LA MULTINAZIONALE PEDOFILA

Di seguito riporto vari episodi relativi ai soli due ultimi anni che vedono coinvolti preti e gerarchie pedofile o omertose. Le notizie provengono tutte dal meritorio lavoro di un sito di credenti stimabilissimi e coraggiosissimi http://www.ildialogo.org/Ratzinger/pedofiliachiese.htm# .

Non ci vuole troppo a capire la gravità delle cose che qui risultano (e si tratta solo di quelle poche di cui si viene a conoscenza a volte anche per il pudore delle piccole vittime e/o delle famiglie). La vicenda è vergognosamente estesa ai Paesi dove allignano le gerarchie di Roma. Da parte delle massime autorità non si fa nulla, anzi si copre il tutto.

Questa gente è quella che vorrebbe spiegarci la morale e l’etica. E’ quella che sputa veleno contro PACS ed ogni altra organizzazione della vita civile.

Speriamo che qualcuno capisca con quali perversioni si ha a che fare.

Avverto che altre notizie, precedenti a queste, si possono trovare, sempre in Fisicamente, nell’articolo Lasciate che i pargoli vengano a me.


Il mea culpa dei vescovi sudafricani

Tratto da Nigrizia

di Cardinale Wilfrid Napier [*]

La chiesa cattolica conferma le ripetute accuse di abusi sessuali compiuti da preti, suore e personale ecclesiale nel paese africano. Il Cardinale Wilfrid Napier, presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici Sudafricani, in un documento pubblicato il 29 giugno dal Sunday Times – il settimanale più diffuso in Sudafrica – assicura l’impegno della chiesa a collaborare con la giustizia.

I recenti rapporti di abusi sessuali da parte di preti cattolici hanno provocato un diffuso dibattito causando parecchio disturbo e confusione per molte persone.
Pertanto accogliamo con piacere l’opportunità, offertaci dal Sunday Times di puntualizzare ai suoi lettori e ai fedeli, il punto di vista e la politica della Chiesa Cattolica riguardo all’abuso sessuale perpetrato da preti, suore, fratelli e da collaboratori ecclesiali (insegnanti, catechisti ecc).

Innanzitutto vogliamo affermare in termini inequivocabili che l’abuso sessuale commesso da chiunque, ma specialmente da personale ecclesiale, va condannato come un male morale e dev’essere trattato come un crimine aberrante.

Ammettiamo che atti di degenerazione sessuale sono stati commessi da preti, uomini e donne consacrati, e collaboratori ecclesiali. Consapevoli dell’enorme danno che un tale comportamento causa agli innocenti, in particolare a ragazzi e ragazze affettuosi e fiduciosi, noi, Chiesa Cattolica del Sudafrica, ci scusiamo sinceramente con le vittime, le loro famiglie, le loro parrocchie e le loro comunità.

Accettiamo il nostro obbligo morale di fare qualsiasi cosa in nostro potere per continuare a sostenere le vittime e i sopravvissuti con la necessaria terapia psicologica e il necessario supporto spirituale. Intendiamo garantire che le persone responsabili di gravi abusi sessuali, in particolare nel caso di abusi su bambini, non abbiano mai più la possibilità di esercitare un ministero ecclesiale che dia loro accesso a potenziali vittime.

Consideriamo nostro dovere suggerire alle vittime di abusi sessuali, o ai loro genitori o tutori di minori, di riferire alle autorità civili il crimine compiuto contro di loro da personale ecclesiale. Studieremo con i commissariati provinciali di polizia i termini più efficaci per facilitare il rapporto, magari nominando esperti coordinatori di polizia i cui nomi ed estremi siano resi disponibili in ogni diocesi e parrocchia per essere contattati.
Nel caso di abuso su bambini, la materia sarà riferita alla Commissione per la Tutela dei Minori nella locale Corte di Giustizia.

Sappiamo per esperienza che non è sempre facile convincere una vittima di abuso sessuale a riferire l’accaduto quando questa non vuole farlo. Abbastanza spesso è il genitore che si rifiuta di riferirlo, temendo che questo possa esporre sua figlia o suo figlio ad un’altra esperienza dolorosa, dopo aver subito il trauma della violenza sessuale.

Anche se siamo vicini a questi genitori e comprendiamo la loro riluttanza a fare il proprio dovere con la legge, incoraggiamo caldamente le vittime o i loro tutori o genitori a denunciare l’abuso alle autorità pubbliche competenti, allo scopo di proteggere altre possibili vittime. Se i genitori o tutori di un minore non riferiscono l’accaduto, sarà la Chiesa ad assolvere il suo obbligo morale di farlo.

Come abbiamo già dichiarato in una pubblica affermazione il 23 Maggio, ribadiamo che la Chiesa non si considera al di sopra della legge, ma ha un sistema interno non differente nella sua funzione e nei suoi scopi da quelli adottati da organizzazioni professionali, compagnie private, nonché dagli organi di Governo.

Né la procedura interna della Chiesa è un sistema di giustizia parallelo a quello dello Stato. La sua funzione è esclusivamente disciplinare e amministrativa, ed è governata dal Codice di Legge Canonica.
La procedura esistente è stata evidenziata in alcuni documenti ufficiali, particolarmente nel Protocollo per il Personale Ecclesiale riguardo all’Abuso Sessuale su Bambini (1999) e nel Protocollo per il Personale Ecclesiale riguardo all’Abuso Sessuale tra Adulti, approvato dai Vescovi nell’Agosto 2002. Questi documenti sono disponibili nell’ufficio vescovile di ogni diocesi.

Vogliamo qui sottolineare i passi principali della nostra procedura interna.

a) la vittima dovrebbe riferire dell’abuso, direttamente o tramite una persona di fiducia, al prete, religioso o collaboratore ecclesiale appositamente nominato dal Vescovo in ogni diocesi del Sudafrica (i nomi di queste persone saranno disponibili in ogni parrocchia).

b) Una volta in possesso di informazioni rilevanti, la persona scelta discuterà il rapporto con il delegato del Vescovo (ci sono quattro delegati nominati dal Vescovo nelle quattro province di Bloemfontein, Capetown, Durban e Pretoria).

c) Il delegato del Vescovo convocherà prontamente un incontro del Comitato di Condotta Professionale Provinciale (una squadra composta da preti e religiosi, un terapeuta professionale, un assistente sociale, un avvocato civile e un incaricato dei rapporti con i media).

d) Dopo aver informato l’accusato che nei suoi confronti è stata elevata una denuncia, il comitato provinciale avvierà un processo formale di accertamento.

e) Due funzionari saranno nominati per interrogare la vittima, l’accusato e i testimoni.

f) Dopo l’accertamento, i funzionari forniranno un rapporto scritto con le loro osservazioni al Comitato Provinciale.

g) Quest’ultimo dopo aver esaminato il rapporto fornirà le proprie considerazioni all’autorità ecclesiale, che dovrà prendere gli appropriati provvedimenti nei confronti di chi ha commesso l’abuso.

Il processo è lungo ed è stato pensato in modo tale da rispettare i diritti delle persone coinvolte. Ha un doppio obiettivo: garantire giustizia alla vittima e riabilitare il colpevole.

La procedura disciplinare interna della Chiesa sarà sospesa quando lo Stato comincia ad occuparsi del caso. Una volta che il corso della giustizia criminale è stato completato, la Chiesa deve ancora seguire il proprio protocollo. Quando una persona colpevole di abuso sessuale ha scontato la propria condanna in carcere, è dovere della Chiesa decidere se e a quali condizioni questa persona possa essere reintegrata alle sue funzioni ecclesiali con la dovuta sicurezza.

Le stesse procedure disciplinari interne devono essere applicate nei casi in cui vi sia evidenza, sufficiente per obiettivi amministrativi, che una persona è colpevole di abuso sessuale anche se tale persona è stata assolta dal sistema giudiziario del paese.

In quanto Chiesa siamo consapevoli che l’aver messo a punto procedure e politiche sane è soltanto il primo passo teso ad assicurare che i diritti delle persone siano rispettati e che gli abusi sessuali da parte di personale ecclesiale siano trattati con la necessaria severità e prontezza. Le strutture del protocollo ecclesiale sono aperte ad aggiornamenti e revisioni alla luce dell’esperienza, di nuove conoscenze o di nuove leggi.

Consapevole del pericolo che personale ecclesiale colpevole di abusi sessuali possa essere trasferito da una diocesi all’altra senza che il Vescovo che lo accoglie ne sia a conoscenza, il Comitato di Condotta Professionale, a livello nazionale, è stato investito del compito di raccogliere dati riguardanti li abusi sessuali nella Chiesa.

Inoltre i Vescovi Cattolici del Sudafrica stanno preparando una Lettera Pastorale che esaminerà in termini più dettagliati quello che in questa sede abbiamo brevemente delineato. La lettera si occuperà del problema dell’abuso sessuale commesso da preti, religiosi e collaboratori ecclesiali, ma anche della sua grande diffusione nella società in genere, e chiamerà ogni cattolico a cooperare concretamente per sfidare la mentalità di omertà che ancora circonda i crimini e le trasgressioni sessuali.

Questo è un tempo in cui la Chiesa deve trovare il coraggio di parlare e agire. Continueremo a fare tutto quel che possiamo per proteggere gli innocenti dagli abusi. Faremo tutto il possibile per far sì che coloro che hanno subito un abuso sessuale non siano condannati a soffrire in silenzio la colpa e la vergogna inevitabilmente inflitti loro.

Note

[*]Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici Sudafricani
Mercoledì, 16 luglio 2003


Arrestato per pedofilia un sacerdote a

 Bolzano

Avrebbe compiuto abusi sessuali per 5 anni su una bambina oggi maggiorenne che ha denunciato il religioso dopo una cura psicanalitica

BOLZANO – Don Giorgio Carli, 40 anni, sacerdote della parrocchia Don Bosco a Bolzano è stato arrestato il 14 luglio scorso con l’accusa di atti sessuali contro minori. E non si tratta di un prete qualunque. A Bolzano Don Giorgio è molto noto perchè cura una rubrica quotidiana mattutina sull’emittente Radio Sacra Famiglia. Egli è inoltre impegnato ad organizzare spettacoli e attività che coinvolgono il mondo giovanile.
Da poco la Curia lo aveva destinato a una nuova parrocchia, dove avrebbe dovuto occuparsi di bambini tra i 9 e i 12 anni. Ed è per tale motivo, per impedire cioè il ripetersi del reato, che il pm Cuno Tarfusser ha chiesto al Gip l’ordinanza di custodia cautelare.

La vicenda ha preso le mosse dalla denuncia di una ragazza oggi maggiorenne, che ha querelato Don Giorgio Carli dopo una cura psicanalitica “che avrebbero rimosso i blocchi psicologici che le impedivano di ricordare compiutamente i fatti accaduti nella sua infanzia”.

I magistrati sono stati impegnati nell’inchiesta per mesi, e ora, dopo l’arresto, stanno interrogando tutti i testimoni.

La vicenda degli abusi di don Giorgio Galli nasce in un ambiente ecclesiastico caratterizzato da forte sessuofobia. Ricordiamo che alcuni mesi fa proprio la curia Vescovile di Bolzano si era decisamente schierata contro il registro delle unioni di fatto. La repressione della sessualità porta inevitabilmente a fenomeni di violenza di cui sono sempre più spesso vittime i bambini e le bambine. Anche questo caso, infine, mette bene in evidenza come la pedofilia non possa essere associata con l’omosessualità ma anzi essa nasce nell’ambito di ambienti sessuofobici e repressivi.


Mercoledì, 16 luglio 2003


Abusi sessuali.
La Polonia non fa eccezione

Da Adista

Tylawa-Adista. Abusi sessuali. La Polonia non fa eccezione. Padre Michal Moskwa, parroco sessantaquattrenne di Tylawa, un piccolo villaggio della Polonia meridionale, affronterà quest’autunno un processo nel quale dovrà difendersi dall’accusa di aver abusato sessualmente di sei bambine. Il dibattimento rappresenta l’atto conclusivo di un’inchiesta cominciata nel luglio del 2001 e avvalsasi di varie testimonianze, fra le quali particolare rilievo assume quella di Ewa Orlowska, madre di due delle presunte vittime ed essa stessa un tempo molestata dal parroco. Orlowska sostiene di aver dovuto sopportare le attenzioni di Moskwa dai 7 agli 11 anni, evitando in seguito di rivelare il tutto per paura di non essere creduta e di venire ostracizzata dalla comunità. Solo quando alcuni osservatori esterni arrivarono a Tylawa per documentare le accuse rivolte al parroco si sarebbe sentita in grado di uscire allo scoperto. Quello di Moskwa è il primo caso, in Polonia, in cui il velo di omertà e di paura è stato sollevato per far luce su un crimine sessuale commesso da un uomo di Chiesa. Dopo di esso, altri religiosi sono stati denunciati e chiamati a rendere conto della loro condotta, ma per lungo tempo è stato pressoché impossibile, nel cattolicissimo Paese che ha dato i natali a Karol Wojtyla, porre all’attenzione dell’opinione pubblica un problema così scottante. La Chiesa polacca, del resto, ha sempre mantenuto il più stretto riserbo in merito a simili accuse, evitando di pronunciarsi ufficialmente anche dopo le dimissioni, nel marzo 2002, dell’arcivescovo Juliusz Paetz, grande amico di Giovanni Paolo II ed egli stesso accusato di avances sessuali nei confronti di alcuni giovani seminaristi.


Mercoledì, 08 ottobre 2003


Contro i preti di Boston

Droga, sesso e violenze: le prove sui religiosi pedofili. Il documento mina la fiducia, crollano le offerte alla Chiesa

dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI

WASHINGTON – Tremila pagine di vergogne indicibili, un “faldone” processuale pesante come una macina da mulino appesa al collo della cattolicissima Boston, della sua diocesi, della Chiesa americana tutta che tenta di non affogare nella bancarotta finanziaria, e soprattutto morale, nella quale si è trascinata.
Sarebbe facile chiamare il processo di Boston contro il molto poco reverendo Paul Shanley e, indirettamente, contro il Cardinale Law, un calvario, perché questa che vediamo nell’aula del tribunale non è una scalata al cielo, ma una discesa all’inferno, percorsa da bambini tormentati da chi li doveva guidare, da novizie stuprate e sedotte nel nome di Cristo, di cocaina in oratorio, di ménage a trois, di scene da orridi conventi medioevali, non da diocesi nel secolo XX.
Eppure questo brulica fuori dal sepolcro di ipocrisia scavato da una gerarchia di vescovi e di cardinali più preoccupati di “sopire e sedare”, di evitare lo scandalo, piuttosto che di punire i colpevoli e di proteggere il gregge. Ora i giornali ci sguazzano, il Boston Globe riempie pagine intere con i documenti presi dal faldone processuale, e così fanno le televisioni, le radio, così facciamo noi perché ci consoliamo al pensiero di farlo per il bene.
Ma che cosa ci può essere di bene nel prete che tirava di cocaina davanti ai catechisti affidati a lui, che offriva a donne tossicodipendenti una “linea” in cambio di sesso a tre o quattro, del direttore spirituale nel convento delle novizie che le toccava e le molestava spiegando loro che quelli erano i contatti con il corpo di Cristo? Niente, se non la rabbia che a Boston, come nelle altre diocesi d’America squassate da dozzine di casi come questi, si sta alzando contro i prìncipi e i pastori della Chiesa che nascondevano la verità a loro stessi, prima che ai fedeli. E giocavano alle tre cartine con i preti pedofili, drogati, corruttori spostandoli di parrocchia in parrocchia dopo qualche tentativo a vuoto di psicoterapia.
Tutti sapevano tutto, dentro le stanze della curia, e nessuno faceva niente. Sulla lettera di accompagnamento per un prete dimesso da un centro di rieducazione, padre Robert Burns, e sottoposta al cardinale Law perché fosse riassegnato, c’è una notazione a mano a grandi lettere, problem: children, è un pedofilo. E padre Burns fu mandato a lavorare in una parrocchia del vicino New Hampshire, nel 1982 e soltanto nove anni, e molte denunce di stupro su bambini piccoli, dopo, nel 1991, fu finalmente rimosso con una lettera di encomio di cardinale.
La curia di Boston, la città del cattolicesimo irlandese e poi italiano, fiera della propria primazia gerarchica, di avere prodotto il primo e unico presidente cattolico, Kennedy, tentava di rimescolare la carte, di muovere da una parrocchia all’altra gli almeno 57 preti che in questi anni venivano denunciati, nella disperata illusione, come scrisse il vescovo ausiliario Madeiro, oggi cardinale di New Orleans, “che ricominciare da zero, in ambiente nuovo” potesse aiutare questi disgraziati fratelli a emendarsi, perché i sacerdoti sono sempre troppo pochi, perché le messe non hanno mai abbastanza celebranti, perché la speranza della grazia, del pentimento, della resurrezione non voleva morire in un pastore.
Le tremila pagine diffuse dal giudice che presiede la causa contro padre Shanley raccontano una storia ben diversa. Ci sono le lettere terrificanti contro un certo padre Morissette, che attirava le vittime in sacrestia mostrando loro raccolte di materiale pornografico. C’è la denuncia di una parrocchiana contro Thomas Forrey, dal quale lei era andata per chiedere aiuto a salvare il proprio matrimonio e fu percossa, violentata e sistemata in una casa che padre Forrey aveva costruito per lei, tenendola schiava con le botte e con il ricatto della rivelazione vergognosa, fino a quando lei trovò la forza di denunciarlo.
E’ facile immaginare i giorni di sconforto e di scoramento, nelle vecchie stanze della curia al centro di Boston da dove si vede attraverso i mosaici dei vetri il porto dal quale il “gregge” arrivò per decenni, tra pie statue e vecchi libri, quando tre novizie trovarono il coraggio di fare il nome di padre Robert Meffan, che le aveva convinte a fare sesso con lui spiegando che quello sarebbe stato “il matrimonio con la Chiesa” e che lui portava a loro “il secondo avvento di Cristo” nella fusione mistica di “carne e spirito”.
Eppure ancora e ancora, almeno dal 1984 quando Bernard Law divenne cardinale di Boston, le risposte della gerarchia furono evasive, minimizzatrici, addirittura apologetiche. O consumate in piccole transazioni private con le vittime, tacitate con piccole somme, con la temporanea rimozione del reprobo o intimidite dalla potenza di una diocesi troppo importante per una novizia sedotta o per un bambino violentato, anche se portava i filmini girati da un complice del prete, durante l’atto.
Fino a quando il paravento di porpora non ha retto più e la legge, i pubblici ministeri, i giudici lo hanno strappato. Troppe denunce, troppe testimonianze, troppi documenti e soprattutto troppe vittime – 470 soltanto nel processo in corso contro padre Shanley, che ha prodotto le 3 mila pagine – perché tutto fosse mitomania di donne e di uomini, avarizia di avvocati, concorrenza di altre confessioni che, nel mercato americano della religione, competono per le anime e i borsellini del popolo.
Il lungo silenzio della Chiesa cattolica si ruppe a Chicago, a Milwaukee, a New York, a New Orleans, a Miami, a Washington. I Pm e i giudici costrinsero monsignori e vescovi a deporre, minacciando anche il Cardinale Law di carcerazione se non avesse consegnato i documenti, perché nessuno, né un Cardinale di Santa Romana Chiesa né un Presidente, può sottrarsi alla legge o rifugiarsi, in un caso tanto atroce, sotto le sottane del Quinto Emendamento e non rispondere.
Una prima condanna tributò 500mila dollari alla vittima di un prete bostoniano. Milioni di dollari li seguirono, mentre i fedeli, nella colletta domenicale, cominciavano a tirare indietro la mano dal bussolotto, inorriditi, scandalizzati da “queste rivelazioni di orrore indicibile” come le chiama la portavoce della Curia, la signora Morissey e decisi a boicottare il Cardinale Law che non si dimette.
E ancora nessuno aveva visto il faldone delle tremila pagine, sentito il peso del macigno. Si mormora di una prossima dichiarazione di bancarotta, di insolvenza, da parte della Curia di Boston che è, come tutte le Curie americane, una società privata non profit, dove tutto è formalmente di proprietà del Cardinale in carica. Ma ci vorranno anni, non dollari, perché una madre di Boston possa lasciare il proprio bambino a un prete senza tremare.
(5 dicembre 2002)



Lunedì, 19 gennaio 2004


In Gran Bretagna la Chiesa Cattolica paga

 indennizzo per abusi sessuali

La Chiesa cattolica inglese pagherà un indennizzo di 460.000 euro ad un uomo di 38 anni vittima di abusi sessuali da parte di un sacerdote negli anni ’70. Per la prima volta, secondo i legali dell’uomo, la Chiesa si è fatta carico dei problemi psicologici sofferti per il resto della vita a causa delle violenze subite durante l’infanzia. Simon Grey è stato molestato da padre Christofer Clonan per circa sei anni. Da grande, Grey ha assunto spesso comportamenti violenti ed è stato alcolizzato.”Non riuscivo a mantenere un lavoro – ha raccontato l’uomo – il più lungo è stato per sei mesi. Ho finito col darmi fuoco, provocandomi bruciature profonde e ho passato sei mesi in ospedale (da Repubblica on line 13.1.2004)



Lunedì, 19 gennaio 2004


Usa: 4450 preti denunciati per abuso di

minori

Notizia tratta dal sito
http://www.reporterassociati.org

Speciale!
di redazione


17 Feb 2004


OLTRE 4.450 PRETI DENUNCIATI PER ABUSO MINORI DA 1950


Roma, 17 febbraio 2004 — (Apcom) – Un totale di 4.450 sacerdoti degli Stati Uniti sono stati denunciati per abuso sessuale a minori fra il 1950 e il 2002. Lo rivela uno studio commissionato dalla Conferenza episcopale cattolica dell’America del Nord. David Clohessy, presidente dell’Associazione che raggruppa le vittime di questo tipo di abuso (Snap), ha già detto che la cifra è “troppo bassa”. Lo studio, che sarà pubblicato il 27 febbraio, afferma che, secondo un’analisi dei dati della Chiesa cattolica statunitense durante il periodo succitato, 4.450 sacerdoti furono oggetto di 11.000 denunce di abuso a minori. Ciò significa che alcuni sacerdoti furono protagonisti di ripetuti abusi. Così il 25% dei preti sospettati furono accusati in due o tre occasioni, il 13% fra le quattro e le nove, e il 3% oltre le 10, si legge sullo studio di cui ne dà notizia l’edizione digitale del quotidiano spagnolo “El Mundo”. Il 78% dei bambini che presumibilmente subirono gli abusi avevano fra gli 11 e i 17 anni, il 16% fra gli 8 e i 10 e il 6% meno di 7 anni. Sempre secondo lo studio delle 11.000 incriminazioni circa 6.700 furono investigate e confermate mentre oltre 1.000 si rivelarono false e oltre 3.300 non furono indagate perché al momento dell’accusa i preti erano deceduti. Circa 11.000 sacerdoti servirono nella Chiesa cattolica negli anni coperti da questo studio realizzato dal collegio universitario John Jay di giustizia penale, con sede a New York.



Martedì, 17 febbraio 2004


Documento Vaticano sui pedofili
La tolleranza zero è contro-producente

Da ADISTA febbraio 2004

32218. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Un lavoro gomito a gomito con persone competenti e qualificate per identificare potenziali responsabili di abusi sessuali e per garantire la totale sicurezza dei minori: è questo l’obiettivo fissato dal Vaticano per risolvere la questione degli abusi sessuali da parte di membri del clero e sistematizzato in un documento di 220 pagine della Pontificia Accademia per la Vita, dal titolo “Abuso sessuale nella Chiesa cattolica: Prospettive scientifiche e legali”. Il documento rappresenta il primo tentativo di esaminare la questione in modo onnicomprensivo, analizzandone anche le cause psicologiche, le procedure di monitoraggio, il tasso di recidiva, nonché gli effetti sulle vittime e le possibilità di successo di una terapia per i responsabili. In linea generale, il documento, che prende le mosse da un simposio scientifico tenuto in Vaticano lo scorso aprile, di cui riporta gli atti, verrà inviato alle Conferenze episcopali ai primi di marzo. A descriverne contenuti e prospettive è il “Catholic News Service” (18/2). Assolutamente inedita per un documento vaticano è l’insistenza sugli aspetti clinici del problema dell’abuso sessuale. Pur basandosi sull’esperienza degli Stati Uniti, il documento critica la politica di “tolleranza zero” che lì è stata adottata, suggerendo invece una sorta di sacerdozio protetto, lontano da bambini, per i preti colpevoli, che non verrebbero così troppo isolati. Gli esperti intervenuti, non cattolici, che operano nel campo della psichiatria, della psicologia e della psicoterapia, hanno espresso parere negativo sulla tolleranza zero (definita una soluzione “controproducente”), perché questa dissuaderebbe i preti in questione dal cercare aiuto prima di commettere reato e dal farsi curare dopo: potrebbe lasciarli emotivamente devastati e delegherebbe le responsabilità alla società, dove il controllo e la supervisione sono per forza di cose minori. È apparsa vincente l’opinione dello psichiatra infantile tedesco Jorg Fegert, che ha suggerito l’adozione di un’unica e uniforme politica valida per tutta la Chiesa a livello mondiale. Quanto all’identikit del prete pedofilo, gli esperti hanno ravvisato tratti comuni ad altri soggetti pericolosi per i minori: disordini sessuali e della personalità, abuso di sostanze, danni neurologici o cerebrali. I preti pedofili hanno però un’educazione più elevata, meno antisociale e meno tendente alla recidiva rispetto ad altre categorie di pedofili. Un elemento chiave è la cura e la riabilitazione dei preti in questione. Si parla di farmaci e di psicoanalisi, ma la maggior parte degli esperti ha raccomandato caldamente un “cocktail” di tecniche cognitive behaviouristiche e consulenza spirituale. Tuttavia la deviazione sessuale che sta alle origini dell’abuso sui minori, hanno detto concordi gli esperti, è qualcosa che non si può curare. È già un grande successo, hanno detto, quando il soggetto riesce a controllare il proprio impulso, ma non vi è situazione scevra da rischi. Perlomeno il tasso di recidiva, secondo studi recenti, è sceso con i metodi cognitivi dal 17 al 10%. Altro tema importantissimo trattato nel documento è l’accettazione o meno di candidati omosessuali nei seminari. Lo psichiatra della Harvard Medical School, Martin Kafka, ha detto che l’omosessualità non è causa di abuso sessuale quanto piuttosto “un fattore di rischio probabile” che va ulteriormente studiato. Sta di fatto che nei casi di abuso sessuale nella Chiesa la grande maggioranza riguarda preti omosessuali che molestano maschi adolescenti. Per William Marshall, canadese, è tuttavia irrealistico pensare che i candidati al sacerdozio abbiano chiara la loro identità sessuale. E il celibato? È un fattore di rischio per l’abuso sessuale? Certamente un celibato vissuto positivamente, è stato detto, può essere un elemento chiave nella lotta all’abuso, e la Chiesa dovrebbe accertarsi che i preti abbiano la forza spirituale di viverlo con serenità; di qui la necessità di concentrare l’attenzione sul celibato come chiave di volta nella questione degli abusi. Per quanto attiene alla prevenzione, il seminario, con il suo ambiente chiuso, è stato detto, offre un terreno privilegiato per il monitoraggio dei fattori di rischio. Resta da definire il “livello di rischio” che i vescovi locali sono disposti a correre prima di chiudere eventualmente le porte del sacerdozio ad un candidato. È stata prospettata, a scopo di sostegno nei primi anni di sacerdozio, la possibilità di istituire gruppi di supporto: una via, per i giovani preti, per esprimere liberamente disagi e problemi.



Mercoledì, 25 febbraio 2004


Nuovo caso di pedofilia ecclesiastica in

 Italia: prete di Colleferro arrestato

E’ stata un’indagine lampo quella che ha portato all’arresto di Don Paolo Mauro Pellegrini, il parroco di Colleferro arrestato dai carabinieri della compagnia Casilina di Roma. Gli uomini del maggiore Oronzo Greco hanno concentrato in una settimana gli accertamenti necessari a verificare le dichiarazioni di un 18enne che ha denunciato di aver subito abusi sessuali per quasi quattro anni. Nell’abitazione del prete sono stati ritrovati anche alcuni filmini che aveva girato con le sue giovani vittime. L’arresti risale alla scorsa settimana ma la notizia è trapela solo ieri 26 febbraio. L’accusa nei confronti di don Pellegrini, 51 anni, e’ di violenza sessuale aggravata e atti sessuali con minori.
Singolare è la dichiarazione che il prete arrestato ha rilasciato al momento del suo arresto e che è stata riportata da alcuni organi di stampa. «Devo curarmi, lo so, sto cercando di curarmi, aiutatemi», avrebbe detto don Mauro Pellegrini. La dichiarazione è singolare perché viene dopo l’arresto e il dichiararsi malato suona come un vero e proprio alibi dietro cui nascondere le proprie responsabilità. Sarebbe anche interessante sapere se i suoi superiori sapevano e non hanno fatto nulla. Da quello che molti organi di stampa hanno riportato sembrerebbe che gli atteggiamenti di don Pellegrini non fossero ignoti alla stessa popolazione di Colleferro. Già nel ’98 il prete di Colleferro era stato raggiunto da una denuncia per atti osceni contro un minore.
Ma il vescovo di Colleferro dice di non sapere nulla: «Vediamo, aspettiamo, per il momento è solo indagato – dice monsignor Giovanni Maria Erba, vescovo della diocesi di Segni e Velletri da cui dipende la chiesa di San Gioacchino di cui è parroco don Pellegrini -. Il sacerdote verrà sospeso soltanto se le accuse verranno provate e se ci sarà una condanna. Noi non sapevamo nulla, non conoscevamo questa situazione, ora siamo sconvolti». Una dichiarazione tutta dalla parte del prete che, come da tradizione, la chiesa ha sempre difeso anche di fronte all’evidenza, salvo riservarsi poi il diritto di condannarlo in proprio. Nessun accenno alle vittime, a coloro che porteranno per sempre nella propria psiche le violenze subite.



Venerdì, 27 febbraio 2004


Ancora pedofilia ecclesiastica questa

volta a Bari

Rinviato a giudizio frate domenicano

di Paola D’Anna

Una vera e propria antologia dell’orrore quella che è stata rinvenuta nell’abitazione di un frate domenicano di Bari, Giancarlo Locatelli di 44 anni, segretario dell’Istituto di teologia ecumenica “San Nicola” di Bari, uno dei referenti della Parrocchia di San Nicola, presso l’omonima Basilica.. Un centinaio le foto pedopornografiche sequestrate al frate già un anno fa ma di cui si è avuto notizia solo ieri quando si è svolta l’udienza per il rinvio a giudizio del frate.
Le fotografie sono state acquistate via Internet, utilizzando una carta di credito, da una società americana, e poi scaricate sul computer del frate. Il materiale era stato scoperto dai carabinieri durante una perquisizione nell’appartamento, nel 7 maggio 2002.
Il frate avrebbe collezionato le fote per un anno, dal 31 maggio 2001 al giorno in cui è avvenuta la perquisizione. Le indagini sono state svolte nell’ambito di una più vasta operazione di polizia denominata “Peter Pan”, e che l’8 maggio 2002 impegnò 300 carabinieri del Comando di Biella che realizzarono 150 perquisizioni in abitazioni e uffici con il sequestro di migliaia di cd rom, videocassette, foto e pc portatili. Oltre al frate barese, tra gli indagati scoperti avvocati, medici, ingegneri, tecnici informatici, 141 persone sparse in 43 province italiane. L’inchiesta ha portato alla luce un vero e proprio mercato della pornografia minorile i cui fruitori erano persone di tutte le età dai 20 ai 60 anni. In tutti i casi si è verificato sia l’uso di internet che di carte di credito.

Alla prova dei fatti la difesa di Padre Giancarlo Locatelli si è dimostrata falsa. Egli aveva asserito che le carte di credito, utilizzate per navigare nei siti a luci rosse e comprare fotografie di piccoli indifesi, gli erano state rubate giorni prima che fosse registrato l’accesso in Internet. Ma il contenuto del suo PC non ha lasciato aditi a dubbi da cui la decisione del rinvio a giudizio del frate che però continua a svolgere le sue funzioni religiose come se nulla fosse.
Come al solito in questi casi, anche la Curia barese ha preferito non commentare la vicenda ne prendere alcuna iniziativa contro il frate domenicano che ha continuato, fra l’altro, a svolgere il suo lavoro di segretario dell’Istituto di teologia ecumenica di Bari.



Mercoledì, 03 marzo 2004


Abusi sessuali dei preti
Processi ordinari per i preti colpevoli 

Da Agenzia ASCA

Lo chiedono tre teologhe curatrici di un numero speciale della rivista teologica internazionale ’’Concilium’’.

(ASCA) – Roma, 17 giu – In ogni caso di violenza sessuale e di abuso verso minori i sacerdoti e religiosi responsabili dovrebbero essere sottoposti a processi ordinari e non ecclesiastici.    A chiederlo sono tre teologhe (la tedesca Regina Ammicht-Quinn, l’irlandese Maureen Junker-Kenny e la statunitense Hille Haker) che hanno curato l’ultimo fascicolo della rivista internazionale di teologia ’’Concilium’’ dedicato al tema degli abusi sessuali che hanno prodotto una grave crisi nella Chiesa cattolica.    Le stesse teologhe rifiutano di ridurre la questione a semplice problema di omosessualità, criminalizzando perciò gli omosessuali, perché la violenza sessuale é opera anche di eterosessuali.

   Il titolo del numero della rivista é ’’Il tradimento strutturale della fiducià’, e trova una spiegazione non solo nel corso dei servizi scritti per la maggior parte da donne, ma specialmente nelle conclusioni firmate dalle tre teologhe.

Esse partono anzitutto da una richiesta di perdono alle vittime. ’’Chiediamo perdono alle vittime – scrivono le teologhe -, siamo loro grate per il coraggio di aver rotto il silenzio, proviamo vergogna per i crimini della nostra chiesa e chiediamo che sia fatta giustizia nei confronti delle vittime e dei sacerdoti che si sono resi colpevoli, senza che ci si limiti a una riparazione o a una condannà’.

E’ stata messa gravemente in gioco ’’l’autorità etica del sacerdoté’ sostengono le tre teologhe e neppure i vescovi che hanno trattato la questione, si sono resi conto del terremoto avvenuto e che ha convinto i fedeli che vige tuttora ’’un disprezzo dei fedeli trasformatosi in strutturà’. Ma questo ’’é il tradimento del cuore di ciò che é fondamentale per questa chiesa: tradimento della sequela di Cristò’.

Le tre teologhe, anche in quanto donne e madri, chiedono perciò alla chiesa di ’’affrontare la questione di come ricreare l’autorità del sacerdoté’. ’’Non possiamo e non vogliamo tollerare strutture che consentono a singoli sacerdoti e vescovi di ledere, o in alcuni casi addirittura distruggere, la salute psichica di alcune persone.

Non possiamo e non vogliamo tollerare decisioni e prassi più orientate al mantenimento di relazioni autoritarie che al consentire esperienze e pratiche di fede che mettano al centro dell’attenzione la vulnerabilità di ogni essere umano.

Non possiamo e non vogliamo tollerare  che non sia fatta giustizia nei confronti di sacerdoti che hanno sorpassato i limiti di ogni comportamento ammissibile nei confronti di bambini e  ragazzi.

   Tale giustizia può venire cercata solo in processi situati al di fuori del coinvogimento di una situazione specifica, come dovrebbe essere in ogni caso di violenza sessuale; nel nostro caso significa: i processi devono essere processi extra-ecclesiastici.    In tal caso i sacerdoti – spiegano le autrici – non possono essere semplicemente ripudiati dall’istituzione in cui spesso hanno vissuto e lavorato per decenni. La responsabilità della chiesa non termina con la consegna degli atti processuali al pubblico ministero incaricato. In ogni sistema giuridico moderno esiste la pena, per il bene della vittima, ed esiste la riabilitazione, per il bene del colpevole.

   Nel suo rapporto con i sacerdoti interessati, la chiesa deve considerare entrambi i versanti dela giustizia. Con sorpresa e indignazione osserviamo come, in ambiti ecclesiastici e sociali, la violenza sessuale venga associata all’omosessualità, come reazione ai casi di abuso sessuale nella chiesa.  Il fatto che spesso non esclusivamente, le vittime siano state bambini e adolescenti maschi, non deve trasformarsi in pretesto per ridare vita a pregiudizi latenti e criminalizzare l’omosessualità, come se le persone omosessuali, a causa della loro tendenza sessuale, fossero più inclini degli eterosessuali a esercitare violenza sui minori. Noi prendiamo le distanze da questa insinuazione espressa frequentemente ma assurda e ci aspettiamo dalla nostra chiesa che faccia lo stesso, pubblicamente e con chiarezzà’.

   Se poi si dovesse scoprire che non solo nelle chiese occidentali ma anche  in quelle del Sud fosse vivo il problema della violenza sessuale, nasce allora ’’una responsabilità della chiesa tutta per un ripensamento alle radici delle strutture ecclesiastiche e una revisione alle radici dell’ecclesiologia. La questione  dell’autorità etica dei sacerdoti non può essere intesa solo come una questione di virtù o di comportamento, ma deve essere tematizzata come problema strutturale dell’identità e del ruolo dei sacerdoti, come problema dell’interazione sociale in relazioni asimettriche e come problema della funzione di controllo e tutela dei vescovì’.    E’ solo l’inizio di un processo che sarà lungo, ma, secondo le teologhe, pone un interrogativo sulla sopravvivenza stessa del messaggio cristiano in occidente come messaggio che incide sulle persone e sulla cultura.

   ’’La violenza sessuale compiuta e nascosta nella chiesa e attraverso le strutture di potere ecclesiastiche, confuta l’umanitarismo del messaggio cristiano. Solo una conversione secondo lo spirito biblico potrebbe evitare ’’la sconfitta di Dio nella Chiesa di Dio”.



Martedì, 22 giugno 2004


Brescia
Accuse di pedofilia: la curia difende 3 suoi

sacerdoti

A cura di Paolo Pavin

Da Il Mattino di Padova

Brescia. La procura di Brescia mette sotto indagine 3 sacerdoti sospettati di abusi sessuali su bambini, i sacerdoti reagiscono addirittura dal pulpito e la Diocesi li tutela respingendo le loro dimissioni e difendendoli pubblicamente. Sullarete intranet diocesana circola una lettera molto forte in cui si parla di un clima da inquisizione. L’inchiesta però é partita dopo la denuncia di alcuni bambini di una scuola materna pubblica (2 le maestre arrestate a settembre) e poi con episodi analoghi segnalati in istituti religiosi. Ma il clima si é arroventato in questi ultimi giorni, quando la procura ha chiuso la seconda inchiesta sugli abusi sessuali: nell’inchiesta figurano fra gli indagati ben 3 sacerdoti.

A Brescia, come a Boston, come a Sidney, come a Vienna… la chiesa cattolica (e in primis il Pulcinella di Roma) continua a proteggere gli stupratori di bambini.



Mercoledì, 23 giugno 2004


Il post scriptum da Concilium 3 del 2004

 sulla pedofilia

I supposed Him to exist only within the walls of a church – in fact, of our church – and I also supposed that God and safety were synonymous. The word “safety” brings us to the real meaning of the word “religious” as we use it (JAMES BALDWIN)1.

Chiediamo perdono alle vittime, siamo loro grate per il coraggio di aver rotto il silenzio, proviamo vergogna per i crimini della nostra chiesa e chiediamo che sia fatta giustizia nei confronti delle vittime e dei sacerdoti che si sono resi colpevoli, senza che ci si limiti a una “riparazione” o una “condanna”.

La crisi in cui è incappata la chiesa cattolica con i crimini ai danni di bambini e ragazzi, è la nostra crisi. Siamo membri di una chiesa che – ancora una volta – ha taciuto; ha coperto uomini che hanno leso irreparabilmente la salute psichica di alcuni bambini; per anni ha passato sotto silenzio crimini che in altri contesti spingono immediatamente all’azione i pubblici ministeri. Negli anni passati molte cose sono state scritte e accertate; di molte altre noi, come membri della chiesa e parte dell’opinione pubblica, continuiamo a rimanere all’oscuro.

Questo è quanto sappiamo: siamo di fronte a una catastrofe doppia e su un duplice piano. Bambini e ragazzi sono stati trasformati in vittime, nel luogo più sensibile e intimo immaginabile della loro identità, da coloro che avrebbero dovuto guidarli e proteggerli; queste vittime sono state tradite da coloro che, come comunità, intendono rappresentare un segno di santità nel mondo.

La fiducia è una componente necessaria di ogni chiesa viva. Qui si è abusato di questa fiducia su entrambi i piani della catastrofe; non sappiamo ancora se sia stata definitivamente distrutta. Il tradimento delle vittime è allo stesso tempo anche il tradimento della fiducia nei rappresentanti della chiesa a cui, conformemente al loro ufficio, spetta la responsabilità particolare di strutturare la propria autorità in modo etico. Il tradimento della fiducia è il tradimento della convinzione secondo cui i sacerdoti e i vescovi devono rendere metro del proprio agire la responsabilità etica nei confronti di coloro con cui comunicano in quanto sacerdoti e vescovi; in caso contrario la loro autorità diventa esercizio autoritario di potere, indegno di una chiesa.

Questo tradimento, che si esprime in ogni singolo caso dell’esercizio di violenza e che si è protratto nel modo in cui la chiesa e i vescovi hanno gestito le violenze, non ci scuote solo come individui; scuote le fondamenta della chiesa come luogo della sequela di Cristo. Soltanto: la chiesa non ne viene scossa. Risarcimenti in denaro, dimissioni di vescovi, sospensioni di sacerdoti dal loro ufficio sono tutti quanti dei passi estremamente necessari, e tuttavia non di rado non sono stati accordati come cosa ovvia alle vittime, ma si sono dovuti strappare e devono essere strappati mediante processi lunghi e complicati.

Molti credenti sono scossi come individui; sembra dubbio che tale sconvolgimento, al di là dello sbigottimento personale, sfoci in uno sconvolgimento delle strutture. Non riusciamo a liberarci dall’impressione che qui si stia “sbrigando” un problema, che siano state modificate alcune procedure, ma che in ogni caso si siano evitati gli interrogativi di fondo. Questi interrogativi di fondo sono quelli relativi alla struttura di una chiesa che punta su una gerarchia impossibile da mettere in discussione “dall’esterno”, generando così mentalità strutturalmente “adeguate” nei presbiteri e in chi dipende da loro. Invece di porsi questi interrogativi e analizzarli, proprio negli ultimi anni la posizione del sacerdote nella liturgia e alla guida della comunità è stata ancor più rafforzata, difendendo così una struttura gerarchica a svantaggio di una comunicativa. Per quanto necessari siano quindi i singoli passi per scoprire e trattare le violenze, essi non possono risolvere il problema che abbiamo posto al centro della discussione: che cosa succede a una chiesa a cui molte persone tolgono la propria fiducia? Come può essa, in generale, andare incontro a persone che tornano sempre ad affidarsi alla chiesa e, nella chiesa, ai suoi sacerdoti? I sacerdoti – non soltanto loro, ma, appunto, anche loro e, sotto certi punti di vista, soprattutto loro – incontrano spesso bambini, adolescenti e adulti in situazioni “di soglia” che presentano un alto grado di intimità. In situazioni del genere – nella guida spirituale in situazioni esistenziali difficili, come l’assistenza ai malati o un funerale, ma appunto anche nella prassi sacramentale della santa comunione, della confessione e del matrimonio – la fiducia è l’elemento costitutivo affinché la prassi di fede sia di per sé resa possibile. Se manca questa fiducia, la prassi di fede si muta in un simulacro, nell’apparenza di se stessa.

Per un lungo intervallo di tempo nella storia della chiesa la fiducia nel rapporto tra sacerdoti e credenti è stata generata solo strutturalmente: non attraverso la personalità, bensì attraverso l’ufficio e la comprensione reciproca. Questo e non la persona del sacerdote era considerato essenziale all’interazione. Ma in questa forma tale maniera strutturale di intendere la persona del sacerdote come intermediaria non è più valida da tempo. È stata sostituita da una visione individualizzata in cui il sacerdote acquisisce autorità in conformità del proprio ufficio nonché della propria persona. Solo così è in grado di compensare il disorientamento che spesso accompagna le situazioni di soglia. L’autorità etica del sacerdote che, nonostante tutto il risalto dato al popolo di Dio e allo Spirito nel concilio Vaticano II, nella concezione della chiesa cattolica continua a essere al centro dell’interazione di fede, è particolarmente evidente in relazioni doppiamente asimmetriche, cioè in quelle relazioni che non sono asimmetriche soltanto per la struttura di interazione della gerarchia ecclesiastica, ma anche, in aggiunta, per la particolare vulnerabilità di una delle due parti. Questa particolare asimmetria è sempre presente nel caso di bambini e ragazzi. Esiste anche in altri contesti, come per esempio nelle scuole materne o nelle scuole per i più grandi; qui, però, gli educatori e gli insegnanti sono soggetti a un controllo particolare: abusi e violenze vengono immediatamente sottoposti all’azione penale, nella misura in cui – o meglio, non appena – se ne viene a conoscenza. Nel caso delle relazioni asimmetriche nella chiesa, molti dei vescovi, in quanto superiori responsabili, hanno agito in base al motto: «Ciò che non deve esistere, non esiste e anche se esistesse lo stesso, almeno non parliamone, altrimenti esisterebbe davvero». In questa strategia esistono dei colpevoli, ma essi vengono nascosti o resi invisibili, attraverso reprimende, trasferimenti oppure, oggi, sospensioni. Chi per molto tempo non è entrato nella visuale dei vescovi sono le vittime.

Quando dei sacerdoti hanno tradito la fiducia di chi era loro affidato, i vescovi (cor-)responsabili di questi sacerdoti hanno doppiamente tradito i fedeli: “dimenticandoli” e lasciandoli soli con i sacerdoti in questione. Per l’esistenza della vittima il primo tradimento è determinante. Per noi, membri della chiesa, il secondo tradimento è inconcepibile e insostenibile: esso non si basa sui crimini di “singoli” sacerdoti, magari sottoposti a una pressione eccessiva, talvolta anche malati, bensì sul disprezzo dei fedeli trasformatosi in struttura. Questo è il tradimento del cuore di ciò che è fondamentale per questa chiesa: tradimento della sequela di Cristo.

I vescovi hanno visto se stessi – talvolta prevalentemente, talvolta esclusivamente – come responsabili nei confronti dei loro sacerdoti, che non di rado hanno protetto. Non hanno evidentemente visto una responsabilità al di là della loro struttura di potere, una responsabilità verso i deboli e la parte lesa, perché ciò avrebbe dovuto portarli a prendere sul serio le vittime nonché la tutela dei fedeli ben prima della coraggiosa diffusione in pubblico delle accuse. Eppure unicamente tale responsabilità verso i deboli è quanto distingue l’autorità etica del sacerdote da una posizione di potere violenta. L’autorità si muta in potere quando la vulnerabilità di altre persone viene sfruttata per procurarsi dei vantaggi, di qualunque natura essi siano. La violenza sessuale dei sacerdoti verso persone da loro dipendenti si fonda su un tale abuso di autorità che si muta in potere. I sacerdoti che esercitano il potere per mezzo e attraverso la sessualità – una sessualità al cui esercizio rinunciano (devono rinunciare) nella loro identità di sacerdoti cattolici – non soltanto compiono un atto criminale, non soltanto non rendono giustizia all’identità che hanno scelto, ma ledono inoltre anche l’istituzione del sacerdozio come autorità etica e distruggono il messaggio che rappresentano come persone e detentori del loro ufficio.

Che cosa dunque si richiede alla chiesa?

La chiesa deve affrontare la questione di come (ri-)creare l’autorità del sacerdote. Tale questione non può essere intesa unicamente come questione dell’identità individuale di coloro che hanno scelto e continuano a scegliere il sacerdozio. È anche un interrogativo rivolto all’istituzione: la preparazione, la guida e il controllo dei sacerdoti nell’adempimento del loro ufficio sono una cosa, la conformazione strutturale delle interazioni tra sacerdoti e credenti un’altra, la questione teologico-ecclesiologica relativa alla forma della chiesa una terza.

Noi, le curatrici di questo fascicolo, siamo teologhe. Siamo donne. Siamo madri. Non di rado, nella prospettiva delle strutture tradizionali della chiesa, stiamo “dall’altra parte”, per cui non siamo noi a decidere dove, di volta in volta, vadano tracciati i confini. Siamo cristiane, cattoliche, membri di comunità in cui anche i nostri figli devono avere e trovare uno spazio. Non possiamo e non vogliamo tollerare strutture che consentono a singoli sacerdoti e vescovi di ledere, o in alcuni casi addirittura di distruggere, la salute psichica di alcune persone. Non possiamo e non vogliamo tollerare decisioni e prassi più orientate al mantenimento di relazioni autoritarie che al consentire esperienze e pratiche di fede che mettano al centro dell’attenzione la vulnerabilità di ogni essere umano. Non possiamo e non vogliamo tollerare che non sia fatta giustizia nei confronti di sacerdoti che hanno sorpassato i limiti di ogni comportamento ammissibile nei confronti di bambini e ragazzi. Tale giustizia può venire cercata solo in processi situati al di fuori del coinvolgimento di una situazione specifica, come dovrebbe essere in ogni caso di violenza sessuale; nel nostro caso significa: i processi devono essere processi extra-ecclesiastici.

In tal caso i sacerdoti non possono essere semplicemente ripudiati dall’istituzione in cui spesso hanno vissuto e lavorato per decenni. La responsabilità della chiesa non termina con la consegna degli atti processuali al pubblico ministero incaricato. In ogni sistema giuridico moderno esiste la pena, per il bene della vittima, ed esiste la riabilitazione, per il bene del colpevole.

Nel suo rapporto con i sacerdoti interessati, la chiesa deve considerare entrambi i versanti della giustizia. Con sorpresa e indignazione osserviamo come, in ambiti ecclesiastici e sociali, la violenza sessuale venga associata all’omosessualità, come reazione ai casi di abuso sessuale nella chiesa. Il fatto che spesso, ma non esclusivamente, le vittime siano state bambini e adolescenti maschi, non deve trasformarsi in pretesto per ridare vita a pregiudizi latenti e criminalizzare l’omosessualità, come se le persone omosessuali, a causa della loro tendenza sessuale, fossero più inclini degli eterosessuali a esercitare violenza sui minori.

Noi prendiamo le distanze da questa insinuazione – espressa frequentemente ma assurda – e ci aspettiamo dalla nostra chiesa che faccia lo stesso, pubblicamente e con chiarezza.

Altrettanta scarsa utilità ha l’equiparare in blocco la violenza sessuale alla malattia o alla pedofilia. Può senz’altro esserci un nesso tra disturbi psichici e violenza sessuale, ma ciò non può essere generalizzato e usato come meccanismo di discolpa. È evidente soltanto che anche per i colpevoli è necessaria una rielaborazione terapeutica dei reati.

Il problema della violenza sessuale può forse essere più palese nelle chiese occidentali che in quelle non occidentali. Significa però che solo nelle comunità occidentali esiste una struttura autoritaria che impedisce di riconoscere e combattere la violenza individuale e strutturale su bambini e ragazzi, ma in fin dei conti anche sugli adulti in rapporto di dipendenza? In caso affermativo, le chiese locali occidentali hanno allora in quelle del Sud del mondo degli aiuti critici per quanto riguarda i cambiamenti strutturali da compiersi. In caso negativo, nasce qui una responsabilità della chiesa tutta per un ripensamento alle radici delle strutture ecclesiastiche e una revisione alle radici dell’ecclesiologia. La questione dell’autorità etica dei sacerdoti non può essere intesa (solo) come una questione di virtù o di comportamento, ma deve essere tematizzata come problema strutturale dell’identità e del ruolo dei sacerdoti, come problema dell’interazione sociale in relazioni asimmetriche e come problema della funzione di controllo e tutela dei vescovi.

Siamo solo all’inizio di questo processo che ci costringe ad affrontare i problemi dove sono nati e dove si situano davvero. È l’inizio di un processo che ci costringe a riflettere in modo nuovo sul rapporto tra sacerdoti e fedeli, a migliorare le strutture di controllo e a porre in maniera nuova la questione dell’autorità etica dei presbiteri.

In una situazione in cui la perdita di rilevanza delle chiese cristiane nelle società occidentali è eclatante, si pone l’interrogativo della sopravvivenza del messaggio cristiano come messaggio che incide sulle persone e sulla cultura. La violenza sessuale, compiuta e nascosta nella chiesa e attraverso strutture di potere ecclesiastiche, confuta l’umanitarismo del messaggio cristiano. Solo una conversione secondo lo spirito biblico potrebbe evitare «la sconfitta di Dio nella chiesa di Dio» (Rainer Bucher).

(traduzione dal tedesco di ANNA BOLOGNA)


[REGINAAMMICHT-QUINN è docente di etica teologica presso la Facoltà di teologia dell’Università di Tubinga (Germania); MAUREEN JUNKER-KENNY è docente di teologia pratica ed etica cristiana al Trinity College di Dublino (Irlanda); HILLE HAKER è docente di etica cristiana presso la Divinity School all’Harvard University di Cambridge/Mass. (USA)].


Mercoledì, 30 giugno 2004


Nuovi scandali sessuali nella chiesa

 cattolica in Austria ed in Italia

La rassegna stampa

Panorama.it

Austria, foto e video hard in un seminario

12/7/2004  

Oltre 40 mila scatti e un certo numero di filmati di giovani preti intenti in incontri sessuali. Anche materiale pedoponograficoI vertici della Chiesa cattolica austriaca hanno chiesto una riunione d’urgenza in seguito alla scoperta di circa 40.000 fotografie e un numero imprecisato di video di giovani preti intenti in incontri sessuali al seminario.
Secondo l’autorevole settimanale austriaco Profil, il materiale rinvenuto, che include anche pornografia infantile, era stato scaricato sui computer al seminario di St. Poelten, circa 80 chilometri ad ovest di Vienna.

“NO COMMENT” DALLA DIOCESI
vertici della locale diocesi si sono rifiutati di rilasciare pubbliche dichiarazioni ma si starebbero incontrando in privato sullo scandalo, ha riportato la televisione di Stato austriaca.
L’organo di stampa ha precisato che il direttore del seminario, il reverendo Ulrich Kuechl, ha rassegnato le dimissioni e che anche il suo vice, lfgang Rothe, le ha sottoposte al suo superiore. La Conferenza dei vescovi austriaci ha emesso in data odierna un comunicato in cui promette un’accurata e approfondita indagine sulla questione.

“Tutto ciò che ha a vedere con l’omossesualità o la pornografia non può avere spazio in un seminario per preti”, ha scritto nel comunicato.
I vertici della Chiesa per la prima volta hanno scoperto il materiale un anno fa su un computer del seminario, ha precisato Profil. In esso figuravano numerose immagini di giovani preti e loro insegnanti che si baciavano e indulgevano in giochi sessuali e orge.
Il vescovo Kurt Krenn che supervisiona la diocesi di St. Poelten, ha detto alla televisione austriaca di aver visto forografie di insegnanti del seminario in situazioni sessuali con gli studenti.

La Gazzetta del Mezzogiorno

Austria – Sesso in seminario

Pubblicate le foto pedo-pornografiche che coinvolgono seminaristi ed insegnanti nel seminario diocesano di St. Poelten. Almeno 40mila le immagini sequestrate. Ex-seminarista siciliano scrive al vescovo: Tu sapevi

VIENNA – E’ di nuovo scandalo nella chiesa cattolica austriaca: le accuse di pedo-pornografia, decine di migliaia di fotografie dai contenuti sessuali e presunti contatti omosessuali tra direzione e seminaristi a St.Poelten ricordano un po’ i tempi dello scandalo legato alle presunte pratiche omosessuali e pedofile del cardinale Hans Hermann Groer, venuto alla luce nel 1995. Stavolta le accuse riguardano il seminario della diocesi di St. Poelten (Bassa Austria) del vescovo ultraconservatore Kurt Krenn. Finora si sono dimessi il rettore del seminario, Ulrich Kuechl, e il suo vice, Wolfgang Rothe – due foto pubblicate oggi dal settimanale di Vienna, Profil, li mostrano in atteggiamenti inequivocabili ciascuno con un seminarista -. Ma emergono già voci apertamente critiche nei confronti di Krenn stesso che in una prima reazione aveva parlato di «ragazzate che non hanno niente a che vedere con omosessualità». «E’ certamente sconvolgente che ciò accada. La responsabilità è del vescovo», ha detto oggi il presidente dei rettori dei seminari austriaci, Martin Walchhofer. Anche il teologo pastorale austriaco Paul Zulehner ha chiesto le dimissioni di Krenn. La conferenza episcopale austriaca ha parlato invece di un «urgente bisogno di azione da parte della chiesa».

Secondo Profil, Krenn era da tempo al corrente su cosa stava succedendo dietro le mura del seminario di St. Poelten e che sei mesi fa era stato anche informato per iscritto. Il vescovo avrebbe però cercato di mettere a tacere la vicenda. Il vescovo di St.Poelten, che ha 68 anni, è stato in passato un strenuo difensore del cardinale Groer, che nel 1995 era stato costretto alle dimissioni per accuse di abusi sessuali, gettando la chiesa cattolica in una crisi d’identità senza precedenti nel Paese alpino. Groer è morto a marzo dell’anno scorso all’età di 83 anni.

Il seminario di St. Poelten è già dall’inizio di quest’anno nel mirino della procura regionale. Su un computer sequestrato sono state trovate recentemente 11 mila foto scaricate da internet, tra cui anche immagini di pedofilia. Profil scrive che gli inquirenti avrebbero inoltre trovato «nelle stanze dei seminaristi almeno 40 mila fotografie e alcuni filmati con rappresentazioni sessuali in parte perverse che mostrano anche giovani preti di St. Poelten con superiori». «Si fotografavano vicendevolmente, perchè anche in questa maniera si eccitavano. E siccome lo facevano anche con il capo e con il suo vice, tutto sembrava così normale, si sentivano al sicuro», ha detto un inquirente a Profil. Interpellato questo pomeriggio dall’agenzia stampa austriaca Apa, il procuratore Walter Nemec non ha tuttavia confermato il numero di fotografie trovate. «Da quale fonte possa emergere il numero 40.000, non lo so», pur affermando di non essere al corrente sugli ultimi sviluppi delle indagini.

Altro dettaglio riferito oggi da Profil: l’ex rettore Kuechl avrebbe anche dato, a giugno del 2003, «una specie di sacramento del matrimonio» a due seminaristi, uno dei quali è cittadino polacco. La cerimonia sarebbe avvenuta in un locale pubblico di St. Poelten.

«Un largo fronte di personalità ecclesiastiche della diocesi di St. Poelten trovano insopportabile il doppio gioco e si sono decisi a un’azione concordata per portare alla luce la verità, dopo che per anni i loro tentativi dietro le quinte non hanno avuto successo», scrive Profil.

Christine Maieron


12/7/2004

La Gazzetta del Mezzogiorno

Ex seminarista vittima di abusi scrive al vescovo: tu sapevi

PALERMO – Cita Giovanni Paolo II che, rivolto ai giovani riuniti a Toronto, «ha avuto il coraggio, ancora una volta, di dire: Mi vergogno per i preti pedofili e per chi ha coperto con il silenzio questi abomini». E chiosa «Possano queste parole risvegliare la sua coscienza, assopita in un torpore durato troppo a lungo».

E’ questa l’esortazione che M. M., 22 anni, un ex seminarista del seminario di Agrigento, rivolge, attraverso l’Adista, un’agenzia di stampa cattolica, al vescovo di Agrigento, Carmelo Ferraro, che «dopo essere stato informato degli abusi sessuali commessi da un sacerdote ai danni di un seminarista non prende alcun provvedimento».

La «vittima» degli abusi sessuali è proprio l’autore della lettera. La vicenda ebbe inizio nel 1994 a Favara quando il seminarista aveva 12 anni. Il 7 luglio scorso, dopo l’esposto del seminarista, il sacerdote, don Bruno Puleo, ha patteggiato la pena: gli sono stati inflitti 2 anni e 6 mesi di reclusione. Attualmente don Puleo è parroco a Sant’Anna, una piccola frazione nei dintorni di Agrigento.

«Scrivo a lei, Eccellenza reverendissima monsignor Carmelo Ferraro, arcivescovo metropolita della Chiesa Agrigentina. Scrivo proprio a lei che, una sera di novembre del 2000, ha ascoltato, quasi con indifferenza, il mio racconto – afferma l’ ex seminarista -. Forse lei non immagina nemmeno quanto mi sia costato, in quell’occasione, rivivere i momenti più brutti della mia vita. Ma a lei che importa? Scrivo a lei perché sono addolorato e profondamente amareggiato dal suo silenzio. Non per lei, di cui m’importa ben poco, ma per questa povera Chiesa, che si ritrova ad essere guidata da una persona che non ha saputo dirigere il gregge affidatogli, soprattutto i piccoli e gli indifesi».

Il giovane infine ricorda le parole del cardinale Ersilio Tonini secondo cui è «meglio avere dieci sacerdoti in meno che averne uno sbagliato. La pedofilia e l’omosessualità vanno affrontati tempestivamente e con fermezza». E oggi l’ex seminarista annuncia l’intenzione di avviare una causa civile «contro le persone che hanno un ruolo di responsabilità in situazioni del genere». «Certamente – puntualizza – il rettore del seminario, ma tanto più il vescovo, il quale, pur non avendo responsabilità penale, è civilmente – e moralmente – responsabile. Avrebbe dovuto prendere provvedimenti che non ha preso». La vittima degli abusi sottolinea poi alcuni aspetti dell’inchiesta: «A me non risulta – dice – che il vescovo sia mai stato interrogato: attendo di prendere visione di tutti gli atti processuali per averne conferma».

L’ex seminarista parla anche dei suoi progetti futuri: «all’università sto studiando psicologia, per aiutare le persone che subiscono abusi. Per questo ho già fondato un’associazione, che deve diventare uno sportello di ascolto».


12/7/2004

L’espresso

Caserta,08 lug 2004 -17:25

Pedofilia, 100 indagati: c’è anche nome Taricone


Oltre cento persone sono indagate dalla procura di Santa Maria Capua Vetere nell’ambito di un’inchiesta su materiale pedopornografico acquistato su internet. Tra i nomi c’è anche quello dell’attore Pietro Taricone. Alcuni video e immagini pornografiche sarebbero state acquistate su internet con la sua carta di credito. Il legale di Taricone si è detto certo dell’estraneità del suo assistito. “Penso – ha detto il legale – che potrebbe trattarsi di una problema di carte di credito clonate: magari qualcuno ha ’spiato’ su internet i numeri della carta di Pietro durante qualche normale transazione, e poi li ha usati per comprare quella roba in rete”. Sulla circostanza la procura casertana sta effettuando controlli.

Una abitazione di Pietro Taricone (ha rivelato oggi “il Giornale”) è stata perquisita nei giorni scorsi ad Avezzano, ma secondo quanto si è appreso non sarebbe stato trovato materiale pedopornografico.

Titolare dell’indagine è il pubblico ministero Donato Ceglie che ha indagato un centinaio di persone tra cui professionisti, avvocati, studenti. Nel registro degli indagati risulta iscritto anche un sacerdote di Alife, nel Casertano.

La procura di Santa Maria Capua Vetere ha ordinato nei giorni scorsi decine di perquisizioni. E’ stata, tra l’altro, passata al setaccio una casa discografica di Rieti, che, secondo gli investigatori sarebbe una sorta di crocevia del traffico di materiale pedopornografico.

 

PEDOFILIA: TROPPE RICHIESTE INDENNIZZI, FALLISCE ARCIDIOCESI

Los Angeles – Schiacciata dalle richieste di indennizzo, è fallita l’arcidiocesi degli scandali: l’arcidiocesi di Portland (Oregon) ha annunciato la bancarotta e la notizia è il primo segnale palpabile delle conseguenze che ha avuto sulla Chiesa cattolica statunitense il pagamento degli indennizzi alle vittime di abusi sessuali commessi da alcuni sacerdoti su minori. Le attività ecclesiastiche continueranno regolarmente; e la richiesta di bancarotta -ha detto l’arcivescovo, reverendo John Vlazny, “non è un modo per evitare le responsabilità”, “ma di fatto è l’unico sistema per fare in modo che altri ricevano il giusto compenso”. La decisione dell’arcidiocesi di Portland sospenderà l’inizio di un processo civile contro un prete accusato di aver molestato più di 50 ragazzini: per i presunti abusi commessi negli anni ’80 dal sacerdote Maurice Grammand, deceduto nel 2002, sono state presentate due domande collettive per un totale di indennizzo di circa 160 milioni di dollari. Prima di dichiararsi insolvente, l’arcidiocesi della principale città dello stato dell’Oregon sulle coste orientali degl Usa, aveva già sborsato 53 milioni di dollari in accordi extragiudiziari siglati con 130 presunte vittime. Durante gli ultimi tre anni, la Chiesa cattolica statunitense è stata al centro di una serie di scandali che hanno coinvolto decine di sacerdoti accusati di abusi sessuali su minori. Un rapporto della Conferenza episcopale statunitense, del febbraio di quest’anno, ha calcolato che siano stati più di 4000 i preti cattolici accusati di abusi negli ultimi cinquant’anni, per un totale di circa 11.00 denuncie da parte di minori (in gran parte maschi); ma secondo i legali delle vittime, la stima è largamente sottostimata.

Agi (mercoledì 7 luglio)



Martedì, 13 luglio 2004

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INERTE E INDIFFERENTE, IL VESCOVO DI

 AGRIGENTO NON DENUNCIA IL PRETE

 CHE ABUSA.

INTERVISTA

ADISTA N°53 del 17 luglio 2004

32423. AGRIGENTO-ADISTA. Un vescovo viene informato di abusi sessuali commessi da un sacerdote ai danni di un seminarista e non prende alcun provvedimento. Dirà, poi, che la questione non lo riguardava. I drammatici fatti non avvengono nell’ennesima diocesi statunitense, dove il “bubbone” è esploso ormai da anni, grazie anche al coraggio delle vittime e alla dismissione dell’atteggiamento omertoso di persone coinvolte e dei vertici ecclesiastici. Il vescovo in questione è italiano: si tratta di mons. Carmelo Ferraro, che era alla guida della diocesi di Agrigento all’epoca dei fatti e lo è anche adesso.

Il sacerdote, don Bruno Puleo, ha patteggiato la pena il 7 luglio: gli sono stati inflitti 2 anni e 6 mesi di reclusione (è stato un secondo patteggiamento fra le parti: il primo era per una pena di due anni, che era stata giudicata insufficiente dal gip Luigi Patronaggio). Ha preferito il patteggiamento al processo, che avrebbe molto probabilmente aggravato la sua posizione. Il patteggiamento infatti ha riguardato una sola vittima. Le indagini, condotte dal pm Caterina Sallusti, avevano però riscontrato abusi nei confronti di altri sette ragazzi, sei dei quali dello stesso seminario (quello arcivescovile di Agrigento che si trova a Favara) dove don Puleo, inizialmente diacono, era stato assistente per un periodo che si è concluso nel 1995. Attualmente don Puleo è parroco a Sant’Anna, una piccola frazione nei dintorni di Agrigento.

Marco Marchese, la vittima che ha sporto denuncia, ha subìto abusi nel seminario arcivescovile di Agrigento a partire dall’età di 12 anni. Oggi ne ha 22, ha lasciato il seminario nel 2000 e, a vicenda giudiziaria conclusa, ci tiene a sottolineare che non era il carcere per il suo “carnefice” lo scopo della sua azione, ma l’emersione di un fenomeno che causa sofferenza indicibile a tanti bambini, con la speranza inoltre che la Chiesa abbia il coraggio di mettersi dalla parte degli offesi. March ese si era deciso a presentare un esposto dopo aver constatato che né il rettore del seminario, don Gaetano Montana, né il vescovo Ferraro – ai quali aveva raccontato tutto – avevano preso provvedimenti per fermare don Puleo.

Il giorno dopo il patteggiamento, Marco ha inviato al vescovo una lettera molto severa e accorata. “Scrivo proprio a lei che – recita l’apertura della lettera – una sera di novembre del 2000 ha ascoltato, quasi con indifferenza, il mio racconto (…). Scrivo a lei perché sono addolorato e profondamente amareggiato dal suo silenzio”, amareggiato “per questa povera Chiesa che si ritrova ad essere guidata da una persona che non ha saputo dirigere il gregge affidatogli, soprattutto i piccoli e gli indifesi”. Ne riportiamo il testo integrale nel numero di Adista-documenti allegato.

Ma Marchese non intende fermarsi a questo: intende procedere in sede civile contro quanti – sicuramente il rettore e il vescovo – hanno omesso di prendere provvedimenti contro don Puleo, malgrado, avendone l’autorità, fosse per loro un obbligo intervenire.

In ambito ecclesiale, non esiste nel Diritto Canonico un canone riguardante eventuali pene da comminare a chi non denuncia un reato avendone conoscenza. Ma è anche vero che il card. Bernard Law ha subìto così forti pressioni (anche dalla Santa Sede?) proprio per aver “coperto” i preti pedofili della sua diocesi da vedersi costretto, nel dicembre del 2002, a dimettersi da vescovo di Boston. Il Diritto Canonico lascia peraltro molta autonomia di gestione ai vescovi che si trovino di fronte a reati dei loro sacerdoti. Anche se per costoro ci sono canoni precisi. In particolare, per i delitti contro il sesto comandamento, commessi “con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni”, il canone 1395, al paragrafo 2, prevede “giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale”. Ma non è stato applicato finora contro don Puleo, il quale è stato solo spostato dalla parrocchia, popolo! sa e ric ca di bambini, di Palma di Montechiaro a quella ben più piccola di Sant’Anna, piccolo borgo nella provincia di Agrigento. Spostamento avvenuto però nel 2002: l’esposto di Marco Marchese contro don Puleo è della primavera del 2001. Il vescovo non poteva non esserne a conoscenza.

