai partiti. È ministro della Devoluzione.
Brancher, Aldo
Deputato della Repubblica. Eletto in Veneto. È stato il regista del nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, che ha portato la Casa delle libertà alla vittoria elettorale del 2001. Era prete paolino e manager pubblicitario di Famiglia cristiana. Don Aldo, giovane e brillante, era il braccio destro del mitico don Emilio Mammana, che aprì il primo ufficio pubblicità di Famiglia cristiana a Milano, facendo uscire il settimanale dall’ambiente provinciale di Alba e dalle sacrestie. Grazie a don Mammana, Famiglia cristiana divenne uno dei settimanali italiani più venduti e più ricchi di pubblicità. Accanto a don Mammana c’era sempre lui, don Aldo, pretino giovane e spregiudicato, guardato con un po’ d’apprensione dalle segretarie, per via dei suoi modi, non proprio da prete fedele al voto di castità. I soldi che faceva girare erano tanti e il ragazzo era svelto. Forse troppo. Tanto che don Zega, allora direttore di Famiglia cristiana, arrivò ai ferri corti con don Aldo. Sarà per questo, o per una donna che era entrata stabilmente nella sua vita, ma comunque Brancher lasciò i paolini, cambiò vita, abbandonò il sacerdozio. Ma non la pubblicità: divenne collaboratore di Fedele Confalonieri e manager di Publitalia, la concessionaria di pubblicità della Fininvest. “Don Aldo sta facendo carriera”, dicevano di lui i suoi vecchi colleghi di Famiglia cristiana. La carriera sembrò interrompersi nel 1993, quando fu arrestato da Antonio Di Pietro per tangenti (300 milioni al ministro della Sanità Francesco De Lorenzo, per la pubblicità contro l’Aids assegnata dal ministero alle reti Fininvest). E’ subito ribattezzato “il Greganti della Fininvest” perché in cella non aprì bocca, non raccontò i segreti delle tangenti Fininvest. Condannato (in appello) a 2 anni e 8 mesi per falso in bilancio e violazione della legge sul finanaziamento ai partiti. Per la sua fedeltà aziendale fu premiato: divenne responsabile di Forza Italia nel Nord e poi, nel 2001, candidato alla Camera in Veneto, eletto senza problemi e subito nominato da Berlusconi sottosegretario alle Riforme e alla devoluzione. Lavora accanto al neo-ministro Umberto Bossi, che ha convinto ad abbandonare i toni anti-Berlusconi per allearsi nel 2001 con Forza Italia.
Briguglio, Carmelo
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nella quota proporzionale, sotto il simbolo di An. È indagato per il business della formazione professionale: gli inquirenti sospettano che durante il suo incarico di assessore regionale al Lavoro abbia favorito enti di formazione della sua provincia.
Cantoni, Giampiero
Senatore della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà in Lombardia. Banchiere, fu presidente della Bnl. È stato inquisito per corruzione e altri reati. Se l’è cavata con alcuni patteggiamenti.
Cicchitto, Fabrizio
Deputato della Repubblica. Eletto per Forza Italia nel collegio di Corsico (Milano). Il suo nome compare nelle liste della loggia massonica P2: fascicolo 945, numero di tessera 2232, data di iniziazione 12 dicembre 1980. All’epoca della scoperta degli elenchi Cicchitto era deputato e membro della direzione del Psi. È uno dei pochi ad aver ammesso di aver sottoscritto la domanda di adesione.
Colucci, Francesco
Deputato della Repubblica. Eletto a Milano. È stato condannato a un anno di reclusione per voto di scambio nel dicembre 1994. Poi è arrivata la condanna in appello, il rinvio in Cassazione e l’assoluzione nel nuovo appello. Ora l’ex deputato socialista Francesco Colucci, riconvertito a Forza Italia, è tornato in pista con la Casa delle libertà, che lo ha fatto eleggere in un collegio sicuro: quello milanese di Baggio, dove, ironia della sorte, si è scontrato con un apripista di Mani pulite: Pierluigi Mantini, candidato dell’Ulivo, l’avvocato che per primo denunciò un certo Mario Chiesa, non ancora mariuolo. Nel marzo 1992 a Colucci fu sequestrato un archivio informatico con migliaia di nomi accanto ai quali erano segnati i favori concessi: dalle assunzioni nel settore pubblico ai ricoveri in ospedale. Al processo, l’avvocato Domenico Contestabile (oggi senatore di Forza Italia) lo difese affermando che la raccomandazione non è reato. Alla fine Colucci fu assolto. Il giudice non ritenne sufficientemente provato il collegamento tra i favori concessi e i voti ottenuti. Ora si ricomincia.
Comincioli, Romano
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Lodi per la Casa delle libertà. Compagno di scuola e poi manager e prestanome di Berlusconi, era in contatto con Gaspare Gambino, imprenditore siciliano vicino a Pippo Calò, il cosiddetto cassiere romano di Cosa nostra. Attraverso Comincioli, la Fininvest realizzò affari con il faccendiere sardo Flavio Carboni. Cambiali con girata di Comincioli passarono a uomini della Banda della Magliana per poi finire nelle mani di Pippo Calò. Per i suoi rapporti con Cosa nostra e banda della Magliana è stato imputato a Roma (e poi assolto). Accusato per bancarotta fraudolenta, è stato latitante per alcune settimane. Poi imputato nel processo per le false fatture di Publitalia.
D’Alì, Antonio
Senatore della Repubblica. Eletto a Trapani. Di Forza Italia. Sottosegretario all’Interno nel secondo governo Berlusconi. Già vicepresidente della commissione Finanze, per un breve periodo è stato il responsabile economico di Forza Italia. La famiglia D’Alì Stati è una delle più potenti, facoltose e riverite del Trapanese. Le immense tenute agricole, le saline tra Trapani e Marsala, le molte proprietà e (fino al 1991) la quota di controllo della Banca Sicula costituivano l’impero governato con autorità da Antonio D’Alì senior, classe 1919, che fu direttamente amministratore delegato della banca di famiglia fino al 1983, anno in cui fu coinvolto nello scandalo P2 (il suo nome era nelle liste di Gelli) e preferì passare la mano al nipote Antonio junior, che poi nel 1994 aderì a Forza Italia e fu premiato con un bel seggio al Senato. La Banca Sicula era uno dei più importanti istituti di credito siciliani per numero di sportelli e per mezzi amministrati. All¹inizio degli anni Novanta la banca trapanese, già corteggiata anche dall¹Ambroveneto di Giovanni Bazoli, fu acquistata e incorporata dalla Banca Commerciale Italiana, alla ricerca di un partner per superare la sua storica debolezza in Sicilia. In seguito all¹operazione, Giacomo D’Alì, professore associato di Fisica, figlio di Antonio senior e cugino di Antonio junior il senatore, è entrato a far parte del consiglio d¹amministrazione della Banca Commerciale. La Banca Sicula, prima di rigenerarsi dietro le rispettabilissime insegne della Commerciale, era stata oggetto di un allarmato rapporto di un commissario di polizia, Calogero Germanà, che poi, trasferito a Mazara, aveva subito un attentato da parte di Leoluca Bagarella in persona e oggi è dirigente della Dia (la superpolizia antimafia) a Roma. Il rapporto ipotizzava che l¹istituto di credito fosse uno strumento di riciclaggio di Cosa nostra. E sottolineava il fatto che come presidente del collegio dei sindaci della banca fosse stato chiamato Giuseppe Provenzano (il futuro deputato di Forza Italia e presidente della Regione Sicilia), già commercialista della famiglia Provenzano (l¹altra, quella dell¹attuale numero uno di Cosa nostra). Il rapporto non ebbe però alcun seguito. Prima dell¹incorporazione, la Banca Sicula aveva realizzato un aumento di capitale di 30 miliardi. Niki Vendola, allora vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, nel 1998, in un rapporto inviato alla Vigilanza della Banca d’Italia, chiese: da dove erano arrivati quei soldi? Chi aveva finanziato la ricapitalizzazione? La risposta della famiglia D’Alì: tutto regolare; l¹aumento di capitale della Banca Sicula è stato finanziato da Efibanca, «contro pegno di un rilevante pacchetto azionario», senza ingresso di nuovi soci; il finanziamento è stato poi «integralmente estinto con il ricavato della successiva vendita delle azioni alla Comit, che provvide a versare direttamente all¹Efibanca