1 – Molecole biatomiche eteronucleari trattate con il metodo O.M.
Quando si ha a che fare con molecole biatomiche eteronucleari, molecole formate da due atomi di due elementi diversi (come, ad esempio, acido fluoridrico HF, acido cloridrico HCl, monossido di carbonio CO, ossido di azoto NO, idruro di litio LiH, … ), si può ancora applicare il metodo O.M. nell’approssimazione L.C.A.O. con alcune avvertenze. Innanzitutto, quando si fa la combinazione lineare degli orbitali atomici (L.C.A.O.) tra l’orbitale ψ A dell’atomo A e l’orbitale ψB dell’atomo B per ottenere l’orbitale molecolare ψ :
ψ = ψ A + k ψB
il k non assume più i valori ± 1, che abbiamo visto assumere nel caso di molecole biatomiche omonucleari. Questa volta occorrerà farsi i conti di volta in volta, a seconda di quali sono gli orbitali atomici in giuoco. Infatti, mentre nel caso omonucleare gli orbitali atomici ψ A e ψB erano sempre dello stesso tipo (o 1s, o 2s, o 2px , … ), ora ψA sarà generalmente differente da yB (ad esempio: il primo 1s ed il secondo 2p).(1) Si avranno comunque due valori di k, uno del quali relativo ad un orbitale molecolare legante e l’altro ad un orbitale molecolare antilegante. Per rendere conto di ciò è conveniente a volte indicare la relazione precedente nel modo seguente:
ψ = k1ψ A + k2ψB
là dove il rapporto k2/k1 fornisce il k precedentemente introdotto.
Valgono invece le altre condizioni e cioè che:
1) ψ A e ψB debbono avere energie dello stesso ordine di grandezza;
2) l’orbitale ψ A abbia la massima sovrapposizione con ψB;
3) gli orbitali ψ A e ψB abbiano una stessa simmetria rispetto all’asse della molecola.
Con queste condizioni è facile stabilire quali sono gli orbitali atomici ψ A e ψB che vanno a formare l’orbitale molecolare ψ. (2)
Vale ancora la classificazione in orbitali molecolari leganti ed antileganti ed in generale risulta (Mulliken, 1932):(3)
(k)z σ <(k)yσ < zσ < wπ = wπ < yσ < xσ < vπ = vπ < uσ ;
non si dovrà invece più considerare la classificazione delle funzioni d’onda in simmetriche ed antisimmetriche poiché ora la molecola, formata da orbitali atomici differenti, non avrà più un centro di simmetria. C’è infine da notare che, a seguito della diversità della carica posseduta dai due nuclei dei due atomi che vanno a formare la molecola, i livelli energetici (o orbitali) dello stesso tipo avranno energie differenti nei due atomi (ad esempio: il livello 1s dell’idrogeno ha energia differente dal livello 1s del fluoro).
Possiamo ora passare a descrivere la formazione di qualcuna di queste molecole.
HF – Molecola di acido fluoridrico.
Gli atomi di idrogeno e fluoro hanno rispettivamente le seguenti configurazioni:
H [(1s)] ; F [(1s2)(2s2)(2px)(2py2)(2pz2)].