Tutta la vicenda è ricostruita qui di seguito nell’intervista che abbiamo realizzato con Marco Marchese.

Come comincia la tua storia?

Sono entrato nel seminario minore nel 1994 perché la mia vocazione era di diventare sacerdote. Avevo 12 anni, frequentavo la seconda media. Avevamo come assistente don Puleo, che allora era diacono. Lui aveva per me molte attenzioni, mi faceva anche dei regali. Poi, ai primi di dicembre, mi fece accomodare nella sua stanza e successe il tutto.

La cosa si ripeté?

Sì, soprattutto nei giorni di pioggia, perché altrimenti preferivo giocare a calcio e non andavo a riposare con lui.

Nessuno faceva caso al fatto che andassi a riposare con lui?

Penso di no, perché capitava che noi ragazzi trascorressimo del tempo in camera sua a chiacchierare. Poi si trattava delle prime ore del pomeriggio, ognuno stava per conto proprio. Questa cosa è durata fino a quando lui, l’anno successivo, è diventato sacerdote e ha lasciato il seminario minore. Il nostro rapporto però è continuato. Lui è diventato il mio padrino di cresima. Io andavo a trovarlo, o in parrocchia o in casa sua.


Lui continuava con le sue attenzioni verso di te?

Sì.

Non riuscivi ad opporti?

La prima volta rimasi perplesso. Era ovviamente la mia prima esperienza sessuale, precocissima e sbagliata. Lui mi diceva che era solo una questione di amicizia, che la nostra era un’amicizia particolare, mi diceva di non parlarne con nessuno perché avrei suscitato delle gelosie, che era normale il nostro comportamento, che era giusto. Io gli credevo. E mi sono affezionato ! a lui. A nche se cominciai subito a star male: mi fu diagnosticata una colite nervosa che mi portai dietro per un bel po’.

Quando hai capito che il vostro rapporto era sbagliato?

Quando sono andato al liceo, una scuola pubblica, perché nel seminario maggiore non esisteva una scuola superiore, e sono entrato in contatto con altri ragazzi e con le ragazze. Allora avevo minori possibilità di passare del tempo con don Puleo, perché ero impegnato in varie attività comunitarie. Succedeva quando lui chiedeva al rettore del seminario, don Gaetano Montana, che mi inviasse nella sua parrocchia, in occasione delle cosiddette giornate per il seminario in cui si fa raccolta di fondi per le istituzioni di formazione sacerdotale, perché altrimenti non ci vedevamo mai. Sicché andavo nella chiesa dove celebrava.

Fino a che età hai dunque mantenuto il rapporto con don Puleo?

Fin verso i 16 anni, perché a quel punto le nostre strade si sono divise: io non volevo più incontrarlo, e anche lui non faceva pressione per vedermi perché, a quanto ho capito dopo, aveva altri ragazzi sotto mano. E in effetti sono venuti fuori i nomi di altri ragazzi vittime delle stesse attenzioni morbose da parte sua.

Ragazzi del tuo stesso seminario?

Sei sì. Del settimo non so nulla di preciso.

In tutti questi anni non ti sei confidato con nessuno?

Mai. Fino a quando uno degli assistenti che mi accompagnavano a Palermo per una delle tante visite a motivo della colite, e che aveva sentito di strani episodi che accadevano in seminario, riuscì a farmi parlare e mi consigliò di parlare subito con il vice-rettore. A me non interessava fare del male a quell’uomo, ma fare in modo che nessun altro ragazzo dovesse più soffrire quello che io avevo sofferto.

E andasti dal vice-rettore?

Sì, il giorno dopo. Mi assicurò che avrebbe parlato con il rettore, che dovevo stare tranquillo, che avrei dovuto pensare agli studi e basta. Non ho! avuto n essun tipo di riscontro. Durante un ritiro spirituale parlai anche con il rettore che mi disse che era stato messo al corrente della mia situazione dal vice-rettore e che avrebbe parlato con il vescovo, monsignor Carmelo Ferraro, tuttora in carica. Io mi fidai. Inoltre, se mi capitava di incontrare don Puleo, erano sempre incontri pubblici, ritiri spirituali, ci si salutava normalmente come se i nostri rapporti in passato fossero stati normali e basta. Nel giugno del 2000 lasciai il seminario.

Quali furono i tuoi passi successivi?

Continuavo ad aspettarmi qualche riscontro alla mia denuncia. Invece non succedeva niente. Allora chiesi un incontro con il vescovo che mi ricevette subito. Stranamente, perché quando eravamo in seminario, se gli chiedevamo udienza, dovevamo attendere a lungo. Il vescovo mi ascoltò e cadde dalle nuvole. Disse che nessuno mai l’aveva informato di quanto era avvenuto. Io gli confidai la mia paura che don Puleo potesse continuare a fare del male ad altri ragazzi. Aggiunsi anche che il sacerdote andava aiutato perché la pedofilia è una malattia. “Cerchi di fare qualcosa”, insistetti, “lei è il padre spirituale di tutti i sacerdoti”. Era anche la massima autorità cui io potessi rivolgermi. Il vescovo mi assicurò che ci avrebbe pensato lui e che dovevo stare tranquillo. Mi licenziò regalandomi un libro. Da allora non ho avuto più notizie dal vescovo, non ho più avuto a che fare con lui. Invece il giorno successivo ebbi notizie da don Puleo, perché si precipitò a casa mia e mi rimproverò aspramente perché gli avevo fatto perdere la fiducia del vescovo.
Dunque il vescovo, in seguito al colloquio con te, l’aveva chiamato?

Sì. Mi disse che il vescovo lo aveva mandato a chiedermi scusa se mi aveva provocato dei turbamenti.

Come si è arrivati alla denuncia davanti all’autorità giudiziaria?

Qualche giorno dopo parlai con il mio parroco, don Giuseppe Veneziano, che tra l’altro era stato suo retto! re quand o don Puleo era in seminario. Si meravigliò del mio racconto, sia perché don Puleo era stimato in diocesi, sia perché il vescovo non gliene aveva fatto parola. Successivamente mi chiamò per dirmi che aveva parlato col vescovo. “Questa storia con don Puleo è acqua passata, ormai sono anni che è successa, tu stai tranquillo, fatti la tua vita, chiudiamola qui”. Intanto però don Puleo continuava a fare il parroco. Era nella parrocchia del Villaggio Giordano, a Palma di Montechiaro.

Neanche un’ammonizione al prete?

Non so che dire. Però, a seguito di non so quali vicende, due anni fa, è stato spostato e gli è stata affidata un’altra parrocchia: non è più a Palma di Montechiaro ma in un piccolo paesino nei dintorni di Agrigento, Sant’Anna.

A causa di altre vicende di pedofilia?

Beh, tre di questi ragazzi sono di Palma di Montechiaro. Qualcuno avrà saputo qualcosa… Ma non posso dirlo con certezza.

Don Gaetano Montana è ancora al suo posto?

Sì, continua a fare il rettore del seminario arcivescovile. Mi chiedo come sia possibile. Altri ragazzi possono passare le stesse mie disavventure e nessuno li difenderà. Dico questo perché, riguardo a don Gaetano, devo aggiungere una cosa. Non avendo raggiunto alcun risultato con i miei colloqui, ho parlato con i miei genitori, i quali hanno contattato un avvocato. Questi, prima di fare l’esposto alla magistratura (presentato poi nella primavera del 2001), ha voluto incontrare il vescovo per capire come mai la massima autorità non avesse preso alcun provvedimento. Il vescovo rispose che lui era super partes, che bisognava prendersela con il prete e che comunque il polverone che sarebbe seguito allo scandalo non conveniva a nessuno.

Dopo la presentazione dell’esposto cos’è successo?

Parlai con il Sostituto Procuratore che chiamò tutte le persone che io avevo citato.

Facesti anche il nome del vescovo fra le persone informate dei fatti?

Sì, e furono chiamate. Ma non so se fu chiamato anche il vescovo. Fui messoa confronto con il parroco, don Giuseppe Veneziano, e con il rettore, don Gaetano Montana. Il parroco inizialmente negò che gli avevo parlato degli abusi subiti. Poi, caduto in contraddizione, si è trincerato dietro il segreto confessionale. Cosa che non sta in piedi: io non mi ero confidato con lui in confessione. Il rettore non negò, anche se disse che non ricordava bene quando gli avevo parlato della mia storia. Alla domanda: “come mai non parlò con il vescovo?”, rispose che era preso da altre cose, c’era da ristrutturare il seminario, e siccome il ragazzo, cioè io, sembrava abbastanza tranquillo, tutta la faccenda si poteva rimandare. Lui parlò con il vescovo quando questi, in seguito al nostro colloquio, lo interpellò.

Qualche giorno fa, il 7 luglio, don Puleo è stato condannato a due anni e sei mesi di reclusione. Finisce qui o farai ulteriori mosse?

Intendo intentare una causa civile contro le persone che hanno un ruolo di responsabilità in situazioni del genere. Certamente il rettore del seminario, ma tanto più il vescovo, il quale, pur non avendo responsabilità penale, è civilmente – e moralmente – responsabile. Avrebbe dovuto prendere provvedimenti che non ha preso. A me non risulta che il vescovo sia mai stato interrogato: attendo di prendere visione di tutti gli atti processuali per averne conferma.

Un’altra cosa che intendo fare, ed è il motivo per cui all’università sto studiando psicologia, è aiutare le persone che subiscono abusi. Per la qual cosa ho già fondato un’associazione, che deve diventare uno sportello di ascolto



Martedì, 13 luglio 2004


Scandalo pedofilia in seminario, choc in

 Austria

di Paolo Valentino

Il direttore e il vice dell’istituto si sono dimessi. Sei anni fa il primate di Vienna costretto a lasciare per una vicenda di abusi
martedì 13 luglio 2004 , tratto da il Corriere della Sera. Una nota di Giovanni Felice Mapelli.

Nella foto i protagonisti dello scandalo pornografia nel seminario austriaco: mons Kurt Krenn, vescovo di Saint Poelten e mons Capellari

Inchiesta su 40 mila foto e filmati trovati nella biblioteca della più conservatrice scuola cattolica per sacerdoti

In apparenza è un seminario. Anzi, il più tradizionalista e ultraconservatore dei seminari cattolici in Austria, luogo di religiosa purezza, preghiera e pio magistero alla cura delle anime, dove volentieri l’anziano arcivescovo Kurt Krenn predicava, bollando con parole di fuoco i rei contro natura.

In realtà, quello della diocesi di Sankt Pölten, ottanta chilometri a Ovest di Vienna, è stato in questi anni un antro di orchi pedofili, teatro di perversioni peccaminose, una Sodoma asburgica dove preposti e seminaristi indulgevano spesso e volentieri in orge omosessuali, giochi erotici e notti scandite da alcol e sesso, al posto delle orazioni. Qualcuno parla anche di parodie naziste e cerimonie ufficialmente esecrate dal Vaticano, come la celebrazione di un finto matrimonio gay, fra due aspiranti preti, officiato dal direttore, inutile precisare tutti in costume adamitico.

C’è ancora del marcio nella Chiesa austriaca. A sei anni dallo scandalo del cardinale Hans Hermann Groer, l’ex primate, morto nel 2003, che era stato riconosciuto colpevole di aver sessualmente abusato di giovani religiosi, una nuova, devastante scoperta scuote le fondamenta del cattolicesimo viennese.

Non più sospetti o bugie di “querulanti ubriachi”, come aveva fin qui sostenuto monsignor Krenn, capo della diocesi incriminata, quando il tema era più volte venuto a galla in passato. Ma un’incredibile documentazione fotografica, scoperta un anno fa nei computer della biblioteca del seminario e ora al vaglio delle autorità di polizia, in attesa della formale apertura di un’inchiesta criminale da parte della magistratura. Almeno 40 mila istantanee e una quantità imprecisata di filmati pornografici, che illustrano con precisione e ricchezza di dettagli gli esercizi, non esattamente spirituali, di Sankt Pölten. Alcune di queste ! comprend erebbero atti sessuali dei preposti con minorenni.

A svelare lo scandalo, il settimanale Profil , che nell’edizione in edicola ieri ha pubblicato alcune delle foto, dove i religiosi e i loro allievi vengono immortalati mentre si baciano appassionatamente sulla bocca. Secondo il periodico, l’inchiesta è partita, dopo che diverse immagini e film girati a Sankt Pölten erano apparsi su un sito a luci rosse polacco.

Il direttore del seminario, Ulrich Küchl e il suo vice, Wolfgang Rothe, si sono dimessi, pur protestando la loro innocenza. Su di loro pende l’accusa di pedofilia. La diocesi si è schierata a quadrato in loro difesa. Monsignor Krenn, soprattutto, ha definito gli addebiti infondati, liquidando addirittura le foto, che ha ammesso di aver visto, come “ragazzate”.

Fortunatamente, i vertici della Chiesa viennese sono di ben altro parere. “Tutto ciò che ha a che fare con la pratica dell’omosessualità, non può trovare spazio in un seminario per preti”, recita un comunicato della Conferenza episcopale austriaca, che ha anche annunciato l’avvio di una indagine interna, al termine della quale non è difficile prevedere le dimissioni di Krenn, 68 anni, da vescovo di Sankt Pölten.

E in questo senso si sono già levate diverse voci dall’interno del mondo cattolico: “Krenn è il vero responsabile e deve rispondere di tutto questo davanti alla Chiesa e a Dio”. ha detto Martin Walchhofer, il prelato che supervisiona tutti i seminari austriaci. Anche la politica è intervenuta. “Collezionare materiale pornografico, che coinvolge bambini, non può essere liquidato come una ragazzata”, ha dichiarato Thomas Huber, leader dei Verdi. Un portavoce dell’opposizione socialdemocratica, Hannes Jarolim, ha chiesto al ministero dell’Interno di indagare per favoreggiamento nei confronti dello stesso arcivescovo e aprire una procedura formale.

Secondo Profil , una foto documenterebbe la celebrazione del matrimonio gay da parte del rever! endo K Cchl. Il resto del materiale, con le parole del procuratore Walter Nemec, “mostra i seminaristi in situazione perverse con i loro superiori”.

Un seminarista di Sankt Pölten, citato dal settimanale, afferma che “tutti sapevano cosa succedesse da noi, non era possibile ignorarlo, ma nella Chiesa domina un silenzio di piombo, quando si tratta di temi tabù, semplicemente non sappiamo in che modo affrontare correttamente il problema”. Quelli che avevano provato a parlarne direttamente con i due superiori o con Krenn, sono stati subito identificati da loro come nemici e isolati.

Anche la polizia, afferma Profil , avrebbe trovato all’inizio grosse difficoltà a rompere il muro dell’omertà di Sankt Pölten, dopo la scoperta del materiale e le prime denunce inviate via email da alcuni seminaristi.

Paolo Valentino
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Un commento di Giovanni F. Mapelli:

Non condivido il tono e l’equiparazione che l’articolo fa tra omosessualità perversione
e l’equiparazione con pedofilia: c’è una CONFUSIONE GENERALE DI CHE SI PARLA?
Anche tra preti consenzienti non è definibile come perversione! (dov’è il rispetto per l’intimità delle persone…?).
IL TABU’ DELLA GERARCHIA FOMENTA QUESTE VISIONI MORBOSE SUI GIORNALI LAICI. Vogliono processare i sentimenti? (se non c’è abuso ovviamente)
PER ME E’ UN PROCESSO STAMPA, UNA CAMPAGNA DIFFAMATORIA IN GRANDE STILE CONTRO L’OMOSESSUALITA’ (nascosta) del CLERO.



Mercoledì, 14 luglio 2004


Pedofilia nella Chiesa Cattolica Italiana


Eccellenza, lei sapeva e taceva.

di Marco Marchese
(ex seminarista del seminario di Agrigento)

Ragazzo abusato in seminario scrive al vescovo di Agrigento.
Da ADISTA n. 54 del 17-7-2004

DOC-1539. AGRIGENTO-ADISTA. Un prete abusa di lui, dodicenne, sessualmente. Nel seminario arcivescovile di Agrigento che si trova nella vicinissima Favara. Per quattro anni. Prende coraggio Marco Marchese e racconta le sue sofferenze al vescovo, mons. Carmelo Ferraro di Agrigento. Vuole che nessun altro bambino o ragazzo debba patire quello che lui ha patito. Quel prete, don Bruno Puleo, è malato, sostiene Marco; lo faccia curare, chiede al vescovo, perché non possa più fare del male. Lo tranquillizza il vescovo: “ci penso io”. Ma l’unica cosa che fa è ’obbligare’ il reo a chiedere scusa all’offeso. E nulla più. Altri sette ragazzi, si viene a sapere poi, hanno subìto le attenzioni e le carezze morbose di don Puleo.
Raccontiamo tutta la vicenda nel numero blu allegato, in un’intervista a Marco Marchese. Qui di seguito, invece, la lettera che Marco ha inviato l’8 luglio al vescovo Ferraro.


Scrivo a lei, Eccellenza reverendissima monsignor Carmelo Ferraro, arcivescovo metropolita della Chiesa Agrigentina.
Scrivo proprio a lei che, una sera di novembre del 2000, ha ascoltato, quasi con indifferenza, il mio racconto. Forse lei non immagina nemmeno quanto mi sia costato, in quell’occasione, rivivere i momenti più brutti della mia vita.
Ma a lei che importa?
Scrivo a lei perché sono addolorato e profondamente amareggiato dal suo silenzio. Non per lei, di cui m’importa ben poco, ma per questa povera Chiesa, che si ritrova ad essere guidata da una persona che non ha saputo dirigere il gregge affidatogli, soprattutto i piccoli e gli indifesi.
Monsignor Wilton Gregory, presidente dei vescovi americani ha detto (la Repubblica, 21 febbraio 2002): “Ciò che abbiamo fatto o non abbiamo fatto ha contribuito all’abuso sessuale di bambini e giovani da parte del clero e di persone all’interno della Chiesa”. Forse si starà chiedendo cosa ha a che fare tutto ciò con lei, si chiederà cosa ha fatto o non ha fatto ed io le voglio subito venire in aiuto. Lei era tenuto come tutti i vescovi diocesani ad informare tempestivamente la Congregazione Vaticana per la Dottrina della Fede delle eventuali accuse di pedofilia contro sacerdoti cattolici. Non sono io a dirlo, ma due documenti tratti dagli Acta Apostolicae Sedis, gazzetta ufficiale della Santa Sede, secondo cui i presuli debbono svolgere indagini nel caso vi sia anche solo il sospetto di pedofilia nei confronti di preti! Lei cosa ha fatto? Mi chiedo: perché lei, venuto a conoscenza di fatti sì gravi non ha preso alcun provvedimento seguendo il monito della Santa Sede? Cosa voleva che accadesse? Che io ritrattassi? Voleva forse recuperare il colpevole? E come? Facendo finta di niente? Lasciando il prete al suo posto, in mezzo alla gente, ai giovani e ai bambini per oltre un anno e mezzo? O voleva forse salvare l’onorabilità dell’istituzione? La piaga all’interno della Chiesa aumenta sempre più, nonostante la Chiesa abbia elaborato strumenti d’intervento a livello locale e universale senza riuscire a utilizzarli! E lo sa perché? Perché chi dovrebbe farlo tace, per paura o meno, si nasconde dietro al silenzio, portando ad una rovina ancora più grande e sono sicuro che se non avessi denunciato il fatto alla Procura, lei se ne starebbe ancora con le mani in mano.
Mi chiedo, però, come mai, in occasione dell’attentato alla chiesa madre di Favara, in particolare per l’incendio del portone principale, lei (Il Giornale di Sicilia, maggio 2000, cronaca di Agrigento) definì il silenzio di chi sapeva come connivenza. E il suo silenzio attorno alla mia vicenda? Come bisogna definirlo? E mi viene da pensare che altre vicende simili alla mia siano state taciute, sotterrate nel silenzio! E chissà quante! Cosa sarebbe stato se non avessi raccontato a nessuno quanto successomi all’età di dodici anni in seminario a Favara? Glielo dico io: avrei continuato a soffrire in silenzio senza però l’amara delusione di vedere le persone che mi hanno ascoltato rimanere con le mani in mano; non avrei richiamato alla mente una vicenda che per me andava cancellata, che per me era troppo pesante. Non avrei avuto la grande delusione di aver accanto persone ipocrite, conniventi e mi fermo qui.
Si ricorda quando nella stessa occasione del portone bruciato ha decretato un anno di preghiera in riparazione del sacrilegio compiuto? Un anno di preghiera, un rosario perpetuo, recitato ventiquattro ore su ventiquattro, perché “tutti siamo responsabili di tutti”, così si leggeva sul giornale.
Le chiedo allora: quanto bisogna pregare per una infanzia bruciata, per un cuore che per sei anni non ha smesso di piangere in silenzio? Bruciare l’infanzia di un ragazzo non è più di un sacrilegio? E quanti rosari perpetui bisogna recitare per i mangia-bambini? E per quelle persone che pur sapendo, compreso lei, hanno fatto finta di niente? Non le viene in mente, al riguardo, la parabola del buon samaritano e soprattutto quelle persone, sacerdote e levita, che vedendo passarono oltre? Lei chi si sente di essere tra queste persone? Forse il buon samaritano? Ad essere sincero non mi importa nulla di quello che si sente. Mi importa dei bambini! Le ho raccontato di me, rivivendo per l’ennesima volta quello che lei, evidentemente, non può capire, quello che non ho mai saputo dimenticare e le chiedo: cosa ha fatto? Mi risuonano ancora le parole da lei pronunciate in occasione dell’abbattimento di alcune abitazioni abusive presso la Valle dei Templi: “Il Vangelo è passione d’amore per la verità. Quando è la dignità di un popolo ad essere compromessa, allora non posso tacere” (Il Giornale di Sicilia, 2 febbraio 2000, cronaca di Agrigento). Sicuramente tra i suoi tanti impegni ad alzare la voce in difesa dei deboli e in difesa della verità, non ha potuto leggere bene la lettera inviata dal santo Padre ai sacerdoti il giovedì santo, laddove affermava la vicinanza a coloro che hanno dovuto subire le conseguenze dei peccati dovuti al tradimento di preti ai loro voti e lo sforzo di rispondere secondo verità e giustizia ad ogni penosa situazione.
Ricordi bene che la dignità umana e la sacralità dei bambini vengono prima di ogni cosa! È questo cui la Chiesa mi ha insegnato a credere, ma evidentemente crediamo o abbiamo conosciuto un Dio diverso. Sì, perché se lei credesse nello stesso mio Dio, Padre, che ama e consola gli afflitti, Figlio, che si fa voce degli ultimi e dei più deboli, e Spirito Santo, che infonde forza e coraggio per sostenere la verità e la giustizia, ne avrebbe lo stesso timore che ne ho io! Avrebbe timore di questo Dio che dice: “Chiunque scandalizza uno solo di questi più piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo un macina d’asino e fosse gettato negli abissi del mare”; “chi accoglie anche uno solo di questi più piccoli in nome mio, accoglie me”; “i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre” (e gridano vendetta agli occhi di Dio). Ne parla tanto il Vangelo che lei instancabilmente annuncia, ma evidentemente del Vangelo si ricorda solo quello che fa più comodo!
Sono convinto che per fare certe scelte e affrontare certi problemi che magari comportano dei rischi per la propria immagine o la mettono in gioco, ci vuole molto coraggio. Penso altresì che, per chi ha un po’ di coscienza e di fede, ci vorrà molto più coraggio nel presentarsi dinanzi a Dio che, preti o meno, ci chiederà conto di tutto. Dov’è la sua coscienza? Forse non faccio parte anche io come tanti altri ragazzi (i cui pianti, le cui sofferenze le dovranno pesare) del gregge che è affidato proprio a lei da Dio e dalla Chiesa? Non è lei che se ne deve prendere cura e non è a lei che Dio ne chiederà conto? Forse lei è immune al giudizio di Dio e degli uomini?
Tra le poche persone che mi hanno sostenuto nella mia vicenda vi è il Santo Padre che continua a darmi speranza. Egli che ha rifiutato categoricamente gli infingimenti, le omertà, le complicità. Il papa non ha taciuto!
Mi ritornano alla mente le parole del cardinale Ersilio Tonini secondo cui è meglio avere dieci sacerdoti in meno che averne uno sbagliato. La pedofilia e l’omosessualità vanno affrontati tempestivamente e con fermezza! (Jesus, luglio 2002). Disse altresì che i rettori dei seminari e i direttori spirituali non possono permettersi di lasciar correre!
Non è a lei che la Chiesa chiede e impone di accertare l’integrità dei seminaristi e di quanti si accostano all’ordine sacro? Non è lei che ha ordinato quel giovane prete? Non è stato lei a decidere quali giovani seminaristi dovevano essere assistenti dei ragazzi del seminario di Favara?
Lo sa perché le ho raccontato di me quella sera di novembre? Perché credevo in lei, credevo che lei, quale pastore di questo gregge e difensore dei più piccoli e più deboli, avrebbe ascoltato il mio grido e avrebbe impedito altre “carneficine” di bambini e di sogni!
Concludo, Eccellenza, rinnovando la mia fiducia nella Chiesa di Cristo e a sua Santità Giovanni Paolo II che, rivolto ai giovani riuniti a Toronto, ha avuto il coraggio, ancora una volta, di dire: “Mi vergogno per i preti pedofili e per chi ha coperto con il silenzio questi abomini”.
Possano queste parole risvegliare la sua coscienza, assopita in un torpore durato troppo a lungo.
Marco Marchese
(ex seminarista del seminario di Agrigento)



Mercoledì, 14 luglio 2004


Pedofilia in Austria: denunciato novizio

 polacco

AGI On-line

PEDOFILIA, IN AUSTRIA DENUNCIATO NOVIZIO POLACCO
(AGI) – Vienna, 19 lug. – L’inchiesta sullo scandalo a sfondo sessuale scoppiato nel seminario cattolico di Sankt Poelten, a ovest di Vienna, ha portato all’incriminazione di un novizio polacco ventisettenne per reati legati alla pedofilia.
   Dall’esame del suo computer personale e’ risultato che si era collegato a siti pedofili. Anche dal computer centrale del seminario e’ stato scaricato materiale pedofilo, ma gli inquirenti non sono stati in grado di determinare responsabilita’ individuali perche’ tutti i seminaristi usavano la stessa parola d’accesso. Essi hanno escluso, tuttavia, che il novizio polacco abbia visionato il materiale pedofilo del computer centrale. In relazione al contenuto dei due computer, in una nota la procura parla di “rappresentazioni pornografiche di minori e di pornografia cosiddetta violenta”.
   Gli inquirenti hanno disposto il sequestro di otto computer personali e del computer centrale del seminario di Sankt Poelten su richiesta della direzione dopo che, a fine 2003, un tecnico che aveva esaminato il computer centrale per eliminare un problema legato a un virus aveva scoperto che era stato scaricato materiale pedofilo. Questa inchiesta, unita allo scandalo provocato dalle pubblicazione di foto sullo scambio di effusione fra sacerdoti e novizi ha avuto vasta eco fra i cattolici austriaci e determinato richieste di dimissioni per il titolare della diocesi di Sankt Poeltern, monsignor Kurt Krenn.
   –
191545 LUG 04



AUSTRIA/ SCANDALO SESSUALE SEMINARIO, INCRIMINATO UNO STUDENTE
Si tratta di un seminarista polacco di 27 anni
lunedì 19 luglio 2004 , di APC


Un seminarista polacco di 27 anni è stato incriminato per possesso e distribuzione di materiale pedo-pornografico. Lo ha reso noto oggi il magistrato austriaco, Walter Nemec. L’incriminazione è maturata nel corso delle indagini sullo scandalo scoppiato all’interno della Chiesa austriaca in seguito alla pubblicazione di migliaia di foto pedo-pornografiche scattate nel seminario di Saint Poelten, 80 chilometri circa a ovest di Vienna.

Il magistrato ha rilasciato una dichiarazione in cui si precisa che il seminarista polacco, la cui identità non è stata diffusa, ha scaricato “numerose” foto vietate da un sito web localizzato in Polonia.

Anche il cancelliere austriaco Wolfgang Schuessel ha denunciato apertamente lo scandalo. Schuessel, che ha chiarito di non parlare in virtù del suo ruolo istituzionale ma come credente e cattolico, ha chiesto una spiegazione esauriente sulla vicenda.

Le autorità del posto hanno sequestrato alcuni computer nell’ambito delle indagini al seminario. Sono state trovate almeno 40mila immagini a sfondo sessuale, ma il vescovo Kurt Krenn, responsabile della diocesi, ha giudicato la vicenda “un po’ esagerata e montata” nel corso di un’intervista trasmessa dalla tv austriaca. Secondo lui, si è trattato essenzialmente di uno “scherzo di cattivo gusto, una cosa da ragazzini”.
Il vescovo di St. Poelten, che ha respinto la richiesta di dimissioni, ha sottolineato che non esiste “alcuna prova” di atti di omosessualità all’interno del seminario. Nemmeno una foto che mostra il vice-rettore che bacia appassionatamente un seminarista dimostrerebbe alcunché (“Era una festa di Natale, alla fine si sono dati il bacio natalizio, non ha niente a che fare con l’omosessualità” ha dichiarato il porporato).

Eppure il servizio di lunedì 12 luglio dell’autorevole settimanale austriaco Profil, basato anche scoperta di un numero imprecisato di video a sfondo erotico, sembrerebbe dimostrare il contrario. I vertici della Chiesa per la prima volta hanno scoperto il materiale un anno fa su un computer del seminario, ha precisato Profil. In esso figuravano numerose immagini di giovani preti e loro insegnanti che si baciavano e indulgevano in giochi sessuali e orge.

L’organo di stampa ha precisato che il direttore del seminario, il reverendo Ulrich Kuechl, ha già rassegnato le dimissioni e anche il suo vice, lfgang Rothe, le ha sottoposte al suo superiore. “Ho delle responsabilità e me le assumo” ha commentato il vescovo Krenn, ma “non avevo niente a che vedere con queste cose, anche se ovviamente sono di mia competenza”. Il caso ha suscitato molto scalpore nel Paese a maggioranza cattolica, dove i vertici ecclesiastici stanno ancora tentando di superare le divisioni create dalle accuse di molestie nei confronti di studenti minorenni da parte del cardinale Hans Hermann Groer, costretto a rassegnare le dimissioni nel 1995 dall’arcidiocesi di Vienna.



Martedì, 20 luglio 2004


Scandalo pedofilia in Austria


Nominato dal Vaticano un visitatore

 apostolico

Di seguito la notizia così come è stata riportata dall’agenzia della CEI SIR e dal sito Tamles.

articolo tratto da TAMLES
Un vescovo ultraconservatore che dichiara un bacio sulla bocca una forma di gioia natalizia… speriamo che riconosca la stessa gioia natalizia in tutte le coppie omosessuali, sarebbe una bella estensione del concetto!

IL CASO – Lo scandalo in un seminario 

L´invio da Roma del visitatore apostolico è un atto rarissimo

MARCO POLITI
CITTA´ DEL VATICANO – Un altro colpo per papa Wojtyla. Dopo la serie infinita dei processi per pedofilia nelle diocesi Usa, sono arrivate fino in Vaticano le ondate fangose dello scandalo del seminario austriaco di Sankt Poelten, in Austria, dove gli inquirenti hanno trovato materiale pornografico in quantità industriali mentre sui giornali sono finite le foto del rettore Ulrich Kuechl (dimessosi il 5 luglio) e del vicerettore Wolfgang Rothe, ritratti in atteggiamenti “inequivocabili” ognuno con un seminarista diverso.
Ad aumentare la vergogna sono state le prime dichiarazioni del vescovo di Sankt Poelten, monsignor Kurt Krenn – un ultraconservatore che si è sempre proclamato fedele del pontefice ad oltranza – che aveva definito alla tv austriaca tutta la vicenda “esagerata e montata”, sostenendo che il bacio in bocca del vicerettore Rothe con un allievo (foto pubblicata dal settimanale “Profil”) andava considerato solo un momento di gioia natalizia. “Era una festa di Natale – ha detto testualmente monsignor Krenn – e alla fine si sono dati un bacio. Non ha niente a che fare con l´omosessualità”.
Papa Wojtyla sembra meno tranquillo. Ieri ha inviato ufficialmente nella diocesi un “visitatore apostolico”, l´equivalente di un commissario straordinario, con l´incarico di indagare particolarmente sul seminario, la diffusione di materiale pedo-pornografico (sono stati trovate quarantamila foto e parecchi video), relazioni erotiche ed eventuali abusi sessuali. Per la Chiesa austriaca lo scandalo è una disgrazia che segue di pochi anni l´altro scandalo a sfondo sessuale, che coinvolse negli anni Novanta l´arcivescovo di Vienna cardinale Hans Groer, poi dimessosi nel 1998 e morto ritirato nel 2003. Nei giorni scorsi il cancelliere austriaco Wolfgang Schuessel aveva dichiarato pubblicamente: “In Austria Stato e Chiesa sono separati, per questo non ho alcun diritto di prendere posizione come cancelliere… ma come credente e cattolico voglio una spiegazione immediata e sincera”.
L´invio di un “visitatore apostolico”, cioè di un alto commissario-inquirente vaticano, è un atto rarissimo. La persona incaricata dal pontefice, mons. Klaus Kung, vescovo di Feldkirch, si è detto consapevole che si tratta di una responsabilità “delicata e difficile”, ma ha sottolineato di voler “procedere in maniera approfondita e immediata per rafforzare la fiducia che i fedeli nutrono nei confronti della Chiesa e del Santo Padre”.
La procura austriaca, dal canto suo, ha già iniziato a indagare. E´ stata annunciata l´incriminazione per possesso di materiale pedofilo e pornografico di un novizio polacco ventisettenne, che peraltro è già stato allontanato dal seminario. In stato di stallo sono invece le indagini su otto altri seminaristi, poiché per ora non è stato possibile scoprire – data la molteplicità di password di accesso – chi abbia effettivamente visionato siti pedofili e pornografici su un computer dove furono trovate scaricate migliaia di immagini porno. “Di questa vicenda – aveva dichiarato una settimana fa alla rivista “News” il vescovo Krenn – alla conferenza episcopale non deve importare un accidente”. Più di quanto potesse tollerare il Vaticano.

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La notizia data dall’agenzia SIR del 20-7-2004

16:56 – ST. PÖLTEN, NOMINA DI MONS. KÜNG, CARD. SCHÖNBORN (VESCOVI AUSTRIA): “PASSO VERSO IL RISANAMENTO DELLA SITUAZIONE”
Il card. Christoph Schönborn, presidente della Conferenza episcopale austriaca, ha definito oggi la nomina di mons. Klaus Küng, vescovo di Feldkirch, quale visitatore apostolico per la diocesi di St. Pölten, un “provvedimento “straordinario e raro”. Il cardinale ha spiegato che il visitatore apostolico, responsabile solo dinanzi al Papa, ha il compito di “informarsi quanto più rapidamente circa tutti gli avvenimenti” a St. Pölten “e di assicurarsi che l’ordine della Chiesa universale venga rispettato e ripristinato all’interno della diocesi e in particolare anche nel seminario”. Con questa nomina papale viene meno anche la commissione d’inchiesta istituita da mons. Krenn, vescovo di St. Pölten, poiché, ha aggiunto il cardinale, “in quanto visitatore apostolico per la diocesi, mons. Küng dispone di pieni poteri anche nei confronti del seminario”. Schönborn ha comunicato che “tutte le decisioni importanti” e le “prese di posizione ufficiali” debbono essere concordate con il visitatore, che dispone di “ampi poteri” durante il periodo di carica. “Penso che ciò sia importante affinché possa lavorare in pace e con decisione”, ha aggiunto. Schönborn ha definito il provvedimento della Santa Sede “un importante passo verso il risanamento della situazione”. “Ormai sappiamo tutti, e percepiamo dolorosamente che un tale risanamento è necessario. Molte persone sono state irritate, deluse, rattristate o furibonde” da quanto avvenuto, ha osservato, pur sottolineando che la reazione della Chiesa austriaca e del Papa sia stata immediata. Il cardinale non ha fatto previsioni sulla durata della permanenza di mons. Küng a St. Pölten: “daremo il nostro sostegno a mons. Küng ed egli stesso troverà molto sostegno nella diocesi”, ha dichiarato. Da parte sua, mons. Küng, ha annunciato che si “occuperà immediatamente del seminario”. Il vescovo ha sottolineato di voler cercare il dialogo con i responsabili, “a partire dai vescovi e da tutti i responsabili della diocesi”. “Interverrò certamente – ha affermato – laddove sia necessario per far sì che vengano esaminati tutti gli eventi e per far chiarezza su quanto accaduto e per decidere il da farsi”.




Giovedì, 22 luglio 2004


Austria: forte aumento uscite dalla Chiesa

 cattolica

VIENNA – Chiesa cattolica in Austria soffre in questo momento una pesante emorragia di fedeli, come conseguenza degli scandali sollevati il mese scorso dai presunti rapporti omosessuali e dalle fotografie pedo-pornografiche nel seminario di St.Poelten, nel frattempo chiuso dal Vaticano.

Il quotidiano conservatore di Vienna “Die Presse” ha pubbicato oggi i primi dati ufficiali, relativi al periodo dopo la scoperta degli scandali, sui cittadini che sono andati in comune a farsi cancellare ufficialmente dalle liste della Chiesa cattolica: a Vienna a luglio le uscite sono state del 30% superiori allo stesso mese dello scorso anno.

A St.Poelten, dove aveva sede il “seminario a luci rosse”, l’aumento è stato del 186% (in cifre, 80 fedeli si sono fatti cancellare a luglio 2004, rispetto a 28 del luglio 2003). Il fenomeno avrà poi conseguenze economiche in termini di quote della dichiarazione dei redditi, ma il risultato si vedrà il prossimo anno.

Da SWISSINFO



Mercoledì, 01 settembre 2004


PRETI PEDOFILI


Vaticano sapeva di scandalo St.Polten da anni

Lo sostengono alcuni testimoni in un documentario televisivo

di APC

Roma, 20 ago. (Apcom) – Nel documentario televisivo dedicato allo scandalo del seminario di St. Polten il network tedesco ARD ha intervistato alcuni testimoni, che sostengono all’unaminità una tesi molto scomoda: il vescovo Kurt Krenn (che aveva definito lo scandalo come innocui “giochi da ragazzi”) e degli alti prelati erano a conoscenza delle abitudini del seminario, dei suoi festini omosessuali e delle foto proibite.

Intanto un servizio radiofonico del Suedwestrundfunk sostiene che anche il Vaticano sapesse delle attività  omosessuali e questo da almeno due anni.

Nel documentario, che andrà in onda domenica sera, un ex-seminarista racconta per la prima volta le abitudini di St. Polten, ora chiuso dall’inviato del Papa che ha ritenuto obbligatorio un “nuovo inizio”.

Un testimone interno sostiene che la morale all’interno del seminario fosse praticamente assente e che i preti avessero spesso rapporti sessuali con i seminaristi, definiti “carne fresca e giovane”. “Quel posto era come una palude” racconta l’uomo. “E’ molto triste”, conclude il testimone, che è stato addirittura minacciato di morte, “che il Vaticano abbia reagito solamente dopo che i media avevano portato alla luce questa sordida situazione”. Il Vaticano quindi, secondo le accuse di molti, avrebbe saputo dei sex party nel seminario, ma non avrebbe fatto nulla per contrastarli.

Già nel 1999 la Conferenza dei Vescovi tedesca aveva dovuto stilare un documento che regolasse i casi riguardanti i seminaristi gay; avevano concordato sul fatto che gli omosessuali potessero diventare preti, a patto di non ammetterlo mai in pubblico e di attenersi severamente alle regole del celibato. Era inoltre vietato frequentare “luoghi disdicevoli” quali bar e discoteche.

Secondo l’indagine del SWR su 27 diocesi tedesche, la maggior parte di esse si sarebbe attenute alle regole per scegliere i futuri preti.

Ma, come fa notare a SWR il novizio Stefan Kiechle, “la tentazione siede nella camera accanto”.

Nel seminario di St. Polten furono ritrovate 40.000 foto pornografiche e svariati filmini, nei quali erano visibili anche dei bambini. Un giovane seminarista è stato condannato a 6 mesi di prigione a causa del possesso di materiale pedopornografico.



Mercoledì, 01 settembre 2004


AUSTRIA: CONDANNA SOFT PER IL

 SEMINARISTA CHE SCARICAVA FOTO

 PORNO DA INTERNET

Da Agenzia Adista n° 61 dell’11 settembre 2004

32480. ST. PÖLTEN-ADISTA. Il capro espiatorio è saltato fuori. Il 27enne seminarista polacco Piotr Z., accusato nell’ambito dello scandalo che ha coinvolto il seminario di St. Pölten (v. Adista n. 55 e 57/04) di avere scaricato da Internet 1.700 fotografie pornografiche, tra le quali molte di carattere pedofilo, è stato già processato e condannato a sei mesi di reclusione con libertà condizionata. I giudici sono stati clementi: per questo reato è prevista una pena da uno a due anni di carcere.
Ma lui si è mostrato molto contrito: “Confesso di avere guardato le fotografie – ha ammesso – e me ne pento profondamente”. Il pubblico ministero lo ha anche interrogato sui motivi di un tentato suicidio di qualche settimana fa: “È stato per il dolore, per il rimorso, per il senso di colpa. Mi sono sentito così abbandonato. Non è tanto per me, quanto per la vergogna che ho procurato alla mia famiglia”.
Nel frattempo procede la visita apostolica di mons. Klaus Küng, incaricato dal papa il 21 luglio scorso di condurre indagini e ricerche sul caso, ma la conclusione è ancora lontana, ha affermato il segretario di Küng, Bernhard Augustin. Küng ha smentito intanto la notizia, diffusa dall’emittente televisiva ARD, secondo cui l’attività omosessuale all’interno del seminario (ci sono anche le foto del segretario di Krenn e vicerettore del seminario in ambiguo atteggiamento con il rettore) sarebbe stata nota al Vaticano e alla Conferenza episcopale austriaca già da un paio d’anni. Le prime “indicazioni significative”, ha detto, risalgono al novembre 2003, quando nel corso della ricerca di un virus nel sistema informatico del seminario sono state scoperte immagini pornografiche. E mentre colloqui e ricerche vengono condotte nella massima riservatezza, la rivista ultracattolica Der 13. afferma di aver già raccolto più di 3.000 firme a sostegno del vescovo di St. Pölten Kürt Krenn. “Giustizia per Krenn!”, recita il titolo dell’appello, che verrà inviato al papa.



Giovedì, 09 settembre 2004


Pedofilia: Usa; incriminato ex vescovo

 Springfield

Da SwissInfo

27 settembre 2004 21.57


NEW YORK – Il vescovo Thomas Dupre, ex capo della diocesi di Springfield in Massachusetts, è stato incriminato per pedofilia. Dupre è il primo prelato della Chiesa cattolica americana incriminato in uno scandalo di molestie sessuali. È accusato di aver abusato di due ragazzini negli anni Settanta.

Il vescovo, che ha 70 anni, si è dimesso in febbraio al nono anno di guida della diocesi dopo che un quotidiano aveva reso di dominio publico le accuse nei suoi confronti. La diocesi di Springfield ha già pagato parecchio per lo scandalo della pedofilia: negli ultimi mesi ha raggiunto un accordo con 46 vittime di preti molestatori che è costato sette milioni di dollari alle casse della Chiesa.

272154 sep 04
Tratto da SwissInfo



Martedì, 28 settembre 2004


AUSTRIA


Preti pedofili, si dimette il vescovo del

 seminario dello scandalo

Tratto da Il Resto del Carlino

Quarantamila foto pedopornografiche trovate nel suo seminario

Vienna, 30 settembre 2004 – Si è dimesso il vescovo austriaco Kurt Krenn, al centro dello scandalo pedopornografico che ha investito il seminario della diocesi di St. Poelten. Lo ha reso noto la stampa austriaca.
Il vescovo, responsabile del seminario dove le autorità del Paese hanno rinvenuto 40mila foto pornografiche (comprese quelle di bambini), ha scritto una lettera a papa Giovanni Paolo II in cui annuncia la sua decisione. Lo ha riportato la radio di stato austriaca.

Nell’edizione del quotidiano ’Der Standard’ in edicola oggi, Krenn ha dichiarato: “Si, sto rassegnando le miei dimissioni con effetto immediato da vescovo di St. Poelten”, la diocesi 80 chilometri a ovest di Vienna. Nè Krenn nè autorità della diocesi hanno voluto commentare la vicenda.

La radio austriaca, che ha citato fonti dei vertici della chiesa cattolica del Paese, ha spigato che le ricerche per il successore di Krenn sono ancora in corso.

Lo scandalo aveva indotto il papa Giovanni Paolo II ad inviare il vescovo Klaus Kueng a St. Poelten per indagare. A inizio agosto l’inviato apostolico aveva chiuso il seminario, ma Krenn era rimasto a capo della diocesi nonostante le numerose lamentele dei fedeli e della comunità che chiedevano il suo allontanamento.

Le foto ritraevano aspiranti preti mentre si baciavano o in atteggiamento di intimità. La polizia sta conducendo un’indagine autonoma.

Nell’intervista al Der Standard, Krenn ha spiegato che la sua scelta è autonoma e non dovuta alle pressioni provenienti da Roma. “Il Papa non costringe nessuno a dimettersi. Può chiedere al massimo a qualcuno di andarsene”, ha affermato il vescovo dimissionario.Fco



Giovedì, 30 settembre 2004


USA


I vescovi usa eleggono presidente un

 prelato discusso sulla pedofilia

Notizia Ansa con una nota di Giovanni Felice Mapelli

(ANSA) – NEW YORK, 15 NOV – La Conferenza dei vescovi cattolici americani ha un nuovo presidente, chiamato a proseguire la difficile opera di risanamento della Chiesa degli Stati Uniti, segnata negli ultimi anni dallo scandalo dei preti pedofili. Il vescovo William Skylstad, che guida la diocesi di Spokane (nello stato di Washington), prendera’ il posto di Wilton Gregory, il prelato nero di Belleville (Illinois) che ha guidato la Conferenza episcopale americana durante la sua crisi peggiore.

Il vescovo Skylstad, 70 anni, e’ stato eletto a grande maggioranza dai suoi colleghi nel corso di una riunione a Washington e sara’ il successore di Gregory dopo esserne stato per tre anni il vicepresidente. Con 120 voti – di gran lunga di piu’ degli altri possibili candidati – Skylstad ha ricevuto un mandato ampio dai vescovi americani, nonostante alcune polemiche della vigilia sulla sua figura.

La diocesi di Spokane la scorsa settimana e’ diventata la terza negli Usa a dichiarare bancarotta, per non essere in grado di far fronte alle richieste di risarcimenti per milioni di dollari da parte delle vittime di abusi da parte di membri del clero. Le organizzazioni che riuniscono le vittime della pedofilia hanno accusato il vescovo Skylstad di aver ’coperto’ sacerdoti sospetti nella sua diocesi e alcuni osservatori delle vicende della Chiesa cattolica si sono interrogati sulla sua capacita’ di gestire la Conferenza episcopale, in anni in cui sara’ impegnato a far fronte anche alla bancarotta della propria diocesi.

Ma tra i vescovi e’ prevalso il riconoscimento dell’esperienza di Skylstad e gli e’ stato affidato un mandato triennale che si preannuncia non meno intenso di quello che! sta per concludersi per il vescovo Gregory. Nella riunione di Washington, il cardinale della capitale, Theodore McCarrick, ha fatto il punto sulla riflessione avviata dalla Chiesa cattolica americana in tema di rapporto tra fede e vita pubblica: un terreno diventato di scottante attualita’ durante la campagna elettorale per la Casa Bianca, con le critiche rivolte da parte di alcuni vescovi all’atteggiamento del candidato cattolico John Kerry su temi come l’aborto o il matrimonio dei gay.(ANSA).

p. s.   nota amara  

come gli americani imperterriti eleggono Bush junior nonostante due guerre, violenze, torture, repressione della libertà e dell’informazione, disastri economici, falsità e menzogne… così i Vescovi USA si scelgono come presidente uno dei prelati coinvolti con la sua diocesi nello scadalo della pedofilia, che molti accusano di correità e coperture…..  che coraggio! dove va l’America?!…

  G.F.M.



Martedì, 16 novembre 2004


Pedofilia: Usa
Risarcimento record in diocesi Orange

 County  

3 dicembre 2004 19.31
NEW YORK – La diocesi di Orange County in California ha raggiunto un accordo con le vittime di molestie sessuali da parte di preti pedofili e pagherà una somma record a 87 persone. Secondo fonti vicine all’accordo, la cifra del risarcimento è ancora più alta degli 85 milioni di dollari pagati dalla diocesi di Boston, la città al centro dello scandalo della pedofilia nel clero cattolico. A Boston le vittime che hanno avuto accesso al risarcimento erano 552. “Voglio cogliere questa opportunità per rinnovare le scuse della diocesi e chiedere perdono”, ha dichiarato il vescovo Tod Brown nel comunicato che ha annunciato l’intesa. Il vescovo ha aggiunto che l’accordo raggiunto “servirà a compensare le vittime permettendo che le attività della chiesa continuino”. A Boston il maxi-risarcimento per lo scandalo della pedofilia ha svuotato le casse ecclesiastiche e portato alla chiusura di molte parrocchie e e alla vendita di beni immobili della diocesi tra cui la residenza privata dell’arcivescovo.
SDA-ATS



Lunedì, 06 dicembre 2004


Pedofilia nella chiesa


LA MULTINAZIONALE DELL’INCENSO, E LA

 STRANA MORTE …

di Massimo Mazzucco

Da: www.luogocomune.net

Inviato da: Mazzucco on 26/8/2003 15:12:00 (916 reads)

25.08.03 – Centotrenta ragazzini molestati nel corso di una irripetibile carriera, con la complicità di vescovi e cardinali dell’arcidiocesi di Boston, che continuavano a rimpallarselo di parrocchia in parrocchia invece di mandarlo a casa una volta per tutte. Avanti tranquilli a calpestare anime (e corpi), purchè “non si sapesse”.

Quando poi alla fine il bubbone è scoppiato lo stesso, si è anche capito il perchè: padre Geoghan non era un caso isolato, ma la punta dell’iceberg di una tale ragnatela di perversioni e coperture da far sembrare l’inferno la Saint-Tropez dell’aldilà.

I miloni di dollari che la Chiesa cattolica va esborsando da due anni a questa parte, per mettere a tacere le centinaia di cause che le piovono addosso da ogni dove, la stanno mettendo letteralmente in ginocchio, con tensioni interne (fra diocesi e diocesi, e fra queste e Roma), non difficili da immaginare.

Ma finora in galera, condannato a nove anni senza possibilità di sconti, c’ era finito solo lui, e questo forse, per chi sapeva sicuramente molte cose di questo putrido universo, non gli era mai andato giù fino in fondo.

Certo, non è bello sospettare che padre Geoghan sia stato ucciso “per ordini superiori”, ma è ancora meno bello fingere di credere alla versione ufficiale, dopo averla letta, pur di non doverlo fare.

Eccola infatti (New York Times, 25 Agosto 2003), per bocca di Robert Brouillette, …


… il portavoce della Massachusetts Correction Officers Federated Union.

L’omicidio sarebbe avvenuto subito dopo il rientro dalla mensa dei carcerati.

Joseph Druce, 37, a convicted murderer, slipped unnoticed into Mr. Geoghan’s cell in the prison’s protective-custody wing shortly before the guard on duty shut the large steel doors to each cell using a touch-screen computer.

Joseph Druce (di 37 anni, condannato per assassinio) si è furtivamente introdotto nella cella di Geoghan [al momento di rientrare dalla mensa], nell’ala di custodia protettiva [massima sicurezza] della prigione, un’attimo prima che la guardia incaricata chiudesse le pesanti porte d’acciaio con un comando sullo schermo “touch-screen” del suo computer.

There are usually two officers assigned to the high-security area where the two men were kept, but one officer was away from the area at the time.

Vi sono di solito due guardie assegnate all’area di massima sicurezza in cui i due erano detenuti, ma in quel momento una si era assentata dalla zona.

Mr. Druce bound and gagged Mr. Geoghan with bedsheets or clothing, then used some sort of material and a shoe or sneaker to fashion a crude garrote, which he tightened around Mr. Geoghan’s neck.

Mr. Druce ha legato e imbavagliato Geoghan con lenzuola o vestiario, poi ha usato un qualche materiale e una scarpa, forse da ginnastica, per costruire una rudimentale garrota, con cui ha stretto il collo di Geoghan.

The guard on duty heard noises coming from Mr. Geoghan’s cell, went to investigate and saw Mr. Druce standing on top of the bunk and jumping on and off Mr. Geoghan.

La guardia [rimasta] in servizio ha sentito dei rumori provenire dalla cella di Geoghan, è andata a vedere, e ha visto Druce in piedi sul letto che saltava ripetutamente sul corpo di Geoghan.

The guard quickly radioed for help, Mr. Brouillette said, but the six or so officers who had responded were delayed in getting into the cell because Mr. Druce had used paperback books to jam the door closed.


La guardia ha immediatamente chiesto aiuto via radio, ma la mezza dozzina circa di agenti intervenuti non è riuscita ad entrare subito nella cella, perchè Druce ne aveva bloccato la porta con dei libri tipo tascabili.

Once they did get in, the officers had to subdue Mr. Druce, who is now being held in isolation.

Una volta entrati, gli agenti hanno dovuto ridurre Druce all’impotenza, e si trova ora in isolamento.

Although the officers applied cardiopulmonary resuscitation procedures to Mr. Geoghan in the cell, Mr. Brouillette said, “it was pretty obvious that they weren’t going to revive him.”

Nonostante gli agenti, nella cella, abbiano praticato a Geoghan la procedura d’emergenza del massaggio cardio-polmonare, è parso subito chiaro che non sarebbero riusciti a rianimarlo.

Mr. Geoghan was taken to the University of Massachusetts Memorial Health Alliance Hospital in Leominster, where he was pronounced dead at 1:17 p.m. on Saturday

Geoghan è stato trasportato all’ospedale tal dei tali, dove è stato dichiarato morto alle 1:17 di sabato pomeriggio.

These guys have 24 hours a day, seven days a week, to do nothing but watch you,” Mr. Brouillette said. “Druce knew when the best opportunity to sneak into a cell was.”

Questa gente [i prigionieri] non ha niente di meglio da fare che studiare le tue mosse 24 ore al giorno, sette giorni la settimana. Druce sapeva con esattezza quale fosse per il momento migliore per infilarsi in una cella [altrui].

Ed ecco una breve scheda dell’assassino, da parte sempre di Brouillette: violentato da piccolo (che caso, spiega alcune cose), ergastolo per assassinio con strangolamento (che caso, ne spiega molte altre), neo-nazista che odia i negri, gli ebrei e gli omosessuali (che caso, le spiega quasi tutte).  Mancherebbe solo più il movente, ma di questi tempi se ne può fare tranquillamente a meno.

II PARTE

Quindi, riassumendo, avremmo prima di tutto questo curioso carcere dove sono i prigionieri a tenere d’occhio i secondini, e non viceversa, e nella cui zona di massima sicurezza esiste addirittura un momento preciso della giornata in cui puoi infilarti indisturbato nella cella di chi vuoi (manco in una pensione a due stelle, di notte, all’ultimo piano, in bassa stagione e col temporale, io ci riesco)! E nonostante ciò – se lo sanno i prigionieri, lo sapranno pure i secondini, no? –  è proprio quello il momento scelto dalla seconda, preziosissima guardia per andare a fare le sue commissioni!

Abbiamo inoltre un assassino che sa in anticipo che quella guardia si assenterà, e quindi si reca in sala mensa già con la sua scarpa-garrota, pronto ad infilarsi direttamente da Geoghan al ritorno. (Tanto non è più come una volta, che alla perquisizione, uscendo dalla mensa, ti smontavano anche le unghie dei piedi. Oggi ti chiedono educatamente “niente da dichiarare?”, tu fai un cenno con la testa se ti va, e passi oltre. E se proprio ti senti dire “scusi, ma lei cosa ci fa con tre scarpe?” tu rispondi senza nemmeno voltarti: “E una moda come un’altra. L’ho letto in un racconto di fantascienza, pare che l’abbia inventata un certo Pinelli”).

Sei quindi di ritorno dalla mensa, davanti alla tua cella, in fila con tutti gli altri, ma quando le porte si aprono, invece di entrare nella tua tu sgusci rapidissimo in quella di Geoghan. (Tra l’altro si immagina che queste porte, visto il momento “delicato”, non rimarranno aperte mezz’ora, no? E allora cosa fai? Vadi, padre, vadi lei, che io la seguo… Ma no, prego, sgusci prima lei, tanto viene mica a farmi del male, no?)

Va beh, diciamo che sei un’anguilla caricata a molla, e che l’unico guardiano in servizio non si accorge di niente, perchè invece di controllare se per caso qualcuno sguscia nella cella altrui, lui è impegnatissimo a fissare il punto esatto sul suo monitor dove appare la scritta “chiudi le pesanti porte” (ricordate ora, l’apparentemente superfluo dettaglio del “comando touch-screen”?). Tengono infatti lui, in quel ruolo cruciale, perchè è l’unico che non ha ancora imparato  a schiacciare col dito mentre gira il collo per vedere chi sguscia e chi no.

Ma se anche avesse il collo bloccato dalla nascita, e fosse orbo dal lato delle celle, nemmeno uno schifido monitor in bianco e nero vogliamo dare a quest’uomo? In quella sezione speciale, oltretutto, i prigionieri sono 24, non 2400: basterebbero due inquadrature fisse con due telecamere del supermercato e li vedi tutti insieme davanti e dietro! Invece niente, tutto sulla fiducia, come al Rotary. Lui fissa il suo schermo ipnotizzato, preme finalmente il dito sul comando, e chiude elettronicamente le “pesanti porte d’acciaio”. Peccato che poco dopo senta benissimo le proteste del vecchietto, che evidentemente si è accorto solo ora di aver lasciato entrare lo strangolatore di Boston, e non vuole saperne della garrota puzzolente, nonostante sia stato prima “soffocato e legato con vestiario e lenzuola”. (Noto infatti l’ampio guardaroba a disposizione dei carcerati di sicurezza, nel cui armadio a quattro ante  puoi sempre trovare uno sfrangiato in pelle di Armani, uno sciarpone in juta di Correggiari, oppure delle efficacissime fibbie in latex di Donatella Versace con cui strangolare chi ti pare.)

Dunque, la guardia sente il prete che strilla come una gallina, e cosa fa? Invece di lanciare subito l’allarme (dopotutto sei solo, e se non vedevi prima chi sgusciava non sai nemmeno adesso chi c’è dentro e chi non c’è, no?), va con passo domenicale a dare un’occhiata più da vicino. E quando finalmente ha gettato l’occhio distratto nella finestrella, e ha visto il pazzo che salta come un dannato sul pedofilo incaprettato, non cerca affatto di entrare subito (oh, metti che quello poi ti salta su un callo, dopo chi paga?) ma chiama dovuti rinforzi via radio, come da manuale (per fortuna almeno la radio l’aveva con sè).

Ma quando questi rinforzi arrivano – com’è, prima c’era carenza di personale, adesso di colpo ne saltano fuori sei in una volta? – si accorgono di non riuscire ad entrare, perchè la porta è bloccata dai maledettissimi tascabili. Acc…

Fermiamo i fotogrammi, ed analizziamo un attimo la situazione: per visualizzare meglio la scena, teniamo intanto presente che le porte delle sezioni di sicurezza non sono quelle specie di gabbioni scorrevoli che vediamo in tutti i film di serie B (dove ti sputano addosso, ti arrivano in testa tegamini e topi morti, e se non stai più che attento ti esce un braccio lungo due metri che ti tira dentro come un’anaconda), ma sono porte, appunto, in acciaio, spesse e resistenti, con finestrella a doppi vetri infrangibili, che praticamente sigillano (e quindi insonorizzano, fra l’altro) la stanza dall’esterno. Si devono inoltre aprire per forza verso l’esterno, per evitare che il detenuto ti si stenda contro, o te la blocchi con qualunque cosa, obbligandoti a spingere come un dannato per entrare. Mentre se apri verso l’esterno, al massimo ti casca fuori con sedia scrivania e tutto.

Veniamo ora ai famosi libri che bloccano la porta: l’assassino, in realtà, quando li avrebbe piazzati? Le possibilità sono solo due: o lo ha fatto prima di aggredire Geoghan, oppure dopo. Durante, non pare probabile. Quindi, o è entrato e ha detto “Scusi padre, in realtà ero qui per strangolarla, ma si accomodi solo un attimo, che prima blocco bene la porta.” Oppure, prima lo ha strangolato e calpestato per bene, poi con calma olimpica ha piazzato il libri, uno per uno. Ma in questo caso, quanto ci ha messo ad arrivare il secondino, che era già partito alle prime urla di Geoghan?

Ovvero: se lo strangolando grida, e l’accorrente accorre, lo strangolante come fa a finirlo per bene (sarà anche pedofilo, ma i suoi bei polmoncini da svuotare ce li ha tutti pure lui), per poi andarsene allo scaffale, scegliere tre o quattro libri, non troppo spessi non troppo sottili, e piazzarli ad arte sotto la porta d’acciaio, in modo che quello quando arriva la trova bloccata?

A meno che il guardiano abbia l’asma, perda costantemente l’orientamento, non trattenga di vescica, e corra al rallentatore come nei film di Stallone, ora che ti arriva in testa il suo manganello, padre Geoghan fa ancora in tempo a rimettersi seduto e dirgli “E muoviti, cazzo, quando ti chiamo! Ancora un pò e questo mi strozza davvero!”

Ma diamogli per buona anche questa: diciamo che fra scale, griglie, serrature, cancelletti, false porte, crisi di iderntità e fermate per fare pipì, il secondino arriva che l’assassino già salta su un cadavere putrefatto.

Ma i sei agenti che non riescono ad entrare per via dei tascabili? Regalo dieci milioni a chiunque riesca, con un mese di tempo e l’intera collezione dei Gialli Mondadori a disposizione, a bloccare una porta qualunque in modo che resista alla forza di sei-più-uno-sette secondini imbufaliti per più di mezzo secondo. Ma viene giù la parete, casomai!

Veniamo infine allo stranissimo modo di esalare l’ultimo respiro di padre Geoghan: visto che i soccorritori hanno capito subito che per lui non c’era più niente da fare (in fondo, garrotato dall’Adidas, sfigurato dai tacchi a spillo del flamenco dell’assassino, e insensibile ormai ai più violenti massaggi cardiaci…), ma visto anche che è poi morto con tutta calma all’ospedale giù in città, qui si impone una domanda: a meno che i pedofili tengano il fiato per ore come le balene, o abbiano le branchie dietro le orecchie come i pescecani, che cosa ha mai respirato padre Geoghan durante l’intero tragitto?

Aria di bufala ad alta pressione?

Massimo Mazzucco


Mercoledì, 09 febbraio 2005


Violenza sessuale, parroco sotto accusa

Fonte: Corriere di Como

Arresti domiciliari per il sacerdote alla guida della chiesa di Laglio. Misura cautelare disposta nell’ambito di un’indagine per presunti abusi su un giovane. Totale il riserbo di inquirenti e forze dell’ordine.

Lo aspettavano nella chiesa parrocchiale di Laglio per un matrimonio. Ma non è mai arrivato. In paese la sua assenza non è passata inosservata. Dapprima la notizia di un ricovero in ospedale, poi la terribile e scioccante realtà: don Mauro Stefanoni, canturino, 37 anni, è agli arresti domiciliari su ordine della Procura di Como. È finito nei guai con una accusa pesantissima: violenza sessuale su un ragazzino. Presunti abusi che, secondo la Procura, sarebbero avvenuti nella casa parrocchiale di Laglio, a cavallo tra la fine del 2004 e i primi mesi del 2005. Il riserbo sulla vicenda è strettissimo sia da parte degli inquirenti che delle forze dell’ordine. Avrebbe dato il via all’inchiesta una segnalazione dettagliata di una persona vicina alla vittima, in ambiente scolastico. Cui sono seguiti verifiche e riscontri fino a quando, venerdì, gli agenti della squadra mobile della polizia hanno suonato alla porta della canonica. A don Mauro, che li ha accolti sulla soglia, è stata comunicata la notizia del fermo disposto dalla Procura per la gravità delle accuse piovutegli addosso. Ad accusare il sacerdote, a Laglio da quasi 4 anni, sarebbero state le dichiarazioni del ragazzo, ritenute attendibili anche da successivi riscontri. La polizia avrebbe così avviato una serie di accertamenti i cui esiti sono top-secret. Nell’abitazione di don Mauro Stefanoni è stata fatta anche una perquisizione. Il sacerdote ora non è più a Laglio. Dopo la notifica del provvedimento restrittivo, è stato accompagnato a casa dei genitori, nel Canturino. E qui, su disposizione del magistrato che ha condotto l’inchiesta – il pm Vittorio Nessi – rimarrà fino a quando, entro la settimana prossima, verrà interrogato dal gip per la convalida del fermo. Niente carcere per lui, ma, come detto, arresti domiciliari.

Don Mauro nega in modo fermo. Si sarebbe infatti dichiarato del tutto estraneo a queste infamanti accuse. Intanto, la Diocesi di Como, con una brevissima nota ufficiale di don Agostino Clerici, responsabile dell’ufficio stampa, precisa: «Siamo vicini a don Mauro e confidiamo nell’operato della magistratura». Ma lo shock resta enorme.



Lunedì, 23 maggio 2005


186 persone indagate per pedofilia

Tra essi tre sacerdoti e due politici

di Patrizia Vita

Urge un impegno della chiesa cattolica ad estirpare dal proprio seno questo vero e proprio cancro frutto della diffusa ipocrisia presente nelle comunità

Nuova indagine shock sul tema della pedofilia. Ci sono ben 186 persone indagate. Sono accusate di aver scaricato da un sito internet riservato, a cui si poteva accedere solo mediante una password, filmati con bambine di età comprese tra i 4 e gli 8 anni vittime di abusi sessuali e sevizie.
Anche questa volta fra i pedofili indagati ci sono dei sacerdoti. Sono tre e risiedono uno in Sicilia, uno in Lombardia ed un altro in Trentino Alto Adige. Uno di essi avrebbe già chiesto il patteggiamento probabilmente per ottenere gli sconti di pena che tale procedura prevede.
Le indagini sono durate 11 mesi e sono coordinate dal procuratore della Repubblica aggiunto di Siracusa, Giuseppe Toscano, e dai sostituti Antonio Nicastro e Manuela Cavallo. La denuncia è partita dall’associazione Telefono Arcobaleno presieduta da Giovanni Arena. Gli indagati, come in altre occasioni, sono tutti uomini, di media età, di varie estrazioni sociali: 34 sono residenti in Lombardia, 22 in Veneto e altrettanti nel Lazio, 17 in Piemonte, 13 in Emilia Romagna, 11 in Campania e Toscana, 10 in Sicilia e altrettanti in Liguria, 8 in Trentino, 7 nelle Marche, 5 in Puglia, Friuli e Abruzzo, 4 in Calabria e 2 in Basilicata.
Particolarmente grave, dal nostro punto di vista, è la presenza di nuovi sacerdoti fra gli indagati. Il fenomeno, purtroppo, non è solo americano. Si tratta di un vero e proprio cancro di cui la chiesa cattolica sembra non voler tenere conto. Nulla infatti è stato modificato nei criteri di selezione e di formazione dei preti. La sessualità continua ad essere un vero e proprio tabù da tenere fuori dal corpo ecclesiastico con l’imposizione del celibato ecclesiastico o con la diffusione di pregiudizi nei confronti dei gay.
Molti preti raccontano la loro esperienza di seminario come il passaggio attraverso un tunnel fatto di repressione della propria sessualità. Alcuni hanno avuto il coraggio di denunciare gli abusi sessuali a cui sono stati sottoposti proprio nei seminari e per questo sono stati subito allontanati dalla chiesa, che ha invece coperto i preti pedofili.
E’ indubbio che la pedofilia è il frutto di un grave disturbo della personalità di chi la pratica. Quasi tutti i pedofili arrestati hanno poi raccontato di essere stati a loro volta abusati in tenera età. E’ una forma di violenza che si trasmette da bambino abusato a bambino abusato.
E’ ora che la chiesa cattolica, anche quella italiana che finora ha fatto orecchie da mercante o si è comportata in modo ipocrita, prenda atto che è il momento di cambiare facendo ritornare i sacerdoti ad essere quello che erano all’inizio della chiesa: buoni padri famiglia che possano vivere la loro affettività senza costrizioni o violenze, con il celibato e la castità frutti di libera scelta e non di imposizione. E’ un impegno che non è più rinviabile e ci auguriamo che il nuovo papa voglia affrontare con decisione la questione, ridando speranza a tanti preti oppressi dai loro tabù sessuali, o da storie vissute in clandestinità.”Gurdatevi dal lievito dei farisei che è l’ipocrisia”: questo monito Gesù è tuttora attuale e largamente inascoltato soprattutto da parte di chi dovrebbe avere il compito di proclamarlo con la propria vita piuttosto che con le proprie chiacchiere.



