A M. Costure Durante D. G.
Per quanto dal libro del Giubileo di Messer Lodovico Bartucci, e con esso lui più volte discorrendo, raccorre ho potuto, caro mio M. C., sei rimedij ritrovo principalmente da lui notati, per ischivare gl’impedimenti del Demonio, accioche perfettamente possiamo l’indulgentie acquistare, si come l’altr’hieri, e per la via di S. Sabina dalla statione ritornando ambedue diffusamente ragionammo, senza li quali essendo noi molto pigri, e tardi alla salute nostra, & il sagace nemico all’incontro assai potente, sollecito, & intento alla perdizione delle nostre anime, non cessando giamai con diversi allettamenti di tender lacciuoli, e reti per ritrarci dall’acquisto del salutifero dono, che dalla divina bontà largamente ce si offerisce, e per cui l’anime dalle pene si disciolgono, difficilmente conseguir le potremo, la onde non senza infinito nostro preiudicio ne riceverne insopportabile danno.
Quindi è che rari sono coloro, che veramente degni, e meritevoli divengono di questa divina grada, imperoche tanti sono gli ostacoli, & gl’impedimenti, che dal dritto sentier ci traviano, che si di ottimi rimedij non ci provediamo, indarno spendiamo il tempo, & i passi in visitar le Chiese, dove il dono dell’indulgentie si conferisce.
Et si come tra molti, che al palio correndo, chi prima lo tocca, vittorioso ne ritorna, così tra tante millia di persone, che vanno alle stationi, chi ne riporta il pregio, si potrà lodevolmente chiamar glorioso, ma chi sia costui? come bene il detto dell’Ecclesiastico al capitolo 31 & Glos. in clem. primo de Rè & ve. san. recando molto giudiciosamente voi consideraste, e lodaremolo?
Non già colui che perseverando, nel peccato si sta senz’animo di pentirsi ostinato. Avenga che a chiunque desidera conseguire l’indulgentia, che altro non vuoi dire che remissioni di pene temporali, gli è di mestiere di porre il grave incarco di pene de’ peccati, e ricorrere a questi opportuni rimedij, quali sotto brevità restringendo a voi ch’a visitar tutte le stationi in questa Quaresima, con buono e santo proposito vi siete messo, ho voluto indrizzare, accioche a voi stesso e gli altri parimenti giovando, si presti animo a ciascuno di seguir sì santa e gloriosa impresa, sì che superato il commune nemico, a voi la vera salute, & a colui che col suo pretioso sangue dal cielo in terra discendendo, si degnò lasciarci sì ricco & inestimabile tesoro, possiamo render con humiltà le debite gratie.
Il primo rimedio dunque per acquistar l’indulgentia è la dispositione dell’accettante, accioche colui, che la vuole acquistare, si debba disponere a pentirsi, confessarsi avanti, o almeno dopo, il debito tempo ordinato della Chiesa, con animo determinato da non voler più peccare, ne offendere Iddio, ne il prossimo, perche come disse il Petrarca
De l’un mal, chi dell’altro s’apparecchia.
Perché essendo l’indulgentia a guisa di un stipendio, tratto dal thesoro della Chiesa, non si da se non a coloro che militano sotto quella, e con quella sono uniti: onde il peccatore che non ha animo di pentirsi, non deve participare di questo thesoro, non essendo egli membro vivo della Chiesa; percioche sarebbe una cosa disordinata, e disconvenevole alla divina giustizia, & è certo come dice Agostino, che dove rimane la colpa, non si rimette la pena, come anco dice Dante:
Assolver non si può chi non si pente,
Ne pentire, e volere insieme puossi,
Per la contradition che noi consente.
Il secondo rimedio è il digiuno, percioche per esso si acquistano i doni di Dio, & è vero sacrifìcio, & come dice Grisogono al capo 45, l’huomo per il digiuno si fa vivo, & pura vittima, & è sacrificio il quale a colui che l’offerisce rimane, & da quel niuno si può scusare, conciosia che tanto da poveri, quanto da ricchi si possa offerire, & come dice Latantio, Fir. de ver. cap.24. Iddio non desidera le vittime de gli animali brutti, ne il sangue, o la morte, che certo son tutte cose vane, ma vuole quelle cose, che vengono dal centro del cuore, come anco i Gentili negare non lo seppero. Ovidio, Epist. 19:
Iddio nel sacrificio il bue non cura;
Ma ben la fé dell’huom riguarda e stima.
E quello è il vero sacrificio, & che si fa per la vera contritione nel digiuno, col quale si disciolgono l’insidie del demonio, e si disperde il seme de i vitij e de peccati, & è molto atto a far conseguire sì fatti doni da Iddio.