le somme di competenza». La famiglia D¹Alì ha avuto come campieri alcuni membri delle famiglie mafiose dei Messina Denaro. Francesco Messina Denaro, il vecchio capomafia di Trapani, fu per una vita fattore dei D¹Alì, prima di passare la mano – come boss e come «fattore» – al figlio Matteo Messina Denaro, classe 1962, che dopo essere stato uno degli alleati più fedeli di Totò Riina ai tempi dell¹attacco stragista allo Stato è oggi considerato il boss emergente di Cosa nostra, forse il nuovo capo della mafia siciliana, all¹ombra del vecchio Bernardo Provenzano. A riprova dei rapporti tra la famiglia D¹Alì e il boss, l’allora vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia Nichi Vendola nel 1998 esibì i documenti che provano il pagamento a Matteo Messina Denaro, ufficialmente agricoltore, di 4 milioni ricevuti nel 1991 dall¹Inps come indennità di disoccupazione. A pagargli i contributi era Pietro D¹Alì, fratello di Antonio il senatore e di un Giacomo D¹Alì che, negli anni Settanta, era stato attivista di un gruppo neofascista siciliano. Anche il fratello di Matteo Messina Denaro, Salvatore, ha lavorato per i D¹Alì: è stato funzionario della Banca Sicula e poi, nel 1991, è passato alla Commerciale. Peccato che nel 1998 sia stato arrestato per mafia. C¹è un¹altra vicenda in cui le strade dei D¹Alì si incrociano con quelle dei boss di Cosa nostra. Francesco Geraci, notissimo gioielliere di Castelvetrano, gran fornitore di preziosi alla famiglia di Totò Riina, dopo essere stato arrestato con l¹accusa di essere uno dei prestanome di Riina, ha raccontato: «Nel 1992 Matteo Messina Denaro mi ha chiesto di acquistare dai D¹Alì un terreno per 300 milioni da regalare a Riina». Si tratta della tenuta di Contrada Zangara, a Castelvetrano. I firmatari del contratto sono Francesco Geraci il gioielliere e Antonio D¹Alì il futuro senatore. «Io sono intervenuto solo al momento della firma», racconta Geraci. «Dopo la stipula andai spesso alla Banca Sicula e mi feci restituire i 300 milioni». Quel terreno, poi, nel 1997 è stato confiscato in quanto considerato parte dei beni di Riina. I D¹Alì hanno sempre ribattuto su tutto. Francesco Messina Denaro, dicono, fu assunto dal nonno di Antonio junior, l¹ingegner Giacomo D¹Alì, classe 1888, quando «si era ben lontani dall¹evidenziarsi di fenomeni che rivelassero la instaurazione di un¹economia criminale». Matteo Messina Denaro era «alle dipendenze come salariato agricolo», «fino a quando non si scoprì chi fosse». Il passaggio della tenuta di Zangara dai D¹Alì a Riina è «una vicenda svoltasi all¹insaputa del venditore». Gli impegni di senatore a Roma non lo distolgono dall¹attività a Trapani: con Francesco Canino (Cdu) e Massimo Grillo (Ccd) costituisce il triumvirato informale che decide la politica della città. Anzi, ne è l¹uomo emergente, mentre gli altri due hanno dovuto negli ultimi anni accusare dei colpi. È questo triumvirato che nel maggio 1998 raggiunge l¹accordo per candidare a sindaco di Trapani Nino Laudicina. Pochi giorni dopo l¹elezione, Canino (uno dei politici più bersagliati dalle critiche di Mauro Rostagno) viene arrestato per concorso nell¹associazione mafiosa che avrebbe monopolizzato gli affari e spartito gli appalti del Comune di Trapani. Poi, nell¹ottobre 2000, tocca all¹assessore Vito Conticello, arrestato mentre intasca una tangente. Era entrato in giunta solo otto mesi prima, spinto da D¹Alì, che subito dopo l¹arresto lo difende: «Conosco la capacità lavorativa dell¹assessore Conticello e la sua correttezza; mi auguro, pertanto, che il risultato dell¹azione investigativa al più presto riveli una diversa valutazione dei fatti». Salvatore Cusenza, della segreteria regionale dei Democratici di sinistra, insieme ai politici dell¹opposizione denuncia il partito degli affari e chiede chiarezza. D¹Alì ribatte: «Colgono ogni occasione per criminalizzare gli avversari, con tentativi di sciacallaggio politico di stampo bolscevico». Il 24 aprile di quest¹anno è il turno del sindaco Laudicina, arrestato per corruzione con altre sette persone. Perfino il vescovo di Trapani grida: «È arrivata l¹ora di reagire. No allo strapotere, è ora di svegliarci!». D¹Alì dichiara: «Nessuno può arrogarsi il diritto di giudizi sommari, né di strumentalizzazioni». Da oggi comunque Antonio D’Alì, un tempo oggetto di indagini di polizia, alla polizia darà ordini.
Dell’Utri, Marcello
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio più chic di Milano. È, tecnicamente, un “pregiudicato”. È stato infatti condannato a Torino per false fatture e frode fiscale continuata. Sentenza definitiva, stabilita dalla Cassazione: 2 anni e 3 mesi di carcere. Ma non eseguita, perché i suoi avvocati sono riusciti a tirare in lungo e a congelarla davanti alla Corte costituzionale. Dell’Utri è poi sotto processo anche per altre faccende: a Milano per corruzione e a Madrid per le irregolarità nella gestione di Telecinco. A Palermo è sotto processo per concorso esterno in associazione mafiosa. Tutto questo non ha impedito a Silvio Berlusconi di candidarlo al Senato, nel collegio più centrale di Milano. Marcello lo ha confessato in tv: “Mi candido per legittima difesa”.
Del Pennino, Antonio
Senatore della Repubblica. Eletto nel collegio di Milano-Niguarda-Sesto per la Casa delle libertà. È tra i repubblicani che con Giorgio La Malfa sono passati con Berlusconi. In passato è stato vicesegretario nazionale del Pri e più volte parlamentare. Una testimone racconta che a fine anni Settanta Del Pennino era tra i frequentatori delle bische clandestine gestite a Milano da Angelo Epaminonda. Lì era chiamato “Del Pennazzo”. Il 13 maggio 1992, agli albori di Mani pulite, quando era deputato del Pri e capogruppo repubblicano alla Camera, è stato raggiunto da un’informazione di garanzia. L’ ipotesi di reato: ricettazione, per aver ricevuto denaro provento di tangenti. Nel 1993 la Camera ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere per violazione delle norme sul finanziamento pubblico dei partiti: i magistrati di Milano l’avevano richiesta per contributi in denaro che Del Pennino avrebbe ricevuto da fondi neri costituiti presso l’ Associazione industriale lombarda (Assolombarda). A luglio 1994 Ha patteggiato una pena di 2 mesi e 20 giorni (convertita nella sanzione di 4 milioni) nel processo per le tangenti Enimont. A ottobre 1994 altro patteggiamento: di una pena di 1 anno, 8 mesi e 20 giorni per tangenti relative alla Metropolitana milanese. Il 25 gennaio 2000 la settima sezione penale del tribunale di Milano lo ha prosciolto nel processo per le tangenti Atm, per le forniture di autobus all azienda dei trasporti milanese (in precedenza, lo stesso tribunale aveva respinto una sua richiesta di patteggiamento, perché la pena concordata con il pubblico ministero non era stata ritenuta congrua rispetto alla gravità dei fatti contestati). Alla fine del 2000 Antonio Del Pennino è rientrato nel Pri, giusto in tempo per partecipare al “ribaltino” che ha portato il glorioso partito ad allearsi con Berlusconi.
Drago, Giuseppe
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Modica. Notabile ed ex vicepresidente nazionale del Ccd, 45 anni, ex presidente della Regione siciliana (tra il 1998 e il 1999), è indagato per una vicenda che riguarda proprio il periodo in cui era alla guida del governo regionale: avrebbe omesso di presentare il rendiconto dei soldi da lui spesi (200 milioni l’anno). Si è difeso dicendo che il rendiconto per le spese del capo del governo siciliano non era necessario, trattandosi di “fondi riservati”. In realtà, nessuna norma regionale prevede questa prassi di spesa, seguita anche dal predecessore di Drago, Giuseppe Provenzano, di Forza Italia, anch’egli inquisito per gli stessi motivi.
Fiori, Publio
Deputato della Repubblica. Eletto in un collegio di Roma. Il suo nome compare negli elenchi della loggia massonica segreta P2: fascicolo 646, numero di tessera 1878, data di iniziazione 10 ottobre 1978. Fiori, all’epoca deputato democristiano, ha smentito di essere iscritto. Oggi è membro di An.