Martedì, 24 maggio 2005


Un altro prete arrestato per reati a sfondo sessuale


Un fallimento che bisogna saper leggere

di Patrizia Vita

Prima o poi doveva capitare: dopo gli arresti di preti per pedofilia, ora anche quelli per violenza sessuale.
Ieri, come hanno riportato tutti i giornali, un prete di 44 anni residente a Milano, di cui non è stato dato il nome per esteso, è stato arrestato con l’accusa di violenza sessuale, lesioni e minacce. I fatti risalirebbero a qualche anno fa, quando il prete svolgeva la sua attività a Siracusa. Si tratterebbe di un religioso di cui però non è stato reso noto l’ordine di apparteneza.
I preti, e anche i religiosi, come qualsiasi altro essere umano, possono commettere errori, anche gravi. Perchè allora metterli su di un piedistallo come fa la chiesa cattolica prevedendo per essi uno status diverso da quello degli altri fedeli? Per essi è stato creato un sacramento apposito, quello dell’ordine sacro, a cui solo pochi, e solo maschi, possono accedere. Sacramento che li renderebbe diversi, perchè in grado di dispensare “grazie” e “benedizioni” o di “consacrare” il pane ed il vino della cena del Signore mediante lo Spirito Santo che passerebbe dalle loro mani.
Domandiamo: è ancora pensabile di continuare a sostenere cose simili di fronte ai misfatti compiuti dai preti allo stesso modo di qualsiasi altro essere umano? E ancora: perchè continuare ad imporre ai preti la negazione della loro sessualità, come se questa fosse la fonte di tutti i peccati e mali del mondo, se poi i risultati sono quelli che i giornali impietosamente ci riportano?
Bisogna dire però che i preti pescati a commettere reati vengono trattati in modo privilegiato. Per questo prete, come per altri, non sono state diffuse le sue generalità. Perchè non si hanno riguardi simili quando si arrestano “poveri cristi” presi a rubare galline magari per sfamarsi?
Si tratta di domande che rimangono purtroppo senza risposte da troppo tempo e questo fa male alla chiesa e a quei fedeli che vogliono vivere la propria fede così come la propone Gesù nei vangeli.
Certo sappiamo bene che è sbagliato fare di tutt’erba un fascio. Siamo i primi a dirlo.Ma oramai è a tutti evidente che quì non siamo di fronte ad una singola mela marcia eliminata la quale si elimina il pericolo di far marcire tutto il cesto.
Quì ci troviamo di fronte al fallimento totale di tutto un metodo di selezione e formazione dei preti e al fallimento totale di una ecclesiologia basata sulla divisione fra chierici e laici, divisione mai voluta da Gesù che non era un sacerdote e non ha mai voluto o ordinato una casta sacerdotale. Anzi nel libro dell’Apocalisse i cristiani vengono definiti nella loro complessità come “popolo di sacerdoti”, tutti, maschi e femmine, senza alcuna esclusione (Ap 1,6).
E allora non resta che prendere atto dei fallimenti e tutti insieme chiedere perdono a Dio e ai fratelli del male fatto cambiando, facendo quei gesti concreti di cui lo stesso Papa Benedetto XVI ha parlato ma che tardano ad arrivare. Sperando che si tratti di gesti che non siano peggiori del male.



Giovedì, 02 giugno 2005


Preti pedofili negli Usa, superato il

miliardo di dollari di risarcimenti

L’entità dei pagamenti è in costante aumento

Data di pubblicazione: 13/06/2005
Altri links in rete: Articolo Associated Press http://fsnews.findlaw.com/
Con il fondo di compensazione di 120 milioni di dollari annunciato la scorsa settimana dalla diocesi di Covington, nel Kentucky, dal 1950 ad oggi la Chiesa cattolica statunitense ha pagato 1,06 miliardi di dollari per risarcimenti a più di 11.500 vittime di preti pedofili.

Almeno 378 milioni di dollari sono stati pagati negli ultimi tre anni.

E’ la stima fatta dall’Associated Press, sulla base di dati raccolti dalle diocesi statunitensi. La cifra è destinata ad aumentare, viste le centinaia di accuse ancora pendenti.

L’entità dei risarcimenti è in continuo aumento, grazie anche al rilievo che le vicende hanno avuto sui media. Ad esempio, lo scorso dicembre la diocesi californiana di Orange ha accettato di pagare 100 milioni di dollari a 87 vittime di abusi. Un anno prima, l’arcidiocesi di Boston si era accordata per un risarcimento di 85 milioni a 552 vittime.

Non è possibile valutare gli effetti indiretti di queste vicende giudiziarie sulle finanze della Chiesa cattolica americana e del Vaticano.
 



Martedì, 14 giugno 2005


Gran Bretagna


Chiesa cattolica pagherà maxi-

risarcimento per abusi

Fonte: Swissinfo
30 giugno 2005 16.36

LONDRA – L’Alta Corte di Manchester ha condannato oggi l’arcivescovo cattolico di Birmingham e la sua diocesi a pagare oltre 950.000 euro di danni ad un uomo che da bambino fu molestato sessualmente da un prete pedofilo per dieci anni.

Il maxi-risarcimento, il più alto mai imposto alla Chiesa cattolica da una corte giudiziaria inglese, potrebbe incoraggiare ulteriori denunce aprendo così la strada ad altri processi per abusi che potrebbero costare al Vaticano milioni di euro. Secondo quanto riportato dalla Bbc, la vittima, oggi trentacinquenne, soffre di schizofrenia e di altri disturbi psicologici a causa del trauma subito nell’infanzia.

’A’, così denominato per proteggere la sua identità, iniziò ad essere abusato con regolarità da Padre Christopher Clonan a Coventry (cittadina a nord di Birmingham) all’età di 8 anni. Le molestie avvenivano da una a tre volte alla settimana. Padre Clonan, che lasciò il Regno Unito nel 1992, morì nel 1998 in Australia dove si era rifugiato per sottrarsi alla giustizia inglese.

“L’abuso per molto tempo non fu scoperto, perché inizialmente ’A’ non era in grado di capire cosa stesse succedendo e quando lo fu, ebbe paura di parlare poiché pensava che non gli avrebbero creduto, come del resto lo stesso Padre Clonan gli aveva detto”, ha spiegato il giudice Christopher Clarke leggendo la sentenza.

“L’arcidiocesi si rammarica profondamente che un prete abbia abusato in questo modo della sua posizione di fiducia e si scusa nuovamente nei confronti di chi è stato abusato e offeso”, ha dichiarato in un comunicato la diocesi dell’arcivescovo di Birmingham, auspicando che “il pagamento allevii un poco l’angoscia e la sofferenza provata dal richiedente e dalla sua famiglia”.

“Speriamo che la Chiesa ora offra un risarcimento adeguato a tutti coloro che sono stati abusati da preti cattolici di modo che alle vittime ed ai loro famigliari sia risparmiato il trauma di rendere testimonianza in tribunale”, hanno dichiarato alla Bbc i legali della vittima.

Ma Peter Jenning dell’Arcidiocesi di Birmingham non crede che il caso possa creare un pericoloso precedente per la Chiesa Cattolica. “È un episodio isolato”, ha affermato, sottolineando che il risarcimento assegnato è così alto perché copre il danno finanziario della vittima, ovvero la sua perdita o riduzione della capacità di produrre reddito per via del trauma subito. ’A’, infatti, non è psicologicamente in grado di svolgere un’attività lavorativa normale e provvedere così al suo sostentamento.


SDA-ATS



Venerdì, 01 luglio 2005


Nuovo caso di prete pedofilo in Italia

di Patrizia Vita

La pedofilia dei preti continua a venire fuori anche in Italia, segno che il fenomeno è abbastanza diffuso e che la coscienza civile degli italiani è cresciuta, portando alla luce ciò che fino a non molti anni fa rimaneva celato per la vergogna o la paura.
L’ultimo arresto è quello del parroco dell’abbazia di Farneta, nel comune di Cortona, in provincia di Arezzo. L’uomo, che si chiama don Pierangelo Bertagna, di 44 anni, e’ stato arrestato ieri sera dai carabinieri, che hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal sostituto procuratore aretino
Ersilia Spena. L’accusa è di violenza sessuale nei confronti di un minore. Il bambino avrebbe un’età compresa tra gli 11 e i 12 anni.
Ovviamente dovremmo aspettare l’esito del processo. Ci auguriamo che questo parroco possa dimostrare senza ombra di dubbio la sua innocenza. Non siamo, ovviamente, felici per questa ennesima notizia di violenza. Chiediamo che la chiesa cattolica, nei suoi massimi livelli, dia una svolta vera alla vita della chiesa, ritornando all’evangelo predicato e vissuto da Gesù. Questi fatti dicono che nella chiesa non si vive quel comandamento dell’amore predicato da Gesù.



Martedì, 12 luglio 2005


Canadese porta il Vaticano in tribunale

Subì abusi da un prete: «Roma non ha vigilato sui suoi dipendenti»

Fonte “Corriere Canadese” http://www.corriere.com/viewstory.php?storyid=41309

Articolo pubblicato il: 2005-07-04

Ha fatto causa ai suoi molestatori, denunciando gli abusi che avrebbe subito in passato da un vescovo cattolico e da un prete canadesi. Ma non si è fermato qui. Tra i citati in giudizio da un uomo di Cornwall, in Ontario, ci sono anche la Santa Sede e il Collegio cardinalizio, colpevoli di «non aver vigilato i loro dipendenti».

L’udienza è in programma per questa settimana. A occuparsi della causa è lo studio legale LeDroit Beckett di London, in Ontario, che cura gli interessi di Andrien St. Louis, l’uomo che oggi vuol portare tutto il Vaticano sul banco degli imputati di un tribunale di provincia canadese.

A compiere gli abusi, secondo la denuncia presentata a suo tempo dall’uomo, che risiede a Cornwall, sarebbero stati il vescovo cattolico in pensione Eugene LaRocque, che oggi vive a Windsor, e il sacerdote Donald Scott, che nel frattempo è deceduto.

Ma nella denuncia sono chiamati in causa anche la Santa Sede, il Collegio cardinalizio, l’arcivescovo di Toronto cardinale Aloysius Ambrozic, e le diocesi di Alexandria-Cornwall e di London. Per tutti l’accusa ipotizzata sarebbe di negligenza nella sorveglianza dei loro «dipendenti» e quindi una sostanziale corresponsabilità negli abusi che i religiosi avrebbero commesso ai danni del denunciante. Nessuna delle accuse è stata finora esposta o provata in qualche modo in tribunale. E lo studio legale che si occupa della vicenda ha annunciato una conferenza stampa per martedì per spiegare i motivi della insolita lista di “accusati”.

La diocesi di Alexandria-Cornwall già in passato fu chiamata in causa per un caso di abusi commesi da un prete su un giovane: all’epoca la richiesta di danni avanzata dalla parte lesa fu di 3,1 milioni di dollari. E una richiesta simile, nella stessa zona dell’Ontario, riguardò un avvocato, a sua volta accusato di molestie sessuali su un giovane. Lo studio LeDroit ha annunciato altre dieci cause simili.



Martedì, 12 luglio 2005


Notizie dal mondo del mese di agosto su

 pedofilia e scandali sessuali

Cile: sacerdote cattolico a giudizio per violenza su disabili

SANTIAGO DEL CILE – Secondo la accuse ha violentato due minori di 13 e 17 anni con disabilita’ e potrebbe aver avuto rapporti con alti due, tutti ospiti del Piccolo Cottolengo di Rancagua, nella parte centrale del Cile. Un sacerdote cattolico cileno di 41 anni e’ stato rinviato a giudizio e rischia una condanna fino a 15 anni di carcere secondo il quotidiano El Mercurio. (Agr)


Pedofilia, diocesi Oalkland (Usa) paga 56,3 mln dollari


Saranno così risarcite 56 vittime di abusi sessuali subiti fra il 1962 e il 1985 per mano di sacerdoti cattolici. Il loro legale: “E’ un grande sollievo per quei bambini cattolici”

SAN FRANCISCO – La diocesi di Oalkland, in California, ha accettato di versare la cifra globale di 56,3 milioni di dollari per il risarcimento di 56 vittime di abusi sessuali subiti fra il 1962 e il 1985 per mano di sacerdoti cattolici. “E’ un grande sollievo per quei bambini cattolici che hanno sofferto in silenzio per anni”, ha commentato Rich Simons, l’avvocato dei querelanti.
Il titolare della diocesi, monsignor Allen Vigneron, ha riaffermato il suo rincrescimento per l’accaduto. “Rinnovo le mie scuse alle vittime… alle loro famiglie e all’intera comunità per il grande danno che è stato arrecato da quei sacerdoti che hanno abusato sessualmente di minori”, ha affermato.

6/8/2005


NEW YORK, IMBARAZZO VATICANO: ERA UN MONSIGNORE “L’AMANTE” RIPRESO DA UN INVESTIGATORE

italia tv 11/08/2005 – 23:59
Un monsignore cattolico, citato come ’’l’altro uomo’’ in una causa di divorzio, con tanto di video d’appoggio, s’e’ dimesso dall’incarico di rettore della Cattedrale di St. Patrick a New York. Rivelato dalla stampa di New York, il caso di monsignor Eugene Clark, che ricopriva l’incarico dal 2001, e’ venuto alla luce durante la discussione di un caso di divorzio nei pressi di New York. Philip DeFilippo, l’uomo che ha presentato istanza di divorzio, afferma che un investigatore privato ha ripreso sua moglie Laura e monsignor Clark mentre entrano ed escono da un hotel di Long Island il mese scorso. Il video e’ stato mostrato ai giornali di New York. Monsignor Clark smentisce la tresca con quella che e’ la sua segretaria personale. Ma il cardinale Edward Egan ha comunque accettato le sue dimissioni.


TGCOM

Scopre moglie col vescovo:divorzio


New York,si dimette rettore cattedrale
Remake reale di Uccelli di rovo a New York: lui è monsignor Eugene Clark, 79 anni, rettore della prestigiosa Cattedrale di St. Patrick, la chiesa più celebrata degli Usa, lei è Laura De Filippo, 49 anni, sua assistente personale da 25 anni. Un video che li ritrae in dolce compagnia è la prova presentata dal marito di lei, Philip De Filippo, nella causa di divorzio. E per questo monsignor Clark si è dimesso.

A New York non si parla d’altro. Il monsignore, famosissimo per essere il portavoce del cardinale O’Connor e per essere il protagonista di un programma televisivo gettonatissimo che si chiama “Relazioni”, si trova al centro di una bufera senza precedenti.
Sono molti i fedeli e i telespettatori che ora ricordano con sarcasmo le ferventi prediche e le dure invettive pronunciate da monsignor Clark “contro i costumi immorali degli americani” dal pulpito della cattedrale di St. Patrick. Lui si dice innocente e ha già fornito la sua versione dei fatti, a cui pochi però sembrano credere. E in attesa di provare che è tutto un equivoco, ha dovuto presentare le sue dimissioni dall’incarico di rettore della Cattedrale di St. Patrick a New York.
Il video, girato da un detective privato ingaggiato dal marito di Laura, ha già fattom il giro di tutte le case d’America. Il New York Post che ha pubblicato le immagini più significative, è letteralmente andato a ruba. Ecco il monsignore e la bruna assistente che entrano nel lussuoso hotel di Long Island e, dopo 5 ore escono indossando abiti diversi. Per l’avvocato della donna si tratterebbe di cose innocenti “innocent events” e lo stesso monsignore racconta che è tutto un equivoco, che si trovava negli Hamptons con la signora Laura De Filippo per ritirare dei documenti.
L’assistente era stanca e non aveva voglia di guidare fino a Manhattan così, il monsignore si è offerto di prendere una stanza tranquilla al motel sotto falso nome. Eugene Clark giura che non è accaduto nulla in quella camera d’albergo. “Io ho letto un libro mentre la mia assitente si riposava” ha dichiarato. Il marito di lei è furibondo e ricorda il giorno del matrimonio con Laura, quando entrambi hanno giurato eterna fedeltà proprio davanti a lui, a monsignor Clark. “Chissà da quanto va avanti” continua a domandarsi.
Non può fare a meno di pensare a tutte le vacanze fatte da solo con i due figli, con la moglie che non poteva mai seguirli perché oberata di lavoro con il monsignore. Lei si giustificava dicendo: “Ma caro, è un prete. Ed è pure anziano”. Lui ha fatto causa per ottenere tutto: la casa, la custodia dei figli e l’alleggerimento dell’assegno di mantenimento. Lei invece sostiene di essere stata ricattata dal marito:”Mi telefonava dicendomi: o il divorzio alla mie condizioni o rendo pubblico il video”. Adesso pure la figlia quattordicenne giura di aver visto la mamma sulle ginocchia di monsignore, in piena notte, con una sottoveste molto discinta. E il reality show più piccante d’America continua…


Sabato, 27 agosto 2005


PRETI PEDOFILI, UN AVVOCATO USA

 VUOLE PROCESSARE RATZINGER PER I

 SILENZI DEL VATICANO

di Roberto Monteforte

È chiamato in giudizio con l’accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su minori

18/08/05 – L’Unità

DAL GENNAIO 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris County (Texas) un procedimento a carico di Joseph Ratzinger. Insieme al responsabile della diocesi di Galveston Houston, l’arcivescovo Joseph Fiorenza, i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickand figura anche il nome dell’attuale pontefice. È chiamato in giudizio con l’accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su minori. A muovere l’accusa, documenti vaticani alla mano, è l’agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di tre vittime di molestie pedofilia con alle spalle studi di teologia che ieri, non a caso in concomitanza con l’apertura della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, ha manifestato in piazza san Pietro insieme ad esponenti del partito radicale contro le coperture assicurate ai preti pedofili.

Tutto parte dal «Crimen Sollicitationis», un documento «strettamente confidenziale» del Sant’Uffizio a firma del cardinale Ottaviani del lontano 1962 che vincolava al segreto più assoluto, pena la scomunica immediata, tutti coloro, comprese le «vittime», che fossero coinvolti in procedimenti ecclesiastici riguardanti casi di pedofilia o molestie sessuali compiuti da religiosi. Secondo l’avvocato Shea quell’antica «istruzione» avrebbe avuto validità sino al 2001, così le gerarchie ecclesiastiche e vaticane avrebbero finito per «coprire» e favorire «deliberatamente» i «preti pedofili». La prova sarebbe in una nota dell’epistola «De Delictis Gravioribus» del 18 maggio 2001, che Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva fatto recapitare ai vescovi e agli altri ordinati e membri della gerarchia ecclesiastica. A questa accusa le gerarchie vaticane hanno risposto che le norme contenute nel documento del 1962 non hanno più alcun valore vincolante dal momento in cui sono entrate in vigore le disposizioni che nel 1983 hanno riformato il Codice di Diritto Canonico, ma per Shea la lettera di Ratzinger non lascia spazio a dubbi. Ora la Corte di Houston ha il potere di chiamare in giudizio Joseph Ratzinger, ma l’attuale pontefice, avrebbe avanzato «richiesta formale d’immunità al presidente degli Stati Uniti, che non ha ancora reso nota la sua decisione in merito». Il presidente George W. Bush può solo suggerire al tribunale di valutare questa opportunità. La Corte potrebbe autonomamente riconoscerla.

Questo non fermerebbe l’avvocato Shea che ha assicurato di essere pronto, pur di difendere gli interessi dei suoi assistiti, a ricorrere sino alla Corte suprema contro questa decisione. In nome della separazione tra Chiesa e Stato si dice pronto a chiedere la messa in discussione del riconoscimento diplomatico da parte di Washigton della Santa Sede come Stato sovrano.
 


Sabato, 27 agosto 2005


L’immunità sull’altare del peccato

di SLAVOJ ZIZEK

La trasgressione come elemento rassicurante delle istituzioni ecclesiastiche
In Austria, Irlanda, Croazia, Italia e Stati uniti, la chiesa cattolica ha affrontato gli episodi accertati di abusi sessuali da parte di sacerdoti come il socialismo reale ha affrontato la corruzione di funzionari statali. Li ha rimossi dall’incarico per non sottoporli al giudizio della legge terrena. Ma la pedofilia documentata svela invece che per la chiesa i peccatori in abito talare sono un fattore indispensabile alla coesione interna

Sulla Chiesa cattolica in Croazia incombe uno scandalo imbarazzante: nell’orfanotrofio Alojzije Stepinac gestito dalla Caritas a Brezovica, vicino Zagabria, sono stati scoperti casi di gravi abusi sessuali. Le Organizzazioni non governative avevano cominciato a richiamare l’attenzione su di essi già nel 2002, quando al loro telefono amico giunsero telefonate disperate su pesanti e sistematici abusi verbali, fisici e sessuali su bambini. L’allora ministro del lavoro e del welfare, un membro dell’ex partito comunista che guidava la coalizione al governo, decise di bloccare gli interventi fornendo in seguito una spiegazione di deprimente sincerità: «Se avessi fatto qualcosa o avessi chiuso l’orfanotrofio, mi avrebbero crocifisso come il comunista cattivo che vuole sopprimere la Chiesa». Alla fine sono stati raccolti elementi sufficienti per l’incriminazione, la polizia ha cominciato a indagare, e sulla stampa si sono moltiplicati gli articoli. Com’era prevedibile, secondo i rappresentanti della chiesa lo scandalo sarebbe scoppiato perché i «media anticattolici» cercavano una notizia negativa da pubblicare per compensare l’informazione favorevole alla chiesa negli ultimi giorni di vita di Giovanni Paolo II. Jelena Brajsa, la direttrice dell’orfanotrofio, per molto tempo ha continuato a sostenere che nell’orfanotrofio si erano verificate alcune «situazioni sessuali», ma che erano «normali», proprio come picchiare i «bambini indisciplinati» sarebbe «un normale elemento del processo educativo». La donna ha negato risolutamente che il suo staff avesse abusato sessualmente dei bambini. Protetta dalla Chiesa e dai responsabili della Caritas, ha assunto un atteggiamento tracotante e ha detto che «negli orfanotrofi cattolici lo stato non ha niente su cui indagare». A suo parere «le ispezioni negli orfanotrofi cattolici sono come la censura della messa da parte dei funzionari statali».


Lo spettacolo del desiderio

Alla fine non è stato più possibile seguire questa linea difensiva. Sono stati rinvenuti dei documenti comprovanti che Brajsa sapeva degli abusi ma ha cercato di coprire lo scandalo per proteggere la propria reputazione e quella della chiesa cattolica. Quando il procuratore della contea di Zagabria l’ha accusata di «intralcio alle indagini», la chiesa ha fatto ricorso a una soluzione «elegante»: Brajsa è stata sollevata dal suo incarico per ragioni di salute e ricoverata in ospedale. La solita storia che, a parte il sapore post-comunista, sarebbe potuta avvenire ovunque, negli Usa o in Irlanda, in Polonia o in Austria – con una differenza significativa: non abbiamo a che fare con il tipico caso dei preti pedofili, dei preti che abusano dei ragazzi loro affidati, ma con esponenti della chiesa che hanno fatto da intermediari fornendo (soprattutto) ragazze indifese a uomini più grandi, esterni al collegio (o quantomeno tollerando questo tipo di abuso). È cruciale non confondere questi due diversi tipi di abuso.

I preti (e, più spesso, le suore) come mediatori e fornitori di servizi sessuali sono un elemento importante della mitologia cattolica sotterranea, si pensi alla figura del prete (o della suora) come detentore ultimo della saggezza sessuale. Nel film diretto da Rober Wise Tutti insieme appassionatamente Maria, non riuscendo ad affrontare la sua attrazione sessuale verso il Barone von Trapp, scappa al monastero. In una scena memorabile, la Madre Superiora la convoca e le consiglia di tornare dalla famiglia von Trapp per cercare di chiarire la sua relazione con il Barone. Le dà questo messaggio in una strana canzone, «Scala ogni montagna!», il cui sorprendente leitmotiv è: «Fallo! Corri il rischio e prova tutto ciò che vuole il tuo cuore! Non permettere che considerazioni di poco conto ti sbarrino la strada!»


Il potere misterioso di questa scena risiede nella sua inattesa esibizione dello spettacolo del desiderio, che la rende letteralmente imbarazzante: la persona da cui ci aspetteremmo una predica sull’astinenza e la rinuncia si rivela una fautrice della fedeltà al desiderio. Significativamente, quando Tutti insieme appassionatamente uscì nella Jugoslavia (ancora socialista) della fine degli anni `60, questa scena – i tre minuti di questa canzone – fu l’unica parte del film ad essere tagliata. L’anonimo censore socialista mostrò così la sua profonda percezione del potere veramente pericoloso dell’ideologia cattolica: lungi dall’essere la religione del sacrificio, della rinuncia ai piaceri terreni, il cristianesimo offre un contorto stratagemma per indulgere nei nostri desideri senza doverne pagare il prezzo, per goderci la vita senza il timore che alla fine ci attendano la decadenza e il dolore. C’è dunque un elemento di verità nella storiella su qual è la preghiera ideale di una ragazza cristiana alla Vergine Maria: «O tu che hai concepito senza peccare, permettimi di peccare senza dover concepire!». Nel funzionamento perverso del cristianesimo, la religione è evocata con successo come un salvacondotto che ci consente di goderci impunemente la vita.


Qui abbiamo il sottofondo osceno dello scandalo di Brezovica: tollerare le trasgressioni sessuali, e persino istigare ad esse, come corruzione per chi si sottopone al rituale religioso. Questi fatti, comunque, non sono uguali alla pedofilia dei preti: quest’ultima è inscritta in modo molto più profondo nell’identità stessa della chiesa come istituzione. Ciò che rende questi casi di pedofilia così disturbanti è il fatto che essi non sono avvenuti solo negli ambiti religiosi, che costituiscono una parte integrante del fenomeno e vengono sfruttati direttamente quali strumenti di seduzione. Come ha osservato nella sua penetrante analisi Gary Wills, egli stesso un cattolico critico: «La tecnica seduttiva sfrutta la religione. Quasi sempre, come preliminare, viene usata una preghiera di qualche tipo. I luoghi stessi dove avviene la molestia sono carichi di religione: la sacrestia, il confessionale, la canonica, le scuole e le associazioni cattoliche con le immagini sacre sui muri. (…) Una combinazione della rigidissima educazione sessuale della Chiesa (ad esempio, sul fatto che la masturbazione è un peccato mortale di cui anche un singolo episodio, se non confessato, può spedire la persona all’inferno) e di una guida che può liberare la persona da un insegnamento inesplicabilmente oscuro grazie ad eccezioni inesplicabilmente sacre. (Il predatore) usa la religione per sancire ciò che intende fare, anche definendo il sesso come parte del suo ministero sacerdotale».

Il sesso della religione


La religione non è semplicemente invocata per fornire il brivido del proibito, per accrescere il piacere facendo del sesso un atto trasgressivo. Al contrario, il sesso è presentato in termini religiosi, come cura religiosa del peccato (della masturbazione). I preti pedofili non sono dei liberal, non seducono i ragazzi pretendendo che la sessualità gay sia salutare e consentita. Essi sostengono dapprima che il peccato confessato dal ragazzo (la masturbazione) è davvero mortale e poi, come procedimento in grado di «guarire», propongono atti gay (ad esempio, la masturbazione reciproca): ciò che non può che sembrare un peccato ancora più grande. La chiave sta in questa misteriosa «transustanziazione», per mezzo della quale la stessa legge che ci fa sentire colpevoli quando commettiamo un peccato ordinario ci impone di commettere un peccato molto maggiore: l’unico modo di vincere il peccato è attraverso un peccato più grande.

La chiesa cattolica può contare su (almeno) due livelli di simili regole, non scritte e oscene. Per prima cosa c’è, naturalmente, l’infame Opus Dei, la «mafia bianca» della Chiesa, l’organizzazione (mezzo)segreta che incarna in un certo qual modo la pura legge al di là di ogni legalità positiva: la sua regola suprema è l’obbedienza incondizionata al Papa e la spietata determinazione a operare per la chiesa, mentre tutte le altre regole sono (potenzialmente) sospese. I suoi membri, il cui compito è penetrare nei circoli politici e finanziari ad alto livello, tengono segreta la loro identità di Opus Dei: essi sono effettivamente «opus dei», «opera di Dio».

Poi ci sono tutti i casi di molestie sessuali sui bambini da parte di preti, talmente diffusi dall’Austria e dall’Italia fino all’Irlanda e agli Usa che si può effettivamente parlare di un’articolata «controcultura» all’interno della chiesa, con il suo sistema di regole nascoste. (E c’è una chiara interconnessione tra i due livelli, dato che l’Opus Dei interviene regolarmente per mettere a tacere gli scandali sessuali dei preti.)

Che cosa, dunque, ci consente di concludere che queste oscenità, questi crimini sessuali fanno parte dell’identità stessa della chiesa come istituzione? Non gli atti in se stessi, ma il modo in cui la chiesa reagisce quando vengono scoperti, il suo atteggiamento difensivo, il suo lottare per ogni centimetro che le tocca concedere: il fatto che liquidi le accuse come scandalismo, come propaganda anticattolica; che faccia tutto il possibile per minimizzarli e isolarli; che offra ritrattazioni condizionali («se i crimini sono stati commessi davvero, allora, naturalmente, li condanniamo»); l’assurda pretesa che la chiesa debba essere lasciata libera di trattare i problemi a modo suo; le «eleganti» soluzioni burocratiche che non fanno male a nessuno (la responsabile sospesa per motivi di salute o nell’ambito della normale riorganizzazione amministrativa).

Inconscio pubblico

Quando insistono che questi casi, per quanto deplorevoli, sono un problema interno della chiesa, e mostrano grande riluttanza a collaborare con la polizia nelle indagini, i rappresentanti della chiesa hanno, in un certo qual modo, ragione: la pedofilia dei preti cattolici non riguarda meramente quelle persone che per ragioni accidentali di storia privata, senza relazione con la chiesa come istituzione, hanno scelto la professione di prete, ma è un fenomeno che riguarda la chiesa cattolica come tale, inscritto nel suo stesso funzionamento come istituzione socio-simbolica; non riguarda l’inconscio «privato» dei singoli individui, ma l’«inconscio» della istituzione stessa: non è qualcosa che accade perché l’istituzione deve adattarsi alle realtà patologiche della vita libidica per sopravvivere, ma qualcosa di cui l’istituzione stessa ha bisogno per riprodursi.

Possiamo ben immaginare un prete «retto» (non pedofilo) che, dopo anni di sacerdozio, sia coinvolto nella pedofilia perché la logica stessa dell’istituzione lo spinge a farlo. Tale inconscio istituzionale è una categoria chiave della critica dell’ideologia: designa il sottofondo osceno, disconosciuto che – proprio in quanto disconosciuto – sostiene l’istituzione pubblica. (Nell’esercito, questo sottofondo consiste nei rituali osceni e sessualizzati di attacco ai superiori ecc. che sostengono la solidarietà di gruppo). In altri termini, la chiesa non cerca di mettere a tacere gli imbarazzanti scandali sulla pedofilia per semplice conformismo. Difendendo se stessa essa difende il suo più recondito, osceno segreto. Per un prete cattolico, identificarsi con questo lato segreto è un elemento chiave della sua identità: denunciando seriamente (non solo retoricamente) questi scandali, si taglierebbe fuori dalla comunità ecclesiastica, non sarebbe più «uno di noi» (così come negli anni `20, nel sud degli Stati uniti, un cittadino che avesse denunciato il Ku Klux Klan alla polizia si sarebbe tagliato fuori dalla sua comunità, ossia ne avrebbe tradito il fondamentale legame di solidarietà).

Un’oscena appendice

Per lo stesso motivo, non è possibile spiegare questi scandali sessuali come una manipolazione di quanti si oppongono al celibato e vogliono dimostrare che le pulsioni sessuali dei preti, non trovando un’espressione legittima, sono destinate a esplodere in modo patologico. Consentire ai preti cattolici di sposarsi non risolverebbe niente, essi non svolgerebbero il loro compito senza molestare i ragazzini, perché la pedofilia è generata dall’istituzione cattolica del sacerdozio come sua «trasgressione intrinseca», come sua oscena appendice segreta.


La risposta alla riluttanza della chiesa non deve limitarsi al fatto che siamo di fronte a dei reati e che, non collaborando appieno alle indagini, essa ne diventa complice. La chiesa come tale, come istituzione, deve anche essere indagata quanto al modo in cui crea sistematicamente le condizioni perché tali crimini avvengano. Sostenere che essa debba essere la sola a trattare i reati di pedofilia che si verificano tra i suoi ranghi è problematico non soltanto da un punto di vista puramente legale, dato che ciò implicherebbe una sorta di diritto extraterritoriale della chiesa anche per i reati comuni che ricadono sotto la legislazione penale (come se il fatto stesso che questi scandali siano scoppiati non fosse una prova che essa non è in grado di risolverli).


Se vuole davvero affrontare seriamente la questione della pedofilia, la chiesa dovrebbe non solo dare carta bianca alla polizia per interrogare i suoi ranghi e collaborare pienamente, ma anche affrontare seriamente la questione della sua responsabilità per questi crimini, in quanto istituzione. È questo il modo in cui la chiesa dovrebbe affrontare il problema.

Traduzione Marina Impallomeni



Giovedì, 08 settembre 2005


Prete canadese confessa lo stupro di una

 ragazza

Un prete canadese, già condannato in passato per molestie sessuali, ha confessato ieri di aver stuprato una adolescente in un villaggio della Normandia, in Francia. Denis Vadeboncoeur, un parroco originario del Québec, si trasferì in Normandia nel 1988, dopo aver scontato una pena in carcere per abusi a danni dei minori in Canada. Stando a quanto comunicato dal prete ieri durante un’udienza del processo a suo carico, alcune autorità cattoliche canadesi contattarono i colleghi francesi di Evreux, chiedendo loro di non divulgare informazioni riguardanti il suo passato. «Mi assumo la responsabilità di ciò che ho fatto – ha ammesso Vadeboncoeur – adesso sono pronto a farmi carico di tutte le conseguenze». Se condannato, il sacerdote rischia una pena massima di vent’anni. La vittima dello stupro – di cui non è stata rivelata l’identità – ha oggi trent’anni: stando a quanto emerso durante la fase dibattimentale del processo, gli abusi, le molestie e lo stupro sarebbero avvenuti nella piccola cittadina di Lieurey tra il febbraio del 1990 e l’agosto del 1993. I responsabili della chiesa di Evreux hanno deciso di non rilasciare commenti fino alla fine del processo.



Martedì, 20 settembre 2005


Superficialità e mancata vigilanza


Mons. Gaillot ammette le sue

 responsabilità in un caso di pedofilia

da Adista n.N.67 del 08-10-2005

33006. EVREUX-ADISTA. La Corte di assise dell’Eure (Normandia), il 21 settembre, ha condannato a 12 anni di reclusione l’abate canadese Denis Vadeboncoeur, parroco di Lieurey (Eure) dal 1989 al 1992, riconosciuto colpevole di violenza sessuale su un minore. È stato lo stesso ragazzo, Jean Luc V., vittima dell’abate, a denunciarlo. Un giorno, quando ormai aveva già 23 anni, rientrando in casa esasperato ha gridato alla madre: “Ecco, da dieci anni vado a letto con il parroco!” ed è scoppiato in lacrime. La madre ha raccontato i fatti in tribunale accusando se stessa per non essersi accorta di nulla e accusando l’abate di averli traditi, perché la donna si fidava di lui: gli aveva confidato in confessione che Jean Luc non era figlio del marito ma di un sacerdote e aveva chiesto a p. Vadeboncoeur di seguire un po’ da vicino il ragazzo. “Era una uomo caloroso, veramente gentile”. “Jean Luc era un ragazzino, lui l’ha distrutto”. Il ragazzo ha affrontato una lunga cura psicanalitica prima di trovare il coraggio di denunciare alla giustizia il prete pedofilo che gli raccontava che gli atti sessuali compiuti con lui erano “momenti unici, come se si incontrasse Dio”.
La sentenza di condanna chiude il caso. Ma sono molti gli interrogativi che restano aperti. Padre Vadeboncoeur, 65 anni, era già stato condannato in Canada, il 25 ottobre del 1985, a 20 mesi di prigione per sodomia e violenze sessuali su quattro adolescenti. Nel 1987 giunge in Francia, nella diocesi di Évreux, all’epoca affidata a mons. Jacques Gaillot, il vescovo “ribelle”, da sempre a fianco dei sans-papier e degli emarginati e favorevole alle aperture verso i divorziati risposati, il matrimonio dei preti e l’ordinazione delle donne, il quale, per questi motivi, nel 1995 viene relegato dal Vaticano nella diocesi titolare di Partenia, sepolta nel deserto algerino, cui non corrisponde più alcun territorio né alcuna responsabilità pastorale.

Chiesa, pedofilia e omertà


Che ruolo ha giocato la Chiesa nella nomina del religioso canadese a curato di Lieurey e poi a vicario episcopale della diocesi di Èvreux, visto che si conosceva il suo passato di prete pedofilo? È quanto ha chiesto durante il processo l’avvocato di Jean Luc, Jean Berkani. “A quale condizioni la diocesi di Èvreux – ha insistito – ha dato il suo avallo e sostenuto la decisione di Gaillot di procedere all’incardinazione dell’abate?”
In un primo momento mons. Gaillot si è difeso sostenendo di essere venuto a conoscenza solo in seguito dei trascorsi del religioso canadese, ma l’avvocato Berkani ha chiarito che ben “due lettere sono state indirizzate a mons. Gaillot riguardanti il passato giudiziario di Vadeboncoeur”, una a giugno 1987 e l’altra nell’ottobre dello stesso anno, mentre la decisione di nominarlo curato non avviene che nel giugno del 1988. In una delle due lettere, il superiore provinciale dei religiosi canadesi informava Gaillot che il prete “aveva fatto molti progressi” dopo aver seguito una terapia, ma che non era del tutto da escludersi la possibilità di una ricaduta nei momenti difficili.
“È vero che lo sapevo – ha infine confessato ai giurati lo stesso Gaillot -. Ero preoccupato per la nomina di Vadeboncoeur e l’ho nominato a Lieurey con reticenza. Mi sono assunto il rischio di aiutarlo a reinserirsi. Godeva della fiducia della gente. Oggi riconosco di aver fatto un errore nominando solo lui nella parocchia, perché egli era ancora più abbandonato a se stesso. Ho la mia parte di responsabilità e chiedo perdono”.
Ma di quello che stava succedendo nessuno sapeva niente? Due assistenti sociali incaricati di seguire i giovani in difficoltà, interrogati al processo perché avevano avuto rapporti sessuali con Vadeboncoeur, hanno detto che spesso l’abate, di cui sono rimasti amici, si fermava a dormire da loro in compagnia di ragazzi giovani con cui condivideva il divano letto. Una volta si è portato dietro anche Jean Luc, ma i due uomini hanno dichiarato di “non essersi mai resi conto di nulla”. L’omertà in questi casi regna sovrana, ha commentato l’avvocato del ragazzo, raccontando che i parrocchiani avevano una così grande stima di lui che ancora nel dicembre 2000, quando si è venuto a sapere della denuncia, hanno preferito tacere e sostenere il loro curato. Dicevano tutti che svolgeva un “eccellente lavoro e che non avevano nulla da rimproveragli”, racconta Berkani.
Berkani ha poi chiesto a Gaillot perché aveva preso questa decisione da solo: “perché non ha informato i membri della diocesi durante la riunione episcopale”? “La mia leggerezza è stata altamente pregiudizievole – ha replicato il vescovo -. Ho avuto torto, non ho saputo valutare bene la portata dei miei atti”.
Nel 1995 Gaillot lascia la diocesi ma il curato canadese resta al suo posto, anzi viene promosso. Nel 1997, il successore di Gaillot, mons. Jacques David lo nomina vicario episcopale e lo incarica della riforma delle parrocchie. “La partenza di mons. Gaillot è stata violenta – spiega mons. David – . Io non sono stato informato del fatto che Denis Vadeboncoeur aveva avuto problemi con dei giovani perché, per ragioni che mi sfuggono, il dossier del vicario era sparito”.
Ma anche su questa versione si affollano gli interrogativi: quando mons. David si è accorto che il dossier era sparito? Perché si è messo a cercarlo? Chi lo ha fatto sparire?
Appena messo al corrente della denuncia di Jean Luc, mons. David dichiara di aver chiamato l’abate canadese in episcopato e di avergli consigliato di consegnarsi alla giustizia, in sintonia con l’orientamento espresso proprio in quei giorni dalla Conferenza episcopale francese che, riunita a Lourdes, s’impegnava a non proteggere i preti sospettati di pedofilia.
“Cosa le ha insegnato tutta questa vicenda?”, è stato chiesto, concluso il processo, a mons. Gaillot (il quale proprio di recente aveva ricevuto un gesto di riconciliazione da parte dell’arcivescovo di Lione, Philippe Barbarin, che lo ha chiamato a partecipare all’incontro con i preti della sua diocesi; v. Adista n.61/05). “Innanzitutto l’importanza del processo – ha risposto il vescovo dal suo sito -. Permette alla giustizia di fare o di tentare di far luce su situazioni difficili. È importante per tutti. Oggi vi è una grande sensibilità su tutto ciò che riguarda la pedofilia. La società ci ha aiutato a dare priorità ai bambini, ai giovani. Sono loro che bisogna proteggere e non gli adulti pedofili. Sono passati 20 anni o quasi, era un’altra epoca. I tempi erano diversi”. “Oggi la legge del silenzio è superata nella Chiesa. La pratica che si adotta è un’altra. Ed è un bene”.



Lunedì, 03 ottobre 2005


Processo su secretazione abusi sessuali

del clero

Lunedì 14 Novembre 2005

Napoli – Il processo che inizierà il 15 novembre 2005 a Napoli è il primo processo civile in Italia avente ad oggetto un’azione di responsabilità oggettiva a carico della Curia Arcivescovile di Napoli per la condotta posta in essere da un Ministro del Culto nell’esercizio delle sue funzioni, concretizzatesi in atti di libidine su di un minore a lui affidato durante il corso di catechizzazione. Dichiarazione di Maurizio Turco, già deputato europeo e segretario di anticlericale.net : “Questo potrebbe essere anche il primo processo in Europa in cui potrebbero essere acquisiti agli atti i documenti attraverso i quali la Santa sede ha prescritto, adottato e fatto adottare, proposto ed imposto alle autorità ecclesiastiche comportamenti volti a sottrarre ad ogni pubblica conoscenza e alla Giustizia gli abusi sessuali compiuti da membri del clero. I due documenti sono l’Istruzione Crimen Sollicitationis del 1962, firmata dal cardinale Ottaviani e l’Epistola De delictis gravioribus del maggio 2001, firmata dai Cardinali Ratzinger e Bertone. Sulla base di quest’ ultimo documento, nel mese di gennaio il Tribunale di Houston aveva citato il Cardinale Ratzinger a comparire in un processo civile. Una volta eletto Papa, Benedetto XVI ha chiesto l’immunità diplomatica, in quanto Capo di Stato, all’amministrazione americana. L’amministrazione americana, per opportunità politica, nel mese di agosto gli ha riconosciuto l’immunità nonostante il Cardinale Ratzinger avesse firmato quel documento non in quanto Capo di Stato, ma quale prefetto della Congregazione per la dottrina della fede. Che la politica di secretare gli atti di violenza sessuale commessi da membri del clero sia stata adottata dagli esponenti “religiosi” o da quelli “politici” della Santa Sede/Stato Città del vaticano poco importa. E’ invece importante che l’azione degli avvocati Santoianni e Aulino sia conosciuta affinché in tutti i processi in corso siano depositati i documenti che chiamano direttamente in causa le più alte gerarchie vaticane. Gerarchie tutt’oggi incapaci di governare la piaga delle deviazioni e sofferenze sessuali, provocata dalla politica sessuofobica vaticana.”

Fonte : comunicato stampa



Lunedì, 14 novembre 2005


Al vescovo di Roma, papa Benedetto XVI

Comunicato stampa su preti pedofili

di Marco Marchese, presidente AMS onlus

Ringraziamo Marco Marchese per averci inviato, anche se con molto ritardo, questo comunicato che è stato inviato a tutti i quotidiani italiani e da questi totalmente ignorato. Evidentemente non si vuole rendere noto che la pedofilia dei preti esiste anche nella realtà italiana. Evidentemente si vuole nascondere le responsabilità dirette di vescovi, cardinali e dello stesso Papa, nel nascondere una realtà che pone pesanti domande su un modo di gestire la selezione e la formazione dei preti e di intendere la chiesa sempre più trasformata in una struttura di potere finalizzata all’oppressione del “popolo di Dio” piuttosto che alla sua edificazione.


Prot. n. 35/05
Del 17/10/2005


Al vescovo di Roma, papa Benedetto XVI
Al prefetto della congregazione dei vescovi
e p.c. A tutti i giornali d’Italia

Comunicato stampa su preti pedofili

“E’ la prima volta che i vescovi si sono riuniti durante il pontificato di Benedetto XVI per approfondire questioni molto importanti. Quello che ci interessa sapere è se la Chiesa ha affrontato in questi giorni la bollente questione dei preti pedofili. E non ci riferiamo solo ai casi americani!” Con queste parole Marco Marchese, ex seminarista vittima di abusi sessuali da parte di un giovane prete, si è rivolto a tutti i vescovi del sinodo. Marchese, oggi presidente dell’Ass. per la Mobilitazione Sociale che tramite il sito http://www.amsonlus.com raccoglie le testimonianze di giovani e adulti che da bambini sono stati abusati da sacerdoti e religiosi, invita le autorità ecclesiastiche a rompere il silenzio anche dopo i recenti fatti americani. Dalla sua denuncia sono emersi sette casi di abuso da parte di un sacerdote agrigentino per cui non è stato preso alcun provvedimento da parte delle autorità ecclesiastiche locali nonostante fossero a conoscenza di questo problema. Dopo gli ultimi abusi, il sacerdote è stato semplicemente spostato da una parrocchia all’altra. Le indagini si sono concluse con un patteggiamento a due anni e sei mesi di reclusione mai fatti. Oggi Marco intende continuare in sede civile “affinché le persone coinvolte si assumano le proprie responsabilità.”

“E’ anche per questo – continua Marchese – che abbiamo scritto alla congregazione dei vescovi. Il vescovo di Agrigento non ha fatto nulla per impedire ulteriori abusi da parte di questo prete, nonostante sapesse che fosse un pedofilo”.

Segue comunicato stampa inviato al vescovo di Roma, Benedetto XVI e al prefetto della congregazione dei vescovi.

 

Comunicato stampa su preti pedofili

L’Ass. per la Mobilitazione Sociale onlus, che da più di un anno ha raccolto testimonianze di giovani e adulti che da bambini sono stati abusati da sacerdoti e religiosi, con la presente vuole trovare delle risposte ad alcune domanda che da tempo si pone.

È la prima volta che i vescovi si sono riuniti durante il pontificato di Benedetto XVI. Si sono ritrovati tutti insieme per affrontare questioni molto importanti, non le citiamo per non cadere in tentazione di esprimere dei pareri in merito. Quello che ci interessa è sapere se la Chiesa ha affrontato in questi giorni la bollente questione dei preti pedofili. E non ci riferiamo solo ai casi “americani”!

Perché il persistente silenzio? Perché non è stata presa alcuna posizione nei confronti del famoso documento del 1962 che invitava i vescovi a coprire gli abusi? Perché in Italia ci sono preti pedofili che nonostante una condanna continuano a esercitare come se niente fosse (vedi caso Agrigento)? Perché in Italia ci sono vescovi che hanno coperto abusi, hanno spostato preti pedofili da una Chiesa all’altra, non hanno impedito altri abusi, e continuano a guidare il gregge di Dio (vedi caso Agrigento)? Ci sono molte vittime, in Italia e nel mondo, che aspettano da questa Chiesa una risposta alle tante domande, che aspettano una mano tesa per riconciliarsi! Invece nulla di tutto questo sta accadendo! Il lavoro di molti uomini santi rischia di essere vanificato a causa di questo atteggiamento ostile, omertoso, vergognoso da parte della Chiesa.

Ribadire che l’omosessualità mal si abbina al sacerdozio, non risolve la questione, se qualcuno pensa di risolverlo in questa maniera!

Ancora una volta il silenzio sulla questione dei preti pedofili ci lascia perplessi.

La Chiesa si trincea dietro il silenzio, come se il fatto di non parlarne risolva la questione! Invece assistiamo ad un’inversione di tendenza: adesso molti sacerdoti e suore si sentono perseguitate dai bambini e dalle loro famiglie, e per questo piuttosto che predicare la parola di Dio essi predicano la propria innocenza, fanno fiaccolate in difesa di imputati per pedofilia (vedi caso Brescia)!!!

Chiediamo pertanto alle autorità ecclesiali di non trascurare la questione relativa ai sacerdoti pedofili e ai vescovi che in ogni modo cercano di coprire questi episodi. Chiediamo che venga presa una chiara e decisa posizione, che aiuterebbe molte piccole e grandi vittime ad uscire dal silenzio e dalla propria vergogna per quello che il tradimento di alcuni sacerdoti ha loro recato affinché possano ricucire il loro rapporto con Dio e con la Chiesa stessa. Chiediamo che venga data visibilità alla posizione che la nostra Chiesa tiene nei confronti di fatti si gravi e prenda i dovuti provvedimenti nei confronti di chi ha sbagliato!

Non siamo anche noi figli di Dio? O forse, il fatto di non portare un colletto bianco ci declassa?

Cogliamo l’occasione per riconfermare la nostra fede in Cristo Gesù, e concludiamo con le sue parole: “Chiunque scandalizza uno di questi piccoli, è meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare!” E non è forse uno scandalo quando un vescovo copre l’abuso di un suo sacerdote fregandosene altamente del bambino abusato? Voi da che parte state? Cosa fare per risvegliare le vostre coscienze? Esprimiamo la nostra disponibilità a incontrarci e confrontarci in attesa di ricevere una vostra risposta chiara e decisa.

A nome di tutte le piccole vittime abusate da sacerdoti cattolici.

Marco Marchese, presidente AMS onlus.

www.amsonlus.com



Mercoledì, 16 novembre 2005


Arezzo. pedofilia:


Sospeso da curia abate accusato di

molestie.

Su 13enne, il 44enne parroco abbazia di Farneta nell’aretino

(ANSA – redazionale, 19/11/2005)
AREZZO – Sospensione a divinis per don Pierangelo Bertagna, il sacerdote di 44 anni arrestato nel luglio scorso con l’accusa di aver molestato un ragazzino di 13 anni di Farneta, frazione di Cortona, della cui abbazia il religioso era parroco. La curia di Arezzo ha reso nota la decisione, che da qualche tempo circolava negli ambienti ecclesiali aretini, pubblicando la notizia della sospensione dell’abate sul numero in distribuzione da stamani di ’Toscana Oggi’, suo organo ufficiale. Oltre a sospenderlo dall’esercizio delle funzioni religiose, la curia sta aprendo nei confronti del sacerdote, anche un ’processo penale amministrativo secondo le disposizione ecclesiastiche’, che potrebbe condurre alla sua ’’riduzione allo stato laico’. Don Bertagna aveva preso i voti da adulto, a 39 anni. Era stato lo stesso vescovo che ha firmato il decreto di sospensione, monsignor Gualtiero Bassetti, a ordinarlo sacerdote nel 2000. Subito rimosso dalla parrocchia, affidata a due nuovi preti, don Bertagna e’ andato agli arresti domiciliari in una abbazia dell’appennino tosco-emiliano.
 



Sabato, 19 novembre 2005


Chiesa e pedofilia: il nuovo caso

 
Scandalo in Brasile, i diari dei preti

 pedofili

di Virginia Piccolillo

Denunce, arresti, 1.700 sacerdoti responsabili di cattiva condotta sessuale. Intervento deciso del Vaticano

ROMA – «Il prete fa con me come un uomo fa con una donna. Mi toglie i vestiti, alza la tonaca, mi prende sulle sue ginocchia, mi dice di stare tranquillo…». È un bambino di dieci anni che parla. E rivela alla nonna quello che non aveva avuto il coraggio di dire alla madre per paura di «prendere schiaffi». O di «essere arrestato», come padre Edson Alves dos Santos, sacerdote brasiliano di 64 anni, gli aveva detto, dopo averlo violentato, che sarebbe accaduto se non avesse mantenuto il segreto. È solo una delle agghiaccianti denunce di atti di pedofilia compiuti da sacerdoti in Brasile e giunte drammaticamente all’attenzione del

Vaticano. A una settimana dal caso clamoroso dell’arresto di padre Felix Barbosa Carreiro, un prete sorpreso in un’orgia di sesso e droga con 4 adolescenti adescati su Internet, il settimanale Istoè (Così è) ieri ha rivelato che il Papa, Benedetto XVI, ha inviato ai primi di settembre una commissione in Brasile per indagare sulle denunce di abusi sessuali compiute ai danni soprattutto di bambini poveri. In almeno due casi a testimoniare la veridicità dei racconti delle vittime sono gli stessi violentatori che hanno riportato le loro esperienze su un diario. Padre Tarcisio Tadeu Spricigo ha persino compilato le dieci regole per restare impuniti.
L’INCHIESTA – L’azione determinata di Benedetto XVI, prima di diventare pontefice a capo della congregazione per la dottrina delle fede e quindi responsabile delle indagini sui casi di abusi sessuali nella Chiesa, ha già portato alcuni risultati. Il periodico anticipa la relazione che gli inviati del Papa si apprestano a portare in Vaticano. Il quadro è allarmante. E descrive scenari purtroppo simili a quelli già accertati negli Stati Uniti, ma che stanno emergendo anche in inchieste delle chiese locali di altri Paesi come l’Inghilterra, la Francia, la Croazia e l’Irlanda. Un fenomeno che il Vaticano tenta di prevenire. Per il 29 novembre è atteso un documento che fornirà le linee guida ai seminari. Tra le indiscrezioni, l’esclusione dei ragazzi con tendenze omosessuali. Tuttavia le complicità di cui i sacerdoti responsabili di abusi a volte godono fa sì che, come nel caso di padre Tarcisio Tadeu Spricigo, in carcere per aver violentato un bimbo di 5 anni, tornino ad abusare di altri piccoli prima di essere arrestati. In Brasile oltre ai 10 sacerdoti in cella, ce ne sono 40 latitanti.
I NUMERI – Secondo Istoè, nell’inchiesta vaticana si parla di circa 1.700 preti, il 10 per cento del totale, coinvolti in casi di cattiva condotta sessuale: incluse le violenze su bambini e donne. Si dice che il 50% dei preti non mantiene il voto di castità. E che negli ultimi tre anni sono stati più di 200 i preti mandati in cliniche psicologiche della Chiesa per essere rieducati.
IL DIARIO – Agli atti del processo contro padre Tarcisio c’è un vero e proprio manuale del prete pedofilo e appunti sulle sue emozioni e le regole per restare impunito. Una fra tutte: «Mai avere una relazione con bambini ricchi». Scrive il prete: «Mi preparo per la caccia, mi guardo intorno con tranquillità perché ho i ragazzini che voglio senza problemi di carenze, perché sono il giovane più sicuro al mondo». «Piovono ragazzini sicuri affidabili e che sono sensuali e che custodiscono totale segreto, che sentono la mancanza del padre e vivono solo con la mamma, loro sono dappertutto. Basta solo uno sguardo clinico, agire con regole sicure». «Per questo sono sicuro e ho la calma. Non mi agito. Io sono un seduttore e, dopo aver applicato le regole correttamente, il ragazzino cadrà dritto dritto nella mia… saremo felici per sempre». E infine: «Dopo le sconfitte nel campo sessuale ho imparato la lezione! E questa è la mia più solenne scoperta: Dio perdona sempre ma la società mai». A consegnare il diario alla polizia è stata una suora, alla quale il sacerdote lo aveva dato per errore. Trasferito dopo la prima denuncia, il sacerdote ha violentato altri due bambini prima di essere catturato.
IL VIDEO – Padre Alfieri Edoardo Bompani, 45 anni, nella casa della campagna di San Paulo dove portava i bambini di strada, raccolti con la scusa di liberarli dalle droghe, registrava in un video le violenze praticate su vittime tra i 6 e i 10 anni. La polizia ha trovato anche appunti per racconti erotici che il prete stava scrivendo riportando esperienze personali. E un diario: il quinto, secondo la nota in copertina. «Da due giorni non mi faccio nessuno…, ieri mi sono masturbato due volte, una di queste con V (6 anni)». Il racconto del prete va avanti con espressioni di cruda violenza che non riteniamo di dover riportare.
IL VERBALE – Nelle carte della polizia di San Paulo c’è la storia di V.R.D, la vittima di Padre Edson Alves. Il giorno di Pasqua dell’anno scorso il bambino è stato ammesso a fare il chierichetto. Stavano per iniziare cinque mesi di violenze. «Circa tre settimane dopo che lui (il bambino ndr ) aveva dormito lì, il denunciato (il prete ndr )lo ha baciato in bocca.. e gli ha detto che un ragazzino di Santa Caterina glielo dava e lui regalava al bambino tutto quello che voleva».
Virginia Piccolillo
21 novembre 2005

Fonte: Corriere della Sera



Lunedì, 21 novembre 2005


Le autorità gli hanno applicato il bracciale elettronico per evitare che fugga

 
Usa, atti osceni: arrestato il vice del

 vescovo

Il vicario generale della diocesi di Phoenix ai domiciliari con l’accusa di aggressione a ragazzini e incitamento alla violenza


Monsignor Dale Fushek, 53 anni, arrestato a Phoenix (Ap)
PHOENIX (Arizona, Usa) – E’ stato arrestato con l’accusa di avere scambiato effusioni intime con dei ragazzini e di averli importunati con domande sulla loro vita sessuale pretendendo che queste fossero parte della confessione.
Monsignor Dale Fushek, ex vicario generale della diocesi di Phoenix, in Arizona, diventa così uno dei preti di più alto grado nella gerarchia cattolica americana ad essere rimasto coinvolto in uno dei tanti scandali di pedofilia che interessano i prelati Usa. Il vicario generale è infatti il principale amministratore di una diocesi, appena un gradino sotto il vescovo.
BRACCIALE ELETTRONICO – All’udienza preliminare gli sono stati concessi gli arresti domiciliarie gli è stato applicato un bracciale elettronico per controllare che non scappi. Gli è stato anche tolto il passaporto e gli è stato ordinato di non aver contatti con nessuno che abbia meno di 18 anni. La formalizzazione dell’accusa è fissata per il 6 dicembre.
AGGRESSIONE E ATTI OSCENI – A carico di Fushek sono stati emessi tre capi di imputazione per aggressione semplice, cinque per incitamento alla delinquenza minorile e due per atti osceni. Si tratta di reati minori, che comportano una pena non superiore a tre anni e nove mesi di carcere.
“ATTIVITA’ SESSUALI E CONTATTI FISICI” – Negli atti dell’inchiesta, Fushek viene accusato di aver sfruttato la sua posizione e il rapporto di fiducia che aveva con i minori per commettere reati che “includono attività sessuali e contatti fisici illeciti”. Fushek ha dato le dimissioni da parroco della scuola cattolica St. Timothy di Mesa in aprile, dopo che uno dei ragazzi di cui aveva abusato, ormai adulto, aveva sporto denuncia.
LA DIFESA – Fushek ha finora negato le accuse. Michael Haran, legale della diocesi di Phoenix, ha dichiarato che la chiesa era a conoscenza di un solo caso, che era stato chiuso in sede extragiudiziale, ma non degli altri sei.
22 novembre 2005



Fonte: Corriere della sera

Martedì, 22 novembre 2005


Pedofilia: abate di Farneta confessa

 molestie a ragazzi

Rassegna stampa

Pedofilia: abate di Farneta confessa molestie a ragazzi 26/11/2005 11.59.00 [Notizie dall´Italia]

(ANSA) – AREZZO, 26 NOV – Sono decine i casi di violenza sessuale che l’ex abate di Farneta (Cortona), don Pierangelo Bertagna, 44 anni, ha ammesso. Finora l’accusa nei suoi confronti era riferita ad un solo caso che coinvolge un 13enne, per il quale l’11 luglio scorso i carabinieri si erano recati nell’abbazia della Valdichiana aretina per arrestarlo. Dopo aver confessato, il prete e’ stato immediatamente trasferito dalla parrocchia a un convento agli arresti domiciliari. BD (Riproduzione Riservata)



LA GAZZETTA DEL MEZZOGIONO

Arezzo – L’ex abate pedofilo confessa

Pierangelo Bertagna, 44 anni, era superiore dell’ abbazia di Farneta (nella foto). Arrestato e sospeso “a divinis”, sta rivelando ai magistrati decine di casi CORTONA (Arezzo) – Sono decine i casi di violenza sessuale che l’ex abate di Farneta (Cortona) – Pierangelo Bertagna, 44 anni – ha ammesso davanti ai giudici di Arezzo. Fino ad ora l’accusa nei suoi confronti era riferita ad un unico caso che coinvolge un ragazzino di 13 anni, e per il quale l’11 luglio scorso i Carabinieri si erano recati nell’antica abbazia della Valdichiana aretina per arrestarlo, suscitando grande clamore. Il prete ha ammesso i fatti ed è stato immediatamente trasferito dalla parrocchia ad un convento agli arresti domiciliari; il 18 novembre il vescovo di Arezzo Gualtiero Bassetti lo ha sospeso “a divinis”. Ma le indagini e le successive ammissioni del sacerdote hanno rivelato nuovi episodi in quanto, come riferisce stamani il quotidiano “La Nazione”, decine di genitori si sono recati dai Carabinieri per raccontare cosa era accaduto ai loro figli. A quel punto il religioso ha ammesso tutti i casi segnalati dalle famiglie e ne ha confessati altri avvenuti in passato, sia in seminario (è diventato sacerdote a 39 anni), sia presso le comunità che aveva frequentato negli anni precedenti nel nord Italia (Bertagna è originario del Bresciano): in tutto sarebbero una trentina di episodi che hanno interessato altrettanti giovani e giovanissimi. I Carabinieri e la Procura, in accordo con la difesa del Bertagna, hanno lavorato nel massimo riserbo per avere tutti i riscontri necessari, rintracciando anche le vittime citate dall’ex abate.

26/11/2005


QUOTIDIANO NAZIONALE

CHOC AD AREZZO
L’abate confessa: ’Violentai 30 ragazzini’

Il sacerdote, già sospeso ’a divinis’ ammette le sue colpe. Abusi dai primi degli anni ’90, quando era ancora un laico

Arezzo, 26 novembre 2005 – Rischia di configurarsi come il più grave scandalo di pedofilia che abbia mai colpito la Chiesa italiana quello che vede coinvolto don Pierangelo Bertagna, il sacerdote dell’abbazia di Farneta (Arezzo) già sotto inchiesta per un caso di pedofilia e che ieri ha confessato agli inquirenti di aver abusato di 30 bambini, come riferito oggi dai nostri quotidiani ’Quotidiano nazionale, ’Il Resto del Carlino’ ’La Nazione’ e ’Il Giorno’.

La vicenda giudiziaria di don Bertagna (nella foto) è iniziata lo scorso 11 luglio, quando il sacerdote venne accusato di abusi sessuali da un ragazzino di 13 anni. Scattano le intercettazioni telefoniche, arrivano le prime conferme e l’abate di Farneta viene messo agli arresti domiciliari. Don Bertagna ammette parte delle colpe attribuitegli.

Nel frattempo l’indagine della Procura di Arezzo va avanti e, due settimane fa, il vescovo decide di sospendere ’a divinis’ il parroco, che viene mandato a scontare i domiciliari in un eremo della Valdichiana aretina.

Preso dai rimorsi, in una sola giornata don Pierangelo avrebbe confidato agli inquirenti la lunga serie di abusi sessuali da lui commessi a partire dagli anni ’90, quando era ancora un laico, su una trentina di ragazzi di età compresa tra gli 8 e i 15 anni. Le violenze sarebbero state compiute dapprima nella sua zona d’origine, la Lombardia e il Bresciano, dove faceva parte della congregazione dei «Costruttori nella preghiera», e poi proseguite al seminario di Arezzo (dove venne ordinato sacerdote nel 2000, a 39 anni) e infine all’abbazia di Farneta, vicino Cortona, dove nel frattempo era stato nominato parroco.

Gli inquirenti hanno già iniziato un giro di verifiche in varie parti d’Italia, trovando dolorose conferme ai racconti del parroco. Le indagini sono alla fase preliminare, ma la conclusione non dovrebbe essere lontana. Per don Bertagna, dopo la sospensione ’a divinis’, potrebbe arrivare presto il procedimento canonico di riduzione allo stato laicale.



GAZZETTA DEL SUD

Arezzo, sacerdote confessa decine di abusi su minori

Salvatore Mannino

AREZZO – Si è liberato la coscienza come chissà quante volte avevano fatto con lui i suoi parrocchiani nel segreto del confessionale. Ma non era un sacerdote quello con cui Don Pierangelo Bertagna si è confessato, erano gli inquirenti della procura di Arezzo. Dinanzi a loro l’ex parroco, abate di Farneta (nel comune di Cortona) fino all’11 luglio, quando fu arrestato per violenza sessuale, ha raccontato tutto, ha ammesso per intero i suoi abusi nei confronti dei minori: sono alcune decine, una trentina secondo le indiscrezioni più attendibili. Ed è una confessione che svela i retroscena di uno dei più grandi scandali sessuali, forse il più grande, nella storia recente della Chiesa italiana. Una cascata di rivelazioni che comincia in estate con le confidenze alla madre di un tredicenne della zona, la Valdichiana, in cui Don Bertagna esercitava il suo ministero. La signora si presenta subito in caserma, dai carabinieri. Scattano le intercettazioni telefoniche, arrivano le conferme, vengono decisi gli arresti domiciliari, effettuati l’11 luglio. Ed è come scoperchiare il vaso di Pandora. Perché subito altre famiglie si precipitano dai carabinieri: anche noi abbiamo un figlio nelle stesse condizioni, vittima delle attenzioni particolari del parroco. L’inchiesta, condotta dal sostituto procuratore aretino Ersilia Spena va avanti in gran segreto. Per mesi si sa soltanto della prima violenza sessuale, senza che trapeli niente del resto. Intanto, però, l’abate, combattuto fra quella che è una fede sincera (secondo chiunque lo conosce) e la coscienza dei suoi peccati (e reati) decide di liberarsi l’anima. In una sola giornata, nell’eremo appenninico in cui sta scontando gli arresti domiciliari, confessa la lunga serie degli abusi sessuali, che comincia negli anni ’90, quando era ancora un laico, e finisce solo con l’ordine di custodia firmato dal Gip Gianni Fruganti. Un pentolone nel quale c’è di tutto: le violenze compiute in mezza Italia, in particolare nella sua zona di origine, la Lombardia e il Bresciano, quando non era ancora sacerdote ma faceva già parte della congregazione dei «Costruttori nella preghiera».

(sabato 26 novembre 2005)



Sabato, 26 novembre 2005


“Un giudice degli Stati Uniti giudica il

 Papa esente dal processo giudiziario”

Traduzione dall’americano di Umberto Lenzi.

Il 23 dicembre 2005

Commenti del giornalista …

Benedetto XVI potrebbe, se volesse, testimoniare volontariamente nel caso, a modo di deposizione o presenza remota (per iscritto o via circuito chiuso televisivo). Entrambi le maniere potrebbero disinnescare la bomba che ha cominciato a funzionare l’aprile 19 scorso quando i cardinali compresero che Ratzingher, come prefetto di CDF per 25 anni, era estremamente vulnerabile; ma non se sovrano. Così, schermando, Ratzingher diviene il coverup di un coverup, e può o non può rimanere uno dei segreti più dilettevoli della storia.
Il silenzio del sovrano BXVI in questa questione può essere piu’ nocivo per distruggere la fiducia nel papato ed il “
sistema ” ecclesiastico che le sue
risposte veritiere, attinenti ed
opportune alle domande che noi stiamo
chiedendo da anni. E mentre noi
stiamo aspettando che la giuria ritorni un verdetto, Hans Kueng avrà abbastanza materiale e tempo per scrivere un seguito a suo “
Infallibile “?

La Notizia …
Città di Vaticano: Un giudice Stati
Uniti in Texas ha dichiarato che il Papa Benedict XVI gode dell’immunità, come capo si stato, da una denuncia civile che l’accusa di omerta’ per dissimulare l’abuso sessuale di minori da parte di un
seminarista.
Secondo una copia del verdetto di ieri, il Giudice Statunitnse Lee Rosenthal citò un moto archiviato dal Dipartimento della Giustizia Statunitense dove il governo dice che permettere all’accusa di procedere sarebbe stato “incompatibile con gli
interessi” della politica internazionale degli Stati Uniti.
Dopo che un suggerimento d’immunità è archiviato, è il dovere della corte di cedere la giurisdizione, ha scritto Rosenthal nel verdetto della corte distrettuale di Huston, Stati Uniti.
Giuseppe Ratzinger – il
nome civile di Benedetto XVI – è imputato nella denuncia civile, accusato di cospirare con l’Arcidiocesi di Galveston-Houston ed alcuni dei suoi ufficiali a coprire l’abuso di tre ragazzi nel mezzo degli anni 90. La causa cerca danni monetari.
I tre ragazzi, identificati
nei documenti di corte come John Does I, II e III, dichiarano che un seminarista, di origine della Columbia, nella chiesa di San Francesco de Sales a Houston, Juan Carlos Patino-Arango, li molestò durante sessioni di consiglio, nel mezzo degli anni 90.
Patino-Arango è stato accusato e condannato in un caso criminale nella Contea di Harris, Texas, dalla gran giuria ed è un fuggitivo dalla giustizia, la denuncia dice.
Daniele Shea, l’avvocato di una delle vittime, ha dichiarato nella denuncia, che la lettera del 18 Maggio 2001 scritta ai Vescovi di tutto il mondo da Ratzinger era evidenza che lui era coinvolto in una cospirazione per nascondere i crimini di Patino-Arango ed aiutarlo scappare l’accusa.
La lettera, scritta quando
Ratzinger era ancora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, spiega che quei “gravi crimini” come l’abuso sessuale di minorenni sarebbe trattata dalla sua congregazione e che i procedimenti dei tribunali ecclesiastici speciali che si occupano dei casi erano soggetto a “segreto papale”.
Shea che non rappresenta più il querelante, ma è consigliere all’avvocato leader nel caso, disse ieri che il verdetto di Rosenthal era una ” sconfitta ” per le vittime ed che gli avvocati stavano attivamente considerando un appello.
” Tanto per cominciare, Io penso che è una sconfitta per il popolo americano che l’amministrazione abbia dato al Vaticano l’immunità diplomatica, e che sta usando quella per proteggerli, “
disse (l’avvocato). – Sapa-AP

Giovedì, 29 dicembre 2005


Un Vescovo Statunitense dice che un

 Prete lo abusò da Adolescente

di Alan Cooperman giornalista del Washington Post (Traduzione di Umberto Lenzi)

Wednesday, 11 gennaio 2006

Rompendo i ranchi coi suoi pari, un vescovo cattolico romano richiese ieri che le legislature statali rimuovino temporaneamente i termini di scadenza che hanno prevenuto molte vittime dell’abuso sessuale dal chiamare in giudizio la chiesa. Nel fare quel appello straordinario, Tommaso Gumbleton, Vescovo Ausiliare di Detroit, si alleggerì anche di un segreto personale. Da adolescente, 60 anni fa, lui ha detto, fu toccato “inopportunatamente” da un prete.