Gli elettroni che si trovano negli orbitali 1s e 2s del fluoro non entrano a far parte del legame e restano nella situazione di orbitali atomici del fluoro. Negli orbitali 2p vi sono invece 5 elettroni e quindi uno di essi risulterà disaccoppiato (nella configurazione del fluoro che abbiamo dato è l’orbitale 2px che risulta privo di un elettrone; ma era indifferente considerare che l’elettrone mancasse al 2py o al 2zp). L’aver scelto l’orbitale 2px privo di un elettrone significa che è proprio questo orbitale che va a combinarsi in orbitale molecolare con un orbitale atomico 1s dell’idrogeno. E proprio perché abbiamo scelto il 2px sarà* necessario che l’asse della molecola (che unisce il nucleo dell’atomo di idrogeno con quello di fluoro) si trovi lungo l’asse x in modo da rispettare, per una data distanza tra i nuclei, la regola della massima sovrapposizione (figura 18).(4) La sovrapposizione tra gli orbitali atomici 1s dell’idrogeno e 2px del fluoro (il discorso per il 2pz è esattamente identico) avrebbe originato la situazione di figura 19. Come si può vedere da un confronto con la figura 18a, risulta una sovrapposizione (zona tratteggiata) minore ed inoltre, mentre nel caso della figura 18 si ha sovrapposizione di parti di orbitale con lo stesso segno, ora si ha a che fare con una sovrapposizione con parti di orbitale che hanno segno opposto e questa sovrapposizione risulta perfettamente equilibrata di modo che i due

Figura 18

Figura 19
contributi si annullano vicendevolmente.
In definitiva anche gli orbitali 2py e 2pz rimangono come orbitali atomici e la configurazione della molecola sarà:
H[(1s)] + F[(ls2)(2s2)(2px)(2py2)(2pz2)] = HF[K(2s2)(xs)2(2py2)(2pz2)].
L’orbitale molecolare cui si deve ti legame è quindi di tipo σ (5) e, per quanto detto in apertura del paragrafo, sarà dato da:
ψ (σ 2px) = k1(1s) + k2 ψ (2px).
Poiché poi, elaborando le misure sperimentali,(6) si trova che k2 è maggiore di k1 e, che è lo stesso, k = k2 /k1 è maggiore di uno, ciò vorrà dire che il contributo relativo all’orbitale molecolare dell’orbitale atomico 2px è superiore al contributo relativo fornito dall’orbi tale atomico 1s. La ragione di ciò risiede nel fatto che i due orbitali atomici che si uniscono per formare l’orbitale molecolare hanno energie diverse risultando, in questo caso, superiore l’energia del 2px del fluoro di quella dell’orbitale 1s dell’idrogeno. Ed in definitiva, a seguito del fatto che k2 > k1 , i due elettroni che prendono parte al legame tenderanno a trovarsi per la maggior parte del loro tempo più vicini al nucleo del fluoro (la densità di carica della nube elettronica sarà maggiore vicino al fluoro che non all’idrogeno) che fornisce un orbitale di valenza più stabile di quello fornito dall’idrogeno. Ciò si può anche dire affermando che l’atomo di fluoro è più elettronegativo(7) di quello dell’idrogeno. I due coefficienti k1 e k2 , legati da k = k2 /k1 , sono quindi molto importanti poiché, in definitiva, si forniscono il grado di polarità di una molecola (la molecola avrà un carattere ionico parziale).
*****
Con m meccanismo del tutto simile a quello ora visto per l’acido fluoridrico, formano molecole tutti i composti dell’idrogeno con gli alogeni (cloro, bromo, iodio, … ). Vediamo rapidamente l’esempio dell’acido cloridrico (HCl).
HCl – molecola di acido cloridrico.
Gli atomi di idrogeno e cloro hanno le seguenti configurazioni:
H[(1s)] ; Cl [(1s2)(2s2)(2px2)(2py2)(2pz2)(3s2)(3px)(3py2)(3pz2)].
Gli elettroni del cloro che si trovano sugli orbitali 1s (strato K), 2s, 2px , 2py, 2pz (strato L) non entrano a far parte del legame e restano nella situazione di orbitali atomici del cloro. L’orbitale 3px del cloro è privo di un elettrone e quindi sarà questo l’orbitale atomico che andrà a formare, con l’orbitale atomico 1s dell’idrogeno, l’orbitale molecolare legante di tipo σ. La configurazione elettronica della molecola HCl sarà quindi:
H[(1s)] + Cl [(1s2)(2s2)(2px2)(2py2)(2pz2)(3s2)(3px)(3py2)(3pz2)] = HCl [KL(3s2)(mxσ)2(3py2)(3pz2)]
Anche qui, poiché risulta k2 > k1 si avrà che il contributo relativo dell’orbitale atomico 3px all’orbitale molecolare mx σ. è superiore al contributo relativo fornito dall’orbitale atomico 1s. E poiché k2 > k1 , i due elettroni che prendono parte al legame tenderanno a stare più vicini all’atomo di cloro che non all’atomo di idrogeno. Ciò vuol dire che l’atomo di cloro è più elettronegativo di quello di idrogeno e che la molecola ha caratteristiche polari.