Floresta, Ilario
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nel collegio di Giarre. È nato a Desio, in Lombardia, ma fa l’imprenditore in Sicilia, nel settore della telefonia, ben introdotto nei subappalti della telefonia di Stato (quando c’era). Nel 1994 “scese in campo” sotto le bandiere di Forza Italia, fu eletto alla Camera nel collegio di Giarre e divenne sottosegretario al Bilancio nel governo Berlusconi. Gli investigatori della Dia (la Direzione investigativa antimafia) lo misero sotto osservazione perché Gioacchino La Barbera, uno dei mafiosi responsabili della strage di Giovanni Falcone, nei giorni precedenti e seguenti la strage aveva comunicato anche con cellulari intestati a un’azienda di Floresta. Questioni di lavoro, spiegò La Barbera. Uscito pulito da questa storia palermitana, Floresta entrò in una vicenda catanese: un collaboratore di giustizia, Giuseppe Scavo, raccontò di aver visto Floresta negli uffici dell’autoparco di Sebastiano Sciuto, uomo d’onore calabrese del clan Ercolano, poi arrestato in seguito all’operazione Orsa Maggiore. Le affermazioni di Scavo sono rimaste però senza conferme e riscontri, così la procura ha chiesto l’archiviazione del caso.
Frau, Aventino
Senatore della Repubblica. Eletto in Veneto, nel collegio di Verona città. Ex parlamentare democristiano, oggi fa parte di Forza Italia. Il suo nome compare negli elenchi della loggia massonica P2: fascicolo 533, numero di tessera 1705, data di iniziazione 1 gennaio 1977. Frau ha ammesso di aver conosciuto Licio Gelli, ma ha smentito la sua iscrizione alla P2.
Frigerio, Gianstefano
Deputato della Repubblica. Eletto in Puglia. Un nome, una garanzia. Già, ma qual è il nome? Nel collegio dove Silvio Berlusconi l’ha candidato, in Puglia, è Carlo Frigerio, com’era scritto sui manifesti. A Milano, dove da decenni fa politica, è Gianstefano. Eppure è sempre lui: come segretario regionale della Dc in Lombardia (e cassiere occulto del partito) ha incassato decine di tangenti, è stato arrestato tre volte tra il 1992 e il 1993, è stato coinvolto in molti processi. È accusato di aver accettato mazzette per le discariche lombarde, per il depuratore di Monza, per gli appalti alle Ferrovie Nord. Alcune tangenti le ha ammesse, pur minimizzando il proprio ruolo. Ha confessato, per esempio, di aver ricevuto 150 milioni da Paolo Berlusconi, in cambio dei permessi alla Fininvest per gestire la discarica di Cerro Maggiore. Ha accumulato tre condanne definitive: 1,4 anni per finanziamento illecito ai partiti, 1,7 per finanziamenti illeciti e ricettazione, 3,9 per corruzione e concussione. Ciò nonostante, dopo aver lasciato la Dc si è inventato una nuova vita come consigliere personale di Silvio Berlusconi e influente membro di Forza Italia, di cui dirige il centro studi. Mentre i giudici dell’esecuzione stavano esaminando le sentenze definitive che pesano su di lui per decidere il cumulo della pena da scontare, Gianstefano scompare e ricompare, in Puglia, Carlo: lì si è conquistato un bel seggio in Parlamento. Il 31 maggio, primo giorno di riunione della nuova Camera dei deputati, Frigerio, è stato arrestato. Dovrà scontare una pena di 6 anni e cinque mesi.
Gianni, Giuseppe
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, nel collegio di Augusta. Giuseppe, detto Pippo, è esponente del Cdu. Ha 53 anni, è medico di Solarino ed ex sindaco di Priolo. Deputato regionale dal 1991 al 1996 per la Dc, è poi transitato nell¹Udeur di Clemente Mastella ed è stato anche componente della commissione Sanità. Nel 1998 è stato arrestato e poi condannato a tre anni (tribunale di Siracusa, primo grado) per una mazzetta di 25 milioni per l¹appalto di lavori nella pineta cittadina. Il leader del Cdu Rocco Buttiglione lo aveva definito «un prezioso capitale per la sua città, per la regione e per l¹intero partito». Dopo la condanna lo ha nominato coordinatore regionale del Cdu siciliano.
Giudice, Gaspare
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia. Forzista doc. Nel 1998, quando era vicecoordinatore per la Sicilia di Forza Italia, la procura di Palermo chiese il suo arresto per complicità con la mafia. Silvio Berlusconi commentò: “Essendo Giudice vicecoordinatore di Forza Italia in Sicilia e avendo avuto quindi rapporti con l’onorevole Gianfranco Micciché, non si può neppure immaginare alcun alone di dubbio intorno a lui, perché altrimenti non avrebbe potuto avere quell’incarico”. Secondo l’accusa, Giudice era al diretto servizio della cosca mafiosa di Caccamo, i cui uomini si vantavano di averlo fatto eleggere e gli telefonavano fin dentro il palazzo di Montecitorio per ricordargli la sua dipendenza e per ordinargli che cosa doveva fare: “Gasparino, guarda che siamo stati noialtri a metterti lì”, gli ripetevano. Gli elementi raccolti dall’accusa erano tali da far escludere alla giunta parlamentare per le autorizzazioni a procedere che ci fosse fumus persecutionis nei confronti del parlamentare. Perfino il “supergarantista” Filippo Mancuso, in giunta, non aveva avuto nulla da eccepire contro la richiesta dei magistrati. Eppure la Camera dei deputati il 16 luglio 1998 bocciò (303 voti a 210, con 13 astenuti) la richiesta d’arresto. Non solo, i deputati sottrassero al giudice elementi di prova: impedirono (287 voti a 239, con 3 astenuti) l’utilizzo processuale dei tabulati Telecom, quelli da cui erano documentati i rapporti e la dipendenza di Giudice dagli uomini delle cosche.
Grillo, Luigi
Senatore della Repubblica. Eletto in Liguria, nel collegio di Chiavari. Ex democristiano, nel 1994 sedeva in Parlamento tra i banchi del centrosinistra, ma saltò (nomen omen) nel centrodestra, permettendo a Silvio Berlusconi di avere la maggioranza per formare il suo primo governo (e avendo in premio una poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio). Nel 2001 è stato rieletto per Forza Italia. Appena messo piede in Senato, il primo giorno d’attività di Palazzo Madama, ha ricevuto un invito a comparire spedito dalla procura di Milano: per una vicenda che risale a quando Grillo era sottosegretario di un governo di centrosinistra e permise l’affidamento di una consulenza miliardaria per uno studio sull’Alta velocità ferroviaria in Liguria. L’ipotesi di reato su cui la procura di Milano indaga è truffa aggravata.
Lo Porto, Guido
Deputato della Repubblica. Eletto a Palermo (quota proporzionale). Oggi è un esponente di An e parlamentare della Casa delle libertà. Tanti anni fa, il 24 ottobre 1969, quando aveva 32 anni, fu fermato vicino a Palermo dai carabinieri insieme a quattro camerati (tra cui Pierluigi Concutelli, capo militare dell’organizzazione neofascista Ordine nuovo). Nella sua automobile fu trovata una quantità considerevole di armi da guerra avvolte in carta da giornale. Concutelli fu condannato a 2 anni, Lo Porto a 16 mesi. Lo Porto è stato poi indagato (senza conseguenze penali) per rapporti con ambienti mafiosi.
Lunardi, Pietro
Non eletto. È stato fatto Ministro per le infrastrutture in quanto uomo di fiducia di Berlusconi. È colui che dovrebbe realizzare quel megalomane piano di cementificazione di tutta Italia (autostrade, ponti, trafori, metropolitane, porti, …). È uno dei dirigenti di una multinazionale delle costruzioni (la Rocksoil S.p.A.). Ha promesso che si sarebbe dimesso dalla multinazionale per conflitto d’interessi. Ancora non l’ha fatto. E perché dovrebbe farlo se il suo Primo Ministro non fa niente di simile con un Everest di conflitto di interessi sulle spalle? [lo ha poi fatto ma cedendo la proprietà alla moglie!]
Lupi, Maurizio
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio di Merate. Esponente di Comunione e liberazione, vicino alla Compagnia delle opere. E’ stato candidato dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta giudiziaria sulla cascina San Bernardo di Milano. Da assessore al Comune di Milano, insieme al collega Antonio Verro, aveva fatto approvare una concessione per far diventare la cascina un centro polivalente con finalità sociali. Poi, con un repentino cambio di marcia, la cascina era stata trasformata in una struttura sanitaria privata da 20 posti, naturalmente affidata agli amici della Compagnia delle opere. Subito dopo l’elezione alla Camera, come prevedibile, è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per truffa e falso.