Gumbleton, di anni 75, è il primo vescovo negli Stati Uniti a dischiudere che lui era una vittima dell’abuso sessuale clericale. Lui è anche il primo (Vescovo) a sostenere le proposte pendenti in Pennsylvania, Ohio, New York e altri Stati per aprire una finestra di un-anno, sull’esempio della California, alle vittime affinche’ possano introdurre denunce sull’abuso sessuale, senza limite di tempo. “Non voglio esagerare che personalmente io fossi stato terribilmente danneggiato. Non era quel genere di abuso sessuale che molte delle vittime hanno esperimentano.” Gumbleton rispose, in una intervistal telefonica. Ma, egli disse, che sa perché le vittime di abuso sessuale spesso non possono far denuncia dentro il periodo permesso dallo statuto che, in molti stati, e’ solo da due a cinque anni dopo il crimine allegato. “Loro sono intimiditi, imbarazzati, e lo seppelliscono. Li capisco,” disse “Io non lo dissi mai ai miei genitori. Non lo dissi mai a nessuno”. Gumbleton si sta mettendo in mezzo tra i gruppi di vittime che lottano per mutamenti legislativi ed i maneggiatori della chiesa Cattolica Romana ed altre organizzazioni religiose ricalcitranti.

Si cominciò nel 2002, quando la legislatura della California votò la sospensione dello statuto del limite di tempo su denunce di abuso sessuale per un anno, dal 1 Gen. al 31 Dic., 2003; durante quel periodo, le vittime introdussero più di 800 cause contro le diocesi della California. La maggior parte delle cause sono ancora in mediazione, con un costo che, gli avvocati di tutte e due le parti, stimano potrebbe superare $1 miliardo; piu’ di quello che lo scandalo ha costato finora a tutte le diocesi Cattoliche Americane messe insieme. Il mese scorso, un giudice federale in California pronunciò valida la costituzionalità della sospensione di un-anno, dando cosi’ impeto a simili proposte legislative in altri stati. Gumbleton dice che intende parlare oggi in una conferenza stampa davanti al palazzo del governo di Ohio. Il Senato Statale di Ohio, l’altro marzo, ha votato all’unanimita’ per aprire una finestra di un-anno, ed è probabile che passi al voto della Camera e del Senato in primavera, secondo il promotore, F. di Robert.

Spada, un cattolico, dice che la gerarchia dello stato ha vigorosamente opposto la misura. “Hanno fatto il più possibile” per sconfiggere la proposta.

Mark Chopko, avvocato generale della Conferenza Episcopale Cattolica Americana, dice che i vescovi non hanno formulato una posizione nazionale sul problema, ma i lobbyists della Chiesa Cattolica a livello statale hanno opposto fortemente le proposte di sospensioni delle scadenze di tempo.

“Quello che accadde a Gumbleton ed altre vittime e’ terribile, davvero terribile,” dice Chopko “ma e’ cosa giusta rendere il patrimonio della chiesa vulnerabile? Noi vogliamo assistere vittime, ed incoraggiare soluzioni ed anche offrire qualche genere di assistenza finanziaria se è necessario. Ma l’idea che ” tutti vadano allo sbaraglio e lottino in giurisdizioni ordinarie — noi pensiamo che sia ingiusto”.

Gumbleton che fu nominato vescovo 38 anni fa da Papa Paul VI è un pacifista con una reputazione come uno dei prelati statunitensi più liberali sull’economia ed i problemi sociali. Durante una riunione della conferenza episcopale nazionale a Washington, alcuni anni fa, lui disse, che venne vicino a menzionare la sua esperienza a riguardo dell’abuso sessuale. ” Ma poi la conversazione, in qualche modo, cambiò l’argomento”.

Gumbleton dischiuse il suo abuso nei commenti preparati per la conferenza stampa di oggi, dicendo d’essere stato abusato da adolescente e d’essere stato “toccato impropriamente” da un prete. Raggiunto la notte scorsa al suo albergo in Colombus, Ohio, ha detto che gli incidenti ebbero luogo nel 1945, quando era studente di ginnasio al Seminario del Sacro Cuore a Detroit. “Come spesso accade in questi casi, un prete invitava lui ed un altro ragazzo in una cabina di fine-settimana. A un certo punto, (il prete) cominciava a far lotta libera con uno di noi. Poi lui (il prete) metteva le sue mani nei nostri pantaloni” disse il Vescovo. Gumbleton ha declinato di nominare il prete che, lui dice, è morto da piu’ di dieci anni. “Io non ho animosità verso di lui. Spero che lui stia pregando per me in cielo,” dice il Vescovo. Sebbene lui sia vescovo in Michigan, dice Gumbleton, non vede niente di sbagliato il parlare in Ohio su quello che lui crede è “un problema” nazionale. “Potrebbe costare alla chiesa un po’ di soldi, ma potrebbe portare grande sollievo a molte vittime” disse. “Da 10 anni dico che questi casi devono essere trattati con sensibilità pastorale, e non soltanto in un modo avversario legale. Io ho sempre fortemente sostenuto che i vescovi dovono parlare con le vittime, ma spesso non lo si e’ fatto”.

Fonte: (http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2006/01/10/AR200601100 1818.html?sub=AR)



Giovedì, 12 gennaio 2006


Ferrara.


Violenze sessuali, prete a giudizio

Un sacerdote cattolico di 60 anni, originario di Bologna, é stato rinviato a giudizio dal gup di Ferrara per violenza sessuale ai danni di 10 bambine dell’asilo parrocchiale

Tratto da http://www.emilianet.it

FERRARA (17 gen. 2006) –
Avrebbe abusato sessualmente di almeno dieci bambine ed ora andrà a giudizio con l’accusa di violenza sessuale. Si tratta di un sacerdote di 60 anni che aveva l’abitudine di “far visita” alle bimbe di un asilo parrocchiale di Ferrara. Il sacerdote è agli arresti domiciliari da dieci mesi. Citati in giudizio anche la Curia di appartenenza del sacerdote, la parrocchia che gestiva, il Ministero della pubblica Istruzione.
Secondo l’accusa, il prete non si limitò ad abusare delle bambine, ma toccò in più occasioni le due educatrici dello stesso asilo. Alla prima udienza fiume, durata tutta la giornata, il sacerdote era presente in aula, scortato dalla polizia penitenziaria come prevede l’accompagnamento di detenuti agli arresti domiciliari. Il giudice, oltre alla decisione del rinvio a giudizio, ha emesso anche un decreto di autorizzazione, richiesto dalle parti civili, ben 17 costituite tra genitori e educatrici, a citare come responsabili civili, per l’eventuale rifusione di danni morali e materiali, la Curia di appartenenza del sacerdote, la parrocchia che gestiva, il Ministero della pubblica Istruzione e il Csa di Ferrara (ex provveditorato).
Secondo l’accusa, nonostante fossero state date segnalazioni chiare della situazione dell’asilo (lettere di genitori alla Curia), nessun ente intervenne e soprattutto sottovalutarono le segnalazioni stesse.
Il pm Filippo di Benedetto, che ha condotto l’inchiesta, aveva chiesto il rinvio a giudizio, mentre i difensori del sacerdote – Milena Catozzi di Ferrara e Giuseppe Pavan di Padova – avevano proposto il proscioglimento, hanno ribadito davanti al giudice, per la totale estraneità alle accuse.

 



Mercoledì, 18 gennaio 2006


Cosenza
Altre tre donne accusano “padre Fedele”

Notizie da Agenzia AGE e dal Corriere Canadese

PADRE FEDELE: AGLI ATTI RACCONTI DI TRE DONNE VITTIME AVANCE
(AGE) COSENZA – Richieste esplicite di rapporti sessuali e approcci più o meno velati: agli atti dell’ inchiesta sulle presunte violenze sessuali ai danni di una suora che sarebbero state compiute da padre Fedele Bisceglia, ci sono anche i racconti di tre donne che per periodi più o meno lunghi hanno vissuto nell’ Oasi Francescana ed hanno raccontato alla polizia di avere subito le avance del sacerdote. Le tre donne, sentite dalla polizia, hanno riferito dei tentativi posti in atto dal sacerdote e delle reazioni del frate al loro rifiuto. In particolare una di loro ha raccontato di essere stata invitata ad andarsene dalla struttura pochi giorni dopo essersi opposta alle avance ed un altra, una ragazza rumena, di essere stata messa nella lista degli stranieri in uscita dall’ Oasi il giorno successivo al tentativo di approccio. Le donne hanno anche riferito di avere saputo, durante la loro permanenza nella struttura, di altre ragazze che avevano subito le avance di padre Fedele e, due di loro, hanno anche fatto il nome di due donne che avevano ammesso di avere rapporti con il sacerdote. (AGE) RED-CENT


Fonte: corriere.com
Edizione on-line del Corriere Canadese


Padre Fedele interrogato in carcere
La suora: «Ricattata e minacciata»


A Toronto c’è incredulità e le bocche sono cucite. Nessuno osa azzardare un commento o rievocare un ricordo di quando padre Fedele, all’anagrafe Francesco Bisceglia, si faceva vedere da queste parti, dove era emigrata nel 1960 la sua famiglia.
In Italia, invece, dal carcere dove è detenuto, il padre si difende su tutta la linea e rigetta l’accusa di violenze sessuali ai danni di una suora. Nel primo interrogatorio in carcere condotto dal gip Giusy Ferrucci, durato tre ore e mezza, padre Fedele, assistito dal legale di fiducia, Tommaso Sorrentino, ha infatti ribadito la sua linea d’innocenza sostenendo la sua totale estraneità alle contestazioni mossegli sulla base della denuncia presentata nell’ottobre scorso dalla suora che avrebbe subito le violenze sessuali singole e di gruppo.
«Non ho mai violentato nessuno – ha detto padre Fedele nel corso dell’interrogatorio – e meno che mai avrei potuto compiere un atto tanto abietto nei confronti di una suora. Tutto questo è assurdo e lo dimostrerò. Se c’è qualcuno che vuole rovinarmi ha fatto male i suoi conti. Mi attiverò per individuare gli autori di questa macchinazione che è stata ordita ai miei danni».
Padre Fedele non si è scomposto neppure quando gli sono state sottoposte le intercettazioni dei colloqui telefonici che ha avuto con alcune ragazze in cui si faceva anche riferimento ad argomenti di carattere sessuale.
«Erano dialoghi scherzosi – ha detto il sacerdote – e non riguardavano situazioni reali. In ogni caso i colloqui oggetto delle intercettazioni non hanno nulla a che vedere con l’accusa di violenza sessuale che mi viene contestata».
Ancora più assurde, a detta di padre Fedele, sono poi le accuse secondo le quali persone che avrebbero avuto rapporti sessuali con la stessa suora oggetto delle violenze e con altre ragazze ospiti dell’Oasi francescana avrebbero poi versato somme allo stesso sacerdote quale contributo a sostegno della struttura d’accoglienza.
«Ipotizzare, come fa l’accusa – ha detto padre Fedele – che qualcuno abbia potuto versare 160 mila euro in cambio di un rapporto sessuale avuto con la suora è semplicemente ridicolo. Chi mai sarebbe disposto a pagare una cifra simile?».

Intanto dalle carte dell’accusa emergono ulteriori particolari riguardo le contestazioni mosse a padre Fedele. La suora, secondo quanto è detto nell’ordinanza di custodia cautelare, ha riferito di essere stata sottoposta a ricatti perché non rivelasse le violenze sessuali subite e ha fatto la denuncia d’accordo con la madre superiora una volta trasferita a Roma.
«Non ho avuto il coraggio di denunciare subito ciò che mi era stato fatto – ha detto la religiosa alla Polizia – per le minacce che padre Fedele aveva rivolto a me ed ai miei familiari. Più volte mi aveva detto che, se avessi parlato, avrebbe diffuso le immagini video e fotografiche che lui e i suoi complici avevano registrato e scattato in occasione degli abusi sessuali che ho subito. Ovviamente, oltre alla paura, provavo vergogna».



Giovedì, 26 gennaio 2006


Il francescano accusato di stupro

 
Padre Fedele, un arresto strano

di don Vitaliano Della Sala (Liberazione, 26.01.2006)

Nel novembre 2002 ho conosciuto di sfuggita padre Fedele Bisceglia, frate francescano sessantanovenne, arrestato nei giorni scorsi con l’accusa di violenza sessuale nei confronti di una suora, che ha prestato servizio di volontariato presso l’Oasi francescana, una casa di accoglienza da lui fondata a Cosenza. L’ho conosciuto durante la grande manifestazione tenutasi a Cosenza per protestare contro altri arresti, quello di Francesco Caruso e di altri 19 attivisti del movimento “no-global” del Sud Ribelle; allora il frate francescano aveva organizzato la distribuzione di acqua, panini e frutta a tutti i manifestanti e mi colpì positivamente il fatto che i compagni cosentini parlassero tutti con ammirazione esagerata di padre Fedele.

Ma chi è padre Fedele? Sicuramente un personaggio multiforme e fuori da ogni schema e canone tradizionale per un monaco. é un frate che ha fatto dell’aiuto ai più poveri e diseredati, che siano a Cosenza o in Africa non importa, la sua missione; tutto cuore, grinta e passione, al fianco delle prostitute per toglierle dalla strada o degli ultras di calcio per ingaggiare – in tempi non sospetti, oltre 20 anni fa – una battaglia contro la violenza negli stadi. Padre Fedele è questo ed altro ancora. Un personaggio non rientrante negli schemi rigidi e tradizionali per un sacerdote. Dalla curva dello stadio cosentino “San Vito”, alla sua Oasi francescana dove trovano ospitalità i reietti della società e dove puntualmente ogni anno padre Fedele organizza il pranzo di Natale per i poveri, il frate francescano ha trovato modo di essere sempre in prima fila.


Stupore e sconcerto ha suscitato il suo arresto in tantissime persone e ambienti, dal mondo della politica a quello del sociale, pur nei limiti dell’ovvia cautela imposta dalle clamorose e gravissime accuse che gli sono piovute addosso, il dato comune è infatti quello dello sconcerto e dell’incredulità.

Quella per dimostrare l’infondatezza delle accuse rivoltegli dalla solerte Procura di Cosenza, sarà certamente la sua battaglia più difficile; sarà molto più complicata di quelle sostenute in Africa, dove recentemente era addirittura scampato ad un agguato. Non è sfuggito invece all’”agguato” preparatogli dalla magistratura cosentina.

Qualche anno fa, un “amico” solitamente ben informato che lavora tra le forze dell’ordine, non so se solo per mettermi paura, mi mise in guardia da un’accusa analoga che stavano per diffondere contro di me per screditarmi e bloccarmi; poi non fu messa in giro nessuna notizia, ma ricordo la preoccupazione che mi prese pensando alla difficoltà che avrei avuto a difendermi e a smontare l’accusa. Non so perché ma, appena ho appreso la notizia dell’arresto di padre Fedele, ho pensato che fosse stato “incastrato”, chissà da chi, chissà per quale delle sue eclatanti battaglie sociali. Questa convinzione si è rafforzata in me, dopo le numerose telefonate con amici e giornalisti che hanno confermato la stessa sensazione. Mi è tornata in mente quell’”aria strana” che ho respirato a Cosenza tutte le volte che ci sono tornato, per preparare il contro G8 di Genova, o durante l’arresto dei “no-global”, e in tantissime altre occasioni. Nella città calabrese da un lato si respira un’aria “primaverile” di rinnovamento politico, culturale e sociale, dall’altro quella “invernale” – e infernale – proveniente da ambienti reazionari e malavitosi che si oppongono a ogni ventata di novità e di rinnovamento della società. Anche nella solerte Procura della Repubblica cosentina, si deve respirare a polmoni pieni quest’aria, ne è prova la facilità con la quale si gettano in galera persone che dissentono – come i “no-global” – con accuse assurde e con prove ridicole. Sembra che “qualcuno” a Cosenza sia estremamente bravo a togliersi dai piedi, senza troppi scrupoli, chi disturba la quiete cittadina, chi sollecita i cosentini a smuoversi dagli spazi troppo chiusi che la sedentarietà e la pigrizia, la mancanza di spirito di iniziativa, la paura delle novità, la peggiore politica e la criminalità organizzata, invitano a non abbandonare. Sembra che a Cosenza “qualcuno” abbia appreso bene la squallida abitudine, in voga nel resto del Paese, di sbattere “il mostro in prima pagina”, tanto meglio se il “mostro” è uno che disturba chi comanda; quella diabolica abitudine di istruire processi mediatici e di piazza, capovolgendo uno dei fondamenti della nostra giurisprudenza: non più la presunzione di innocenza dell’imputato, innocente fino alla sentenza definitiva emessa dal tribunale, ma la condanna a priori dell’imputato, a prescindere dal processo; è l’imputato che deve dimostrare la propria innocenza alla piazza mediatica, se avrà la fortuna di essere invitato nel salotto buono italiano di Bruno Vespa, o al banco degli imputati di qualche talk show, dove i processi sono rapidi, una volta si sarebbero detti “sommari”, e le sentenze immediate, con tanto di sondaggio tra il pubblico e applausometro per misurare esattamente chi è pro e chi è contro.

Solo dopo, molto dopo, verrà il tempo dei processi veri, quelli che si celebrano, “in nome e per conto del Popolo italiano”, nelle aule dei tribunali dove la legge dovrebbe essere uguale per tutti. Se non sei Presidente del Consiglio dei ministri, o suo intimo amico, per cui il Parlamento emana leggi ad hoc per farti evitare il carcere e possibili sentenze sfavorevoli, e se sei fortunato e hai racimolato tanti soldi per poter pagare un avvocato di grido, dopo 20 anni e anche più, sempre in nome del sovrano popolo italiano, un giudice, applicando quella legge che dovrebbe essere sempre uguale per tutti, emetterà la sentenza, e forse ti assolverà dalle accuse infamanti per le quali già il giudice Vespa ti aveva condannatoÉnessuno se ne fregherà, nessuno ti difenderà! Forse nessuno lo verrà mai a sapere, perché nel salotto buono di Vespa si sta processando il povero “mostro” del momento, e gli innocenti invece non fanno notizia, peggio ancora gli assolti, se non sono Presidenti del Consiglio dei ministri non stimolano le pruderie e la curiosità degli spettatori-cittadini-sovrani. Questi, quando ti incontreranno per strada e ti riconosceranno, nonostante la sentenza assolutoria firmata da un giudice vero, in nome del solito popolo italiano, su carta da bollo intestata “Repubblica Italiana”, ti eviteranno perché, per loro, resterai comunque lo stupratore, il sovversivo, il pedofilo, il ladro, il terrorista É visto in televisione, che dice sempre la verità!

E qualcuno sostiene che siamo un popolo civile!


Lunedì, 30 gennaio 2006


Un dibattito sulla vicenda di Padre Fedele

 Bisceglia

Dal sito “La voce di Fiore”

di Federico La Sala

Dal sito: http://www.lavocedifiore.org

 

Commento sulla vicenda di Padre Fedele Bisceglia

28 gennaio 2006, di francesco

Scusate se mi permetto di esprimere la mia opinione in riferimento a questo spiacevole accaduto che ha come protagonista padre Fedele. Mi chiamo francesco ho 27 anni e dal mese di settembre vivo in una comunità religiosa alle porte di Milano. Sto facendo un commino vocazionale che mi porterà, se il Signore vorrà, a diventare un sacerdote religioso, come padre Fedele. Care amiche e amici, fin dal primo momento dall’ apprendimento attraverso il telegiornale di questo accaduto, mi sono sentito molto triste sopratutto perchè immaginavo l’enfasi che tale vicenda avrebbe avuto nell’opinione pubblica, la stessa opinione pubbliche che sembra aver fame solo di notizie scandalistiche su sacerdoti o sulle forza dell’ordine implicati in vicende poco chiare…. Sarebbe, a mio modesto avviso, più serio se l’opinione pubblica si informasse sul male che c’è al Mondo su milioni e milioni di bambini che muoino ogni secondo, sulle guerre che devastano non solo i “paesi petroliferi” ma anche terre che non fanno notizia solo perchè non hanno ricchezze…….ma in realtà ne hanno eccome di ricchezze…le ricchezze che lo stesso nostro Signore ci ha donato….. Le conosce bene padre Fedele queste ricchezze, se si va a ricercare attentamente, come io ho fatto in questi giorni, l’operato di questo sacerdote, aldilà delle sue apparizioni pubbliche (più o meno condivisibili), quest’uomo sulle orme di San. Francesco d’Assisi, ha veramente dato la sua vita per gli altri, vi invito ad andare a leggere sul sito dell’opera francescana che egli ha creato, la sua vita!!!! Signori miei impariamo prima di tutto l’umiltà, e smettiamola di pensare che i sacerdoti siano dei super uomini immuni da ogni male e da ogni peccato, sono UOMINI, come tutti noi e se ne siamo capaci mettiamo le mani giunte, inginocchiamoci e preghiamo il Signore Dio per intercessione della nostra cara Madre Maria che li aiuti nel loro difficile ministero. Scusatemi per essermi permesso di esprimere la mia opinione. Ringrazio e prego per tutti voi e ora in modo particolare per padre Fedele, e come ha giustamente detto il vescovo di Cosenza, auguriamoci che la giustizia faccia il suo giusto corso. francesco.

La risposta di Federico La Sala

Caro Francesco
CHE SI FACCIA PRESTISSIMO CHIAREZZA E GIUSTIZIA !!!: questa è stata la richiesta del direttore del sito (e anche mia), fin dall’inizio. Condivido quanto scrivi: “impariamo prima di tutto l’umiltà, e smettiamola di pensare che i sacerdoti siano dei super uomini immuni da ogni male e da ogni peccato, sono UOMINI, come tutti noi”. Ma credo anche che ci sia ‘qualcosa’ che non va, sia nella teoria sia nella pratica, nella Chiesa (che si dice e vuole essere universale) ‘cattolica’. Dici che stai “facendo un cammino vocazionale” che ti porterà, “se il Signore vorrà, a diventare un sacerdote religioso, come padre Fedele” e inviti alla preghiera: “e se ne siamo capaci mettiamo le mani giunte, inginocchiamoci e preghiamo il Signore Dio per intercessione della nostra cara Madre Maria che li aiuti nel loro difficile ministero”. Condivido anche questo, ma non credi che in quello che dici ci sia ‘qualcosa’ che non va?! E’ mai possibile che nel duemila dopo Cristo, e dopo Francesco d’ Assisi !!!, si continui a mentire alla grande, a confondere mente e cuore e a indicare un modello di famiglia (la ‘sacra famiglia’) ancora tutto pre-cristiano?! Pensaci bene prima di procedere sul tuo cammino, di imitazione di Gesù: di chi sei ‘figlio’?, solo di ‘Maria’?! Come Gesù, e come Francesco, non sei anche tu figlio dello stesso Spirito Santo, dell’Amore? E allora, ti prego, sii fedele a te stesso e allo spirito della verità e della vita, medita (oltre che su tutti gli altri ’passi’ evangelici, anche) su questo passo di Matteo (1. 21): [MARIA] Ella partorirà un figlio, E TU [GIUSEPPE]GLI PORRAI NOME GESU’, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati. Pensaci: non è che, avendo la Chiesa ‘cattolica’ (soprattutto, e non solo) costretto tutti e tutte a ’dimenticare’ GIUSEPPE, tutti gli esseri umani non siano potuti diventare veramente figli e figlie di ‘Dio’, e il “DEUS CARITAS EST” è stato coniugato (e fatto coniugare ancora oggi, fino all’enciclica di Benedetto XVI compresa!!!) ostinatamente male, ancora e solo in senso apostolico-romano – e nient’affatto (dal punto di vista teorico, istituzionale, ed educativo) cristiano e veramente umano?! O mi sbaglio? Cosa ne pensi? CHE SI FACCIA PRESTISSIMO CHIAREZZA E GIUSTIZIA, per tutti gli esseri umani e anche per padre Fedele!!! Pace e bene, sul e per il tuo cammino. Molti cordiali saluti, Federico La Sala



Lunedì, 30 gennaio 2006


L’arresto di padre Fedele


Le donne delle CDB solidali con la suora

 che lo ha denunciato

COMUNICATO STAMPA

Non intendiamo entrare nel merito di un caso ci cui si sta occupando la Magistratura, ma la denuncia di una violenza ai danni di una suora ci ha indotto a ripensare la comune condizione umana delle donne e alla forma estrema della violenza sessuale che continua a ritorcersi contro le donne anche nelle forme della tradizionale riprovazione sociale morbosa, sessista, pettegola quando la denuncia comporta, al di là delle prove, il confronto tra parola di donna e parola di uomo.
Negli ultimi tempi la violenza ha assunto termini di maggiore pericolosità nella sostanziale assenza di prevenzione, di incentivi al cambiamento culturale e di sostegno alle vittime.
Come donne delle Comunità cristiane di base, convenute a Bologna nei giorni 28 e 29 gennaio 2006 per i nostri programmi di lavoro, ci siamo trovate sconfortate a rifare ancora i conti con questi problemi e, pensando al carico di sofferenza di una sorella che ha subito un’offesa così grave e l’ha coraggiosamente denunciata, crediamo di doverle esprimere pubblicamente la nostra solidale comprensione.


Gruppi Donne delle Comunità cristiane di base


Bologna, 29 gennaio 2006
 



Martedì, 31 gennaio 2006


A proposito del caso del frate di Cosenza accusato di aver violentato una suora


Pregiudizi e luoghi comuni

di Le donne del Centro contro la violenza alle donna “Roberta Lanzino” di Cosenza

lunedì 30 gennaio 2006.

A partire dall’arresto del frate, Padre Fedele Bisceglia, per violenza sessuale nei confronti di una suora, il Centro contro la violenza alle donne di Cosenza sottopone all’attenzione di tutte alcune riflessioni. Il caso ha avuto risalto a livello nazionale e mal-trattato, come era prevedibile, dagli operatori dell’informazione.

E’ il momento di fare sentire nella sarabanda mediatica sul frate più famoso d’Italia, il nostro pensiero, il pensiero di chi si occupa di violenze alle donne da quasi 20 anni ormai e, quando ne parla, lo fa con il rispetto di tutti. In primo luogo delle donne che riescono a denunciare, perché sappiamo quanto costi farlo e a quale ludibrio infarcito di luoghi comuni si sottopongano. In secondo luogo degli autori dei reati per i quali, sino a quando non interviene una sentenza di condanna passata in giudicato, si impone il principio della presunzione di innocenza.

E così, per affrontare questo difficile argomento, vogliamo partire proprio da un luogo comune: quello secondo cui una violenza sessuale non possa essere provocata da una donna “bassa, tozza e grassa”. A parte la volgarità nei confronti di tutte quelle donne che non siano alte, eleganti e longilinee, quella affermazione è contraddetta da tutte le analisi sul fenomeno della violenza alle donne, che viene invece perpetrata soprattutto nei confronti di donne non particolarmente attraenti e/o procaci, ma soprattutto su donne in condizione di debolezza e ricattabilità. Gli stupratori scelgono con cura le loro vittime tra le più deboli, le più modeste, le più diseredate, proprio per tenersi al riparo dalle possibili denunce.

Una seconda riflessione, motivata dalla lettura delle intercettazioni telefoniche – discutibilmente riportate dalla stampa locale e nazionale – è sul tipo di cultura che emerge relativamente alla considerazione della donna, una cultura miserevole di chi non vede nelle donne che un insieme di connotazioni puramente sessuali.

Emerge, inoltre, con disumana platealità un fenomeno che, come centro antiviolenza, andiamo sempre più spesso constatando: la tentazione, cioè, da parte di molti uomini di approfittare delle condizioni di bisogno delle donne immigrate. E’ nostra esperienza che trasmigrare dall’approfittamento alla violenza è cosa assai frequente.

Infine un appello agli operatori dell’informazione affinché si sottraggano alla pruriginosa voluttà di pubblicare con estrema dovizia i particolari delle presunte violenze commesse. Oltre a confermarsi l’odiosa pratica di atti processuali integralmente consegnati alla stampa è decisivo l’uso che di questi atti la stampa fa. Una corretta informazione non passa né ’sbattendo il mostro in prima pagina’ né titolando ’la suora si truccava’. Vorremmo che, da questa vicenda così ’boccaccesca’, come è stata definita dai giornalisti, si traesse spunto per una riflessione più approfondita sulle dinamiche delle relazioni tra i generi,con meno curiosità e più rispetto da tutte le parti, soprattutto per dare ai giovani strumenti di lettura utili ad una comprensione serena della realtà nella quale vivono.

Le donne del Centro contro la violenza alle donna “Roberta Lanzino” di Cosenza


Martedì, 31 gennaio 200


Il caso di padre Fedele Bisceglie


Sul caso di presunta violenza alla suora

di Peppino Coscione

Una lettera a Liberazione di contestazione delle posizioni espressa da don Vitaliano della Sala

Ringraziamo l’amico Peppino Coscione per averci messo a disposizione questa sua lettera a Liberazione

domenica 5 febbraio 2006 16.08
lettere@liberazione.it

Cara Liberazione,
ho atteso per giorni invano che qualche compagno ma soprattutto qualche compagna intervenisse, specialmente dopo l’articolo di don Vitaliano ( che, con una certa intempestività credo, sembra aver sposato la tesi del complotto cara anche a tanti vescovi che negli Stati Uniti la utilizzavano per coprire i loro preti pedofili) non dico per difendere a spada tratta una suora, una donna forse ( o comunque ? ) in condizioni di maggiore fragilità di altre donne, ma almeno a cercare di mettersi nella sua angolatura, come hanno fatto gruppi di donne delle comunità cristiane di base. Queste donne, infatti, pur non entrando nel merito del caso di cui si sta occupando la magistratura, hanno espresso pubblicamente, con un comunicato inviato all’Ansa, la loro solidale comprensione alla suora e hanno invitato tutti e ttutte a ripensare la comune condizione umana delle donne e alla forma estrema della violenza sessuale. Una conoscenza storica di genere ci dice che da questa forma di violenza non sono stati esenti neanche “eroi” e “rivoluzionari” e talora neanche preti ritenuti “rivoluzionari”, preti che amano citare del vangelo più spesso la donna “peccatrice” piuttosto che Maria di Magdala, prima testimone della risurrezione di Gesù e dunque fondamento primario della fede delle comunità cristiane.ll maschilismo e il machismo è duro a morire in noi maschi ed esso è visibile dappertutto, non escluso i partiti e i luoghi che si “pensano” rivoluzionari. Abbiamo tanto cammino ancora da fare….assieme, spero.
Peppino Coscione coscio@tin.it


Lunedì, 20 febbraio 2006


DIOCESI: BOLZANO


Assolto con formula piena don Giorgio

 Carli dall’accusa di abuso sessuale su

 minorenne

Da Agenzia SIR del 21-02-2006

21/02/2006 11:40 Il vescovo, i sacerdoti e la comunità della diocesi di Bolzano-Bressanone hanno accolto “con grande soddisfazione e sollievo” la sentenza di assoluzione di don Giorgio Carli dall’accusa di abuso sessuale su una minorenne. Don Carli, 43, sacerdote di Bolzano, è stato assolto con formula piena, “perché il fatto non sussiste”; era accusato di violenze sessuali nei confronti di una sua parrocchiana, minorenne all’epoca dei fatti. “In tutto questo tempo – si legge in una nota – non è mancata mai la certezza della non-colpevolezza di don Giorgio, ma vedere riconosciuta l’innocenza anche dal giudizio del tribunale riempie di una gioia piena e liberante. E’ stato certamente un periodo di grande sofferenza per don Giorgio e per la comunità diocesana”. Don Giorgio, testimoniano i fedeli, “ha dato l’esempio di grande serenità e semplicità evangelica e francescana. La sua comunità gli ha espresso e esprime la sua stima e vicinanza, come il vescovo l’ha sempre espressa. Ci auguriamo che le ferite inferte possano guarire presto”, è l’auspicio finale del comunicato. Don Carli, cappellano di una parrocchia di don Bosco, un popoloso quartiere di Bolzano, era stato arrestato a luglio di tre anni fa, sulla base di una querela presentata dalla ragazza stessa. Molto conosciuto in diocesi, don Carli cura tra l’altro una rubrica quotidiana sull’emittente locale della Curia, “Radio Sacra Famiglia”, ed organizza spettacoli ed altre attività che coinvolgono il mondo giovanile.



Venerdì, 24 febbraio 2006


In Irlanda più ci cento preti cattolici

 accusati di pedofilia

di Patrizia Vita

Le agenzie di stampa di tutto il mondo hanno ieri battuto la notizia che anche nella cattolicissima irlanda esiste il grave fenomeno della pedofilia fra i preti cattolici. Più di cento i preti accusati di aver commesso abusi sessuali su minori nella regione di Dublino a partire dagli anni ’40 ad oggi. Oltre sessant’anni di violenze passate sotto silenzio per un totale di vittime identificate altissimo, circa 350.
L’indagine è stata condotta dall’Arcidiocesi di Dublino anche a seguito di una grave serie di scandali sessuali che ha gravemente danneggiato l’immagine della chiesa cattolica in Irlanda negli ultimi dieci anni. L’Arcidiocesi di Dublino ha analizzato i fascicoli personali di circa 2800 preti che hanno prestato la loro opera nell’arcidiocesi. Di questi circa il 3% è risultato colpevole di atti di pedofilia. Un’indagine analoga, svolta lo scorso anno in una arcidiocesi più piccola, nella contea di Wexford, aveva portato a identificare un centinaio di vittime e 21 preti pedofili. Finora sono 32 i preti dell’arcidiocesi di Dublino citati per danni da 105 vittime. Il costo di risarcimenti – che è già di 5,9 milioni di euro – è destinato a salire perchè lo stesso governo ha dato il via a un’indagine che comincerà tra breve.
Anche il caso irlandese conferma come la questione “pedofilia dei preti” non sia un fenomeno isolato a poche realtà, ma riguardi la generalità della chiesa cattolica. C’è qualcosa che non funziona nella formazione e nella selezione dei preti e non sembra che le gerarchie vaticane siano riuscite finora a porre rimedio a questa vera e propria peste.
Questi fenomeni, lo ripetiamo per l’ennesima volta, mettono in luce la totale assenza di amore all’interno della gerarchia ecclesiastica. L’amore lo si predica ma non lo si vive, con tutti i guasti che ciò comporta non solo sul piano ecclesiale ma anche umano e personale dei singoli preti



Giovedì, 09 marzo 2006


Pedofilia


Otto religiosi sospesi negli Usa

NUOVI, gravi imbarazzi per il Vaticano in America. Il Boston Globe ha pubblicato la notizia che la Santa Sede ha sospeso 8 religiosi accusati di aver molestato sessualmente un gruppo di minorenni. Tra questi Monsignor Frederick J. Ryan che per vent’anni è stato il terzo più influente rappresentante della Arcidiocesi cattolica di Boston, un diacono e 6 preti. Mons. Ryan è anche il religioso dal grado più elevato accusato di tale crimine dal 2002, quando il primo enorme scandalo sessuale fu reso pubblico. A quel tempo Ryan fu accusato di aver molestato due studenti della scuola cattolica High School Catholic Memorial di West Roxbury, vicino Boston. I due studenti si fecero avanti nel 2002 e finalmente trovarono il coraggio di raccontare la verità alla luce dei molti altri casi di molestie. Ryan fu costretto a rassegnare le dimissioni ma gli fu consentito di rimanere come pastore nella sua chiesa. E ora la nuova sospensione del Vaticano: ciò significa che sono stati spogliati di ogni privilegio religioso e non riceveranno più soldi della diocesi. E potranno solo dare l’assoluzione ai moribondi.

Fonte: iltempo.it
domenica 19 marzo 2006

 

Lunedì, 20 marzo 2006


Stupro: Dal Tribunale della Libertà di

 Catanzaro un altro cattivo esempio di

 giurisprudenza

Noi siamo di parte: dalla parte di suor T.

di Il Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino”

mercoledì 29 marzo 2006.

Il centro contro la violenza alle donne ’Roberta Lanzino’ si costituirà parte civile nel processo a carico di Padre Fedele Bisceglia Noi siamo di parte! Siamo dalla parte di suor T., la suora che dopo aver denunciato le violenze subite nell’oasi francescana è stata fatta segno di infinite, gratuite offese che proviamo ad elencare: è stata accusata di non essere attendibile, di essere malata di mente, di intrattenere relazioni con uomini, di truccarsi, di bere, di far parte di un complotto, di avere strane abitudini.

Sono state rivelate, senza un’ombra di discrezione, notizie sulle sue condizioni di salute e si sono ventilati dubbi sulla credibilità delle stesse.

Ma nessuna notizia è trapelata sull’ apostolato di questa suora, sulle azioni positive nei confronti dell’ umanità diseredata alla quale si è consacrata, nessuna voce ne ha elencato i meriti, nessuna ha esaltato il lavoro, tra i più umili che la chiesa comprende, svolto nell’anonimato, lontano dai riflettori che invece si sono sempre accesi sulla incontestabile opera di padre Fedele.

Per questo siamo dalla sua parte, come siamo dalla parte di tutte quelle donne che con grande difficoltà osano denunciare le violenze subite, perché sanno, sono sicure, di affrontare un percorso difficile, irto di pregiudizi che vengono da lontano, da una cultura che vuole le donne, sempre colpevoli di provocare gli abusi sessuali, e gli uomini che li commettono giustificati da una presunta sessualità esuberante, ma in fondo tutta naturale.

Gli stupri e le violenze sulle donne sono reati che nascono dalla volontà di sopraffazione e di negazione della donna, da una aggressività che può avere le origini più diverse, da una sopravvalutazione dell’atto sessuale, utilizzato come appagamento ad ogni costo, in dispregio della sua libertà; questo solo per fornire alcuni argomenti di riflessione a quella opinione pubblica ancora piena di luoghi comuni in merito a questa materia, malgrado la diffusione in tutta Italia e nel mondo di studi e azioni positive su questo argomento.

Dobbiamo restituire un equilibrio a questa vicenda che deve aiutarci a comprendere e non a scandalizzare.

C’è un provvedimento del Tribunale della Libertà di Catanzaro che si inscrive nella tradizione della peggiore giurisprudenza in tema di reati sessuali. Vi si attacca la credibilità della persona offesa con argomentazioni inammissibili. Ma quella pronuncia non è isolata, le fanno compagnia la recente sentenza della Cassazione, del 14 febbraio scorso, secondo la quale l’attenuante di minore gravità è da valutarsi nel caso di minore non vergine. Per tutto questo il Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino” si costituirà Parte Civile nel processo a carico di Padre Fedele Bisbiglia.

Il Centro contro la violenza alle donne “Roberta Lanzino”

Fonte: IL Paese delle donne on line
http://www.womenews.net/spip/article.php3?id_article=497



Giovedì, 30 marzo 2006


http://www.ateneonline-aol.it/060405chip2.php

L’esperto: ‘Il disturbo nasce da emozioni soppresse’
 

Pedofilia, arrestato prete di Pomezia “Ha molestato almeno 30 minorenni”
 

Le violenze si consumavano in chiesa, nell’oratorio o in casa di Don
Marco. Secondo quanto rilevato dagli inquirenti gli abusi sarebbero
iniziati quando il parroco era ancora un seminarista. Sono centinaia gli
stupri denunciati da un gruppo di persone, all’epoca ragazzini tra i 10 e i
16 anni. Sottoposti a misure cautelari anche altri due religiosi accusati di
favoreggiamento.
 

Ancora un caso di violenze sessuali e molestie nei
confronti di minori avvenute tra i banchi di una
parrocchia. Don Marco Agostini, 43 anni, ex
parroco di Pomezia, è stato arrestato dagli
agenti della squadra mobile di Roma. Sottoposti
a misure cautelari anche altri due religiosi accusati di
favoreggiamento. Immediato lo scandalo nella
parrocchia San Benedetto, alle porte di Roma. Da
alcuni mesi il prete era stato trasferito ad Assisi per
gestire un ostello della gioventù.
Oggetto d’indagine una serie di episodi di violenza
avvenuti parecchi anni fa, a partire dal 1993, anno in
cui iniziò a operare a Pomezia. Ma le forze dell’ordine hanno raccolto
anche testimonianze di abusi avvenuti quando don Marco era ancora un
seminarista, oggi cadute in prescrizione. Secondo quanto dichiarato dai
poliziotti si tratterebbe di centinaia di abusi, denunciati da un
gruppo di persone, all’epoca ragazzini tra i 10 e i 16 anni, che
frequentavano gli oratori diretti da Don Marco.
Secondo le vittime, le violenze avvenivano sia in parrocchia che in casa
del sacerdote. “L’abbiamo detto solo ora – hanno spiegato i ragazzi
molestati – perché prima eravamo piccoli e avevamo paura e
vergogna”.
I particolari della vicenda sono analoghi a quelli di altri religiosi accusati
dello stesso tipi di abuso. Per i suoi parrocchiani don Marco è un uomo di
grande fascino e notevole carisma, dall’intelligenza spiccata e brillante,
capace di attirare molte persone intorno a sé.
“Un disturbo come questo – spiega Claudio Fronte, assistente
sociale consacrato laico che opera in una casa-famiglia del
Ragusano – può nascere dalla soppressione delle emozioni che
riguardano l’affettività. L’auto negazione di contatti fisici contrapposta
al bisogno naturale può terribilmente sfociare in violenza”. Sono almeno
30 i ragazzi fra Torvaianica, Pomezia e Roma ad aver denunciato le
violenze. Nei prossimi giorni saranno ascoltati in questura. “Non siamo
mai stati costretti con la forza a subire violenze – hanno raccontato le
vittime – ma siamo stati progressivamente persuasi e obbligati
psicologicamente”. Perfino quando alcuni di loro riuscirono a rompere il
silenzio, il prete li convinse a ritrattare. In alcuni casi addirittura i giovani
che erano stati stuprati avevano pubblicamente difeso il loro aguzzino.
“A volte accade che i soggetti manipolati siano posti in una
condizione di tale dipendenza da non portare a coscienza la
violenza subita – chiarisce Fronte – ma prima o poi viene fuori il
disagio. Ogni violenza subita lascia un segno. Se il dolore non viene
elaborato può favorire l’insorgere di malattie”.
 

Chiara Putaggio (5 apr 06)


Pedofilia, arrestato un sacerdote


Si tratta di padre Marco Agostini, 43 anni, ex parroco della chiesa di San
Benedetto a Pomezia, fermato dalla polizia mentre si trovava ad Assisi. L’accusa:
violenze a danno di una ventina di ragazzi fra i 10 e i 16 anni. Era stato da poco
sottoposto a processo ecclesiastico. Indagati per favoreggiamento due anziani
prelati. Saranno interrogati in Questura


Pomezia (Latina), 5 aprile 2006 – Una brutta storia di pedofilia che
vede coinvolto l’ex parroco di una parrocchia di San Benedetto a
Pomezia (Latina) sta mobilitando da stamattina molti abitanti della
città. Le forze dell’ordine hanno infatti arrestato, ad Assisi, padre
Marco Agostini, 43 anni, gregario dei frati oblati. L’accusa è molto
pesante, ed è quella di aver messo in atto violenze e soprusi a danno
di una ventina fra bimbi e adolescenti della sua parrocchia fra i 10 e i
16 anni, dal 1993 al 2004, ma anche prima, quando l’uomo era
ancora seminarista. Nessuna delle sue vittime aveva però sporto
denuncia fino al 2004, quando un giovane 23enne, con molta fatica,
aveva deciso di raccontare tutto alle forze dell’ordine.
Nell’indagine sono coinvolti altri due sacerdoti, a carico dei quali ci
sarebbe un’accusa di favoreggiamento ai danni delle indagini: si
tratta del parroco, don Ennio, e di un altro anziano sacerdote, don
Germano, che sono stati portati in Questura per un confronto con
l’indagato e a cui ora è stato impedito di soggiornare a Roma e
Provincia. Ad assistere al loro trasferimento decine di parrocchiani
sconvolti.
In realtà secondo indiscrezioni degli inquirenti le segnalazioni
sarebbero state molteplici: molte di loro però sarebbero già cadute
in prescrizione. E così, per il prelato, questa mattina sono scattate
le manette ad Assisi, dove era stato trasferito negli ultimi mesi per
gestire un ostello della gioventù. Sono stati inoltre sequestrati
computer e alcune cartelle dall’oratorio.
Ad assistere all’operazione, in piazza Indipendenza, decine di
giovani. Molti dei ragazzi hanno riferito alla stampa presente di
essere lì ad assistere a quello che definiscono “un atto di
giustizia”. Alcuni hanno inoltre raccontato di essere lì per aver
subito gli stessi soprusi dal sacerdote, nell’oratorio, nelle stanze della
parrocchia, in camera sua, ma di aver taciuto, negli anni, per paura di
ritorsioni. E per la forte influenza del prete sui “suoi” giovani.
”Abbiamo atteso troppi anni. Non possiamo perderci nulla di
cio’ che sta accadendo”, hanno detto alcuni ragazzi, che hanno
addirittura filmare l’arresto.
La Chiesa aveva in realtà già avviato un processo di
secolarizzazione del sacerdote da tempo: a suo carico c’è infatti un
vero e proprio processo ecclesiastico.


PEDOFILIA: LE VITTIME RACCONTANO, ABUSI E RITI SATANICI
(AGE) ROMA – “Le violenze avvenivano nell’ oratorio, nelle sale della parrocchia e nella casa del sacerdote. I fatti risalgono a periodi diversi. I giovani coinvolti, all’epoca potevano avere fra i 10 e i 16 anni”. Così le vittime di allora, oggi giovani ventenni, raccontano il girone infernale, fatto di attenzioni morbose da parte del parroco di cui si fidavano quando erano poco più che bambini, e di riti satanici con cui il sacerdote si garantiva la sudditanza psicologica delle sue giovani vittime.
Oggi quei ragazzi hanno avuto la forza di festeggiare, il giorno della loro “liberazione” da un incubo tenuto segreto per anni e di raccontare quelle violenze. Quel sacerdote, don Marco Agostini, 43 anni, accusato dalle sue vittime di aver compiuto ripetuti abusi su una ventina di adolescenti tra il 1993 e il 2004, è stato arrestato ad Assisi dove era stato trasferito da Pomezia. Ed è proprio nella Chiesa di San Benedetto della cittadina alle porte di Roma che, da parroco, don Marco aveva iniziato i suoi giovani adepti non solo al catechismo, ma anche ad altre pratiche. “Non siamo solo noi ad aver denunciato questa situazione – dicono alcuni di loro – dovremmo essere almeno 30 ragazzi fra Torvaianica, Pomezia e Roma. In un primo momento noi volevamo risolvere la situazione solo segnalandola a livello ecclesiastico. Ci siamo rivolti al vescovo di Albano che allora era monsignor Vallini. Ma – proseguono – rispose che erano solo chiacchiere. Poi però fu avviato un processo da parte delle autorità ecclesiastiche. Poi abbiamo presentato una denuncia alla IV sezione della Questura di Roma”. Ma il loro racconto non si ferma a quello degli abusi sessuali. Oltre alle normali attività dell’oratorio, che coinvolgeva in quegli anni 1.500 giovani, il Cabana, così era soprannominato il parroco, sottoponeva i ragazzi anche alla pratica di riti satanici ed esoterici in genere. “Sì, ci faceva fare anche riti esoterici – racconta uno dei ragazzi – Era un modo per tenerci spaventati e isolati l’uno dall’altro”. Lui, il Cabana, aveva costituito una organizzazione articolata all’interno di “Ragazzi Nuovi”, il gruppo da lui fondato sin da quando era ancora a Roma. All’epoca don Marco era un giovane seminarista della parrocchia San Francesco di Sales che si faceva notare per l’attitudine a coinvolgere persone. Nessuno ancora aveva scoperto la sua altra faccia, quella che destinava attenzioni troppo intime ai bambini. Sempre e soltanto ai maschietti. Don Marco, una volta trasferito a Torvaianica, portò con sé il nucleo di “cabanini”, così chiamava i suoi ragazzi, più vicini, quelli che poi facevano parte della Cupola. I più vicini, cioé quelli sottoposti a violenze. Un’organizzazione articolata e funzionale, ma dalle regole apparentemente vaghe: nessun bambino capiva perché era salito gerarchicamente nella cupola o, al contrario, perché rimaneva a rango di cabanino. Ferite troppo profonde per dei bambini, ora sui vent’anni, che oggi, fuori dalla chiesa di Pomezia, hanno festeggiato il giorno della loro “liberazione” dall’incubo filmando con una telecamera il momento in cui le forze dell’ordine hanno prelevato dalla canonica padre Ennio e un sacerdote anziano, padre Germano, accusati di favoreggiamento nei confronti di padre Marco: sapevano degli abusi e avrebbero tentato di favorire l’ex parroco nel corso delle indagini. (AGE)
Data: 05/04/06 19:58
Autore: NUN


PEDOFILIA: ARRESTATO EX PARROCO, ALTRI 2 SACERDOTI COINVOLTI


ROMA – Si aspettava che prima o poi gli agenti di polizia sarebbero andati a prenderlo. Tra Torvaianica e Pomezia, dove per tanti anni aveva operato come seminarista prima e sacerdote dopo, la sua figura era troppo chiacchierata e le indagini in corso troppo serrate e ad ampio raggio perche’ non gliene arrivasse nemmeno l’eco.
Poi, il trasferimento dalla provincia romana – dove era noto per la sua grande attivita’ in campo sociale, nel volontariato – in un eremo ad Assisi era stato notato e molto commentato. E quindi stamani, raccolta una montagna di prove per centinaia di casi di abusi sessuali su ragazzini dai 13 anni in su, la polizia e’ arrivata per arrestarlo.
A nulla sono serviti i tentativi di copertura da parte di don Ennio e don Germano, parroci di Pomezia. Anzi, se lui, don Marco Agostini, di 43 anni, detto Cabana, e’ stato arrestato per violenza sessuale continuata e pluriaggravata, per gli altri due sacerdoti si e’ configurato il reato di favoreggiamento personale: agli arresti domiciliari il primo, divieto di dimora a Roma e provincia per gli altri due, come stabilito dal Gip di Velletri Aldo Morgigni su richiesta del pm Luigi Paoletti.
Don Marco Agostini non e’ una persona qualunque. Nei tanti anni di attivita’ ha dimostrato doti non comuni di organizzatore, il gruppo messo su da lui, Ragazzi Nuovi, era nel tempo diventato un polo aggregativo in grado di coinvolgere in tante iniziative, campi estivi e catechesi, fino a 1.500 ragazzi, molti con i rispettivi genitori. Peccato che in questo prolifico operare, secondo quanto accertato dagli agenti della IV Sezione della Squadra Mobile di Roma, diretti da Dania Manti, ci sia un lato oscuro, agghiacciante.
Tra il 1993 e il 2004 ogni forma di abuso sessuale sarebbe stata perpetrata ai danni di ragazzini; oggi giovani al di sopra dei vent’anni, magari laureati ma con danni psichici profondi. Perche’ oltre alle ripetute violenze hanno subito gli atti di forza con un sottile, profondo e continuo lavoro psicologico.
Se non bastava il carisma dell’uomo, la sua capacita’ di persuasione, l’alleanza che
trovava negli inconsapevoli genitori, allora servivano da rinforzo i riti esoterici e satanici con i quali venivano instillati il terrore nei ‘cabanini boys’, cosi’ venivano chiamati, e nella cerchia piu’ stretta, la cosiddetta Cupola. Un’organizzazione articolata ed efficace in cui la condivisione comune era soltanto un aspetto di facciata visto che soltanto dopo tanti anni i ragazzi hanno cominciato a confrontarsi, a confessare le violenze. Prima, ciascuno pensava di essere l’unico oggetto di attenzioni.
Un convincimento negli anni cosi’ radicato che quando a Pomezia tempo fa si e’ diffusa la voce degli abusi e delle indagini in corso tanta gente lo ha difeso ritenendo quelle voci soltanto calunnie. In alcuni casi persino giovani vittime non solo si sono rifiutati di accusarlo ma lo hanno pubblicamente difeso.
Le indagini sono cominciate nel 2004 in seguito alla denuncia di un ragazzo di 23 anni che, dopo molti sforzi era riuscito a parlare. Gli agenti della Mobile, coordinati da Alberto Intini, progressivamente si sono trovati di fronte a un numero sempre crescente di abusi e di ragazzi coinvolti. Scavando nel passato hanno raccolto testimonianze di violenze avvenute quando don Marco era a Roma, ma si tratta di episodi non piu’ perseguibili perche’ il reato e’ prescritto.
Nei confronti del sacerdote le autorita’ ecclesiastiche avevano avviato un processo di secolarizzazione dopo averne disposto il trasferimento ad Assisi.
 

PEDOFILIA: ARRESTATO EX PARROCO, ALTRI 2 SACERDOTI
COINVOLTI


ROMA – Si chiama Marco
Agostini e ha 43 anni il sacerdote
che è stato arrestato con l’accusa
di pedofilia e violenza sessuale
continuata e aggravata. In
passato è stato per anni parroco
ad Ardea e a Pomezia, aveva
lavorato anche a Roma e,
secondo quanto si è appreso, era
stato trasferito ad Assisi dove gestiva una casa-ostello per la
gioventù, dopo le denunce nei suoi confronti. Gli altri due
sarcerdoti coinvolti sono stati accusati di favoreggiamento e per
loro la procura di Velletri ha disposto il divieto di dimora a Roma e
provincia.
Agostini era stato trasferito alcuni mesi fa ad Assisi, dov’e’ stato
arrestato stamani.
Le indagini della squadra mobile si riferiscono a diversi presunti
episodi di pedofilia e violenze su minori avvenuti negli anni
scorsi, nella parrocchia san Benedetto di Pomezia, in seguito
alle denunce dei ragazzi che le avrebbero subite. Ci sarebbero
episodi anche risalenti a vent’anni fa, denunciati soltanto dopo
anni per timori e paura di ritorsioni.
 

CONTESTATI CENTINAIA DI ABUSI SU UNA VENTINA DI
RAGAZZI


Sarebbero centinaia gli abusi compiuti da padre Marco Agostini,
ripetuti su un gruppo di una ventina di ragazzi tra i 1.500 che
frequentavano la sua parrocchia. I casi contestati al sacerdote
vanno da un periodo compreso tra il 1993 e il 2004, tutti abusi ai
danni di ragazzini dai 13 anni in poi.
Gli agenti della IV sezione della Squadra mobile di Roma diretti da
Dania Manti hanno accertato, attraverso testimonianze, anche
casi precedenti il ’93, quando Agostini era seminarista a Roma,
ma si tratta di reati caduti in prescrizione.
Le indagini sono cominciate nel 2004 in seguito alla denuncia di
un ragazzo di 23 anni che, dopo molti sforzi era riuscito a rivelare
le violenze subite alla polizia. Gli stessi agenti della Mobile,
coordinati da Alberto Intini, progressivamente si sono trovati di
fronte a un numero sempre crescente di abusi e di ragazzi
coinvolti.
Sulla scorta delle indagini, il Pm della procura di Velletri, Luigi
Paoletti, ha chiesto ed ottenuto dal Gip, Aldo Morgini, l’emissione
di un’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari per il
sacerdote per il reato di violenza sessuale continuata
pluriaggravata e di una misura cautelare per il divieto di
dimora a Roma e provincia nei confronti dei parroci di San
Michele Arcangelo e San Benedetto (entrambi a Pomezia) per
il reato di favoreggiamento personale.
I due parroci, infatti, sarebbero stati al corrente non solo degli
abusi, ma avrebbero anche tentato di favorire Agostini nel corso
delle indagini.
 

Don Marco Agostini degli Oblati già Parroco di
Pomezia
ancora un prete pedofilo, ancora una Chiesa silente…

Cronaca: Gesù i Mercanti li scacciava dal Tempio.
I Suoi Successori, oggi, ve li trattengono.
E poi si lamentano che la Domenica non si va a Messa e i
Ragazzi, alla vigilia, sono colti tutti dalla Febbre del Sabato
Sera e si fanno…!!!
E poi si meravigliano che c’è carenza di Vocazioni…!!!
Etc.etc.etc….!!!
Un Pedofilo sull’Altare:
Invece di denunciarlo, lo nascondono in Sacrestia…anzi lo mandano ad Assisi a
gestire un Ostello della Gioventù.
mario piccolino
 

da La Repbblica.it
Pedofilia, manette all’ex parroco
centinaia gli abusi denunciati
Scandalo a Pomezia, alle porte di Roma: indagati tre religiosi
Una folla di fedeli scende in piazza: “E’ un atto di giustizia”
Pedofilia, manette all’ex parroco
centinaia gli abusi denunciati
Coinvolti altri due sacerdoti. L’accusa da una ventina di ragazzi
Il Vaticano avvia il processo di secolarizzazione del prete arrestato
La chiesa di San Benedetto a Pomezia
 

ROMA – L’ex parroco di Pomezia arrestato per pedofilia e violenza sessuale;
misure cautelari anche nei confronti di altri due religiosi accusati di
favoreggiamento. Scoppia lo scandalo nella parrocchia San Benedetto di
Pomezia, alle porte di Roma. Don Marco Agostini, 43 anni, da alcuni mesi
trasferito ad Assisi per gestire un ostello della gioventù, è stato arrestato da
agenti della squadra mobile di Roma.
L’indagine si riferisce ad una serie di episodi di violenza avvenuti parecchi anni
fa, si parla addirittura di centinaia, denunciati da un gruppo di persone,
all’epoca ragazzini, che hanno frequentato gli oratori diretti da don Marco fin
da quando era seminarista: “L’abbiamo detto solo ora perché prima eravamo
piccoli e avevamo paura e vergogna”.
La notizia dell’arresto del sacerdote si è sparsa velocemente in città. Una folla
si è radunata davanti alla chiesa: gli agenti vanno avanti e indietro tra la
sacrestia e le volanti che sono posteggiate sul sagrato. Tra i curiosi anche
alcuni dei ragazzi che hanno presentato denuncia e che ora sono lì, ad
assistere a quello che definiscono un “atto di giustizia”. C’è tensione, rabbia e
anche stupore: i tre sacerdoti sono molto conosciuti in paese e i parrocchiani
sono sgomenti.
Nella sacrestia della chiesa, gli inquirenti hanno sequestrato il computer e
numerosa documentazione cartacea che gli agenti hanno definito “utilissima
per l’indagine”.
Don Marco appartiene alla congregazione dei padri Oblati; per anni è stato
parroco, oltre che a Pomezia, ad Ardea e Torvaianica; ha prestato la sua opera
anche a Roma. Il pubblico ministero gli ha concesso gli arresti domiciliari; le
autorità ecclesiastiche hanno già avviato un processo di secolarizzazione. Nei
confronti degli altri due sacerdoti coinvolti nell’indagine, entrambi di Pomezia, il
giudice ha ordinato il divieto di soggiorno a Roma e in provincia, compreso
quindi anche la città dove hanno prestato il loro servizio fino a pochi giorni fa.
(5 aprile 2006)
di: Mario Piccolino
 

Sacerdote romano arrestato per abusi sessuali su minori
mercoledì, 5 aprile 2006 12.37

 

ROMA (Reuters) – Un sacerdote romano di 43 anni è stato arrestato ad Assisi, in Umbria, dopo che la magistratura lo ha accusato di aver commesso negli anni passati abusi sessuali su almeno una ventina di giovani a Pomezia, a sud della capitale.
Lo ha reso noto oggi la Squadra mobile della capitale.
Il religioso, don Marco Agostini, accusato di violenza sessuale continuata e pluriaggravata, sarà trasferito agli arresti domiciliari a Roma.
Altri due sacerdoti, parroci a Pomezia, sono stati denunciati per favoreggiamento personale.
L’inchiesta, condotta dalla procura di Velletri, ha preso avvio nel 2004, sulla base della denuncia di un 23enne che accusava il sacerdote di averlo violentato nei primi anni 90, quando era un adolescente.
All’epoca Agostini era un seminarista e frequentava la chiesa di Torvaianica, località vicina a Pomezia, hanno detto gli inquirenti.
Dopo la prima denuncia, la magistratura è risalita ad almeno un’altra ventina di giovani che avrebbero subito abusi dal sacerdote, in servizio presso due parrocchie della cittadina sul litorale romano, San Benedetto e San Michele Arcangelo.
I parroci delle due chiese risultano oggi indagati per favoreggiamento personale, e la procura ha emesso nei loro confronti il divieto di dimora a Roma e in provincia. Nei mesi scorsi, dopo che le notizie sull’inchiesta erano già trapelate, don Agostini era stato trasferito ad Assisi, presso un istituto degli Oblati di san Francesco, dove la polizia lo ha poi arrestato.
© Reuters 2006. Tutti i diritti assegna a Reuters.
 

PEDOFILIA: ARRESTATO EX PARROCO, ALTRI 2 SACERDOTI COINVOLTI
(AGE) POMEZIA, Roma – La squadra mobile di Roma sta compiendo dalle prime ore del mattino, per disposizione della procura di Velletri alcuni arresti e perquisizioni nell’ambito di un’inchiesta sulla pedofilia, che vede coinvolti alcuni sacerdoti di una parrocchia di Pomezia, cittadina sul litorale romano. Massimo il riserbo, al momento, degli investigatori ma, secondo quanto si è appreso, uno dei sacerdoti coinvolti era stato trasferito da Pomezia ad Assisi. Le indagini della squadra mobile si riferiscono a diversi presunti episodi di pedofilia e violenze su minori avvenuti negli anni scorsi, nella parrocchia san Benedetto di Pomezia. Secondo quanto si è appreso un sacerdote, l’ex parroco della chiesa, che alcuni mesi fa è stato trasferito in una parrocchia di Assisi, è stato arrestato, mentre altri due sacerdoti sono stati sottoposti a diverse misure cautelari. Le indagini, coordinate dalla procura di Velletri, sono partite in seguito alle denunce dei ragazzi che avrebbero subito le violenze. Si chiama Marco Agostini e ha 43 anni il sacerdote che è stato arrestato con l’accusa di pedofilia e violenza sessuale. In passato è stato per anni parroco ad Ardea e a Pomezia, aveva lavorato anche a Roma e, secondo quanto si è appreso, era stato trasferito ad Assisi dove gestiva una casa-ostello per la gioventù, dopo le denunce nei suoi confronti. Le misure cautelari riguardano altri due sacerdoti, dei quali la squadra mobile romana sta accertando le responsabilità, che hanno avuto il divieto di soggiorno nella zona di Pomezia. (AGE)
 

Scandalo a Pomezia, alle porte di Roma: indagati tre religiosi
Una folla di fedeli scende in piazza: “E’ un atto di giustizia”
Pedofilia, manette all’ex parroco centinaia gli abusi denunciati
Coinvolti altri due sacerdoti. L’accusa da una ventina di ragazzi
Il Vaticano avvia il processo di secolarizzazio ne del prete arrestato
Padre Marco Agostini dopo l’arresto
 

ROMA – L’ex parroco di Pomezia arrestato per pedofilia e violenza sessuale; misure cautelari anche nei confronti di altri due religiosi accusati di favoreggiamento. Scoppia lo scandalo nella parrocchia San Benedetto di Pomezia, alle porte di Roma. Don Marco Agostini, 43 anni, da alcuni mesi trasferito ad Assisi per gestire un ostello della gioventù, è stato arrestato da agenti della squadra mobile di Roma. Gli altri due religiosi indagati sono don Ennio, attuale parroco di San Benedetto, e don Germano, anziano parroco della chiesa di San Michele, per anni responsabile provinciale degli oratori salesiani.
L’indagine si riferisce a una serie di episodi di violenza avvenuti parecchi anni fa, a partire dal 1993, quando iniziò a operare nella parrocchia di Pomezia. Ma gli agenti hanno raccolto anche testimonianze di violenze avvenute prima di quell’anno, quando don Marco era ancora seminarista, ormai cadute in prescrizione. Nell’inchiesta si parla addirittura di centinaia di abusi, denunciati da un gruppo di persone, all’epoca ragazzini tra i 10 e i 16 anni, che hanno frequentato gli oratori diretti da don Marco: “L’abbiamo detto solo ora perché prima eravamo piccoli e avevamo paura e vergogna”.
Tre di loro, oggi, si sono ritrovati davanti alla chiesa di San Benedetto; con la loro telecamera filmano ogni attimo, ogni movimento: “E’ il giorno della nostra liberazione”, dicono. “Non siamo solo noi ad aver denunciato questa situazione, dovremmo essere almeno 30 ragazzi fra Torvaianica, Pomezia e Roma”, hanno specificato i giovani, che saranno ascoltati in questura. Secondo le vittime, le violenze avvenivano nell’oratorio, nelle sale della parrocchia e nella casa del sacerdote.
Nelle testimonianze don Marco è descritto come un uomo dalla personalità di grande fascino e di carisma, molto intelligente, capace di aggregare molte energie e persone intorno a sè. Le vittime hanno raccontato di non essere mai state costrette con la forza a subire violenze, ma di essere stati progressivamente persuasi e obbligati psicologicamente. Perfino quando alcuni ragazzi riuscirono a rompere il silenzio, il prete li convinse a ritrattare.
La notizia dell’arresto del sacerdote si è sparsa velocemente in città. Una folla si è radunata davanti alla chiesa: gli agenti vanno avanti e indietro tra la sacrestia e le volanti che sono posteggiate sul sagrato. Tra gli abitanti di Pomezia c’è tensione, rabbia e anche stupore: i tre sacerdoti sono molto conosciuti in paese e i parrocchiani sono sgomenti. Gli stessi cittadini avevano bollato come “calunnie” le prime voci sugli abusi di don Marco e sulle indagini in corso; in alcuni casi persino
giovani vittime lo avevano pubblicamente difeso.
Nella sacrestia della chiesa, gli inquirenti hanno sequestrato il computer e numerosa documentazione cartacea che gli agenti hanno definito “utilissima per l’indagine”. Nel pomeriggio don Marco e i due parroci sono stati ascoltati dagli investigatori in un lungo interrogatorio durato quattro ore.
Don Marco appartiene alla congregazione dei padri Oblati; per anni è stato parroco, oltre che a Pomezia, ad Ardea e Torvaianica; ha prestato la sua opera anche a Roma. Il pubblico ministero gli ha concesso gli arresti domiciliari; le autorità ecclesiastiche hanno già avviato un processo di secolarizzazione. Nei confronti degli altri due sacerdoti coinvolti nell’indagine, entrambi di Pomezia, il giudice ha ordinato il divieto di soggiorno a Roma e in provincia, compreso quindi
anche la città dove hanno prestato il loro servizio fino a pochi giorni fa.
(5 aprile 2006)
 

Giovedì 06.04.2006, CET 19:37


Pedofilia: Irlanda, 100 preti cattolici sospettati


swissinfo 8 marzo 2006 19.21


LONDRA – Più di cento preti cattolici sono sospettati di aver commesso
abusi sessuali su minori nella regione di Dublino dagli anni ’40 a oggi. Le
vittime identificate sono 350. È questa la conclusione di un’indagine
condotta dall’Arcidiocesi di Dublino, i cui risultati sono stati resi noti oggi.
Il rapporto puntualizza che l’indagine ha preso in esame i fascicoli
personali di tutti i preti – circa 2800 – che hanno lavorato nell’arcidiocesi di
Dublino a partire dagli anni ’40. Quelli sospettati di pedofilia sono più del
3%.
Una serie di scandali sessuali ha gravemente danneggiato l’immagine della
chiesa cattolica in Irlanda negli ultimi dieci anni e sugli abusi il governo ha
dato il via a un’indagine che comincerà tra breve. Finora sono 32 i preti
dell’arcidiocesi di Dublino citati per danni da 105 vittime. Il costo di
risarcimenti – che è già di 5,9 milioni di euro – è destinato a salire, rileva il
rapporto.
Lo scorso anno un’indagine analoga in una arcidiocesi più piccola, nella
contea di Wexford, aveva portato a identificare un centinaio di vittime e 21
p reti pedofili.
 