LiH – molecola di idruro di litio.
Il litio ha tre elettroni:
Li[(1s2)(2s)]
ma, poiché l’orbitale 2s ha un’energia che è molto vicina a quelle degli orbitali 2p, sono orbitali di valenza sia il 2s che i 2p.(8) Anche qui però si può procedere con buona approssimazione considerando che la molecola LiH nasca dalla sovrapposizione dell’orbitale 1s dell’idrogeno con il 2s del litio (il livello 1s del litio risulta infatti più stabile del livelli 2p) come mostrato in figura 20. Il legame risulta quindi di tipo σ e la configurazione elettronica di LiH sarà:

Figura 20
H[(ls)] + Li[(1s2)(2s)] = LiH[K(zσ)2].
Poiché poi, in questo caso, risulta k1 > k2 e cioè k < 1, i due elettroni che formano il legame verranno a trovarsi più vicini all’atomo di idrogeno che non all’atomo di litio (carattere ionico parziale della molecola che ha caratteristiche polari). L’idrogeno risulta quindi più elettronegativo del litio.
CO — molecola di monossido di carbonio.
La struttura di questa molecola ha fatto molto discutere, a partire da Mulliken (1932) fino a Sahni (1953).
Le configurazioni elettroniche degli atomi di carbonio e di ossigeno sono rispettivamente:
C[(1s2)(2s2)(2px)(2py)] ; O[(1s2)(2s2)(2px)(2py)(2pz2)]
Come si vede, sia nell’uno che nell’altro atomo vi sono due orbitali da completare e precisamente i 2px ed i 2py ; inoltre al 2pz dell’ossigeno, che è completo, corrisponde un 2pz del carbonio che è vuoto. In accordo con l’elaborazione di Mulliken, la molecola CO avrà la seguente configurazione:
C[(1s2)(2s2)(2px)(2py)] + O[(1s2)(2s2)(2px)(2py)(2pz2)] = CO[KK(zσ)2(yσ)2(xσ)2(wπ)4] (9)
Gli orbitali leganti sono zσ, xσ e wπ; sono cioè in numero di 4, mentre si ha un solo orbitale antilegante, lo yσ. In definitiva si ha a che fare con un triplo legame; uno di tipo σ e due di tipo π. La situazione secondo Mulliken è analoga a quella che si presenta nella molecola N2 di azoto.(10) Ma proprio da questa analogia sorge una difficoltà: infatti, ionizzando una molecola N2 di azoto per ottenere N2+ , si ha una diminuzione dell’energia di legame, contrariamente a quello che accade ionizzando CO per ottenere CO+ (in questo caso l’energia di legame aumenta).(11)
Questo fatto può essere compreso solo ammettendo che il legame, doppio nella molecola CO non ionizzata, diventa triplo nella molecola CO + ionizzata (contrariamente a quanto avviene per l’azoto).
Come accordare le due conclusioni ? Come accordare, cioè, il fatto che da una parte risulta un legame triplo e dall’altra un legame doppio ?