Maroni, Roberto
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Varese. Leghista, ex ministro dell’Interno nel primo governo Berlusconi. È coinvolto in tre inchieste giudiziarie. Per gli scontri con la polizia, inviata a perquisire la sede della Lega a Milano, è stato condannato in primo grado a 8 mesi per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale. Come capo delle “camicie verdi”, è indagato dalla procura di Verona per reati come attentato contro l’integrità dello Stato. Infine, la procura di Roma lo vuole processare per favoreggiamento di una presunta compravendita di voti. Candidato al ministero della Giustizia nel governo Berlusconi, ha dovuto farsi da parte, tra le polemiche. Ma è comunque diventato ministro al Welfare.
Martino, Antonio
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, al proporzionale, nelle liste di Forza Italia. Il suo nome compare nelle liste della loggia massonica P2, scoperte nel 1981: aveva presentato la domanda d’iscrizione, poi non perfezionata. Martino ha sempre negato, ma nei documenti P2 c’è una domanda d’iscrizione da lui stesso firmata, con data 6 luglio 1980, e la testimonianza del “fratello” presentatore, il collaboratore di Licio Gelli Giuseppe Donato. È ministro alla Difesa.
Mauro, Giovanni
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Ragusa. Esponente di Forza Italia. Quando era presidente della Provincia di Ragusa, nell’agosto 1998, fu arrestato con alcuni suoi collaboratori con l’accusa di corruzione: avrebbe ricevuto denaro da sei professionisti che volevano ottenere incarichi per lo studio e lo sviluppo di progetti ambientali (come la bonifica delle discariche e il piano territoriale provinciale) finanziati dall’Unione europea. Al momento dell¹arresto, il coordinatore regionale di Forza Italia Gianfranco Micciché denunciò l¹inizio di “una campagna d¹agosto” contro il suo partito e lo definì “uno dei più stimati amministratori siciliani”. Il capo d’imputazione era pesante: “associazione per delinquere finalizzata ad atti di corruzione”. In attesa che si concluda il processo a suo carico, ora è in Parlamento.
Mormino, Nino
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, per Forza Italia, dopo che per volere di Silvio Berlusconi era stato candidato nel collegio di Cefalù. Avvocato, per molti anni è stato presidente della Camera penale (l’organismo che riunisce gli avvocati) di Palermo, dopo aver retto la Camera penale di Termini Imerese. Tra i suoi assistiti vi sono boss di rango di Cosa nostra, come i membri della famiglia Madonia; e anche il collega avvocato Francesco Musotto, processato (e poi assolto) con l’accusa di aver ospitato nella sua villa il capomafia Leoluca Bagarella. Anche Mormino, insieme ad altri due penalisti, è finito sotto inchiesta per contatti con gli ambienti mafiosi, sulla scorta delle dichiarazioni di cinque collaboratori di giustizia. Ma nel maggio 1996 la procura di Palermo ha chiuso l’indagine contro di lui, non avendo trovato elementi sufficienti a dimostrare che i contatti non fossero di natura esclusivamente professionale.
Nicolosi, Nicolò
Deputato della Repubblica. Eletto in Sicilia, a Termini Imerese, per la Casa delle libertà. Ha 59 anni e una lunga esperienza all¹Assemblea regionale siciliana. Ex democristiano, lascia alle spalle una contrastata esperienza di assessore regionale alle Finanze, nella quale tentò di coprire parte del buco di bilancio con una tassa sul metano Snam che attraversa il territorio siciliano. Fu coinvolto nel processo per le assunzioni pilotate alla Forestale di Palermo, assieme ad altri 35 imputati. Fu anche inquisito e arrestato per voto di scambio. Assolto dal tribunale di termini Imerese, gli è stato riconosciuto un risarcimento di 250 milioni per ingiusta detenzione.
Pisanu, Giuseppe
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, nelle liste di Forza Italia. Ex democristiano, è stato per anni deputato dc e sottosegretario al Tesoro e alla Difesa nei governi del pentapartito. Nel secondo governo Berlusconi è finalmente ministro: di un nuovo dicastero che si chiama “Attuazione del programma di governo”: una sorta di musiliana “Azione Parallela”. Nell’estate 1981, Pisanu, sardo e amico di Armando Corona (che poi diventerà Gran Maestro della massoneria) conosce in Sardegna il banchiere Roberto Calvi (tessera P2 numero 1624). L’uomo che fa incontrare Calvi e Pisanu è Flavio Carboni, faccendiere sardo che era in contatto con un imprenditore milanese che voleva fare affari in Sardegna: Silvio Berlusconi (tessera P2 numero 1816). Pisanu è il padrino politico di Carboni, che presenta come un «interlocutore valido per le forze politiche richiamantesi alla stessa aspirazione, cioè quella cattolica». Dichiara Pisanu al magistrato titolare dell’indagine su Calvi e il suo Banco Ambrosiano: «Il Carboni si diceva congiuntamente interessato alle televisioni private in Sardegna: ciò in un’ottica di inserimento nella regione del circuito televisivo Canale 5, facente capo al signor Silvio Berlusconi di Milano. Il Carboni mi spiegò che il Berlusconi aveva interesse a espandere Canale 5 alla Sardegna, talché lo stesso Carboni si stava interessando per rilevare a tal fine la più importante rete televisiva sarda, Videolina. Sempre riferendosi all’oggetto delle sue attività, il Carboni mi disse di essere in affari con il signor Berlusconi non solo con riferimento all’attività televisiva, ma anche con riguardo a un grosso progetto edilizio di tipo turistico denominato “Olbia 2″. Fin dall’inizio ritenni di seguire gli sviluppi delle varie attività di Carboni, trattandosi di un sardo che intendeva operare in Sardegna e che peraltro mostrava di avere vari interessi e vari contatti con persone qualificate» (Testimonianza Pisanu al pm Dell’Osso). Poi Carboni ebbe vari guai giudiziari. Girò assegni del Banco Ambrosiano agli usurai della Banda della Magliana. Subì arresti e condanne. Ma almeno fino alla primavera 1982 restò in stretto contatto con Giuseppe Pisanu che, mentre era sottosegretario al Tesoro, si interessò attivamente della vicenda Calvi-Ambrosiano. Nei mesi frenetici che precedono la scoperta della bancarotta dell’Ambrosiano e la fuga all’estero di Calvi, Pisanu incontra Calvi per quattro volte, sempre accompagnato da Carboni. L’ultimo appuntamento avviene il 22 maggio 1982, quando Pisanu vola a Milano sull’aereo di Carboni. Poi, il 6 giugno, il sottosegretario risponde in Parlamento ad alcune interrogazioni sulla situazione della banca di Calvi, dopo che erano ormai filtrate voci sulla drammatica crisi finanziaria che stava attraversando. Pisanu risponde tranquillizzando: la situazione è normale; il sottosegretario non accenna minimamente alla gravissima situazione debitoria in cui versa il Banco Andino, controllato dall’Ambrosiano. Alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2, dichiarerà Angelo Rizzoli: «A proposito dell’Andino, Calvi disse a me e a Tassan Din che il discorso dell’onorevole Pisanu in Parlamento l’aveva fatto fare lui. Qualcuno mi ha detto che per quel discorso Pisanu aveva preso 800 milioni da Flavio Carboni». Dopo lo scandalo P2 e il crac Ambrosiano, nel gennaio 1983 Pisanu è indotto a dimettersi da sottosegretario al Tesoro. «A causa di fatti incontrovertibili», secondo una dichiarazione del deputato radicale Massimo Teodori al Corriere della sera: «I rapporti strettissimi e continuativi fra Pisanu e Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi tramite Carboni; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni per la sistemazione del Corriere della sera; i rapporti di Pisanu con Calvi e Carboni quando, sottosegretario al Tesoro, il ministro prendeva importanti decisioni sull’Ambrosiano» (Corriere della sera, 22 gennaio 1983). Il 18 luglio 1982 Calvi fu trovato impiccato sotto un ponte di Londra. Pisanu, dopo le sue dimissioni, scomparve per molto tempo dalla scena. Ricompare nel 1994, quando torna in Parlamento e diventa vicecapogruppo dei deputati di Forza Italia: lasciata la Dc, si è schierato con il partito di Berlusconi, ex socio d’affari del suo protetto Carboni. E Berlusconi, nel 2001, pur di dargli una poltrona da ministro, inventa il curioso dicastero dell'”Attuazione del programma”. Accanto, alle riunioni di governo, avrà il più feroce dei suoi accusatori, ai tempi della vicenda Calvi: Mirko Tremaglia.