PRETE PEDOFILO; GASPARRINI E STADERINI: «CONSEGUENZE DELLA SESSUOFOBIA VATICANA»
 

(AGE) ROMA – “Ciò che in questi giorni sta venendo alla luce anche in Italia non è altro che la conseguenza della politica sessuofobica della Curia Vaticana, la cui scelta monosessuale, di un potere che vuole la donna solo come madre, vergine o martire, è causa di patologie oramai non più differibili.” Lo hanno dichiarato Sabrina Gasparrini, responsabile della Campagna sugli abusi sessuali clericali, e Mario Staderini, responsabile della Campagna sull’Otto Per Mille di Anticlericale. “Ma è anche l’effetto della scelta delle gerarchie ecclesiastiche di sottrarre alla pubblica opinione e alla magistratura ordinaria l’accertamento della verità, come in questi anni ha dimostrato l’iniziativa politica di Maurizio Turco, segretario di anticlericale.net, già presidente dei deputati radicali al Parlamento europeo. Dal 1962, infatti, la S. Sede ha impartito – con il documento “Crimen Sollicitationis”-della “Suprema Sacra Congregazione del Sant’Ufficio” – istruzioni tassative alle autorità cattoliche sui comportamenti da adottare in materia di crimini sessuali, finalizzate a riservare al foro ecclesiastico la gestione dei casi di abusi. Apprendiamo dalla stampa che monsignor Vallini, fresco di promozione a Cardinale, era stato informato sin dal 2001 dei comportamenti del suo sottoposto, ma ha ritenuto di non informare né la comunità di fedeli né la magistratura italiana. È bene, dunque, – concludono Gasparrini e Staderini – che Don Di Noto rivolga l’invito “ad arrendersi alla verità” direttamente ai supremi vertici vaticani.” (AGE)
Data: 06/04/06 18:43
Autore: SOD


Pedofilia: USA; cardinale dovrà

 consegnare fascicoli di 2 preti

18 aprile 2006 – 10.36
 
LOS ANGELES – L’arcidiocesi cattolica di Los Angeles, la più grande degli Stati Uniti, ha perso una causa legale durata quattro anni e ora il cardinale Roger Mahony dovrà rendere pubblici, consegnandoli alla giustizia, i fascicoli riguardanti due sacerdoti accusati di molestie su minori.

È stata la Corte Suprema degli Stati Uniti a respingere l’ultimo ricorso dell’arcidiocesi californiana in difesa della segretezza di 14 documenti nei fascicoli dei due sacerdoti, che ora dovranno essere messi a disposizione di un Gran Giurì di Los Angeles.

La decisione della Corte Suprema crea inoltre le premesse perché siano resi pubblici dichiarazioni confidenziali di almeno 500 persone che hanno intentato cause civili contro l’arcidiocesi, che potrebbe dover pagare fino a un totale di un miliardo di dollari di risarcimenti.

Ed il cardinale Mahony, che ha giudicato la decisione della Corte Suprema “deludente”, s’è attirato nuove critiche: la “Survivor’s Network of those Abused by Priests” (la rete dei reduci di abusi da parte di preti) ha stigmatizzato l’arcidiocesi per aver “speso centinaia di migliaia di dollari generosamente donati dai cattolici per improbabili e sempre più fallimentari manovre legali per tenere nascosti i segreti su preti molestatori e vescovi complici”.
 
SDA-ATS


Fonte: Swissinfo



Mercoledì, 19 aprile 2006


Pedofilia


Arrestato prete, stava tentando di

 inquinare prove

Fonte: http://www.agenews.it/

PEDOFILIA: ARRESTATO PRETE, STAVA TENTANDO DI INQUINARE PROVE


(AGE) ROMA – Un sacerdote, parroco di Sternadia (Lecce) è stato arrestato questa mattina dagli agenti della IV sezione della Squadra Mobile della Questura di Roma, diretti da Dania Manti, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il sacerdote, che era agli arresti domiciliari perché era stato trovato in auto in compagnia di un minore, avrebbe tentato di inquinare le prove a suo carico. Per questo motivo il pm titolare dell’ inchiesta, Francesco Polino, ha disposto un inasprimento dell’originario provvedimento. Il parroco, che è stato portato nel carcere di Lecce, fu fermato un mese fa circa dalla polizia stradale su segnalazione di alcuni camionisti che lo avevano notato in un’auto parcheggiata in compagnia di un ragazzino, impegnato in atti osceni. Il sacerdote si chiama Donato Bono e l’accusa nei suoi confronti è di atti sessuali con minori. Don Donato, che è nato a Poggiardo (Lecce), da una decina di anni é parroco di un piccolo centro a una trentina di chilometri, Sternadia, dove ha fondato l’ Anspi, una associazione per la formazione spirituale, la catechesi e l’attività sportiva. L’inasprimento del provvedimento a suo carico sarebbe stato reso necessario in seguito al mancato rispetto delle regole previste per gli arresti domiciliari. Il prete avrebbe parlato e incontrato alcune persone, e si sarebbe adoperato per inquinare le prove a suo carico, in particolare facendo esercitare pressione sui genitori del minorenne, e sul ragazzo stesso, in compagnia del quale era stato sorpreso dagli agenti della Polizia Stradale.
(AGE)
Data: 03/05/06 17:31
Autore: NUN

La Gazzetta del Mezzogiorno
Pedofilia: arrestato sacerdote nel Leccese

Era stato già bloccato circa un mese fa in auto, a Roma, in compagnia di un 12enne ma poi avrebbe tentato di convincere la famiglia del bambino a non sporgere denuncia

ROMA – Un sacerdote 40enne è stato arrestato dagli agenti della Squadra mobile romana in un paese vicino Lecce nell’ambito di un’indagine su abusi sessuali nei confronti di minorenni. Secondo indiscrezioni il sacerdote, già bloccato circa un mese fa dagli agenti della polizia stradale mentre si trovava in compagnia di un 12enne a bordo della sua auto sul Grande raccordo anulare della capitale, avrebbe cercato di convincere la famiglia del minore a non sporgere denuncia nei suoi confronti. Per questo motivo il religioso, parroco della cittadina pugliese, sarebbe stato raggiunto da un nuovo provvedimento di custodia cautelare.
Le indagini degli investigatori della quarta sezione della Squadra mobile di Roma erano iniziate subito dopo la scoperta dei continui viaggi fatti a Roma dal sacerdote durante i quali l’uomo era solito farsi accompagnare da ragazzi del suo paese. La polizia, ascoltando varie testimonianze, compresa inizialmente quella del 12enne trovato in auto con il religioso, ha accertato che i minorenni venivano condotti sempre nello stesso ambiente romano.
Dopo essere finito agli arresti domiciliari nella sua abitazione il sacerdote, tuttavia, avrebbe continuato ad avere rapporti con i ragazzi, anche nel suo appartamento, ed avrebbe tentato, secondo l’accusa, di inquinare le prove a suo carico contattando le famiglie dei minorenni, tutte residenti nello stesso paese. Proseguendo nelle indagini sul conto del religioso, però, la polizia in collaborazione con la Mobile leccese, ha condotto una serie di accertamenti nel centro abitato, dove vivono circa 2.000 persone.
Con grandi difficoltà gli investigatori hanno scoperto che alcuni anni fa il sacerdote aveva fondato un gruppo religioso che organizzava campi estivi ed invernali per i giovani del paese ed aveva creato anche un gruppo direttivo, soprannominato «il gruppo dei 12» composto da adolescenti maschi alcuni dei quali avrebbero accompagnato il sacerdote nei suoi viaggi a Roma.
Fra le varie testiomonianze la polizia ha anche ottenuto quella della perpetua della parrocchia che, secondo quanto ha raccontato agli investigatori, già in passato avrebbe avuto sospetti sui comportamenti tenuti dal religioso nei confronti dei ragazzi e per questo sarebbe stata anche picchiata.

3/5/2006



Giovedì, 04 maggio 2006




PRETI PEDOFILI IN ITALIA: LA GERARCHIA

 MINIMIZZA, MA IL PROBLEMA ESISTE.

I dati degli ultimi anni

Emilio Carnevali, Adista, 13 maggio 2006



L’arresto avvenuto ad Assisi lo scorso 5 aprile di don Marco Agostini – religioso della Congregazione degli Oblati di San Francesco di Sales – ha riportato alla luce la questione della pedofilia e delle disattenzioni della Chiesa italiana su queste gravissime vicende. Insieme a don Marco, attualmente agli arresti domiciliari nella sua casa di Roma, sono indagati per favoreggiamento anche Ennio Di Giampasquale, ex parroco di San Benedetto a Pomezia, e Germano Agostini, parroco di San Michele Arcangelo, sempre a Pomezia, ed ex padre provinciale della stessa Congregazione degli Oblati di San Francesco di Sales. Le accuse a carico di don Marco si riferiscono a violenze sessuali a danni di minori perpetrate a partire dal 1993, anno in cui il religioso prestava servizio presso la parrocchia Beata Vergine Immacolata di Torvajanica, una località vicino Roma, ed era animatore del centro giovanile “Ragazzi Nuovi”. Nel 1998 don Marco, a seguito delle prime voci che erano cominciate a circolare sul suo conto, viene trasferito a Pomezia, dove diventa parroco di san Benedetto. Nel 2002 viene infine mandato ad Assisi a gestire una casa di accoglienza della Congregazione…
L’inchiesta è scattata due anni fa a partire dalla denuncia di un giovane di Torvajanica, attualmente 26enne. Sono seguite altre venti denunce di altrettanti ragazzi. Secondo le testimonianze fin qui raccolte, le vittime degli abusi si sarebbero rivolte anche all’allora vescovo di Albano, monsignor Agostino Vallini (recentemente nominato cardinale da Benedetto XVI): “siamo andati a raccontargli cosa ci aveva fatto don Marco, ma ci disse che erano solo chiacchiere”. Una storia molto simile a ciò che è accaduto nel 2000 ad Agrigento con mons. Carmelo Ferraro, vicenda sulla quale si tornerà più avanti.
Del resto il caso di don Marco Agostini non è nemmeno l’ultimo in ordine di tempo, sebbene sia uno dei pochi che ha conquistato visibilità sui giornali e sulle televisioni. Negli ultimi anni, casi di questo genere si sono infatti susseguiti con una frequenza preoccupante. Eppure – se si è parlato ampiamente dello scandalo della pedofilia con riferimento ad esempio al clero americano – la Chiesa italiana sembra assolutamente immune, secondo il quadro disegnato dai media e dagli stessi vescovi, da questo tipo di problema.
Il 21 maggio del 2002 il segretario della Cei mons. Giuseppe Betori dichiarava che il fenomeno della pedofilia nel clero italiano “è talmente minoritario che non merita attenzione specifica”, non più “di quanto non vada riservata ad altre categorie sociali”. Per questo motivo “il Consiglio permanente della Cei non ha mai parlato di casi di pedofilia, alla Cei non c’è nessun elenco in proposito, non abbiamo né casi in evidenza né una procedura di monitoraggio”.
I dati che seguono – che si riferiscono a condanne (per la maggior parte di primo grado) e procedimenti di indagine (che quindi non sono ancora giunti ad una sentenza) successivi al 2000, dunque solamente agli episodi più recenti – possono forse contribuire ad un esame più realistico della situazione.
Solo in pochi casi, infine, si è potuto risalire all’attuale condizione canonica dei sacerdoti coinvolti. Pressoché totale è stata la mancanza di disponibilità delle varie curie a fornire informazioni a riguardo.

2000: Foggia, Ferrara, Napoli, Torino, Modena, Milano
Il 10 gennaio è condannato a sei anni e sei mesi di reclusione don Giorgio Mazzoccatto per violenza sessuale a danni di minorenni. I fatti si riferiscono alla metà degli anni ‘90 quando don Giorgio era parroco di Arpinova, una frazione a una decina di chilometri da Foggia. L’arresto era invece scattato nel 1998 quando il sacerdote era passato a dirigere la parrocchia di Castelluccio dei Sauri, sempre in provincia di Foggia, dove don Giorgio – tuttora sacerdote – è attualmente residente.
Sette giorni dopo questa sentenza viene condannato a 1 anno e 9 mesi di reclusione un altro sacerdote. 62 anni, residente nella provincia di Ferrara, il prete (di lui, come di alcuni altri, non sono state rese note le generalità) viene riconosciuto colpevole di molestie sessuali ai danni di due bambini di 9 anni che frequentavano il catechismo.
Ancora pochi giorni dopo, il 23 gennaio, un lungo applauso nella chiesa di S. Maria della Sanità a Napoli accompagna la salma di don Giuseppe Rassello, sacerdote di 49 anni condannato nel 1991 a tre anni e sei mesi per abusi sessuali su Antonio B., un ragazzo di 14 anni (sentenza confermata anche in appello nel 1996 pur con la diminuzione della pena a 2 anni e un mese). La cerimonia è presieduta dal card. Michele Giordano e vede la partecipazione, oltre che di numerisissimi fedeli, anche del vescovo ausiliare Vincenzo Pelvi, di mons. Bruno Forte e dell’avvocato difensore della vittima Enrico Tuccillo in veste di diacono. Durante la preghiera dei fedeli, lo stesso Tuccillo interviene con queste parole: “Signore, ho difeso te innocente e calunniato in padre Rassello. Ora fa di lui il difensore dei giovani, dei deboli, dei suoi figli amatissimi del rione Sanità”.
L’1 febbraio don Marco Gamba, parroco a Chiusa San Michele in provincia di Torino, viene condannato a quattro anni e mezzo di reclusione per abusi sessuali nei confronti di due giovanissimi chirichetti. Le perquisizioni effettuate dagli investigatori hanno inoltre rivelato il possesso da parte del sacerdote di quattromila immagini pedo-pornografiche scaricate da Internet, oltre che di alcune polaroid scattate a bambini di 11 e 12 anni assidui frequentatori della parrocchia: “all’inizio erano solo piccoli amici”, ha dichiarato don Marco, “poi ho cominciato ad accarezzarli, sempre meno castamente”.
Il 20 maggio, sempre del 2000, muore di infarto don Giorgio Govoni, parroco 59enne di Staggia di San Prospero (Modena). Il sacerdote era stato accusato di far parte di una banda di pedofili che praticava violenze a danni di minori nell’ambito anche di riti satanici presso il cimitero di Massa Finalese, nel modenese. Dopo un’inchiesta giudiziaria caratterizzata da trecento testimonianze, 57 udienze, 5.000 pagine di atti, sette interrogazioni parlamentari, la corte ha pronunciato 14 condanne, fra i 2 e i 19 anni di carcere, e due assoluzioni, confermando così l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri Andrea Claudiani e Carlo Marzella. Questi ultimi avevano chiesto per don Giorgio una condanna a 14 anni, ma il decesso del prete pochi giorni prima della sentenza ha indotto i giudici a non pronunciarsi sul suo conto “per morte del reo”. Tra i condannati anche genitori, zii e nonni dei bambini vittime delle violenze, già da tempo sottratti alle rispettive famiglie.
Tra i più strenui sostenitori dell’innocenza di don Giorgio vi era, fra gli altri, il vescovo di Modena mons. Benito Cocchi e l’ex vicepresidente della Camera Carlo Giovanardi, che, dopo le richieste dei pubblici ministeri di 130 anni complessivi di reclusione per gli imputati coinvolti nel processo, aveva così commentato: “È terrificante che un pm si basi solo sui racconti di bambini, strappati alle famiglie”.
A novembre un sacerdote milanese viene infine condannato con rito abbreviato a 4 anni e 2 mesi di reclusione per violenza sessuale su alcuni ragazzini ospitati della comunità che dirigeva. Nel corso delle indagini svolte dalla polizia è emerso, oltre al fatto che i ragazzini sarebbero stati intimoriti e indotti al silenzio da chi all’interno dell’istituto sapeva, che il religioso nei primi anni ‘90 aveva abusato anche di una bambina di 7 anni.

2001: Genova, Milano
Il 29 gennaio 2001 il tribunale civile di Chiavari condanna don Pino Carpi al pagamento di 30 milioni di lire per le molestie ai danni di una ragazza 14enne all’epoca dei fatti. Don Pino, allora parroco di Santa Margherita Ligure, era stato prosciolto nella prima fase processuale per un vizio di forma, pur essendo stato riconosciuto colpevole nella motivazione della sentenza. Attualmente il sacerdote è parroco della Basilica di S. Maria di Nazareth a Sestri Levante (Genova).
Il 26 giugno don Renato Mariani, parroco di San Giuliano Milanese, è condannato a 4 anni di reclusione per violenza sessuale su giovani, violenza privata e appropriazione indebita. Attualmente il sacerdote è residente con incarichi pastorali a Garbagnate Milanese.

2002: Napoli, Milano
Il 14 settembre è arrestato in Messico nel convento di Iztapalapa, nelle vicinanze della capitale del Paese, un sacerdote messicano che tra il 1999 e il 2000 era stato viceparroco in una chiesa del napoletano. Don Gaudencio, questo il nome del prete, è stato accusato di abusi sessuali a partire dalla denuncia di una bambina che all’epoca dei fatti aveva dieci anni e frequentava il catechismo. Secondo le indagini della procura di Napoli si sarebbe di fronte a “un quadro allarmante” in ordine all’ampiezza del numero di minori coinvolti, suddivisi dal sacerdote in “gruppi distinti per età e conseguentemente per tipologia e prestazioni sessuali”.
Il 30 dicembre 2002 vengono arrestate sette persone su mandato del gip del tribunale di Bari Maria Mitola per il reato di divulagazione di materiale pedopornografico via internet. Tra gli accusati c’è anche un parroco 37enne della provincia di Milano a cui sono state sequestrate diverse immagini pedopornografiche.

2003: Bergamo, Milano, Teramo, Palermo, Cuneo, Oristano
Il 6 maggio un’indagine condotta dal commissariato di Rapallo in collaborazione con la questura di Genova porta all’arresto di una banda di pedofili costituita da quattro persone, fra cui il parroco di una chiesa di Bergamo (D. B., 56 anni). La banda adescava ragazzini maschi tra gli 11 e i 17 anni offrendo loro regali costosi e proponendo viaggi all’estero. Così Claudio Sanfilippo, capo della squadra mobile di Genova, e Carlo Di Sarro, dirigente del commissariato di Rapallo, hanno descritto le attività del gruppo: “In poco più di sei mesi abbiamo osservato decine e decine di adescamenti. La banda sceglieva soprattutto ragazzini provenienti da famiglie in situazioni di disagio socio-economico. Le prestazioni dei bambini e dei ragazzi venivano anche pagate dai 30 agli 80 euro: alcuni venivano avviati alla prostituzione, altri si intrattenevano con il sacerdote e i suoi complici. Era il sacerdote che forniva spesso i soldi per le spese necessarie ad adescare i ragazzini”.
Il 27 maggio un frate ex insegnante di un istituto privato di Milano è condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione per molestie sessuali ai danni di cinque bambine della scuola elementare.
Il 25 luglio viene arrestato don Bruno Tancredi, 59 anni, originario di Giulianova (dove aveva servito come diacono nella parrocchia San Flaviano) e parroco della chiesa della frazione di Monticelli in provincia di Teramo. L’accusa è di violenze ai danni di due minori, uno dei quali disabile, dell’età di 14 e 16 anni. Don Bruno sarà condannato dopo un processo con rito abbreviato a 6 anni di reclusione per pedofilia. Attualmente è sacerdote in diocesi senza ricoprire alcun incarico.
Il 17 settembre il Gip della Procura della Repubblica di Palermo impone il divieto di soggiorno nel capoluogo siciliano e nella provincia a don Paolo Turturro, parroco antimafia della chiesa di Santa Lucia di fronte all’Ucciardone. Don Paolo è fondatore dell’associazione “Dipingi la pace”. Le indagini sono partite dalla denuncia dei genitori di due bambini di dieci anni. Nel corso del processo, tutt’ora in corso, i difensori dell’imputato hanno inserito nella lista dei testimoni l’ex procuratore di Palermo Giancarlo Caselli, l’ex sindaco Leoluca Orlando e un altro sacerdote antimafia, Giacomo Ribaudo, parroco della Magione.
L’1 ottobre la Corte d’Appello di Torino conferma la condanna inflitta in primo grado a don Luciano Michelotti, ex parroco di una frazione di Vicoforte (Cuneo) per la detenzione di materiale pedopornografico.
A novembre viene arrestato un parroco di Oristano, in Sardegna, con l’accusa di pedofilia. L’inchiesta della Procura della Repubblica di Oristano è scattata sulla base di due denunce, una delle quali riguarda una ragazza minorenne, su fatti che sarebbero avvenuti in parrocchia.

2004: Forlì, Torino, Roma, Varese, Grosseto, Nuoro, Agrigento, Alessandria, Bari, Savona
Dopo aver ammesso alcune responsabilità, è condannato a 2 anni di reclusione per pedofilia un prete della parrocchia dei Romiti di Forlì.
1 anno e 8 mesi, più il pagamento di 45.000 euro per risarcimento de danni morali, è la condanna inflitta a don Roberto Volaterra, parroco di Castagnole Piemonte in provincia di Torino arrestato il 2 febbraio 2004 per violenza sessuale nei confronti di una bambina di 13 anni che frequentava l’oratorio. Al momento dell’arresto il parroco era stato difeso con forza dai cittadini del suo paese che non avevano creduto alla tesi della famiglia della vittima. Lo stesso sacerdote aveva però confessato durante l’interrogatorio dei magistrati inquirenti: “Avevo perso la testa per quella ragazzina, le sue accuse nei miei confronti sono vere”. Attualmente don Roberto è cappellano di S. Andrea a Savigliano (Cuneo).
Una ventina di giorni dopo l’arresto del prete di Castagnole, il 25 febbraio, viene arrestato anche il parroco della chiesa di San Gioacchino di Colleferro, in provincia di Roma. Don Paolo Pellegrini, di 52 anni, era già stato segnalato ai carabinieri nel ‘98 dal padre di una giovane di Colleferro per essersi denudato di fronte alla ragazza. Ora l’accusa è di violenza sessuale aggravata su un minorenne, e le perquisizioni effettuate dagli investigatori portano alla luce filmati e foto che inchiodano il parroco, il quale conservava questo materiale in canonica. L’11 giugno don Paolo è condannato con rito abbreviato a 6 anni di reclusione, più il pagamento di una provvisionale di 60.000 euro, per violenza sessuale e istigazione all’uso di sostanze stupefacenti.
Condannato in ottobre a 3 anni e 4 mesi don Roberto Mornati, sacerdote di Gavirate (Varese), accusato di atti di pedofilia nei confronti di dodici ragazzi del paese. Il prete ha goduto di attenuanti sia per il riconoscimento della seminfermità mentale, sia per il pagamento di 280mila euro come risarcimento per le vittime. Don Roberto era arrivato a Gavirate negli anni ‘80, trasferito dalla Curia dopo aver già subito un processo per molestie.
Patteggia una pena di soli 2 anni e 6 mesi don F. C., condannato l’1 luglio per aver molestato sessualmente alcuni bambini della piccola parrocchia di Arcille, una frazione del comune di Campagnatico (Grosseto).
4.600 euro è la multa comminata – dopo patteggiamento – il 20 aprile al rettore del seminario vescovile di Lanusei (Nuoro) don Pietro Sabatini per aver comprato con carte di credito via internet immagini a contenuto pedopornografico.
Ricorre al patteggiamento anche don Bruno Puleo, sacerdote condannato il 7 luglio a 2 anni e 6 mesi di reclusione per abusi sessuali nei confronti di 7 ragazzi che frequentavano il seminario di Agrigento. Una delle vittime degli abusi, Marco Marchese, è attualmente impegnato in numerose iniziative di lotta alla pedofilia ed è animatore dell’Associazione per la Mobilitazione Sociale. Marco ha raccontato di aver cominciato a subire violenze all’età di 12 anni, appena entrato in seminario. Le violenze si protraggono per 4 anni, fino a quando il ragazzo trova la forza per andare a parlare con il vice rettore, don Silvano Castronovo, ed il rettore del seminario, don Gaetano Montana, che però gli rispondono di stare tranquillo e in silenzio. Marco si rivolge allora al vescovo di Agrigento, mons. Carmelo Ferraro, nel novembre del 2000. Anche il vescovo non prende alcun provvedimento e nel frattempo don Bruno continua ad abusare anche di altri ragazzi. Rivoltosi ad un avvocato, Marco riceve l’offerta di 45 milioni di lire dalla curia, ma in risposta decide di presentare un esposto alla procura della Repubblica.
Il giorno dopo la condanna di don Bruno, Marco invia una lettera a mons. Ferraro (pubblicata sul n. 54 di Adista del 17 luglio 2004). Eccone un breve stralcio: “Scrivo a lei, Eccellenza reverendissima monsignor Carmelo Ferraro, arcivescovo metropolita della Chiesa Agrigentina. Scrivo proprio a lei che, una sera di novembre del 2000, ha ascoltato, quasi con indifferenza, il mio racconto. Forse lei non immagina nemmeno quanto mi sia costato, in quell’occasione, rivivere i momenti più brutti della mia vita. Ma a lei che importa? Scrivo a lei perché sono addolorato e profondamente amareggiato dal suo silenzio. Non per lei, di cui mi importa ben poco, ma per questa povera Chiesa, che si ritrova ad essere guidata da una persona che non ha saputo dirigere il gregge affidatogli, soprattutto i piccoli e gli indifesi”.
Ancora attraverso patteggiamento il 14 luglio è condannato a poco più di tre anni di reclusione per pedofilia padre Domenico Marcanti, 48 anni, animatore del doposcuola alla scuola media dell’Istituto Don Orione di Alessandria.
Bambini tra i sei mesi e i sei anni erano invece i protagonisti di una collezione di foto pedopornografiche trovata il 3 marzo nell’abitazione di un padre domenicano, Giancarlo Locatelli, 44 anni, segretario dell’Istituto di teologia ecumenica “San Nicola” di Bari e uno dei referenti della parrocchia di San Nicola presso l’omonima Basilica.
Infine, il 15 ottobre viene condannato a 3 anni e mezzo di reclusione don Giorgio Barbacini per aver compiuto atti sessuali nei confronti di un minorenne extracomunitario, con l’aggravante di averne avuto la custodia e la tutela. I fatti risalgono al 2000, quando don Giorgio era responsabile della comunità “Migrantes” di Savona, istituita dalla Curia per tutelare i giovani extracomunitari con problemi di ambientamento. Attualmente don Giorgio è stato trasferito in un’altra diocesi; nei suoi confronti non è mai stata avviata alcuna procedura ecclesiastica.

2005: Como, Cuneo, Arezzo, Napoli
Il 20 maggio viene arrestato il parroco di Laglio (Como) don Mauro Stefanoni, 37 anni. È accusato di violenza sessuale su un ragazzo di 14 anni affetto da un lieve ritardo mentale, e di detenzione di materiale pedopornografico. Il processo, inizialmente fissato per il 28 marzo 2006, è stato rinviato al 31 ottobre dopo che i legali della difesa hanno presentato un certificato medico che attesta l’impossibilità dell’imputato di essere presente. Attualmente don Mauro è vicario parrocchiale presso la parrocchia SS. Crocifisso a Ponte Tresa (Varese).
Prende il nome dal titolo di un recente film di Pedro Almodovar, La mala educación, l’operazione condotta dalla questura di Cuneo che nell’estate del 2005 porta all’arresto di don Renato Giaccardi, 42 anni, sacerdote monregalese, originario di Magliano Alpi (Cuneo), responsabile della preparazione religiosa, in qualità di “vicario moniale”, di alcuni istituti della diocesi di Imperia e di Albenga. Le accuse sono induzione alla prostituzione, favoreggiamento e sfruttamento di minorenni. Secondo quanto hanno affermato gli inquirenti, i minorenni coinvolti sarebbero una trentina, italiani ma soprattutto extracomunitari, tra i 13 e i 17 anni. Le “prestazioni” dei ragazzi venivano poi ricompensate dal sacerdote con biglietti cinematografici, gelati e dolci. Per ogni nuovo amico presentato, il premio era invece una banconota da 10 euro.
Più di trenta – tra giovani e giovanissimi – sono le vittime di don Pierangelo Bertagna, parroco di 44 anni dell’abbazia di Farneta (Arezzo), arrestato l’11 luglio del 2005. Il parroco ha confessato davanti ai giudici della procura di Arezzo tutti i reati di violenza sessuale segnalati dalle famiglie dei bambini della sua parrocchia, più altri risalenti a periodi precedenti, quando Bertagna, originario del bresciano, ancora non era entrato in seminario.
Il 15 novembre inizia un procedimento civile che vede coinvolta la Curia arcivescovile di Napoli citata in giudizio dai legali di un ragazzo (14enne all’epoca dei fatti) che avrebbe subito violenza sessuale da un sacerdote dei Quartieri Spagnoli. Quest’ultimo era stato prosciolto nel 2002 per incapacità di intendere e volere nel momento in cui sarebbero stati commessi gli atti. Ora Luciano Santoianni, uno dei legali del ragazzo, denuncia: “Riteniamo che la Curia debba rispondere per la condotta tenuta da un suo sacerdote per una vicenda che richiama molto da vicino quelle accadute negli Stati Uniti. Crediamo infatti che questa vicenda si sarebbe potuta evitare se, a monte, la Curia avesse esercitato una funzione di controllo e verifica psico-attitudinale su quel sacerdote”.

2006: Roma, Ferrara, Lecce
Oltre all’arresto di don Marco Agostini, di cui si è già parlato, da segnalare per questa prima parte dell’anno anche l’avvio del processo a un sacerdote ferrarese di 60 anni accusato di violenze sessuali su dieci bambine dell’asilo che gestiva nella sua parrocchia. All’apertura del processo, avvenuta lo scorso 23 marzo, i giudici del tribunale collegiale di Ferrara hanno però respinto la richiesta delle parti civili (ben 17 tra genitori ed educatrici) di citare come “responsabili civili”, per l’eventuale risarcimento di danni morali e materiali, la Curia di appartenenza del sacerdote, la parrocchia che gestiva, il ministero dell’Istruzione e il Csa (ex provveditorato): secondo le parti civili, nonostante fossero state date segnalazioni chiare della situazione dell’asilo (lettere di genitori alla Curia), nessun ente è intervenuto e, soprattutto, ha sottovalutato le segnalazioni stesse.
Infine, lo scorso 3 maggio, viene arrestato don Donato Bono, parroco 44enne di Sternatia, in provincia di Lecce. Il sacerdote era stato messo agli arresti domiciliari un mese prima, dopo essere stato trovato in auto con un minorenne impegnato in atti osceni. Durate gli arresti domiciliari, però, don Donato si sarebbe adoperato per inquinare le prove a suo carico, facendo esercitare pressioni sui genitori del minorenne e sul ragazzo stesso. A questo punto il pm titolare dell’inchiesta, Francesco Polino, ha disposto un inasprimento del provvedimento originario. Secondo i primi accertamenti i ragazzi coinvolti dalle ‘attenzioni’ del sacerdote sarebbero una dozzina, tutti maschi e minorenni. (emilio carnevali)


Lunedì, 08 maggio 2006


VIOLENZE SESSUALI


Omesso controllo: condannato un prete

Rassegna stampa

Il responsabile di una comunità di accoglienza religiosa non impedì gli abusi commessi dal direttore della stessa. Il gup li ha condannati a 4 anni e 8mesi

Milano, 10 maggio 2006 – In giudizio abbreviato davanti al Gup milanese Enrico Manzi, sono stati condannati a 4 anni e 8 mesi monsignor Renzo Cavallini e Massimiliano Azzolini, rispettivamente il responsabile di una comunità di accoglienza religiosa e il direttore di uno dei centri della stessa, con le accuse, per il primo di omesso controllo e per l’altro di violenza sessuale e violenza privata ai danni di due giovani extracomunitari ospiti del centro.

Per loro il pm Isidoro Palma aveva chiesto una pena di due anni e sei mesi, quasi raddoppiata dal gup.

Ai due erano stati contestati tre episodi di abuso avvenuti nel centro diretto da Azzolini. Per un fatto, lo stesso pm aveva chiesto, ottenendola, l’assoluzione, ma negli altri due casi il giudice ha riconosciuto pienamente responsabili i due imputati.

Azzolini è stato condannato in particolare per avere in un caso compiuto violenze sessuali ripetute su un maggiorenne albanese, in un secondo caso per avere costretto a una doccia, nudo sotto il suo sguardo e nel pieno della notte, un minorenne marocchino, minacciato con un cane da guardia, secondo quanto raccontato dalla stessa vittima.

Il sacerdote è stato invece riconosciuto colpevole per non aver mai tentato di impedire gli abusi di cui era stato avvertito con diverse segnalazioni da parte di operanti del centro.

Fonte: http://www.ilgiorno.it


Fonte: http://www.merateonline.it

Novate di Merate: abusati ospiti della
“Casa del giovane“. Al Parroco 4 anni e 8 mesi
di carcere per omesso controllo

Monsignor Renzo Cavallini, parroco di Novate, è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione dalla quinta sezione penale di Milano per omesso controllo nella comunità “La casa del giovane” dove sarebbero avvenuti abusi su alcuni ospiti compiuti dall’allora direttore Massimiliano Azzolini. Difeso dagli avvocati della Curia, che avevano chiesto il rito abbreviato, il religioso è stato condannato dal gup milanese Enrico Manzi dopo che il pubblico ministero Isidoro Palma aveva chiesto una pena di due anni e sei mesi. 4 anni e 8 mesi anche a Massimiliano Azzolini con un’accusa più infamante: violenza sessuale e violenza privata ai danni di due giovani extracomunitari ospiti del centro. I capi di imputazione erano tre, ma solo di due il religioso e il direttore sono stati ritenuti responsabili. Per il terzo lo stesso PM aveva chiesto e ottenuto l’assoluzione. I fatti contestati risalgono al 2000. Responsabile della comunità di accoglienza per ragazzi disagiati, con problemi di droga e violenza alle spalle, il religioso secondo l’accusa avrebbe omesso di intervenire mentre all’interno dell’istituto si sarebbero compiuti tali abusi. Azzolini è stato condannato invece per aver compiuto violenze sessuali ripetute su un maggiorenne albanese e in un altro, secondo quanto raccontato dalla vittima, di avere costretto a fare una doccia, sotto i suoi occhi e la minaccia di un cane daguardia, un minorenne di origini marocchine. Fatti che, secondo quanto riferito dal parroco di Novate – che tuttavia al momento preferisce non rilasciare dichiarazioni – non sarebbero accaduti. Gli avvocati difensori della Curia, che da gennaio dello scorso anno si stanno occupando del caso, avevano chiesto il rito abbreviato per il religioso che, da un anno circa, è stato nominato parroco nella comunità di Novate Brianza. La questione, assai delicata, era nota solamente in pochi ambienti ecclesiastici e solo lo stesso Cardinale Dionigi Tettamanzi ne era a conoscenza. L’accusa, infatti, per il sacerdote risulta un “atto dovuto” poiché al tempo dei fatti Monsignor Renzo Cavallini era responsabile, quindi anche penalmente, della “Casa del giovane” e di ciò che avveniva all’interno. Il religioso, stimatissimo per via dei suoi incarichi fra cui diverse cause di beatificazione (Don Gnocchi, i marchesi Faletti di Barolo,…) è stato raggiunto dalla notizia mentre si trovava nella sua abitazione di Via Cerri a Novate e, come dicevamo, al momento ha preferito non commentare l’accaduto. E’ probabile che gli avvocati proporranno ricorso in appello contro la sentenza.

Luisa Biella

Fonte: Antennatre

Milano – Condannati monsignor Renzo Cavallini e Massimiliano Azzolini, rispettivamente responsabile di una comunità di accoglienza religiosa e il direttore di uno dei centri.


Milano – Sono stati condannati a 4 anni e otto mesi di reclusione, in giudizio abbreviato davanti al Gup milanese Enrico Manzi, monsignor Renzo Cavallini e Massimiliano Azzolini, rispettivamente il responsabile di una comunita’ di accoglienza religiosa e il direttore di uno dei centri della stessa, con le accuse, per il primo di omesso controllo e per l’altro di violenza sessuale e violenza privata ai danni di due giovani extracomunitari ospiti del centro. Per loro il pm Isidoro Palma aveva chiesto una pena di due anni e sei mesi, quasi raddoppiata dal gup.
Ai due erano stati contestati tre episodi di abuso avvenuti nel centro diretto da Azzolini. Per un fatto, lo stesso pm aveva chiesto, ottenendola, l’assoluzione, ma negli altri due casi il giudice ha riconosciuto pienamente responsabili i due imputati. Azzolini e’ stato condannato in particolare per avere in un caso compiuto violenze sessuali ripetute su un maggiorenne albanese, in un secondo caso per avere costretto a una doccia, nudo sotto il suo sguardo e nel pieno della notte, un minorenne marocchino, minacciato con un cane da guardia, secondo quanto raccontato dalla stessa vittima. Il sacerdote e’ stato invece riconosciuto colpevole per non aver mai tentato di impedire gli abusi di cui era stato avvertito con diverse segnalazioni da parte di operanti del centro.
10 maggio 2006
 



Venerdì, 12 maggio 2006


Vaticano: punizione per il fondatore dei

 Legionari di Cristo

Fonte: Corriere della Sera
Cronache
18 mag 21:34 
CITTA’ DEL VATICANO – Niente messa celebrata in pubblico, basta lezioni e divieto di rilasciare interviste. Il Vaticano ha inflitto una restrizione delle attivita’ pastorali a padre Marcial Maciel Degollado, fondatore dei Legionari di Cristo, uno dei movimenti neotradizionalisti piu’ dinamici della chiesa cattolica. Lo rivela il giornale cattolico americano National catholic reporter (Ncr). A questo punto potrebbe essere vera qualcuna delle accuse formulate nei confronti dell’86enne sacerdote messicano, denunciato anni fa per atti di pedofilia da alcuni ex Legionari d’alto grado. Padre Maciel comunque non e’ stato ridotto allo stato laicale. Secondo fonti vaticane, la Santa Sede dovrebbe pubblicare, domani, una dichiarazione sulle restrizioni che il Papa avrebbe imposto al fondatore dei Legionari. Sui fatti contestati negli anni passati la Congregazione per la dottrina della fede ha condotto una serie di indagini e audizioni. (Agr)

 



Venerdì, 19 maggio 2006


CRONACHE
IL CASO LA TESTIMONIANZA DI UN DOCENTE AMERICANO: «PADRE DEGOLLADO MI HA VIOLENTATO PER 13 ANNI»


Bufera sui Legionari di Cristo


Nuove denunce per stupro

di Gian Antonio Orighi

L’accusa: le sanzioni del Vaticano sono state una farsa

La Stampa Web
21/5/2006

MADRID. Sorpresa: padre Marcial Maciel Degollado, il fondatore dei Legionari di Cristo condannato all’ostracismo venerdì scorso dalla Congregazione della Dottrina della Fede per denunciata pederastia, voleva essere santo. Come il fondatore ( e suo grande rivale) José María Escrivá de Balaguer, dell’Opus Dei. Lo rivela il redattore capo della Agencia di stampa statale Efe, e corrispondente religioso, José Martínez de Velasco in un suo libro del 2004, «Los documentos segretos de los Legionarios de Cristo». Intanto, continuano a fioccare le denunce degli abusi sessuali del religioso messicano.

«Secondo quanto raccontano i suoi più stretti collaboratori, in questo ultimo periodo della sua vita Marcial Maciel ha due ossessioni che l’hanno accompagnato lungo gli ultimi anni e che raggiungono una intensità quasi da malattia: primo, che lo nominino cardinale; secondo, che i suoi seguaci lo vedano sull’altare – sostiene l’autorevole giornalista, 54 anni -. Il fondatore della congregazione si è procurato durante la sua vita un alone di predestinazione e protezione a carico dell’Altissimo ed in questo senso sono costanti i suoi riferimenti, quelli dei suoi collaboratori, al sopranaturale».

«Ogni cristiano non può essere un buon cristiano se non si abbraccia alla Croce, se non soffre tutto ció che capita nella vita per amore a Nostro Signor Gesú Cristo – diceva in un incontro con i giovani, riportato nel testo, il capo della organizzazione cattolica integralista sempre schierata con l’estrema destra-. Questo è il cammino verso la santità. Il Papa (Giovanni Paolo II, sempre in ottimi rapporti con i Legionari, ndr), ha detto a voi giovani che avete un ruolo molto speciale, che dovete salvare il mondo per la sua santità. Osservate che non ha detto che siate buoni, bensí essendo santi».

Non solo: «La recente canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei, Escrivá, non è lontana da questa aspirazione di Maciel. Il messicano, che si è ispirato in gran parte alla struttura ed alle opere dell’Opus per la sua fondazione, non solo invidia la prelatura personale della organizzazione del sacerdote navarro, bensì che fin dalla sua beatificazione aspira ad essere un altro fondatore canonizzato», sottolinea Martínez de Velasco.

Ma il sacerdote, accusato di 100 stupri con dei bambini della sua congregazione, con la santità aveva una vera e propria mania. Familiare. «Maciel si occupa anche che sua madre arrivi agli altari – continua il giornalista nel suo testo di 370 pagine al ciunuro- . Il processo è già aperto ed è arrivato in Vaticano. Maura Degollado, ’Mamá Maurita’, come la chiamano affettuosamente i legionari per aver educato i suoi figli nella fede, già ostenta il titolo di ’serva di Dio’ ed adesso bisogna cercare i miracoli che possano trasformarla prima in beata e poi in santa».

Nel frattempo, le testimonianze degli stupri continuano. Ieri, sul giornale filo-socialista madrileno El País, l’ex legionario azteco José Barba Martín, docente di Scienze Politiche presso il prestigioso ateneo messicano Itam (ed uno dei 9 membri della congregazione che denunció gli abusi sessuali subiti in una lettera spedita nel ’ 97 a Giovanni Paolo II), lamenta: «La nota del Vaticano segnala che indipendentemente dalla persona del fondatore si riconosce con gratitidine il benemerito apostolato dei Legionari di Cristo. E’ come dire che il tronco era marcio ma i rami erano sani. Non è vero. Le indagini devono continuare».

Juan José Vaca, docente a New York, scrisse a Maciel una lettera da brividi e che ha ricordato l’altro ieri in un programma della tv messicana. «In quella notte lei mi tolse la mia verginità maschile. Lei cominciò un abuso aberrante e sacrilego che durò 13 anni», accusa chi fu obbligato a rimanere nel letto del presunto pederasta quando aveva solo 13 anni. Ma c’è di più: padre Antonio Roqueñi, avvocato dei denuncianti, qualifica come «farsa e simulazione ben dissimulata» il comunicato della Santa Sede. E tuona: «Il caso non è chiuso. Vogliamo la verità».



Lunedì, 22 maggio 2006


Francia: 15 anni di prigione a prete per

 violenze sessuali

PARIGI – La Corte d’assise di Chambery, in Savoia, ha condannato a quindici anni di prigione il parroco di Saint-Jean-de-Maurienne, accusato di aver violentato e molestato sessualmente una decina di ragazzi, alcuni dei quali minorenni.

Padre Pierre Dufour è stato riconosciuto colpevole di “violenza ed aggressione sessuale”. I giudici hanno inoltre deciso di accompagnare la pena di prigione con una misura che vieterà al sacerdote di uscire prima di dieci anni, dal momento che, come avevano dichiarato l’accusa, con Dufour “il rischio di recidiva è totale e non c’è nessuna possibilità di correzione”.

L’avvocato del parroco ha dichiarato che il suo cliente non farà appello alla sentenza. Cinque delle vittime si erano costituite parte civile.
 
SDA-ATS

Fonte: SwissInfo



Lunedì, 29 maggio 2006


Paradosso vaticano sul caso Maciel:


Lo salva dalla scomunica, lo condanna

 senza processo

di Agenzia ADISTA N.41 del 03-06-2006

I papaboys solidarizzano con i Legionari: “l’unico contento è satana”

33411. CITTÀ DEL VATICANO-ADISTA. Se p. Marcial Maciel Degollado, fondatore della potente congregazione dei Legionari di Cristo, fosse stato sottoposto a processo canonico in seguito alle accuse di cui è oggetto (v. Adista n. 39/06), sarebbe incorso nella scomunica latae sententiae. Tale, infatti, è la pena prevista nel caso in cui un sacerdote, dopo aver compiuto peccato contro il sesto comandamento, assolva sacramentalmente il o la “complice” del rapporto sessuale consumato, secondo quanto prescrive il canone 1378 del Codice di diritto canonico. Ed è proprio il reato che rappresenta il capo d’accusa principale contro Maciel. Infatti il titolo del fascicolo processuale presentato presso il sant’Uffizio dall’avvocato dell’accusa Martha Wegan cita esattamente i canoni 977 e 1378 (Absolutio complicis in peccato contra sextum).
Si tratta di un reato, accanto a pochi altri (gli abusi sessuali su minori e quelli che toccano i sacramenti dell’Eucaristia e della Penitenza), il cui trattamento è riservato dal 2001 alla Congregazione per la Dottrina della Fede. In una lettera inviata ai capi dicastero e ai vescovi, che va inquadrata sullo sfondo dello scandalo degli abusi sessuali in Usa, la Congregazione aveva stabilito infatti che tali reati (“graviora delicta”) fossero di sua esclusiva competenza, allo scopo di sveltire le procedure riguardanti i casi di abuso. Un processo canonico contro Maciel, dunque, non avrebbe riguardato certamente solo l’abuso sessuale in sé, reato che va in prescrizione dopo dieci anni dal compimento della maggiore età da parte della vittima. La Congregazione per la Dottrina della Fede, bloccando il processo, ha dunque voluto evitare lo spinosissimo iter che avrebbe portato alla scomunica un personaggio tanto in vista.
Allo stesso tempo, tuttavia, la punizione “minore” inflitta dalla Congregazione a Maciel, ovvero il divieto di esercitare il suo ministero pubblico, appare impropria, sganciata com’è da un processo, il quale avrebbe dovuto dare la possibilità all’imputato di difendersi in modo formale e, eventualmente, dimostrare la propria innocenza.
In qualsiasi prospettiva la si voglia considerare, insomma, la conclusione del caso Maciel è tutto tranne che una risoluzione della vicenda, una chiarificazione, un trionfo della giustizia, come invece la stampa generalmente ha interpretato il provvedimento vaticano (v. notizia seguente).
Ad aver colto, invece, perfettamente i limiti della portata del provvedimento vaticano, è il canonista messicano p. Antonio Roqueñi, per otto anni cappellano universitario dell’Opus Dei, e poi, per vent’anni, canonista al Tribunale ecclesiastico di Città del Messico, che decise di offrire la propria opera di canonista agli accusatori di Maciel e per questo venne allontanato dal Tribunale e incaricato della cappellania in un ospedale. Il comunicato del Vaticano, ha detto a El País il 20/5, costituisce una “farsa, una simulazione molto ben mascherata”; “la sentenza è stata presentata come un favore del padre Maciel alla comunità cattolica, come se avesse rinunciato ai suoi incarichi. La verità è che il Vaticano ha ricevuto moltissime denunce con prove pesanti, di una condotta inaccettabile che ha causato un danno terribile a molte persone”. In ogni caso, la vicenda non è affatto chiusa. “Tutto ciò porterà molto di più”, promette Roqueñi. “Crescerà il clamore perché la comunicazione della Santa Sede non è chiara né trasparente né completa. Le vittime hanno il diritto di comunicare. Occorre curarsi della buona fama dei denuncianti, che sono stati accusati di calunnia”. Maciel, conclude, ha “tenuto nell’inganno tutto il mondo, a cominciare dal papa”.
Sulla stessa linea gli ex Legionari vittime degli abusi, che da una vita, segnata a fuoco da una memoria così dolorosa, conducono invano la battaglia perché la verità venga a galla, e che nel 1997 inviarono a Giovanni Paolo II una lettera aperta di denuncia. La misura adottata dal Vaticano rappresenta “una decisione molto diplomatica”, è l’opinione di Arturo Jurado, uno di essi, ancora su El País (20/5). “Non mi interessa se castigano Maciel o no. Mi interessa dimostrare che le denunce sono certe. Non voglio che le mie figlie pensino che sono un bugiardo”. “Non sento che sia stata fatta giustizia”, dice José Barba Martín, in una lunga intervista a Milenio (23/5). “L’accusa fondamentale, che dava il titolo alla nostra querela, è l’assoluzione del complice, e questo delitto prevede ipso facto la scomunica”. “La decisione comunicata dalla Santa Sede costituisce un segnale che dev’essere attentamente valutato”, afferma. “È un peccato che la forma che questa misura ha assunto possa sembrare a molti una parvenza di giustizia e suggerire che la Chiesa sta applicando, come altre volte, due pesi e due misure. Inoltre, non è una condanna, ma solo un invito a ritirarsi e a meditare”; i suoi privilegi sacerdotali, aggiunge, non sono sospesi ma “limitati”, con l’impedimento a dire messa in pubblico, dare la comunione o confessare: “ad un sacerdote innocente questo non viene proibito”. Quanto al processo, Barba è convinto che non sia stato intrapreso perché “porterebbe con sé sicuramente la condanna” e “la Santa Sede si ritroverebbe obbligata a toccare il leader di una congregazione internazionale il cui contributo economico è assai rilevante. Si sarebbe dovuto giudicarlo. Non averlo fatto è la prova che Maciel viene considerato un uomo non sottoposto alla legge come tutti gli altri”. Il provvedimento contro di lui non è un castigo in termini giuridici, continua Barba; formalmente si è preteso di fare giustizia, ma giuridicamente “ciò è stato fatto con mezzi ambigui che possono soddisfare provvisoriamente l’impegno della Chiesa nei diritti umani, ma che lasciano aperte questioni molto gravi che continueranno a arrecare danno alla Chiesa e alla società”.
In un’intervista a El País (20/5), Barba si sofferma sull’intenzione di distinguere, nel comunicato della Sala Stampa della Santa Sede (v. Adista n. 39/06), tra la persona del fondatore e la congregazione dei Legionari, per la quale vengono espressi stima e apprezzamento: “puniscono padre Maciel e ringraziano i Legionari di Cristo; è come dire che il tronco è malato ma i rami stanno bene. E non è vero”. Alberto Atié, il religioso al quale Juan Manuel Fernandez Amenabar, il nono ex Legionario accusatore di Maciel, deceduto nel 1995, affidò, prima di morire, la propria testimonianza, ritiene che ci sia stata “una negoziazione tra Santa Sede e Maciel per abbandonare l’investigazione. Si è negoziato con un criminale, pedofilo e colpevole di abusi su minori”. “Crediamo che la nostra lotta – aggiunge sullo stesso tema Barba – sia un doloroso ma necessario servizio alla società e ai migliori elementi della Chiesa. Non ci resta ora che combattere nell’ambito della giurisprudenza internazionale per persuadere la trinità Chiesa-Santa Sede-Vaticano che, oltre ad essere fedeli cattolici, siamo anche cittadini dotati di diritti umani che la Chiesa deve rispettare, accettare e adottare”. Il caso Maciel, dunque, non si chiude tra le mura vaticane. (ludovica eugenio)

I PAPABOYS SOLIDARIZZANO CON I LEGIONARI: “L’UNICO CONTENTO È SATANA”


33412. ROMA-ADISTA. P. Marcial Maciel come Cristo non si è difeso, e con spirito di obbedienza alla Chiesa “ha accettato” la disposizione della Santa Sede che lo invita ad una vita riservata di preghiera e penitenza “con fede, con totale serenità e con tranquillità di coscienza, sapendo che si tratta di una nuova croce che Dio, il Padre della Misericordia, ha permesso che soffra e dalla quale otterrà molte grazie per la Legione di Cristo e per il movimento Regnum Christi”. Così la congregazione dei Legionari di Cristo ha risposto al comunicato della Santa Sede che informa sul provvedimento comminato a padre Maciel (v. notizia precedente).
Scarno, ma tutto a favore dei Legionari, il comunicato della Conferenza episcopale messicana (19/5): i vescovi, dopo aver dato brevemente conto della nota informativa della Santa Sede, ne ricalcano lo spirito, affermando di sapere che “i Legionari accoglieranno con profondo spirito di obbedienza e fede questa disposizione della Santa Sede” e riconoscendo “il lavoro di evangelizzazione e sociale che la Congregazione dei Legionari di Cristo ha realizzato a favore di milioni di messicani. L’apostolato che i Legionari di Cristo portano avanti nel Paese, come le scuole, le università e altre opere sociali e evangelizzatrici è, senza ombra di dubbio, di grande beneficio per la Chiesa del Messico”.
“Solidarietà agli amici fraterni” Legionari è stata espressa dall’Associazione dei Papaboys, sia “per l’alto impegno morale e di evangelizzazione nel quale migliaia di persone quotidianamente sono impegnate in tutto il mondo, sia per la partecipazione personale e della nostra Associazione dei Papaboys a numerose attività della Congregazione”, ha affermato il presidente Daniele Venturi, chiedendo di recitare un rosario particolare per Maciel “perché il Signore possa continuare a sostenerlo in questo momento nel quale, ancora una volta, ha scelto di abbracciare la croce del silenzio e dell’umiltà”. Non solo: “un ringraziamento a papa Benedetto – continua Venturi – perché ha saputo risolvere con un atto di coraggio e di soluzione definitiva una vicenda delicata nella quale, con certezza, l’unico contento è stato Satana, nemico dell’uomo e della Chiesa”.
L’Osservatore Romano non ha pubblicato una riga in proposito, mentre Avvenire ha sintetizzato il caso in un brevissimo articolo. Ben altra copertura quella del quotidiano dei vescovi francesi la Croix (22/5) che, oltre a dedicare a Maciel due pagine, dà la parola anche alle vittime con alcune interviste.
La stampa laica è stata tendenzialmente unanime nel ravvisare nel provvedimento contro Maciel un passo coraggioso e definitivo della Chiesa. Per il quotidiano argentino Pagina12 (20/5), il provvedimento di Benedetto XVI costituisce un “gesto inusuale e carico di significato contro la pedofilia”; “con questa azione forte contro una figura di altissimo profilo nella Chiesa – afferma sempre in Argentina La Nación (20/5) – il papa tedesco ha detto chiaramente che è deciso a non tollerare alcuna condotta impropria nel clero”. E sbaglia anche il quotidiano messicano La Jornada (19/5) quando afferma che il Vaticano “in poche parole riduce a laico” Maciel, e definisce il provvedimento contro di lui “un castigo esemplare”.
Un lungo editoriale è dedicato dal settimanale cattolico statunitense National Catholic Reporter (26/5) al caso. Dopo aver espresso la propria solidarietà a coloro che militano nella Legione, l’Ncr ricorda che Maciel è stato una figura “imponente a livello internazionale, che ha chiesto una fedeltà totale, ha raccolto enormi somme di denaro, ha ottenuto il favore speciale di papa Giovanni Paolo II e di altri rappresentanti delle gerarchie vaticane, e ha protestato la sua innocenza finché le prove non sono diventate schiaccianti”. Ricorda anche la sofferenza degli accusatori, disprezzati e derisi, verso cui la Chiesa “ha un debito di gratitudine”. E sottolinea che, “a fronte del notevole operato di papa Giovanni Paolo II, la sua cecità di fronte a questo cancro interno alla Chiesa e il suo rifiuto fino agli ultimi anni del suo lungo regno di cogliere l’urgenza del problema, saranno visti come una grave pecca nel suo pontificato. La sua inazione è stata un segnale del fatto che tollerava e incoraggiava la debilitante cultura dell’inganno”. Il caso Maciel, insomma, per l’Ncr è “l’esempio più drammatico del fallimento dell’ultima fase del pontificato”: “non ha voluto ascoltare le vittime e per troppo tempo ha creduto che lo scandalo fosse l’opera maliziosa di coloro che si opponevano alla Legione per via della sua fedeltà a lui”. Anche l’Ncr, tuttavia, non coglie i pesanti limiti del provvedimento vaticano, e finisce col dire che, “a fronte di tutti gli errori commessi prima, la Chiesa alla fine ha fatto la cosa giusta”: “la decisione riguardo a Maciel offre una chance di […] guardare più profondamente alla cultura che, nella Chiesa, ha permesso allo scandalo di persistere, erodendo la autorità, la credibilità e la statura morale della Chiesa nel mondo”. (ludovica eugenio)



Mercoledì, 31 maggio 2006


Pedofilia: avanti la causa contro il

 Vaticano in Oregon

CORRIERE DELLA SERA

08 giu 06:29

NEW YORK – Il Vaticano sara’ processato negli Stati Uniti per diversi casi di pedofilia, perche’ invio’ a Portland un sacerdote pur sapendo che aveva gia’ molestato numerosi bambini in Irlanda. Il giudice Michael Mosman dell’Oregon ha stabilito che un prete pedofilo, morto nel 1970, va considerato un “dipendente” della Santa Sede, in base alle leggi dello stato: dunque il Vaticano puo’ essere chiamato a rispondere dei suoi delitti, in deroga al Foreign Sovereign Immunity Act, che lo dichiara immune dalla giurisdizione dei tribunali americani. (Agr)



Venerdì, 09 giugno 2006


Sul suicidio di don Marco prete di Pomezia


Caro don Marco, fratello mio…

di don Vitaliano Della Sala

“Ai bambini appartiene il Regno dei cieli” è la parola di Gesù che propone proprio i bambini come modelli di vita per ogni cristiano: “se non diventerete come loro, non entrerete nel Regno dei cieli”. Quanto siamo lontani da queste parole e dal rispetto verso i bambini che queste parole presuppongono: bambini resi schiavi, sfruttati, non rispettati nei loro diritti, bambini fatti oggetto di attenzioni e di violenze sessuali da parte di adulti. E’ la cronaca di questi giorni e, purtroppo, di sempre, con una vittima in più: don Marco, prete di Pomezia, sospettato di pedofilia, suicidatosi mentre era agli arresti domiciliari.
Una parola, quella di Gesù, tradita doppiamente da chi quella Parola deve annunziare e testimoniare; tradita dai pedofili in abito talare che, approfittando del proprio ruolo all’interno delle parrocchie, dei seminari, delle scuole, usano violenza proprio contro i bambini “legittimi proprietari” del Regno di Dio.
Nonostante tante chiacchiere, dibattiti, incontri al vertice, sembra che, all’interno della Chiesa e della società, non ci siano soluzioni, o non se ne vogliono trovare, al problema della pedofilia. E, da prete, provo sconcerto di fronte agli atteggiamenti che, come ci viene suggerito dalle gerarchie cattoliche, dovremmo cominciare ad assumere nei confronti dei confratelli accusati di pedofilia, atteggiamenti che si riassumono in affermazioni, cristianamente e umanamente infelici, tipo: “tolleranza zero contro i preti pedofili” e “uno sbaglio e sei fuori”.
I cristiani non possono ragionare così nei confronti di chi ha sbagliato, nemmeno quando si tratta di pedofili.
A chi nelle comunità cristiane è mai passato per la mente che i confratelli preti pedofili sono anche e comunque vittime – e dico questo non per giustificarli – vittime di violenze fisiche, psicologiche e “formative”?
Non sono un esperto, ma penso che il problema pedofilia si deve cominciare a risolvere anche a partire dalla formazione nei seminari e dall’organizzazione dei seminari stessi, strutture spesso tristi e per soli uomini dove, forse senza malafede, la sessualità ti viene “bloccata” alla pre-adolescenza; seminari che dovrebbero invece essere luoghi dove un ragazzo cresce armonicamente e serenamente in un contesto e in un ambiente “normale”.
Sono d’accordo con don Enzo Mazzi, animatore della comunità cristiana di base dell’Isolotto a Firenze, quando afferma che bisognerebbe intervenire sul “disprezzo” per la sessualità che spesso è diffuso tra il clero, e dunque sul seminario, luogo nel quale questo “disprezzo” nasce e si sviluppa. Tutto il cammino formativo dei seminari tende a “congelare” la sessualità, e di fatto è come se bloccasse il naturale sviluppo sessuale dei ragazzi-seminaristi; se non si recupera in seguito, a fatica e da soli, si rischia di diventare adulti con una sessualità ferma al periodo puberale o adolescenziale. E, come potete ben immaginare, parlo non per sentito dire.
Ma questo argomento è tabù e non lo si affronta mai se non di sfuggita, per dovere d’ufficio e comunque, ipocritamente, senza centrare il problema. Come non si affronta mai con serenità l’argomento, tabù dei tabù, del celibato del clero, anzi è espressamente vietato parlarne.
Purtroppo temo che non cambierà granché nel panorama ecclesiale: i preti pedofili continueranno indisturbati ad essere vittime e a fare vittime tra i bambini, casomai cercando di farlo con molta più attenzione; ad uso dei media, sicuramente alcuni tra questi preti pagheranno ma, sono pronto a scommetterci, pagheranno i preti pedofili più sfigati, mai i “potenti”.
Temo ancora di più, che l’adagio “uno sbaglio e sei fuori”, verrà usato contro i preti rompiscatole o critici verso le gerarchie, per screditarli e toglierli di mezzo. Non sarebbe la prima volta che accade: viene creata ad arte la falsa notizia per gettare discredito sul prete che da fastidio, e quale fango peggiore di quello gettato sul prete anche dal solo sospetto che questi sia pedofilo!
Resta il problema, e con esso le persone in carne ed ossa: i bambini vittime e i preti pedofili vittime a loro volta, ma non per questo giustificati; e restiamo noi, i cosiddetti “normali”, coloro che per risolvere il problema sanno proporre solo disumanità: il carcere duro, l’isolamento, la castrazione chimica o fisica, la pena di morte. Noi, i cosiddetti “normali”, che facciamo di tutto per convincerci che per fare pulizia basta nascondere l’immondizia sotto il tappeto della storia; noi, che facciamo finta di dimenticare che i pedofili fanno parte del nostro stesso genere umano, sono un po’ noi e c’è forse un po’ di noi in loro: dobbiamo occuparci di loro perché ci sta a cuore l’umanità e perché non basta nasconderli per risolvere il problema. E restano le parole da pronunciare, insufficienti per dire lo sdegno di fronte a tanta bruttura commessa da confratelli sacerdoti.
Infine resta la domanda che sempre dovremmo porci, soprattutto di fronte a qualcosa di umanamente assurdo come la pedofilia: perché? Perché esseri umani arrivano a tanto? Perché scatta in loro tanta perversione? Perché non si riesce a trovare un rimedio?
In questi giorni don Marco, un uomo come me, un prete come me, un mio confratello, accusato di pedofilia, si è tolto la vita impiccandosi mentre era agli arresti domiciliari. Sicuramente era giusta la pena che stava pagando, meno giusta era la moderna gogna mediatica alla quale era stato sottoposto. Non so se fosse colpevole o meno, e ammettiamo che lo fosse, mi resta comunque l’amaro in bocca e un senso di sconfitta e di fallimento per non aver aiutato un mio fratello. E non basta convincermi che io non c’entro nulla con i suoi problemi: mi sento ugualmente sconfitto, perché l’umanità deturpata dalle sue perversioni è la stessa a cui io, noi, apparteniamo.
Ti chiedo perdono don Marco, fratello mio pedofilo e suicida, perché non ho saputo esserti vicino, non ti ho usato misericordia, non ho raccolto il tuo grido di dolore e la tua supplica di aiuto, ti ho ignorato. Ho fatto finta che ignorandoti avrei messo a tacere la mia coscienza. Ti chiedo perdono perché ho evitato di spendere una parola per te, temendo il giudizio della maggioranza. Ti chiedo perdono perché ti ho considerato indifendibile.
Perdonami perché di fronte a te, “uomo lasciato mezzo morto dai briganti”, dalle accuse, dal senso di colpa, dalla condanna mediatica, per paura di contaminarmi, di sporcarmi le mani, di essere coinvolto, ho fatto come il sacerdote e il levita della parabola evangelica del Buon Samaritano (Luca 10, 30-37): “ti ho visto e sono passato oltre dall’altra parte della strada”. Non ho affatto rispettato il Vangelo, imitando il Samaritano che, “invece, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all’albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno”.
Perdonami perché, nonostante il brano del Vangelo si concluda con un secco monito di Gesù: “và e anche tu fa lo stesso”, io non ho avuto compassione di te, ho evitato di passarti accanto, di fasciarti le ferite, e ti ho lasciato suicidare.
Caro don Marco, fratello suicida e, forse, pedofilo, se puoi, perdonami!

don Vitaliano Della Sala



Mercoledì, 16 agosto 2006


Riceviamo e Pubblichiamo


“va’ prima a riconciliarti con tuo fratello”

di don lillo scaglia

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera di don Lillo Scaglia di Agrigento su una vicenda di pedofilia di cui anche il nostro sito si è occupato alcuni anni fa (Vedi
l’articolo del 14/07/04 – Pedofilia nella Chiesa Cattolica Italiana) che è ritornata alla ribalta nel mese di luglio di quest’anno per un articolo del 16-7-2006 pubblicato sul quotidiano “La Repubblica” edizione di Palermo e a cui risponde don Lillo Scaglia con questa lettera che volentieri rendiamo nota ai nostri lettori. Non siamo riusciti, causa ferie, a recuperare l’articolo de La Repubblica indicato da don Lillo. Speriamo di poterlo fare nei prossimi giorni. Red

Sulla cronaca di Palermo di un noto giornale il 16/07/2006 si parlava di una certa somma di ” risarcimento ” da parte di chi ” denunciò abusi in seminario ( mentre ) ora la Curia gli chiede i danni “, e la stesura dell’ articolo veniva ” colorita ” dalla figura di due mitrati(due vescovi N.d.R), come se uno non bastasse, anche perchè ormai certi argomenti come i vari Milingo non fanno più notizia, o il nudo sempre più nudo…e quindi i giornali ” non si vendono “, mentre alcune riflessioni, o persone, non riescono mai a trovare spazio sui giornali o alla televisione per ovvi motivi… a meno che…si tratta del ” sacerdote ” che s’ impicca perchè i MEDIA lo hanno distrutto, e poi… si parla di libertà di stampa( !!! )
Ed allora se la ” la verità non è come un mobile di lusso da tenere in un ampio ed elegante salotto, ben pulito e lucidato ( guai a chi lo tocca! ). Non è la mia, nè la tua, nè la sua, ma quella verità che bisogna vivere e che ci rende liberi “, io, da quello che leggo, io sono convinto che sarebbe stato più opportuno risolvere il problema al suo nascere nel modo più civile e dialogico.
Considerando vari fatti ho la sensazione di trovarmi dinanzi ad una telenovela alla quale non si vuole scrivere la parola ” fine “, con la variante che questa a differenza delle altre non affascina, ma solo disturba le coscienze delle persone deboli le quali poi esprimono giudizi poco lunsinghieri nei riguardi dei sacerdoti, e che a ME disgustano…
Io come credente, quindi, imploro le parti avverse di non turbare ancora la mia serenità interiore nè quella delle anime semplici appunto perchè, oggi, molti come me non riescono a comprendere da che parte si trova la verità in un problema molto delicato quale è quello della pedofilia ed anche perchè da quanto risulta è stata espressa una sentenza dopo un patteggiamento
A questo punto penso che il problema dei contendenti deve essere risolto nel chiuso di una stanza come persone civili e con un briciolo di umiltà, come mi suggerisce la mia lunga esperienza nel sociale, nè giammai nelle sale dei tribunali tanto meno sulla carta stampata, peggio ancora alla televisione. E poichè al peggio non vi è mai fine chiedo chiedo che si dica ” basta ” specialmente quando da una delle parti si vuole dimostrare la propria ” superiorità ” in un periodo nel quale nel mondo attualmente vi sono problemi più gravi della loro diatriba…
Concludo quindi chiedendo in particolare a Marco di essere sereno e di riflettere molto prima di fare le proprie scelte, mentre al responsabile della ” Curia che chiede ” di andarsi a rileggere attentamente Mt. 5, 23-26[1].

don lillo scaglia
Agrigento

Note

[1]Matteo 5,23-26

23 Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te,
24 lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta.
25 Fa’ presto amichevole accordo con il tuo avversario mentre sei ancora per via con lui, affinché il tuo avversario non ti consegni in mano al giudice e il giudice in mano alle guardie, e tu non venga messo in prigione.
26 Io ti dico in verità che di là non uscirai, finché tu non abbia pagato l’ultimo centesimo.



Mercoledì, 16 agosto 2006


IL COPYRIGHT DI DIO: la parola Dio ed i

 preti pedofili

di Massimiliano Frassi

02/09/2006 – – Joseph Henn fino a pochi giorni fa viveva in un lussuoso appartamento a Roma, con vista su piazza San Pietro.
Da quando il Governo italiano ha accettato la richiesta di estradizione avanzata dallo stato dell’Arizona, dove il sopracitato soggetto deve scontare con il carcere una condanna per abusi sessuali nei confronti di una decina di bambini, è scomparso.
Pochi giorni prima, il sacerdote, ha fatto sapere che nel caso la richiesta di estradizione fosse stata accettata, lui non sarebbe mai rientrato in patria, poiché, riporto testualmente, “nelle prigioni dell’Arizona i pedofili non se la passano bene”. Tutt’altra cosa, deve aver aggiunto senza però dirlo pubblicamente, sono gli attici romani.
Joeph Henn non è un cittadino qualunque, anonimo turista americano amante del Bel Paese, bensì è uno dei circa duecento sacerdoti pedofili che se rientrassero negli Stati Uniti verrebbero immediatamente arrestati in quanto pedofili e che poco prima prima della condanna sono scappati.
Una decina di loro vivono in Italia, altri hanno fondato missioni nelle Filippine, in India, in Thailandia, in Messico.
Le foto che ce li rappresentano oggi, li mostrano tutti abbronzati, sorridenti, sereni ma soprattutto circondati da bambini.
Si stima che se si riunissero tutte le vittime che hanno abusato, e parlo di vittime accertate, dando quindi una stima in difetto, si supererebbero le tremila unità. Molti di quei bambini, i sopravvissuti agli abusi, oggi hanno problemi di droga o di alcool, soffrono di attacchi di panico o di gravi forme di depressione oppure hanno tentato, spesso riuscendoci, il suicidio.
Leggendo i verbali dei loro interrogatori, una frase ricorre spesso.
Ogni qual volta i predatori di bambini travestiti da preti li abusavano, ricordavano loro che “Dio li avrebbe puniti se avessero chiesto aiuto”, interrompendo così un ciclo di violenze che appartiene, credo, più al diavolo che al cielo.
I soldati tedeschi, membri delle SS, durante la seconda guerra mondiale non erano da meno ed avevano sulle fibbie delle loro divise la scritta “Dio è con noi”.
Mentre non c’è kamikaze di ieri o di oggi che non dica di immolarsi nel nome di Dio.
Tre esempi per un’unica conclusione. Non una provocazione, ma una sincera richiesta.
Non potremmo depositare la parola Dio come marchio registrato?
La potremmo proteggere così da troppi malaugurati esempi.
Dal cattivo utilizzo di esseri troppo “disumani per chiamarli uomini”.
Chissà cosa ne pensa padre Jospeh Henn , pardòn, il sig. Henn nella nuova residenza dove trascorre sereno questo scampolo di fine estate….