Secondo Long e Walsh (1947) è possibile pensare che quando C ed O si avvicinano per formare la molecola, mentre gli orbitali atomici 1s di ambedue rimangono orbitali atomici e mentre gli orbitali atomici 2s di ambedue origineranno gli orbitali molecolari zσ ed yσ (rispettivamente legante ed antilegante), l’orbitale 2pz dell’ossigeno, che risulta pieno, resterà prevalentemente come orbitale atomico dell’ossigeno, interagendo però debolmente con l’orbitale 2pz del carbonio che risulta vuoto. Ciò vuol dire che uno degli orbitali molecolari wπ avrà essenzialmente un carattere atomico, risultando localizzato principalmente intorno all’ossigeno. Questo tipo di legame, composto da due legami netti e da uno fornito essenzialmente dall’atomo di ossigeno, lo si usa indicare nel modo seguente (doppio legame covalente + un debole legame d’altra natura):

in ogni caso, ancora oggi non abbiamo elementi sufficienti per affermare che quanto qui sostenuto sia esente da dubbi.
A questo punto resta solo da dire che la molecola CO presenta una polarità praticamente trascurabile (e questo pare in accordo con quanto sostenuto da Long e Walsh).
NO – molecola di ossido di azoto.
Molto in breve descriviamo la formazione di NO:
K[(1s2)(2s2)(2px)(2py)(2pz)] + O[(1s2)(2s2)(2px)(2py)(2pz2)] = NO[KK(zσ)2(yσ)2(xσ)2(wπ)4(vπ)].
Poiché zσ, xσ e wπ (considerato due volte) sono leganti ed yσ con vπ sono antileganti, l’ordine del legame sarà 2 e 1/2 (si riveda Tavola 6). La molecola è molto stabile (anche se meno di CO e di N2) e la cosa potrebbe sembrare strana per una molecola che ha un elettrone disaccoppiato. In realtà il fatto può essere spiegato semplicemente osservando che l’elettrone singolo non si trova su un orbitale atomico ma su un orbitale molecolare la cui densità di carica è uniformemente distribuita tra i due atomi, piuttosto che essere localizzata più vicino all’uno che all’altro.(12)
Da ultimo c’è da dire che l’elettrone disaccoppiato è responsabile delle proprietà paramagnetiche che presenta la molecola NO.
2 – Molecole poliatomiche trattate con il metodo L.V.: l’ibridizzazione.
L’atomo di carbonio ha la seguente configurazione:
C[(1s2)(2s2)(2px)(2py)].
Avendo due orbitali incompleti la valenza del carbonio è 2. Molto spesso però il carbonio risulta tetravalente (come nella molecola CH4 di metano). Come è possibile rendere conto di ciò ? Si può pensare di eccitare l’atomo di carbonio in modo che un elettrone 2s passi nell’orbitale 2pz (originariamente vuoto). In questo modo il carbonio eccitato viene ad avere la configurazione seguente:
C[(1s2)(2s)(2px)(2py)(2pz)].
e, come si vede, poiché sono ora 4 gli orbitali incompleti, l’atomo è diventato tetravalente; ciascuno dei 4 orbitali può formare un legame: tre di questi legami si formeranno con orbitali di tipo π ed uno con orbitali di tipo σ. Per quanto sappiamo, risulterebbe che tre dei legami avrebbero caratteristiche differenti dal quarto(13) ed invece, sperimentalmente, tutti e 4 i legami risultano con le stesse caratteristiche.
Allo stesso modo per l’atomo di boro:
B[(1s2)(2s2)(2px)]
esso sembrerebbe monovalente dato che ha il solo orbitale 2px incompleto. In realtà il boro presenta a volte caratteristiche trivalenti, come nella formazione della molecola di trifluoruro di boro (BF3). Per rendere conto di ciò si può operare come visto per il carbonio, eccitando l’atomo di boro:
B[(1s2)(2s)(2px)(2py)].
ed a tre orbitali incompleti corrisponde un atomo trivalente. Si dovrebbero allora avere 2 legami con orbitali di tipo π ed un legame con orbitali di tipo σ, i primi due con caratteristiche differenti dal terzo. Ma, sperimentalmente, si è mostrato che i tre legami hanno tutti le stesse caratteristiche.