Previti, Cesare
Deputato della Repubblica. Eletto a Roma. Avvocato personale di Silvio Berlusconi, ha ereditato l’incarico professionale dal padre, che aiutò il giovane Silvio a fondare la Fininvest, in un turbine di strane società svizzere e di anonime fiduciarie. È dunque uno dei consulenti che conoscono i segreti delle origini di Berlusconi. Nato a Reggio Calabria 67 anni anni fa, crebbe professionalmente nello studio del padre, a Roma. Pur non avendo mai rinnegato le sue origini politiche neofasciste, nel 1994 Berlusconi gli chiese di “scendere in campo” con Forza Italia e lui accettò un posto al Senato prima e un ministero poi. Oggi è imputato nel processo “toghe sporche”, per aver corrotto i giudici di Roma perché emettessero sentenze favorevoli a Silvio Berlusconi e alla Fininvest. Cesare Previti ha rischiato (come Amedeo Matacena e Gianni De Michelis) di non trovare posto nelle liste di Forza Italia. Per lui però il Cavaliere alla fine ha fatto un’eccezione, piazzandolo nel posto sicuro di capolista di Forza Italia nel proporzionale in Calabria, oltre che nel collegio uninominale di Roma Tomba di Nerone.
Salini, Rocco
Senatore della Repubblica. Eletto per la Casa delle libertà in Abruzzo, nel collegio di Teramo. Presidente democristiano della giunta regionale abruzzese nei primi anni Novanta, fu arrestato (con l’intera giunta) nell’ambito di un’indagine giudiziaria sui finanziamenti europei alla Regione. L’accusa: aver falsificato la graduatoria per l’assegnazione dei fondi. Patteggiò una condanna a 1 anno e 4 mesi. Poi, nel 1999, fu rieletto consigliere regionale, nelle liste di Forza Italia (fu il candidato che ottenne il maggior numero di voti nella regione Abruzzo, oltre 12 mila). Divenne vicepresidente della giunta e assessore alla Sanità. Ma Salini, in quanto condannato, era ineleggibile al Consiglio regionale e su questo sta infatti decidendo il tribunale amministrativo regionale dell’Aquila, che potrebbe anche decretare lo scioglimento dell’assemblea, rendendo quindi necessarie nuove elezioni. Ineleggibile alla Regione, Salini si è presentato al Senato, nel 2001, ed è stato eletto.
Selva, Gustavo
Deputato della Repubblica. Eletto nel collegio di Treviso. Ex democristiano, oggi è esponente di An. Il suo nome compare negli elenchi della loggia massonica P2: fascicolo 623, numero di tessera 1814, data di iniziazione 26 gennaio 1978. All’epoca, Selva era direttore del Gr2 Rai. Ha smentito di essere iscritto alla loggia. Sospeso dalla Rai dal Consiglio d’amministrazione, ha presentato ricorso al pretore del lavoro, che però lo ha respinto.
Scajola, Claudio
Deputato della Repubblica. Eletto in Liguria. Classe 1948, di Imperia, democristiano nato in una famiglia democristiana. Il padre Ferdinando, dirigente Inps, fu segretario della Dc locale e sindaco d¹Imperia fin dal 1952. Due anni dopo dovette dimettersi, perché travolto da uno scandalo: il cognato aveva ottenuto il posto di primario chirurgico nell¹ospedale locale e si malignava che fosse stato aiutato dal potente sindaco democristiano. Erano altri tempi, bastava niente per costringere alle dimissioni. Ma la politica restò una malattia di famiglia. Il testimone passò dapprima al figlio maggiore, Alessandro, che divenne anch¹egli sindaco d¹Imperia nel 1972, poi ancora nel 1977, e nel 1979 fu eletto in Parlamento. Claudio era il più piccolo dei tre figli del notabile dc. Ma venne anche il suo momento. Aveva respirato aria democristiana fin dalla culla: sua madrina di battesimo era stata Maria Romana De Gasperi, figlia del grande capo della Dc. Già negli anni del liceo e poi dell¹università si era impegnato nel movimento giovanile democristiano. Non è un teorico, ma un amministratore, un organizzatore: diventa presidente dell¹ospedale Novaro, poi dell¹Unità sanitaria locale; è anche segretario provinciale della Dc. Nel 1982, a 34 anni, diventa sindaco d¹Imperia, come il padre Ferdinando, come il fratello Alessandro. È una festa, in famiglia. Peccato che un anno dopo esploda lo scandalo dei casinò. È il primo grande intreccio tra politica e affari in cui compare, nel nord del Paese, lo zampino della mafia. La storia è complessa e ancora oggi non svelata in tutte le sue pieghe, ma è semplice nella sua essenza: si era saldato un triangolo, tra imprenditori che puntavano a gestire le case da gioco, politici che concedevano gli appalti per la gestione, ma volevano qualcosa in cambio, e mafiosi che attorno ai casinò ronzano da sempre e che hanno ottimi argomenti, finanziari e non solo, per arrivare al controllo del business. Nella notte di giovedì 11 novembre 1983 polizia, carabinieri e guardia di finanza circondano e perquisiscono a tappeto i casinò di Sanremo, Campione d¹Italia, Saint Vincent e Venezia. Gli arrestati sono una quarantina. Il «blitz di San Martino», come verrà chiamato, convolge imprenditori, politici e boss mafiosi, e azzera due gruppi dirigenti locali, gli amministratori pubblici del Comune di Sanremo e della Valle d¹Aosta. Che cosa era successo, nei mesi precedenti? In Liguria si erano affrontati due gruppi, che puntavano a conquistare la gestione del casinò di Sanremo. Da una parte Michele Merlo, titolare della società Sit, che aveva stretto accordi con i democristiani Osvaldo Vento, sindaco di Sanremo, e Manfredo Manfredi, parlamentare d¹Imperia. Dall¹altra il conte Giorgio Borletti, ultimo rampollo della famiglia che a Milano aveva fondato la Rinascente, che era tornato dal Kenya, aveva fondato la società Flower¹s paradise e per battere Merlo e conquistare il casinò si era rivolto ai socialisti milanesi Antonio Natali e Cesare Bensi. Per vincere, sia Merlo, sia Borletti avevano messo mano al portafoglio. Erano state pagate o programmate tangenti per 4 miliardi («parte a Roma»: ma di questo non si è mai appurato niente). Dietro ciascuna delle due cordate, poi, si muovevano, nell¹ombra, altri personaggi: il finanziatore di Merlo, per esempio, era Ilario Legnaro, uomo legato ai clan catanesi di Nitto Santapaola e a Gaetano Corallo, che aveva già messo le mani sul casinò di Campione; quanto a Borletti, si era affidato a Lello Liguori, il re dei night, il padrone del Covo di Nord-Est di Santa Margherita, che gli aveva presentato alcuni «amici» come Angiolino Epaminonda detto il Tebano, Salvatore Enea detto Robertino e Giuseppe Bono. Il primo era il principe della «mala» a Milano, gli ultimi due erano i boss delle «famiglie» palermitane al Nord. Bella gara: da una parte la Sit, con democristiani e catanesi, dall¹altra la Flower¹s paradise, con socialisti e palermitani. Con queste formazioni, naturali i ricatti, le minacce, il doppio gioco, i tradimenti… Il sindaco Vento, interrogato dai magistrati dopo l¹arresto, spiega: nel partito, il metodo delle tangenti è stato accettato non soltanto «per motivi economici, ma anche politici», perché «chi non accettava il piano di corruzione di fatto si isolava», «il dissenso avrebbe significato una vera e propria emarginazione». In questo clima teso e confuso, si arriva alla gara, il 25 marzo 1983. I commissari nominati dai partiti aprono le due buste con le offerte di canone al Comune per la gestione del casinò di Sanremo. La Sit di Merlo offre 21 miliardi, la Flower¹s paradise di Borletti 18 miliardi e 900 milioni. Destinata a vincere, a suon di tangenti, era la Sit, ma evidentemente qualcuno all¹ultimo momento aveva fatto il furbo ed era passato dall¹altra parte: la commissione aveva stabilito che l¹offerta non poteva superare i 20 miliardi e 980 milioni, così la Sit è sconfitta perché, in questo gioco miliardario, sfora il tetto per 20 miseri milioni… Scoppia il finimondo. Tra i politici è tutto un accusarsi a vicenda. Tra le due imprese invece comincia la guerra delle carte bollate, con ricorsi in Giunta, al Tar, al Coreco, al Tribunale… È in questa baraonda che fa la sua comparsa sulla scena Claudio Scajola, sindaco di Imperia ed esponente autorevole della Dc provinciale. Il 20 maggio 1983 si reca, con il collega di Sanremo Osvaldo Vento, a un incontro segreto con Borletti, a Bourg Saint Pierre, in Svizzera. È Vento, che stava trattando con entrambi i contendenti, a chiedere a Borletti di poterlo incontrare, «in modo riservato», insieme a un altro politico, «in un clima di