Massimiliano Frassi
Scrittore, presidente Associazione Prometeo
lotta alla pedofilia.
www.associazioneprometeo.org
Fonte: http://www.sabaudiain.it/notizia.php?id=1157184000



Sabato, 02 settembre 2006


Arcidiocesi di Milwaukee


La Chiesa cattolica raggiunge un accordo

 con le vittime di molestia sessuale

Di John Spano, giornalista di Times 12:34 PM PDT, il 1 settembre 2006

Ringraziamo l’amico Umberto Lenzi, prete sposato che vive negli USA, citta’ di Seattle stato di Washington , per averci fornito la traduzione di questo articolo.

La Diocesi cattolica romana di Milwaukee ha accettato di pagare $13.3 milioni a otto delle vittime di Padre Siegfried Widera, ponendo fine alla causa contro il cosiddetto “child molester” (molestatore di bambini” che si suicidò dal balcone di un albergo in Messico piuttosto che affrontare le accuse criminali negli Stati Uniti.
Aggiunto all’accordo di due anni fa da una chiesa in California, le vittime riceveranno un totale di $28 milioni, o un primato di $3.6 milioni per querelante.
ANNUNCIO PUBBLICITARIO
Widera fu condannato per molestie ai bambini in Milwaukee nel 1976, poi spedito, tre anni più tardi, nella Orange County (California). Ma l’arcidiocesi di Milwaukee non rivelò la condanna in una lettera ai vertici ecclesiastici di Orange County, dicendo che Widera non rappresentava un “grande rischio” .
L’accordo, insieme alla decisione di Milwaukee di rilasciare molti dei documenti riguardanti i casi, è stato applaudito dagli avvocati per le vittime.
“Questi termini critici di accvordo tra l’arcidiocesi ed le vittime sono un tentativo di portare tanta necessaria luce sul processo di decisione spesso tragico che ha permesso ai criminali libero accesso ai bambini,” disse K. Katherine. Freberg, avvocato principale delle vittime.
560 cause contro i preti nella Diocesi di Los Angeles non sono ancora risolte; la prima è ora programmata per andare in giudizio in Novembre.
La maggior parte della storia di Widera è stata ben documentata. I responsabili della chiesa nella Orange County ammettono di aver accettato il prete di Milwaukee nella loro diocesi nel 1977 nonostante un avvertimento vago in una lettera dell’allora arcivescovo E. di William. Cousins di Milwaukee che nei primi anni Widera aveva avuto un “problema morale con un ragazzo a scuola “. Infatti, era invece stato condannato nel 1973 per molestie a un ragazzo.
Nel 1985, dopo che era venuta alla luce una dichiarazione d’abuso sessuale in Orange County, gli ufficiali della chiesa impedirono a Widera dal compiere qualsiasi opera sacerdotale. Fu spedito ad un centro di riabilitazione cattolico nello stato di New Mexico per un trattamento che non completò mai. Divenne più tardi un uomo d’affari di Tucson.
Nel 2002, quando lo scandalo dell’abuso sessuale nella chiesa esplose a livello nazionale, altre vittime di Widera si fecero avanti e l’autorità civile gli addebitarono 42 casi di molestia in Orange County e in Milwaukee.
Quel anno stesso, Widera si dette alla fuga per piu’ di un anno, per lo piu’ in Messico. Nel 2003 le Autorità messicane lo intrappolarono in Mazatlan e lui si suicido’ gettandosi dalla finestra del terzo piano dell’albergo. Aveva 62 anni.
Secondo i documenti rilasciati quando la Diocesi di Orange County si accordò concordo con le vittime di abuso per $100-milioni, quello che Cousins scrisse e’ che non solo Widera aveva un ” problema morale che aveva a che fare con un ragazzo a scuola, ” ma anche che lui aveva una ricaduta ” più recente ” ed aveva bisogno di lasciare lo stato per ragioni legali.
” Da tutte le informazioni professionali che io posso raggruppare, non sembrerebbe che ci sia gran rischio nel permettere a quest’uomo di ritornare al lavoro pastorale ma ci sono complicazioni legali al momento di questa lettera.”, scrisse ” Cousins. ” Incidentalmente, queste tecnicità legali permetterebbero al Padre di andare in un altro stato purche’ il trattamento continui”.
Molte delle manovre precedenti il processo, che eventualmente condusse all’accordo, comportò una lunga e serrata disputa… se quella lettera avesse efficacemente notificato alle autorita’ religiose della California al riguardo del pericolo che Widera rappresentava.
Gli avvocati dell’arcidiocesi di Milwaukee sostennero che nonostante il fatto che la condanna per molestie a bambini non era specificata, la lettera conteneva abbastanza avvertimento per i responsabili della chiesa della California per cautelarsi.
Freberg disse che l’Arcivescovo Tommaso Dolan di Milwaukee ” partecipo’ direttamente alle negoziazioni e di seguito s’incontrò privatamente con molte delle vittime ” di Padre Widera.


Venerdì, 08 settembre 2006


Milano


Arrestato prete per violenza sessuale su

 un tredicenne

Fonte: http://www.tgcom.mediaset.it/


Violenza sessuale,fermato sacerdote


Milano, sorpreso in auto con 13enne


Una brutta storia arriva da Milano: un sacerdote è stato sorpreso in atteggiamenti intimi con un ragazzino di 13 anni, in auto nei pressi del Cimitero Maggiore. Il prete è stato fermato dalla polizia. Il fermo, a quanto si è appreso, è stato poi convalidato dalla Procura. Il ragazzino sarebbe un rom, costretto a prostituirsi. Sul fatto al momento si hanno pochissimi particolari.
Il religioso sarebbe stato sorpreso con il ragazzo durante un consueto giro di controllo di una pattuglia della polizia. Nella zona, dove c’è una forte presenza di rom, ultimamente si è infatti moltiplicata l’attività di prevenzione delle forze dell’ordine, proprio perché indicata come una delle aree a più elevata presenza di prostituzione minorile.

Fonte: Corriere della Sera

CRONACHE07 set 20:29
Violenza sessuale: prete fermato con 13enne


MILANO – E’ stato sorpreso in atteggiamenti inequivocabili su un’auto, vicino al Cimitero Maggiore, con un 13enne. Un sacerdote e’ stato fermato ieri notte dalla polizia. Il fermo sarebbe gia’ stato convalidato dalla Procura. Il ragazzino pare essere un rom, costretto a prostituirsi. Pochissimi i dettagli diffusi sul caso. Nella zona c’e’ una forte presenza di rom e ultimamente si e’ moltiplicata l’attivita’ di prevenzione delle forze dell’ordine, proprio perche’ indicata come una delle aree a piu’ elevata presenza di prostituzione minorile. (Agr)



Fonte: La Repubblica
24ORE – CRONACA
Milano, arrestato sacerdote pedofilo
sorpreso con un bambino rom

MILANO – Un sacerdote sorpreso in atteggiamenti intimi con un ragazzino di 13 anni, in auto nei pressi del Cimitero Maggiore, è stato fermato ieri notte dalla polizia. Il fermo, a quanto si è appreso, è già stato convalidato dalla Procura. Il ragazzino sarebbe un rom, costretto a prostituirsi.

Il religioso sarebbe stato sorpreso con il ragazzo durante un giro di controllo di una pattuglia della polizia. Nella zona, dove c’è una forte presenza di rom, ultimamente si è infatti moltiplicata l’attività di prevenzione delle forze dell’ordine, proprio perchè indicata come una delle aree a più elevata presenza di prostituzione minorile.
(07-09-2006)



Fonte Reuters
Milano, fermato prete sorpreso con un 13enne
giovedì, 7 settembre 2006 8.53


MILANO (Reuters) – Un sacerdote è stato fermato ieri dalla polizia di Milano dopo essere stato sorpreso su un’auto in compagnia di un 13enne nei pressi del Cimitero Maggiore, zona nota per la prostituzione minorile.
Lo riferiscono fonti giudiziarie, senza fornire dettagli sull’identità del sacerdote.
Il prete sarebbe stato sorpreso con il ragazzino durante un giro di controllo della polizia, che ha incrementato l’attività di prevenzione nella zona.
Dopo aver visto un’auto caricare il ragazzo, gli agenti hanno effettuato un controllo verificando che si trattava di un bambino rom, mentre alla guida della vettura c’era il sacerdote.



Venerdì, 08 settembre 2006


Celibato e pedofilia dei preti


Un prete di Newark biasima vescovi e

 celibato

di Matt C. Abbott

Questo articolo è stato scritto da Padre Robert Hoatson.

Ringraziamo l’amico Umberto Lenzi, prete sposato che vive negli USA, citta’ di Seattle stato di Washington ,per averci fornito la traduzione di questo articolo.

2 settembre 2006
Dal 21-23 luglio, durante la Conferenza nella Città di Jersey, ,albergo di NJ, della SNAP (Associazione Superstiti Abusati da Preti), Richard Sipe, ex-monaco Benedettino, terapeuta, ed esperto sul celibato, in un discorso intitolato “Il Potere dell’Impotenza”, ha invitato i partecipanti a considerare due domande principali: ” Perché hai avuto fiducia nel prete che ti abusò “?, e ” Perché i tuoi genitori ti permisero di stare con il prete che ti abusò “? Le risposte a queste due domande sono il fondamento per chiarire gli abusi sessuali della Chiesa cattolica ed il suo rifiuto e copertura di tali abusi ancora in corso.

Il 13 dicembre 2005, io feci denuncia per 5 milioni di dollari contro alcune entità e persone della Chiesa cattolica per l’abuso sessuale che io ho sofferto da quando avevo diciotto anni di età, e per la ritorsione e le molestie che ricevetti da tutti gli uffici ecclesiastici, specialmente dalla sua dirigenza, per aver pubblicizzato il mio abuso e aver tentato di aiutare la mia chiesa a fare pulizia di questo sporco segreto. Due settimane dopo la mia denuncia, gli inviti (che avevo già accettato) per parlare a due riunioni di Voice of the Faithful (Voce del Fedeli, un’organizzazione di riforma cattolica) nella circoscrizione di New York vennero cancellati.
La ragione addotta fu: Nella mia denuncia, io avevo accusato un vescovo, un arcivescovo, ed un cardinale di avere violato il loro voto/promessa di celibato prendendo parte ad abuso sessuale o a sesso consensuale. ” Voice of the Faithful ” ritenne detestabile per un prete l’accusare vescovi di cattiva condotta sessuale, così due dei suoi gruppi affiliati disdissero l’invito. Uno dei gruppi cambiò più tardi la decisione dopo essere stato bombardato da proteste.
Perché membri di un gruppo di riforma cattolico che normalmente sostiene vittime dell’abuso e auspica cambi significativi nell’operato della chiesa, mi ha trattato in quella maniera? Le domande di Richard Sipe forniscono la risposta. ” Voice of the Faithful ” ed i cattolici da sacrestia credono ancora che preti e vescovi si attengono davvero al voto/promessa che hanno fatto, specialmente al celibato. Loro credono, ingenuamente, che vescovi e preti non prendono parte alla violazione su vasta scala delle norme sessuali prescritte dal celibato. Bene, Sipe (ed io) abbiamo ben altre notizie per loro. La ragione per cui i responsabili della Chiesa cattolica (i vescovi) non si sono occupati (preoccupati) adeguatamente degli abusi sessuali, è perché molti di loro (forse la maggior parte) sono stati partecipanti attivi alla violazione del celibato.
I Cattolici non ci avrebbero pensato due volte, anni fa, a permettere che i loro bambini andassero con un prete o religioso, da soli, in qualsiasi circostanza. Nel prete si aveva implicitamente fiducia per le vite di quei bambini, particolarmente sul piano del sesso, perché egli aveva promesso di non prendere parte ad attività sessuali di alcun genere. Noi ora sappiamo che numerosi preti e vescovi non si attennero al loro voto; infatti, la percentuale di quelli che usò violenza sessuale a bambini è quattro volte il numero di quelli riscontrati in altre professioni. E quel numero non include quelli che hanno praticato sesso consensualmente con uomini o donne. Quindi, perché avevamo fiducia nel prete/religioso che li abusò? Perché noi fummo educati nel credere che preti e religiosi praticavano il celibato.
Le affermazioni di Sipe sono simili. ” A pensarci bene, non è forse perché non avresti mai sospettato che un prete fosse sessualmente attivo? Non è forse perché non passò mai per la mente dei tuoi genitori che un prete potrebbe essere sessualmente attivo con te o altro minorenne, o, peraltro, con chiunque? Non fu sorse perché ti fu insegnato di non pensare che un prete o una monaca potessero essere sessualmente attivi? Non ti fu forse insegnato che preti e monache meritano il più alto rispetto? Che loro rappresentano il bene più alto e Dio stesso? Tu potevi avere fiducia in loro precisamente perché ti fu detto che loro erano celibi “.
Non abbiamo sentito abbastanza su preti che abusano bambini per cambiare la nostra nozione che il celibato non è cio’ che si suppone sia? Questo non vuol dire che molti preti ed uomini e donne religiosi non vivono fedelmente il loro voto/promessa, ma è tempo che i cattolici comincino a capire che al centro della vicenda degli abusi sessuali vi è una cultura del clero e dei religiosi che dà loro via libera per praticare il sesso in molti modi e contesti diversi da quelli normali. Ed è ora di capire, da parte dei cattolici, che le violazioni del celibato accadono anche ai livelli più alti della gerarchia, fra Papi e cardinali, e via dicendo fino all’ultimo livello della scala gerarchica. Basta leggere i molti libri che sono stati pubblicati sul tema.
Sipe postula che la Chiesa ha stabilito il mito del clero celibe per meglio controllare il docile gregge che ha aderito senza fare domande. ” La chiesa non solo ha propagato questo mito di un clero celibe praticante (asessuato), ma sta ancora lottando con tutta la sua forza e soldi per ristabilire questa credenza “. Non solo è conoscenza comune che in molti paesi del mondo il celibato non è vissuto per niente dal clero; ma anche che non sarebbe accettato mai come comportamento normale fra molte delle nazioni del mondo. Quindi, la chiesa continua a promulgare una virtù o modo di vivere che sono né realistici né praticabili.
Io entrai in una comunità religiosa di fratelli all’età di diciotto anni. Il mio primo superiore tentò fin dall’inizio di stabilire un rapporto cordiale con me. Lui aveva quasi quarat’anni ed era tenuto in alta stima. Durante la mia prima udienza individuale che diede inizio alla mia vita religiosa, mi disse che ero una persona fredda e che avevo bisogno d’essere riscaldato. Quello era praticamente un atteggiamento provocante, e lui continuò ad usarlo tutto l’anno. Poiché lui era il superiore, io presi le sue parole a cuore e cominciai un periodo di introspezione seria (poco sano, aggiungerei) per capire come mai e perché io ero una persona fredda. Conclusi che quello che lui voleva dire era che l’unico modo di essere “caldo” con qualcuno doveva essere sessuale, e due appartenenti allo stesso ordine religioso riuscirono ad abusarmi sessualmente a causa del mio idealismo e dell’incitamento del mio primo superiore.
Durante il mio anno di noviziato, il maestro dei novizi finiva le mie udienze mensili abbracciandomi strettamente e strofinando la sua faccia su e giù sulla mia. Mi metteva a disagio, a dire il minimo, ed io lo rifiutai nel mio cuore, ma la cultura lo promuoveva. Portava alcuni dei suoi favoriti al bar locale e faceva sesso con alcuni dei novizi, secondo le notizie che io ho ricevuto. Almeno uno dei novizi di quel tempo si suicidò. Il noviziato era il luogo dove la vita spirituale (specialmente i voti di castità, povertà, e obbedienza) dei giovani religiosi doveva essere nutrita e coltivata. Nel mio caso, era il luogo dove il celibato/castita’ erano regolarmente violati.
Lasciai la vita religiosa dopo quasi venticinque anni perché sentii d’essere chiamato al sacerdozio. Avevo sentito storie sull’arcivescovo della mia diocesi che invitava seminaristi a dormire con lui, così io volli assicurarmi che non succedesse con me. Chiesi ad un prete, che aveva familiarità con lui (il Vescovo), se la sua attività sessuale fosse continuata, e lui rispose che si era fermato perché il Nunzio Apostolico ed un vescovo ausiliare l’avevano richiamato e gli avevano detto di smetterla. Cominciai a prepararmi per il sacerdozio al seminario di quella diocesi.
Ero un po’ esitante ad entrare in seminario a causa della vita religiosa esperimenta, ma sapevo che Dio mi chiamava al sacerdozio. Quello che la vita del seminario fini’ per essere fu proprio quello che io avevo sentito ed avevo esperimentato.
Comunque, io ero capace di badare agli affari miei e andare oltre il frequente mormorio sulle attività sessuali di altri seminaristi e sulla vita sessuale di professori e seminaristi. Il sesso era abbondante nel seminario se lo si voleva. Un prete che aveva subito abuso e che frequentò il mio stesso seminario mi racconto’ la storia di alcuni preti assegnati a parrocchie che regolarmente si presentarono in seminario e se ne stavano in piedi fuori dalla mensa ad adocchiare i ” seminaristi piu’ graziosi ” per fare sesso. A molti seminaristi e professori venivano dati nomignoli femminili dai seminaristi, ed almeno un professore era ritenuto d’avere contratto il virus AIDS.
Un seminarista con cui divenni amico e che mi chiese d’insegnargli a giocare a golf mi disse un pomeriggio dopo una sessione di golf, “Se vuoi essere mio amico, devi essere la mia cagna”. Per chi non lo sa, quella frase era un tentativo di adescamento (nel testo originale si usa l’espressione pic-up line, che viene usata per indicare le persone rimorchiate o adescate in un bar n.t.). Quello stesso individuo fu poi incaricato di una casa per giovani aspiranti alla vocazione sacerdotale. Quando io avvertii il mio arcivescovo al riguardo, lui rispose permettendo a quel prete di “ordinarmi” di presentarmi ad una riunione in cancelleria al fine di discutere le mie accuse. Inutile dirlo, non ci fu alcuna riunione per spiegare quello che era avvenuto.
Questo è quello che accade in una cultura “celibe-obbligatoria”. Quelli che vivono i voti sono anatema, mentre i sessualmente attivi sono promossi ad uffici più alti. Il sesso è aperto, disponibile, ed anche raccomandato in certe cerchie ecclesiastiche ancor oggi. Certi Preti si accoppiano e vivono ” le vite sessuali da sposati ” in case di vacanza da loro acquistate insieme o in canoniche che condividono. Molti frequentano bettole e locali per “omosessuali o eterosessuali” quanto mai ambigui, non identificandosi come preti.
Un mio amico gay di Boston mi disse recentemente che aveva avuto un affare torrido con un ragazzo che era un prete, solamente che non glielo fece sapere finché il mio amico non si impegnò con lui. Quando ne venne a conoscenza, ne fu sconvolto. Aveva incontrato il prete in un bar per gay. Mi disse che un numero considerevole di preti frequentava quel locale. Cosa penserebbero i Parrocchiani se sapessero che il loro curato, o forse il loro parroco, svolazza nei locali dove si promuove la prostituzione, dove va a prendere i “pulcini ” o uomini disponibili per fare sesso?
Il curato sta vivendo da celibe? I Parrocchiani hanno diritto a sapere? Il vescovo vice da celibe? Le gente della diocesi ha diritto di sapere? Sembra che i cattolici non vogliano parlare di sesso, tanto meno della vita sessuale dei loro ecclesiastici. In quante parrocchie i parrocchiani sospettano che il prete ha una “relazione” con un uomo o una donna ma mantengono il silenzio? In molti casi, i parrocchiani ed altri sono stati soddisfatti nel sentire che il prete è coinvolto con una donna piuttosto che con un uomo o un bambino. In ogni caso, il Celibato è comunque violato.
Quindi perché abbiamo posto la nostra fiducia nei preti che ci hanno abusati? Perché ci fecero un lavaggio di cervello e ci fecero credere che loro erano uomini celibi. Non lo erano e non lo sono oggi. Da quando ho fatto denuncia, ricevo telefonate dopo telefonate che riportano l’attività sessuale di questo e quel vescovo, di questo e quel prete.
Un uomo di New York mi disse recentemente dell’abuso subito da parte di un vescovo, ora deceduto, avvenuto nella sauna del Club Atletico di New York, un club prestigioso del quale molti preti fanno parte. Un altro mi racconto’ la storia di un prete di New York, attualmente vescovo di una diocesi meridionale, che fu preso a botte da un gruppo di ragazzi della parrocchia quando era il loro parroco. Il prete aveva “sollecitato” apertamente a far sesso un certo numero di ragazzi della parrocchia. E, durante la compilazione di un articolo che e’ apparso nel giornale Voce del Villaggio di New York sulla mia denuncia, lo scrittore Kristen Lombardi ricevette un numero di rapporti su vescovi che erano sessualmente attivi.
Più di una dozzina di vescovi, arcivescovi, e cardinali si sono dimessi o sono stati rimossi dai loro posti per i loro abusivi sessuali, per aver dissimulato i crimini contro bambini o perché sessualmente attivi. Un nuovo film, Deliver Us From Evil (liberaci dal male), illustra i ripetuti trasferimenti di un prete pedofilo abituale da parte del vescovo, nonostante il fatto che lui fosse stato accusato di numerosi crimini contro bambini per un periodo di molti di anni. Il vescovo coprì tutto così da poter divenir cardinale.
Fui licenziato dal mio ministero come amministratore scolastico nel 2003, tre giorni dopo che testimoniai di fronte alla Magistratura Statale di New York e chiesi le dimissioni di un vescovo che aveva coperto e negato l’abuso sessuale. Alla riunione nella quale fui licenziato, mi fu detto chiaramente che mi sarei messo in grandi guai se non avessi “trattenuto la mia lingua “. A Fr. Michael Madden, che si dimise recentemente da una parrocchia in Darien, Connecticut, e anche dal ministero sacerdotale dopo avere assunto un investigatore privato che scoprì la corruzione e la promiscuità sessuale del proprio parroco, fu detto dal suo vescovo che aveva peggiorato la situazione facendo quello che aveva fatto; vale a dire, salvare la parrocchia dal fallimento e dall’orrenda guida.
Alcuni giorni dopo che io fui licenziato dal mio ministero, ricevetti una telefonata da uno stato del Midwest. La persona mi disse di non preoccuparmi di essere stato licenziato dal mio vescovo perché la storia sessuale (del vescovo) sarebbe stata resa pubblica a tempo opportuno. Era conosciuto da alcuni in quell’area che questo vescovo aveva preso parte ad attività sessuali con un adulto condiscendente.
Ed ancora, un’altro membro dell’alta gerarchia dell’est aveva un’attività sessuale stabile con un fratello religioso mentre erano nella stessa diocesi. Questo vescovo, presumibilmente, cacciò l’ordine religioso fuori della sua diocesi quando il fratello religioso tentò di troncare la relazione. Il ” fratello ” è ora il superiore generale del suo ordine.
Fr. Ken Lasch, un pioniere nel movimento per la giustizia per le vittime dell’abuso sessuale del clero, prete pensionato di New Jersey, ha scritto estensivamente sul suo website (fatherlasch.com) che un prete della sua diocesi, l’amico migliore del vescovo, assaltò sessualmente un giovane mentre era in tirocinio nella parrocchia di Lasch. Il prete violentatore aveva una lunga storia d’attività sessuale, tuttavia il vescovo lo nominò direttore di vocazioni per la diocesi. Così, il messaggio della gerarchia è chiaro: le violazioni del celibato sono distintivi di onore e trampolino di promozione.
Nella mia diocesi, il vescovo ha scelto di circondarsi con uomini che sono sessualmente attivi. Riportai ai livelli più alti della gerarchia che uno dei piu’ alti luogotenenti del vescovo era stato arrestato per l’adescamento di un prostituto maschio in una città vicina. Mi si disse che la diocesi non risponde a dicerie. Ad un altro alto luogotenente era stato richiesto da un’impiegata un aiuto per un problema coniugale. Invece di aiutare la donna, il prete cominciò una relazione di cybersex con la donna. Lui occupa ancora la sua posizione di potere. Ironicamente, quando io fui richiamato in due occasioni diverse e fui minacciato di sospensione per aver soccorso vittime di abuso, quel prete presenzio’ le riunioni e partecipo’ ad ulteriori molestie nei mieiconfronti.
I Preti diocesani fanno due promesse all’ordinazione: Obbedienza al vescovo ed i suoi successori, e Celibato. Quando i vescovi percepiscono che i preti non sono obbedienti, immediatamente stringono il morsetto. Ma quando il celibato è violato, loro tendono a guardare altrove, negare, e dare copertura. Questo è chiaro nei rapporti della Grand Jury riguardanti tutto il paese e nello studio di John Jay promulgato proprio dai vescovi.
Perché vescovi guardano dall’altra parte, negano, e coprono le attività sessuali dei preti? La risposta è semplice: molti di loro medesimi sono violatori del celibato. E, molto spesso, loro sono giunti a quelleposizioni per aver “dormito intorno … ” o per aver compromesso la loro promessa di vivere una vita celibe. Violatori raccomandano altri violatori per posizioni di comando, e uomini (e donne) meno che onesti entrano nella gerarchia e macchiano ulteriormente l’organizzazione.
Nella metà degli anni ’80, io fui promotore nella fondazione di un’organizzazione chiamata C.U.E. (Educatori Cittadini cattolici), una coalizione di scuole cattoliche ed insegnanti che avevano preso di mira i problemi e le opportunità di scuole cattoliche in mezzo ai ghetti delle citta’. Come fondatore principale e direttore esecutivo, io raggruppai un gruppo rappresentativo di educatori per formare il consiglio direttivo dell’organizzazione.
Quasi subito dopo aver formato il nostro gruppo, una suora membro del gruppo direttivo comincio’ a spedirmi lettere d’amore che io pensavo, dapprima, fossero lettere di incoraggiamento e d’apprezzamento della mia guida. Fortunatamente, il mio direttore spirituale le lesse e mi disse di stare attento: la monaca stava chiedendo d’aver sesso con me. Quando misi in chiaro che non ero interessato, lei mi sottopose ad un mitragliamento di posta odiosa e mi calunniò tra i membri del gruppo. Di conseguenza dovetti uscire dall’organizzazione.
All’inizio di agosto, 2006, la Diocesi di Springfield, Illinois rilascio’ i risultati della sua investigazione interna a riguardo di un vescovo precedente e di come la diocesi stia gestendo lo scandalo dell’abuso sessuale del clero. Un pannello scelto dal vescovo, Gorge Lucas, ha concluso che il Vescovo Daniele Ryan aveva fatto sesso con maschi e che c’era una cultura di segretezza nella diocesi per la quale i preti che si erano macchiati di abuso erano esonerati da responsabilità, e che le finanze della diocesi erano state seriamente manomesse. È probabile che simili risultati si potrebbero ottenere investigando molte delle diocesi cattoliche americane.
Quand’ero residente in una canonica di New Jersey, il parroco assunse un prete Filippino per un ministero ad orario ridotto. Una sera a cena, stavamo discutendo la crisi derivante dagli abusi sessuali ed il ruolo dei vescovi nella omerta’ e nel rifiuto a procedere. Io menzionai che a mio parere la ragione per cui le diocesi non erano trasparenti sullo scandalo era perche’ i vescovi medesimi erano compromessi in attività sessuali. Lui rispose dicendomi che era notorio come l’ottanta percento dei vescovi Filippini fossero gay e molti anche attivamente gay.
Egli, ulteriormente, asserì che vescovi “gay” promuovono altri chierici gay per posizioni di comando cosi’ da continuare la copertura delle loro sconsideratezze e della violazione del celibato. Il tutto ha pienamente senso e collima con la mia esperienza. Quando riportai l’abuso sessuale subito dai due fratelli religiosi ad un leader dell’ordine, a quel tempo, non sapevo che l’uomo a cui io riportai l’abuso era oggetto di mormorio per essere stato coinvolto con un altro membro dell’ordine.
CITI è un’organizzazione che ha per slogan “il Celibato è il Problema”. C’è molta saggezza nella loro affermazione. Il Celibato ha creato più problemi nella Chiesa cattolica di quelli che si possono contare. La crisi dell’abuso sessuale del clero non fu causata dal celibato, ma il celibato stabilì i parametri per i quali molti ragazzi ed uomini, ragazze e donne fisiologicamente, sessualmente, e psicologicamente sottosviluppati entrarono nella vita religiosa o nel sacerdozio per nascondersi dall’intimità e fuggire dalla sessualità.
Il Resoconto “Bingo Report”, uno studio del celibato ed il suo collegamento con la crisi dell’abuso sessuale conclude che più a lungo un uomo o una donna vive sotto il voto o la promessa di celibato, più grande e’ il pericolo che egli/ella si sfoghi in modi sessuali impropri. Secondo i risultati dello studio, il celibato crea solitudine, la solitudine crea isolamento, e l’isolamento crea la ricerca di eventi e attività di rimedio. Molto spesso, i celibi prendono rifugio nell’abuso sessuale di altri, inclusi i bambini. Alcuni sono pedofili, altri sono solitari. CITI crede che il celibato opzionale è l’unico modo con cui la Chiesa puo’ risolvere il suo corrente problema riguardante l’abuso di potere, del sesso, e dell’autorità. Ha senso.
Molti anni fa, il Governatore di New Jersey, Tom Kean girò uno spot pubblicitario per il turismo statale in cui, nel suo migliore accento di Nuova Inghilterra, dichiarò, ” New Jersey e Te…. Perfezione Insieme “. Sfortunatamente, noi non possiamo dire lo stesso per sacerdozio e sessualità. A meno che e finché la sessualità sia trattata in modo sano e legittimo nella Chiesa cattolica, sacerdozio e sessualità non saranno ” mai perfettamente insieme “.
Il mio avvocato, John A. Aretakis, ed io stiamo al momento denunciando molti di questi argomenti presso la corte federale nel distretto meridionale di New York di fronte al Giudice Paul A. Crotty.
Padre Hoatson può essere raggiunto a rmhoatson1@msn.com.
Collegamento riferito: http://www.rickross.com/l

C. DI MATT. Abbott è un articolista cattolico. Può essere rargiunto a mattcabbott@gmail.com.
© Copyright 2006 di C. di Matt. Abbott http://www.renewamerica.us/


Ancora sul prete pedofilo arrestato a

 Milano

Fonte: Corriere della Sera

Fermato mercoledì notte a Musocco
Prete in auto con bimbo rom: arrestato
Il prelato, 60 anni e parroco in un paese della Lomellina, trasferito a San Vittore. Deve rispondere di violenza sessuale a minori
Lo hanno trovato seduto in auto, in inequivocabili atteggiamenti intimi con un ragazzino romeno di appena tredici anni. Appartato a pochi metri dai girotondi di macchine che sfilano ogni notte al mercato dei ragazzini del sesso a pagamento, dietro al cimitero Maggiore di Milano. Lo stupore dei poliziotti è arrivato come un pugno allo stomaco, davanti alla carta d’identità illuminata dai lampeggianti della Volante. Sacerdote. Il cliente dei prostituti-bambini era un sacerdote, don S. I., 60 anni, da tredici parroco in un piccolo comune della Lomellina: da mercoledì notte è rinchiuso in isolamento (come prevede la prassi in caso di arresti di prelati) in una cella di San Vittore. “Atti sessuali con minorenne di età inferiore ai 14 anni compiuti in flagranza” è l’accusa di cui deve rispondere. Per la legge è da considerare una violenza sessuale aggravata anche se la vittima è consenziente: reato che prevede in tutti i casi l’arresto obbligatorio.
Mentre il prete veniva accompagnato al commissariato di Milano Bonola per gli accertamenti, in piena notte un’auto civetta della polizia giungeva alla parrocchia guidata dal prelato, ufficialmente per prelevare indumenti ed effetti personali del sacerdote. Gli agenti, infatti, hanno subito avviato subito le indagini sull’attività di accoglienza di immigrati, incarico che il prelato svolgeva da anni per la Diocesi di Vigevano. In passato più di una voce maliziosa era circolata in paese, ma nessuno avrebbe mai sospettato che il sacerdote, al di fuori dalla sua chiesa, conducesse una seconda vita scandita da incontri proibiti con ragazzi dell’Est poco più che bambini. Fino all’altra sera. Don I. S. è stato fermato alle 23.30 dalla polizia in auto dietro al cimitero di Musocco, al riparo dalla luce dei lampioni. Proprio qui, un’inchiesta del Corriere, soltanto quattro giorni fa aveva reso pubblico l’orrore che in molti avevano sempre finto di non vedere: i bambini prostituti, spesso zingari romeni domiciliati al campo di via Triboniano, costretti a vendersi ogni notte nel parcheggio del cimitero Maggiore, tra via Calandra e via Gallarate, per una manciata di euro (da un minimo di 30 ad un massimo di 200 per prestazioni).
Di fianco al sacerdote, seduto al posto di guida, c’era proprio uno dei baby prostituti del Musocco: romeno, 13 anni appena. Bambino disperato costretto dalla disperazione a vendersi. Per il prete le manette sono scattate subito, perché in flagranza di reato: il bambino romeno e il suo cliente, infatti, erano in atteggiamenti che non lasciavano alcun dubbio sulla natura del loro incontro. Il sacerdote è stato subito trasferito al carcere di San Vittore, e durante la notte un fratello del prelato è stato convocato dalla polizia per essere messo a conoscenza dell’arresto del parente. Incredulo, come il vescovo di Vigevano, monsignor Claudio Baggini, informato dell’accaduto giovedì mattina, e come l’intera comunità di fedeli della parrocchia del piccolo comune della Lomellina. In paese ora c’è chi attende risposte: sono i genitori dei ragazzini che frequentano l’oratorio guidato fino a pochi giorni fa dal sacerdote. Coetanei dei baby prostituti del Musocco ai quali ogni sera i clienti del sesso a pagamento rubano l’età.

di Erika Camasso

Fonte: Corriere della Sera
Trovati nella sua abitazione preservativi e una cassetta porno
Pedofilia, concessi i domiciliari al prete arrestato
Il religioso, trovato nella sua auto con un rom di 13 anni, ha ammesso i fatti, specificando di non aver “consumato”
Ha ottenuto gli arresti domiciliari a casa di un familiare, don Siro, il prete di un paese in provincia di Pavia finito in carcere perché sorpreso in atteggiamenti intimi dentro l’auto insieme a un ragazzino rom di 13 anni vicino al Cimitero Maggiore di Milano. L’istanza di arresti domiciliari è stata presentata dall’avvocato Fabio Santopietro, difensore del sacerdote, durante l’udienza di convalida che si è tenuta davanti al gip Clementina Forleo. Il religioso ha sostanzialmente ammesso i fatti contestati limitandosi a precisare – come ha spiegato il suo legale – che “ci sono alcune contraddizioni tra quanto dichiarato dalla polizia e la versione del mio assistito”.
PRESERVATIVI E CASSETTA PORNO – Il parroco avrebbe detto di essere stato in macchina con il ragazzino ma di non aver consumato la prestazione per la quale era stato già pattuito il prezzo. Don Siro ha poi dato una giustificazione a una confezione di gel lubrificante trovato nella sua macchina, preservativi e una videocassetta pornografica trovati nella sua abitazione parrocchiale. “Da quando abita lì, cioè dal ’93 – ha sottolineato il legale – non ha mai avuto la tv né un videoregistratore”. Il difensore ha anche ricordato che il prete per anni si è occupato di volontariato per aiutare i carcerati e gli immigrati.
TETTAMANZI: “AMAREZZA” – “La giustizia deve fare il suo corso” ha detto il cardinale Dionigi Tettamanzi, esprimendo “grande amarezza” per l’arresto del prete. L’arcivescovo ha quindi sottolineato il problema “culturale ed educativo” che sta dietro ai casi di violenza. Tettamanzi ha ricordato che “la giustizia deve essere giusta, deve avere attenzione alla proporzionalità tra la pena e il disordine morale che si colpisce, ma deve anche saper raggiungere lo scopo vero e proprio della condanna e della pena, che è non solo quello di difendere, ma di aiutare i colpevoli a vivere continuando il cammino che deve essere, come per tutti, verso il bene”.


CRONACHE
Parroco arrestato per violenza a minore
Don Siro, parroco della Lomellina è stato sorpreso in atteggiamenti intimi con un 13enne
8/9/2006

MILANO. Ha ottenuto gli arresti domiciliari Don Siro, il parroco della Lomellina arrestato per violenza sessuale dopo essere stato sorpreso di notte, a Milano, in atteggiamenti intimi con un ragazzino 13enne nella sua auto. Davanti al giudice per le indagini preliminari Clementina Forleo, il sacerdote ha sostanzialmente ammesso la dinamica dei fatti che gli sono stati contestati ma ha affermato di non aver consumato il rapporto sessuale per il quale aveva pattuito una somma con il ragazzo di cui, avrebbe detto, non conosceva l’età.

Il prete ha poi dato una sua giustificazione ad una serie di preservativi e ad una cassetta pornografica sequestrata presso la sua abitazione, così come ha spiegato con esigenze personali la presenza di un flacone di lubrificante ritrovato nella sua auto. Il suo difensore, l’avvocato Fabio Santopietro, ha dichiarato che il suo assistito, dal 1993, cioè da quando ha preso possesso della casa parrocchiale dove risiede “non ha mai avuto nè una televisione nè un videoregistratore. Il sacerdote non ha mai visionato la cassetta che è stata sequestrata”.
Fonte: La Stampa



Sabato, 09 settembre 2006


Messina – Ennesimo caso di violenza sessuale riguardante un prete


E non si muove una foglia…a meno che il

 Vaticano non voglia!

di Paola D’Anna

Le notizie sui preti pedofili o su preti che hanno relazioni sessuali violente, stanno sempre più invadendo i mass-media. Non passa settimana che, anche nella cattolissima Italia, non venga fuori una notizia che ricorda una delle tante fiction a base di relazioni extraconiugali e sessualità più o meno violenta di cui sono piene le nostre TV spazzatura.
L’ultimo caso è accaduto in provincia di Messina. Le cronache hanno riportato il caso di una donna che incendia la canonica del prete di cui era la perpetua. All’inizio sembrava una storia causata dal licenziamento di questa donna, ex suora di 39 anni, da parte del prete che le dava 700 euro al mese. Approfondendo le indagini è venuto fuori che il prete, che non è proprio un giovincello visto che ha 70 anni, non solo aveva rapporti coniugali con lei, ma aveva contemporaneamente anche l’amante. Cosa ancora più grave, stando a quanto dichiarato dalla donna, è che nei quattro anni di rapporto questo prete avrebbe costretto questa donna a praticare due aborti. Non c’è che dire: proprio un bel quadretto di vita religiosa, pienamente rispettosa della castità e del celibato!
Non sappiamo, ovviamente, come andrà a finire. Al momento l’unica a subire le conseguenze di questa vicenda è stata la parte più debole, la donna, che è stata arrestata. Altri fatti simili avvenuti in italia e nel mondo ci portano a pensare che tutto finirà in una bolla di sapone e che a rimetterci, come al solito, sarà la sola donna, la parte più debole, che verrà fatta passare come la solita “tentatrice”, “diretta emanazione del diavolo” e, perchè no!, puttana alla ricerca di una sistemazione. Il prete verrà coperto dalla gerarchia soprattutto se dichiarerà il proprio pentimento e la propria fedeltà alla “chiesa”.
Se così sarà vorrà dire che i vertici ecclesiastici non hanno tratto nessun insegnamento serio da tutti i casi di pedofilia o di sessualità violenta che hanno visto finora coinvolti decine di preti anche in Italia.
Chiediamo a chi di dovere di prendere provvedimenti seri ed anzi facciamo appello alle comunità interessate affinchè esercitino la loro pressione sui responsabili di questo prete affinchè rendano conto pubblicamente del loro operato. Non si può predicare la castità e la continenza per gli altri, comminando scomuniche a chi abortisce o a chi divorzia, e poi essere i primi ad essere violenti ed immorali nel modo più vergognoso e lurido possibile.
Bisogna anche dire che nella storia della chiesa Cattolica fenomeni simili non sono una novità. Già nei secoli scorsi esisteva una nutrita pubblicistica dove si raccontava di ciò che avveniva nei conventi di monaci e monache. Il più famoso di questi racconti è forse la storia della “monaca di Monza” di manzoniana memoria. Ma in ogni comunità esistono storie simili che vengono spesso tramandate oralmente.
Ma oggi, rispetto al passato, i mezzi di comunicazione di massa portano le notizie fin dentro casa e tutti vengono informati di ciò che accade pochi momenti dopo che i fatti sono accaduti.
Nonostante ciò dobbiamo ancora una volta rilevare come il potere di interdizione delle locali curie vescovili sia tuttora molto forte che riescono ancora a filtrare le notizie, e dopo il clamore iniziate tutto viene messo sotto silenzio. E’ forse questo il vero scandalo che richiere una maggiore e sempre più vigile presenza delle comunità parrocchiali che devono dire basta a questi continui scandali e ai continui insabbiamenti che minano la credibilità complessiva della chiesa cattolica.



Mercoledì, 13 settembre 2006


Perpetua-parroco: il prete indagato per

 furto

Con lui sott’inchiesta la nipote e almeno altre tre persone

Fonte: Corriere della Sera

Avviso di garanzia per don Mantarro, il sacerdote a cui fu bruciata la casa dalla donna: avrebbe rubato un feto alla brasiliana

MESSINA – Informazione di garanzia per don Carmelo Mantarro, il parroco di Santa Teresa di Riva (Messina) al quale la ex perpetua brasiliana, sua presunta amante, lo scorso 11 settembre ha bruciato la villa a Nizza di Sicilia per gelosia, dopo che a suo avviso lui l’avrebbe tradita con un’altra e poi licenziata.
IL FURTO – È accusato dal sostituto procuratore Francesca Rende, di usura e di uno strano furto in casa della brasiliana Silvia Gomes de Souza qualche giorno prima che questa si vendicasse appiccando il fuoco: reato commesso dal sacerdote in concorso con la nipote Valeria, e con i complici Pippo Settimo, Emiliano Romeo, Alfio Castorina e altri ancora in corso di identificazione. Secondo l’ex perpetua, lei sarebbe stata costretta da padre Mantarro, col quale aveva una relazione, ad abortire a Buenos Aires; il feto l’avrebbe però riportato in Italia «per ricordo» e lo teneva nella casa di Roccalumera che il parroco le aveva messo a disposizione. Le sarebbe stato poi sottratto, su ordine dello stesso sacerdote, il quale l’aveva licenziata a fine agosto.
LE INDAGINI – Su questa vicenda, che si tinge sempre più di giallo, stanno indagando i carabinieri che hanno sequestrato 1.400 fotografie che dimostrerebbero la relazione tra il parroco e l’ex perpetua. Silvia Gomes De Souza, dopo l’incendio era stata arrestata ma dopo tre giorni rimessa in libertà con l’obbligo di firma. Silvia Gomes è ricoverata in trattamento sanitario obbligatorio dopo aver denunciato di essere stata aggredita dalla nipote di don Mantarro, il quale, nel frattempo, è stato allontanato dalla curia di Messina e sostituito in parrocchia da domenica scorsa.
19 settembre 2006
 



Giovedì, 21 settembre 2006


Pedofilia preti


Messico: pedofilia; accuse a sacerdote,

 ombre cardinali

Fonte: TICINONLINE

21/09/2006 – 20:00

CITTA’ DEL MESSICO – Un oscuro caso di pedofilia riguardante un sacerdote messicano che avrebbe violentato decine di bambini sta scuotendo profondamente l’opinione pubblica dopo aver coinvolto perfino il cardinale Norberto Rivera Carrera, primate di Città del Messico, accusato assieme al cardinale di Los Angeles Roger Mahony di aver coperto la vicenda per oltre 20 anni.
Contro Rivera Carrera, che è alla testa della diocesi più grande del mondo, Joaquin Aguilar Mendez, messicano di 25 anni e presunta vittima di ripetuti abusi da parte del sacerdote Nicolas Aguilar Rivera, ha presentato presso la Suprema Corte di Los Angeles, California, una denuncia per favoreggiamento della pedofilia e omessa vigilanza su un sottoposto.
I fatti sarebbero avvenuti nel 1994 a Città del Messico quando il denunciante era un chierichetto di 13 anni.
Di fronte al clamore suscitato dalla denuncia, l’arcidiocesi di Città del Messico ha diffuso un comunicato in cui ha definito “gravi e sproporzionate” le accuse e ribadito che in passato il cardinale Rivera ha sempre pubblicamente condannato “il perverso reato della pederastia”.
Da parte sua anche il cardinale statunitense Roger Mahony, che nel 2002 si difese vigorosamente da un’accusa di violenza sessuale, ha anche questa volta respinto qualsiasi suo coinvolgimento o complicità nei fatti. Inoltre, a difesa del primate messicano si sono schierati anche la Conferenza episcopale ed il nunzio apostolico Giuseppe Bertello.

ATS



Lunedì, 25 settembre 2006


Francia


Vescovo parte civile in un processo contro

 un prete pedofilo

di Agenzia ADISTA N.69 del 07-10-2006

33571. MEAUX-ADISTA. È un fatto senza precedenti: un vescovo che si costituisce parte civile in difesa di un giovane, vittima di abuso sessuale da parte di un sacerdote. Mons. Albert-Marie de Monléon, vescovo di Meaux, in Francia, ha deciso di andare oltre il ruolo, più consueto in casi di questo genere, di testimone (quando non di co-imputato per non aver denunciato fatti di cui era a conoscenza), per dimostrare la propria solidarietà alla vittima e per eliminare qualsiasi sospetto di complicità di una Chiesa preoccupata di difendere i propri sacerdoti. Gesto tanto più notevole dal momento che, all’epoca dei fatti (1995-1998), Monléon non era ancora alla guida della diocesi.
Per la verità, un’iniziativa analoga era già stata presa qualche anno fa da mons. Joseph Doré, arcivescovo di Strasburgo, ma non aveva avuto successo: la sua richiesta, fatta a titolo di vescovo, era stata infatti rifiutata, perché non viene riconosciuta personalità giuridica ad un vescovo o ad un responsabile religioso. Per questa ragione, ora il vescovo di Meaux ha scelto di avanzare la sua richiesta a titolo di presidente dell’associazione diocesana di Meaux, e il suo avvocato, Pierre-Olivier Sur, confida che la mossa vada a buon fine, per creare così un “precedente giuridico”.
Due le motivazioni che hanno spinto il vescovo a muoversi in questa direzione: “Da una parte – spiega l’avvocato – il vescovo ritiene che vi sia, nella pedofilia, qualcosa di inaccettabile, una colpa. Dall’altra, il vescovo intende compiere un gesto forte di compassione verso la vittima. Mettersi a fianco di coloro che soffrono, ma senza essere contro il prete, perché anche quest’ultimo soffre”.
Il processo avverrà presso la Corte d’assise di Melun (Seine-et-Marne) alla fine di ottobre. Il sacerdote imputato, Henri Le Bras, 64 anni, era attivo in una parrocchia all’epoca dei fatti. Per tre anni avrebbe abusato regolarmente di un ragazzino adolescente che allora aveva tra i 12 e i 15 anni, pagando il suo silenzio con denaro; fu il padre del ragazzo, alla fine del 2000, a decidere di denunciarlo. Interrogato nel gennaio 2001, il sacerdote ha confessato – poi ha parzialmente ritrattato – ed è stato tenuto in carcere a Melun fino al 2002.
“Finalmente – ha detto Sur – la Chiesa si siederà al banco della vittima, al suo fianco, e non più a quello dell’accusato”; “si tratta di una evoluzione notevole della posizione della Chiesa nei processi di pedofilia che riguardano membri del clero”, ha spiegato. Nella stessa Francia, infatti, mons. Pierre Pican, vescovo di Bayeux e Lisieux, nel settembre 2001 è stato condannato a tre mesi di carcere con la condizionale per “omissione di denuncia”: aveva mantenuto il silenzio su un abuso sessuale commesso da un sacerdote, René Bisset, condannato l’anno dopo a 18 anni di reclusione. Mons. Pican aveva invocato – invano – il segreto professionale. Anche mons. Jacques Gaillot, vescovo di Evreux negli anni ’80, destituito dal Vaticano per le sue coraggiose posizioni a favore degli ultimi nella Chiesa, era stato tirato in causa per aver accolto nella sua diocesi Denis Vadeboncoeur, un sacerdote canadese sotto inchiesta nel suo Paese per abusi sessuali, poi condannato a 12 anni dopo aver nuovamente commesso abusi in Francia. (ludovica eugenio)



Martedì, 03 ottobre 2006


Gran Bretagna: pedofilia, chiesa cattolica

 critica Bbc

Fonte: http://www.la7.it/

Roma 02/10/2006 09:50
CHIESA CATTOLICA CRITICA BBC PER PROGRAMMA SU PRETI PEDOFILI


Roma, 2 ott. (Apcom) – La Chiesa cattolica ha criticato la Bbc per aver mandato in onda un documentario in cui si accusa la sistematica copertura garantita da Papa Ratzinger, quando era ancora cardinale, a casi di abusi sessuali su minori commessi da preti. Come riferisce il sito della Bbc, l’arvicescovo di Birmingham Vincent Nichols ha definito “totalmente fuorviante” il documentario. Nel programma si è parlato di un documento del Vaticano – il ’Crimen Sollicitationis’ – scritto nel 1962, che apparentemente fornirebbe indicazioni ai vescovi su come gestire i casi di abusi su minori. Gli autori del documentario hanno intervistato padre Tom Doyle, un ex avvocato dalla Chiesa, licenziato dal Vaticano per le sue critiche ai casi di abusi, chiedendogli di interpretare il documento. Secondo Doyle, si tratterebbe di un testo che fornisce le direttive per coprire i casi di abusi sessuali. La Chiesa cattolica afferma invece che il documento non ha nulla a che vedere con questa questione, e riguarderebbe invece l’uso improprio delle confessioni. L’arcivescovo Nichols, che ha parlato a nome dei vescovi cattolici in Inghilterra e in Galles, ha detto che “il documentario fornisce una interpretazione errata di due documenti del Vaticano, per collegare la figura del Papa all’orrore degli abusi sessuali”.



Fonte: http://today.reuters.it/

Vescovi Gb: False accuse a Papa di aver insabbiato abusi bimbi
lunedì, 2 ottobre 2006 11.00
di Deborah Haynes
LONDRA (Reuters) – I vescovi cattolici d’Inghilterra e Galles hanno bollato come “falso e interamente ingannevole” un documentario della Bbc sul presunto insabbiamento di abusi sessuali su minori in base a un sistema messo in opera da da Benedetto XVI prima di diventare Papa.
Il cardinale Cormac Murphy-O’Connor, primate di Inghilterra e Galles, vuole scrivere questa settimana a Mark Thompson, direttore generale della British Broadcasting Corporation (Bbc), per protestare contro il programma, trasmesso ieri.
Il documentario di “Panorama”, programma di attualità di punta della Bbc, prendeva in esame quello che è stato descritto come un documento segreto scritto nel 1962 che fissa una procedura riguardo agli abusi su bambini all’interno della Chiesa.
Il documento impone un giuramento di segretezza su vittima, sacerdote coinvolto ed eventuali testimoni. La rottura del giuramento comporterebbe la scomunica, dice la Bbc.
“La procedura mirava a proteggere la reputazione del sacerdote finché la Chiesa avesse indagato, ma in pratica può offrire un modello per l’insabbiamento”, dice il documentario della Bbc.
“L’uomo incaricato di attuarlo per 20 anni fu il cardinale Joseph Ratzinger”, ha detto nel programma “Reati sessuali e Vaticano” il giornalista Colm O’Gorman.
Ratzinger è stato a capo della Congregazione per la dottrina della fede, responsabile dell’attuazione della dottrina, dal 1981 fino alla sua elezione nell’aprile 2005.
Il Vaticano oggi ha detto che sta esaminando la trascrizione del programma, ma per il momento non ha rilasciato commenti.
In risposta al documentario, l’arcivescovo Vincent Nichols di Birmingham, nell’Inghilterra centrale, ha detto che la Bbc dovrebbe “vergognarsi dello standard del giornalismo usato per mettere in piedi questo infondato attacco a Papa Benedetto XVI”.
L’arcivescovo dice che ci sono due filoni nel documentario, uno che mette in luce casi di abusi su bambini da parte di preti – un reato che la Chiesa cattolica ha trattato con serietà, attenzione e trasparenza – e l’altro che costituisce un attacco il Vaticano.
“Questo aspetto del programma è falso e interamente ingannevole”, ha detto Nichols in un comunicato sottoscritto dai vescovi di Inghilterra e Galles.
“E’ falso perché travisa due documenti del Vaticano e li usa in modo ingannevole per collegare gli orrori degli abusi sui bambini alla persona del Papa”. Il secondo documento citato dalla Bbc è un aggiornamento del 2001 al testo originale.
La Bbc difende il proprio documentario. “La protezione dei bambini è chiaramente una questione assolutamente di interesse pubblico”, ha detto in un comunicato in risposta alle critiche del vescovi.
“La Bbc sostiene il programma di stanotte ’Panorama’, e invita gli spettatori a farsi una loro opinione una volta che l’abbiano visto”.


Fonte: http://www.corriere.it/
02 ott 09:53 Gran Bretagna: pedofilia, chiesa cattolica critica Bbc
ROMA – La chiesa cattolica accusa un documentario mandato in onda dalla Bbc in cui si descrive la sistematica copertura garantita da Papa Ratzinger, quando era ancora cardinale, a casi di abusi sessuali su minori commessi da preti. Come riferisce il sito della Bbc, l’arcivescovo di Birmingham Vincent Nichols ha definito “totalmente fuorviante” il documentario. Il programma ha citato un documento del Vaticano – il ’Crimen Sollicitationis’ – del 1962, che fornirebbe indicazioni ai vescovi su come gestire i casi di abusi su minori. Gli autori del documentario hanno intervistato padre Tom Doyle, un ex avvocato dalla chiesa, licenziato dal Vaticano per le sue critiche ai casi di abusi, chiedendogli di interpretare il documento. Secondo Doyle, si tratterebbe di un testo che fornisce le direttive per coprire i casi di abusi sessuali. (Agr)
 



Martedì, 03 ottobre 2006


A Cesena arrestato un prete sfruttatore


Una vergogna di cui qualcuno dovrà

 rendere conto

di Paola D’Anna

A Cesena è scoppiano un nuovo scandalo sessuale con al centro un prete cattolico. A leggere le notizie che i vari quotidiani hanno datto, c’è di che rimanere sbigottiti. Lo scandalo sessuale farebbe pensare a persone nel fiore degli anni, pieni di ormoni che non riescono a controllare. Ed invece le persone coinvolte, anche in questo caso, sono tutte persone anziane. In questo caso il prete arrestato ha addirittura 81 anni, un’età nella quale i bollenti spiriti sessuali dovrebbero essere naturalmente ormai archiavi da tempo. E invece no, non è così.
C’è da chiedersi che cosa queste persone abbiano mai potuto fare durante il corso della loro vita, quando certo la salute e la vigoria fisica dovevano essere certamente diverse. E come è possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Mica ci si vorrà far credere che ci si trovi di fronte ad attacchi di senilità ed impazzimenti improvvisi?
Si tratta di storie squallide che screditano del tutto l’istituzione a cui queste persone appartengono. Oramai non si tratta solo di eccezioni, sempre possibili, come dimostrano i tanti scandali scoppiati non solo negli Stati Uniti ma in tutto il mondo, con frequenza sempre crescente. C’è un sistema marcio che sta venendo a galla in modo sempre più netto.
E’ una vergona di cui qualcuno dovrà rendere conto, se non nei tribunali degli uomini, che finora hanno scansato grazie al potere di cui dispongono, sicuramente in un tribunale a cui nessuno può sfuggire. E ci riferiamo a quanti nella gerarchia cattolica hanno consentito che queste cose avvenissero, coprendo i responsabili o continuando a perpetuare visioni perverse della figura dei preti che nulla hanno a che vedere con l’evangelo di Gesù

Paola D’Anna

Di seguito riportiamo la notizia così come l’ha fornita l’agenzia ANSA.

FORLI’-CESENA – Approfittando del suo ruolo di responsabile di una casa-alloggio per minori, stranieri, persone nei guai con la giustizia o con la società, un sacerdote abusava di ospiti, anche minori, per poi costringerli a prostituirsi. Con queste accuse è finito in manette don Giuseppe Giacomoni, 81 anni, fondatore dell’associazione Arcobaleno di Villa Marina di Cesenatico e parroco supplente a Ruffio, frazione di Cesena, dopo un’indagine che ha portato in carcere anche un noto ristoratore e un ragazzo romeno, ospite del sacerdote, che lo avrebbe aiutato nell’attività. Gli altri arrestati sono Giuseppe Farnedi, più noto come “Commendator Roberto”, 62 anni, proprietario della “Scogliera” di Zadina, uno dei più noti ristoranti della riviera di Cesenatico, e Dan Joan Cilean, romeno di 25, che avrebbe avuto un ruolo nel reperimento di clientela per gli ospiti avviati col ricatto, secondo l’accusa, al meretricio, dietro la minaccia di essere sbattuti fuori e dunque in condizione di non regolarizzare la loro posizione in Italia.
Tutto ruota attorno all’associazione Arcobaleno, di cui don Giacomoni è il fondatore, il gestore e il presidente. Il prete é proprietario di una serie di appartamenti nella zona di Cesenatico all’interno dei quali, ha spiegato la Questura di Forlì-Cesena, che con la squadra mobile ha curato le indagini, per apparenti fini umanitari ospita persone indigenti italiane e straniere, anche di minore età, donne bisognose di assistenza oppure detenuti agli arresti domiciliari.
Una struttura ché è accreditata anche al Tribunale per i minorenni di Bologna, che ha giurisdizione regionale. Insomma, apparentemente la classica struttura che dà aiuto agli emarginati La realtà, secondo la squadra mobile diretta da Oscar Ghetti, era ben diversa: da chiacchiericci raccolti in zona, ma non dalle presunte vittime, è stato precisato, è emerso che un ragazzino minore di 16 anni, dall’ottobre del 2005 all’agosto 2006, quando finalmente è stato allontanato e messo nella protezione di una comunità affidabile, è stato sistematicamente sottoposto ad abusi sessuali dal prete e ’ceduto’ al “commendatore”. Violenze accertate, secondo la polizia.
Il Pm Alessandra Serra ha chiesto e il Gip Michele Leoni ha firmato così i provvedimenti di custodia cautelare in carcere. Don Giacomoni deve rispondere di violenza sessuale, induzione e sfruttamento della prostituzione, anche minorile. Farnedi è accusato della violenza sessuale ai danni del minore di 16 anni, il romeno è accusato di concorso con il sacerdote nell’attività di sfruttamento dei suoi compagni di comunità. Secondo l’accusa, il responsabile dell’associazione aveva un metodo terribile ma efficace per convincere le sue vittime.
La minaccia era più o meno questa: o vi prostituite o vi sbatto fuori, così addio regolarizzazione. “Suggerimenti” che sarebbero stati accolti da diversi ospiti, uomini, donne e minorenni. Le prestazioni, al prezzo di 100 o 200 euro l’una, venivano consumate o in uno degli appartamento di don Giacomoni, al 6/o piano di un edificio di Gatteo Mare, o all’interno della stessa struttura comunitaria. Le indagini continuano per accertare l’entità del giro, il numero e la qualità dei clienti, ma intanto hanno fatto emergere un altro brutto sospetto. Don Giacomoni andava spesso dai carabinieri e dalla polizia per segnalare comportamenti scorretti di alcuni degli ospiti, dicendo insomma che non erano graditi. Si teme che fosse un modo con cui allontanare quelli che volevano sottrarsi alle sue minacce o comunque pericolosi per le attività illecite.



Giovedì, 12 ottobre 2006


Pedofilia: polemiche su un documentario della BBC


Accusa Ratzinger di aver coperto i preti

 pedofili

di Agenzia ADISTA N.73 del 21-10-2006

33591. LONDRA-ADISTA. “Sex crimes and the Vatican”: questo il titolo del documentario della Bbc, andato in onda il primo ottobre per la prestigiosa serie investigativa “Panorama”, che ha provocato le durissime critiche dell’arcivescovo di Westminster, card. Cormac Murphy O’Connor. Il documentario segue le orme di Colm O’Gorman, abusato da un sacerdote negli anni ’60 quando era studente in una scuola cattolica irlandese: viaggiando in Brasile, Stati Uniti e Irlanda, Gorman raccoglie le testimonianze di altri abusati e cerca di ricostruire la rete di segretezza che ogni volta proteggeva i preti molestatori dalla giustizia e li vedeva trasferiti di parrocchia in parrocchia da vescovi che sapevano tutto e cercavano di coprire gli scandali quanto più possibile. Al centro dell’inchiesta, un documento segreto emanato dal Sant’Uffizio nel 1962, “Crimen Sollicitationis”: al suo interno sono contenute le linee di una politica vaticana che impone il silenzio alle vittime con la minaccia della scomunica (v. Adista n. 61/03). Due canonisti, p. Tom Doyle e l’ex-benedettino Patrick Wall, aiutano a interpretarlo e raccontano le loro esperienze di insabbiamento di casi di molestatori.
Il vero intento del documentario è però quello di assegnare al card. Joseph Ratzinger un ruolo centrale nell’applicazione del “Crimen sollicitationis” e quindi nella politica vaticana di segretezza. Il documentario, infatti, non porta fatti nuovi – il documento del Sant’Uffizio è noto dal 2003, quando la televisione americana Cbs e l’Observer lo portarono alla luce e la Bbc non presenta nessun caso inedito di abusi – ma cerca di mostrare la dimensione globale del fenomeno e la somiglianza delle pratiche di segretezza messe in atto dalle diocesi di tutto il mondo. Responsabile, almeno ufficiale, di questa politica, sarebbe stato l’attuale Benedetto XVI, per quasi 20 anni alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, responsabile dell’applicazione del decreto.
“La procedura [del Crimen Sollicitiationis]”, dice a un certo punto il giornalista Paul Kenyon, “era intesa per proteggere la reputazione dei preti fino a che la Chiesa avesse investigato. Ma in pratica può offrire un modello per l’insabbiamento. L’uomo incaricato di applicarlo è stato per 20 anni il cardinal Ratzinger”.
Scrivendo al direttore della Bbc Mark Thompson, il card. Murphy O’Connor ha lamentato “il constante pregiudizio nei confronti della Chiesa Cattolica” da parte del servizio pubblico britannico. “Il programma”, scrive ancora, “si propone di infliggere un danno grave a papa Benedetto”, ed è “malizioso, falso e basato su una errata presentazione di documenti della Chiesa”. Rincara la dose l’arcivescovo di Birmingham, mons. Vincent Nichols, presidente dell’ufficio istituito dalla Chiesa britannica per combattere gli abusi sessuali: per lui, la Bbc dovrebbe “vergognarsi” di aver tradito i propri “standard di giornalismo”.
Le accuse di parzialità mosse alla Bbc (che avrebbe ignorato, ad esempio, quanto le cose siano cambiate nella Chiesa dal 2002 ad oggi, come testimonierebbe ad esempio il trattamento riservato al fondatore dei Legionari di Cristo Marcial Maciel; v. Adista n. 39/06) ricadono però, in una certa misura, sul Vaticano stesso che, rifiutandosi categoricamente di collaborare all’inchiesta o di rilasciare interviste o dichiarazioni, ha offerto il fianco a nuove accuse di segretezza e ha lasciato aperto il campo a nuovi dubbi sulla trasparenza delle proprie politiche a protezione dei minori. (a. s.)
 



Martedì, 17 ottobre 2006


Abusi su minori in seminario


Il vescovo sapeva, taceva, e ora vuole

 essere risarcito dalla vittima

di Agenzia Adista N.73 del 21-10-2006

33581. ROMA-ADISTA. Oltre al danno la beffa. Dopo essere stato vittima di abusi sessuali durante la permanenza nel seminario di Agrigento, l’ex seminarista Marco Marchese è vittima una seconda volta. Il vescovo ha infatti risposto alla richiesta di risarcimento dello stesso Marchese con una controcitazione, e pretende dalla vittima dell’abuso di cui era a conoscenza, un risarcimento di 200.000 euro per i danni che la denuncia dell’abusato ha arrecato – secondo il vescovo – alla “immagine” e al “prestigio” della Chiesa di Agrigento presso l’”opinione pubblica”.
La denuncia nei confronti di don Bruno Puleo da parte dell’ex seminarista aveva portato alla condanna di quest’ultimo, il 7 luglio 2004, a 2 anni e sei mesi di reclusione per abusi sessuali nei confronti di 7 ragazzi che frequentavano il seminario della città siciliana. Il caso fu seguito dalla nostra agenzia (vedi Adista n. 54/04 e n. 35/06), che pubblicò anche la lettera indirizzata da Marchese al vescovo: “Scrivo a lei, eccellenza reverendissima monsignor Carmelo Ferraro, arcivescovo metropolitita della Chiesa agrigentina. Scrivo proprio a lei che, una sera di novembre del 2000, ha ascoltato, quasi con indifferenza, il mio racconto. Forse lei non immaginava nemmeno quanto mi sia costato, in quell’occasione, rivivere i momenti più brutti della mia vita. Ma a lei che importa? Scrivo a lei perché sono profondamente addolorato e amareggiato dal suo silenzio. Non per lei, di cui mi importa ben poco, ma per questa povera Chiesa, che si ritrova ad essere guidata da una persona che non ha saputo dirigere il gregge affidatogli, soprattutto i piccoli e gli indifesi”.
Ma nessuna autocritica e nessuna disponibilità di ascolto è venuta dalla Curia anche dopo la condanna del sacerdote molestatore e la lettera aperta inviata al vescovo. Marchese è oggi impegnato in un’associazione per la lotta alla pedofilia da lui fondata (www.mobilitazionesociale.org). E proprio all’attività di questa associazione ha dichiarato di voler devolvere il risarcimento che con il suo avvocato ha richiesto all’autore degli abusi, al rettore del Seminario minore di Favara (che, ripetutamente informato dei fatti, si rifiutò di intervenire) e al vescovo di Agrigento (che, con la sua indulgenza, lasciò che don Puleo, diventato dopo il seminario parroco di Palma di Montechiaro, potesse ancora abusare di altri minori).
“Da sempre – ha dichiarato Marchese -, da prima che denunciassi il prete e dal giorno dopo che questo ha patteggiato la pena, ho chiesto chiarezza, responsabilità alla Chiesa agrigentina. Ho cercato il dialogo. Invece ho avuto solo il silenzio come risposta”. “Ho deciso quindi di andare avanti per chiedere il risarcimento a chi doveva vigilare sui ragazzini affidati al prete (abusati nei locali del seminario e della parrocchia). È giusto che rispondano del loro comportamento le persone che hanno ignorato il mio grido d’aiuto, invitandomi solo a farmi la mia vita e a lasciar perdere, permettendo così che il prete abusasse di altri ragazzi”.
L’atto di citazione, presentato il 5 aprile 2006 dall’avvocato Salvino Pantuso, che assiste Marchese, fa ampio riferimento agli interrogatori svolti in ambito processuale. Durante uno di essi, don Puleo aveva dichiarato: “vero è che nel periodo in cui svolgevo la mansione di assistente presso il seminario minore di Favara ebbi a conoscere il sig. Marchese Marco, all’epoca dei fatti minorenne, e che nei suoi confronti tenni dei comportamenti così come descritti nel capo di imputazione nei miei confronti formulato”; anche il vescovo, del resto, aveva ammesso: “vero è che il sig. Marchese Marco, nel periodo in cui si trovava al seminario di Favara, mi rivelò delle circostanze che riguardavano gli abusi compiuti in suo danno da don Bruno Puleo”.
Dopo tanto silenzio, quale è stata la risposta del vescovo a questo coerente gesto da parte di Marchese? Una richiesta di 200.000 euro per “danni” che la Curia “ha subito e continua a subire – si legge nell’atto di citazione prodotto dall’avvocato Anna Mongiovi Gaziano – a causa del comportamento offensivo ed oltraggioso tenuto dal Marchese” e “che si ripercuotono inevitabilmente sull’immagine, sul decoro e sul prestigio che l’intera Curia vescovile di Agrigento riveste nell’opinione pubblica e nella comunità spirituale”. La richiesta di risarcimento, presentata dall’avvocato della Curia il 30 maggio 2006, si apre inoltre con la premessa dell’”intervenuta prescrizione di ogni pretesa risarcitoria” vantata da Marchese e dalla sua famiglia “essendo di fatto trascorsi oltre dieci anni dalla presunta commissione del fatto illecito”.
Paradossalmente il vescovo (che pure nel corso del processo contro il prete molestatore aveva ammesso di essere stato informato da Marchese degli abusi subiti da don Bruno Puleo), ora definisce “destituite di ogni fondamento” le accuse che hanno portato alla condanna, a seguito di patteggiamento, dello stesso don Puleo, e quindi rigetta la richiesta di riconoscimento di “responsabilità solidale”. E in più nega che sussistesse un rapporto di dipendenza tra Puleo e la stessa Curia, svolgendo egli “il ruolo di semplice seminarista animatore”.
Gli amici di Marchese e della sua associazione si chiedono oggi come mai le autorità vaticane, che hanno chiesto le dimissioni del cardinale arcivescovo di Boston proprio perché aveva coperto gli abusi su minori di alcuni preti della sua diocesi, non abbia ancora sollevato alcuna obiezione nei confronti del vescovo di Agrigento che, pur sapendo degli abusi, ha taciuto e ha coperto. E ora chiede di essere risarcito dalla vittima dell’abuso (emilio carnevali)
 



Martedì, 17 ottobre 2006


Dichiara fallimento la diocesi di davenport

 negli USA

Sempre più lontani i risarcimenti per le vittime di abusi

di Agenzia ADISTA n. 75 del 28-10-2006

33602. DAVENPORT-ADISTA. La diocesi di Davenport, nello stato dello Iowa, è la quarta diocesi statunitense ad andare in fallimento perché non in grado di pagare i risarcimenti richiesti dalle vittime di abusi sessuali perpetrati da membri del clero. Due giorni dopo aver portato i libri in tribunale per chiedere la protezione offerta dalla legge americana sotto il cosiddetto “capitolo 11” – un tribunale gestisce i beni della diocesi con lo scopo di rifondere i creditori ma assicurando, per quanto possibile, la sopravvivenza della società – il vescovo, mons. William Franklin, si è visto accettare le dimissioni per raggiunti limiti d’età (ha 76 anni compiuti) dal Vaticano, che ha nominato mons. Martin Amos, ausiliare a Cleveland, come suo successore.
Secondo mons. Franklin, che l’ha annunciata con una lettera sul settimanale diocesano The Catholic Messenger, la decisione di dichiarare fallimento serve ad assicurare un risarcimento anche a chi lo richiederà in futuro: pagare adesso, ha scritto, “vorrebbe dire che coloro che hanno già avanzato una richiesta consumerebbero quel che rimane dei beni della diocesi, lasciando senza soldi chi non ha ancora deciso di farsi avanti”.
L’ultimo colpo alle dissestate finanze diocesane era arrivato il 18 settembre, quando una giuria aveva assegnato un risarcimento di un milione e mezzo di dollari a Michl Uhde. Soldi che la diocesi dice di non avere, dopo aver pagato a partire dall’ottobre 2004 dieci milioni e mezzo di dollari in accordi extragiudiziali con le vittime. Oltre al caso di Uhde – per cui la diocesi aveva scelto per la prima volta di andare in tribunale invece di patteggiare – ci sono altre 25 cause pendenti con richieste di risarcimento pari a 7 milioni di dollari.
Lo scandalo delle molestie sessuali aveva toccato i livelli più alti della Chiesa dello Iowa: solo tra i casi ancora pendenti, ci sono quindici denunce contro mons. Lawrence Soens, vescovo emerito di Sioux City, sette contro mons. Thomas Feeney, ex-vicario generale a Davenport, e una contro mons. Carl Meinberg, ex-presidente della locale università cattolica.
Ma la decisione di dichiarare fallimento ha suscitato numerose polemiche nella comunità locale. Per i comitati delle vittime, infatti, portare i libri in tribunale non era necessario e servirà soltanto a gonfiare le tasche degli avvocati della diocesi. Il “capitolo 11” blocca il pagamento di ogni risarcimento fino a quando il tribunale fallimentare non avrà deciso il modo migliore di amministrare i beni della diocesi.
Gli avvocati delle vittime avevano invece presentato un piano alternativo, che prevedeva il pagamento di tutti i risarcimenti pendenti senza che la diocesi andasse in bancarotta – ma il vescovo e il suo staff legale non hanno dato nessuna risposta a questa proposta e si sono rifiutati di sottoporre i beni della diocesi – stimati in appena 5,6 milioni di dollari – ad una valutazione indipendente.
Il motivo di questa scelta, secondo Ann Green, leader di un gruppo di cattolici locali, è uno: verrà fissato dal tribunale un termine ultimo per tutte le richieste di risarcimento, passato il quale le vittime non potranno più rivalersi economicamente sulla diocesi. Ma chi è vittima di abusi, dice la Green, “viene a patti con il ricordo dell’abuso subito solo con i propri tempi. Non può essere forzato, né farlo secondo i comodi del vescovo”. La Green lamenta anche la totale chiusura di Franklin, che non ha mai voluto partecipare a incontri di riconciliazione nelle parrocchie né incontrarsi con i loro rappresentanti.
Apparentemente conscio della propria impopolarità, alla conferenza stampa di presentazione del proprio successore Franklin, che non intende abbandonare Davenport ma si è offerto di aiutare il nuovo vescovo, ha detto soltanto: “Per 17 mesi abbiamo pregato per un nuovo vescovo. Ora, le nostre preghiere sono state esaudite”. La concomitanza del fallimento e della nomina del suo successore sarebbe, per lui, pura coincidenza.
Intanto, un’altra delle diocesi ‘fallite’, quella di Spokane, vicino a Washington, ha venduto il prestigioso edificio dove sono ospitati i propri uffici centrali per circa due milioni di dollari. Cifra ingente, ma una goccia nel mare a fronte di richieste di risarcimenti per oltre 80 milioni di dollari. Il vescovo mons. William Skylstad, che è anche presidente della Conferenza episcopale statunitense, non dovrà però traslocare, almeno per ora: gli acquirenti si sono detti infatti intenzionati a negoziare un accordo conveniente per riaffittare l’edificio alla diocesi. (a. s.)