Altro esempio è il berillio:
Be[(1s2)(2s2)];
sembrerebbe che esso non debba legarsi in molecole stabili per comportarsi invece come l’atomo di elio (visto che non ha elettroni disaccoppiati).(14) Invece il berillio presenta un comportamento bivalente formando molecole stabili (come BeO, BeCl2, BeH). Anche qui si può pensare di eccitare l’atomo di berillio per ottenere:
Be[(1s2)(2s)(2px)]
In questo modo l’atomo è diventato bivalente e può formare due legami: uno con l’orbitale di tipo σ ed uno con l’orbitale di tipo π. Si dovrebbe quindi avere un legame con caratteristiche differenti dall’altro e, anche qui sperimentalmente, si mostra invece che le caratteristiche dei due legami sono identiche.
Di esempi come quelli descritti ve ne sono moltissimi e per rendere conto di essi Pauling (1931) introdusse il concetto di ibridizzazione, nell’ambito dello sviluppo del metodo L.V.
All’interno del medesimo atomo, alcune volte, occorre non fare più riferimento ad orbitali σ distinti da orbitali π (ed in genere bisogna abbandonare qualsiasi distinzione tra orbitali atomici). Occorre invece prendere in considerazione una sorta di mescolamento (o ibridizzazione) tra questi orbitali tale da originare orbitali atomici differenti, appunto, dagli σ e π che conosciamo.
Per quel che riguarda il carbonio e per rendere conto della sua tetravalenza, si deve assumere che avvenga un mescolamento tra un orbitale σ e tre orbitali π: da queste mescolamento si originano quattro nuovi orbitali atomici che, con ovvio significato dei simboli, sono chiamati ibridi sp3 (tutti perfettamente equivalenti).
Per quel che riguarda la trivalenza del boro, si deve ammettere un mescolamento tra un orbitale σ e due orbitali π: da questo mescolamento si originano tre nuovi orbitali atomici che sono chiamati ibridi sp2 (tutti perfettamente equivalenti tra di loro).
Per quel che riguarda la bivalenza del berillio, si deve ammettere un mescolamento tra un orbitale σ ed un orbitale π: da questo mescolamento si originano due nuovi orbitali atomici che sono chiamati ibridi sp (tutti perfettamente equivalenti tra di loro).
Alcune osservazioni vanno subito fatte: vi sono altri tipi di ibridizzazione oltre a quelli qui esemplificati (si veda la Tavola 7); le ibridizzazioni esemplificate non riguardano sole gli atomi specifici che abbiamo preso in considerazione

Tavola 7
(carbonio per l’sp3 , boro per l’sp2 , berillio per l’sp) ma hanno una validità generale; occorre sottolineare che l’ibridizzazione è un fatto atomico che si costruisce prima che si vada a formare la molecola; è molto importaste osservare che l’ibridizzazione degli orbitali atomici non implica un cambiamento dello stato degli elettroni negli atomi ma, piuttosto, una differente forma matematica nella quale gli orbitali atomici vengono descritti; non è più necessario far riferimento agli assi x, y, z.
Nella figura 21 sono mostrate le forme che assumono le superfici limite di alcuni orbitali ibridi (detti anche orbitali equivalenti): prima l’sp, quindi l’sp2 ed infine l’sp3.