sospetto e di timore che potesse essere violata la segretezza», scrive il magistrato. Borletti accetta. L¹incontro avviene in un ristorante. Dopo il blitz di San Martino, il conte racconterà che «i due politici sostanzialmente gli comunicarono che subito dopo le elezioni avrebbe ottenuto la casa da gioco», ma «ad alcune condizioni»: la prima, che «la gestione fosse improntata a criteri di imparzialità nei confronti delle forze politiche e quindi senza etichette socialiste»; la seconda, che «venisse compiuto un ³gesto² che potesse controbilanciare l¹offerta fatta dal Merlo a favore degli sfrattati» (Merlo aveva offerto al Comune di Sanremo centinaia di milioni per dare un¹abitazione ad alcune famiglie restate senza casa); terzo, che venisse pagata una tangente di 50 milioni. Borletti riferisce subito tutto al suo avvocato Pier Giusto Jaeger e ad altre due persone (Lorenzo Acquarone e Sergio Carpinelli). Quando i magistrati di Milano cominciano a indagare sui casinò, Borletti racconta dell¹incontro e i tre confermano. Ecco allora che anche Scajola viene arrestato. Nella loro requisitoria, i pubblici ministeri Corrado Carnevali e Marco Maiga scrivono: «Sono stati raccolti elementi sufficienti per giustificare e imporre il rinvio a giudizio dei due prevenuti (cioè Vento e Scajola, ndr). A loro carico vi sono le dichiarazioni precise e dettagliate della parte offesa (Borletti, ndr), inequivoche nella loro portata accusatoria; le stesse dichiarazioni hanno trovato conferma in numerose testimonianze (Lorenzo Acquarone, Sergio Carpinelli, Pier Giusto Jaeger)». E ancora: «Benché l¹imputato Scajola abbia recisamente respinto l¹addebito, sostenendo che la richiesta oggetto di contestazione non venne mai avanzata nel corso della conversazione, (…) le sostanziali ammissioni sul punto del Vento (…) devono debbono ritenersi determinanti in ordine all¹effettiva sussistenza del reato, di cui sono presenti gli elementi costitutivi tutti. La presenza dello Scajola nel particolare contesto, (…) l¹avere il Borletti, nelle confidenze effettuate ai testi di cui sopra si è detto, riferito l¹indebita richiesta a lui avanzata ad entrambi i pubblici amministratori presenti nell¹occorso, devono essere ritenute circostanze sufficienti perché lo stesso Scajola sia chiamato a rispondere del reato a titolo di concorso morale nel medesimo». Il giudice istruttore Paolo Arbasino, ricevute le richieste del pubblico ministero, non ritiene invece che gli elementi a carico di Scajola siano sufficienti per un rinvio a giudizio e il 31 gennaio 1989 lo proscioglie. Scajola aveva spiegato di essere andato all¹incontro con Borletti, ma soltanto per capire la situazione, che era alquanto confusa. Aveva confermato di aver posto il problema della «gestione imparziale» (cioè non filo-socialista) del casinò, ma aveva ribadito di non aver chiesto, né sentito chiedere, alcuna tangente. Per la cronaca: la guerra per il casinò di Sanremo finisce con un accordo tra le due cordate che prevede il ritiro di Borletti, in cambio di 1 miliardo e 900 milioni subito, più 4 miliardi in seguito, a grosse rate mensili. Il processo per lo scandalo dei casinò termina invece con molte condanne definitive, che confermano nella sostanza l¹impianto accusatorio. E Claudio Scajola? Ritorna subito a fare politica. Torna a sedere sulla poltrona di sindaco nel 1990, sempre sotto le bandiere della sua Dc. Nel 1995 ci riprova, ma intanto la Dc si è dissolta in cento rivoli. Mette in piedi una lista fai-da-te, «Amministrare Imperia», che si scontra con una lista dell¹Ulivo e una del Polo. Nella foga della campagna elettorale, degli avversari di Forza Italia e An dice: «Sono soltanto dei fascisti». Vince il centrosinistra. Ma l¹anno dopo, nell¹aprile 1996, mostra di essersi ricreduto: si candida alla Camera per Forza Italia e viene eletto. Amministratore tenace, organizzatore efficiente, democristiano a 24 carati, si fa subito notare da Silvio Berlusconi, che gli affida un compito impegnativo: costruire il partito. Nominato coordinatore nazionale di Forza Italia, lavora sodo. Trasforma il «partito di plastica» in un partito vero. Come premio, Berlusconi gli affida il più delicato dei ministeri, quello dell¹Interno: con Scajola, al Viminale torna un democristiano doc, uno della tempra dei Taviani, Scelba, Restivo… Scajola, per i suoi trascorsi è, effettivamente, un esperto del ramo. A Genova, però, non lo dimostra: responsabile dell’ordine pubblico al G8, sbaglia tutto.
Sodano, Calogero
Senatore della Repubblica. Eletto ad Agrigento. Membro del Ccd, è stato sindaco di Agrigento. Nell’aprile 2001 ha subito una condanna in primo grado a 1 anno e mezzo di reclusione per avere permesso l’abusivismo edilizio in cambio di vantaggi elettorali. Con Sodano sono stati condannati a un anno di reclusione anche alcuni suoi ex assessori. Gli imputati, secondo l’accusa, non avrebbero posto in essere né provvedimenti né iniziative per bloccare l’abusivismo edilizio tra il 1991 e il 1998, non solo nella Valle dei Templi, ma in tutta la città.
Verdini, Denis
Deputato della Repubblica. Eletto nel proporzionale, a Firenze, nelle liste di Forza Italia. A Firenze lo chiamano il Berlusconi della Toscana. Presidente della banca Credito cooperativo fiorentino, dopo un’ispezione della Banca d’Italia nel suo istituto, è stato indagato per falso in bilancio. È editore del Giornale della Toscana e possiede quote del Foglio di Giuliano Ferrara. Il pubblico ministero di Firenze ha chiesto per Verdini anche un rinvio a giudizio per violenza sessuale: sarebbe saltato addosso, nel suo ufficio, a una signora che andava a chiedergli di ottenere un prestito dalla sua banca.
Verro, Antonio
Deputato della Repubblica. Eletto in Lombardia, nel collegio di Cremona. Esponente di Comunione e liberazione, vicino alla Compagnia delle opere. E’ stato candidato dopo essere stato coinvolto nell’inchiesta giudiziaria sulla cascina San Bernardo di Milano. Da assessore al Comune di Milano, insieme al collega Maurizio Lupi, aveva fatto approvare una concessione per far diventare la cascina un centro polivalente con finalità sociali. Poi, con un repentino cambio di marcia, la cascina era stata trasformata in una struttura sanitaria privata da 20 posti, naturalmente affidata agli amici della Compagnia delle opere. Subito dopo l’elezione alla Camera, come prevedibile, è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio per truffa e falso.
Vito, Alfredo
Deputato della Repubblica. Eletto in Campania. Noto ai bei tempi della Prima Repubblica come “Mister centomila preferenze” della Democrazia cristiana, ora è parlamentare della Casa delle libertà. Ex impiegato dell’Enel, si buttò in politica, nella Dc, con grande impegno. Si dice che nel suo ufficio elettorale riuscisse a ricevere più di 200 persone al giorno. Il soprannome se lo guadagnò con i risultati elettorali conseguiti nel 1985, 1987 e 1992: fu eletto prima al Consiglio regionale della Campania (con 120 mila voti), poi alla Camera dei deputati (con 160 mila voti) e infine di nuovo al Parlamento (con 104 mila preferenze). Poi arrivò Mani pulite: fu indagato, arrestato e processato per tangenti. La Direzione distrettuale antimafia di Napoli chiese al Parlamento l’autorizzazione a procedere contro di lui anche per concorso esterno in associazione a delinquere di tipo mafioso, sospettando suoi rapporti con la Camorra. Alfredo Vito indossò allora il saio del pentimento: “Torno alla mia famiglia; con la politica ho chiuso”. Scrisse: “Lascio il mio vecchio partito, la Dc, e invito tutti i parlamentari inquisiti a seguire il mio esempio: fatevi da parte, perché solo così si potrà procedere al rinnovamento dei partiti e della classe politica”. Patteggiò una condanna e restituì più di 4 miliardi di lire. Sono stati impiegati per costruire un parco pubblico alla periferia di Napoli, ribattezzato dalla fantasia popolare “Parco Mazzetta”. Ma non ha mantenuto la promessa di stare lontano dalla politica: ha riallacciato i contatti di un tempo, ha riaperto un ufficio a Roma ed è tornato alla carica con la Nuova democrazia cristiana (fondata nel 2000 insieme con Flaminio Piccoli). Nel 2001 è stato accolto a braccia aperte nella Casa delle libertà, che lo ha portato in Parlamento.