Martedì, 24 ottobre 2006


MESSAGGIO EVANGELICO, INFANZIA … E TRADIMENTO STRUTTURALE DELLA FIDUCIA !!!


“Deliver Us from Evil”


(Liberaci dal male)

di a c. di Federico La Sala

Uscito, negli U.S.A., il film-documentario di Amy Berg, sul prete pedofilo che ’imbarazza’ la gerarchia della Chiesa cattolico-romana.

[…] L’uscita del documentario coincide con lo scandalo che ha travolto Mark Foley, l’ex deputato repubblicano della Florida costretto alle dimissioni per lo scambio di messaggi troppo amichevoli con giovani stagisti del Congresso, e che ha raccontato ai media d’aver subito molestie da un prete. Sulle pagine del popolare blog “The Huffington Post” Amy Berg si dice «colpita dalle similitudini da brivido tra il comportamento della Chiesa Cattolica e quello del Congresso americano… Oggi vediamo i leader del Congresso agire esattamente allo stesso modo nella gestione della crisi legata a Foley. Come la Chiesa, sembra che si siano preoccupati solo di proteggersi e salvaguardare il potere e le strutture di finanziamento» […]
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Usa, il film sul prete pedofilo che imbarazza la Chiesa
”Liberaci dal male“ di Amy Berg su Padre Ollie e l’omertà delle gerarchie cattoliche che, lui sostiene, hanno fatto finta di non sapere e non sono mai intervenute per fermarlo
di Miriam Tola (Liberazione, 13.10.2006)
New York. «La confessione più onesta della mia vita». Così Oliver O’Grady descrive il suo racconto davanti alla telecamera di Amy Berg. Padre Ollie, come era chiamato dai parrocchiani, è stato un prete pedofilo. In oltre vent’anni ha molestato o stuprato decine di teenagers e perfino un neonato, arrivando a far sesso con le madri per avvicinare i figli. Nel 1993, dopo 7 anni di carcere, ha lasciato gli Usa. Da allora vive in Irlanda, a Dublino, dove ha accettato di farsi intervistare per il documentario “Deliver Us from Evil” (Liberaci dal male).
Gli abusi iniziarono nel 1976 in California. Una coppia di credenti gli offrì ospitalità e lui violentò Ann, la figlia di 5 anni. Nella sua testimonianza lei ricorda «un dolore acuto, poi più niente».
Ripreso nella penombra di una chiesa e mentre passeggia in un parco giochi affollato di bimbi, Padre Ollie dice che suoi superiori hanno fatto finta di non sapere e, per evitare lo scandalo, lo hanno trasferito di parrocchia in parrocchia.
Premiato in giugno al Los Angeles Film Festival, passato ai festival di Toronto e Melbourne, il film esce negli Stati Uniti oggi, venerdì 13. Per il lancio la Liongates ha scelto un poster perfetto per un horror: una grande croce e lo slogan «per le vittime non esiste salvezza».
Amy Berg, regista al primo lungometraggio con un passato da producer per Cbs e Cnn, non insegue l’isteria collettiva sul tema pedofilia. Più che l’ossessione privata di O’Grady, il suo obiettivo polemico è l’abuso di potere e l’omertà delle gerarchie cattoliche. «Nonostante i segnali di allarme e le lamentele, per anni la Chiesa ha giocato a nascondersi. Le conseguenze sono state tragiche», accusa.
Ora però sembra che le rivelazioni di O’Grady e le testimonianze delle persone abusate potrebbero avere risvolti giudiziari. Il carnefice e le sue vittime puntano il dito verso alte cariche ecclesiastiche: in particolare verso Roger Mahony, negli anni ’80 capo della diocesi di Stockton, California, dove O’Grady venne indagato, e oggi arcivescovo di Los Angeles nonché uno dei leader più influenti della Chiesa statunitense.
O’Grady sostiene d’aver discusso la sua situazione con Mahony mentre si trovava a Stockton. Una versione che la Chiesa contesta: «Il film si regge sulla credibilità di un molestatore di bambini che ha mentito al suo vescovo, ai medici, alle famiglie dei piccoli che ha violentato e alle forze dell’ordine. E’ un classico pedofilo. Un manipolatore che mente per difendersi» ha commentato Tod Tamberg, portavoce dell’arcivescovo.
Nei giorni scorsi il New York Times ha dedicato al caso un lungo articolo in cui riferisce che Mahony potrebbe ritrovarsi al centro d’un procedimento della procura distrettuale di Los Angeles. I giudici impegnati nelle indagini sugli abusi dei preti avrebbero intenzione di usare le dichiarazioni riportate nel film. I sospetti verso Mahony erano già stati sollevati nel 1997, nel corso d’un processo contro O’Grady: gli avvocati delle vittime avevano denunciato la diocesi per non avere impedito al sacerdote di avvicinare i bambini nonostante le passate violenze fossero note. All’epoca Mahony negò di conoscere le inclinazioni sessuali di O’Grady.
Finora nessun alto prelato americano è stato direttamente perseguito in un processo per crimini sessuali. Eppure “Deliver Us from Evil” riporta che negli Usa le vittime di abusi dei preti sono oltre 100mila e molte di più non hanno mai fatto denuncia. La Chiesa avrebbe speso circa un miliardo di dollari in risarcimenti.
L’uscita del documentario coincide con lo scandalo che ha travolto Mark Foley, l’ex deputato repubblicano della Florida costretto alle dimissioni per lo scambio di messaggi troppo amichevoli con giovani stagisti del Congresso, e che ha raccontato ai media d’aver subito molestie da un prete. Sulle pagine del popolare blog “The Huffington Post” Amy Berg si dice «colpita dalle similitudini da brivido tra il comportamento della Chiesa Cattolica e quello del Congresso americano… Oggi vediamo i leader del Congresso agire esattamente allo stesso modo nella gestione della crisi legata a Foley. Come la Chiesa, sembra che si siano preoccupati solo di proteggersi e salvaguardare il potere e le strutture di finanziamento».
Il film si spinge oltre gli Usa, lungo la catena di comando che arriva al Vaticano. Mostra due donne vittime di O’Grady viaggiare fino a Roma con una lettera e una richiesta di scuse per il papa. Sforzo inutile: la missiva è respinta da una guardia svizzera. Se mai “Deliver Us from Evil” arriverà in Italia, prevedere la reazione della Chiesa non è difficile: silenzio assoluto.
 



Sabato, 28 ottobre 2006


Anatrella consulente di Raztinger

 accusato di abusi sessuali

Il gesuita e psicanalista è l’autore sul Lexicon Vaticano, del capitolo su “Omosessualità ed Omofobia”

La notizia è di quelle destinate a fare rumore. La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta su Tony Anatrella, notissimo psicanalista cattolico, molto noto in Francia e nel mondo per le sue posizioni estreme contro l’omosessualità. E’ stato consigliere dell’allora cardinale Ratzinger quando egli era a capo della Congregazione per la dottrina della fede, ed è sicuramente una voce molto ascoltata in Vaticano per il quale ha redatto diversi documenti sulla morale sessuale, tra cui il Lexicon, ponderoso volume di morale sessuale. La denuncia è stata presentata da un ragazzo proveniente da ambienti cattolici che ha depositato la denuncia il 30 Ottobre alla polizia minorile di Parigi. La notizia dell’accusa di abusi sessuali è stata pubblicata sul sito Internet di Tetu , la rivista gay più famosa e diffusa di Francia. Uno dei due ragazzi che hanno denunciato Anatrella ha rilasciato una lunga intervista alla rivista cattolica del dissenso Golias, raccontando di essere stato sottoposto da Anatrella nel 1987, all’età di 23 anni, a cure per “guarire” dalla sua omosessualità. Ma in realtà più che di psicoterapia si sarebbe trattato di veri e propri atti sessuali.
La cosa forse più grave sta nel fatto, secondo le dichiarazioni dei ragazzi abusati, che anche in questo caso pur avendo saputo, le autorità ecclesiastiche si sono ben guardate dal fare qualcosa contro il responsabile degli abusi.
La vicenda, se i fatti risulteranno provati, conferma come l’omofobia imperante nella Chiesa Cattolica sia il frutto di chi in quella struttura ha grandi problemi personali con la propria sessualità. Non c’è omofobo più omofobo di un omosessuale represso.



Sabato, 04 novembre 2006


Altri due preti pedofili arrestati in Italia

Rassegna stampa e una notizie dall’Agenzia SIR del 7-11-2006

Da Agenzia SIR del 7-11-2006

07/11/2006 10:26 PEDOFILIA: CUSTODIA CAUTELARE PER SACERDOTE DI PRATO. MONS. SIMONI (VESCOVO), “LA GIUSTIZIA FACCIA IL SUO CORSO” Il vescovo di Prato, mons. Gastone Simoni, ha appreso nel tardo pomeriggio di ieri, “solo da fonti giornalistiche”, che il Giudice per le indagini preliminari di Roma ha disposto, nell’ambito di un’inchiesta più ampia, la custodia cautelare per il sacerdote religioso della Congregazione della Missione padre Georgedenis Onyebuchi Asomugha, parroco di Galcetello. Il reato contestato è quello di abuso sessuale su minorenni. Mons. Simoni, profondamente addolorato, è il primo interessato a conoscere se un’accusa così grave corrisponde al vero. Per questo auspica che la giustizia faccia celermente e fino in fondo il suo corso”. La Curia diocesana sottolinea che se l’accusa corrispondesse al vero il religioso sarebbe automaticamente sospeso dalle sue funzioni. Al tempo stesso, nell’attesa della piena chiarificazione, padre Denis non potrà svolgere il ministero pastorale. Il Vescovo ha già preso contatto con il superiore della Congregazione al quale padre Denis appartiene. “Nella carità comunque doverosa per ogni Pastore”, mons. Simoni fa proprie le parole che il Santo Padre Benedetto XVI ha di recente pronunciato: “I casi dolorosi di abusi sessuali sui minori sono ancora più tragici quando a compierli è un ecclesiastico”.
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Da: http://espresso.repubblica.it/


Maxi inchiesta della mobile. I bambini, tutti rom, si prostituivano a piazza Esedra o a Valle Giulia
Bimbi violentati, altri 32 arresti
Massimo Lugli
Anche due parroci nel gruppo, le vittime hanno dagli 11 ai 13 anni

Anche due parroci tra i clienti dei baby prostituti. Bambini di 11, 12 anni che si vendevano sui marciapiedi di piazza Esedra o tra i cespugli di Valle Giulia: dieci, giovanissime vittime che, adesso, si sono trasformate in implacabili accusatori. Sono trentadue le ordinanze di custodia cautelare firmate dal Gip Maria Teresa Covatta: otto in carcere, ventiquattro agli arresti domiciliari. Nel gruppo, c´è veramente di tutto: i due sacerdoti (uno è titolare di una parrocchia romana, l´altro, di origine nigeriana, di Prato), avvocati, militari, un ristoratore della capitale, una pattuglia di negozianti. Scene di rabbia e disperazione quando gli agenti di Dania Manti, che dirige la IV sezione della mobile, gli investigatori specializzati in violenze sessuali e abusi sui minori, hanno bussato alla porta degli indagati. Mogli che si scagliavano urlando e piangendo contro i mariti, singhiozzi, silenzi pieni di vergogna. I due preti, dal canto loro, hanno tenuto un atteggiamento quasi sprezzante. Uno degli arrestati ha raccontato, tra le lacrime, che nel ’67, quando era ancora un adolescente, era stato violentato da un uomo. «Da allora non sono più riuscito a fermarmi, una malattia».
“Fiori nel fango 2”: così Alberto Intini, il capo della mobile, ha intitolato l´indagine che ha preso il via da quella che, nell´aprile scorso spedì dietro le sbarre o ai domiciliari altre 18 persone di cui due, recentemente, hanno patteggiato una pena a 8 e 6 anni di reclusione più una provvisionale di 15 mila euro per i bambini brutalizzati. E anche stavolta, come ha reso noto il sindaco Walter Veltroni, il comune di Roma si costituirà parte civile.
Una storia aspra, che a San Vitale raccontano con rabbia, senza trionfalismi e che ha fatto passare notti insonni agli uomini e alle donne della IV sezione che pure, in tanti anni di lavoro, ne hanno viste veramente di tutti i colori. Il più giovane dei bambini (tutti zingarelli che vivono nel campo di Tor Fiscale o in altri accampamenti di rom) ha solo 11 anni e mezzo e ne dimostra ancora di meno, il più “grande” ne compirà 14 tra tre mesi. Bambini ormai abituati a prostituirsi ogni notte per un compenso che andava dai 15 ai 30 euro (50 euro quando il rapporto era con due o tre adulti contemporaneamente): fugaci rapporti in auto o tra i cespugli, ore e ore di sesso in camera d´albergo o nelle case dei clienti. Alcuni degli arrestati vivono o lavorano in altre città: Latina, Viterbo, Velletri, Anzio, Prato e Catanzaro ma i ragazzini sono stati sempre adescati negli stessi posti. Spesso i pedofili diventavano clienti fissi dei bambini, si scambiavano i numeri di telefono, fissavano appuntamenti, organizzavano incontri. Due di loro hanno precedenti per violenza sessuale ma, nella maggior parte dei casi, sono assolutamente insospettabili.
E proprio ieri pomeriggio, durante un incidente probatorio, due giovani vittime hanno ribadito le accuse contro Fausto Cusano, l´allenatore di una squadra di calcio arrestato nell´aprile scorso. L´uomo, difeso dall´avvocato Giacomo Marini, aveva chiesto, in passato, la castrazione chimica.
(07 novembre 2006)


Da: http://www.iltempo.it/



Si tratta di un quarantenne libero professionista, single, che lavora nella capitale


di PIETRO PAGLIARELLA HA quarant’anni. È un libero professionista del capoluogo che lavora a Roma. È un single. Questo l’identikit sommario dell’unico ciociaro coinvolto nella maxi operazione, denominata «Fiori nel fango 2», con la quale la IV sezione della Squadra Mobile della Questura di Roma ha smantellato un vasto giro di pedofilia. Con l’accusa di violenza sessuale a danno di minore, infatti, nella giornata di ieri sono stati eseguiti trentadue ordini di custodia cautelare che hanno portato all’arresto di otto persone, tra cui anche il frusinate, e alla detenzione domiciliare per altre ventiquattro, mentre quattro ordinanze non sono state notificate perché le persone destinatarie erano assenti e non in fuga. Le indagini sono il frutto della prosecuzione della prima operazione (denomina «Fiori nel fango»), conclusa il 21 aprile con l’arresto di 11 persone, nel corso della quale era stata scoperta una rete di pedofili che abusava di giovani rom dell’accampamento di Tor Fiscale. L’operazione ha interessato, oltre al Lazio, anche la Sicilia e la Toscana e segnatamente le province di Frosinone, Latina, Viterbo, Prato e Catania dove erano residenti alcuni degli arrestati. Secondo quanto sarebbe stato accertato dagli inquirenti, gli indagati adescavano giovani rom, tutti minori di 14 anni, tra Valle Giulia e Piazza della Repubblica a Roma, e li pagavano per avere con loro rapporti sessuali. «Ascoltando i bambini abusati – ha spiegato Alberto Intini, capo della Squadra Mobile di Roma – e grazie a una serie di attività investigative, che hanno portato ad adeguati riscontri probatori, siamo arrivati all’individuazione di 32 persone, con età compresa trai 35 e i 60 anni, che approfittavano della situazione di disagio in cui vivevano i minori. Pagandoli una cifra, che si aggirava tra i 15 e i 30 euro, questi insospettabili incontravano i ragazzi e ne abusavano sessualmente». Tutti insospettabili e per la maggior parte incensurati i pedofili, tra di essi infatti figurano medici, avvocati, farmacisti, militari, professionisti eccellenti e anche due preti. «Nella maggior parte dei casi – ha aggiunto Intini – non c’era alcun collegamento tra i pedofili: appartengono a tutti i ceti sociali, non ci sono ambienti criminali definiti, e solo alcuni di questi hanno dei precedenti penali specifici. Questa mattina è partita l’operazione che ha portato a 33 perquisizioni e a 28 arresti; i restanti sono ancora ricercati, ma non si sono resi irreperibili». «Il fatto che solo negli ultimi 6 mesi ci siano stati 50 arresti per questo tipo di reato – ha concluso il capo della Mobile – non deve creare alcun allarmismo, ma testimonia come grazie al lavoro sinergico tra magistratura e investigatori è stato possibile combattere efficacemente questo fenomeno sempre più rilevante. Inoltre, estremamente importante è stato il lavoro svolto dall’assessorato ai Servizi sociali del comune di Roma, che si è impegnato nell’assistenza dei minori, alcuni dei quali riaffidati alle famiglie o tenuti in strutture per loro più adeguate». «Dopo la prima operazione – ha sottolineato Dania Manti, responsabile della sezione minori della Squadra Mobile – abbiamo cercato di fare un’opera di persuasione nei confronti dei ragazzi abusati, e siamo riusciti a risalire ai nuovi indagati. Ne è venuto fuori uno scenario inquietante: persone all’apparenza tranquille, con una famiglia e una vita normali, che abusavano sessualmente di questi minori. Gli incontri avvenivano sempre negli stessi posti, e i pedofili o consumavano i rapporti in macchina e nei giardini, o addirittura portavano i ragazzi nelle loro abitazioni». A differenza di quanto emerso nel corso della prima fase dell’operazione, «Fiori nel fango», stavolta il ruolo dei genitori dei bambini è secondario. Come ha specificato la dirigente della IV sezione della Squadra Mobile, Dania Manti, «i genitori non seguivano i bambini, non erano loro attenti», ma non hanno nessuna responsabilità diretta o indiretta nelle violenze subite dai piccoli. Il lavoro degli investigatori è stato particolarmente impegnativo soprattutto nel seguito della prima fase di «Fiori nel fango». Con i minorenni rom individuati in quell’occasione si è creato faticosamente un rapporto di fiducia: «Abbiamo impiegato molto tempo per convincere i bambini ad aprirsi ed a raccontarci ciò che avevano subito», ha spiegato Dania Manti, che ha parlato di «un’opera ciclopica», in cui sono stati auditi anche i genitori, per complessive decine e decine di persone. Si è così compreso quali potevano essere i pedofili, quali le loro auto e quali i luoghi dove venivano portati. Da questo scenario gli investigatori hanno ristretto il cerchio riuscendo a identificare alcune persone. Da queste poi si è risalito all’ intero giro. Da quelle dichiarazioni raccolte è nata questa seconda fase, in cui sono coinvolti anche altri bambini della stessa etnia. Tutti i minorenni oggi sono al sicuro in strutture protette. A differenza di aprile, quando si scoprì che gli adulti si scambiavano i bambini, in questa indagine la situazione è diversa: gli adulti pagavano i bambini per soddisfare i propri vizi. Le vittime avevano all’epoca dei fatti tutte 12 e 13 anni, il più piccolo aveva 11 anni e mezzo. I bambini rom venivano agganciati a Valle Giulia e successivamente portati in località diverse dove subivano gli abusi. Le violenze venivano pagate con telefoni cellularei, pochi spiccioli o addirittura in alcuni casi cibo. Di quell’operazione, conclusasi con 18 arresti, già due persone sono state condannate, tra le quali Matteo Napoli, di 64 anni. Tra breve cominceranno gli incidenti probatori. Tra gli arrestati c’è una persona che nel 1967 subì a sua volta una violenza sessuale. Ad inchiodare il quarantenne frusinate oltre, apre alle dichiarazioni dei bambini, anche il materiale probatorio composto da intercettazioni fotografiche. L’uomo è assistito dall’avv. Nicola Ottaviani.

martedì 7 novembre 2006



Mercoledì, 08 novembre 2006


Pedofilia preti


In Slovenia processo per pedofilia ad un

 prete cattolico

http://www.swisspolitics.org/

Slovenia: sacerdote cattolico sotto processo per pedofilia

10.11.2006 – 15:11
LUBIANA – È iniziato oggi a Lubiana il processo a un prete cattolico sloveno accusato di pedofilia, che quattro anni fa, dopo l’inizio del primo processo, era andato in una missione in Africa, probabilmente nel tentativo di evitare la condanna. Franci Frantar, di 59 anni, è incriminato per aver sessualmente molestato 15 anni fa una ragazzina di 10 anni nella sua parrocchia Kaselj-Zalog, nei pressi della capitale slovena.

Il sacerdote è da un mese in custodia cautelare e se verrà condannato potrebbe scontare una pena tra uno e dieci anni.

Il caso di Frantar ha avuto anche un risvolto internazionale dato che il sacerdote quattro anni fa, a processo già iniziato, aveva lasciato la Slovenia per andare nei Malavi, nell’Africa meridionale, in una missione cattolica. Contro di lui fu emesso anche un ordine di cattura dell’Interpol.

L’arcivescovado di Lubiana ha preso le distanze da Frantar sostenendo che era andato all’estero all’insaputa delle autorità ecclesiastiche. “Noi condanniamo la pedofilia e gli abusi sessuali di minori, che sono rari nella Chiesa, e molto più frequenti tra le mura domestiche, nelle scuole e nelle istituzioni della sanità”, hanno spiegato.

Negli ultimi anni in Slovenia altri due sacerdoti cattolici sono stati condannati per pedofilia. In questo momento, oltre a Frantar, è sotto processo a Krsko, nell’est del paese per simili capi d’accusa un altro sacerdote, Karl Jost. Le udienze in questo caso sono però chiuse al pubblico e Jost si trova agli arresti domiciliari e non in carcere.

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http://www.corriere.it/
Slovenia: pedofilia, inizia processo a prete cattolico
LUBIANA (Slovenia) – E’ iniziato oggi a Lubiana il processo a un sacerdote cattolico accusato di pedofilia. Il 59enne Franci Frantar e’ stato incriminato per aver molestato sessualmente, 15 anni fa, una ragazza di 10 anni nella sua parrocchia di Kaselj-Zalog, vicino alla capitale slovena. Da un mese, Frantar si trova in carcere e, se sara’ ritenuto colpevole, potra’ essere condannato a una pena tra uno e 10 anni. Quattro anni fa, pero’, il sacerdote era andato in Malawi in missione, secondo la curia slovena senza autorizzazione. L’Interpol aveva emesso un mandato d’arresto internazionale. (Agr)
 



Sabato, 11 novembre 2006


Pedofilia, arrestato prete a Napoli


giovedì, 16 novembre 2006 8.20
NAPOLI (Reuters) – Un sacerdote, già condannato per reati sessuali, è stato arrestato oggi a Napoli dai carabinieri con l’accusa di avere abusato di una bambina, riferisce la procura del capoluogo partenopeo in una nota.
Il sacerdote, 60 anni, è il parroco di Pianura, quartiere della periferia napoletana.
L’uomo, agli arresti domiciliari, è accusato di avere “palpeggiato” una bimba di 10 anni. Gli abusi sarebbero avvenuti nella sacrestia con cadenza quotidiana, precisa la procura.
Il prete era già stato condannato nel 1995 per abusi sessuali nei confronti di una donna ricoverata in un centro di assistenza di cui all’epoca dei fatti era il direttore, si legge nella nota.


PARROCO ARRESTATO A NAPOLI, ACCUSATO DI ABUSI SU UNA BAMBINA


NAPOLI -L’ex parroco sessantenne di una chiesa di Pianura, quartiere alla periferia occidentale di Napoli, è stato arrestato dai carabinieri per presunti abusi sessuali su una ragazzina di 10 anni. Nei suoi confronti è stata emessa una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari su richiesta della procura di Napoli. I
militari lo hanno rintracciato a Grottole, comune in provincia di Matera, dove il sacerdote era andato a trovare i familiari, e lo hanno condotto agli arresti nella sua abitazione napoletana.
Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Napoli Alessandro Pennasilico, gli abusi sarebbero avvenuti “con frequenza quotidiana” nella sacrestia dove il sacerdote, secondo l’accusa, palpeggiava la ragazzina. Il sacerdote era stato già condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia nel 1995 quando il sacerdote era direttore di un istituto di assistenza.
Nell’istituto siciliano avrebbe avuto rapporti sessuali con una donna ricoverata per problemi di salute mentale.
L’indagine è stata avviata il 19 settembre scorso quando nella caserma dei carabinieri di Pianura si recarono i genitori della ragazzina per presentare denuncia dopo che la figlia aveva confidato in famiglia i presunti abusi. La notizia dell’arresto di un parroco con l’accusa di pedofilia è stato accolto con profondo dolore e amarezza da monsignor Gennaro Pascarella, vescovo di Pozzuoli, la diocesi nel cui territorio
ricade il quartiere partenopeo di Pianura. Nessun commento ufficiale della curia di Pozzuoli, che mantiene sulla vicenda uno stretto riserbo. T.T.A., il sacerdote al centro dell’inchiesta, era già stato trasferito ad altro incarico e in un’altra diocesi da un paio di settimane.
L’ex parroco apparterebbe all’ordine religioso dei Vocazionisti, congregazione fondata da don Giustino Russolillo, per il quale è in corso il processo di canonizzazione. A Pianura si trova la casa madre dei Vocazionisti. Il superiore della casa, don Giacomo Caprara, ha detto di “non aver nulla da dire” sull’episodio. L’arresto ha fatto scattare la sospensione del religioso dall’ufficio di parroco. Per ulteriori provvedimenti da parte dell’autorità ecclesiale si attendono gli sviluppi dell’inchiesta della magistratura.
 

Napoli/ Prete abusa di bambina


Giovedí 16.11.2006 18:10


Un parroco napoletano è stato arrestato per violenza sessuale su una bambina di 10 anni. T.T.A, parroco in una chiesa del quartiere di Pianura, è stato ammanettato dai carabinieri della locale stazione su mandato del gip del tribunale; le indagini coordinate dalla IV sezione della Procura, quella appunto che si occupa dei reati sessuali, hanno accertato che il prete “violando i doveri inerenti alla qualità di ministro del culto – si legge in una nota – all’interno della sacrestia con frequenza quotidiana compiva atti sessuali con la minore consistiti nel palpeggiarla”.
Il sacerdote era già stato condannato per reati analoghi in Sicilia nel 1995 quando come direttore di un istituto di assistenza aveva avuto rapporti sessuali con una donna lì ricoverata le cui condizioni mentali, da lui conosciute, non erano tali da opporre eventuali rifiuti.
 

Abusava sessualmente di una bambina, arrestato sacerdote


Napoli – Alcune settimane fa un sacerdote è stato arrestato a Forlì con
l’accusa di violenza sessuale ai danni di minori. Un analogo caso è avvenuto
anche nel napoletano: i Carabinieri della stazione di Pianura hanno tratto in
arresto un sacerdote per aver abusato di una bambina di 10 anni.
La IV sezione della Procura si è accertata che il parroco, T.T.A, ha violato i
doveri inerenti alla qualità del ministro del culto all’interno della sacrestia
con frequenza quotidiana compiva atti sessuali con la minore consistiti nel palpeggiarla.


I PRECEDENTI


T.T.A. nel 1995 aveva avuto rapporti sessuali con una donna ricoverata presso un istituto di assistenza in Sicilia per problemi mentali, dove il sacerdote svolgeva il ruolo di direttore.


Matera – Arrestato un parroco


Preso a Grottole dai Carabinieri e portato ai “domiciliari” a Napoli, perché accusato di aver compiuto abusi sessuali su una bambina di 10 anni nel capoluogo campano. L’uomo ha 60 anni ed ha avuto già altre storie del genere
 

NAPOLI – È stato arrestato a Grottole – in provincia di Matera – il parroco di una chiesa del quartiere Pianura a Napoli, per presunti abusi sessuali su una ragazzina di 10 anni. L’uomo ha 60 anni. Nei suoi confronti è stata emessa una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari su richiesta della Procura di Napoli. È ora ai domiciliari nel suo appartamento nel capoluogo campano.
Secondo quanto emerso dalle indagini, coordinate dalla quarta sezione della Procura di Napoli, gli abusi sarebbero avvenuti «con frequenza quotidiana» nella sacrestia dove il sacerdote, secondo l’accusa, palpeggiava la ragazzina.
Il parroco era stato già condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia nel 1995 quando il sacerdote era direttore di un istituto di assistenza. Nell’istituto avrebbe avuto rapporti sessuali con una ricoverata con problemi di salute mentale.
L’indagine, a quanto si è appreso, sarebbe stata avviata alla fine di settembre quando fu presentata ai carabinieri la denuncia dei genitori che avevano ricevuto dalla bambina confidenze sui presunti abusi.
Emessa nei suoi confronti un’ordinanza di custodia agli arresti domiciliari. Già nel 1995 fu condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia
 

Pedofilia, parroco arrestato a Napoli
ha violentato una bambina di 10 anni


NAPOLI – Il parroco di una chiesa del quartiere Pianura a Napoli, T.T.A., di 60 anni, è stato arrestato dai carabinieri per abusi sessuali su una ragazzina di 10 anni. Nei suoi confronti è stata emessa una ordinanza di custodia agli arresti domiciliari su richiesta della procura di Napoli. Il sacerdote, che in passato era stato coinvolto in una vicenda analoga, è stato catturato a Macerata dove si era recato in visita ai suoi famigliari e trasferito a Napoli nella sua abitazione.
Secondo quanto emerso dalle indagini, gli abusi sarebbero avvenuti “con frequenza quotidiana” nella sacrestia dove il sacerdote, secondo l’accusa, palpeggiava la ragazzina.
Il parroco era stato già condannato per reati di violenza sessuale avvenuti in Sicilia nel 1995 quando era direttore di un istituto di assistenza. Nell’istituto avrebbe avuto rapporti sessuali con una ricoverata con problemi di salute mentale.
 

CRONACHE


Violenza su una bambina: arrestato un parroco
E’ successo a Napoli. Il sacerdote era già stato condannato per reati analoghi
16/11/2006


NAPOLI. Un parroco napoletano è stato arrestato per violenza sessuale su una
bambina di 10 anni. T.T.A, parroco in una chiesa del quartiere di Pianura, è
stato ammanettato dai carabinieri della locale stazione su mandato del gip del
tribunale; le indagini coordinate dalla IV sezione della Procura, quella appunto
che si occupa dei reati sessuali, hanno accertato che il prete «violando i doveri
inerenti alla qualità di ministro del culto – si legge in una nota – all’interno della
sacrestia con frequenza quotidiana compiva atti sessuali con la minore consistiti
nel palpeggiarla».
Il sacerdote era già stato condannato per reati analoghi in Sicilia nel 1995
quando come direttore di un istituto di assistenza aveva avuto rapporti sessuali
con una donna lì ricoverata le cui condizioni mentali, da lui conosciute, non
erano tali da opporre eventuali rifiuti.


Pedofilia preti


Il silenzio è sacro

di Giorgio Sturlese Tosi

Quaranta casi noti, molti rimasti nascosti. Le curie italiane difendono il segreto. A costo di non rimuovere i molestatori o persino di denunciare le vittime

Dal sito del settimanale l’Espresso (vedi: http://espresso.repubblica.it/) riprendiamo il seguente articolo.

Il papa si è rivolto ai vescovi irlandesi ed è intervenuto più volte nello scandalo statunitense, ma nessuno conosce l’estensione del problem pedofilia nella Chiesa italiana. Eppure dal 2000 le cronache giudiziarie hanno segnalato le vicende di 40 sacerdoti finiti sotto inchiesta per questi reati. Pochi statisticamente, ma indicativi di un malessere dai confini inesplorati. Perché alla discrezione che giustamente protegge indagini con vittime minorenni, si aggiunge un rispetto verso le gerarchie ecclesiastiche che porta a tutelare il segreto istruttorio in modo eccezionale. Una cortina di riservatezza che, secondo molte denunce, incentiva anche una spinta al silenzio da parte delle curie. Dove la preoccupazione non è punire i colpevoli ma evitare la pubblicità negativa, tentando ogni strumento per delegittimare chi trova la forza di ribellarsi alla violenza.

Orrore in seminario
All’età di 12 anni, nel 1994, Marco Marchese è stato violentato nel seminario minore vescovile di Favara, nell’Agrigentino. Don Bruno, il sacerdote che ha abusato di lui e di altri sei minorenni, nel 2004 ha patteggiato ed è stato condannato a due anni e sei mesi. La prossima settimana inizierà il processo anche in sede civile contro don Bruno, il seminario e la curia della città siciliana, a cui i legali di Marco Marchese, l’avvocato Salvino Pantuso e Giuseppe Di Bella, chiedono 65 mila euro di risarcimento per danni biologici e una cifra ancora da quantificare per i danni morali. Non una grossa somma, per una violenza che ha accompagnato tutta l’adolescenza e che è costata a Marco gravi problemi di salute, lunghe terapie in analisi e un tentativo di suicidio. “Ci siamo attenuti alla percentuale di danno biologico indicata nella perizia medica di parte”, spiega, quasi a giustificarsi, l’avvocato Di Bella. Non si è fatta attendere la contromossa della curia che chiede un risarcimento di 200 mila euro a Marco, colpevole di aver infangato l’immagine del vescovado. La controcitazione recita: “La curia vescovile di Agrigento ha subìto e continua a subire, a causa del comportamento offensivo e oltraggioso tenuto dal Marchese, pesanti danni che si ripercuotono sull’immagine, sul decoro e sul prestigio che la curia riveste nell’opinione pubblica”. Il vescovo, tramite il suo legale, ha ritenuto di dover essere risarcito. Nella stessa controcitazione si legge che “il comportamento lesivo tenuto dal Marchese, concretizzatosi nell’abnorme pubblicità compiuta anche a mezzo Internet, ha infangato il prestigio della curia”. Insomma, anche se un dodicenne è stato stuprato nel seminario, non c’è bisogno di alzare tanto polverone.

Quando, nel ’94, Marco è entrato nell’istituto religioso di Favara non poteva passare inosservato. Capelli neri e grandi occhi verdi, era introverso e sensibile, più fragile degli altri. E più bello. In quei corridoi lunghi e freddi e in quelle stanzette da dividere con altri seminaristi scopre tutto sul sesso. Quello sbagliato, quello di un adulto con un ragazzino. A guidarlo, a fargli da padrino, c’era don Bruno: “Non devi parlarne con nessuno”, gli ripeteva, “il nostro è un rapporto unico, non è peccato e quindi non lo devi neanche confessare”. Quando don Bruno tornò dal bagno dopo il primo rapporto gli chiese soltanto: “Ti sei sporcato?”. Altre volte lo avrebbe sporcato, soprattutto nell’anima. Marco soffriva di coliche, non riusciva a dormire e aveva frequenti attacchi d’asma. Ora racconta che tutti i malesseri sono scomparsi quando scappò dal seminario e trovò il coraggio di denunciare tutto al padre rettore, al suo parroco e al vescovo. Quelle denunce però sono servite solo a lenire i sintomi psicosomatici. Non è stato preso alcun provvedimento nei confronti di don Bruno, che ancora oggi, dopo aver patteggiato, esercita il ministero sacerdotale. Nella sentenza di condanna, emessa dal giudice Luigi Patronaggio, al sacerdote venivano concesse le attenuanti generiche perché “la complessa vicenda che ha visto protagonista il religioso va inscritta in quel particolare clima che caratterizza le comunità chiuse come il carcere, i collegi, le navi durante lunghe navigazioni, dove spesso si instaurano, tra soggetti deboli ed esposti, dinamiche a sfondo omosessuale”. Marco, che oggi ha 23 anni, nel dolore ha trovato la forza di laurearsi in psicologia, di fondare un’associazione che si occupa di minori molestati e gira l’Italia per testimoniare il suo calvario.

La perizia ignorata
La prima causa legale contro una curia, accusata di essere responsabile dell’operato di un suo parroco, è stata presentata a Napoli, dagli avvocati Giuseppe Aulino e Luciano Santoianni. Chiedono 170 mila euro perché l’ex arcivescovo, il cardinale Michele Giordano, “era a conoscenza della malattia di padre Giovanni ma non fece niente per impedire che molestasse sessualmente Gaetano, un ragazzo di 14 anni con lieve ritardo mentale”. Questa settimana il tribunale deciderà se accogliere le motivazioni dei legali di Gaetano e procedere nell’iter che potrebbe costringere la curia a risarcire i danni, morali e psichici, subiti dal ragazzino. Un precedente assoluto che, se accolto, aprirebbe la strada a decine di risarcimenti milionari. La tesi dei legali Aulino e Santoianni si fonda su una lettera che Franco Poterzio, medico psichiatra e docente all’Università Statale di Milano, scrisse al cardinal Giordano. Nella lettera lo psichiatra informava l’arcivescovo che padre Giovanni “è affetto da disturbo bipolare di primo tipo, in fase di grave eccitamento maniacale”. Poterzio segnalava anche l’opportunità che il sacerdote fosse allontanato dai servizi di catechesi e comunque non fosse lasciato solo insieme ai ragazzini. Il professore per tre volte ha parlato al telefono col cardinale. Inutilmente.

Padre Giovanni aveva delle attenzioni particolari verso i suoi chierichetti. Uno di questi, Gaetano, aveva qualche problema di apprendimento e per questo era seguito dagli assistenti sociali. Sono stati loro a denunciare quel prete alla magistratura. Dagli atti del processo svolto a Napoli si scopre che, nel luglio ’99, durante una gita organizzata dalla parrocchia a Marechiaro, mentre sono tutti in mare, Gaetano viene abbracciato da dietro da padre Giovanni. Alle assistenti sociali e al magistrato, racconterà di aver sentito “il suo pene che struscia sul mio sedere”. In un’altra occasione, il 15 dicembre dello stesso anno, durante un viaggio a Roma, il sacerdote e Gaetano passano la notte nell’istituto dei Padri missionari della Carità, in via di sant’Agapito 8. Secondo il racconto di Gaetano, padre Giovanni si sarebbe accoppiato davanti a lui con altri due ospiti di sesso maschile. Il terzetto avrebbe costretto Gaetano ad assistere, chiedendogli anche di partecipare, ma senza che questo avvenisse. I riscontri della polizia giudiziaria hanno verificato la presenza del sacerdote e del ragazzo nell’istituto religioso, ma non hanno potuto scoprire se l’orgia c’è stata davvero. Il tribunale, al termine di una lunga istruttoria, nel 2002 decreta il non luogo a procedere perché “il fatto è stato commesso in stato di incapacità di intendere e di volere”. In attesa dell’esito della causa civile, la curia non ha adottato alcun provvedimento di cautela. Dopo le parole dei giudici, dopo le perizie psichiatriche, dopo le stesse ammissioni di padre Giovanni, l’unica misura del vescovado, ora retto dal cardinale Sepe, è stato quello di un suo primo trasferimento in una parrocchia del quartiere popolare dell’Arenaccia e la sua successiva destinazione come cappellano in uno dei più importanti ospedali napoletani. Oggi padre Giovanni si sveglia tutti i giorni all’alba, dice la prima messa alle 7.45 del mattino e poi passa a dare parole di conforto e di fede tra le corsie dell’ospedale, anche nel reparto pediatrico, dove 42 lettini ospitano ogni anno 3 mila bambini.

L’abbazia dell’orco
Morali, se non penali, sono le responsabilità del vescovo di Arezzo, monsignor Gualtiero Bassetti. Fu lui che, nel 2000, ordinò sacerdote don Pierangelo Bertagna, al centro del maggiore scandalo di pedofilia che abbia di recente colpito la Chiesa italiana. L’11 luglio 2005 don Bertagna, parroco di Farneta, in provincia di Arezzo, viene arrestato dai carabinieri con l’accusa di aver abusato di un tredicenne. La denuncia era partita dalla madre a cui il ragazzino aveva raccontato dei particolari toccamenti che subiva da Bertagna. Ma nessuno poteva immaginare cosa nascondesse il parroco. Fondatore della comunità Ricostruttori di preghiera, il sacerdote predicava una vita di ascesi. Lui stesso, barba lunga e personalità carismatica, dormiva sul pavimento e si cibava di verdura. Una vocazione tarda la sua, a 30 anni: entrò in seminario a Novara nel 1992. Poi nel 2000 fu ordinato sacerdote nel duomo di Arezzo. Cinque anni dopo sarà ancora monsignor Bassetti a sospenderlo a divinis. Quando esplose la vicenda, il vescovo affidò all’Ansa, un unico commento: “Siamo rimasti sbalorditi nell’apprendere dell’arresto. Non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere; don Bertagna è sempre stato un ottimo sacerdote. Speriamo che le indagini portino in breve ad accertare la verità”. Quello che sembrava uno scandalo di provincia diventò un terremoto che dall’epicentro di un paese di poche anime anime arrivò a scuotere i palazzi del Vaticano. Dopo la prima confessione del sacerdote, che ammise di aver violentato il tredicenne, crollò il muro di omertà e molti genitori denunciarono fatti analoghi in un crescendo che terrorizzava gli stessi inquirenti. Poi, a settembre, nel corso di un interrogatorio, assistito dagli avvocati Francesca Mafucci e Annelise Anania, Bertagna crollò e ammise di aver abusato di 38 minorenni. Dieci vittime sono della Valdichiana, la zona che circonda l’abbazia millenaria di Farneta, dove viveva Bertagna. Dei 38 casi rivelati dal sacerdote, i carabinieri hanno trovato finora 18 conferme. Ma l’indagine prosegue per scoprire eventuali molestie commesse in seminario.

Ci sarebbe di che interrogarsi sull’efficacia delle misure adottate dalla Chiesa italiana per impedire altri orrori. Mentre oggi la soluzione per i sospetti, per i dubbi e anche per le denunce che segnalano l’evidenza è troppo spesso il trasferimento. Che lascia il sacerdote solo alle prese con le sue turbe ed espone nuove vittime alla violenza.
 



Martedì, 21 novembre 2006


Pedofilia preti


Fedeli fino all’omertà

di Marco Lillo

Le rivelazioni di un tredicenne, i riscontri dei giudici. Ma l’arresto di due preti mobilita i parrocchiani. In loro difesa

Riprendiamo dal sito del settimanale l’espresso (Vedi: http://espresso.repubblica.it/ ) il seguente articolo.

La difesa di un’intera comunità contro la parola di un ragazzino rom di 13 anni. Le fiaccolate contro i rapporti di Polizia. È questa la strana reazione delle parrocchie dei due sacerdoti arrestati nell’ultimo blitz anti-pedofilia. A Prato come a Roma, le comunità si chiudono a difesa dei loro religiosi. Don Domenico Repice, 39 anni, romano, collaboratore della parrocchia di San Giustino nel quartiere Alessandrino, è ai domiciliari con l’accusa di avere pagato un 13enne per fare sesso in auto. Con l’aggravante di averlo cacciato a calci per non dargli tutti i soldi, minacciando: “Sono un poliziotto”. Oltre alle parole del ragazzino, contro di lui c’è solo la segnalazione, in una sera diversa, della sua auto nella strada della prostituzione minorile. Lui, a chi lo chiama, ripete: “Sono innocente, mi credi, vero?”. I giovani che chiacchierano davanti a San Giustino, in questa strana periferia romana che sembra più un paese, rispondono sì: “È venuto in gita con noi a Colonia, mai un gesto o una parola fuori posto”. La titolare della pizzeria vicino alla chiesa sentenzia: “Non si può crocifiggere un uomo sulla parola di uno zingarello”. Don Mimmo insegnava al liceo artistico De Chirico, al Tuscolano. Anche lì il muro di solidarietà tiene. La preside sottolinea che “si è fatto da parte anche se è solo indagato”; la vicepreside si commuove per lui, gli alunni sottolineano che, durante le cene di classe, quando si facevano le ore piccole cantando a squarciagola Baglioni, o nelle gite a Firenze, ci sarebbe stata pure l’occasione. E invece niente: “Don Mimmo è un prete vero”. Pronto alla battuta sulla sua squadra, la Roma, ma inflessibile sulla dottrina. Solo a parlare di aborto e fecondazione si inalberava. I suoi alunni dicono: “Sarà stato uno zingaro a cui ha negato i soldi a fargliela pagare”. Stesso ritornello a Prato. L’onda calda di solidarietà all’altro sacerdote agli arresti domiciliari per l’indagine coordinata dal capo della squadra mobile di Roma, Alberto Intini, è ancora più forte e sorprendente. Non capita tutti i giorni un parroco nigeriano accusato di abusi sui minori: padre Denis è accusato di avere passato una notte in una pensioncina con lo stesso ragazzino che ha chiamato in causa don Mimmo. Contro di lui c’è la registrazione in albergo e il riconoscimento del tredicenne. L’ultima volta che il suo lungo nome (Georgedenis Onyebuchi Asomugha, per tutti Denis) era finito sui giornali, era stato un anno fa. Il quotidiano dei vescovi, ’Avvenire’, aveva dedicato un ritratto a questo sacerdote nero piovuto dalla Nigeria. “La chiesa di Galcetello è rinata con lui”, dicono in coro le massaie in fila al supermercato che affianca la chiesa. “Ci sono 80 miei coetanei pronti a dirti cosa ha fatto per noi”, ti sfida la ragazza del gruppo giovani affranta sulla panchina. Ora che si trova agli arresti domiciliari nella stessa chiesa che aveva inserito nel progetto Nip, Nuova immagine della parrocchia, qualcuno potrebbe ironizzare sul parroco aperto ai giovani. Invece sono tutti preoccupati per lui, non per i ragazzi. “Mia figlia continua a seguire il catechismo per la comunione. Se padre Denis tornasse libero”, dichiara la parrucchiera, “la lascerei lì”. Al bar strappano il quotidiano che pubblica le accuse contro il sacerdote: “Padre Denis qui non ha mai pagato una colazione, era sempre offerta in segno di stima”. Tra le villette a schiera che compongono questo borgo elegante le domande provocano solo fastidio. Non ci sono cinesi. E i figli degli impiegati delle aziende tessili che rappresentano l’ossatura di questo quartiere non mollano il loro parroco. Ogni mattina don Denis si sveglia e scorge dalla finestra lo striscione colorato con su scritto: ’Noi ci siamo’. Hanno organizzato una fiaccolata con il vescovo e intonano canti sacri sotto la sua dimora coatta. Se gli fai notare che sono coetanei del ragazzino rumeno che si è venduto per pochi euro, ti guardano con gli occhi stupiti: “Siamo stati in auto con lui, anche di sera. O a giocare al calcetto o sotto lo stesso tetto in gita. Un mese prima di quella sera di aprile di cui parla l’acccusa, Denis era a Roma con noi. Semplicemente, non possiamo crederci”. Solo una signora di mezza età azzarda una maldicenza: “Spendeva molti soldi in biancheria intima”. L’ultima mangiapreti sopravvissuta in questo lembo di Toscana, dove si sentono più ave marie che bestemmie. A mandare avanti la parrocchia ora è rimasto padre Collins, il viceparroco, nigeriano anche lui. Dice solo: “Preghiamo perché la verità prevalga”.
 



Martedì, 21 novembre 2006


Preti pedofili in USA


Mega risarcimento per le vittime

di Agenzia ADISTA n 83 del 25-11-2006

Los Angeles-Adista. Mega-risarcimento per le vittime dei preti pedofili. Grazie ad un accordo siglato con l’arcidiocesi di Los Angeles e l’ordine dei Carmelitani, le 7 vittime degli abusi e molestie sessuali di p. Dominic Savino, 67 anni, prete carmelitano, potranno dividersi un maxi-risarcimento di 10 milioni di dollari. Savino era stato per molti anni (a partire dal 1977) insegnante e amministratore della Crespi Carmelite High School di Encino, nella Valle di San Fernando, ma nel 2002 era stato allontanato dal servizio e sospeso dal ministero dai suoi superiori, quando emersero chiaramente le sue responsabilità penali nei confronti di alcuni studenti minorenni della scuola. Coinvolti nell’inchiesta anche il preside dell’istituto, John Knoernschild ed altri due membri dell’Ordine che non svolgevano però incarichi specifici all’interno della scuola. La maggior parte del risarcimento verrà pagata dall’Ordine carmelitano; l’arcidiocesi contribuirà versando il 5% circa della somma. Nel marzo scorso, sempre in California, l’Ordine francescano acconsentì a pagare 28 milioni di dollari per risarcire 25 vittime di abusi sessuali. I casi di molestie sessuali in California da parte di preti e religiosi sono circa 560, che fanno riferimento ad episodi avvenuti anche 70 anni fa, per la maggior parte ancora da risolvere.
 



Martedì, 21 novembre 2006


Pedofilia


Salvador, prete condannato a 20 anni

Fonte: http://www.tio.ch/

TICINONLINE

22/11/2006 – 11:02


Pedofilia: Salvador, prete condannato a 20 anni

SAN SALVADOR – Un prete cattolico è stato condannato da un tribunale salvadoregno a 20 anni di reclusione per aver violentato un chierichetto di 11 anni, nella prima sentenza del genere nel Paese centroamericano.
Il sacerdote, José Daniel Rivas, 60 anni, è stato condannato da tre giudici, dopo essere stato riconosciuto colpevole di aver abusato del bambino l’anno scorso a San Cristobal, circa 35 chilometri a est della capitale.
“Finora non c’erano stati casi di sanzioni di questo tipo nel Paese”, ha detto alla Reuters un responsabile del tribunale, José Luis Funes.

ATS



Giovedì, 23 novembre 2006


Messina


Condannato parroco di 88 anni per

 pedofilia

Fonte: corriere della sera

24 nov 11:24 Lipari: abusi su minore, condannato a 15 anni ex parroco
LIPARI – Per aver abusato sessualmente di un bambino di 5 anni, l’88enne ex parroco di Lipari e’ stato condannato a 15 anni di carcere dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina. Inflitti 5 anni anche alla sua perpetua, la 47enne di origine francese madre del minore: avrebbe consentito al prete di violentare il piccolo tra il 1996 e il 1998, portandolo frequentemente in parrocchia. (Agr)


fonte:www.la7.it

Messina 24/11/2006 13:32
ABUSI SESSUALI SU BAMBINO, PARROCO 88ENNE CONDANNATO A 15 ANNI

Messina, 24 nov. (Apcom) – Il Tribunale di Barcellona P. G. (Messina) ha condannato a 15 anni di carcere e 3 anni di libertà vigilata don Alessandro Restuccia, 88 anni, ex parroco della frazione Canneto di Lipari, sospeso dalle autorità ecclesiastiche duraate le indagini, per violenza sessuale su un minore. Assieme al parroco il Tribunale ha condannato anche la madre del minore a 5 anni di carcere perché avrebbe consentito gli abusi. Le violenze subite dal minore (all’epoca dei fatti aveva 5 anni) – secondo quanto accertato dai pm messinesi – risalgono ad un periodo compreso tra il 1996 e il 1998, quando la madre del piccolo, una donna francese sposata con un pescatore di Lipari, svolgeva il ruolo di perpetua del prete. A denunciare gli abusi è stato il padre durante la procedura di separazione.
 



Domenica, 26 novembre 2006


Il cado di padre Fedele Bisceglie


Per la Cassazione può tornare a colpire

a cura di Paola D’Anna

La Suprema Corte contro il Tribunale del Riesame: il frate francescano indagato per violenza sessuale nei confronti di una suora non doveva essere rimesso in libertà

Non c’è che dire: c’è da rimanere “deliziati” a leggere le motivazioni con cui la Corte di Cassazione ha deciso che padre Fedele Bisceglie, il fracnescano indagato per violenza sessuale nei confronti di una suora, “non doveva essere rimesso in libertà perché può tornare a colpire”. La violenza sessuale, chiunque sia a commetterla, è sempre qualcosa che non può trovare giustificazione alcuna e che deve essere punita con decisione, soprattutto quando a commetterla sono persone che vestono qualche “abito sacro”.
 


Su di lui pesano gravi indizi che denotano “proclività a commettere atti della stessa specie”
Cassazione: ’’Padre Fedele puo’ tornare a colpire’’

Roma, 29 nov. – (Adnkronos) – Padre Fedele Bisceglia, il frate francescano indagato insieme al suo segretario Antonio Gaudio per violenza sessuale nei confronti di una suora, non doveva essere rimesso in libertà perché può tornare a colpire. Lo sottolinea la terza sezione penale della Cassazione che, nelle motivazioni depositate oggi, spiega come nei confronti del frate ci siano ’’gravi indizi’’ che denotano ’’proclività a commettere, senza eccessive remore, atti della stessa specie’’.

Giovedì, 30 novembre 2006


Pedofilia dei preti in USA


La Diocesi di Los Angeles risarcisce

 vittime

60 milioni di dollari per 45 vittime

http://www.corriere.it/


01 dic 20:24 Pedofilia: Usa, Diocesi di Los Angeles risarcisce vittime
LOSA ANGELES – La Diocesi cattolica di Los Angeles ha accettato di risarcire 45 vittime di preti pedofili. La cifra complessiva che sara’ versata e’ di 60 milioni di dollari, di cui 50 milioni saranno pagati dalla diocesi; otto milioni saranno donati da ordini religiosi. Sono oltre mille le presunte vittime di abusi che si sono rivolte ai giudici dopo la legge, approvata in California nel 2002, che concede un anno alle vittime di molestie sessuali del clero per ricorrere in giudizio. (Agr)

http://www.rainews24.rai.it/

Pedofilia. La diocesi di Los Angeles pronta a un risarcimento da 60 milioni di dollari

Los Angeles, 1 dicembre 2006
La Diocesi cattolica di Los Angeles ha deciso di fare ammenda per i propri peccati a sfondo sessuale mettendo mano al portafoglio e ha accettato di risarcire 45 vittime di preti pedofili per un totale di 60 milioni di dollari.

L’accordo e’ il piu’ significativo raggiunto finora per risolvere una catena di azioni legali che si era trascinata per anni nei tribunali della metropoli californiana. 50 milioni di dollari saranno pagati dalla diocesi e circa otto milioni da ordini religiosi.

Nel 2002 lo stato della California aveva approvato una legge che aveva concesso un anno alle vittime di molestie sessuali del clero per ricorrere in giudizio anche in casi altrimenti passati in prescrizione per limiti di tempo. In base a quella legge un migliaio di persone si sono rivolte al giudice.


Sabato, 02 dicembre 2006


CRONACA
05 Dic 2006 18:21
 

PEDOFILIA


Abusi su bambini
Arrestato missionario


Il sacerdote è stato arrestato in Sardegna a casa della sorella, su lui pende un mandato internazionale per una serie di episodi avvenuti in Nicaragua, Messico e
Stati Uniti


Cagliari, 5 dicembre 2006 – Un prete di Villamassargia (Cagliari), don
Marco Dessì di 59 anni, è stato arrestato con l’accusa di pedofilia dai
carabinieri del comando provinciale di Cagliari in esecuzione di un
mandato di cattura internazionale. Il religioso è stato ammanettato a casa
della sorella, ad Iglesias, dove si trovava da alcuni giorni per effettuare dei
controlli sanitari. Il sacerdote da oltre trent’anni era impegnato in
diverse missioni umanitarie, in particolare, in favore dei bambini in
Nicaragua, dove si sarebbero consumati i presunti abusi.
Sulla vicenda gli investigatori hanno mantenuto il massimo riserbo (i carabinieri, esecutori del provvedimento, si sono rifiutati di fornire anche le generalità del religioso), ma la notizia, stante anche la notorietà nella zona di Padre Marco, è trapelata quasi subito. Il provvedimento restrittivo elenca una serie di episodi – che sarebbero accaduti non solo in Nicaragua, ma anche in Messico e negli Stati Uniti – in cui sarebbe coinvolto il missionario e che risalgono agli ultimi anni. ”Rivolgo a tutti un invito alla preghiera – ha detto il vescovo di Iglesias, mons. Tarcisio Pillola- perche’ Dio conforti padre Marco nel momento piu’ drammatico della sua vita”. Augurandosi che la Provvidenza ”illumini i giudici” e porti a un rapido chiarimento, mons. Pillola ha auspicato che di fronte ad un’accusa cosi’ infamante non vengano (”sotto l’influenza dei mezzi di comunicazione sociale”) pronunciate ”condanne avventate”. ”Persino la magistratura – ha concluso – non procede alla sentenza definitiva prima dei tre gradi di giudizio”.
Padre Marco Dessì ha fondato in Nicaragua a Chinandega, cittadina a 130 km a nord della capitale Managua e sconvolta nel 1998 dall’uragano Mitch che solo in quell’area provoco’ oltre 3mila morti, la missione ”Betania” che assiste bambini poveri e abbandonati. A lui viene attribuito, tra l’altro, il ”recupero” di almeno 600 bambini che vivevano frugando tra i rifiuti di una discarica. L’associazione sta ora raccogliendo fondi (60 mila dollari) per costruire una casa che dovra’ ospitare i bambini ciechi tolti dalla discarica.
http://espresso.repubblica.it/dettagliolocal/Missionario%20sardo%20accusato%20di%20pedofilia/1450108/6
 

IL PROVVEDIMENTO D’ARRESTO INTERNAZIONALE HA RAGGIUNTO IL PRETE DI VILLAMASSARGIA A CASA


Missionario sardo accusato di pedofilia
Erminio Ariu


Il religioso da trentacinque anni in Nicaragua era nell’isola, ospite della sorella, per farsi curare


VILLAMASSARGIA.

Un provvedimento d’arresto internazionale con un’ipotesi d’accusa decisamente grave: pedofilia. Padre Marco Dessì, originario di Villamassargia, da circa 35 anni missionario in Nicaragua, è stato arrestato nella mattinata di ieri, nell’abitazione di una sorella che lo ospitava da qualche giorno. I fatti contestati sarebbero accaduti nel paese del Centro America.
Era da decenni in prima linea tra i disperati, i poveri di quella terra dove manca tutto, anche il sorriso nei bambini, e ieri quando si è sparsa la notizia che padre Marco Dessì, missionario a Chinandega in Nicaragua, è stato arrestato, su ordine di carcerazione internazionale, con l’infamante accusa di pedofilia, a tutti quelli che lo conoscevano ed avevano condiviso con lui, anche la scorsa estate, il progetto Betania che portava avanti in qull’angolo dimenticato del pianeta, è crollato il mondo addosso. Don Marco Dessì è stato arrestato, ieri mattina, dai carabinieri di Cagliari in esecuzione di un provvedimento restrittivo inviato da Managua alcuni giorni fa. I militari dell’Arma hanno bussato all’ingresso della casa della sorella, nel contro storico di Iglesias, e gli hanno notificato il provvedimento
che cancella in un attimo il lavoro che il missionario, originario di Villamassargia, ha compiuto per decenni nel Centro America.
L’accusa è pesantissima e la delicatezza del provvedimento ha imposto la massima riservatezza anche alle forze dell’ordine che si sono limitate ad eseguire quanto imposto dal mandato di carcerazione internazionale.
Padre Marco Dessì era rientrato in Sardegna qualche settimana fa per motivi di salute ed era stato ricoverato all’ospedale Santa Barbara per l’asportazione di un tumore al polmone. Da qualche giorno trascorreva la convalescenza in città, ma dopo un periodo di riposo sarebbe dovuto rientrare in ospedale per proseguire la terapia.
Quando i carabinieri gli hanno letto quanto riportato nell’ordine di carcerazione, il religioso è sbiancato in volto e ha, senza proferire parola, seguito gli uomini dell’Arma che, per evitare ogni clamore, si sono presentati in abiti borghesi.
La notizia ha suscitato incredulità non solo a Villamassargia, ma in tutta l’isola perchè Padre Marco era solito arrivare in Sardegna con i suoi ragazzi per spettacoli destinati a raccogliere fondi per il progetto Betania. In quasi sette lustri il missionario di Villamassargia è riuscito a dare una casa a migliaia di bambini, a garantire loro un pasto caldo e l’istruzione. Un impegno incessante per il popolo nicaraguense: negli ultimi anni è riuscito a costruire un teatro e un museo ed erano in programma la costruzione di un ospedale per i bambini, gli anziani e le bambine madri vittime della povertà. Le donazioni giungevano da tutto il mondo e alla sua causa non mancava di dare il proprio apporto Rock No War, con sede in Emilia (associazione alla quale aderiscono star della musica come I Pooh e i Nomadi). Padre Marco Dessì non fa parte dell’organizzazione diocesana del Sulcis Iglesiente ma è componente dell’associazione di sacerdoti “Gesù divino operaio”.
«Una vera disgrazia – ha detto un parroco del Sulcis -. Padre Marco potrebbe essere vittima di interessi che contrastano con la sua missione. Era un punto di riferimento per i poverissimi e per gli oppressi, ma anche un uomo scomodo per i latifondisti. Credo nella giustizia soprattutto in quella divina che non lo abbandonerà».
http://www.sardegnaoggi.it/notizie.php?notizia=8092
 

Pedofilia: missionario sardo in carcere


Sarebbero almeno 6 le vittime delle presunte violenze sessuali commesse da don M. D., il missionario sardo di 59 anni da ieri in carcere a Cagliari con l’accusa di pedofilia. Il loro racconto assieme a quello di altri 4 ragazzi è ora agli atti dell’inchiesta scaturita dall’esposto-denuncia presentato alla Procura di Parma dall’avvocato Marco Scarpati, di Reggio Emilia, per conto di alcune associazioni e del Comune di Correggio.
 