In definitiva si può dire:
1) l’ibridizzazione consiste nel mescolamento di differenti orbitali atomici ;
2) si possono mescolare solo orbitali atomici di energie simili;
3) il numero di orbitali che si ottengono dopo l’ibridizzazione è uguale al numero di orbitali che si avevano prima;
4) il processo di ibridizzazione riguarda gli orbitali atomici e non gli elettroni: una volta ottenuti gli ibridi, in essi si sistemano gli elettroni in accordo con il principio di Pauli e con tutte le altre regole che conosciamo;
5) una volta ibridizzati gli orbitali atomici, non esistono più gli orbitali di partenza;
6) gli ibridi hanno forma simile tra di loro; le differenze principali riguardano le loro orientazioni nello spazio;
7) all’orientazione spaziale non contribuiscono orbitali atomici di tipo s (che, come sappiamo, hanno simmetria sferica) ma solo gli orbitali atomici che hanno caratteristiche direzionali (come i p, i d, … ). Gli orbitali s, ibridizzandosi con orbitali direzionali, fanno ingrassare l’orbitale direzionale;
8) se si mescolano tra loro due orbitali direzionali con direzioni lungo l’asse x e lungo l’asse y, si ottengono due ibridi che giacciono sul piano xy; se si mescolano tra loro due orbitali direzionali con direzioni lungo l’asse x e lungo l’asse z, si ottengono due ibridi che giacciono sul piano xz; … ; se si mescola un orbitale s con un orbitale direzionale x si ottengono due ibridi che giacciono sull’asse x; se si mescola un orbitale s con un orbitale direzionale y si ottengono due ibridi che giacciono sull’asse y; … .


Figura 21
Le combinazioni di orbitali atomici indicate con (3) sono date a meno di alcuni fattori
costanti detti di “normalizzazione”. Di questi fattori ne faremo sempre a meno
Con questi nuovi orbitali atomici, gli ibridi, andiamo a vedere come si può rendere conto di differenti valenze e legami, andando in definitiva a studiare la struttura di qualche molecola poliatomica.
CH4 – molecola di metano (ibridi sp3)
Gli orbitali atomici che ci interessano sono gli orbitali ibridi sp3 che, come si può vedere dalla figura 21c, hanno la massima densità di carica elettronica in corrispondenza dei vertici del tetraedro ABDE nel quale l’atomo C di carbonio occupa il centro. D’altra parte sappiamo che l’idrogeno è descritto da uno stato 1s. E’ chiaro quindi che avvicinando 4 atomi di idrogeno ad un atomo di carbonio, poiché vale anche qui la regola della massima sovrapposizione,(15) essi tenderanno a sistemarsi proprio ai vertici del tetraedro ABDE, originando la classica configurazione tetraedrica della molecola CH4 di metano (figura 22):
C[(1s2)(2s2)(2px)(2py)] + 4H[(1s)] => C[(1s2)(2s)(2px)(2py)(2pz)] + 4H[(1s)] => C[(1s2)(sp3)4] + 4H[(1s)] => CH4
C’è da notare che gli angoli α tra ogni coppia di assi unenti il nucleo del carbonio con i nuclei di idrogeno (figura 22a), sono tutti uguali e valgono 109° 28′, in perfetto accordo con le misure sperimentali eseguite con metodi spettroscopici.

Figura 22
Infine occorre ricordare che altri elementi del gruppo del carbonio: come stagno, piombo, silicio e germanio, formano, anch’essi, una struttura tetraedrica intorno all’atomo centrale quando vanno a legarsi con altri elementi in svariati composti, ed inoltre gli angoli di legame risultano sempre di 109° 28′.
H2O – molecola d’acqua (ibridi sp3)
La molecola d’acqua è ancora lungi dall’essere compresa con una qualche precisione e si sono fatti vari tentativi per rendere conto del fatto sperimentale che più sfugge ad ogni descrizione teorica. Si è infatti osservato sperimentalmente che questa molecola presenta un angolo di legame di circa 105° (figura 23).

Figura 23
Utilizzando il metodo O.M. (si veda più oltre) si trova che quest’angolo dovrebbe essere di 90°; utilizzando gli ibridi sp3 quest’angolo diventerebbe di circa 109° che approssima meglio il dato sperimentale (tra le altre vi è poi stata una spiegazione mediante parziale ibridizzazione sp2).
La configurazione elettronica dell’ossigeno è:
O[(1s2)(2s2)(2px)(2py)(2pz2)]
e la prima cosa che può venire in mente riguarda il come sia possibile qui costruire ibridi sp3 .