Vizzini, Carlo
Senatore della Repubblica. Eletto in Sicilia. Palermitano, ex segretario del Psdi, cinque volte deputato (la prima a soli 28 anni), tre volte ministro, è stato responsabile tra l’altro del dicastero delle Poste e di quello della Marina. Nel 1993 è rimasto coinvolto nello scandalo Enimont con l’accusa di aver ricevuto un finanziamento illecito di 300 milioni. Condannato in primo grado, in appello strappa una prescrizione. Fu assolto dal Tribunale dei ministri anche dall’accusa di aver ricevuto mazzette mentre era al ministero delle Poste. Giovanni Brusca ha incluso il suo nome nella lista di politici che la mafia voleva far fuori dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio. Nel giugno del 1999 Vizzini, amico di Silvio Berlusconi e di Marcello Dell’Utri, è entrato nel Consiglio di presidenza di Forza Italia. Nel 2001 ha vinto il confronto elettorale nel collegio senatoriale di Palermo centro.
CHE RAPPORTI HA ED AVRÀ UN TALE GOVERNO CON L’EUROPA?
Le premesse non sono state delle migliori. Tutti i più prestigiosi leader europei ponevano delle riserve sul nome di Berlusconi (non fosse altro per evitare questo cattivo esempio di uno squalo dell’economia e della finanza che entra in politica). Tutti i giornali europei, ma anche USA, hanno criticato aspramente questo pregiudicato che si candidava al governo di uno dei Paesi dell’Unione Europea.
Vinte le elezioni e dovendo convivere si è fatto buon viso a cattiva sorte.
Ma le cose sono cominciate male per un personaggio che non solo non conosce la politica ma è un gaffeur tra i più eccellenti del mondo.
Nella sua prima uscita internazionale, smentendo una posizione comune della UE, ha sostenuto il rifiuto di Kyoto da parte di Bush e con questo creando vari risentimenti.
In occasione della tragedia del G8 ha operato un altro strappo clamoroso con la UE: ha appoggiato il ,piano Bush di scudo spaziale (bocciato all’unanimità da tutti i Paesi della UE).
Altre brutte figure sono venute con il Ministro del tesoro, Tremonti, quando ha annunciato il fantomatico buco di bilancio. Il governo di Bruxelles ha fatto sapere che, nonostante tenesse d’occhio tutti i Paesi europei e particolarmente l’Italia, ad esso non risultava tale buco. Tremonti ha spiegato a Bruxelles che era un problema di lettura di cifre. Bruxelles si è tranquillizzata ma il gesto di Tremonti, per mera politica interna, ha danneggiato l’immagine intertnazionale del nostro Paese.
Non è fantapolitica immaginare un futuro sempre più carico di nubi sull’Italia.
Oggi siamo in piena estate e i cittadini sono distratti. A settembre, con la ripresa della vita civile, quando si abbatteranno sugli italiani licenziamenti, precarizzazioni, tagli sulle pensioni, nessuna concertazione con il sindacato,…non è difficiloe prevedere un autunno ed oltre di dure lotte nel nostro Paese. Lotte che da molti anni non vi erano più proprio per avere instaurato quel metodo di concertazione di ogni provvedimento con i sindacati, metodo che ora è stato denunciato unilateralmente dal governo sotto la spinta della Confindustria.
In Italia il sindacato è molto radicato ed è estremamente forte. Fu all’origine della caduta del primo governo Berlusconi nel 1994. Quando questi provò a toccare il sistema pensionistico, vi fu una manifestazione che portò in piazza oltre 3 milioni di poersone. Due giorni dopo Berlusconi doveva dimettersi.
Una delle ipotesi che si fa e non peregrina è che i fatti di Genova rappresentino una specie di prova generale dell’uso della polizia inmanifestazioni di piazza. Berlusconi, che resta ignorante della storia d’Italia, non sa che se c’è un Paese dove la piazza può far cadere tutti i governi è proprio l’Italia.
Noi generalmente sopportiamo molto. Forse troppo. Ma poi i nostri dittatori li appendiamo, come Mussolini, a Piazzale Loreto.
[ringrazio per l’insostituibile apporto: http://www.societacivile.it che ha fornito la gran parte delle documentazioni e dei materiali]
***
Riporto di seguito l’elenco dei processi che hanno visto e vedono ancora coinvolto Silvio Berlusconi.
1)Falsa testimonianza sulla P2
La Corte d’appello di Venezia, nel 1990, dichiara Berlusconi colpevole di aver giurato il falso davanti ai giudici a proposito della sua iscrizione alla P2 ma dichiara il reato coperto dall’amnistia del 1989.
2)Tangenti alla Guardia di finanza (corruzione)
I GRADO: condannato a 2 anni e 9 mesi per tutte e quattro le tangenti contestate (niente attenuanti generiche).
APPELLO: prescrizione per 3 tangenti (grazie alle attenuanti generiche), assoluzione con formula dubitativa (comma 2 art. 530 Codice di procedura penale) per la quarta.
3)All lberian-1 (finanziamento illecito ai partiti).
I GRADO: condannato a 2 anni e 4 mesi per 21 miliardi a Craxi.
APPELLO, prescrizione del reato.
CASSAZIONE: prescrizione del reato (idem come in Appello).
4)All lberian-2 (falso in bilancio)
Berlusconi rinviato a giudizio: dibattimento in corso al Tribunale di Milano.
5)Medusa cinematografica
I GRADO: condannato a 1 anno e 4 mesi (falso in bilancio per 10 miliardi non dichiarati nell’acquisto della casa produttrice).
APPELLO: prescrizione del reato (attenuanti generiche). Terreni di Macherio (frode fiscale).
6)Terreni di Macherio (frode fiscale)
I GRADO: in parte assolto e in parte dichiarato prescritto, per varie irregolarità fiscali nell’acquisto dei terreni intorno alla sua villa.
APPELLO: confermata l’assoluzione-prescrizione, Lodo Mondadori (corruzione in atti giudiziari).
7) Lodo Mondadori (corruzione in atti giudiziari)
Archiviato con formula dubitativa (comma 2 art. 530) dal Gup. La Procura ha fatto ricorso alla Corte d’appello, che ora dovrà decidere se confermare l’archiviazione o disporre il rinvio a giudizio di Berlusconi, Previti, Squillante & C.
8)Sme-Ariosto (corruzione in atti giudiziari)
Berlusconi rinviato a giudizio con Previti, Squillante & C.: processo in corso al Tribunale di Milano.
9)Caso Lentini (falso in bilancio)
Berlusconi rinviato a giudizio: dibattimento, in corso al Tribunale di Milano, per 6 miliardi versati in nero dal Milan al Torino calcio per l’acquisto di Lentini.
10)Consolidato gruppo Fininvest (falso in bilancio)
Richiesta di rinvio a giudizio della Procura che contesta quasi 1000 miliardi di fondi neri, per lo più su società estere del gruppo.
11)Spartizione pubblicitaria (concussione)
Richiesta di archiviazione della Procura di Roma accolta dal Gup, per l’accusa di aver tentato – quando Berlusconi era presidente del Consiglio – di indurre la Rai a concordare con Fininvest i tetti pubblicitari, per ammorbidire la concorrenza.
12)Tangenti fiscali (corruzione)
Richiesta di archiviazione della Procura di Roma accolta dal Gup per l’accusa di aver pagato delle tangenti a dirigenti e funzionari del ministero delle Finanze per ridurre l’Iva dal 19 al 4% sulle pay tv e per ottenere rimborsi di favore.
13)Mafia e bombe (concorso in strage)
Indagini preliminari a Caltanissetta (ma anche a Palermo e Firenze) su Berlusconi e Dell’Utri, indicati da alcuni pentiti come collegati ai mandanti «a volto coperto» delle stragi del ’92 e del ’93. A Caltanissetta nel dicembre 2000, la Procura ha chiesto l’archiviazione Si attende il verdetto del Gup.
14)Telecinco (frode fiscale)
Berlusconi, Dell’Utri e altri manager, accusati di frode fiscale per 100 miliardi e violazione della legge antitrust spagnola per l’emittente Telecinco, sono in attesa di giudizio dopo l’inchiesta del giudice istruttore anticorruzione di Madrid, Baltasar Garzón Reàl.
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ATTENZIONE!!!: da quando avevo scritto queste note ad oggi (fine 2003), Berlusconi si è fatto leggi al fine di levarsi di dosso i processi (depenalizzazione del falso in bilancio, legalizzazione dell’esportazione illecita di capitali, legge bloccaprocessi o Cirami, legge di blocco dei processi per le 5 più alte cariche dello Stato o lodo Schifani. Sta ora procedendo ad estendere il suo impero con la legge sull’emittenza TV o legge Gasparri. Restano in piedi solo i processi SME e Telecinco.