Il terzo rimedio è la limosina, la quale come cosa richiesta da Dio, dicendoci in Matth. al capo 15, II bene che farete ad un minimo di questi, a me lo farete, è da credere che sia ottimo mezzo a farci porgere da lui con larga mano, e con molto più usura, che noi non diamo il dono dell’Indulgentia della gratia, sì come ce dimostra Salamone in queste parole, Proverb. 30, La misericordia, e la verità non ti lasci mai, legale al tuo collo, e discrivile nelle tavole del tuo cuore, e troverai la gratia, e la disciplina appo Dio, & gli huomini del mondo. Et altrove David Sal. 101 & 9, Ha sparso e dato a poveri, & la giustizia sua sta ferma ne secoli de gli altri secoli, & altrimenti non siamo sicuri d’haver la perdonanza; perché come dice Iaco. Epist. 1, Colui che non sa la misericordia ad altri in vece di misericordia, a se stesso la toglie. Et però ci commanda il Signore dicendo. Luc. cap. 1, Date la limosina, & eccovi ogni cosa monda, al che non solo l’autorità di Christo ci essorta, ma ancora quella de i Gentili e Pagani. Horatio Stat. lib. 2:
A che ricco empio, il povero languire,
Lasci, e de Dei cader gli antichi tempi,
Ne porgi aiuto alla tua patria cara.
Pensi tu sempre solo esser felice?
Il quarto rimedio è l’oratione con la quale si discaccia il demonio, e disciolgonsi i suoi lacciuoli, come il Signore ci dimostra dicendo, Matth. 17, Questo genere de demoni non si può discacciare se non con l’oratione, e col digiuno. Et è cotanto grata a Dio l’oratione, che avanti che ella esca della nostra bocca, egli la fa descrivere in Cielo, come Bernardo afferma nella meditatione 6, Onde altrove per bocca del profeta David Salm. 88 ci disse: Apri tu la tua bocca, & io riempirò quella: per la qual cosa l’ira sua, & il furore in mansuetudine e clemenza si converte, si come da Gentili parimente fu considerato. Ovidio:
Co’ prieghi Iddio si rende a noi senz’ira.
Et Plauto:
Meglio il perdon ritrova il giusto e il pio,
Che l’empio mentre va supplice a Dio.
Il quinto rimedio è mentre si va alle stationi, guardarsi dalle compagnie non incorrere in parole vane, & otiose, perché il parlar pravo, secondo Terentio corrompe i buoni costumi, & fuggire parimente gli scherzi e giucchi, perché un dono di cotanto valore e pregio deve esser lontano di sì fatte vanità. Devonsi anco raffrenar gli occhi, percioche nel rimirare una donna con gli occhi lascivi si pecca, e disturbasi la grazia. Onde Hier. al 3 disse: Gli occhi miei han fatto preda di me stesso, e per le loro finestre è intrata la morte nell’anima mia.
Il sesto rimedio è incontinente che nella Chiesa si perviene, ove è statione & l’indulgentia, bagnarsi con l’acqua santa, percioche con questa si discaccia medesimamente il demonio, il quale rimedio fu da Alessandro Primo ordinato ad esempio della cenere del vitello nell’antica legge, con la quale sparsa il popolo si santificava, accioche il Christiano si lavi, e purghi da peccati, che giornalmente si commettono, & più mondo e santificato entri nella casa di Dio. Ultimamente queste cose, come di sopra fatte & osservate, come buoni, & ottimi rimedij, deve l’huomo entrato che è nella chiesa, ingenocchiarsi avanti al sacramento, & all’altar maggiore, & adimpire tutte quelle cose che nella concessione dell’indulgentie si contengono, & quando altro non vi appaia, regolarmente tener quest’ordine, cioè recitar cinque volte il Pater noster, & l’Ave Maria, con tutto lo spirito a Dio diretto, e col cuor contrito & humile. Dapoi col medesimo pensiero a Dio tutto rivolto, devonsi dire quelle parole, che il Publicano stando dietro al tempio, non havendo ardimento d’alzare gli occhi suoi, humilmente disse. Luca cap. 13, Iddio sii Tu propitio a me peccatore, & in quel punto considerar, che in tre pervengano tutte quelle indulgentie che sono in quella Chiesa. Le qual parole tre cose in se contengono, prima una cognitione dell’huomo, & universal soggettione, il che si fa in quella parola, Iddio. La seconda una cognitione d’Iddio, cioè che da lui solo possa venire la salute, il che dimostra in quelle parole. Sii Tu propitio. La terza una espressione e confessione di tutti li peccati, il che si fa in queste altre parole, A me peccatore. Et secondo alcuni, è di tanto valore e sì convenevole, & atta all’indulgentia questa breve oratione, che l’homo cosi orando, e con la mente, e dispositione come di sopra, venendo a questo dono, senza dubbio lo consegue, e ne rapporta il frutto: sì che il nemico ne resta superato, e vinto. Il che meglio nel libro del Giubileo di M. Lodovico, con molte altre belle e dotte considerationi, in tutta questa materia dell’indulgentie, quando sarà fuora, agevolmente, e con assai acconcia maniera, si potrà vedere da ciascuno.
Ma bastisi questo per hora, caro M.C. mio, circa al nostro ragionamento sopra ciò havuto tra noi.
Seguiamo adunque animosamente questa bona e santa impresa del visitar tutte le stationi, ne temiamo gli inganni, e le insidie del demonio, quando a i sopradetti rimedij ricorreremo.
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