Ebbene: si considerano gli orbitali atomici 2s, 2px , 2py , 2pz indipendentemente dagli elettroni che essi contengono e si costruiscono gli ibridi sp3 .Quindi si sistemano gli elettroni: una coppia in un sp3, un’altra coppia su un altro sp3 (queste coppie sono dette solitarie), un singolo elettrone su un sp3 ed un altro singolo sull’ultimo sp3 . Solo allora i due ibridi sp3 che contengono elettroni disaccoppiati, quelli che vanno a formare i due legami di tipo σ (con lo stesso valore di energia), ad elettroni localizzati, con i due idrogeni (figura 24).

Figura 24
Ora, come abbiamo detto quando abbiamo trattato il legame idrogeno, le molecole d’acqua, nel liquido, non sembra si possano considerare isolate: pare che esse esistano in gruppi tenuti insieme, appunto, tramite il legame idrogeno. Questi gruppi sono formati da una molecola d’acqua circondata da altre molecole d’acqua che, quando arrivano a 4 (caso del ghiaccio), sono disposte ai vertici di un tetraedro (figura 25). Nel caso del ghiaccio vi sono allora più strutture

Figura 25 – I lobuli ombreggiati sono quelli che contengono coppie di elettroni leganti; gli altri contengono coppie solitarie. Le linee tratteggiate rappresentano il legame idrogeno. Le linee continue e quella tratto-punteggiata descrivono il tetraedro ai cui vertici si incontrane le quattro molecole di acqua che circondano la molecola centrale.
tetraedriche, come quella mostrata in figura 25, impacchettate tra loro in modo da formare una struttura complessiva come quella illustrata nelle figure 26 a e b (in b è mostrata una parte della struttura a da un altro angolo visuale). Come si può vedere la struttura è molto aperta (difficoltà di impacchettare tetraedri) e questo rende conto della bassa densità e quindi

Figura 26 a

Figura 26 b
del maggiore volume occupato dal ghiaccio rispetto all’acqua.(16) Nel ghiaccio tutti i possibili legami idrogeno sono utilizzati; al crescere della temperatura sono sempre meno i legami idrogeno in azione e quindi via via va rompendosi la struttura cristallina; quando si ritrova acqua, ancora alcuni legami idrogeno sussistono(17) e questo rende conto del fatto che le molecole d’acqua si trovano in gruppi.
Come accennato, un’altra possibilità di spiegare i dati sperimentali per la molecola d’acqua è di considerare una parziale ibridizzazione sp (figura 21 b). Abbiamo già detto che legando tra loro due orbitali 2p puri (teoria O.M.) si avrebbe un angolo di 90°. Per arrivare ai circa 105° non basta considerare la repulsione tra i nuclei dell’idrogeno, poiché essa porterebbe l’angelo di legame ad un massimo di 95°;(18) bisogna invece ammettere che gli orbitali atomici 2p abbiano una parte di carattere s, bisogna cioè ammettere che si formino degli ibridi parziali sp2 . L’ introduzione di una componente s nei 2p permette una maggiore sovrapposizione e quindi un legame più stabile ed inoltre fornisce un angolo più vicino ai 105° di quanto non lo sia quello che si ricava dall’ibridizzazione sp3 .
NOTE
(1) Si tenga comunque conto che i due orbitali atomici, per formare un orbitale molecelare, debbono avere lo stesso numero quantico m.
(2) Si noti che, per quel che riguardava le molecole biatomiche omonucleari, il soddisfacimento della prima condizione implicava quello delle altre due. Ora invece le cose non stanno più così.
(3) Poiché qui avremo a che fare con combinazioni di orbitali atomici di tipo differente tra loro, ad evitare equivoci, useremo il simbolismo introdotto in nota 9 del precedente paragrafo.
(4) Si avrà sovrapposizione anche tra l’orbitale 1s dell’idrogeno e gli altri del fluoro, ma essa sarà minore. Calcoli più precisi dovrebbero tener conto anche di queste altre sovrapposizioni.