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E VEDIAMO ORA IN COSA CONSISTE L’IMPERO DI BERLUSCONI
La ragnatela e gli incroci delle società (“Il Sole 24 Ore”-13/5/2001)
Le attività imprenditoriali che fanno capo a Silvio Berlusconi spaziano in molteplici campi.
Dal settore edilizio degli esordi, ancora attivo, fino alle ultime incursioni in Internet, l’impero Fininvest assomiglia sempre più a una conglomerata internazionale.
Ecco in rapida sintesi un elenco delle imprese, con i relativi bilanci e per quelle quotate in Borsa anche i grafici dell’andamento dell’ultimo anno. Capogruppo: Fininvest Holding è la scatola che controlla tutti rami d’azienda e conta un totale di 20.500 dipendenti.
Il fatturato consolidato dell’intero gruppo è stato di 7.661 miliardi (ultimo dato ufficiale del 1999) con un utile netto di 271 miliardi, mentre nel ’98 i profitti si erano attestati a 31 miliardi.
Il cash flow (risultato netto più ammortamenti e svalutazioni) è salito a 2.378 miliardi contro i 1.999 dell’anno precedente (più 19%).
Area Televisioni e Tlc: le televisioni, accanto alle attività nel campo dell’editoria e dei servizi finanziari, costituiscono l’attività core, i tre “gioielli di famiglia”.
Il Gruppo Mediaset, guidato da Fedele Confalonieri, raccoglie tutte le società che operano nelle trasmissioni televisive.
Mediaset si articola in una serie di società, a ciascuna delle quali corrisponde uno specifico settore di competenza: alla RTI (di cui è presidente Piersilvio Berlusconi) fanno capo le tre reti Canale 5, Italia 1 e Retequattro mentre ad altre aziende satellite sono affidati i servizi complementari.
La pubblicità è raccolta e amministrata da Publitalia 80, Videotime si occupa della produzione dei programmi, Mediatrade della commercializzazione dei prodotti tv mentre l’ultima nata Mediadigit si occupa dei new media.
Per gli impianti, invece, è stata creata un’azienda ad hoc l’Elettronica Industriale.
Il gruppo è presente anche all’estero con Telecinco e Publiespana (la consorella di Publitalia) entrambe partecipate al 40%.
Mediaset, inoltre, ha diversificato la sua attività anche alle telecomunicazioni: ha una quota del 9% in Blu, il quarto operatore di telefonia mobile, che è però in via di dismissione.
Nei giorni scorsi infatti è stata affidato il compito ad alcune banche d’affari di trovare un compratore.
Più consistente la presenza in Albacom (19,5%) operatore di telefonia fissa per le aziende.
Mediaset spa è la gallina dalle uova d’oro del gruppo: il 2000 è stato un anno record per la società che ha chiuso il bilancio con un utile netto di 819 miliardi (contro i 656 dell’anno precedente), mentre il fatturato si è attestato a 4.514 miliardi.
Dal luglio 1996 Mediaset è quotata alla Borsa di Milano nel listino del Mib30.
La società fa capo per il 48,29% alla capogruppo Fininvest, mentre il restante è suddiviso tra una serie di investitori minori (tra cui Canal Plus, British Telecom e Potnam).
Area Cinema e Intrattenimento:
Medusa Film spa ha il controllo delle società (Cinema 5 re Medusa Video) attive nel settore della produzione e della distribuzione di prodotti cinematografici, nell’home video e nella gestione dei multisala.
Medusa film è sorta nel 1995.
Nella stagione 2000-2001 Medusa ha conquistato la leadership del mercato con una quota del 23%, mentre il bilancio presenterà un utile consolidato di 12,8 miliardi su 270 di fatturato.
Nel 1999 Medusa ha raggiunto il break even point (pareggio di bilancio), mentre lo scorso anno i ricavi sono saliti dell’11,9% a 4.230 miliardi.
L’utile prima delle imposte al netto delle competenze è cresciuto a 427 miliardi.
Sempre nel settore dell’intrattenimento domestico è nata Blockbuster, filiale italiana dell’azienda statunitense che noleggia e vende videocassette.
La società è una joint-venture tra Fininvest (che ne detiene la maggioranza con il 51%) e la casa madre americana.
Attualmente i negozi Blockbuster sono 170.
Recentemente Medusa è entrata nella produzione di cartoni animati, grazie all’acquisizione della società Lanterna Magica.
Nel settore dell’intrattenimento Fininvest conta anche la proprietà del Teatro Manzoni di Milano.
Area Editoria e Internet:
Il Gruppo Mondadori è una delle maggiori società editrici italiane e tra le prime in Europa.
Insieme a Mediaset l’editoria è l’altra gamba portante del settore media.
L’attività è divisa in sei aree: i libri (circa 200 collane), i periodici e newsmagazine ( tra cui Panorama e Tv Sorrisi e Canzoni), Printing e Direct Marketing.
Vi sono poi i due spin-off dedicati alle nuove tecnologie (Mondadori Informatica e Mondadori.com).
L’ultimo bilancio (quello dell’anno 2000) ha visto i ricavi crescere del 9% salendo a quota 2.870 miliardi.
Il risultato operativo è cresciuto a 310 miliardi (più 21,6%), mentre l’utile netto è stato di 137 miliardi.
Mondadori è quotata alla Borsa di Milano nel listino del Mibtel.
In concomitanza con il boom della new economy, è stata creata una società dedicata alle nuove tecnologie, la New Media Investment che controlla il portale Jumpy e Yond (società che sviluppa siti web).
Area Sport:
Alla Fininvest fa capo pure la squadra di calcio AC Milan acquisita da Berlusconi, che riveste tuttora la carica di presidente, nel 1986.
Accanto alla società sportiva sono sorte altre attività imprenditoriali legate al merchandising e all’intrattenimento (come il canale televisivo Milan Channel e alcune pubblicazioni specializzate).
La società è passata in attivo dopo la perdita di circa 20 miliardi della stagione precedente.
Area Finanziaria:
Il Gruppo Berlusconi controlla pariteticamente al Gruppo Doris la Banca Mediolanum, istituto specializzato nella distribuzione di prodotti assicurativi e nel risparmio gestito.
Lo scorso anno l’utile netto della società è stato di 224 miliardi (in crescita del 31% rispetto al ’99), a fronte di un patrimonio netto amministrato di 34 mila miliardi (salito del 38%).
Lo scorso anno Mediolanum è entrata nel capitale di Mediobanca, acquisendo una quota del 2,15% mentre l’istituto guidato da Vincenzo Maranghi a sua volta ha acquisito il 2% della banca.
Mediolanum è quotata dal giugno 1996 alla Borsa di Milano nel listino del Mib30.
Altre attività:
Oltre alle attività core sopra citate, altri asset compongono il puzzle della galassia.
Nel settore delle directories (cataloghi telefonici e e database) fa capo alla Fininvest Pagine Italia, la società che edita le Pagine Utili, concorrenti delle Pagine Gialle (gestite dalla Seat di Lorenzo Pellicioli).
Pecora nera della “famiglia”, la società è l’unica in rosso del gruppo.
Negli ultimi anni, comunque, è stata avviata una cura dimagrante per riportare in nero i conti: lo scorso anno le perdite sono calate di circa il 28%.
Fininvest controlla anche Edilnord 2000, società edilizia (tra le realizzazioni Milano2, Milano3, il Girasole) e rete immobiliare in franchising. La Edilnord, valore stimato 200 miliardi, è stata recentemente venduta a Tronchetti Provera per 400 miliardi. Occorreva che questo altro squalo dell’economia italiana ripagasse Berlusconi dei grossi affari che quest’ultimo gli ha permesso di realizzare con l’acquisizione di Telecom.
Potete vedere l’organigramma del gruppo Berlusconi assieme all’articolo di cui sopra al seguente sito: http://www.acidlife.com/~tyler/napoloni.html
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Il pdf che propongo di seguito è un estratto da Elio Veltri, Marco Travaglio – L’odore dei soldi – Editori Riuniti, 2001. Si tratta di quel libro sul quale Marco Travaglio fu invitato a discutere da Luttazzi nel suo programma televisivo. A seguito dell’intervista i due furono esclusi dalla TV del successivo governo Berlusconi. Inoltre lo stesso Berlusconi querelò, chiedendo svariati miliardi di lire, Marco Travaglio. E’ recente la completa assoluzione di Travaglio con la conseguenza che …
Ed ora leggi l’estratto de L’odore dei soldi.
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Per vedere con maggiori dettagli le ultime imprese del “mafioso di Arcore” (definizione dell’alleato Bossi) vai a www.fisicamente.net/index-977.htm.
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