CAGLIARI – Alcuni di questi ragazzi, oggi maggiorenni, sono stati fatti venire in Italia perchè parlassero direttamente con i magistrati. In base a quanto denunciato nell’esposto, i fatti risalgono tra la fine degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta. All’epoca le vittime, sia nicaraguegne che italiane, avevano dagli 8 ai 13-14 anni. La maggior parte delle testimonianze raccontano di violenze sessuali avvenute in Nicaragua, ma ci sarebbero anche alcuni fatti successi in Italia. In tutti i casi emergerebbe l’assoluta soggezione delle vittime nei confronti del missionario.
”Tutto comincia con una segnalazione di ‘fatti strani’ arrivata alle associazioni italiane coinvolte nel progetto in Nicaragua diretto da don M. – dice l’avvocato Scarpati – Sul posto viene quindi inviato un associato che raccoglie in un Dvd i risultati della sua inchiesta, con testimonianze dirette delle giovani vittime e di chi ha visto o sentito. Il materiale arriva sul mio tavolo nell’estate scorsa e dopo una serie di consulenze ho deciso di dire si’ alla onlus modenese ‘Rock no war’ che mi aveva chiesto di patrocinarela causa – dice ancora il legale ricostruendo la vicenda – Nell’agosto del 2006 l’esposto è stato presentato alla Procura di Parma: trattandosi di reati commessi da un cittadino italiano all’estero – spiega ancora Scarpati – si poteva scegliere qualunque Procura, quella di Parma è equidistante tra la sede della onlus e il mio ufficio di Reggio Emilia”.
Intanto il missionario si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip del tribunale di Cagliari, Giorgio Altieri, ma ha chiesto di essere interrogato dai giudici di Parma, su cui ricade la competenza dell’inchiesta e dove risultano allegati al fascicolo tutti i verbali delle deposizioni con le accuse a suo carico. “Il sacerdote è sereno – fa sapere l’avvocato difensore Pierluigi Concas – Ha passato la sua prima notte tranquilla nel carcere di Buoncammino ed è convinto di riuscire a dimostrare la sua completa estraneità ai fatti contestati”. Stamattina il legale ha anche sollevato una eccezione sulla competenza territoriale del tribunale di Parma chiedendo che l’inchiesta si sposti a Cagliari: ”Don M. ha la dimora in Sardegna, nel cagliaritano, la competenza, a nostro avviso, spetta quindi alla procura del capoluogo isolano”.

http://ilnuovo.redaweb.it/seconda.php?key=16376

Pedofilia invece di solidarietà: in carcere sacerdote sardo


E’ stato un esposto alla magistratura fatto nel settembre scorso dall’associazione Onlus modenese ‘Rock no war’, dall’associazione ‘Solidando’ di Cagliari, dal Comune di Correggio (Reggio Emilia) e dall’ex sindaco della cittadina reggiana, Claudio Ferrari, a far partire le indagini che hanno portato ieri all’arresto con l’accusa di pedofilia del sacerdote sardo Don Marco 59 anni, da piu’ di trenta impegnato in Nicaragua nell’assistenza di bambini privi di mezzi di sostentamento o abbandonati. Lo hanno reso noto gli stessi responsabili di ‘Rock no war’, con un comunicato in cui spiegano le tappe della vicenda che ha portato al provvedimento restrittivo nei confronti del sacerdote.
‘Alla fine dell’estate – spiega il comunicato – Rock No War, Solidando, il Comune di Correggio e gli altri firmatari dell’ esposto sono venuti a conoscenza, sia attraverso testimonianze filmate che poi, in seguito, attraverso l’ intervista diretta ad alcune delle persone che negli anni erano stati, loro malgrado, coinvolti nelle attivita’ del sacerdote, di presunti episodi di violenza continuati e reiterati avvenuti ai danni dei piccoli bambini del coro di Chinandega (creato proprio dal sacerdote, ndr). Tali dichiarazioni erano assolutamente gravi e molto circostanziate e narravano di un universo del tutto diverso da quello che, per anni, ci era stato narrato dal sacerdote. Una realta’ fatta di violenze e di terrore, tali da esigere una immediata presa di coscienza della improcrastinabilita’ dell’ intervento delle autorita’ inquirenti’.
‘Trattandosi di condotta compiuta da un cittadino italiano (ancorche’ in buona parte avvenute all’estero) si e’ deciso di adire alle autorita’ giudiziarie del nostro Paese – spiega ancora ‘Rock no war’ – e, nel contempo, essendo egli sacerdote, di provvedere ad inoltrare pari esposto alle autorita’ religiose delegate alla vigilanza su tali condotte. Abbiamo quindi dato mandato al nostro legale, l’avvocato Marco Scarpati (che e’ anche presidente di Ecpat Italia, l’associazione che lotta contro lo sfruttamento sessuale e la pedofilia internazionale), di fare tutti i passi necessari’.
‘In contemporanea con la presentazione – conclude la nota – i firmatari dell’esposto hanno anche deciso di bloccare tutti i finanziamenti al progetto gestito da don Marco in Nicaragua fino al completo chiarimento della situazione’. ‘Rock no war’ ha realizzato negli ultimi anni numerose iniziative a favore delle attivita’ assistenziali del sacerdote, anche per la costruzione di una scuola di musica nella Missione Betania, nella cittadina di Chinandega.
Anche i Pooh hanno suonato in Nicaragua, assieme al Coro Getsemani fondato da padre Marco, per raccogliere fondi, e hanno poi sensibilizzato il pubblico, durante una tournee, con filmati e racconti di questa esperienza. Il coro, nato nel 1980, ha tenuto in piu’ occasioni concerti anche in Italia (sono apparsi anche al ‘Pavarotti and Friends’), chiedendo aiuti con i quali sono stati costruiti a Chinandega scuole, centri di recupero, centri di distribuzione dei pasti, un ospedale con due sale chirurgiche e una di emodialisi, una casa-scuola per non vedenti.


http://espresso.repubblica.it/dettagliolocal/Sei%20minorenni%20accusano%20il%20missionario/1451047/6


In Italia un gruppo di ex ospiti della comunità nicaraguense conferma tutti gli abusi
Sei minorenni accusano il missionario
Il religioso di Villamassargia: «Mi interroghino i giudici di Parma»
 

VILLAMASSARGIA. Don Marco Dessì, il missionario arrestato con l’accusa di pedofilia, si è avvalso della facoltà di non rispondere al Gip del tribunale di Cagliari Giorgio Altieri, ma ha chiesto di essere interrogato dai giudici di Parma e di trasferire la competenza su quella di Cagliari.
«Il sacerdote è sereno – fa sapere l’avvocato difensore Pierluigi Concas di Cagliari -. Ha passato una notte tranquilla nel carcere di Buoncammino ed è convinto di riuscire a dimostrare la sua completa estraneità».
Le contestazioni hanno preso le mosse dalle presunte vittime, cinque o sei ragazzi oggi non più grandi di 17, 19 anni, che sarebbero stati vittime delle attenzioni sessuali nella seconda metà degli Anni ottanta, in Nicaragua. Ma c’è chi oggi considera la vicenda una montatura organizzata contro il sacerdote perché considerato una persona pericolosa nel contrasto della criminalità locale.
L’inchiesta giudiziaria è partita dalla Procura di Parma. Nelle scorse settimane l’associazione Onlus “Rock No War”, ha inoltrato due esposti uno all’autorità giudiziaria e l’altra alla Santa Sede denunciando presunti abusi perpetuati dal missionario a danno degli ospiti della comunità di Chinandega. A fine estate Rock No War e l’associazione “Solidando” di Cagliari sarebbero venute a conoscenza di abusi sessuali consumati a danno di minori e data la gravità della denuncia i responsabili delle due associazioni, senza fini di lucro, hanno avviato una verifica.
Dal Nicaragua sono arrivati alcuni filmati e contestualmente da Chinandega sono giunti a Modena un folto gruppo di giovani, ex ospiti della comunità di padre Marco, che avrebbero confermato quanto proposto nelle registrazioni video. «Non credevamo ai nostri occhi – ha dichiarato il legale delle presunte vittime, Marco Scarpati presidente di Ecpat Italia l’associazione che lotta contro lo sfruttamento sessuale e la pedofilia internazionale – e sulla base delle testimonianze e dei documenti filmati abbiamo inviato i due esposti».
L’inchiesta della procura di Parma ha avuto i primi devastanti effetti con l’arresto del missionario mentre è ancora in corso quella del Santo Uffizio che, prima di emettere un giudizio, ha richiamato in Italia padre Marco. La presenza in Italia e in Sardegna quindi del missionario non sarebbe legata alle visite mediche effettuate recentemente dal prete presso l’ospedale Santa Barbara, che si sarebbero dovute ripetere domani con nuove verifiche, ma all’ordine del Vaticano di riferire alle autorità ecclesiastiche sulle accusa mosse a suo carico.
Gli accusatori del religioso sono stati sentiti nei giorni scorsi dal magistrato di Parma ed avrebbero riferito fatti decisamente scabrosi. E’ stato richiesto anche l’incidente probatorio perché l’atteggiamento che si avverte in Nicaragua, nei confronti di questi giovani, avrebbe consigliato di assumere ogni precauzione. Secondo indiscrezioni ad accusare, oggi, padre Marco sarebbero giovani di età compresa tra i 17 e i 19 anni che all’epoca dei fatti erano bambini di otto o nove anni.
In Italia le prima denunce sui presunti abusi sessuali nei confronti dei bambini della casa-rifugio risalgono all’estate scorsa, ma nessuno era propenso a credere che a Chinandega potessero accadere fatti così incresciosi. «Abbiamo stentato a crederci finchè non sono arrivati i filmati – ha detto Marco Scarpatti – e le testimonianze confermano il contenuto degli esposti. Mi limito a dire che l’impegno del religioso in Nicaragua non era quello del buon pastore».
Ma sul fronte del sacerdote le posizioni sono evidentemente di tutt’altro tenore. Ieri mattina il prete, assistito dall’avvocato Pier Luigi Concas, è stato interrogato in carcere ma padre Marco si è avvalso della facoltà di non rispondere. «Del resto – ha commentato l’avvocato Concas – gli atti sono depositati presso la procura di Parma e solo quei magistrati potrebbero sottoporre ad interrogatorio don Marco. Abbiamo anche sollevato l’incompetenza della procura di Parma ed è stata avanzata la richiesta che ad occuparsi dell’inchiesta sia la magistratura di Cagliari. Padre Marco è residente a Villamassargia. Il mio assistito, tengo a ribadirlo si è professato innocente».
Le associazioni Rock No War e Solidando, il comune di Correggio, che avevano aderito alle richieste di aiuti per la comunità nicaraguense, hanno invitato i Comuni che hanno deliberato somme a favore di Chinandega di congelare gli aiuti in attesa di chiarimenti.
 

http://www.telereggio.it/notizie/30158.html

“Le vittime sono tantissime”


Lo hanno arrestato mentre, contrariamente al monito del Vaticano, stava lasciando l’Italia per tornare in Nicaragua. Ne sono convinti gli inquirenti che indagano sugli abusi che avrebbe commesso Don Marco Dessì su diversi ragazzini del paese del centro america. Quegli stessi bambini che vivevano tra i rifiuti, nelle discariche, e che con la sua missione diceva di voler salvare.
Al momento sono sei i ragazzi, oggi maggiorenni, che hanno denunciato le attenzioni sessuali avvenute nella seconda metà degli anni ottanta. Il sacerdote si dice innocente e c’è chi considera la vicenda una montatura organizzata contro Dessì perchè considerato una persona pericolosa nel contrasto della criminalità locale. L’esposto alla magistratura è stato inoltrato alla procura di Parma dall’avvocato reggiano Marco Scarpati. Dopo l’arresto, avvenuto in Sardegna, don Marco Dessì è stato trasferito nel carcere di Parma dove nelle prossime ore verrà ascoltato dal pubblico ministero Lucia Russo.
‘Sembra che questi abusi durassero da parecchi anni e che abbiano coinvolto decine e decine di persone – dice il Procuratore capo di Parma Gerardo Laguardia. – Don Dessì è un personaggio potente in Nicaragua, ha agganci ad altissimo livello e ha tentato di condizionare le parti lese offrendo loro dei soldi’.
Sono tante le associazioni e gli enti reggiani che in questi anni hanno sostenuto le iniziative benefiche di Don Marco Dessì. Perchè il missionario era più volte stato nella nostra provincia per raccogliere fondi a favore dei bambini nicaraguensi. Oggi quelle stesse persone che lo hanno aiutato sono sconvolte dalle accuse che vengono mosse al sacerdote. Saranno le indagini a fare luce sulla vicenda. Nell’attesa, don Marco Dessì resterà in carcere, troppo forte il pericolo di fuga o, peggio, di reiterazione del reato.


Nuove notizie sul missionario sardo

 arrestato per pedofilia

Fonte: http://espresso.repubblica.it/

Trovato in casa il biglietto per il Nicaragua: il magistrato conferma l’arresto del religioso
Stava per fuggire il prete accusato di pedofilia
Mariagrazia Marilotti e Erminio Ariu
Indagato per altri reati anche il suo commercialista: riciclaggio di denaro e truffa

CAGLIARI. Aveva già organizzato la fuga ma prima che potesse metterla in atto sono arrivati i carabinieri della compagnia di Cagliari e lo hanno portato a Buoncammino da dove è stato poi trasferito nel carcere di Parma. Ha una sfilza di accuse che pesano come macigni padre Marco Dessì, il religioso originario di Villamassargia arrestato in casa della sorella per pedofilia.
Ieri mattina il pubblico ministero, Lucia Russo, ha convalidato l’ordinanza di custodia cautelare con lo scopo di impedire al prete di reiterare il reato di violenza sessuale su minori e di inquinare le prove. Il missionario sarà sentito nei prossimi giorni, in carcere, dal sostituto procuratore della repubblica che conduce le indagini alla presenza dell’avvocato di fiducia, Pier Luigi Concas.
I militari durante la perquisizione in casa gli hanno trovato i biglietti aerei: destinazione Managua via Milano con un volo delle 9,30 della stessa mattinata. Padre Marco, religioso della congregazione Divino Gesù operaio e fondatore di una comunità per piccoli bambini abbandonati in Nicaragua era tornato nell’isola da poco più di una settimana. Sapeva che la sua libertà aveva i giorni contati. Anche la Chiesa lo aveva invitato esplicitamente a tornare in Italia e ritirarsi in convento. Forse aveva affrontato questo viaggio per salutare i suoi familiari e magari salvare la faccia ai loro occhi, ma soprattutto per curare e alleviare le sofferenze causate da un tumore ai polmoni. Se per il religioso le imputazioni vanno dalla violenza sessuale continuata su ragazzini di età fra i sei e i 12 anni i suoi guai con la giustizia potrebbero non fermarsi qui.
Oltre alle accuse di pedofilia i magistrati stanno indagando su altre ipotesi di reato in concorso con altre due persone di nazionalità straniera: il suo commercialista in Nicaragua e una terza persona, forse un componente della comunità di Chinandega che risultano indagate per reati che vanno dal riciclaggio di denaro alla truffa all’appropriazione di immobili e tentativi di corruzione di testimoni. A mettere nei guai il prete sono una marea di testimonianze: sono una ventina i ragazzi che avrebbero subito e raccontato quanto il prete li costringeva a fare. Ma non solo. A quanto pare otto di questi ragazzi ora diventati più grandi hanno raccontato di violenze che risalgono alla metà degli anni ’80. Ad aggravare una situazione già pesantissima il religioso avrebbe tentato con la complicità del commercialista di corrompere le piccole vittime delle violenze offrendo loro dai 30 ai 40 mila dollari in cambio della ritrattazione o del silenzio. E in certi casi minacciando di ucciderli se avessero rifiutato. Gli squallidi giochi erotici padre Marco li praticava, secondo le accuse, in Nicaragua con alcuni bambini, orfani e trovatelli, ospiti della sua comunità. Ma anche in occasione di alcune feste e meeting che organizzava in giro per il mondo, tra cui Houston nel Texas, dove raccoglieva fondi per mandare avanti la comunità, ma che secondo i movimenti di denaro accertati dagli inquirenti andavano a finire nei suoi conti privati, alimentando i cospicui conti bancari e patrimoni immobiliari: case, terreni, auto, tv al plasma. Ancora da accertare il racconto di un ragazzino nicaraguense ospitato a Villamassargia per le vacanze e poi violentato dal religioso con la complicità di un amico di nazionalità straniera.
In Sardegna l’arresto di don Marco Dessì ha avuto effetti devastanti nelle persone che da vari anni e a vario titolo hanno collaborato con il missionario per raccogliere fondi per la missione di Chinandega. Anche gli abitanti del comune di Correggio non credono alle accuse mosse al missionario. In questi anni l’ammnistrazione comunale del centro di Reggio Emilia aveva stanziato oltre 700 mila euro per la realizzazione di alcuni progetti regolarmente realizzati. In quella missione padre Dessì è riuscito a sfamare ogni giorno oltre 800 bambini, a costruire un ospedale ed un efficientisimo centro dialisi, scuole professionali e servizi sociali di eccezionale efficienza.
I membri dell’associazione Rock No War gli è stata vicina fino a settembre quando sono arrivate le prime segnalazioni e i primi gravissimi sospetti.
(07 dicembre 2006)

fonte: http://www.telereggio.it/notizie/30180.html


Nuove accuse per don Dessì
Su don Marco Dessì, il religioso sardo denunciato dal Comune di Correggio e dall’associazione modenese Rock no war per violenze sessuali su decine di ragazzi della sua comunità di Chinandega in Nicaragua, grava anche un altro sospetto: il dubbio che abbia usato parte dei fondi che gli erano arrivati in beneficienza per arricchirsi personalmente.
La notizia viene dal Comando dei carabinieri di Cagliari, che ha tenuto ieri una conferenza stampa ripresa questa mattina da tutti i giornali dell’isola. Nel mirino degli inquirenti ci sarebbero anche due altre persone: il commercialista di don Dessì in Nicaragua e un terzo uomo residente in quel paese. Secondo l’ipotesi investigativa, movimenti di denaro andavano a finire in suoi conti privati, trasformandosi in case, terreni, automobili. I possibili reati vanno dal riciclaggio di denaro alla truffa, all’appropriazione di immobili.
Ma il difensore di don Dessì, l’avvocato cagliaritano Pier Luigi Concas, da noi raggiunto telefonicamente, esclude altri reati. Il difensore del religioso respinge nettamente anche l’ipotesi di violenze sessuali che ha portato all’incarcerazione del suo assistito a Parma. Di ben diverso avviso è la Procura della Repubblica di Parma, che ha raccolto le testimonianze di giovani, ora maggiorenni, che hanno subito le violenze. Anzi, la Procura sostiene che don Dessì ha anche cercato di condizionare i testimoni, offrendo loro denaro o minacciandoli.
Il difensore di don Dessì intende ricorrere al tribunale della libertà contro la carcerazione del sacerdote. Chiederà anche che gli atti vengano trasferiti da Parma a Cagliari, dal momento che l’indagato è residente in quella città.

Martedì, 12 dicembre 2006


USA, ACCORDO LEGALE SU PRETI PEDOFILI IN DIOCESI PORTLAND

di

http://www.tendenzeonline.info/apcom.php?s=20061211_000038.xml


Eugene (Oregon), 11 dic. (Ap) – Circa 150 persone che negli Stati Uniti avevano denunciato di essere state vittima di abusi sessuali da parte di sacerdoti hanno accettato di patteggiare con l’arcidiocesi di Portland: lo ha reso noto un giudice federale americano, Michael Hogan. Il magistrato non ha fornito dettagli sull’ammontare dell’indennizzo, ma ha precisato che l’arcidiocesi non dovrà vendere il proprio patrimonio. Lo scandalo pedofilia ha investito la Chiesa cattolica statunitense nel 2002.



Martedì, 12 dicembre 2006


Pedofilia e Chiesa: uno scandalo anche in tv

dal sito di Korazym.org

La storia di un ex seminarista vittima a 12 anni di abusi sessuali da parte di un sacerdote: lui denuncia tutto e la Curia gli chiede 200mila euro di danni. Ieri su Raitre, nel giorno del richiamo – in Vaticano – alla lotta contro questi abomini.

Fonte: http://www.korazym.org/news1.asp?Id=20528



di — redazione@incasaitalia.com/ 16/12/2006

ROMA – La predica al mattino, la vergogna e lo scandalo a sera, e in diretta tv. Tutto in un giorno, quello di ieri, 15 dicembre 2006; e per tema la pedofilia nella Chiesa, gli abusi sessuali commessi da preti, e il minimo comune denominatore di questa e di tante altre storie. Silenzio. Fate silenzio. Nessuno sappia, nessuno dica, nessuno racconti. Conta l’immagine, conta il prestigio, conta il decoro. E del dolore di un ragazzo, e della sua dignità, si faccia carta legale, materiale per liti giudiziarie. Alla vergogna non c’è mai fine.

LA PREDICA IN VATICANO – La giornata inizia presto, al mattino, con una predica in Vaticano. La ascolta il papa e la curia romana, la svolge il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap. Parla di pedofilia nella Chiesa, parla di severità e fermezza, ma anche di “un giorno di digiuno e preghiera” per esprimere la solidarietà della Chiesa e dei cristiani alle vittime della pedofilia. Il cappuccino ricorda il pianto e i sospiri della Chiesa per gli “abomini commessi in tempi recenti dai suoi stessi ministri”: una Chiesa che “ha pagato un prezzo altissimo per questo e – secondo Cantalamessa – “è corsa ai ripari” dandosi “regole ferree” per impedire che tali abusi si ripetano. “Dopo l’emergenza, è venuto il momento” – ha però aggiunto il predicatore – “di fare la cosa più importante di tutte: piangere davanti a Dio, affliggersi come si affligge Dio; per l’offesa fatta al corpo di Cristo e lo scandalo recato ’ai più piccoli dei suoi fratelli’, più che per il danno e il disonore arrecato a noi”. Condizione questa perché “da tutto questo male possa davvero venire del bene e si operi una riconciliazione del popolo con Dio e con i propri sacerdoti”. Un discorso che critica anche la cattiva tendenza – riscontrata in qualcuno resosi responsabile di tali abusi – di “approfittare del clamore per trarre vantaggi anche dalla propria colpa, rilasciando interviste e scrivendo memoriali, nel tentativo di far ricadere la colpa sui superiori e sulla comunità ecclesiale”. Un’azione, ha affermato Cantalamessa, rivelatrice di “una durezza di cuore davvero pericolosa”. A conclusione del discorso, una proposta formulata sotto forma di interrogativo: “Non si potrebbe indire un giorno di digiuno e di penitenza, a livello locale e nazionale, dove il problema è stato più forte, per esprimere pubblicamente pentimento davanti a Dio e solidarietà con le vittime, operare insomma una riconciliazione degli animi e riprendere un cammino di Chiesa, rinnovati nel cuore e nella memoria?”. Il testo integrale .

LA STORIA DI AGRIGENTO – La giornata iniziata presto con la predica in Vaticano finisce tardi di fronte alla televisione: diretta per “Mi manda Raitre”, la storica trasmissione del terzo canale di stato che racconta da anni di raggiri, truffe, imbrogli e storie di ordinaria follia. Di fronte alle telecamere c’è stavolta un giovane ragazzo siciliano: si chiama Marco Marchese e dodici anni fa è entrato in seminario, ad Agrigento. Trovandoci anni di abusi sessuali ad opera di un diacono poi diventato sacerdote. Racconta come “don Bruno”, un giorno di dicembre del 1994 (Marco aveva dodici anni) lo fece accomodare nella sua stanza, abusando di lui. “La mia prima esperienza sessuale”. “Mi diceva che la nostra era un’amicizia particolare, e di non parlarne con nessuno: credevo fosse qualcosa di divino”. Un rapporto che continua anche a distanza, ancora fino ai sedici anni di Marco: don Bruno è nel frattempo diventato sacerdote e ha lasciato il seminario minore, vedendosi affidata una parrocchia. Finisce davvero tutto quando Marco si confronta con un assistente e scopre la gravità di quanto accaduto: il consiglio che riceve è quello di parlare della cosa al vice-rettore e al rettore. “Lo feci, perché a me non interessava fare del male a quell’uomo, ma fare in modo che nessun altro ragazzo dovesse più soffrire quello che io avevo sofferto”.

Il vice-rettore ascolta il racconto di Marco, promette di parlarne con il rettore per le dovute decisioni, invita il ragazzo a tacere e a tener la cosa per sé. Tempo dopo, anche il rettore ascolta il racconto di Marco, assicura di esserne stato messo al corrente, promette di parlarne con il vescovo per le dovute decisioni e nel frattempo invita il ragazzo a tacere e a tener la cosa per sé. Non accade nulla: don Bruno è ancora là, al suo posto in parrocchia, fra i bambini e i ragazzi. Marco riesce a parlarne direttamente con il vescovo, mons. Carmelo Ferraro. “Gli confidai la mia paura che don Bruno potesse continuare a fare del male ad altri ragazzi; aggiunsi anche che quel sacerdote andava aiutato”. Arrivò la rassicurazione che ci avrebbe pensato lui, e l’invito a stare tranquillo. Ma l’unica cosa che succede è che don Bruno bussa alla porta di Marco: proprio il vescovo ce lo aveva mandato, per chiedere scusa. “Non lo fa, anzi mi rimprovera perché avevo fatto perdere al vescovo la fiducia in lui”. Del racconto della vicenda è reso partecipe anche il parroco di Marco: “Mi disse che quella storia era acqua passata. Ormai sono anni che è successa, tu stai tranquillo, fatti la tua vita, chiudiamola qui”.

Marco esce dal seminario nel 2000: non diventerà sacerdote. Non è la sua strada. Si confida con i genitori riguardo agli abusi del passato, e mentre don Bruno continua tranquillamente a fare il parroco ecco che la vicenda diventa pubblica: stavolta il racconto di Marco è davanti alla magistratura. Si apre un’inchiesta: sono ascoltate tutte le parti in causa ed è accertato che Marco non fu il solo. Altri sei ragazzi subirono violenze. I timori del giovane erano fondati. Non si arriva al processo perché don Bruno patteggia una pena di due anni e sei mesi di reclusione.

Non finisce qui. Marco scrive al vescovo tutta la sua delusione per il modo indifferente con il quale la sua vicenda è stata trattata, per la responsabilità morale della quale il presule si è macchiato nel non prendere adeguati provvedimenti volti ad allontanare don Bruno da bambini e ragazzi in pericolo. E, di fronte agli anni di abusi subiti, chiede in solido all’autore dei crimini, al seminario e alla curia di Agrigento un risarcimento in sede civile di 65mila euro. “Nessuna somma di danaro potrà risarcirmi dei pianti e dei dolori subiti, ma questo tipo di segnale nei confronti di chi ha mostrato solo indifferenza, sapendo e tacendo, andava compiuto”.

La risposta della Curia di Agrigento è sbalorditiva: contro-citazione. La Curia chiede a Marco, ex seminarista vittima di abusi sessuali, 200mila euro per averne leso l’onorabilità, l’immagine, il prestigio. Ai fatti “presuntivamente e asseritamene accaduti nel 1994” la Curia “è totalmente estranea” – dicono i legali – e di fronte a tale affronto non si poteva non rispondere sullo stesso terreno.

Secondo la Curia agrigentina, dunque, Marco Marchese – ex seminarista, per anni vittima di abusi sessuali da parte di un diacono poi divenuto sacerdote – deve sborsare 200mila euro per aver infangato l’onore e la reputazione della diocesi. Deve pagare per non aver taciuto e per aver cercato di evitare che quei crimini si ripetessero. Non c’è davvero limite al peggio.


Domenica, 17 dicembre 2006


Preti pedofili


Don Dessì, qualcuno sapeva da 15 anni

Ancora notizie sul missionario sardo arrestato per pedofilia

Fonte: http://www.telereggio.it/notizie/30389.html

Il presidente del Nicaragua Daniel Ortega, il cardinale Obando y Bravo, la Polizia locale, il Nunzio apostolico, l’ambasciatore del paese centramericano in Italia: sarebbero questi gli appoggi su cui contava, o quantomeno su cui diceva di poter contare don Marco Dessì, il sacerdote sardo arrestato il 4 dicembre con l’accusa di aver violentato almeno 6 minori ospiti della sua missione di Chinandega, in Nicaragua. Un esposto presentato il 28 settembre scorso alla Procura di Parma dal Comune di Correggio e dalle associazioni Rock No War e Solidando ha fatto scattare le indagini. Nella nostra provincia don Dessì era venuto parecchie volte – l’ultima nel luglio scorso – per raccogliere fondi.
Il prete è in carcere a Parma e, attraverso il suo difensore Pier Luigi Concas, continua a proclamarsi innocente e a respingere tutte le accuse. Ma gli elementi a suo carico raccolti dal pubblico ministero Lucia Russo sembrano molto forti. Le dichiarazioni dei minori che sostengono di essere stati violentati da Don Dessì – e che attualmente vivono in Emilia sotto protezione – disegnano un quadro agghiacciante. Feroci abusi sessuali che coinvolgerebbero un numero enorme di bambini, iniziati almeno nel 1989 e protrattisi fino a pochi mesi fa, con casi di ragazzini violentati sistematicamente dall’età di 8 anni per un periodo anche di 6-7 anni.
Dalle intercettazioni disposte dalla Procura di Parma sul telefono e sulla posta elettronica di don Dessì nello scorso mese di novembre emerge che il sacerdote era convinto di poter contare sulla protezione delle massime autorità politiche e religiose del Nicaragua, rispetto alle quali aveva accesso diretto. Mai, in quelle telefonate, il prete si dice amareggiato per le accuse ingiuste rivolte contro di lui. Si preoccupa invece di far ritrattare chi lo accusa offrendogli soldi, oppure organizzandone l’incriminazione da parte della Polizia sulla base di prove false. O di far intestare i propri beni a una rete di prestanome per sottrarli al sequestro. O ancora di come eludere le disposizioni della S. Sede, che gli aveva ordinato di lasciare il Nicaragua e di ritirarsi in un luogo di preghiera in Italia, minacciandolo di scomunica.
Ma dalle testimonianze raccolte dalla Procura emerge anche un fatto a dir poco sconcertante. Nell’agosto del 1991 un operatore italiano della missione di don Dessì apprese delle violenze e, nonostante fosse stato pesantemente minacciato, al suo ritorno in patria ne informò i vertici dell’ordine a cui appartiene il sacerdote, il ’Gesù divino operaio’. In seguito a quella denuncia, don Dessì fu richiamato dal Nicaragua per un periodo di preghiera in Italia. Ma pochi mesi dopo ritornò alla guida della missione, fra i bambini, per altri 15 anni.

Gabriele Franzini


Domenica, 17 dicembre 2006


Lettera aperta al predicatore del Papa

di Fausto Marinetti, presbitero

Questa lettera del nostro carissimo Fausto Marinetti, prende lo spunto dalla predica che Padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, ha tenuto davanti al Papa in occasione della prima domenica di Avvento. Cantalamessa ha detto che la Chiesa ha “pianto e sospirato” recentemente “per gli abomini commessi nel suo seno da alcuni dei suoi stessi ministri e pastori” ed ha avanzato la seguente proposta: “Non si potrebbe … indire un giorno di digiuno e di penitenza, a livello locale e nazionale, dove il problema è stato più forte, per esprimere pubblicamente pentimento davanti a Dio e solidarietà con le vittime, operare insomma una riconciliazione degli animi e riprendere un cammino di Chiesa, rinnovati nel cuore e nella memoria?”.
Ringraziamo Fausto Marinetti per questo suo intervento.

Caro padre Raniero Cantalamessa;

noi, le vittime della pedofilia clericale, ci complimentiamo perché dalla Casa Pontificia si alza una voce in nostro favore: una giornata annuale di digiuno per cancellare la macchia, che portiamo impressa nella carne come le stigmate di nostro Signore. Certi che ci spetta un posticino nel presepio, tra i piccoli innocenti, ci rivolgiamo al Cielo per sapere che ne pensa della tua proposta.

“Signore, noi, gli agnelli immolati per i peccati della Chiesa, chiediamo: è sufficiente un digiuno di 24 ore per dimenticare tanta ignominia e l’omertà, il silenzio complice dei tuoi pastori? Le tue parole incontrovertibili consigliano qualcosa di più di un semplice digiuno: “Chi scandalizza un fanciullo, sarebbe meglio mettergli una macina da mulino al collo e buttarlo nel mare” (Mt 18,5s). Perché tu usi un metro e i tuoi seguaci un altro? Siamo tutti della pasta di Adamo, non ci scandalizza che Tizio e Caio sbaglino. Ci turba che un’istituzione “divina” consideri materia di foro interno, fatto privato, un delitto tanto grave, i cui responsabili devono essere denunciati alla polizia. Chi minimizza, copre, smista i rei da una parrocchia all’altra, non si rende corresponsabile del delitto? Ma i tuoi ministri continuano a consigliare di non sporgere denuncia (cf le risposte di alcuni parroci di Milano durante l’inchiesta televisiva de “Le Jene”). E il “crimen sollicitationis” riservato alla Congregazione competente, non è un sottrazione indebita all’azione della magistratura? E che dire della controffensiva del Vescovo di Agrigento, il quale cita in tribunale per diffamazione una vittima della pedofilia, che dal banco dell’offeso passerà a quello del colpevole? Oltre al danno, le beffe! Quando si giunge a capovolgere la morale, come non dubitare che a monte ci sia qualcosa che non va? Forse si può dire che l’autorità civile tutela, difende gli innocenti meglio dell’autorità religiosa. Per un delitto così abominevole la “giustizia umana” prevede la prigione e il risarcimento dei danni, la morale cattolica sembra considerarlo un peccato da “smacchiare” con una indulgenza o un digiuno.

Vedi, Signore?, in Vaticano si minimizza: “In fin dei conti, si tratta dell’uno per cento dei preti: su 450.000 “solo” 4.500 si voterebbero a queste turpi pratiche nei luoghi sacri…” (negli USA, 4.500 le cause in corso, ma le vittime sarebbero più di 11.000). Forse non ci si rende conto che si tratta di un’operazione esponenziale: ogni pedofilo produce, in media, una decina di vittime; ognuna di queste, per un perverso circolo vizioso, ne produce almeno altrettante. E via dicendo, cioè e via moltiplicando vittime innocenti.

Inevitabile chiedersi: come mai tutto ciò con tante preghiere, studi teologici, ritiri, messe? Il seminario, la formazione non hanno una qualche relazione di causa ed effetto con questi fatti? Troppo facile puntare il dito sugli esecutori materiali del delitto senza chiamare per nome i mandanti, come certa cultura sessuofoba e misogina. Se per anni si induce il candidato a ignorare, se non a cancellare la propria corporeità, si potranno mai produrre presbiteri maturi? Se fin da ragazzi si è “educati” a negare l’umano, a vedere la sessualità con gli occhiali neri della cultura pagana, come avremo dei preti capaci di portare il giogo obbligatorio della castità? Non è temerarietà spedirli in parete da sesto grado senza l’equipaggiamento necessario? Non a caso la “Convenzione sui Diritti del minore” ne proibisce il reclutamento fuori dall’ambiente familiare (U.N. General Assembly, Document A/RES/44/25, 12.12.1989).

Caro padre, perché non scrivere a caratteri cubitali in ogni messale, breviario, libro di preghiera, sito internet, luogo di ritrovo cattolico: “Per il delitto di pedofilia il codice penale prevede anni di reclusione, il Cristo consiglia di buttarsi in mare”.

Ed ora qualche suggerimento:

1-       quando predichi alla corte pontificia, perché non porti con te un gruppo dei nostri? Abbiamo tanti Calvari da consegnare al cuore paterno del Santo Padre e del collegio cardinalizio: non siamo noi i “vostri” crocifissi?

2-       quando i cardinali sono convocati a trattare la nostra “materia”, perché non invitare i nostri rappresentanti? Siete preoccupati delle nostre piaghe o dell’esodo dei beni ecclesiastici, fuga dei cattolici e rispettive elemosine?

3-       il digiuno farà anche bene alla “linea cattolica” (Gesù non lo raccomanda affatto), ma noi esigiamo un mini-concilio, perché la Chiesa si riconcili con le vittime: in prima fila noi, i “santi innocenti” dei nuovi Erodi; poi i figli dei preti condannati a vivere senza padre; poi le suore abusate da preti con i loro aborti; poi le “donne-usa-e-getta” dei preti; poi i preti sposati trattati come malfattori. Sia chiaro: non ci bastano due preghierine o un pio digiuno, vogliamo giustizia, cioè il risarcimento dei danni morali e materiali;

4-       auspichiamo un anno di penitenza per chiedere perdono a Dio e a noi del male che ci avete fatto. Non sarebbe l’unica maniera per fare capire ai preti pedofili la gravità del loro misfatto, che ci tortura giorno e notte con rimorsi, incubi, piaghe dell’anima?”.

Per finire, ricordi?, eravamo insieme nel convento di Milano, tu assistente alla Cattolica, io studente di teologia. Alla vigilia dell’ordinazione presbiterale, dubbioso, ti chiedo: “Riuscirò ad osservare il voto di castità?”. E tu: “Non ti preoccupare, basta pregare e tutto si aggiusta…”. La conclusione va da sé, vero?

Fausto Marinetti, presbitero

18.12.2006



Martedì, 19 dicembre 2006


Pedofilia – Caso Marco Marchese Agrigento


Polemiche tra Assostampa agrigentina e

 l’Arcivescovo Ferraro

http://www.agrigentonotizie.it/

20/12/2006 – Cronaca http://www.agrigentonotizie.it/ – Agrigento

“La recente e penosa vicenda di pedofilia consumata all’interno delle mura del seminario, acclarata giudizialmente, e tenuta in sordina per anni ma venuta fuori con grande clamore grazie alla trasmissione ’Mi manda Rai Trè, mi ha lasciato sconcertato, perplesso e amareggiato. Pertanto, sino a quando la Chiesa agrigentina non prenderà una posizione chiara e netta contro la pedofilia e contro gli abusi sui minori da parte di suoi rappresentanti, non mi sento di prendere parte a nessuna delle manifestazioni organizzate dalla Curia”.
È quanto ha dichiarato il segretario provinciale dell’Assostampa di Agrigento, Nino Randisi, in vista del ritrovo natalizio organizzato dall’arcivescovo di Agrigento Carmelo Ferraro per il 23 dicembre cui seguirà anche un rinfresco offerto dal capo della Chiesa Agrigentina. La vicenda è quella relativa a Marco Marchese che in tv ha raccontato di essere stato ripetutamente violentato da un sacerdote. Il ragazzo quando sarebbero avvenuti i fatti aveva 12 anni e frequentava il seminario minore. Quel prete è stato condannato con il patteggiamento a due anni e due mesi di reclusione, mentre in sede civile il ragazzo ha chiesto un risarcimento dei danni subiti alla Curia di Agrigento. La Chiesa agrigentina ha invece risposto con una richiesta di danni per decine e decina di migliaia di euro al giovane perchè avrebbe leso l’immagine della Curia agrigentina.
 



Giovedì, 21 dicembre 2006


Lettera aperta all’arcivescovo di agrigento

di Alberto Giannino

(19/12/2006) – Reverendo Monsignor Ferraro,
la presente per chiederle ufficialmente di essere citato anch’io in Tribunale ad Agrigento , oltre a Marco Marchese, dagli avvocati della Curia da lei guidata fino al prossimo luglio 2007, quando compira’ i 75 anni e dovra’ finalmente rassegnare le dimissioni nelle mani del Papa dalla guida della Arcidiocesi di Agrigento. Vorrei essere citato anch’io perche’ Marchese, un ex seminarista della sua Arcidiocesi, vittima di ripetuti abusi sessuali dall’eta’ di 12 anni fino a 16 anni nel Seminario di Agrigento da parte di un suo ex diacono pedofilo (ora sacerdote, tale don Bruno) gli avvocati della Curia di Agrigento gli hanno chiesto 200 mila euro per aver coinvolto Curia e Seminario in giudizio. Infatti Marchese ha fatto causa alla Curia chiedendo un risarcimento di 65 mila euro per i danni subiti dopo che don Bruno aveva scelto il patteggiamento (2 anni e 6 mesi di reclusione) anziche’ la strada del processo. Per tutta risposta i legali della Curia di Agrigento hanno chiesto invece 200 mila euro a Marco Marchese come contro-citazione. Di fronte a questa notizia sono esterefatto, amareggiato e sconcertato dal suo grave comportamento che ancora una volta offende e umilia il giovane Marchese. Questo giovane ha subito gravissimi danni, delle violenze sessuali ripetute nel tempo (insieme ad altri sei giovani) e lei cosa fa? Lo cita in Tribunale e gli chiede 200 mila euro. Una volta si chiedeva perdono in ginocchio, ora si passa alle vie legali. Che strano modo di concepire il Vangelo… da parte di un uomo (Successore degli Apostoli) che dovrebbe amare il prossimo come se stesso e annunciare il Vangelo a tutti. E si che Papa Giovanni Paolo II di fronte a tutti i Cardinali americani chiese perdono alle vittime della pedofilia in USA e nel mondo, e sposto’ dagli USA in Vaticano il potentissimo Arcivescovo di Boston che aveva coperto molti preti della sua Diocesi implicati in scandali sessuali. Non so lei, monsignor Ferraro, nei confronti di don Bruno autore di numerose violenze sessuali nel Seminario di Agrigento che provvedimenti abbia adottato. Ha aperto un’inchiesta? L’ ha mandato in un monastero a pregare lontano dai bambini? Oppure il nostro eroe e’ ancora Parroco ad Agrigento a contatto di Oratori e di bambini? Di fronte a fatti inoppugnabili non sarebbe il caso, prima che lei se ne vada in pensione nel luglio 2007, che lo sospenda a divinis, o lo riduca allo stato laicale? Aspettiamo un comunicato stampa della sua Curia circa un fatto di rilevanza nazionale. Anche perche’ il giovane Marchese ha denunciato questi fatti l’altro giorno in un programma “Mi manda Rai tre” che sono di dominio pubblico e, quindi, lei non puo’ far finta che nulla sia successo. Cosa direbbero i suoi fedeli di Agrigento, che attualmento sono disorientati e sconcertati? Benedetto XVI, suo diretto superiore, recentemente, ha affermato rivolgendosi a dei Vescovi irlandesi che: “Nell’esercizio del vostro ministero pastorale avete dovuto rispondere di recente i casi di abusi sessuali sui minori”. Tali casi “sono particolarmente tragici – ha affermato il pontefice – quando colui che abusa e’ un prete”. È dunque importante, ha affermato Benedetto XVI , “stabilire cosa sia avvenuto realmente nel passato, e prendere ogni provvedimento affinchè casi del genere non avvengano di nuovo”, è poi necessario assicurarsi che i principi di giustizia siano pienamente rispettati quindi aiutare le vittime “e tutti coloro che sono stati colpiti da questo grave crimine”. Su questa strada, ha aggiunto, si dovrà compiere un grande sforzo “ed essere sempre più capaci di dare testimonianza del potere redentivo della Croce di Cristo”. “Io prego – ha aggiunto Benedetto XVI – affinchè dalla grazia delo Spirito Santo questo tempo di purificazione renderà capace il popolo di Dio in Irlanda di conservare la santità ricevuta da Dio”. Questo discorso, ovviamente, vale anche per la Chiesa di Agrigento di cui lei e’ il Vescovo. E voglio chiudere citanto anche l’amato Giovanni Paolo II il quale, a Toronto, durante la Giornata Mondiale della Gioventu’ del 2002 – ai giovani confessò che “il danno fatto da alcuni sacerdoti e religiosi a persone giovani o fragili riempie noi tutti di un profondo senso di tristezza e di vergogna”. E allora Monsignor Ferraro come possiamo non condannare questa sporcizia morale, senza levare la nostra voce contro il mistero dell’iniquita’ che riguarda anche la pedofilia di alcuni sacerdoti? La Chiesa, ha ragione Papa Benedetto XVI, e’ “una rete con dei pesci buoni e dei pesci cattivi, un campo con il grano e la zizzania”. Ma proprio per questo dobbiamo fare in modo che tutti guardino ad essa come la Sposa di Cristo. Altrimenti i giovani e i meno giovani continueranno ad allontanarsi di fronte a queste nefandezze. Continueranno ad avere un’idea sbagliata e distorta della Chiesa. Continueranno ad essere anticlericlali e laicisti fino a quando incontreranno sulla loro strada un Vescovo come lei. E continueranno a criticarla quando nel suo seno ci sono tantissimi sacerdoti che fanno del bene in maniera limpida, disinteressata e senza pensare alla carriera. E questi sacerdoti , caro Arcivescovo, ci danno tanta speranza anche per il futuro della Chiesa cattolica anche se non fanno notizia e non vengono mai citati. Padre Raniero Cantalamessa, predicatore ufficiale della Casa Pontificia, parlando di pedofilia nella Chiesa, davanti a Papa Benedetto XVI ha chiesto severità e fermezza, ma anche di “un giorno di digiuno e preghiera” per esprimere la solidarietà della Chiesa e dei cristiani alle vittime della pedofilia. Il Padre cappuccino ha ricorda il pianto e i sospiri della Chiesa per gli “abomini commessi in tempi recenti dai suoi stessi ministri”: una Chiesa che “ha pagato un prezzo altissimo per questo e – secondo Cantalamessa – “è corsa ai ripari” dandosi “regole ferree” per impedire che tali abusi si ripetano. “Dopo l’emergenza, è venuto il momento” – ha però aggiunto il predicatore – “di fare la cosa più importante di tutte: piangere davanti a Dio, affliggersi come si affligge Dio; per l’offesa fatta al corpo di Cristo e lo scandalo recato ’ai più piccoli dei suoi fratelli’, più che per il danno e il disonore arrecato a noi”. Condizione questa perché “da tutto questo male possa davvero venire del bene e si operi una riconciliazione del popolo con Dio e con i propri sacerdoti”. Reverendo monsignor Ferraro, se ritiene che io difendendo l’ex seminarista della sua Arcidiocesi abbia diffamato la Curia agrigentina, attraverso i suoi legali, mi porti pure dinanzi al giudice. Saro’ liero di spiegare le ragioni che mi hanno indotto a perdere la fiducia completamente nei suoi confronti e di spendere qualche parola di conforto, di sostegno e di speranza a Marco Marchese, quello che lei non ha fatto pubblicamente e in ginocchio nella sua Cattedrale di Agrigento. Quanto ai 200 mila euro nessun giudice della Repubblica, stia tranquillo, puo’ accettare una simile e vergognosa pretesa da parte di un vescovo, di un Pastore che dovrebbe radunare il gregge, pascerlo, e lenire le sue sofferenze. In conclusione vorrei umilmente invitarla in tempo di Avvento a concentrarsi nel ministero episcopale sulla seconda beatitudine di Gesu’ : “Beati gli afflitti perché saranno consolati”. E fare una riflessione profonda su chi siano gli afflitti e su come consolarli. Che bello sarebbe, a pochi giorni dalla nascita del Figlio di Dio, se l’Arcivescovo di Agrigento, facesse un gesto coraggioso, di solidarieta’ e di perdono verso questi sette giovani della sua Diocesi che hanno ricevuto abusi sessuali da parte di un suo sacerdote, condannando pubblicamente il peccato e la scandalo della pedofilia. Forse molti giovani e molti fedeli ritornerebbero ancora nella Casa di Dio da cui si sono allontanati con disgusto e amarezza.

Alberto Giannino
Presidente Ass. culturale docenti cattolici

fonte: http://www.imgpress.it/index.asp



Giovedì, 21 dicembre 2006


Il prete della arcidiocesi di agrigento che ha abusato di sette minori lo abbiamo finalmente scovato

 
Perchè chiediamo la riduzione allo stato

 laicale di don Bruno Puleo

Da IMGPress – Il foglio elettronico

(29/12/2006) – Il prete della Arcidiocesi di Agrigento che ha abusato di sette minori, fra cui Marco Marchese, lo abbiamo finalmente scovato. Si chiama don Bruno Puleo denunciato in Tribunale dove ha patteggiato la pena con 2 anni e 6 mesi e in sede civile dove deve rispondere della richiesta di un risarcimento di 65 mila euro per i danni procurati al giovane Marchese. Marchese ora ha 22 anni e studia Psicologia e deve dimenticare quel passato orribile vissuto nel Seminario minore vescovile di Favara dove, all’eta’ di 12 anni, in seconda media, venne abusato per la prima volta da don Puleo che era il suo educatore. Poi le violenze sessuali sono continuate fino a 16 anni. Abbiamo chiesto dove si trovasse questo prete e pensavamo che avesse abbandonato l’abito talare come prevede il Diritto Canonico e come la sua ammissione di colpevolezza davanti ai giudici avvenuta con il patteggiamento richiede. Anzi, nell’inchiesta i giudici hanno appurato che don Puleo, a suo tempo, aveva abusato di altri sei minori oltre all’ex seminarista Marchese. Ma questo ulteriore fatto non ha smosso neanche un po’ l’ anziano Arcivescovo di Agrigento mons. Carmelo Ferraro il quale ha allontanato don Puleo dalla Parrocchia della Trafigurazione di N.S.G.C. presso il Villaggio Giordano a Palma di Montechiaro per trasferirlo in un altro comune dell’agrigentino. Palma di Montechiaro (25 mila abitanti) fu fondata nel 1637 dal Principe Carlo Tomasi di Lampedusa, raggiunse il suo massimo splendore con il fratello duca Giulio, detto il ’Duca Santo’. Fino al 1812 – anno in cui vennero aboliti i diritti feudali in Sicilia – fu feudo dei Tomasi di Lampedusa che vi lasciarono tracce incancellabili in ogni campo della vita religiosa e culturale. A questa famiglia appartennero S. Giuseppe M. Tomasi, cardinale teatino, insigne per pietà e dottrina, e Suor M. Crocifissa della Consolazione, monaca del locale monastero morta nel 1699 in fama di santità. Nello scorso anno 1999 ne è stato celebrato il terzo centenario della morte con numerose manifestazioni religiose e culturali. Nel 1863 al nome Palma fu aggiunto l’appellativo ’di Montechiaro’ dal nome del vicino castello chiaramontano. Adesso, dopo lo scandalo, don Puleo e’ stato inviato nel Comune di Caltabellotta nella frazione di Sant’Anna (un paesino di 654 anime) nella Chiesa di San Pellegrino. C’e’ stata una retrocessione in un paesino di 654 anime: questa e’ la sanzione dell”Arcivescovo e poi stendere un velo pietoso sulle porcherie di don Puleo di cui ci sono le prove acclarate. Per mons. Ferraro e’ sufficiente trasferire il sacerdote da una parrocchia di prestigio ad una piccolissima in campagna. Poi passata la bufera e il periodo di penitenza, don Puleo ritornera’ in auge dopo il soggiorno a Caltabellotta comunità cristiana molto fiorente, come dimostrano i numerosi conventi, confraternite, chiese e opere d’arte, ma comune molto piccolo. Tra i personaggi illustri che vi operarono si possono ricordare il Beato Bernardo da Corleone, cappuccino, e il venerabile Padre Sebastiano Siracusa, carmelitano. La nostra posizione su don Puleo e’ identica a quella della Curia romana che nel 2002 fece questo documento che riportiamo integralmente: “Nei giorni 23-24 aprile 2002 si è svolto un incontro straordinario in Vaticano fra i Cardinali degli Stati Uniti, i responsabili della Conferenza Episcopale cattolica degli Stati Uniti e i capi di diversi uffici della Santa Sede sul tema dell’abuso sessuale di minori. I partecipanti desiderano anzitutto esprimere la loro unanime gratitudine al Santo Padre per le sue chiare indicazioni circa l’orientamento e l’impegno per il futuro. In comunione con il Papa, essi riaffermano alcuni principi basilari:
1. L’abuso sessuale di minori è giustamente considerato un crimine dalla società ed è un terribile peccato agli occhi di Dio, specialmente quando è perpetrato da sacerdoti e da religiosi, la cui vocazione è di aiutare le persone a condurre una vita santa di fronte a Dio e agli uomini.
2. È necessario manifestare alle vittime e alle loro famiglie un profondo senso di solidarietà, e provvedere ad una giusta assistenza affinché ritrovino la fede e ricevano cure pastorali.
3. Anche se i casi di vera pedofilia da parte di sacerdoti e religiosi sono pochi, tutti i partecipanti hanno riconosciuto la gravità del problema. All’incontro, sono stati discussi i termini quantitativi del problema, dato che le statistiche al riguardo non sono molto chiare. Si è attirata l’attenzione sul fatto che quasi tutti i casi hanno visto coinvolti adolescenti, e pertanto non erano casi di vera pedofilia.
4. Unitamente al fatto che non può essere scientificamente affermato un legame fra celibato e pedofilia, la riunione ha ribadito la validità del celibato sacerdotale come un dono di Dio alla Chiesa.
5. Date le questioni dottrinali che sottostanno al deplorevole comportamento in questione, sono state proposte alcune linee di risposta:
a. i Pastori della Chiesa devono chiaramente promuovere il corretto insegnamento morale della Chiesa e rimproverare pubblicamente le persone che diffondono dissenso e gruppi che propongono approcci ambigui nella cura pastorale;
b. deve essere fatta senza indugio una nuova e seria Visita Apostolica di seminari e altri istituti di formazione, con particolare attenzione alla necessità della fedeltà all’insegnamento della Chiesa, specialmente nel campo morale, e di un più profondo studio dei criteri di idoneità dei candidati al sacerdozio;
c. sarebbe appropriato che i Vescovi della Conferenza Episcopale cattolica degli Stati Uniti chiedessero ai fedeli di unirsi a loro nell’osservanza di una giornata nazionale di preghiera e di penitenza, in riparazione delle offese perpetrate e come supplica a Dio per la conversione dei peccatori e la riconciliazione delle vittime.
6. Tutti i partecipanti hanno considerato questo tempo come una chiamata ad una maggiore fedeltà al mistero della Chiesa. Pertanto, essi vedono il tempo presente come un momento di grazia. Pur riconoscendo che criteri pratici di condotta sono indispensabili e urgentemente necessari, non possiamo sottovalutare, con le parole del Santo Padre, “la forza della conversione cristiana, quella decisione radicale di allontanarsi dal peccato e ritornare a Dio, che raggiunge i recessi dell’animo umano e può operare un cambiamento straordinario”. Allo stesso tempo, come affermato da Sua Santità, “la gente deve sapere che nel sacerdozio e nella vita religiosa non c’è posto per chi potrebbe far del male ai giovani. Deve sapere che i Vescovi e i sacerdoti sono totalmente impegnati a favore della pienezza della verità cattolica nelle questioni riguardanti la moralità sessuale, verità fondamentale sia per il rinnovamento del sacerdozio e dell’episcopato sia per il rinnovamento del matrimonio e della vita familiare”. E ancora, con le parole del Santo Padre, “non dobbiamo dimenticare l’immenso bene spirituale, umano e sociale, che la maggioranza dei sacerdoti e religiosi negli Stati Uniti hanno compiuto e stanno tuttora compiendo. La Chiesa cattolica nel vostro Paese ha sempre promosso i valori umani e cristiani con grande vigore e generosità, in un modo che ha aiutato a consolidare tutto ciò che è nobile nel popolo americano. Una grande opera d’arte può essere intaccata, ma la sua bellezza rimane; questa è una verità che ogni critico intellettualmente onesto deve riconoscere. Alle comunità cattoliche negli Stati Uniti, ai loro Pastori e membri, ai religiosi e alle religiose, ai docenti delle università e delle scuole cattoliche, ai missionari americani in tutto il mondo, vanno il ringraziamento, di tutto cuore, dell’intera Chiesa cattolica e quello personale del Vescovo di Roma”. Ecco, Monsignor Carmelo Ferraro, Arcivescovo di Agrigento, in questo documento si dice chiaramente che non c’e’ posto nella Chiesa per chi fa male ai giovani. Che bisogna chiedere scusa alle vittime della pedofilia e ai loro familiari. Che la pedofilia e’ un grave crimine. Che non vi puo’ essere alcun legame fra celibato e pedofilia. Per tutte queste ragioni, Mons.Ferraro, le chiediamo ancora una volta che si inginocchi nella Cattedrale di San Gerlando in Agrigendo, chieda perdono a questi sette giovani vittime di atti di pedofilia da parte di don Puleo. Infine, che don Bruno Puleo, sia sospeso a divinis e ridotto allo stato laicale in quanto indegno ad agire in nome e per conto di Cristo Capo.

Alberto Giannino
Presidente Adc – Associazione docenti cattolici


Fonte:http://www.imgpress.it/


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Venerdì, 29 dicembre 2006


ALLA FINE L’ARCIVESCOVO DI

 AGRIGENTO, MONS. CARMELO FERRARO,

 HA CEDUTO ALLE PRESSIONI DEI MEDIA

da IMG-Press – Il foglio elettronico

Fonte: http://www.imgpress.it/index.asp

(26/12/2006) – Alla fine, l’ anziano Arcivescovo di Agrigento, mons. Carmelo Ferraro, ha ceduto alle pressioni dei media e ha ritirato la citazione nei confronti di un ex Seminarista, Marco Marchese, citato per 200 mila euro per aver arrecato danni all’immagine della Curia agrigentina. Il fatto e’ che questo ex seminarista, nel Seminario minore di Favara, e’ stato ripetutamente vittima di abusi sessuali da parte di un Diacono che ora e’ prete dall’eta’ di 12 anni fino a 16. Il prete che ha abusato di lui ha patteggiato la pena ( 2 anni e 2 mesi) e allora Marchese e’ stato costretto a citarlo in una causa civile per danni. La somma chiesta, molto modesta, rispetto ai danni subiti, e’ di 65 mila euro e la causa civile si discutera’ a gennaio 2007. Per tutta risposta la Curia agrigentina ha fatto una contro citazione chiedendo 200 mila euro a Marchese. Una cosa che grida vendetta al cospetto di Dio, vergognosa, grave e inqualificabile. Ora, mons. Carmelo Ferraro, ha dichiarato che non fara’ niente e che la causa non ci sara’. Bonta’ sua, che magnifico regalo di Natale ad un giovane che restera’ rovinato per tutta la vita a livello psicologico! Comunque meglio questo di un calcio in bocca. L’ anziano Arcivescovo, che ha 74 anni, ed e’ alla fine del suo mandato, non ha detto una parola sul prete coinvolto nella Cattedrale di San Gerlando, non chiesto scusa in ginocchio a Marco Marchese. Ci saremmo aspettati un gesto che non c’e’ stato, ma che arrivera’… Come i lettori di IMGPress sanno il sottoscritto non ha mai fatto sconti ai quei religiosi che offendono, sfigurano e deturpano la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, la Sposa del Verbo. No, perche’ anche nel caso della Chiesa agrigentina, sono i suoi figli, che, con la loro condotta degenerata, l’hanno offesa. Non faccio sconti su questi casi e non guardo in faccia a nessuno, non cerco gloria, ma desidero che tutti possano guardare alla Chiesa come un’istituzione “santa e immacolata senza macchia e senza ruga” (San Paolo), I giovani a scuola denunciano sempre piu’ spesso casi di sacerdoti al limite dell’ortodossia, violando apertamente i voti di castita’ e di poverta’. Noi abbiamo il compito di difendere la Chiesa, non le mele marce. Per fortuna in Italia ci sono 33 mila sacerdoti che riscattano questi casi impegnandosi attivamente nella scuola, nella parrocchia, nella caritas, nel carcere, negli ospedali e nelle case di riposo. e noi guardiamo ad essi come il futuro della Chiesa. Dicevo del prete pedofilo della Chiesa agrigentina. E’ indegno di rappresentare la Chiesa, e’ indegno di essere un ministro di Dio, e’ indegno di agire in nome e per conto di Cristo Capo. Per queste ragioni, Mons. Ferraro, lo deve sospendere a divinis e ridurlo allo stato laicale senza indugi. Altrimenti intervenga la Segreteria di Stato e il Cardinale Bertone. I fatti inoppugnabili ci sono, senza contare che tale prete ha abusato di altri sei ragazzini. (sic!) Mi rivolgo adesso a Mons. Ferraro. Lei e’ Arcivescovo di Agrigento dal 1988 e, alla scadenza del suo mandato, e’ scoppiata questa grana. Dia ai suoi fedeli della Diocesi agrigentina la possibilita’ di ricordarla come Vescovo schierato dalla parte dei piu’ deboli, degli ultimi e dei bambini come Gesu’. Non copra don Bruno che e’ persona indifendibile. Sia coraggioso, prenda una decisione forte, ma, per favore, lo allontani da scuole e Oratori. Vedra’ che i suoi fedeli l’apprezzeranno, anche perche’ ovunque mi parlino del caso di Agrigento, la sua immagine ne esce male, un po’ appannata. Cerchi di ridarle smalto e di guardare dritto negli occhi Marco Marchese chiedendogli scusa in ginocchio. Per molto meno, il suo collega Arcivescovo di Cosenza, mons. Nunnari, chiese in ginocchio perdono alla citta’ per certi fatti che l’avevano ferita, tenendo una bellissima omelia nel febbraio scorso. Ormai il suo caso e’ nazionale mons. Ferraro e i giornalisti non lasceranno correre queste violenze nel seminario minore di Favara. Dia un segnale forte perche’ e’ meglio avere 1 sacerdote buono che 10 mele marce. Un sacerdote e’ un pastore, e; un modello per la comunita’ cristiana. Con che coraggio questo don Bruno dopo avere violentato 7 bambini andra’ davanti ai suoi fedeli. Mi pare di averle detto tutto monsignore. Anche Papa Bendetto XVI nella notte di Natale ha difeso i bambini. La sua omelia ha avuto proprio l’infanzia come filo conduttore. “Dio si è fatto piccolo affinchè noi potessimo comprenderlo, accoglierlo, amarlo”, ha detto il Papa nell’omelia parlando della nascita di Gesù. “Così Dio – ha aggiunto – ci insegna ad amare i piccoli, i deboli”. Il Papa prega “perché sia rispettata la dignità dei bambini”: quelli che soffrono, che subiscono abusi, che non vengono fatti nascere, che patiscono le guerre, la miseria e la fame. Secondo Benedetto XVI, “il bambino di Betlemme dirige il nostro sguardo verso tutti i bambini sofferenti ed abusati nel mondo, i nati come i non nati. Verso i bambini che, come soldati, vengono introdotti in un mondo di violenza; verso i bambini che devono mendicare; verso i bambini che soffrono la miseria e la fame; verso i bambini che non sperimentano nessun amore”. “In tutti loro – ha spiegato il Pontefice – è il bambino di Betlemme che ci chiama in causa; ci chiama in causa il Dio che si è fatto piccolo. Preghiamo in questa notte, affinchè il fulgore dell’amore di Dio accarezzi tutti questi bambini, e chiediamo a Dio di aiutarci a fare la nostra parte perché sia rispettata la dignità dei bambini”.
“Il segno di Dio – ha spiegato il Papa – è il bambino nel suo bisogno di aiuto e nella sua povertà”. “Egli si fa piccolo per noi”, perché vuole toglierci la “paura della sua grandezza”. “Egli chiede il nostro amore – ha ribadito Benedetto XVI – Nient’altro vuole da noi se non il nostro amore, mediante il quale impariamo spontaneamente ad entrare nei suoi sentimenti, nel suo pensiero e nella sua volontà”. Ecco, Mons. Ferraro, queste parole sull’infanzia abusata, del Sommo Pontefice l’aiuteranno ad adottare la decisione migliore per il bene della Chiesa.

Alberto Giannino
Presidente Ass. culturale docenti cattolici



Venerdì, 29 dicembre 2006


Il dibattito sulla omelia del predicatore del Papa


Una medicina spirituale per gli abusi

 sessuali del clero

Lee Penn confuta la proposta del predicatore apostolico

(Traduzione dall’inglese e riduzione di Fausto Marinetti. Di seguito il testo originale)

Ringraziamo il nostro carissimo amico Fausto Marinetti per averci inviato questa sua libera traduzione e riduzione di un articolo pubblicato negli USA in cui si discute della proposta del predicatore del Papa a proposito della pedofilia nella chiesa cattolica. Riprendiamo questo articolo per dimostrare come le questioni sollevate dallo stesso Fausto Marinetti sulla proposta del predicatore del Papa, siano molto più diffuse nella chiesa cattolica di quanto si voglia far credere.
Il testo originale è ripetitivo e per molti versi stucchevole e ciò ha spinto Fausto Marinetti a ridurre il testo tradotto all’essenziale. Riportiamo comunque di seguito il testo originale in inglese.

Premessa

Il predicatore personale del Papa propone una giornata di digiuno per solidarizzare con le vittime degli abusi sessuali da parte del clero (15.12.2006).

Padre Raniero Cantalamessa dice: “La Chiesa ha “pianto e sospirato” in tempi recenti per gli abomini commessi nel suo seno da alcuni dei suoi stessi ministri e pastori. Ha pagato un prezzo altissimo per questo. È corsa ai ripari, si è data regole ferree per impedire che gli abusi si ripetano. È venuto il momento, dopo l’emergenza, di fare la cosa più importante di tutte: piangere davanti a Dio, affliggersi come si affligge Dio; per l’offesa fatta al corpo di Cristo e lo scandalo recato “ai più piccoli dei suoi fratelli”, più che per il danno e il disonore arrecato a noi”.

Nonostante questo, il card. Bernard Law (allontanato dalla diocesi di Boston) resta al suo posto di onore e privilegio come Arciprete della Basilica di S. Maria Maggiore. Altri prelati continuano a coprire il delitto, mentre complici e colpevoli sfuggono alla giustizia civile. Quindi non siamo al “dopo emergenza”, perché lo scandalo persiste.

Un giorno che predicavo al clero di una diocesi che aveva molto sofferto per questa ragione, mi colpì un pensiero. Questi nostri fratelli sono stati spogliati di tutto, ministero, onore, libertà, e Dio solo sa con quanta effettiva responsabilità morale, nei singoli casi; sono diventati gli ultimi, i reietti…Se in questa situazione, toccati dalla grazia, si affliggono per il male causato, uniscono il loro pianto a quello della Chiesa, la beatitudine degli afflitti e di coloro che piangono diventa di colpo la loro beatitudine. Potrebbero essere vicini a Cristo che è l’amico degli ultimi, più di tanti altri, me compreso, ricchi della propria rispettabilità e forse portati, come i farisei, a giudicare chi sbaglia. C’è una cosa però che questi fratelli dovrebbero assolutamente evitare di fare e che qualcuno, purtroppo, sta cercando invece di fare: approfittare del clamore per trarre vantaggi anche dalla propria colpa, rilasciando interviste, scrivendo memoriali, nel tentativo di far ricadere la colpa sui superiori e sulla comunità ecclesiale. Questo rivelerebbe una durezza di cuore davvero pericolosa”.

Come e quanto siamo lontani dal porre fine allo scandalo! Solo alcuni sono stati smascherati, ma molti hanno evitato la prigione grazie alle autorità ecclesiastiche. Le “gesta” dei pedofili non sono “errori” ma crimini. E mentre il predicatore li ammonisce di non strumentalizzarli con “memoriali” per fini speculativi, pare esortarli a non gettare la responsabilità “sui superiori e sulla comunità ecclesiale”. Non sembra dire nulla ai prelati, che hanno amplificato il crimine con l’omertà e ci fa vedere, che ne negano ancora l’ampiezza e la gravità. Gli avvocati delle vittime replicano, che parole e gesti di contrizione devono essere accompagnati da azioni concrete.

Barbara Blaine, presidente dell’Associazione Survivor Network of those abused by Priests, sostiene che centinaia di prelati hanno favorito migliaia di preti pedofili. Quindi “Solo azioni decise possono tutelare i bambini, non atteggiamenti benevoli. Apprezzeremmo di più interventi papali, disciplinari, adeguati ed efficaci  nei confronti dei vescovi”. Per Mary Pat Fox, presidente di Voice of Faithful, le critiche sono un segno di speranza, in quanto i vertici Vaticani stanno comprendendo la gravità della cosa, ma dovrebbero andare oltre punendo i Vescovi che hanno protetto il clero colpevole.

Sono d’accordo: pie parole di pentimento sarebbero insignificanti senza cambiamenti profondi e atti riparatori. Solo con la giustizia le parole diventano efficaci. “L’uomo è giustificato dalle azioni, non dalle intenzioni” (Gc 2,24). Dio dice: “Io detesto, respingo le vostre feste e non gradisco le vostre riunioni, anche se voi mi offrite olocausti, io non gradisco i vostri doni, e le vittime grasse come pacificazione io non le guardo. Lontano da me il frastuono dei tuoi canti: il suono delle tue arpe non posso sentirlo! Piuttosto scorra come acqua il diritto e la giustizia come un torrente perenne” (Amos 5,21-24). “Smettete di presentare offerte inutili, l’incenso è un abominio per me; non posso sopportare noviluni, sabati, assemblee sacre delitto e solennità. I vostri noviluni e le vostre feste io detesto, sono per me un peso; sono stanco di sopportarli. Quando stendete le mani, io distolgo gli occhi da voi. Anche se moltiplicate le preghiere, io non ascolto. Le vostre mani grondano sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete dalla mia vista il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, ricercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano” (Isaia 1,13-17).

Proposte pratiche

Per pentirsi efficacemente bisogna sostituire alle parole i fatti. Per esempio:

1        Confinare il card. B. Law in monastero per fare penitenza, togliergli cappello cardinalizio e le sue onorificenze;

2        Lo stesso valga per i prelati che hanno favorito o fiancheggiato i preti pedofili;

3        Direttive papali affinché i molestatori si costituiscano all’autorità civile;

4        Sopprimere gli ordini religiosi nei quali si verificano abusi sessuali;

5        Sopprimere i seminari in cui si manifestino tali situazioni;

6        Processare p. Maciel, fondatore dei Legionari di Cristo, e, se colpevole, pubblicare verdetto, motivi e pena canonica, affinché i suoi seguaci non possano più dire di essere stati perseguitati ingiustamente;

7        Investigare i movimenti ecclesiali, Opus Dei compresa, per verificare se si riscontrano abusi sessuali fisici o morali;

8        Pubblicare i nomi dei colpevoli e dei complici (compresi i defunti) alleggerirebbe la discriminazione e vergogna delle vittime e le aiuterebbe a ricostruirsi una vita;

9        I colpevoli dovrebbero laicizzarsi spontaneamente e sollecitare le vittime ad uscire dall’anonimato;

10    Preti e religiosi rinuncino a dispendiose difese legali e a pressioni sui parenti delle vittime, affinché ammettano una presunta corresponsabilità delle stesse. La varie strategie difensive non riescono a dimostrare, che le vittime avrebbero gradito di essere abusate da una organizzazione, che afferma di essere il “Corpo di Cristo in terra”. Non solo avvocati e compagnie assicurative ma anche i prelati sono responsabili di ciò che succede in tribunale.

11    Preti e religiosi smettano di opporsi a nuove forme di protezione legale per ridurre la gravità del delitto;

12    Investigare lo stile di vita del clero e dei religiosi con particolare attenzione ad episodi di omosessualità in occidente e di relazioni eterosessuali o di concubinato nel terzo mondo. Si può liberalizzare il matrimonio dei preti senza cambiare i dogmi. Ma quando la gerarchia occulta relazioni di lunga data di un clero supposto celibe, si fa complice di un’ampia ipocrisia e potrebbe contribuire ad accrescere il numero dei potenziali abusi. Preti e religiosi che vivono relazioni clandestine non sarebbero in grado di denunciare gli abusi perpetrati da loro colleghi.

Nessuno di questi punti intacca i dogmi della dottrina cattolica. Tuttavia, se accolti, indurrebbero i responsabili ad un ritorno alla coerenza evangelica e i colpevoli offrirebbero una giusta riparazione dei loro misfatti, predisponendosi a ricevere la misericordia di Dio.

A parte un miracolo, non credo che quanto auspicato avverrà nel prossimo futuro. Queste proposte, che sarebbero “veri frutti di conversione” (Matteo 3,8), non sono ben accette. Padre Cantalamessa preferisce suggerire pie e devote penitenze, che lasciano il tempo che trovano. Però, il monito del Battista ai farisei potrebbe essere utile per la gerarchia e i suoi difensori: “Già la scure è posta alla radice degli alberi: ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco” (Matteo 3,10).

CONCLUSIONE

Qualcosa di buono c’è nella proposta di p. Cantalamessa: i giusti possono e devono offrire preghiere e digiuni riparatori, che aiuteranno i colpevoli a ravvedersi. La Chiesa è il corpo mistico di Cristo e, come i malvagi violano tutto il corpo, preghiere e penitenze lo salveranno tutto intero. Inoltre i giusti possono fare molto di più:

1. Offrire tempo, capacità, denaro ai gruppi che sostengono le vittime;

2.Se i difensori della gerarchia minimizzano il delitto non si deve alimentare questa subdola propaganda;

3.Quando la vittima accusa un prete, non si deve presumere che stia mentendo. E’ meglio lasciare alle autorità giudiziarie il compito di indagare;

4. Se tutto ciò che riguarda gli abusi sessuali diventa di pubblica ragione e i responsabili vengono rimossi dal ministero, ci saranno conseguenze positive anche per i laici.

Come i colpevoli dovrebbero accettare la pena, così i giusti dovrebbero accettare la penuria di risorse e di preti, la chiusura di seminari e scuole, per soddisfare le esigenze della giustizia. Questi sono gli inevitabili frutti e i risultati della corruzione fuori controllo dei prelati, dei preti e dei religiosi del nostro tempo.

(libera traduzione e riduzione a cura di Fausto Marinetti)
Mercoledì, 03 gennaio 2007



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