(5) L’orbitale molecolare di figura 18 b è di tipo σ poiché ha una forma analoga agli orbitali molecolari di tipo σ mostrati in figure 14 a e 14 b.
(6) Sperimentalmente si misura il momento di dipolo di una molecola e da esso si risale a k.
(7) L’elettronegatività, lo ricordo, è definita proprio da ciò che abbiamo detto. In modo più semplice si può dire che l’elettronegatività rappresenta il potere di un atomo di una molecola di attrarre elettroni. Si noti che il fluoro è il più elettronegativo tra gli elementi; esso è seguito dall’ossigeno, dal cloro e azoto, dal bromo, dal carbonio e zolfo, … .
(8) Tra i 2p vi è però solo il 2px che può dare un contributo al legame molecolare, poiché per i 2py e 2 pz vale quanto detto a proposito della figura 19.
(9) Si ricordi che il livello wπ è doppiamente degenere e quindi in esso possono prendere posto 4 elettroni.
(10) Il procedimento di cercare analogie tra molecole costituite dallo stesso numero di elettroni (isoelettroniche) è stato criticato nel 1947 da Long e Walsh.
(11) Quando detto ha trovato una verifica in un gran numero di esperienze spettroscopiche.
(12) Pauling (1931), per spiegare la stabilità delle molecole con un numero dispari di elettroni (tra cui, appunto, NO), introdusse un nuovo tipo di legame, quello detto a tre elettroni. Con un metodo diverso si arriva allo stesso risultato che fornisce il metodo O.M.
(13) Gli orbitali di tipo p sono direzionali contrariamente agli orbitali di tipo s; ed i legami che si formano tra orbitali direzionali sonno più forti di quelli localizzati indifferentemente in una qualunque direzione.
(14) E’ indispensabile ricordare la differenza esistente tra livelli energetici e strati di livelli (K, L, M, …); e mentre tra strato e strato vi è una notevole differenza di energia, la differenza di energia esistente tra livello e livello all’interno di un medesimo strato è relativamente picco la. L’elio, in particolare, ha lo strato K pieno; mentre al berillio manca no 6 elettroni per completare lo strato L. All’interno dello strato L, proprio per le piccole differenze di energia esistenti tra i livelli ivi presenti, sono facilmente realizzabili transizioni di elettroni da un livello ad un altro. Ciò non accade per transizioni dallo strato K allo strato L (caso dell’elio).
(15) Si osservi che la sovrapposizione per un orbitale ibrido è sempre maggiore di quanto non accada per orbitali di tipo s o p puri.
(16) Le forme cristalline in cui può esistere il ghiaccio sono diverse (come hanno mostrato studi condotti sotto la direzione di Bridgmann e lavori di Lonsdale del 1958). Tutte le forme cristalline del ghiaccio sono più dense dell’acqua, tranne il ghiaccio I che è meno denso proprio perché ha la struttura aperta (esagonale) mostrata in figura 26. A temperatura di – 80 °C il ghiaccio cristallizza nella forma cubica, come il diamante (si veda più avanti). E’ proprio il legame idrogeno che favorisce la struttura aperta del ghiaccio I. Quando si ha una prevalenza di questo legame vuol dire che le molecole sono disposte in modo tale da formare un cristallo con ampi spazi vuoti. Una diversa orientazione delle molecole non permetterebbe l’esistenza del legame idrogeno.
(17) Ancora a 40 °C vi sono circa la metà dei legami idrogeno possibili che ciascuna molecola d’acqua utilizza ancora (e ciò è in accordo con il fatto, sostenuto nel 1933 da Bernal e Fowler, che l’acqua manterrebbe una struttura a legami idrogeno simile a quella del ghiaccio).
(18) Come hanno mostrato Heath e Linnett nel 1948.
Categorie:Senza categoria
Rispondi